Caterina, Lettere 197

A Mateo di Tommuccio da Orvieto.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pietra ferma e non foglia che si volla a ogni vento.

Però che l'anima che non è fondata sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù - cioè che l'affetto e' l desiderio suo sia fondato solamente in Dio, e non nelle cose transitorie del mondo, le quali passano tutte come el vento -, viene meno, perché è privata della divina grazia. La quale grazia conserva l'anima - ricevene la vita -, e dàlle perfetto lume, privala della tenebre, e fondala in vera e perfetta pazienzia e in vero e santo timore di Dio, con perfetta umilità e carità fraterna col prossimo suo. E non si muove per impazienzia al vento delle tribulazioni; né con disordenato diletto si muove per lo vento de le consolazioni; né non enfia di superbia per lo vento de la ricchezza e del fumo de l'onore del mondo. E tutto questo gli adiviene, che non si muove, perché el suo fondamento è Cristo crucifisso.

Unde, perché soffino quelli tre venti perversi principali, dunde viene ogni altro vento, non gli cura. Ciò sono: - el dimonio: che della bocca sua esce un vento di molte e diverse cogitazioni e battaglie: quando battaglia di vanità - la quale fa el cuore leggiero, e non maturo; e per essa vanità cresce l'appetire e desiderare gli stati del mondo -; e quando con colore di virtù. E questo è el più malagevole vento a cognoscere che sia: solo l'umile è quello che el cognosce, e non può essere ingannato da loro. El colore della virtù che el dimonio pone, è questa: che se elli truova l'anima ignorante e senza la virtù de l'umilità e vero cognoscimento di sé (poniamo che abbi cominciato a desiderare Dio e mostrare segno di virtù; perché è ancora imperfetto non à tanto cognoscimento che gli basti di sé, unde si dà a vedere e' fatti del prossimo suo temporalmente e spiritualmente, ne le cose temporali e spirituali), allora el dimonio soffia col vento del falso giudicio: giudicando el prossimo suo, e' servi di Dio e i servi del mondo, così, iniquamente: che non se n'avede.

Unde questo cotale vuole tòllere la signoria del giudicio di mano a Dio, però che solo elli gli à a giudicare.

Perché non se n'avede? perché el dimonio l'à amantellato, questo giudicio, col mantello della virtù, per che gli 'l pare fare per bene, ed è sì doppio questo parere che spesse volte ne li pare fare sacrifizio a Dio. Ma elli s'inganna per la superbia che è in lui, però che, se elli fusse veramente umile e fondato in vero cognoscimento di sé, elli si vergognarebbe di vedersi cadere in sì-fatto giudicio, perché vederebbe che elli è volere ponere regola a Dio. Però che allora vuole ponere regola a Dio, quando si scandalizza ne' servi suoi, volendo mandare le creature a modo suo, e non secondo che Dio le chiama.

Colui che sarà fondato sopra la viva pietra Cristo, farà resistenzia a questi movimenti e non consentirà, ma con vera umilità s'ingegnarà di godere e rendere gloria a Dio dei costumi e modi de' servi suoi, e d'avere compassione a' defettuosi, pregando la divina bontà che volla l'occhio della misericordia sopra di loro, traendoli del peccato e reducendoli alle virtù. E così trae della spina la rosa; e à la mente sua schietta; e non va fantasticando, empiendosi la memoria di diverse fantasie di cose spirituali, che gli pare ricevere nella mente, e delle temporali, come fanno e' matti e stolti e presuntuosi, che non ànno ancora veduto sé, e vogliono investigare e' fatti altrui con spezie di bene; e lassansi percuotere a questo perverso vento che è tanto pericoloso. O maladetta bocca, come ài atoscato el mondo con la puzza tua in quelli che sono nel secolo, e fuore del secolo, come detto è! E poi che à giudicato col cuore, gitta la puzza della mormorazione, e rimane scandalizzata e vòta la mente in Dio e nel prossimo suo. Bene è dunque da fuggirlo con vera e santa sollicitudine.

- L'altro pericoloso e perverso vento si è el mondo, el quale col disordenato amore proprio di sé si diletta, e cerca e' diletti e le consolazioni sue, ponendovi l'occhio dell'intelletto su, ricoprendo la tenebre e miseria e poca fermezza e stabilità del mondo con la bellezza, mostrandoli bello e piacevole. E così lo inganna, mostrando longa vita, ed ella è breve; parendoli che tutti e' diletti e consolazioni e ricchezze del mondo sieno ferme e sue, ed elle sono mutabili, e songli date in presta, e per uso a sua necessità. Però che di bisogno è che o elle sieno tolte a l'uomo, o l'uomo sia tolto a loro: allora sono tolte a noi, quando alcuna volta le perdiamo, o che sieno imbolate da altrui, o per altri diversi accidenti che vengono, per li quali si consumano e vengono meno. Dico che allora siamo tolti a loro, quando la prima dolce Verità ci chiama, separando l'anima dal corpo: dove s'abandona el corpo e 'l mondo con tutte le sue delizie; della quale separazione neuno è che né ricchezza né onore ne 'l possa campare che non l'abbi. L'anima debile e acecata, che non à tratta la terra del mondo dell'occhio suo - anco se l'à posto per obiecto - si vòlle, come la foglia dell'arbolo, al vento del proprio amore disordenato di sé e del mondo.

Di questa maladetta bocca esce una invidia verso del prossimo suo, con una reputazione di sé, mormorando; e assai volte ne viene in odio e in rancore col prossimo; e de le cose altrui spesse volte fa sue, e per acquistarle usarà giuri e spergiuri e falso testimonio. E in tanto cresce, che desidera la morte del prossimo e quelli che elli debba amare come sé: ch'elli n'è fatto divoratore e della carne e della sustanzia sua. Elli è senza alcuna fermezza; e cosa che cominci di virtù, rade volte la traie a fine: costui è fondato sopra l'arena, che neuno edificio vi si può fare che tosto non caggia a terra. Costui è privato della vita della grazia, e à perduto el lume della ragione; va come animale, e non come creatura ragionevole.

Convienci dunque, ed è di necessità, d'essere fondati ne la pietra viva, nella quale coloro che v'ànno posto l'occhio dell'intelletto, e l'affetto per santo desiderio, non possono essere percossi; né si lassano percuotare da questo malvagio vento, anco fanno resistenzia, e difendonsi col dispiacimento del mondo, vanità e diletti suoi; e abattono la superbia con la profonda umilità, desiderando povertà volontaria. E chi à la ricchezza e lo stato, tienlo, ma nol possiede con disordenato amore fuore della volontà di Dio, ma con amore e santo timore lo tiene, e come dispensatore di Cristo, sovenendo a' povari, e notricando e' servi di Dio, e avendoli in reverenzia; considerando che sempre offerano orazioni e affocati desiderii, sudori e lagrime dinanzi da Dio per salute d'ogni creatura. Questi cotali godono in ogni tempo e stato che sono, perché sono privati dell'amaritudine della disordenata volontà, fondata in proprio amore. Poi che tanto è dilettevole questo fondamento, non è da aspettare el tempo ad acquistarlo, perché non siamo sicuri d'averlo.

- L'altro principale vento, dico che è la carne; el quale gitta sì-fatta puzza e miserabile, che non tanto che ella puta dinanzi da Dio, ma ella pute alle dimonia; e drittamente fa l'uomo bestiale, ché quella vergogna à, che l'animale. Costui fa come el porco che s'involle nel loto: così elli s'involle nel loto della disonestà, e in qualunque stato elli è, guasta sé medesimo. Se elli è legato allo stato del matrimonio, con disordenato desiderio contamina lo stato suo; e dove elli debba andare a quello sacramento con timore di Dio, ed elli vi va disordenato e con poca onestà. E i miserabili non raguardano in tanta eccellenzia quanto è venuta la nostra umanità, per l'unione che Dio à fatto nella miserabile carne nostra, però che, se essi aprissero l'occhio dell'intelletto a raguardarla, eleggiarebbero inanzi la morte prima che darsi a tanta miseria.

E sai che puzza esce di questa bocca che atosca chiunque se l'appressima? El cuore ne diventa sospeccioso, la lingua mormora e bastemmia, credendo che quello che è in lui sia negli altri. Sì come lo infermo che à guasto lo stomaco (che non parendoli buono el cibo, perché è corrotto, e non tanto che e' comuni cibi, ma el suo particulare che el medico gli à dato che pigli, vedendolo prendere al gusto sano gli pare malagevole e incredibile che non gli sappi di quello sapore che a lui), così gli stolti che si danno alla delettazione carnale ànno sì guasto l'appetito loro, che non tanto che della comunità - che comunemente si veggono in questo difetto - e' ne piglino male, ma ne' sani si scandalizzano; e nel particulare cibo, cioè nella donna sua, si scandalizza, el quale Dio gli à dato per conscendere alla sua fragile infermità. Unde questo cibo gli fa male, stando disordenatamente, come detto è; e pigliando sospeccione spesse volte e gelosia, giudicando la cosa buona gattiva; venendone in odio e in dispiacimento colà dove debba essere amore. Costui à uno disordenato vedere, e questo gli adiviene perché l'occhio è infermo, ché, se fusse sano, non farebbe così. O quanti miserabili difetti e inconvenienti per questo miserabile vento ne vengono! E sempre si rode in sé medesimo.

E poi che à gittato della bocca la puzza, ed elli giogne al giudicio della Sposa sua, ne li viene questo altro difetto: che se a lui gli viene desiderio, per 'spirazione divina, di levarsi da questo e conservare lo stato perfetto, per lo vermine - che già è intrato in corpo - della sospeccione se gli spegne l'odore della virtù; e ritorna al suo primo fradiciume, e quello che in prima gli piaceva, gli viene a dispiacere. E non è costante né perseverante nella virtù, anco vòlle el capo indietro a mirare l'arato, e non raguarda sé medesimo a cognoscere el suo difetto e la sua infermità. E tutto questo gli adiviene perché non fece el fondamento suo sopra la viva pietra, e però è stato assalito e percosso da questo malvagio vento.

è di bisogno, dunque, che si levi dal miserabile fondamento della carogna, e fondisi nella viva pietra, Cristo. Allora, venendo el vento non gli potrà nuocere; anco farà resistenzia con la vera virtù della continenzia e purità, disciplinando la volontà sua disordenata con la disciplina della ragione e del santo timore di Dio, dicendo a sé medesimo: «Vergognati, anima mia, di volere lordare la faccia tua, e di corrompere el corpo per immondizia. Però che tu se' fatta alla imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26); e tu carne se' venuta a tanta dignità per l'unione della natura divina fatta in te natura umana, che se' levata sopra tutti i cori degli angeli».

Allora sentirà l'odore della purità, e 'l desiderio di remediare con lo strumento dell'orazione e vigilia, e con odio e dispiacimento d'esso vizio, usando gli altri strumenti di fuore corporali, cioè di molestare el corpo con la penetenzia, quando elli vuole impugnare contra lo spirito. E sopra a tutti gli altri remedii contra a questo vizio è l'orazione umile e la vigilia e 'l perfetto cognoscimento di sé. Non sia mai alcuno che stia a contastare con esso, aviluppandosi la mente delle forti cogitazioni e movimenti che sente venire; anco intenda a pigliare e' remedii, e col pensiero del remedio cacciarà le forti immaginazioni: che sarà una acqua che spegnarà el fuoco del disordenato movimento. Allora non tema, ma virilmente pigli el gonfalone della santissima croce; e con essa s'appoggino, e navichino co' detti remedii coloro che sono fondati in questa viva pietra, con fermezza e perseveranzia infine alla morte, però che veggono bene che sola la perseveranzia è quella che è coronata, e none el cominciare.

Voglio dunque, carissimo fratello e figliuolo, che vi leviate da la imperseveranzia e ricominciate a entrare dentro da voi, perché mi pare, secondo che si vede dinanzi alla divina bontà, che già buono pezzo siate escito fuore di voi. Tutto questo è perché el principio e 'l fondamento non fu fatto bene in verità, fondato sopra la viva pietra, però che per altro non adiviene che i servi di Dio non sono perseveranti se non perché sono fondati imperfettamente; ed essendo debili e giognendo e' fortissimi venti - cioè el mondo el dimonio e la carne - e trovandoli senza fortezza e senza alcuno riparo d'essercizio di virtù, vengono meno.

Unde io, considerando che e' remedii del vostro cadere è bisogno di pigliarli, e di fare più perfetto principio con più profonda umilità e dispregiamento di voi, dissi che io desideravo di vedervi pietra ferma, fondato sopra la pietra viva, Cristo dolce Gesù, e non sopra l'arena. Spero nella infinita bontà di Dio che se voi vorrete umiliarvi a cognoscere voi, che voi adempirete la volontà sua e 'l desiderio mio; e voi acquistarete la vita della grazia, e sarete privato della tenebre, e avarete perfetto lume. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



198

A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' Predicatori, in Asciano.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedere in voi tal fortezza e abbondanzia e plenitudine dello Spirito santo sì come venne sopr'a discepoli santi (Ac 2,1-3), acciò che potiate cresciare e fruttificare in voi e nel prossimo vostro la dolce parola di Dio.

Poi che 'l fuoco dello Spirito santo fu venuto sopra di loro, essi salsero in sul polpito della affocata croce: ine sentivano e gustavano la fame del Figliuolo di Dio e l'amore che portava all'uomo. Allora escivano le parole di loro, come el coltello esce affocato de la fornace: con questo caldo fendevano e' cuori degli uditori e cacciavano le dimonia; perduti loro medesimi, non vedevano loro: solo la gloria e l'onore di Dio e la salute nostra. Così voi, dolcissimo mio figliuolo, vi prego, e voglio in Cristo Gesù, che vi riposiate in sul polpito de la croce: ine al tutto perdiate e aneghiate voi medesimo con lo insaziabile desiderio, traendo l'afocato coltello, percotendo le dimonia visibili e lo 'nvisibile, el quale spesse volte vuole contristare la conscienzia vostra, per impedire el frutto che si fa ne la creatura. Non vi vollete a questo perverso dimonio, e spezialmente ora ch'è 'l tempo di racogliare e di seminare. Dite al dimonio che faccia ragione con meco e non con voi. Oltre, virilmente, e non dormiamo più, ché 'l tempo s'appressima.

Ò ricevuta grande letizia, perché mi pare che molto frutto vi si faccia, e d'alcuna buona novella che frate Ramondo mi mandò, che ebbe da misser Nicola da Osmo, sopra e' fatti del passaggio. Godete ed essultate, ché i desiderii nostri s'adempiranno. Non ò tempo di potere scrivare. Nanni sta molto bene e gode.

Benedicete el mio figliuolo frate Simone; diteli che disponga la bocca del desiderio a ricevare el latte, ché la mamma ne li mandarà. Stievi a mente quella fanciulla che vi fu racomandata di quello testamento, e anco la mia santa Agnesa, se vi venisse incerto o altro per dare.

Permanete ne la santa dilezione di Dio. Alessa e la perditrice del tempo molto molto vi si racomandano.



199

A missere Nicolò da Uzzano, canonico di Bologna.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi constante e perseverante nella virtù, della quale Dio v'à dato desiderio per la sua infinita misericordia.

Ma non so vedere che la persona venga a perfetta virtù con perseveranzia, se non con amore schietto e liberale, e senza mezzo di sé: cioè che non voglia servire Dio a suo modo, né in parte, ma tutto, e con tutto el cuore e con tutta l'anima e con tutte le forze sue, e senza el mezzo della propria sensualità. La quale sensualità è degna d'odio e non d'amore, però che sempre ricalcitra e ribella al suo Creatore. Questa è quella parte la quale sempre doviamo odiare in noi, e fare guerra con liei, e darle el contrario di quello che ella adimanda.

Ma noi diremo: «Per che modo posso venire a questo amore e odio, poiché per altra via io non posso venire a virtù, né perseverare nel bene cominciato?». Rispondo che col lume verremo ad amore, però che la cosa che non si vede non si può cognoscere, né la malizia né la virtù sua; e non cognoscendosi non s'odia e non s'ama. Unde c'è bisogno el lume dell'intelletto, cioè che lo intelletto sia alluminato del lume della santissima fede. L'occhio aviamo noi, che è una de le potenzie dell'anima; e della fede riceviamo la impronta nel santo battesimo. Ma se questo lume, venuto al tempo della discrezione, non è essercitato con la virtù ma è offuscato con l'amore proprio e piacere del mondo, non potremmo vedere; ma, tolta questa nuvila, l'occhio vede. E se la libera voluntà vuole aprire questo occhio, e ponersi per obiecto Cristo crucifisso, e 'l puro e schietto e dolce amore che elli ci à (ché ci ama non per sua utilità, però che utilità non gli potiamo fare - ché non à bisogno del nostro bene -, ma solo per fare utilità a noi, a ciò che siamo santificati in lui), dico che, vedendolo schietto, così schiettamente el riceve dentro nell'affetto e voluntà sua.

E di quello amore che à tratto del dolce e amoroso Verbo, di quello amore ama el prossimo suo amandolo puramente, e fedelmente cercando la sua salute; sovenendolo, giusta al suo potere, di quello che Dio gli à dato a ministrare. E con quella perfezione l'ama e serve che elli à tratto dal cognoscimento della divina carità, però che la carità del prossimo declina da quella di Dio. Unde, perché ama Dio ama el prossimo suo, e ingegnasi di servirlo, perché cognobbe la verità di Dio vedendo l'amore ineffabile che elli gli à manifestato col mezzo del sangue del suo Figliuolo.

E perché elli vede che Dio non cessa mai la sua bontà - cioè d'aoperare in lui e nell'altre creature la grandezza e bontà sua, facendoli molti benefizii - però non pare né può cessare d'amare el suo Creatore, mentre che sta in questo cognoscimento, però che condizione è dell'amore d'amare sempre, quando si vede amare. E l'amore non sta mai ozioso, ma sempre adopera grandi cose; unde l'anima viene a fortezza e a perfetta perseveranzia. E per lo grande cognoscimento che truova della bontà di Dio, cognosce molto più perfettamente la miseria sua, però che ogni cosa si cognosce meglio per lo suo contrario, vedendo col lume della santissima fede sé non essere, ma l'essere suo avere da Dio, e ogni grazia che è posta sopra l'essere: però che, senza l'essere, neuna grazia saremmo atti a ricevere.

E vedesi recreato a grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo, e con tutto questo sempre si vede essere ribello a Dio; unde à materia di concipere uno santissimo odio, e odiare in sé la perversa legge che impugna contra lo spirito. E pensate che non si debba odiare solo in uno tempo, cioè quando alcuna volta si vedrà assediato dalle impugne e molestie della carne, e da la negligenzia e sonnolenzia sua; ma d'ogni tempo debba odiare e ogni tempo gli debba essere tempo d'odio, poniamo che debba crescere più a una ora che a un'altra, secondo le molestie e disposizioni che elli sente in sé. E perché elli senta abassare el fuoco, e cominci a mortificare, non debba però levare l'odio; ma nel tempo della pace s'abbi bene cura, però che elli non se ne può fidare, ma riescali adosso con una vera e profonda umilità. Sì che con l'odio e con la umilità si levi più tosto elli contra alla sensualità, che la sensualità contra di lui, però che se non facesse così, si destarebbe la propria passione, la quale pareva che dormisse, e quasi parendo morta è peggio che mai. Però che, mentre che noi viviamo, ella non muore, ma bene s'adormenta - chi più sodo e chi più leggiero -: e questo è secondo l'odio e l'amore delle virtù, el quale odio la gastiga, e l'amore l'adormenta.

Chi n'è cagione? El lume, però che se non l'avesse veduto, e cognosciuta la sua fragilità, non l'avarebbe spregiata con odio; ma perché la cognobbe, come virile l'odia e ricalcitra sempre contra di liei continuamente. Unde, vedendo che ella non cessa di impugnare, non vuole elli, né debba volere cessare la guerra, né volere fare pace con liei.

Questo è quello principio e reale fondamento per lo quale l'uomo viene a ogni virtù; e ogni sua operazione fa perfetta, di qualunque operazione si vuole, o spirituale o temporale, però che tanto è temporale quanto l'affetto la fa temporale, e più no. Elli è constante e perseverante, e non si vòlle per ogni vento, sodo sodo; e tanto gli pesa la mano manca quanto la dritta, cioè tanto la tribulazione quanto la consolazione. Se elli è secolare, elli è buono secolare nello stato suo; se elli è prelato, elli è buono e vero pastore; e se elli è cherico, elli è fiore odorifero nel giardino de la santa Chiesa, e gitta odore di virtù, e dà l'onore a Dio e la fadiga al prossimo, dandoli de' frutti de l'umile e continua orazione, dispensando largamente di quelle grazie che Dio gli à date a dispensare. E della substanzia temporale, la quale riceve dal sangue di Cristo crucifisso, elli la spende non sceleratamente, né con vanità, né co' parenti suoi, se non in quanto essi avessero bisogno per necessità, sì come a povarelli; ma per altro modo, no. E con vera conscienzia rende el debito a' povari, e al bene della Chiesa, e per la sua propria necessità. E se facesse altrimenti vedrebbesi stare in gravissima colpa.

Elli non si scandalizza, né fa mai guerra col prossimo suo: col peccato sì, ma non con la propria persona del prossimo, anco l'ama come sé medesimo, cercando teneramente la salute sua. E perché elli à fatto guerra con sé medesimo e con la propria sensualità, però non la può fare, né fa, con Dio né col prossimo suo. Però che ogni offesa che si fa a Dio o al prossimo, si fa perché elli non s'odia, ma amasi di proprio amore sensitivo; per la quale cosa mai non persevera in alcuno bene che cominciasse, però che la perseveranzia viene da l'odio e da l'amore, come detto è, e l'amore s'acquista per lo lume della santissima fede. La quale è la pupilla de l'occhio dell'intelletto, essercitato con libera voluntà, che in verità voglia cognoscere sé e la bontà di Dio in sé, e ricognoscere ogni grazia dal suo Creatore, e 'l difetto e le colpe sue dalla propria sensualità.

Altra via non ci à, e però vi dissi che io desideravo di vedervi constante e perseverante nella virtù, considerando me che ella non si può avere se non per lo modo che detto aviamo. Unde io vi prego per l'amore di Cristo crucifisso che ora, mentre che aviamo el tempo - el quale è tempo di vigilia e di cognoscimento, che potiamo cognoscere con frutto e con merito; e, passato el tempo, sapete che non è così -, voi non stiate a dormire, ma vegghiate continuamente; e non solo della vigilia corporale, ma della vigilia intellettuale, alla quale vigilia seguita la continua orazione, cioè l'affocato desiderio e amore dell'anime, verso il suo Creatore: però che sempre òra in onore di Dio e in salute dell'anime. Bagnatevi nel sangue di Cristo crucifisso; e ine muoia ogni piacere e parere umano, sì che, morto a ogni voluntà propria, corriate per la via della verità. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



200

A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' Predicatori, in Asciano.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedere in voi adempita quella parola che disse el nostro Salvatore a' discepoli suoi: «Voi sete luce del mondo, e 'l sale de la terra» (Mt 5,13-14).

Così desidera l'anima mia con grandissimo desidèro che voi siate quello figliuolo alluminato del lume e calore de lo Spirito santo, condito col sale del vero conoscimento e sapienzia, sì che cacciate con perfetta sollecitudine el peccato e' dimoni de le tenebrose anime de le creature. Ma non vego che questo poteste bene fare né avere, né adempire el mio desiderio, se non per continuo e per affocato amore, e per lo continuo acostarvi e unirvi senza negligenzia nel vero lume e sapienzia, fuoco e calore de la divina carità, el quale fu manifestato a noi per l'unione che Dio fece con l'uomo. E dicovi, figliuol mio dolcissimo, che non sarà neuna anima che raguardi Dio diventato uomo, corso all'obbrobio de la santa croce, versato l'abbondanzia del sangue suo, che non attenga e participi ed empisi di vero amore. E così si dilettarà del cibo del quale Dio si dilettò: essare mangiatore e gustatore dell'anime. Questo è uno cibo di tanta dolcezza e soavità che ingrassa l'anima, e d'altro non si può dilettare. E dicovi ch'e' vostri denti debili saranno qui fortificati, sì che potrete mangiare e' bocconi grossi e piccoli.

Mettetevi virilmente a fare ogni cosa: e cacciare le tenebre e fondare la luce, non raguardando a la vostra debilezza, ma pensate per Cristo crocifisso potere ogni cosa (Ph 4,13). Io vi starò dallato, e mai non mi partirò da voi, con quella visione invisibile che fa fare lo Spirito santo, ché visibilemente non vego modo, per ora, di potere venire, se già Dio non disponesse altro. Volentieri sarei venuta, se Dio l'avesse conceduto - sì per l'onore suo e recreazione di voi e di me, che grande mi sarebbe stata -; ma perché el tempo è assai corrotto all'acqua, e 'l corpo mio è molto agravato già più di x dì, intanto che con fadiga la domenica so' ita a la chiesa, sì che frate Tommasso à avuto compassione di me, e non gli è paruto ch'io sia venuta. Ben che 'l potere non ci sia stato, farò invisibilemente ciò che io potrò; e pensate che, se Dio l'avesse ordenato ch'io venisse, che io non farei resistenzia a lui né farò. Pregate Dio che faccia quello che debba essare più suo onore.

Fate che la pace di coloro che mi scriveste, ch'ella si faccia prima che ne veniate. Benedicete e confortate tutte coteste pecorelle affamate e assetate in Cristo Gesù, e misser Biringhieri e tutta l'altra fameglia: che non s'indugino a tosto passare e' tenebrosi affanni e sollecitudini del mondo e iniqui peccati mortali che tolgono la vita, ma acquistino la grazia e 'l lume de lo Spirito santo. Benedicete frate Simone, figliuolo in Cristo Gesù.

Permanete ne la santa dilezione di Dio.

Dite a Neri che sia sollecito a seguitare le vestigie di Cristo crocifisso. Alessa e Lisa e Cecca vi si racomandano.



201

A don Giovanni, monaco di Certosa in Santa Croce a Roma, el quale era tentato e voleva andare al Purgatorio di santo Patrizio

per essere liberato dalle tentazioni, e non avendo licenzia stava in molta afflizione di mente.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato in vero e perfettissimo lume, però che senza el lume non potremmo discernere la verità.

Ma attendete che sonno due lumi, e l'uno non impedisce l'altro, ma unisconsi insieme, sì come la Legge nuova non tolse via la vecchia. (Tolsele bene la imperfezione, però che la Legge vecchia era fondata solo in timore, unde era imperfetta; ma poi che venne la Legge nuova si conformò l'una con l'altra, la quale è Legge d'amore). Così è uno lume imperfetto, e uno lume perfetto: el lume imperfetto è il lume che naturalmente Dio ci à dato, col quale cognosciamo el bene. E' vero che l'uomo, offuscato della propria fragilità, non il cerca dove egli il debba cercare ma in cose transitorie, nelle quali non è perfezione di bene; e non il cerca in Dio, colà dove è sommo ed etterno bene.

Ma se questo lume naturale è essercitato con virtù, cercando il bene colà dove egli è - cioè che l'anima cognosca la bontà del suo Creatore e l'amore inestimabile che egli ci à, e' quali amore e bontà trovarà nel cognoscimento di sé con questo modo: con sollicitudine e non con negligenzia essercitando la vita sua -, acquistarà il secondo lume, che è sopranaturale, non lassando però il primo; ma levarassi da la sua imperfezione e farassi perfetto col lume perfetto sopranaturale.

Che fa questo lume nell'anima, e a che si cognosce che ella l'abi? Dicovelo. El primo lume vede le virtù: quanto elle sono piacevoli a Dio, e utili a l'anima che le possiede; e quanto è spiacevole e nocivo il vizio, el quale priva l'anima della grazia. El secondo lume abbraccia le virtù, e parturiscele vive nella carità del prossimo suo. L'essere gionto al secondo lume dimostra che il primo naturale non fu impedito da l'amore proprio, e però à ricevuto el sopranaturale. Chi dimostra che questo lume sia infuso ne l'anima per grazia? Le virtù reali, tra le quali virtù due sonno le principali che più realmente ce 'l dimostrano - guidate dal lume della santissima fede, perché nel lume sonno state acquistate -: queste due virtù sono sorelle vestite di fortezza e di longa perseveranzia.

La principale virtù di queste due, prima parturite dalla carità col lume della fede, è la vera e perfetta obedienzia. L'obbedienzia tolle la colpa e la imperfezione, perché uccide la propria volontà unde nasce la colpa: però che tanto è colpa o virtù quanto procede da la volontà. Unde, se l'anima fusse tutta ansietata di molte diverse cogitazioni e battaglie dal demonio, o dalle creature, o che la fragile carne impugnasse con disordenati movementi, e la volontà stia salda e ferma - che non tanto che ella non consenta, ma dispiacciale infino a la morte - non offende; anco ne merita e crescene in maggiore perfezione, colà dove ella voglia cognoscere la verità, vedendo che Dio glili permette per farla venire a più perfetto cognoscimento di sé e della bontà sua in sé. Per lo quale cognoscimento cresce in maggiore amore e umilità; e però dissi che cresceva in maggiore perfezione. Così la virtù non è virtù solamente l'atto, ma in quanto ella è fatta volontariamente con dritta e santa intenzione.

Adunque la volontà è quella che offende; e però l'obbedienzia, la quale uccide la propria volontà, leva via la colpa uccidendo quella che la commette. L'obbediente non si fida mai di sé, perché cognosce il suo infermo e basso vedere, e però come morto si gitta ne le braccia de l'Ordine e del prelato suo con fede viva e lume sopranaturale, credendo che Dio farà discernere al prelato suo la necessità della sua salute.

Eziandio se 'l prelato fusse imperfetto e idioto senza lume, avarà viva fede che Dio l'alumini per la sua necessità. E perché nel lume à veduto lume, però s'è fatto suddito. Chi manifesta questo lume? La vera obbedienzia: ella è longa e perseverante, e non corta; cioè che 'l vero obediente non obbedisce pure in uno modo né in uno luogo né a tempo, ma in ogni modo, in ogni luogo e in ogni tempo, secondo che piace al prelato suo. Egli non cerca le proprie consolazioni mentali, ma solo cerca d'ucidere la propria volontà: e però pone il coltello in mano all'obedienzia, e con esso coltello l'ucide, perché à veduto nel lume che, se non l'ucidesse, sempre starebbe in pena e in offesa della perfezione a la quale Dio l'à chiamato, e vedrebbesi privato della ricchezza del lume sopra naturale; el quale lume è mostrato essere ne l'anima da la virtù d'obedienzia.

Quale è l'altra virtù che manifesta questo lume? E' la pazienzia, la quale è uno segno dimostrativo che in verità amiamo, perché ella è il mirollo della carità. Ella è sorella dell'obedienzia - anco, l'obbedienzia è quella che fa paziente l'anima, perché non si scandelizza di veruna obbedienzia imposta a lui dal prelato suo -; ella è vestita di fortezza, e però porta pazientemente le riprensioni e i costumi dell'Ordine. Quando gli è rotta la propria volontà, non attedia, ma gode ed essulta con grande giocundità. Non fa come il disobbediente, che ogni cosa fa e sostiene con fadiga e con molta impazienzia, in tanto che alcuna volta, dimandando al prelato suo una licenzia di cosa che gli sia molto ferma nella volontà, non avendola piglia tanta pena che eziandio el corpo pare che ne infermi. Meglio gli sarebbe con l'odio santo uccidere la propria volontà, la quale gli dà tanto tormento.

Questa pazienzia sta sul campo della battaglia con l'arme della fortezza, e collo scudo della santissima fede ripara a' colpi; e sostenendo vince, e col coltello dell'odio e dell'amore percote i nemici suoi. Prima uccide il principale nemico de la perversa legge che sempre impugna contra lo spirito; e con essa uccide i diletti e piacere del mondo - e' quali per amore del suo Creatore egli odia -, e le cogitazioni del dimonio, el quale ne dà molte con diverse fantasie; e con pensieri veri e santi le caccia da sé, conservando la buona e santa volontà che non vada dietro ad esse. Questa pazienzia, guidata dal lume, non vuole combattere in luoghi dubbiosi con isperanza di non avere poi a combattere più. Non vuole così, però che ella si diletta di stare in battaglie perché nella battaglia si pruova, e, provata, riceve la gloria, e in altro modo no.

Non fa come il semplice, che ancora è imperfetto in questo lume sopra naturale, e per lo poco lume, sentendosi passionato, per tollersi questa fadiga e per timore di non offendere, si vorrà mettere a cosa che sarà di tanto pericolo che a un tratto ne potrebbe andare l'anima e 'l corpo. E faràssene sì forte imaginazione - per illusione del dimonio e per volontà ch'egli à di vivere senza passione, unde egli riceve le pene -, che colui che l'à a governare non gli potrà trare questa fantasia. E se egli non gli dà licenzia di quello che vuole fare, ne viene a tedio, a confusione e ad impazienzia, e spesse volte entro la disperazione.

Questo gli è segno che quello che vuole fare non è secondo la volontà di Dio, ché, se così fusse, direbbe: «Signore, se questo è secondo la tua volontà, danne lume a chi m'à a licenziare; e quando che no, dimostralo». E con fede viva si pacificarebbe nella mente sua, vedendo che il negare o il concedere, qualunque si fusse, procedesse dalla volontà di Dio.

Non voglio, carissimo e dolcissimo figliuolo, che siate voi di questi cotali; ma voglio che col lume, come vero obbediente e paziente, stiate nel campo della battaglia, come detto è, dove comunemente combattono e' servi di Dio, non volendo pigliare battaglia nuova né particulare la quale sia oscura e dubbiosa, ma pigliare quella che è lucida e generale; e in tutto annegare qui la vostra volontà, e in ogni altra cosa. Ma singularmente vi parlo al presente per quello che mi disse il visitatore: lassatevi guidare alla volontà sua, la quale non è sua, ma è da Dio, però che il vostro andare credo che sia, e è, inganno di dimonio, che co' l'amo del bene vi vuole pigliare. So' certa che con questo lume cognoscerete la verità; cognoscendola ringraziarete il sommo ed etterno Padre, che con la santa obbedienzia v'à campato di questo pericolo, altrementi no.

E però, considerando io quanto v'è di necessità questo lume, dissi che io desideravo di vedervene perfettamente illuminato. L'obbedienzia e la pazienzia dimostraranno s'egli è in voi: cioè che non ricalcitriate a la volontà del prelato, ma con pazienzia la portarete come vero obbediente, dilettandovi di rompere la vostra volontà. E se non trovaste in voi questo lume come vorreste e come si debba avere, intrate con odio santo nella cella del cognoscimento di voi e di Dio in voi; e del sangue del dolce e amoroso Verbo s'inebrii l'anima vostra. Nel quale cognoscimento s'acquista ogni grande perfezione, con fede, sperando nel sangue sparto con tanto fuoco d'amore. Senza pena o tedio di mente, figliuolo mio dolce, chinate il capo all'obbedienzia santa, e permanete in cella, abbracciando l'arbore della santissima croce. Altro non vi dico. Guardate - quanto avete cara la vita de l'anima vostra e quanto temete d'offendere Dio - che voi non seguitiate la vostra volontà.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 197