Caterina, Lettere 154

154
A frate Francesco Tedaldi da Fiorenze monaco di Certosa, nell'isola di Gorgona.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi abitare nella casa del cognoscimento di voi: nel quale cognoscimento acquistarete ogni virtù, e senza questo vivereste in ogni male e senza veruna ragione.

Ma potreste dire a me: «In che modo ci posso intrare? E come mi ci posso conservare dentro?» Rispondovi. Voi sapete che senza el lume in niuno luogo potremmo andare se non in tenebre, dalla quale tenebre saremmo offesi; e in questa tenebre non potreste cognoscere la vostra necessità di quello che vi bisogna tra via.

Noi siamo tutti viandanti e peregrini (
He 11,13 1P 2,11), posti nella strada della dottrina di Cristo crocifisso: chi va co' comandamenti nella carità comune, e chi va per li consigli, per la carità perfetta, non scordandosi però da' comandamenti. Per questa via neuno può andare senza el lume, però che non avendo lume non potrebbe vedere il luogo dove gli conviene riposare, nel quale luogo può discernere chi l'offende e chi el soviene. Questo luogo è la casa del cognoscimento santo di sé, la quale casa l'anima vede col lume della santissima fede che sta nella strada della dottrina di Cristo crocifisso, cioè che colui che 'l vuole seguitare subbito entra in sé medesimo.

In questa casa truova il principale nemico suo che 'l vuole offendere, cioè la propia sensualità, ricoperta col manto de l'amore propio, el quale nemico à due principali compagni, con molti altri vassalli d'intorno.

L'uno è il mondo con le vanità e delizie sue, el quale s'è fatto amico dell'appetito sensitivo che disordinatamente desidera; l'altro è il dimonio con suoi inganni e con false e diverse cogitazioni e molestie, alle quali la volontà sensitiva è inchinevole: che volontariamente si diletta in esse cogitazioni, per qualunque modo il dimonio glile ponesse innanzi. Questi principali nemici ànno molti servitori che tutti stanno per offendere l'anima, se per lo lume non è discreta a ponarci rimedio.

E però la ragione traie fuora il lume della santissima fede, e intra in casa; e signoreggia la propia sensualità, perché à veduto che ella non cerca né vuole altro che la morte sua e però s'è accompagnata co' falsi suoi nemici. Questo à cognosciuto col lume, e però con impeto si leva; e traie fuora il coltello dell'odio d'essa sensualità, e dell'amore delle vere e reali virtù: e con esso l'uccide. Morto questo, tutti gli altri rimangono sconfitti: ché neuno il può offendere se egli non vuole. Con questo lume vede chi è quelli che l'à sovenuto e campato da la morte, o levato dalla morte e ridottolo a vita: vede che è il fuoco della divina carità, però che Dio per amore dié la virtù e potenzia a l'anima che con la forza della ragione salisse in su la sedia della conscienzia, e con la sapienzia del Verbo, che egli le fece participare, desse la sentenzia che la sensualità fusse morta. La volontà che l'à participa la clemenzia dello Spirito santo e la dolce volontà di Dio: col coltello sopradetto e con la mano del libero arbitrio l'ucida.

Vedendo che Dio è il suo remedio e sovvenitore e aiutatore cresce l'anima, in questa casa del cognoscimento di sé, in uno lume della verità e in uno fuoco inestimabile, ineffabile e incomprensibile che arde e consuma ciò che fusse nella casa contra la ragione, consumando nella fornace della carità di Dio e del prossimo l'acqua de l'amore propio spirituale e temporale, in tanto che veruna cosa cerca l'affetto de l'anima, se non Cristo crocifisso. Volendolo seguitare per la via delle pene, a modo di Dio e non a modo suo, libero libero si lassa guidare a la dolce volontà di Dio: alora e' nemici nol possono offendere. è lo' bene data licenzia dal giusto Signore che percuotano a la porta: e questo permette egli perché più sia sollecita la guardia a non dormire nel letto della negligenzia, ma prudentemente vegghi; e anco per provare se questa casa è forte o no, acciò che, non trovandosi forte, abbi materia di fortificarsi, e col lume vedere chi la fa forte e perseverante; e poi che l'à veduto, con grande sollicitudine la stringa a sé.

Quale è quella cosa che ci fa forti e perseveranti? è l'orazione umile e continua, fatta nella casa del cognoscimento di sé e della bontà di Dio in sé; facendola fuore di questa casa l'anima n'averebbe poco frutto. Questa orazione à per suo fondamento l'umilità - la quale umilità s'acquista in questa casa sopradetta -, e è vestita del fuoco della divina carità, la quale se truova nel cognoscimento che aviamo di Dio, quando col lume l'anima raguarda sé essere amata inestimabilemente da lui. Il quale amore pruova, e ènne certificata, nella prima creazione, vedendosi creata per amore a la imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26); e nella seconda si vede ricreato a grazia nel sangue dello immaculato Agnello. Queste sono due principali grazie che richiudono in sé ogni altra grazia spirituale e temporale, particulare e generale: e così con questo lume si veste di fuoco.

A mano a mano seguita la lagrima, perché l'occhio, quando sente il dolore del cuore, gli vuole satisfare; e geme sì come il legno verde quando è messo nel fuoco, che per lo grande calore gitta l'acqua. Così l'anima che sente il fuoco della divina carità: el desiderio e l'affetto suo stanno nel fuoco, e l'occhio piagne mostrando di fuore quella particella che gli è possibile di quello che è dentro. Questa procede da diversi sentimenti dentro, secondo che l'è porto dall'affetto dell'anima, sì come voi sapete che si contiene nel Trattato delle lagrime; e però in questo non mi stendo più.

Ritorno breve breve a l'orazione: breve ve ne dico, perché distesamente l'avete. In tre modi potiamo intendere orare: l'uno è orazione continua - a la quale ogni creatura che à in sé ragione è obligata -: questo è il santo e vero desiderio fondato nella carità di Dio e del prossimo, facendo per onore di Dio tutte le sue operazioni in sé e nel prossimo suo. Questo desiderio sempre òra; cioè òra l'affetto della carità dinanzi al suo Creatore continuamente, in ogni luogo e in ogni tempo che l'uomo è, e in ciò che egli fa.

Che frutto riceve di questo? Riceve una tranquillità serena, dentro ne l'anima, d'una volontà accordata e sottoposta alla ragione che in neuna cosa si scandaliza. Non gli è duro a portare il giogo della vera obbedienzia, quando gli sono posti e' pesi e gli essercizii manuali, o a servire il fratello suo, secondo e casi e tempi che occorrono: per questo già non viene a tedio né in afflizione di mente, e non si lassa ingannare al desiderio de l'anima che appetisce la cella, la consolazione e pace sua. Né quando egli vuole orare attualmente, ed egli gli conviene fare altro: dico che non si lassa ingannare a questo desiderio, pigliandone pena tediosa e affligitiva, ma trae fuore l'odore della obedienzia con vera umilità, e il fuoco della carità del prossimo suo. A questa orazione c'invita il glorioso apostolo Paulo, quando dice che noi doviamo orare senza intermessione: e chi non à questa, neuna ne può avere che gli dia vita; e chi volesse lassare questo per avere la pace sua, perde la pace.

è un'altra orazione, cioè orazione vocale, quando vocalmente l'uomo dice il divino officio o altre orazioni che voglia dire. Questa è ordinata per giognere alla mentale; e questo è il frutto che ne riceve, se ella è fondata in su la prima e con essercizio vi perseveri, sforzando sempre la mente sua a pensare porgere e ricevere in sé più l'affetto della carità di Dio che il suono delle parole. E con prudenzia vada, che quando si sente essere visitato nella mente sua ponga termine alle parole; eccetto l'officio divino el quale egli fusse obligato di dire.

E così giogne alla terza, cioè alla mentale, levando la mente e il desiderio suo sopra di sé a una considerazione dell'affetto della carità di Dio e di sé medesimo, dove cognosce la dottrina della verità, gustando el latte della divina dolcezza, el quale latte esce delle mamelle della carità per lo mezzo di Cristo crociato e passionato: cioè che non si diletta di stare altro che in croce con lui. Da questo giogne e riceve il frutto de l'unitivo stato, dove l'anima viene a tanta unione che ella non vede più sé per sé, ma sé per Dio, e 'l prossimo per Dio, e Dio per la sua infinita bontà, el quale vede che è degno d'essere amato e servito da noi: e però l'ama senza modo, ma come spasimata corre morta ad ogni volontà perversa.

Dilettasi di stare nel talamo e cubiculo dello Sposo suo, dove Dio manifesta sé medesimo a lei, e dove vede le diverse mansioni che sono nella casa del re etterno; e però gode e à in reverenzia ogni modo differente che vedesse nelle sue creature, iudicando in ogni cosa la volontà di Dio, e non la volontà degli uomini.

Così è liberata dal falso iudicio, che non iudica né si scandelizza ne l'operazioni di Dio, né in quelle del prossimo suo. El diletto e vita etterna che gusta questa anima, Dio vel facci provare per la sua infinita misericordia: con lingua né con inchiostro non il voglio né posso narrare. Sì che avete che ci fa perseverare fermi nella casa del cognoscimento di noi; e chi vi ci conduce, e dove la troviamo: detto è che il lume ci guida; trovianla nella dottrina di Cristo crocifisso, come detto è; e l'orazione vi ci serra e conserva dentro; e così è la verità.

Adunque voglio, carissimo e dolcissimo figliuolo, che, acciò che potiate compire il voto della santa obbedienzia - alla quale novellamente sete intrato -, sempre stiate nella casa del cognoscimento di voi, perché in altro modo nol potreste osservare: e però dissi ch'io desideravo di vedervi in questa casa del cognoscimento.

Questa casa, poi ch' e' nemici ne sono cacciati, e morto il principale nemico della volontà sensitiva, ella si riempie e s'adorna de l'adornamento delle virtù: a questo voglio che studiate, però che non bastarebbe se la casa fusse vòta e non si rimpisse. Io voglio che sempre stiate in questo cognoscimento di voi, e in voi cognoscere il fuoco e la bontà della carità di Dio.

Questa è quella cella la quale io voglio che per l'isola e in ogni luogo la portiate con voi in ciò che avete a fare, e non l'abandonate mai nel coro, nel refettorio, nella congregazione, negli essercizii; e in ciò che avete a fare vi strignete in essa. E voglio che ne l'orazione attuale sempre si dirizzi lo 'ntelletto vostro a la considerazione dell'affetto nella carità di Dio, più che nel dono che vi paresse ricevere da lui, acciò che l'amore sia puro e non mercennaio. E voglio che la cella attuale sia visitata da voi quanto vi permette l'obbedienzia; e più tosto vi dilettate di stare in cella con guerra, che fuore della cella in pace: però che 'l dimonio usa questa arte co' solitarii, per far lo' venire a tedio la cella, di dar lo' più tenebre, battaglie e molestie dentro che di fuore, acciò che ella lo' venga in terrore, quasi come la cella fusse cagione delle loro cogitazioni.

Sì che per questo non voglio che voltiate el capo adietro, ma siate costante e perseverante; non stando mai ozioso, ma essercitando el tempo con l'orazione, con la lezione santa, o con essercizio manuale, stando sempre con la memoria piena di Dio, acciò che l'anima non sia presa dall'ozio. E voglio che in ogni cosa giudichiate la volontà di Dio, come di sopra è detto, acciò che dispiacimento né mormorazione non cadesse in voi verso e' vostri fratelli. Anco voglio che l'obbedienzia pronta in tutto riluca in voi, non in parte né a mezzo, ma compitamente che in neuna cosa ricalcitriate alla volontà de l'Ordine e del prelato vostro: facendovi specchio dell'osservanzia e de' costumi de l'Ordine, studiandovi d'osservarle infino a la morte, dispregiando e tenendo a vile voi medesimo, uccidendo la propia volontà e mortificando il corpo con quella mortificazione che à posta l'Ordine. Anco voglio che caritativamente vi sforziate di portare i costumi e le parole le quali alcuna volta, o per illusione di dimonio o per la propria fragilità, o che sia pur così, paiono incomportabili.

In tutto si vuole risistere, in questo e in ogni altra cosa; e così osservarete la parola di Cristo, che dice che il reame del cielo è di coloro che fanno forza a loro medesimi con violenzia. La memoria voglio che s'empia e stia piena del sangue di Cristo crocifisso, de' beneficii di Dio, e del ricordamento della morte, acciò che cresciate in amore, in timore santo, e in fame del tempo; raguardandoli con l'occhio de l'intelletto, col lume della santissima fede, acciò che la volontà corra prontamente senza veruno legame di disordinato amore che aveste a veruna cosa fuore di Dio.

Anco voglio che quando el demonio invisibile o visibile o la fragile carne dessero battaglie o rebellione allo spirito, di qualunque cosa si sia o fosse, voi el manifestiate aprendo il cuore vostro al priore, se egli v'è; e se non v'è, a un altro al quale ve sentite più disposta la mente di manifestarlo, e che vediate che sia più atto a darvi remedio. Anco voglio che guardiate che 'l movimento de l'ira non si porga alla lingua, gittando parole rimproccevoli che abbino a dare scandolo o turbazione; ma la reprensione e l'odio si rivoltino verso voi medesimo. Queste sono quelle cose le quali Dio e la perfezione che avete eletta vi richiegono: e io indegna e miserabile vostra madre, cagione di male e non cagione di veruno bene, desidero di vederle ne l'anima vostra.

Pregovi dunque e stringo per parte di Cristo crocifisso, dolce e buono Gesù, che vi studiate d'oservarle infino a la morte, acciò che siate la gloria mia, e voi riceviate la corona della beatitudine per la longa perseveranzia, la quale è sola quella che è coronata. Altro non vi dico. Fate sì che io non abbi a piagnere e che io non mi richiami a Dio di voi. Raccomandateci al priore e a tutti cotesti figliuoli. La famiglia tutta vi si raccomanda e io strettamente vi raccomando Barduccio.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



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A monna Niera donna di Gerardo Gambacorti, in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestita del vestimento della divina carità, vero e perfetto amore, sì e per sì-fatto modo che ogni altro amore v'esca del cuore e de l'affetto, perché l'anima insiememente di due amori non può essere vestita; sì che ella, s'è vestita del mondo, non può essere vestita di Dio, perché è molto contrario l'uno a l'altro.

L'amore e l'affetto ch'è posto nel mondo ama sé d'amore sensitivo: cerca sempre onore, stato e richezze, dilizie, piaceri, consolazioni sensitive. Li quali diletti conducono l'anima nella morte etternale, però che colui che ama disordenatamente il mondo e i diletti suoi, sempre è radicato in superbia, e della superbia nascono tutti e' vizii. Oh a quanta miseria si reca quel cuore! Tutto s'anniega nelle solecitudine perverse del mondo; egli n'acquista la morte e perdene la vita della grazia; viene in tenebre, e perdene el lume; cade nella perversa servitudine del peccato, e così diventa servo e schiavo di quella cosa che non è; e peggio non può avere. Dirittamente questa anima piglia sé medesima e mettesi in mano de' nemici suoi.

Or non voglio così, dilettissima figliuola e figliuolo Gerardo, ma voglio che con una santa e vera solecitudine spogliate el cuore e l'affetto di questo perverso amore; e vestitevi de l'amore di Cristo crocifisso con perfetta e ardentissima carità, istando sempre in dilezione e in amore col prossimo vostro.

Questo amore è pieno di letizia, di gaudio e d'ogni soavità; egli ingrassa ed empie l'anima di virtù; e apre l'occhio de lo 'ntelletto, e fallo riguardare, e ponare per obiecto Cristo crocifisso e l'amore inefabile ch'egli gli à. Così con amore s'empie d'amore, e seguita subito le vestigie di quello ch'egli ama; e perché ama Cristo, seguita le vestigie di Cristo, sempre dilettandosi delle virtù. E nelle fadighe si conforma con lui con pazienzia; nella prosperità e diletti del mondo, stati e grandezze, si conforma in dispiacimento: cioè che come Cristo spregiò e' diletti del mondo, così essa anima vestita d'amore li spregia con ogni santa e vera solecitudine. Questo fa el divino e santo amore; questo è il vestimento nuziale, il quale ci conviene avere perché siamo invitati a le nozze de la vita durabile (Mt 22,11).

E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi vestiti di vero e perfetto amore, acciò che pienamente potiate adempire la volontà di Dio e il desiderio mio, che non cerca né vuole altro che la vostra santificazione.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso: nel sangue trovarete el fuoco dell'amore; nel sangue si lavano le nostre iniquità. Questo fa el vicario di Cristo, quando absolve l'anima nostra, confessandoci noi: non fa altro se non che gitta el sangue di Cristo sopra el capo nostro.

Dite a Gherardo che ora ch'è tempo acettabile, mentre ch'egli vive, che non dispregi questo sangue; però che non è sicuro quando debba morire, né quanto debba vivare. Rechisi a bomicare il fracidume de' peccati suoi per la bocca, confessandosi bene e diligentemente; ché in altro modo non potrebbe participare la divina grazia. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, figliuola e figliuolo miei, che non sia né amore di figliuoli, né amore propio di voi, né diletto del mondo, che vi ritraga da questo che per debito dovete fare.

Altro non dico.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



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A Giovanni Perotti coiaio da Lucca.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce, madre del Figliuolo di Dio.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero padre a notricare e a reggiare e governare la famiglia vostra con tanto timore di Dio che voi siate quello arbore fruttifero, che el frutto che è uscito di voi sia buono e virtuoso.

Sapete, figliuolo mio, che prima che l'arbore renda el frutto, egli debba essere buono e bene ordenato: così dico che l'anima vostra si debba ordenare col santo e vero timore e amore di Dio. E se dicessimo: «io non mi so ordenare», ecco el Verbo del Figliuolo di Dio, che s'è fatto a noi guida, e così disse egli: «Io so' via verità e vita» (Jn 14,6); chi terrà per questa via non potrà errare, ma egli produciarà frutto di vita. Questo frutto sì notricarà el figliuolo dell'anima vostra; eziandio e' figliuoli naturali ricevarano dell'odore e de la sustanzia di questo frutto. Che via à fatta questo dolce maestro, Agnello immaculato? à fatta la via della profonda e vera umilità, ché, essendo Dio, s'aumiliò agli uomini. La via sua sono obrobrii, strazii, rimproverii, pene e fadighe infine all'obrobriosa morte de la croce: spregiando ogni diletto e delizie, sempre volse tenere per la via più umile e dispetta che trovasse.

E che frutto produsse poi che ebbe fatta e ordenata la via a noi, che chiunque la vuole la può seguire? Udistelo in su el legno della santissima croce, se fu mai uno frutto di pazienzia simile al suo, che, gridando e' Giuderi: «Crucifige» (Mt 27,22-23 Mc 15,13-14 Lc 23,21-23), ed elli grida: «Padre, perdona loro, che non sanno che si fare» (Lc 23,34). Odi smisurata bontà di Dio, che non tanto che perdoni, ma egli gli scusa dinanzi dal Padre. Egli è uno Agnello mansueto, che non è udito el grido suo per veruna mormorazione. Egli à produtto a noi el frutto della carità, però che l'amore ineffabile che Dio ebbe a l'uomo el tenne confitto e chiavellato in croce: non sarebbe stato né chiovi né croce che l'avessero tenuto se non fusse el legame della carità. Egli fu obediente al Padre suo, non raguardando a sé, ma solo a l'onore del Padre e a la salute nostra.

Or questa è la via, figliuolo mio dolce, che io voglio che teniate, acciò che siate vero padre a notricare l'anima vostra, e i figliuoli che Dio v'à dati, crescendo sempre di virtù in virtù. E sappi che in neuno modo potiamo avere per noi medesimi questi frutti de le virtù, però che noi siamo arboli salvatichi, se noi non facessimo uno innesto, per amore e desiderio di Dio, in su questo dolce arbore, Cristo crucifisso: però che, vedendoci tanto amare da lui che à data la vita per noi, non ci potremmo tenere che noi non siamo fatti una cosa con lui. Allora l'anima inebriata d'amore non vuole tenere per altra via che 'l maestro suo: ogni diletto e consolazione del mondo fugge, perché esso le fuggì, e ama ciò che Dio ama, e odia ciò che Dio odia. Ama la virtù e odia el vizio, e inanzi elegge la morte che offendare el suo Creatore; e non sosterrà che e' suoi figliuoli e la famiglia sua l'offenda, anco gli correggiarà come vero padre, e giusta al suo potere vorrà che tenghino le vestigie sue. Or di questo vi prego che siate sollecito.

Confortate e benedicete tutta la famiglia, e molto mi racomandate alla madre e alla donna vostra e singularmente benedicete la mia figliuola, quella che io desidero che sia sposa di Cristo e consecrata a lui.

Non dico più.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.



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A Vanni e a Francesco figliuoli di Nicolò de' Buonconti da Pisa.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi veri figliuoli che sempre viviate nel vero e santo timore di Dio sì e per sì-fatto modo che voi none spregiate el sangue di Cristo, anco vi venga in tedio e in abominazione el fracidume del peccato mortale, el quale fu cagione de la morte del Figliuolo di Dio.

Bene è degno adunque di riprensione colui che dà el corpo suo a tanta 'nequità e immondizia, considerando la perfetta unione che Dio fece nell'uomo. Non voglio fratelli miei carissimi, che spezialmente tu Vanni non ti tenga un altro modo di vivare che tu non ài fatto per lo tempo passato, recandoti dinanzi agli occhi l'anima tua e la brevità del tempo, pensando che diei morire e non sai quando.

O quanto sarebbe cosa scura che la morte ti trovasse in peccato mortale! e per una trista dilettazione noi perdiamo tanto bene e diletto quanto egli è avere Dio per grazia nell'anima sua, e poi nell'ultimo avere la vita durabile la quale non debba mai avere fine.

E vedete ch'io v'invito tutti e tre a fare sacrifizio de' corpi vostri, a disponarvi a morire per Cristo crocifisso se bisogno sarà, e in questo mezzo prima che venga el tempo voglio che stiate con una virtù santa con la confessione spesso, dilettandovi sempre d'udire la parola di Dio, però che come el corpo non può stare senza el cibo così l'anima non può stare senza el cibo de la parola di Dio, cioè senza la confessione. Guardatevi da le perverse compagnie però che molto v'impedirebbero el santo proponimento.

Non dico più, carissimi e dolcissimi fratelli in Cristo Gesù.

Permanete ne la santa dilezione. Gesù Gesù Gesù.



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A prete Nino da Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato e anegato nel sangue di Cristo crucifisso, e nascoso nel costato suo, - però che nel sangue trovarete el fuoco però che per amore fu sparto -, e nel costato trovarete l'amore corale: ché tutte l'operazioni che Cristo adoperò in noi, le mostra fatte con tanto corale amore.

Allora l'anima vostra s'accendarà a un fuoco di santo desiderio, el quale desiderio e affetto d'amore none invecchia mai, ma sempre ringiovanisce l'anima che se ne veste, e rinfrescala in virtù, e fortifica e allumina e unisce col suo Creatore, perché in questo oggetto di Cristo crucifisso truova el Padre, e participa della potenzia sua; truova la sapienzia dell'unigenito Figliuolo di Dio, el quale gli allumina lo 'ntelletto; gusta e vede la clemenzia dello Spirito santo, trovando l'affetto e l'amore con che Cristo à donato a noi el benefizio della sua passione, facendoci bagno di sangue dove sono lavate le nostre iniquità: del costato suo ci à fatto abitazione e receptaculo dove l'anima si riposa, e truova e gusta Dio e Uomo.

Or questo voglio che noi facciamo, carissimo padre: che l'occhio dell'intelletto nostro non si serri mai, ma sempre vegga e raguardi quanto elli è amato da Dio; el quale amore ci è manifestato per mezzo del Figliuolo suo. La volontà sempre ami, e non cessi mai né allenti l'amore verso del suo Creatore, né per diletto né per pena né per veruna altra cosa che ci fusse fatta o detta; ma, sempre con vera e perfetta perseveranzia infine alla morte, se tutte l'altre operazioni ed essercizii corporali venissero meno, questo non debba mancare. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



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A frate Rinieri di Santa Cristina de' frati Predicatori in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendo padre in Cristo Gesù per reverenzia di quello dolcissimo sacramento, io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero cavaliere e combattitore contra ogni vizio e tentazione per Cristo crocifisso, con una santa e vera perseveranzia, però che la perseveranzia è quella che è coronata.

Sapete che con la perseveranzia e con la battaglia si riceve vittoria: noi siamo in questa vita posti come in uno campo di battaglia e doviamo combattere virilmente, e none schifare e' colpi né vòllare el capo adietro, ma raguardare el nostro capitano Cristo crocifisso che sempre perseverò, e non lassò per detto de' Giuderi - quando dicevano «discendi della croce» (Mt 27,40-42 Mc 15,30-32) -, né per dimonio, né per nostra ingratitudine; ma persevara e non lassa però di compire l'obbedienzia del Padre e la salute nostra infino all'ultimo che torna al Padre eterno con la vittoria ch'egli à avuta: d'avere tratta l'umana generazione della tenebre, e rendutale la luce della grazia, vencendo el demonio e 'l mondo con tutte le delizie sue. E n'è rimaso morto questo Agnello: à data la morte a sé per rendere la vita a noi; con la morte sua distrusse la morte nostra. El sangue e la perseveranzia di questo capitano ci die fare inanimare a ogni battaglia, portando pene strazio e rimproverio e villania per lo suo amore, avere povertà volontaria, umiliazione di cuore, obbedienzia compita e perfetta.

A questo modo, quando sarà distrutta la nuvila del corpo suo, tornarà con la vittoria alla città di vita eterna: avarà sconfitto el dimonio, el mondo e la carne, che son tre perversi nemici, e singularmente la carne che sempre ci stimola e impugna contra lo spirito. Conviencela domare e macerare col digiuno, vigilie e orazioni; e le cogitazioni che vengono, cacciarle con le continue e sante imaginazioni, imaginando e cogitando quanto è 'l fuoco della ardentissima carità, quanto egli à fatto per noi per grazia e non per debito, ché 'l Padre ci à dato el Verbo de l'unigenito suo Figliuolo, e 'l Figliuolo à data la vita: che per amore à svenato e aperto el corpo suo che da ogni parte versa sangue. Egli à lavate le macchie delle nostre iniquità, di sangue.

Quando l'anima raguarda tanto amore, consumasi per amore e non le pare potere fare tanto - né potrebbe, se desse el corpo suo a ogni pena e tormento -: non li pare potere, né può sodisfare a tanto amore e a tanti benefici quanto riceve dal suo Creatore. Egli è el dolce Idio nostro, che ci amò senza essere amato. Or con questo modo cacciarete le cogitazioni del dimonio.

Ma voi mi potreste dire, padre: «Poi che tu vuoli ch'io sia cavaliere virile, e io so' nel campo della battaglia combattuto da molti nemici, arme mi conviene avere: dimmi che arme io prenda». Rispondovi ch'io non voglio che siate disarmato, ma voglio che aviate l'arme di Pavoloccio, che fu uomo come voi, cioè la corazza della vera e profonda umilità, la soprasberga dell'ardentissima sua carità, che, come la corazza è unita con la soprasberga, e la soprasberga con la corazza, così l'umilità è balia e nutrice della carità, e la carità nutrica l'umilità. Questa è l'arme ch'io vi do, però che ella riceve e' colpi - ché assai può gittare el dimonio el mondo e la carne saette tanto avelenate che ce ne colga neuna -, però che l'anima innamorata di Cristo crocifisso non riceve in sé saetta di peccato mortale, cioè per consentimento di volontà. Egli è di tanta fortezza che né dimonia né creatura el può constregnare più che si voglia.

Anco vi conviene avere in mano el coltello per difendarvi da' nemici vostri, e abbi due tagli - un taglio di odio di dispiacimento di noi medesimi e del tempo passato speso con poca sollecitudine di virtù e con molta miseria e iniquità e offese del nostro Salvatore. Doviamo odiare questa offesa e noi medesimi che aviamo offeso, però che la persona che à conceputo uno odio vuole fare vendetta della vita passata, e sostenere ogni pena per amore di Cristo e scontiamento de' peccati suoi, vendicando la superbia con l'umilità, la cupidità e avarizia con la larghezza e carità, la libertà delle proprie sue volontà con l'obbedienzia. Queste sono le sante vendette che noi doviamo fare quando portiamo questo coltello de l'odio e de l'amore.

Ma io godo ed essulto delle gloriose novelle ch'io ò udite di voi, che mi pare che aviate fatta la vendetta della libertà, essendo andato al giogo dell'obbedienzia santa. Non potavate fare meglio che d'avere renunziato al mondo e a' diletti e delizie sue e alla propria volontà. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che virilmente con una santa perseveranzia stiate in questo campo della battaglia, e non volliate mai el capo adietro a schifare neuno colpo di molestia e tentazione, ma fermo, armato dell'arme detta, con l'arme sostenete e riparate a' colpi che vengono; col coltello di due tagli di odio e d'amore vi difendarete da' vostri nemici.

L'arbore della croce voglio che sia piantato nel cuore e nell'anima vostra: conformatevi con Cristo crocifisso, niscondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, inebriatevi e vestitevi di Cristo crocifisso.

Come dice Pavolo, gloriatevi nella croce di Cristo crocifisso; satollatevi d'obrobrii, di vergogne e di vituperii, sostenendo per amore di Cristo crocifisso. Conficcatevi el cuore e l'affetto in croce con Cristo, però che la croce v'è fatta nave e porto, ché vi conduce a porto di salute; e' chiovi vi son fatti chiave a uprire el reame del cielo. Orsù, padre e fratello carissimo, non dormite più nel letto della negligenzia, ma come cavaliere virile e non timoroso combattete contra ogni aversario, ché Dio vi darà la plenitudine della grazia, sì che, consumata la vita vostra, dipo' le fadighe giognarete al riposo e a vedere la somma eterna bellezza e visione di Dio, dove l'anima si quieta e riposa: finita ogni pena e male riceve ogni bene, sazietà senza fastidio, e fame senza pena. Finite la vita vostra in croce.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.



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A Giovanni Perotti e monna Lipa sua donna.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo figliuolo mio in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi nel prezioso sangue del figliuolo di Dio, con disiderio di vedere in voi adempita quella parola del dolce apostolo Pavolo, quando diceva "Induimini Dominum nostrum Jesum Christum" (Rm 13,14), cioè spogliatevi de l'uomo vecchio e vestitevi del nuovo (Ep 4,22-24 Col 3,9-10), cioè di Cristo crocifisso, el quale è quello vero vestimento che ricuopre la nudità dell'uomo e vestelo di virtù. O inestimabile e diletta carità che s'è fatto nostro vestimento! Poi che per lo peccato perdemmo la vita de la grazia venne come inamorato, costretto dal fuoco de la divina carità; avendo noi perduto el detto vestimento de la grazia e 'l caldo de la divina carità, esso, come fuoco, ci tolse la fredezza, vestendo sé de la nostra umanità. Allora riavemmo el vestimento de la grazia, la quale non ci può essere tolta né per dimonia né per creature, se noi medesimi non vogliamo.

Adunque vi prego, fratello e suoro mia carissimi, che siate solliciti di prendare questo santo e dolce vestimento, non comettendo negligenzia, a ciò che non vi sia detta quella parola di rimproverio: «Maladetto sia tu che ti lassasti morire di freddo e di fame», poi che Cristo è tuo vestimento ed èttisi dato in cibo. Oimé, or quale sarebbe quel cuore tanto indurato e ostinato che non si levasse a spogliarsi d'ogni ignoranzia e negligenzia, e vestirsi di questo santo e dolce vestimento, el quale dà vita a coloro che sono morti? O quanto sarà dolce e beata l'anima nostra quando verrà el tempo nostro che saremo richiesti da la prima Verità nel tempo dolce de la morte, dove l'anima gode ed essulta quando si vede vestita del vestimento de la divina grazia! El quale è uno vestimento che le dimonia non possono contra di lui, però che la grazia fortifica e tolle ogni debilezza: solo el peccato è quella cosa che indebilisce l'anima. O quanto è pericoloso e perverso el vestimento del peccato! Bene è da fuggirlo con odio e dispiacimento, poi che tanto ci è nocivo, e spiacevole e abominevole a Dio. Con ardore e infiamato desiderio vi levate a strignare e vestirvi di questo dolce vestimento nuziale de la divina e dolce carità, el quale l'anima si mette per non essere cacciata de le nozze de la vita durabile (Mt 22,1-13), a le quali Dio c'invitò e invita in sul legno de la santissima croce. Prego la somma ed eterna verità che vi faccia sì andare virilmente, che giogniate al termine e fine per lo quale voi fuste creati. E sì come per carità e per amore vestiste el Bambino di drappo, così vesta egli voi di sé medesimo uomo nuovo, Cristo crocifisso. Ringraziovi molto.

Permanete etc. Gesù etc.




Caterina, Lettere 154