Caterina, Lettere 357

357

Al re d'Ungaria.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondato in vera e perfettissima carità.

La quale carità non cerca le cose sue (1Co 13,5), ma cerca solo la gloria e loda del nome di Dio ne la salute dell'anime; non cerca el prossimo suo per sé, ma solo per Dio. Ella è una madre che notrica al petto suo e' figliuoli de le virtù, però che senza la carità neuna virtù può avere vita: potrebbe l'uomo bene avere l'atto de la virtù, ma non che fusse in verità, senza l'affetto de la carità. E però diceva quello glorioso apostolo e banditore Paulo: «Se io dessi ogni cosa a' poveri e il corpo mio ad ardere, avessi lingua angelica, sapessi le cose future, e non avessi carità, neuna cosa mi vale» (1Co 13,1-3).

La carità ama quello che Dio ama, e odia quello che Dio odia, e però chi l'à si spoglia de l'uomo vecchio - cioè del peccato, el quale Dio tanto odiò e tanto gli fu in dispiacere, che egli el volse punire sopra el corpo del Figliuolo suo -, e vestesi de l'uomo nuovo Cristo dolce Gesù (Col 3,9-10); strignelo a sé, seguitando la dottrina sua, in qualunque stato si sia. Non si scorda, l'anima che sta in carità, di seguitare le vestigie di Cristo: ella dispregia el mondo con tutte le sue delizie, apprezzandole quello che elle vagliono, come cosa che sono senza alcuna fermezza o stabilità, e però le tiene e possiede come cose prestate, e non come cose sue, perché vede e cognosce che o elle vengono meno a lui, o egli viene meno a loro col mezzo de la morte.

Questa carità fa l'anima benivola e amatrice de' nemici suoi; e' quali el mondo reputa nemici, ma non sono nemici, ché i nemici de l'uomo propriamente sono el mondo, el dimonio, e la fragile carne e umanità nostra, che ciascuno impugna contra lo spirito. El mondo co' diletti, co' quali invita a leggerezza di cuore, e a vana e disordinata allegrezza; el dimonio con le molte e varie cogitazioni, e con mettere in cuore agli uomini che ci faccino ingiuria, per provocare noi ad ira e ad impazienzia acciò che siamo privati de la carità che ci dà vita di grazia. La propria sensualità si leva con molta ribellione e impugnazione e movimenti di qualunque vizio si sia. Questi sono i nemici nostri. E' vero che se la ragione vuole, essi sono fatti debili ne la virtù del sangue di Cristo; e però l'anima che sta in perfetta carità si leva con grandissimo odio verso di loro, facendo guerra co' vizii, e pacificasi con le virtù.

Allora quelli nemici e' quali, come detto è, el mondo reputa nemici - cioè quelli che ci fanno ingiuria o tòllono le cose - nostre egli se li fa amici, amandoli in quanto creature, e per lo debito, ché Dio gli comanda che gli ami. E con questo amore spesse volte si dissolverà la tenebre dell'odio del cuore del prossimo suo; drittamente parrà che esso gitti carboni accesi di carità sopra el suo capo (Pr 25,22 Rm 12,20). E questo è uno de' singulari segni che dimostri se l'anima è in carità, o no: in lei non cade sdegno, ma con pazienzia porta e' difetti del prossimo suo; non è iracunda ma benigna; non fa l'uomo ingiusto ma giusto, ché a ciascuno rende el debito suo, o suddito o signore che sia: a Dio rende gloria, e loda al nome suo; a sé rende odio e dispiacimento del peccato; e al prossimo rende amore e benivolenzia.

E se egli è signore che abbi a tenere giustizia, a ciascuno fa ragione, così al grande come al piccolo, e al povero come al ricco; non contamina la giustizia né per lusinghe né per minacce, né per piacere né per dispiacere, ma tiene la bilancia ritta, dando a ciascuno quello che vuole la ragione. Con grande diligenzia serve al prossimo suo, mostrando sopra lui quello amore che esso porta a Dio: a Dio non può fare utilità, e però s'ingegna di farla a quello che Dio molto ama, cioè la creatura che à in sé ragione, che ce l'à posta come mezzo. Bene è dolce questa madre de la carità, ne la quale non cade veruna amaritudine, ma sempre dà allegrezza nel cuore di colui che la possiede.

Ma voi, carissimo padre, potreste dire a me: «Molto mi piace questo affetto de la carità; ma in che principalmente posso vedere se io l'ò?». Rispondovi: se l'anima sente in sé quelle condizioni che detto aviamo che à la carità - poi tutte si racolgono principalmente in due: cioè ne la vera e santa pazienzia, con la quale pazienzia porta le ingiurie piccole e grandi da qualunque lato venissero, e per qualunque creatura, con mente pacifica e tranquilla; l'altra si è, che è l'ultima, che egli serve la creatura ne la sua necessità, quanto gli è possibile - dico che si può dire che questo cotale in verità abbi l'affetto de la carità. Ne la prima porta con pazienzia le ingiurie, come detto è; e ne la seconda e ultima dona. E che dona? L'affetto de la carità, amando el prossimo come sé medesimo (Mt 22,39 Mc 12,31 Lc 10,27); e secondo che Dio à dato a lui de le grazie e doni suoi spirituali e temporali, tanto ne soviene la creatura con grande sollicitudine. Truovasi el gusto dell'anima disposto a prendere el cibo de la parola di Dio, e ingegnasi d'osservarla infino a la morte. Molti altri ce ne sono; ma per non distendermi troppo in parole ò detto solo questi due principali.

Oh quanto è beata quella anima che si truova notricata al petto di sì dolce madre! Ella è tutta umile e obediente, che inanzi eleggerebbe la morte che trapassare l'obedienzia di Cristo crucifisso e del vicario suo; non fa come quelli che sono privati de la carità e stanno nell'amore proprio di loro medesimi, el quale amore proprio à avelenato tutto quanto el mondo.

Drittamente egli è uno veleno che atosca l'anima: ella è piena d'ira, non è paziente, germina odio verso Dio e verso el prossimo suo. Egli dà una tenebre nell'anima che non lassa cognoscere né discernere la verità; egli contamina la santa fede; e voi el vedete, carissimo padre, quanto ànno offuscato questo dolce lume gl'iniqui uomini amatori di loro medesimi, nel corpo mistico de la santa Chiesa. Oimé! quelli che dovevano essere colonne e defenditori della fede santa sono quelli che l'ànno negata. Chi gli à mossi quelli che elessero el vicario di Cristo papa Urbano VI? El quale elessero con tanta ordinata elezione e coronaro con tanta solennitade, e fecerli reverenzia, come a sommo pontefice che egli è; e chieserli le grazie e usârle; e ànnolo anunziato per tutto el mondo, non per timore di creatura ma propriamente per la verità: e ora dicono che non è papa.

E ànno eletto l'antipapa, el quale si può chiamare membro del diavolo, ché, se egli fusse membro di Cristo, avarebbe inanzi sostenuta la morte che avere consentito a tanta abominazione. Dico che l'amore proprio di tutto questo male è stato cagione, ché se essi avessero amata la virtù e non la propria sensualità, non l'arebbero fatto, ma sarebbero stati contenti che Cristo in terra avesse corretta la vita loro, e purgati e' fracidumi de le molte iniquità che per loro e per gli altri in questo giardino si commettevano. Drittamente pare che essi abbino preso l'officio de le dimonia, ché il dimonio, come egli à perduto Dio ed è privato de la sua visione, così vorrebbe che tutti noi altri la perdessimo, e fanne ciò che può perché aviamo l'eterna dannazione: così questi ciechi guidatori de' ciechi (Mt 15,14 Lc 6,39), di quella tenebre ed errore che essi ànno in loro, di quella vogliono dare a noi. Non raguardano i miseri uomini che lo' converrà rendere ragione, dinanzi al sommo giudice, di loro e di quante anime periscono per loro. Non mi stendo a dire più del grande male e iniquità loro, perché pare che Dio v'abbi alluminato l'occhio dell'intelletto vostro a cognoscere la loro bugia e la verità di papa Urbano VI - la quale anunziarono a noi -, però che se voi non la cognosceste seguitareste la miseria loro. Grande grazia v'à fatta el dolce Dio nostro, che non v'à lassato in tenebre, ma àvi dato el lume. E pare che 'l nostro dolce Salvatore, sì come sete stato difenditore sempre de la fede nostra e campione della fede contra gl'infedeli, così vuole che ora siate difenditore de la santa Chiesa.

Disponetevi in tutto a difendere la verità de la fede santa contra gli eretici falsi cristiani negatori de la verità. E non è da pigliarci indugio di tempo, ma con grande sollicitudine rispondete a Dio, che vi chiama a questo ministerio: posponete ogni altra cosa. Vuole el dolce e amoroso Gesù, el quale dié la vita per voi con tanto fuoco d'amore, che voi facciate ragione che vi siano nemici solamente i principali nemici de la santa Chiesa e del lume de la santa fede. Con tutti gli altri vostri nemici dovete fare pace, sì per amore de la virtù e perché voi non siate privato dell'affetto de la carità; e sì per la necessità de la santa Chiesa.

E sosterrete voi che anticristo membro del dimonio, e una femmina mettano a ruina e in tenebre e confusione tutta la fede nostra? Dicovi che se voi e gli altri signori che 'l potete fare, nol farete con grande sollicitudine e diligenzia, voi ne sarete confusi dinanzi a Dio, e ripresi duramente de la negligenzia e tepidezza del cuore vostro. Non voglio che aspettiamo la reprensione, però che ella è molto orribile, e altrimenti fatta che la reprensione degli uomini; ma pregovi che veniate e non tardiate più. Recateveli per le mani, poiché Dio ve li dà e ponvi questo peso sopra le spalle: ricevetelo con debita reverenzia.

Abbiate compassione al padre nostro papa Urbano VI, che sta con grande amaritudine di vederne portare le pecorelle sue al lupo infernale. è vero che solo si conforta nel suo Creatore, come uomo che à posta la speranza e la fede sua in lui; e anco spera che Dio disponga voi a pigliare questo peso per onore di Dio e bene de la santa Chiesa. Pregovi per l'amore di Cristo crucifisso che compiate la volontà di Dio, e il desiderio suo in voi.

Aprite l'occhio dell'intelletto, oimé!, sopra questi morti; imparate da quelli gloriosi martiri che abandonavano loro medesimi, e disponevansi ad ogni suplicio e a la morte corporale per amore de la fede santa. Tutto el mondo per questo è in divisione: la via dell'inferno corre e non si truova chi le faccia resistenzia, perché non si truova se non amatori di loro medesimi, e' quali non attendono ad altro che al bene particulare di queste ricchezze e stati del mondo, le quali sono grandissima povertà; e dell'anime ricomprate del sangue di Cristo crucifisso non si curano. Voglio dunque che stiate in vera e perfetta carità, sì come io dissi che desideravo, acciò che siate uomo virile a disponervi tosto ad operare ciò che si può, lassando stare ogni altra cosa per onore di Dio e per la fede santa. Spero, per la sua infinita bontà, che ne stregnerà la mente e la conscienzia vostra; la quale conscienzia prego lui che sia uno stimolo che non vi lassi mai stare, infino a tanto che io vegga quello in effetto, in voi, che Dio vi richiede.

Studiatevi tosto a questo santo essercizio, ché io non vel dico senza cagione. Molto bene escirà de la venuta vostra. Forse che questa verità si dichiararebbe senza la forza umana, e questa poverella de la reina si levarebbe da la sua obstinazione o per timore o per amore. Vedete quanto è stata sostenuta da Cristo in terra, in non averla privata di fatto di quello che ella s'è privata di ragione, solo per aspettare se ella si corregge, e per lo vostro amore. Oggimai, se egli el facesse, farebbe giustamente: è scusato dinanzi a Dio e a voi; e voi medesimo dovareste essere contento che questo si facesse, non volendo ella tornare a misericordia.

E non ve ne debba ingannare veruna passione, cioè che vi paresse che a voi e al reame vostro ne seguitasse poco onore che ella fusse publicata eretica; ed egli non è così che ve ne torni poco onore, però che è publica e manifesta la eresia sua, anco vi sarebbe onore di volere vedere fatta la giustizia, o fare giustizia, di questo e d'ogni altro difetto in qualunque persona si sia, eziandio se fusse el figliuolo vostro, però che vi sarebbe maggiore onore a fare la giustizia in lui che in altrui.

So bene che, stando ne la dolce madre de la carità, cognoscerete che egli è così; ma se andassimo dietro al fummo e al piacimento del mondo, come uomini da poco e di basso intelletto e non reale, nol cognoscereste. Dio infonda in voi el lume e la grazia sua. Pigliate la navicella de la santa Chiesa, aitatela a conducere a porto di pace e di quiete. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Perdonatemi se troppo v'ò gravato di parole: l'amore e il dolore de la dannazione dell'anime me ne scusi, e anco la volontà di Dio che m'à costretta a scrivere a voi. Confortate la reina da parte di Gesù Cristo e da mia, e racomandatemi a lei. Gesù dolce, Gesù amore.



358

A maestro Andrea di Vanni depintore, essendo Capitaneo di popolo di Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi giusto e buono rettore, acciò che si compia in voi l'onore di Dio e il desiderio vostro, el quale so che Dio v'à dato buono, per la sua misericordia.

Ma non veggo il modo che noi potessimo bene reggere altrui, se prima non reggiamo bene noi medesimi.

Quando l'anima regge sé, regge altrui con quello medesimo modo: però che ama il prossimo suo di quello amore che ama sé medesimo (Mt 22,39); sì come la carità perfetta di Dio genera perfetta la carità del prossimo, così con quella perfezione che l'uomo regge sé, regge i sudditi suoi. In che modo regge sé medesimo colui che teme Dio? E con che giustizia? Il modo suo è questo, che con lume di ragione egli ordina le tre potenzie de l'anima, e con quello ordine regola tutta la vita sua spiritualmente e corporalmente, in ogni luogo tempo e stato che egli è, giustamente.Ordina la memoria a ritenere e' benefici di Dio, e l'offese che à fatto al sommo bene; ordina l'intelletto a vedere l'amore con che Dio à date le grazie, e a cognoscere la dottrina de la sua verità. Così ordina la volontà ad amare la infinita bontà di Dio, la quale à veduta e cognosciuta col lume de l'intelletto.

E perché egli à cognosciuto che Dio debba essere amato da le sue creature con tutto il cuore, con tutto l'affetto e con tutte le forze nostre, però salie sopra la sedia de la conscienzia per tenersi ragione, quando vede che la sensualità volesse guastare questo dolce e glorioso ordine. E se per illusione del dimonio o per la fragilità fusse guasta o impedita la perfezione che dà questo santo ordine, egli ne fa giustizia perché la virtù d'essa giustizia riluce nel petto suo; e fa questa giustizia come alluminato che a ciascuno dà il debito suo. Unde, se la sensualità gitta il colpo mortale, morte ne riceve, tagliando el capo a la propria perversa volontà col coltello de l'odio del vizio e amore della virtù. Poi la giustizia, secondo la gravezza de la colpa, disciplina il disordinato affetto de l'anima, facendole pagare quella condannagione che gli è posto per la divina giustizia.

Che condannagione è questa, e per che modo è data? Dicolo: che l'appetito sensitivo, il quale cerca lo stato, le dignità e ricchezze del mondo, la ragione giusta vuole che desideri e abracci la vergogna, spregi la dignità, e cerchi la vilità; abandoni la ricchezza volontariamente, e sposi a la povertà; fidisi di Dio, e non di sé né degli stati del mondo, e' quali non ànno fermezza né stabilità veruna. E se questo perverso appetito cerca la puzza de la immondizia, e la giustizia l'à obligata e constrigne a cercare e dilettarsi de la purità. Se vuole superbia, ella gli dà l'umilità, e per la infedelità la fede; per l'avarizia la larghezza de la carità; per l'odio e dispiacere del prossimo, la benivolenzia; a lo imprudente, la prudenzia. E così tutte le virtù sonno quelli bandi e condannagioni che 'l giudice in su la sedia de la conscienzia giudica che si dieno a l'affetto de l'anima per punire l'appetito sensitivo, e distrugere l'affetto del vizio, dicapitando la propria volontà, come detto è. Or così tiene ragione a l'anima, rendendole il debito de la virtù. Àlla posta in signoria come donna, e la sensualità tiene come serva: per questo modo rende il debito de l'onore a Dio, e la dilezione de la carità al prossimo.

El luogo dove debba stare, è la casa del cognoscimento di sé, e de la bontà di Dio in sé, misurando con quella misura altrui, con la quale vuole essere misurato egli; lavando spesso la faccia de l'anima d'ogni macula di peccato nel sangue di Cristo, col mezzo de la pura e santa confessione; notricandola del cibo degli angeli, cioè del sacramento dolce del corpo e del sangue di Gesù Cristo, tutto Dio e tutto uomo, el quale ogni fedele cristiano è tenuto di prendere almeno una volta l'anno. Chi vuole più, più el pigli, ma non meno; e per neuna cosa l'uomo el debba lassare, né giusto né peccatore: però che, se 'l peccatore non è disposto, egli si debba disponere; se egli è giusto, per umilità non debba lassare dicendo: «Io non so' degno di tanto misterio; quando io me ne sentirò più degno, io mi comunicarò». Non debba fare così, ma debba pensare che mai per sue giustizie non ne sarebbe degno; e quando se ne facesse degno, sarebbe bene indegno: amantellarebbe la superbia col mantello de l'umilità. Ma Dio è degno e potente di fare noi degni, e però ne la dignità sua el doviamo ricevere.

E conviencelo ricevere in due modi, cioè attualmente e mentalmente: cioè col santo vero e affocato desiderio. E questo desiderio non vuole essere solamente a l'atto de la comunione, ma in ogni tempo e in ogni luogo, sì come cibo che si prende per dare vita di grazia a l'anima. Tutto questo, e la santa giustizia detta, procedono da l'ordine che con giusta ragione dié e osservò ne le tre potenzie de l'anima sua: poi che l'à in sé, la ministra al prossimo suo con l'orazione e con la parola e con la buona e santa vita.

E se egli è uomo che abbi a regere, sì come egli è osservatore de la legge in sé così vuole che sia osservata per li sudditi; e acciò che ella si osservi con zelo di giustizia, punisce quelli che la trapassano. Unde, sì come egli à punita in sé la propria sensualità, che ribellava a la legge divina, così, avendo a reggere i corpi de' sudditi, gli vuole punire quando non osservano la legge civile e gli altri statuti, e ordinazioni buone, fatti per quelli che ànno avuto a regere e governare. E secondo che vuole l'ordine de la giustizia, così dà poco e assai secondo che richiede la ragione. Questa giustizia non vuole essere contaminata né diminuita per timore di pena né di morte corporale, non per timore né per lusinghe, non per piacere de le creature, o per substanzia temporale; né rivendere l'onore, né le carni degli uomini per denari, sì come fanno quelli che ingiustamente vivono senza veruno ordine e lume di ragione. Ma il giusto per neuna cosa lassa, anco, giusta el suo potere l'osserva cercando, in ciò che egli à a fare, l'onore di Dio, la salute de l'anima sua e il bene universale d'ogni persona; consigliando schiettamente e mostrando la verità quanto gli è possibile.

Così debba fare, a voler mantenere sé e la città in pace, e conservare la santa giustizia, ché solo per la giustizia, la quale è mancata, sonno venuti e vengono tanti mali.

E però io, con desiderio di vederla in voi e mantenerla ne la città nostra, regerla e governarla con ordine, dissi ch'io desideravo di vedervi giusto e vero governatore: la quale giustizia se prima non si comincia da sé, come detto è, già mai nel prossimo non la poterebbe osservare in veruno stato che fusse. Adunque v'invito e voglio che con ogni solicitudine ordiniate sempre voi medesimo, come detto è, acciò che facciate compitamente quello per che la divina bontà ora v'à posto. Ponetevi sempre Dio dinanzi agli occhi vostri in tutte le cose che avete a fare, con vera umilità, acciò che Dio sia gloriato in voi, etc.

Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.




359

A Leonardo Freschiubaldi da Fiorenza.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crucifisso, a ciò che ine si consumi ogni difetto e propria volontà, la quale volontà è cagione e strumento della morte dell'anima. E così, quando la volontà nostra è tutta consumata nel sangue, dà vita all'anima, perché è vestita della somma ed etterna volontà di Dio.

Oh volontà dolcissima, la quale dai vita, e tolli la morte; doni la luce, e consumi la tenebre! Tu tolli ogni pena affliggitiva dell'anima, e la ingrassi nell'odore delle virtù; vestila del vestimento nuziale del fuoco della divina carità, e fa'la mangiare, a la mensa della croce, el cibo de l'onore di Dio e della salute dell'anime; e donile unguento suavissimo di pace e di quiete d'anima e di corpo, ché, stando nel mare tempestoso, navica in pace.

Tutto questo tesoro e dono dà Dio nell'anima, quando è vestita della sua etterna volontà, e privata della sua propria; però che la propria volontà sempre dà e genera tempesta e amaritudine. Bene seguita dunque che chi à annegata la sua nel sangue, sta in perfetta pace. Altra via né altro modo non ci à da gustare l'arra di vita etterna in questa vita, e di là avere el pagamento, e però dissi che io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crucifisso. Altro non dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



360

A Peronella, figliuola di Masello Pepe da Napoli.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti spogliato el cuore e l'affetto tuo del mondo e di te medesima, però che in altro modo non ti potresti vestire di Cristo crocifisso, perciò che il mondo e Dio non ànno conformità insieme.

L'affetto disordenato del mondo ama la superbia e Dio l'umilità; elli cerca onore stato e grandezza, e Cristo benedetto la dispregiò, abracciando le vergogne, scherni e villanie, fame e sete, freddo e caldo, infine a la obrobriosa morte de la croce: e con essa morte rendé onore al Padre e noi fummo restituiti a grazia. Elli cerca di piacere a le creature, non curando di dispiacere al Creatore, e Cristo non cercò mai se non di compire l'obedienzia del Padre etterno per la nostra salute. Elli abracciò e vestissi de la povertà voluntaria, e il mondo cerca le grandi ricchezze: bene è dunque differente l'uno da l'altro. E però di necessità è che se il cuore è spogliato di Dio, sia pieno del mondo, e se elli è spogliato del mondo, sia pieno di Dio. Così disse il nostro Salvatore: «Neuno può servire a due signori, ché se serve all'uno è in contento all'altro» (Mt 6,24). Doviamo dunque con grande sollicitudine levare il cuore e l'affetto da questo tiranno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto, senza veruno mezzo, in Dio: non doppio, né amare fittivamente, però che elli è il dolce Dio nostro che tiene l'occhio suo sopra di noi e vede l'occulto secreto del cuore.

Troppo è grande simplicità e mattezza la nostra, ché noi vediamo che Dio ci vede ed è giusto giudice - che ogni colpa punisce e ogni bene remunera -, e noi stiamo come acecati, senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi non ne abbiamo né siamo sicuri d'avere, ma sempre ci andiamo attaccando, e se Dio ci taglia uno ramo, e noi ne pigliamo un altro; e più ci curiamo di queste cose transitorie che passano come il vento - di non perderle -, e de le creature, che noi non ci curiamo di perdere Dio.

Tutto questo adiviene per lo disordenato amore che noi ci aviamo posto, tenendole e possedendole fuore de la volontà di Dio: in questa vita ne gustiamo l'arra dello 'nferno, perciò che Dio à permesso che chi disordinatamente ama sia incomportabile a sé medesimo; e sempre à guerra nell'anima e nel corpo. Pena porta di quello che elli à, per timore che à di non perderlo - e per conservarlo che non gli venga meno s'affadiga el dì e la notte -; e pena porta di quello che non à, perché appetisce d'averlo e, non avendolo, n'à pena. E così mai l'anima non si quieta in queste cose del mondo, perché sono tutte meno di sé (elle sono fatte per noi e non noi per loro; e noi siamo fatti per Dio, a ciò che gustiamo il suo sommo ed etterno bene).

Solo adunque Dio la può saziare: in lui si pacifica, in lui si riposa, però che ella non può desiderare né volere veruna cosa che ella non truovi in Dio, e, trovandola, non le manca che in lui non truovi la sapienzia a saperlili dare, e la voluntà a volerglili dare. (E noi el proviamo, ché non tanto che elli ci dia adimandando, ma elli ci dié prima che noi fussimo, perciò che - non pregandonelo mai -, ci creò a la imagine e similitudine sua, e recreocci a grazia nel sangue del suo Figliuolo). Sì che l'anima si pacifica in lui e none in altro, però che elli è colui che è somma ricchezza, somma sapienzia e somma bontà, e somma bellezza. Elli è uno bene inestimabile, che neuno è che possa estimare la bontà grandezza e diletto suo, ma esso medesimo si comprende e si stima: sì che elli può, sa e vuole saziare e compire i santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo e vestirsi di lui.

Adunque non voglio che noi dormiamo più, carissima figliuola, ma destianci dal sonno, perciò che il tempo nostro s'appressima verso la morte continuamente. Le cose transitorie e temporali e le creature voglio che tenga per uso, amandole e tenendole come cose prestate a te e non come cosa tua propria: questo farai traendone l'affetto, e altrimenti no; e trare se ne conviene, se vogliamo participare el frutto del sangue di Cristo crocifisso. Unde considerando io che altra via non c'è, dissi che io desideravo di vedere il cuore e l'affetto tuo spogliato del mondo.

Adunque, carissima figliuola, staccati in tutto da questi legami, a ciò che tu possa essere vera serva e sposa di Cristo crocifisso, e seguiti la volontà dolcissima sua, la quale voluntà t'invita a le nozze di vita etterna, perciò che non vuole altro che la tua santificazione. Ma attende, carissima figliuola, che ti conviene essere come quelle vergini prudenti, e non come le matte, che s'indugiaro infine a la estremità a fornire le lampane loro; e per lo indugiare trovaro poi la porta serrata. Ma le prudenti e sollicite, perché avevano tenuta la invitata de lo sposo e amavanlo, si providdero inanzi che il tempo lo' venisse meno. Tu dunque, che debbi essere sposa fedele, debbi portare la lampana del cuore tuo, el quale debba essere propriamente una lampana, stretto da piei e largo da bocca, cioè stretto nell'affetto del mondo e largo verso Dio - e dentrovi l'olio de la vera umilità e 'l fuoco dell'ardentissima carità, col lume de la santissima fede -; e per questo modo trovarai aperta la porta - cioè la porta del cielo -, la quale sta serrata a le matte che s'indugiano a la estremità de la morte, quando il tempo l'è venuto meno.

Aperta la porta, trovarai lo sposo etterno che ti ricevarà in sé medesimo, participando la bellezza e la bontà sua, la sapienzia sua e clemenzia, e la sua somma etterna ricchezza, la quale none impoverisce mai.

Elli è cibo che sazia l'anima; e - saziandola - sempre à fame, ma di lunga è la pena da la fame, e il fastidio da la sazietà. Dilettati, figliuola, d'abitare in questa dolce patria, el quale diletto ricevarai col lume e col fuoco, e con l'olio de la umilità, come detto è, e con l'umile fedele e continua orazione.

Studia a la vigilia de la notte; fugge le conversazioni; ricovera in cella; taglia il parlare ozioso e vano del ricordamento del mondo, a ciò che la puzza non attoscasse l'anima tua. Macera il corpo tuo col digiuno e con l'altra penetenzia; guardati del vestire e del dormire dilicatamente, a ciò che il cuore tuo non vada a vela per vanità, e la carne non impugni contra lo spirito; con uno odio santo e perfetta deliberazione che tu voglia Dio in verità, recalcitra a te medesima; fa' che la ragione impugni continuamente contra la sensualità e al demonio e al mondo, che so che ti daranno grandissime battaglie, ma non temere né venire meno sotto questa disciplina, ma combatte virilmente, confidandoti che per Cristo crocifisso ogni cosa potrai. Per battaglie che ti venissero, non lassare l'essercizio tuo, né venire a confusione, però che veruna tentazione è colpa se non in quanto la volontà consentisse. Conserva la volontà tua, e legala con la dolce volontà di Dio, e godeti di stare in croce con lo Sposo tuo: non ti dilettare in altro che ne la croce di Cristo crocifisso, seguitandolo per la via de le pene e de li obbrobrii scherni e villanie. Ed empieti la memoria del ricordamento del sangue, nel quale sangue ogni cosa amara diventa dolce, e ogni grande peso leggiero: non è veruna cosa sì grave, né sì grande tribulazione, che non si porti.

Parmi che n'abbi bisogno d'avere così-fatta memoria, sì perché se' intrata nel campo de la battaglia, e sì per la tribulazione che ài ricevuta per la morte del tuo fratello; de la quale morte debbi avere allegrezza e non amaritudine, perché elli à compito il corso suo, ed è stato la vita dell'anima tua. Dunque del tuo bene e del suo non ti debbi dolere, ma renderne gloria e loda al nome di Dio. Lassa i morti sepellire a' morti, e tu seguita Cristo crocifisso. Non dico più qui.

Del desiderio tuo - el quale ò inteso che ài - d'essere vera religiosa, il quale ò molto caro che tu sappi e voglia dare de' calci al mondo col giogo de la santa obedienzia, ò risposto a Neri de' modi i quali mi pare che tu abbi a tenere; elli te ne informarà. Delibera tu in tutto in te medesima di volere essere vera serva di Cristo crocifisso. Altro non dico.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio. Fa' che tu usi spesso la santa confessione, e ritruovati alcuna volta con le serve di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



361

A una donna napolitana grande con la reina, al tempo che essa reina era rebella a papa Urbano VI.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi privata d'ogni timore servile, acciò che largamente anunziate la verità, e permaniate nel timore santo di Dio. El quale timore fa l'anima virile che non teme pene, né morte, né alcuna persecuzione; non teme di dispiacere alle creature, perché vuole piacere solo a lo Creatore suo: solo teme d'offendare Dio, e d'altro no.

Quanto è dolce cosa a l'anima che sta in questo santo timore, perché procede dalla dolcezza della carità e timore di debita reverenzia, sì come il buono figliuolo, che per amore e reverenzia teme di non fare a dispiacere al padre suo: non per paura delle batiture, ma per non offendarlo. Questo fa l'anima che liberamente s'è data tutta a servire al suo Creatore con tutto 'l cuore e con tutto l'affetto suo (Mt 22,37), non servendoli per paura né con amore mercenaio, ma con amore liberale. E com'egli è libero l'amore e il servire, così è libero il timore, ché senza timore di pena si mette, con timore santo, a sostenere ogni pena.

Di questo santo timore ci è necessario d'avere a' tempi che corrono oggi - bene che in ogni tempo, in ogni stato e luogo il doviamo avere -, e fugire il miserabile amore proprio, unde procede il timore servile, che tanto teme che l'ombra sua gli fa paura.

Oh quanto è miserabile questo timore! Egli avilisce l'anima, ristregne el cuore ne l'affetto della carità, che non vi cape l'onore di Dio, né il prossimo per dilezione e amore. Egli il fa timido: che, vedendo offendare Dio e il prossimo suo, farà vista di non vedere l'offesa fatta al suo Creatore. Anco, alcuna volta, per piacere e non dispiacere, mostra di conformarsi con quelli medesimi difetti che vede comettare, facendo sempre contra la coscienzia sua, la quale li detta che l'uno e l'altro fa male.

Oh maladetto amore proprio, che ài guasto tutto 'l mondo, privato l'anime del tesoro delle virtù, acompagnandoti col timore servile! Tu impovarisci l'anima, tu le tolli el lume; guastile el gusto, unde le cose amare le sanno dolci e le dolci amare. Tu la spogli del timore santo, e vestila di timore servile e di somma miseria, che in questa vita gusta l'arra de lo 'nferno; incomportabile diventa a sé medesima.

Questo miserabile timore mena seco ogni male: bene debba dunque l'anima odiarlo, levando sé sopra di sé, e salire sopra la sedia della coscienzia sua, e tenersi ragione; non lassando passare i movimenti e l'affetto del timore, che non sieno corretti con lume di ragione.

Carissima suoro, io v'invito a lassare questo timore servile, e col lume de la verità e col santo timore di Dio cominciare a seminare la verità nel cuore della reina, a ciò che 'l divino giudicio non venga sopra di lei; né tenga la santa Chiesa e tutta la congregazione cristiana in tanta amaritudine e tristizia.

() Permanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 357