Caterina, Lettere 269

A Neri predetto, in Fiorenza.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di veder morto in te ogni proprio sentimento, acciò che la mente e il desiderio tuo non sia mai contaminato da la propria passione, ma più tosto sia aumentata la virtù in te.

Questo farai quando con l'occhio dell'intelletto ti specchiarai ne la verità eterna, però che de la verità l'anima se ne inamora guardandola intellettualmente, e per questo modo se ne veste, tollendo da sé ogni amore proprio, però che in altro modo non si potrebbe dibarbicare. Adunque io voglio, figliuolo mio, che ti specchi ne la somma eterna verità e non perda ponto di tempo, ma sempre, giusta al tuo potere, t'ingegna, quanto tu puoi, di portare e soportare i defetti de le creature.

Fa' che tu non sia negligente all'orazione santa, e di fare ogni domenica pasqua con la santa comunione. E non ti curare perché tu ora sia di longa da me corporalmente, però che col santo desiderio e con l'orazione santa io sarò sempre presso a te. Confortati e fatti forza e violenzia acciò che rapischi el reame del cielo.

Altro non dico.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio. Dio ti dia la sua dolce eterna benedizione.

La nonna, Lisa, Alessa, Francesco e Barduccio tutti ti salutano. Gesù dolce, Gesù amore.



270

A papa Gregorio XI, a dì xvj d'aprile Mccclxxvij.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Santissimo e dolcissimo padre in Cristo Gesù, la vostra indegna e miserabile figliuola Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio io ò longo tempo desiderato di vedervi portonaio virile senza veruno temore.

Portonaio sete del cellaio di Dio, cioè del sangue dell'unigenito suo Figliuolo, la cui vece rapresentate in terra; e per altre mani non si può avere el sangue di Cristo se non per le vostre. Voi pascete e notricate e' fedeli cristiani; voi sete quella madre che alle mammelle della divina carità ci notricate, perché non ci date sangue senza fuoco, né fuoco senza sangue, però che 'l sangue fu sparto con fuoco d'amore.

O governatore nostro, dico che io ò lungo tempo desiderato di vedervi uomo virile senza veruno timore, imparando dal dolce e inamorato Verbo, che virilmente corre all'obrobriosa morte della santissima croce per compire la volontà del Padre e la salute nostra. Questo Verbo dolce ci reca a noi la pace, però che fu nostro tramezzatore tra Dio e noi. Non lassa questo dolce e inamorato Verbo, per nostra ingratitudine né per ingiuria né per strazii né vitoperio, che egli non corra all'obrobriosa morte della croce, sì come inamorato della salute nostra: in altro modo non potavamo giugnare all'effetto della pace. O padre santissimo nostro, io vi prego per l'amore di Cristo crucifisso che voi seguitiate le vestigie sue.

Oimé, pace pace per l'amore di Dio! Non raguardate alla miseria, all'ingratitudine e ignoranzia nostra, né alla persecuzione de' vostri ribelli figliuoli; oimé, venca la vostra benignità e pazienzia la malizia e superbia loro: abbiate abbiate misericordia di tante anime e corpi che periscono. O pastore e portonaio del sangue dell'Agnello, non vi ritragga né pena né vergogna né vitoperio che vi paresse ricevare, né timore servile, né i perversi consiglieri del dimonio, che non consigliano altro che in guerre e in miserie. Tutto questo, santissimo padre, non vi ritragga che voi non corriate all'obrobriosa morte della croce, seguitando Cristo come suo vicario: cioè sostenendo pene tormento e obrobrio e villanie portiate la croce del santo desiderio, desiderio dell'onore di Dio e de la salute de' figliuoli vostri. Abbiate abbiate fame, e con l'occhio dell'intelletto vostro vi levate in su la croce del desiderio, e raguardate quanti sono e' mali che seguitano per questa perversa guerra, e quanto è el bene che seguita della pace.

Oimé, babbo mio, disaventurata l'anima mia, ché le mie iniquità sono cagione d'ogni male; e pare che 'l dimonio abbi presa la signoria del mondo, non per sé medesimo, ché egli non può cavelle, ma in quanto noi gli l'aviamo dato. Da qualunque lato io mi vollo io veggo che ognuno vi porta le chiavi del libero arbitrio con la perversa volontà: e' secolari, e' religiosi, e' cherici, con superbia corrire alle delizie e stati e ricchezze del mondo, con molta immondizia e miseria. Ma sopra tutte l'altre cose che io veggo che sia molto abominevole a Dio, si è de' fiori che sono piantati nel corpo mistico della santa Chiesa, che debbono essere fiori odoriferi - la vita loro specchio di virtù, gustatori e amatori de l'onore di Dio e della salute dell'anime -, ed egli gittano puzza d'ogni miseria, amatori di loro medesimi, raunando e' difetti loro con esso gli altri, e singolarmente la persecuzione che è fatta alla dolce Sposa di Cristo e alla Santità vostra.

Oimé, caduti siamo nel bando della morte e aviamo fatta guerra con Dio. O babbo mio, voi sete posto a noi per tramezzatore a fare questa pace; non veggo che ella si faccia se voi non portate la croce del santo desiderio, come detto è. Noi abbiamo guerra con Dio; ed e' ribelli figliuoli l'ànno con Dio e con la Santità vostra, e Dio vuole e vi richiede che tolliate, giusta al vostro potere, la signoria delle mani del dimonio.

Mettete mano a levare la puzza de' ministri de la santa Chiesa; traetene e' fiori puzzolenti e piantatevi e' fiori odoriferi, uomini virtuosi che temino Dio. Poi vi prego che piaccia alla vostra Santità di conscendare a fare la pace, e ricevarla per qualunque modo ella si può avere, conservando sempre quello della Chiesa e la conscienzia vostra. Vuole Dio che voi attendiate all'anime e a le cose spirituali più che alle temporali; fate virilmente, ché Dio è per voi: egli adopererà. Senza veruno timore! Perché vediate le molte fadighe e tribolazioni, non temete; confortatevi con Cristo dolce Gesù, ché tra le spine nasce la rosa: tra le molte persecuzioni ne viene la reformazione della santa Chiesa, la luce che fa levare la tenebre de' cristiani, e la vita degl'infedeli, e la levazione de la santissima croce. Voi, come strumento e nostro mezzo, con sollicitudine, e non con negligenzia, e senza veruno timore, adoperate ciò che voi potete. A questo modo sarete vero ministratore; adempirete la volontà di Dio e 'l desiderio de' servi suoi, che muoiono di dolore, e non possono morire, vedendo tanta offesa del loro Creatore e tanto avilire el sangue del Figliuolo di Dio.

Non posso più. Perdonate a me, padre santissimo, la mia presunzione; scusimi l'amore e 'l dolore dinanzi a voi. Non dico più. Date la vita per Cristo crucifisso, divellete e' vizii e piantate le virtù; confortatevi e non temete.

Permanete nella santa dilezione di Dio.

Grande desiderio ò di ritrovarmi dinanzi alla Santità vostra: molte cose v'ò a ragionare. Non so' venuta, per molte occupazioni buone e utili per la Chiesa, che ci sono avute a fare. Pace pace per l'amore di Cristo crocifisso, e non più guerra, ché altro rimedio non ci à. Racomandovi Anibaldo vostro fedele servidore.

Scritta al vostro monasterio nuovo che mi concedeste, titolato Santa Maria degli Angeli. Dimandovi umilemente la vostra benedizione. E' vostri figliuoli negligenti, maestro Giovanni e frate Ramondo, si racomandano alla Santità vostra.



271

A monna Alessa soprascritta mantelata di santo Domenico, sua dilecta figliuola.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti serva e sposa fedele al tuo Creatore, a ciò che mai non ti stolghi da la verità, ma per amore de la verità desideri di portare pena, sostenendo senza colpa infine a la morte: perciò che ne le pene e ne le fadighe - annegandovi dentro la propria volontà sensitiva - l'anima s'accosta più al suo Creatore, e fassi una volontà con lui.

Bisogno c'è adunque di portare, e di perdere noi medesimi: così saremo atte a piangere e offerire umili e continue orazioni dinanzi da lui, per suo onore e per salute dell'anime, però che noi doviamo essere gustatrici e mangiatrici di questo dolce e glorioso cibo. Ma guarda, carissima figliuola, che tu non t'ingannassi: ché inganno sarebbe quando tu volessi mangiare a la mensa del Padre etterno e schifassi di mangiarlo a la mensa del Figliuolo, in su la quale mensa cel conviene mangiare, però che senza pena non si può avere; e nel Padre non cadde pena, ma solo nel Figliuolo. E perché senza pena non potavamo passare questo mare tempestoso, però questo dolce e amoroso Verbo in cui cadde la pena si fece via (Jn 14,6) e regola nostra, e batté la strada col sangue suo. Adunque non dormiamo noi, serve ricomprate del sangue di Cristo, se vogliamo essere spose fedeli, ma destianci dal sonno de la negligenzia, e corriamo per questa strada di Cristo crocifisso, con spasimato e ansiato desiderio.

Ora è il tempo da non dormire, perché vediamo el mondo in maggiore necessità che fusse mai; e però io t'invito e ti comando che tu rinnovelli el pianto e 'l desiderio tuo, con molte orazioni, per la salute di tutto quanto el mondo, e per la reformazione de la santa Chiesa: che Dio per la sua bontà dia grazia al padre nostro che compia quello che elli à cominciato, ché - secondo che m'è stato scritto da Roma - pare che elli cominci virilmente, perciò che pare che voglia attendere ad acquistare anime. E perché io so il santo desiderio suo, ò speranza, se i miei peccati non lo impediscono, che tosto s'avarà la pace. Altro non dico, se non che tu gridi con voce e fede viva nel conspetto di Dio.

Permane ne la santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



272

A frate Raimondo da Capova dell'ordine de' Predicatori.

Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitatore e amatore de la verità, a ciò che siate vero figliuolo di Cristo crucifisso - el quale è essa verità - e fiore odorifero nell'Ordine santo e nel corpo mistico de la santa Chiesa; e così dovete essere. E non si debba lassare né vòllere el capo indietro per le spine de le molte persecuzioni, perocché troppo sarebbe matto colui che lassasse la rosa per timore de la spina. El mio desiderio è di vedervi virile e senza timore d'alcuna creatura. So' certa, per la infinita bontà di Dio, che adempirà el desiderio mio.

Confortatevi, carissimo padre, ne la dolce Sposa di Cristo, però che quanto più abonda in tribulazioni e amaritudine, tanto più promette la divina Verità di farla abondare in dolcezza e consolazione. E questa sarà la dolcezza sua: la reformazione de' santi e buoni pastori, e' quali sono fiori di gloria, cioè che rendono gloria e odore di virtù a Dio. Questa è la reformazione del fiore de' suoi ministri e pastori; non n'à bisogno el frutto di questa sposa d'essere reformato, però che non diminuisce né si guasta mai per li difetti de' ministri. Sì che godete nell'amaritudine, poi che la Verità ci à promesso di darci refrigerio.

Doppo l'amaritudine e consolazione che io ebbi ricevendo la lettera del dolce babbo e vostra, però che amaritudine ebbi per lo danno de la Chiesa, e vostra amaritudine - la quale avevo sentita molto intrinsicamente el dì di santo Francesco -; ed ebbi allegrezza perché mi traeste di molto pensiero, unde, lette le lettare e inteso tutto, pregai una serva di Dio che offerisse lagrime e sudori dinanzi da Dio per la sposa e per la infermità del babbo. Unde subbito per divina grazia le crebbe uno desiderio e una allegrezza sopra a ogni modo. E aspettando che venisse la mattina per avere la messa - che era el dì di Maria - e venuta l'ora de la messa, si pose nel luogo suo con vero cognoscimento di sé, vergognandosi dinanzi da Dio de la sua imperfezione. E levando sé sopra di sé con ansietato desiderio, e speculando con l'occhio dell'intelletto ne la verità etterna, dimandava ine quattro petizioni, tenendo sé e 'l padre suo dinanzi a la sposa de la verità. E prima la reformazione de la santa Chiesa.

Allora Dio, lassandosi costrignere a le lagrime, e legare a la fune del desiderio, diceva: «Figliuola mia dolcissima, vedi come à lordata la faccia sua con la immondizia e amore proprio ed enfiata superbia e avarizia di coloro che si pascono al petto suo. Ma tolle le lagrime e 'l sudore tuo, e tra'le de la fontana de la divina mia carità, e lavale la faccia, però che io ti prometto che non le sarà renduto la bellezza sua col coltello, né con guerra né crudeltà, ma con la pace, e umili e continue orazioni, sudori e lagrime gittate con ansietato desiderio de' servi miei. E così adempirò el desiderio tuo con molto sostenere; e in neuna cosa vi mancarà la mia providenzia». E poniamo che in questo si contenesse la salute di tutto quanto el mondo, nondimeno l'orazione si distendeva più in particulare, dimandando per tutto quanto el mondo.

Allora Dio mostrava con quanto amore aveva creato l'uomo, e diceva: «Or vedi che ognuno mi percuote: vedi, figliuola, con quanti diversi e molti peccati essi mi percuotono, e spezialmente col miserabile e abominevole amore proprio di loro medesimi unde procede ogni male, col quale ànno apuzzato tutto quanto el mondo. Voi dunque, servi miei, paratevi dinanzi con le molte orazioni, e così miticarete l'ira del divino giudicio. E sappi che neuno può escire de le mie mani, e però apre l'occhio de l'intelletto, e mira ne la mia mano». E, levando l'occhio, vedeva nel pugno suo rinchiuso tutto l'universo mondo. E poi diceva: «Io voglio che tu sappi che neuno me ne può essere tolto, però che tutti ci stanno o per giustizia o per misericordia, sì che tutti sono miei. E perché sono esciti di me, amoli ineffabilemente, e farò lo' misericordia col mezzo de' servi miei».

Allora, crescendo el fuoco del desiderio, stava quasi beata e dolorosa, e rendeva grazie a la divina bontà, quasi cognoscendo che Dio l'avesse manifestato e' difetti de le creature perché fusse costretta a levarsi con più sollicitudine e maggiore desiderio. E in tanto crebbe el santo e amoroso fuoco che el sudore dell'acqua, el quale gittava, ella lo spregiava per grande desiderio che aveva di vedere escire del corpo suo sudore di sangue (Lc 22,44), dicendo a sé medesima: «Anima mia, tutto el tempo de la vita tua ài perduto, e però sono venuti tanti mali e danni nel mondo e ne la santa Chiesa, in comune e in particulare. Ora voglio che tu remedisca col sudore del sangue».

Allora l'anima, spronata dal santo desiderio, si levava molto maggiormente, e apriva l'occhio dell'intelletto, e speculavasi ne la divina carità, ove vedeva e gustava quanto siamo tenuti e doviamo cercare la gloria e la loda del nome di Dio ne la salute dell'anime. E a questo vi chiamava e v'eleggeva la Verità etterna, rispondendo a la terza petizione, ciò era la fame de la vostra salute, dicendo: «Figliuola, questo voglio che elli cerchi con ogni sollicitudine, ma questo non potrebbe né elli, né tu né alcuno altro, avere senza le molte persecuzioni, secondo che io ve le concedarò. Digli che come elli desidera di vedere el mio onore ne la santa Chiesa, così concepi amore a volere sostenere con vera pazienzia, e a questo m'avederò che elli e gli altri miei servi cercaranno el mio onore in verità. E allora sarà el carissimo figliuolo, e riposarassi sopra el petto dell'unigenito mio Figliuolo, del quale ò fatto ponte perché tutti potiate giognere a gustare e ricevere el frutto de le vostre fadighe. Sapete, figliuoli, che la strada si ruppe per lo peccato e disobedienzia di Adam, per sì-fatto modo che neuno poteva giognere al termine suo; e così non s'adempiva la mia verità, che l'avevo creato alla imagine e similitudine mia (Gn 1,26) perché elli avesse vita etterna, e participasse e gustasse me che so' somma ed etterna bontà. Questa colpa germinò spine e tribuli di molte tribulazioni, con uno fiume che sempre percuote l'onde sue, e però io v'ò dato el ponte del mio Figliuolo, a ciò che, passando el fiume, non annegaste. Ma aprite l'occhio dell'intelletto, e vedete che tiene dal cielo a la terra, perocché bene di terra non si poteva fare di tanta grandezza che fusse sufficiente a passare el fiume, e darvi vita; sì che esso unì l'altezza del cielo, cioè la natura divina, con la terra de la vostra umanità.

Convienvi dunque tenere per questo ponte, cercando la gloria del nome mio ne la salute dell'anime, sostenendo con pena le molte fadighe, seguitando le vestigie di questo dolce e amoroso Verbo. Voi sete miei lavoratori, che v'ò messi a lavorare ne la vigna de la santa Chiesa (Mt 20,1-7) perché io voglio fare misericordia al mondo. Ma guardate che voi non teniate di sotto, però che ella non è la via della verità.

Sai tu chi sono coloro che passano di sotto a questo ponte? Sono gli iniqui peccatori, per li quali io vi prego che voi mi preghiate, e per cui io vi richeggio lagrime e sudori, però che giacciono ne la tenebre del peccato mortale. Costoro vanno per lo fiume e giongono all'etterna dannazione, se già essi non tolgono el giogo mio, e pongonlo sopra di loro (Mt 11,29). E alquanti sono che col timore de la pena si recano da la riva, ed escono del peccato mortale; sentono le spine de le molte tribulazioni e però sono esciti del fiume.

Ma se essi non commettono negligenzia e non dormono nell'amore proprio di loro medesimi, essi s'attaccano al ponte, e cominciano a salire, amando la virtù; ma se essi permangono ne l'amore proprio e in negligenzia, ogni cosa lo' fa male, e non sono perseveranti, ma uno vento contrario che gionga gli fa tornare al vomito» (2P 2,22 Pr 26,11).

Veduto che ebbe in quanti diversi modi l'anima s'annegava, ed elli diceva: «Mira quelli che vanno per lo ponte di Cristo crucifisso». E molti ne vedeva, che corrivano senza alcuna pena, perché non avevano el peso de la propria volontà: e questi erano e' veri figliuoli e' quali, abandonati loro medesimi, andavano con ansietato desiderio cercando solo l'onore di Dio e la salute dell'anime. E i piei dell'affetto loro tenevano e andavano per Cristo crucifisso, che era esso ponte. Corriva l'acqua di sotto; e le spine erano conculcate da' loro piei, e però non lo' faceva male: cioè, che nell'affetto loro non curavano le spine de le molte persecuzioni, ma con pazienzia vera portavano le prosperità del mondo, che sono quelle crudeli spine che danno morte all'anima che le possede con disordenato amore. Essi le spregiavano come se fussero state veleno; e a neuna altra cosa atendevano se non di dilettarsi in croce con Cristo, perché el loro obiecto era elli. Altri v'erano, che andavano lentamente. E perché andavano lenti? perché s'avevano posto dinanzi all'occhio dell'intelletto non Cristo crucifisso, ma le consolazioni che traevano da Cristo crucifisso, le quali lo' dava amore imperfetto. E allentavano spesso nell'andare, sì come fece Pietro inanzi a la Passione, quando s'aveva posto dinanzi a sé solo el diletto de la conversazione di Cristo; e però venne meno, essendoli tolto l'obiecto de la consolazione. Ma quando si fortificò, poi che ebbe perduto sé, non volse cognoscere altro né cercare, se non Cristo crucifisso. Così questi cotali sono debili, e allentano l'andare del santo desiderio quando si veggono levare dinanzi da la mente loro l'obiecto del diletto, e de le proprie consolazioni. Unde, giognendo poi le punture o di tentazioni dal dimonio, o da le creature, o da loro medesimi d'una tenerezza spirituale che ànno, vedendosi privati di quella cosa che amavano, vengono meno e indebiliscono ne la via di Cristo crucifisso, perché in Cristo crucifisso ànno voluto seguitare el Padre, e gustare la dolcezza delle molte consolazioni. Perché nel Padre non può cadere pena, ma sì nel Figliuolo; e però dicevo che seguitavano el Padre.

E vedevasi che non si poteva remedire la debilezza loro se non seguitassero el Figliuolo; e così diceva la Verità etterna: «Io dico che neuno può venire a me se non per questo mezzo dell'unigenito mio Figliuolo, però che elli è colui che v'à fatta la via la quale dovete seguitare. Elli è via e verità e vita (Jn 14,6), e quelli che vanno per questa via gustano e cognoscono la verità, e gustano l'amore ineffabile che io l'ò, ne le pene che elli à sostenute per loro. Sai bene che se io non v'avesse amati, non v'avarei dato sì-fatto ricompratore, ma perché etternalmente io v'amai, però posi e diei all'obrobiosa morte della croce questo unigenito mio Figliuolo, el quale, con l'obedienzia sua e con la morte, consumò la disobedienzia di Adam e la morte de l'umana generazione. E così cognoscono la mia verità, e cognoscendo la verità seguitano la verità; e così ricevono la vita durabile, perché sono tenuti per la via di Cristo crucifisso, e gionti e passati per la porta della verità, e truovansi nel mare pacifico co' veri gustatori. Sì che vedi, figliuola mia, che essi non si possono fortificare in altro modo. Né elli si potrebbe unire con la sposa de la mia Verità, né giognere a questa perfezione a la quale io l'ò eletto, se non per questa via. Ogni altra è con pena e imperfetta, se non questa; perché pena non dà se non la propria volontà, o spirituale o temporale che sia.

Chi non à volontà è privato d'ogni pena affliggitiva di sé; solo la pena intollerabile della offesa mia gli rimane, ordenata con modo, perché è condita col condimento de la carità, la quale fa l'anima prudente, che per neuna pena la fa scordare da la dolce volontà mia».

Altri v'erano che, poi che erano cominciati a salire - ciò erano coloro che cominciavano a cognoscere la colpa loro, solo per timore de la pena che lo' seguitava doppo la colpa - e però s'erano levati dal peccato, cioè per timore de la pena, el quale timore era imperfetto, ma molti ne vedeva corrire dal timore imperfetto al perfetto, e questi andavano con sollicitudine nel secondo stato e all'ultimo.

Ma molti ve n'aveva che con negligenzia si ponevano a sedere all'entrata del ponte con questo timore servile; e tanto avevano preso per spizziconi el loro cominciare, e sì tiepidamente, che non agiognendo punto di fuoco di cognoscimento di loro medesimi e de la bontà di Dio in loro, si rimanevano nella loro tepidezza. Di questi cotali diceva la dolce Verità: «Vedi, figliuola, che impossibile sarebbe che costoro, che non vanno innanzi esercitando la virtù, che non tornassero indietro. E questa è la cagione: perché l'anima non può vivere senza amore; e quello che ella ama, quello si studia di più cognoscere e servire, e se non studia in cognoscere sé - dove meglio cognosce la larghezza e abondanzia de la mia carità -, non cognoscendo, non ama; non amando, non mi serve. Essofatto che è privata di me, perché non può stare senza amore, ritorna al miserabile proprio di sé medesimo. Costoro fanno come el cane, che, poi che à mangiato, bomica, e poi per la immondizia sua pone l'occhio sopra el bomico e piglialo, e così immondamente si notrica; così costoro negligenti, posti in tanta tepidezza, ànno bomicato, per timore de la pena, e' fracidumi de' peccati per la santa confessione, cominciando un poco a volere entrare per la via della verità. Unde, non andando innanzi, conviene che tornino adietro, vollendo l'occhio dell'intelletto al bomico di prima; sonsi levati del vedere la pena e tornati a vedere el diletto sensitivo, per la quale cosa ànno perduto el timore, e però si ripigliano el bomico, notricandosi gli affetti e desiderii loro de le proprie immondizie, unde molto saranno più reprensibili e degni di punizione costoro che gli altri. Or così so' offeso iniquamente da le mie creature, e però voglio, figliuoli carissimi, che non allentiate e' desiderii vostri; ma crescano, notricandovi in su la mensa del santo desiderio. Levinsi e' veri servi miei, e imparino da me, Verbo, a ponarsi le pecorelle smarrite in su la spalla (Lc 15,4-5), portandoli con pena e con molte vigilie e orazioni. E così passarete per me, che so' ponte, come detto è, e sarete sposi e figliuoli de la mia Verità; e io infondarò una sapienzia, con uno lume di fede, el quale vi darà perfetto cognoscimento de la verità; unde acquistarete ogni perfezione».

E poi che a la benignità e pietà di Dio piacque di manifestare sé medesimo e le cose segrete sue - a le quali cose, padre dolcissimo, la lingua ci viene meno, e l'intelletto pare che ci s'offuschi, tanto è assottigliato el suo vedere - el desiderio vive spasimato, in tanto che tutte le potenzie dell'anima gridano a una di volere lassare la terra, poiché c'è tanta imperfezione, e dirizzarsi e giognere al fine suo a gustare co' veri cittadini la somma ed etterna Trinità, ove si vede rendere gloria e loda a Dio; ove rilucono le virtù, la fame e 'l desiderio de' veri ministri e perfetti religiosi, e' quali stettero in questa vita come lucerna ardente posta in sul candelabro (Mt 5,15 Mc 4,21 Lc 8,16) de la santa Chiesa, a rendere lume a tutto quanto il mondo.

Oimé, babbo, quanta differenzia era da loro a quelli che sono al dì d'oggi, de' quali si lamentava con zelo di grande giustizia, dicendo: «Costoro ànno preso la condizione de la mosca, che è tanto brutto animale, la quale, ponendosi in su la cosa dolce e odorifera, non si cura, poiché ella è partita, di ponersi in su le cose fastidiose e immonde. Così questi iniqui sono posti a gustare la dolcezza del sangue mio; e non si curano, poi che sono levati dalla mensa dell'altare, da consecrare e ministrare el corpo e 'l sangue mio e gli altri sacramenti de la santa Chiesa (e' quali sono odoriferi, pieni di dolcezza e di grande soavità, in tanto che dà vita all'anima, che el gusta in verità, e senza esso non può vivere), essi non si curano di ponersi in tanta immondizia, quanto e' pongono la mente e 'l corpo loro: che, non tanto che ella puta a me tanta iniquità, ma le dimonia ànno a schifo questo peccato tanto miserabile».

Poi che la divina bontà, carissimo padre, sopra le tre petizioni ebbe risposto, come detto è, rispose a la quarta petizione che si dimandava, dimandando l'aiutorio e providenzia di Dio che provedesse in alcuno caso che era adivenuto d'alcuna creatura, el quale per scritto non vi posso contiare, ma con la parola viva vel dirò - se già Dio non mi facesse tanto di grazia e di misericordia che l'anima mia si partisse da questo miserabile corpo prima che io vi vedesse, el quale è una legge perversa che sempre impugna contra lo spirito. E voi sapete bene che io dico la verità, sì che grazia mi sarebbe a esserne privata -. Dicevo, e dico, che la Verità etterna degnò di rispondere alla quarta e all'ansietato desiderio che dimandava, dicendo: «Figliuola, la mia providenzia non mancarà mai a chi la vorrà ricevere, ciò sono coloro che perfettamente sperano in me. Costoro sono quelli che mi chiamano in verità, non solamente con la parola, ma con affetto, e col lume della santissima fede. Non gustaranno me né la providenzia mia coloro che solamente col suono della parola mi chiamaranno «Signore, Signore!», ché io loro - se con altra virtù non mi dimandano - non cognosciarò (Mt 7,22-23 Lc 13,25), né saranno cognosciuti da me per misericordia, ma per giustizia. Sì che io ti dico che la mia providenzia non lo' mancarà se essi spereranno in me. Ma io voglio che tu vegga con quanta pazienzia e' me li conviene portare, loro e l'altre mie creature, le quali io ò create all'imagine e similitudine mia (Gn 1,26), con tanta dolcezza d'amore». Unde aprendo l'occhio dell'intelletto, per obedire al comandamento suo, nell'abisso dalla sua carità, allora si vedeva come elli era somma ed etterna bontà, e come per solo amore elli aveva creati e ricomprati del sangue del Figliuolo suo tutte le creature che ànno in sé ragione; e con questo amore medesimo dava ciò che elli dava: tribulazione e consolazione, ogni cosa era dato per amore e per provedere a la salute dell'uomo, e non per alcuno altro fine.

E diceva: «El sangue sparto per voi vi manifesta che questo è la verità. Ma essi, come acecati per lo proprio amore che ànno di loro, si scandalizzano con molta impazienzia, giudicando in male, e in loro danno e ruina e in odio, quello che io fo con amore e per loro bene, per privarli de le pene etternali, e per guadagno dar lo' vita etterna. Perché dunque si lagnano di me, e odiano quello che debbono avere in reverenzia, e vogliono giudicare gli occulti miei giudicii, e' quali sono tutti dritti? Ma essi fanno come el cieco che - col tatto de la mano, e alcuna volta col sapore del gusto e alcuna volta col suono de la voce - vorrà giudicare in bene e in male secondo el suo infermo e piccolo sapere, e non si vorrà attenere a colui che à lume, ma, come matto, vuole andare col sentimento della mano, che è ingannata nel suo toccare, perché non à lume in discernere el colore. E così el gusto s'inganna, perché non vede l'animale immondo che si pone in sul cibo. L'orecchia è ingannata nel diletto del suono, perché non vede colui che canta, che con quello suono - non guardandosi da lui per lo diletto - gli può dare la morte. Così fanno costoro, e' quali come acecati, e perduto el lume della ragione, toccando con la mano del sentimento sensitivo e' diletti del mondo, gli paiono buoni. (Ma perché elli non vede, non s'aguarda che elli è uno panno meschiato di molte spine con molta miseria di grandi affanni, in tanto che el cuore che le possede, è incomportabile a sé medesimo). Così la bocca del desiderio, che disordenatamente l'ama, gli paiono dolci e soavi a prenderli; ed e' v'è su l'animale immondo de' molti peccati mortali, che fanno immonda l'anima.

Se elli non va col lume della fede a purificarla nel sangue, n'à morte etternale.

L'udire e l'amore proprio di sé, che gli fa uno dolce suono, perché l'anima corre dietro all'amore della propria sensualità (...) - ma perché non vede, è ingannata del suono, e truovasi menato nella fossa, legato col legame della colpa ne le mani de' nemici suoi, però che, come acecati dal proprio amore, e con la fidanza che ànno posta nel loro proprio amore e sapere, non s'attengono a me, che so' via e guida loro, e so' vita e lume; e chi va per me, non può essere ingannato né andare per la tenebre. Non si fidano di me, che non voglio altro che la loro santificazione e lo' do e permetto ogni cosa per amore, e sempre si scandalizzano in me; e io con pazienzia gli porto e gli sostengo, perché io gli amai senza essere amato da loro. Ed essi sempre mi perseguitano con molta impazienzia odio e mormorazioni, e con molta infedelità; e voglionsi ponere a investigare, secondo el loro vedere cieco, gli occulti miei giudicii, e' quali sono fatti tutti giustamente e per amore. E non cognoscono ancora loro medesimi; e però veggono falsamente, ché chi non cognosce sé medesimo, non può cognoscere me, né le giustizie mie, in verità. Vuogli ti mostri, figliuola, quanto el mondo è ingannato de' misterii miei? Or apre l'occhio dell'intelletto, e raguarda in me». E, mirando con ansietato desiderio, dimostrava la dannazione di colui per cui era adivenuto el caso e di cui era pregato, dicendo: «Io voglio che tu sappi che per camparlo dell'etterna dannazione, ne la quale tu vedi ch'elli era, io gli permissi questo caso, a ciò che col sangue suo nel sangue mio avesse vita; perché non avevo dimenticato la reverenzia e amore che aveva alla mia dolcissima madre Maria, sì che per misericordia l'ò fatto quello che gl'ignoranti tengono in crudeltà. E tutto questo l'adiviene per l'amore proprio di loro, el quale l'à tolto el lume: e però non cognoscono la verità. Ma se essi si volessero cavare la nuvila, la cognosciarebbero e amarebbero, e così averebbero ogni cosa in reverenzia; e nel tempo de la ricolta ricevarebbero el frutto. Ma in tutto, e in questo e in ogni altra cosa, figliuoli miei, adempirò el desiderio loro, con molto sostenere; e la mia providenzia sarà presso di loro, poco e assai, secondo la misura che essi si confideranno in me. E ciò che io provedarò più che la misura loro non tiene, el farò per adempire el desiderio de' servi miei che per loro mi pregano, perché io non so' dispregiatore di coloro che umilemente m'adimandano o per loro o per altrui: io t'invito a chiedere misericordia a me per loro e per tutto quanto el mondo. Concepete, figliuoli, e parturite el figliuolo dell'umana generazione, con odio e dispiacimento del peccato, e con affocato e spasimato amore».

O carissimo e dolcissimo padre, allora, vedendo e udendo tanto da la prima dolce Verità, el cuore per mezzo pareva che si partisse. Io muoio e non posso morire. Abbiate compassione alla miserabile figliuola, che vive in tanto stento per tanta offesa di Dio, e non à con cui sfogarsi; se non che lo Spirito santo m'à proveduto dentro da me con la clemenzia sua, e di fuore m'à proveduto di spassarmi con lo scrivere.

Confortianci tutti in Cristo dolce Gesù e le pene ci sieno refrigerio, e acettiamo con grande sollicitudine el dolce invitare, e senza negligenzia, padre dolce. Rallegratevi, poiché tanto dolcemente sete chiamato; e sostenete con grande allegrezza e pazienzia, senza pena affliggitiva, se volete essere sposo della verità, e consolare in voi l'anima mia. In altro modo non potreste avere la grazia, e me terreste in grande amaritudine. E però vi dissi che io desideravo di vedervi seguitatore e amatore della verità.

Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Benedicete frate Matteo in Cristo dolce Gesù.

Questa lettera, e un'altra che io ve ne mandai, ò scritte di mia mano in su l'Isola della Rocca, con molti sospiri e abondanzia di lagrime, in tanto che l'occhio, vedendo, non vedeva; ma piena d'amirazione ero di me medesima, e de la bontà di Dio - considerando la sua misericordia verso le sue creature che ànno in loro ragione -, e de la sua providenzia, la quale abondava verso di me, che per refrigerio, essendo privata de la consolazione - la quale per mia ignoranzia io non cognobbi - m'aveva dato e proveduto col darmi l'attitudine dello scrivere, a ciò che, discendendo da l'altezza, avessi un poco con che sfogare el cuore perché non scoppiasse. Non volendomi trare ancora di questa tenebrosa vita, per amirabile modo me la formò nella mente mia, sì come fa el maestro al fanciullo, che gli dà l'essemplo. Unde, subbito che fuste partito da me, col glorioso evangelista e Tomaso d'Aquino così dormendo cominciai a imparare.

Perdonatemi del troppo scrivere, però che le mani e la lingua s'accordano col cuore. Gesù dolce, Gesù amore.




Caterina, Lettere 269