Catechesi 79-2005 18125

Mercoledì, 18 dicembre 1985

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1. Nella scorsa catechesi abbiamo riflettuto sulla santità di Dio e sulle due caratteristiche - l’inaccessibilità e la condiscendenza - che la distinguono. Ora vogliamo metterci in ascolto dell’esortazione che Dio rivolge all’intera comunità dei figli di Israele attraverso le varie fasi dell’antica alleanza:

Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” (
Lv 19,2).

“Io sono il Signore che vi vuole fare santi” (Lv 20,8).

Il Nuovo Testamento, nel quale Dio svela fino in fondo il significato della sua santità, accoglie in pieno questa esortazione, conferendole caratteristiche proprie, in sintonia col “fatto nuovo” della croce di Cristo. Infatti Dio, che “è Amore”, ha rivelato pienamente se stesso nella donazione senza riserve del Calvario. Anche nel nuovo contesto, tuttavia, l’insegnamento apostolico ripropone con forza l’esortazione ereditata dall’antica alleanza. Scrive per esempio San Pietro: “. . . a immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: «Voi sarete santi, perché io sono santo»” (1P 1,15).

2. Che cosa è la santità di Dio? Essa è assoluta “separazione” da ogni male morale, esclusione e radicale rifiuto del peccato e, nello stesso tempo, bontà assoluta. In virtù di essa Dio, infinitamente buono in se stesso, lo è anche nei riguardi delle creature (“bonum diffusivum sui”), naturalmente secondo la misura della loro “capacità” ontica. In questo senso è da intendere la risposta data da Cristo al giovane del Vangelo: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo” (Mc 10,18).

È già stata ricordata nelle catechesi precedenti la parola del Vangelo: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). L’esortazione, che si riferisce alla perfezione di Dio nel senso morale, cioè alla sua santità, esprime dunque lo stesso concetto contenuto nelle parole dell’Antico Testamento sopra citate, e riprese nella Prima Lettera di San Pietro. La perfezione morale consiste nell’esclusione del peccato e nella assoluta affermazione del bene morale. Per gli uomini, per le creature razionali, una tale affermazione si traduce nella conformità della volontà con la legge morale, Dio è santo in se stesso, è la santità sostanziale, perché la sua volontà si identifica con la legge morale. Questa legge esiste in Dio stesso come nella sua eterna fonte e, perciò, si chiama Legge Eterna (“Lex Aeterna”) (cf. S. Tommaso, Summa theologiae, I-II 93,1).

3. Dio si fa conoscere all’uomo come fonte della legge morale e, in questo senso, come la Santità stessa, prima del peccato originale con i progenitori (Gn 2,16), e più tardi con il popolo eletto, soprattutto nell’alleanza del Sinai (cf. Ex 20,1-20). La legge morale rivelata da Dio nell’antica alleanza e, soprattutto, nell’insegnamento evangelico di Cristo, mira a dimostrare gradualmente ma chiaramente la sostanziale superiorità e importanza dell’amore. Il comandamento: “amerai” (Dt 6,5 Lv 19,18 Mc 12,30-31) fa scoprire che anche la santità di Dio consiste nell’amore. Tutto ciò che è stato detto nella catechesi intitolata “Dio è amore”, si riferisce alla santità del Dio della rivelazione.

4. Dio è la santità perché è amore (1Jn 4,16). Mediante l’amore è separato assolutamente dal male morale, dal peccato, ed è essenzialmente, assolutamente e trascendentalmente identificato col bene morale nella sua fonte, che è lui stesso. Amore infatti significa proprio questo: volere il bene, aderire al bene. Da questa eterna volontà del Bene scaturisce l’infinita bontà di Dio nei riguardi delle creature e, in particolare, nei riguardi dell’uomo. Dall’amore trae origine la sua clemenza, la sua disponibilità ad elargire e a perdonare, la quale tra l’altro ha trovato un’espressione magnifica nella parabola di Gesù sul figlio prodigo, riportata da Luca (cf. Lc 15,11-32). L’amore si esprime nella Provvidenza, con la quale Dio continua e sostiene l’opera della creazione.

In modo particolare l’amore si esprime nell’opera della redenzione e della giustificazione dell’uomo al quale Dio offre la propria giustizia nel mistero della croce di Cristo, come dice con chiarezza San Paolo (cf. Rm Gal). Così dunque l’amore, che è l’elemento essenziale e decisivo della santità di Dio, attraverso la redenzione e la giustificazione, guida l’uomo alla sua santificazione con la potenza dello Spirito Santo.

In questo modo nell’economia della salvezza Dio stesso, come trinitaria Santità (tre volte santo), si assume in un certo senso l’iniziativa di realizzare per noi e in noi ciò che ha espresso con le parole: “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2).

5. A questo Dio, che è Santità perché è amore, l’uomo si rivolge con la più profonda fiducia. A lui affida tutto l’intimo mistero della sua umanità, tutto il mistero del suo “cuore” umano:

“Ti amo, Signore, mia forza, / Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; / mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo, / mio scudo e baluardo, mia potente salvezza . . .” (Ps 18,2-3).

La salvezza dell’uomo è strettissimamente legata alla santità di Dio, poiché dipende dal suo eterno, infinito Amore.

Ai fedeli di espressione francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ai pellegrini di espressione tedesca

Ai fedeli e pellegrini giunti dalla Spagna e dai Paesi dell’America Latina

Ai pellegrini polacchi

A due gruppi di parrocchie romane

Desidero salutare ora tutti i gruppi presenti, fra i quali predominano i giovani e i bambini.

Saluto in particolare il gruppo delle parrocchie romane di San Paolo fuori le Mura e della Regina degli Apostoli che, in collaborazione, hanno organizzato un presepio vivente.

Mi compiaccio con voi per questa bella iniziativa. Certamente essa vi ha dato spunti per sentirvi più vicini al grande mistero del Natale che stiamo per celebrare. Con l’augurio per le vicine feste imparto a tutti voi la mia benedizione apostolica.

Ai giovani

Un saluto particolare a voi, carissimi giovani, qui convenuti nell’ultima settimana che ci prepara al Natale.

Voi sapete che Dio nostro Padre ci ha donato il suo Figlio, affinché anche noi diventassimo suoi figli e, quindi, fratelli fra di noi. Aprite dunque il vostro cuore all’accoglienza di Gesù Cristo, nostro Salvatore, e in lui e con lui all’amore di ogni fratello, specie se povero e sofferente. In tal modo il Natale sarà per voi un giorno di vita e di gioia, perché giorno di amore e di grazia.

Agli ammalati

Mi rivolgo a voi, carissimi ammalati, con un invito e un augurio del tutto particolari. Voi che, giorni dopo giorno, siete chiamati ad accogliere Cristo dal volto sofferente, sappiate percorrere intensamente, in questi giorni, il cammino, non privo di croci, di preparazione al santo Natale. Potrete così testimoniare ai vostri cari, e a quanti a voi si avvicinano, che dall’unione con Cristo scaturisce la serenità e la forza nell’affrontare le prove della vita, e si scopre la capacità di farsi strumenti di bene e di grazia.

Agli sposi novelli

Desidero, poi, rivolgere i miei voti augurali a voi, sposi novelli, qui presenti. Con il rito sacramentale, con cui è stato benedetto il vostro matrimonio, voi avete accolto nella vostra nascente famiglia il Salvatore, che a Betlemme si è fatto uomo, entrando a far parte della famiglia di Maria Vergine e di san Giuseppe. Vi auguro di essere sempre degni di tale presenza, facendo sì che il vostro amore sia una testimonianza continua dell’amore di Dio e di quei doni di vita, di bene e di grazia, che il Signore dona in abbondanza a coloro che sanno accoglierlo con cuore buono e animo puro.






Mercoledì, 8 gennaio 1986

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1. Nella immancabile e necessaria riflessione l’uomo di ogni tempo è portato a fare sulla propria vita, due domande emergono con forza, quasi eco della voce stessa di Dio: “Da dove veniamo? Dove andiamo?”. Se la seconda domanda riguarda il futuro ultimo, il traguardo definitivo, la prima si riferisce all’origine del mondo o dell’uomo, ed è altrettanto fondamentale. Per questo siamo giustamente impressionati dallo straordinario interesse riservato al problema delle origini. Non si tratta soltanto di sapere quando e come materialmente è sorto il cosmo ed è comparso l’uomo, quanto piuttosto di scoprire quale senso abbia tale origine, se vi presieda il caso, il destino cieco oppure un Essere trascendente, intelligente e buono, chiamato Dio. Nel mondo infatti c’è il male e l’uomo che ne fa l’esperienza non può non chiedersi da dove esso venga e per responsabilità di chi, e se esista una speranza di liberazione. “Che cosa è l’uomo, perché te ne ricordi?”, si domanda in sintesi il Salmista, ammirato di fronte all’avvenimento della creazione (
Ps 8,5).

2. La domanda sulla creazione affiora sull’animo di tutti, dell’uomo semplice e del dotto. Si può dire che la scienza moderna è nata in stretto collegamento, anche se non sempre in buona armonia, con la verità biblica della creazione. E oggi, chiariti meglio i rapporti reciproci fra verità scientifica e verità religiosa, tantissimi scienziati, pur ponendo legittimamente problemi non piccoli come quelli riguardanti l’evoluzionismo delle forme viventi, dell’uomo in particolare, o quello circa il finalismo immanente al cosmo stesso nel suo divenire, vanno assumendo un atteggiamento maggiormente partecipe e rispettoso nei confronti della fede cristiana sulla creazione. Ecco dunque un campo che si apre per un dialogo benefico fra modi di approccio alla realtà del mondo e dell’uomo riconosciuti lealmente come diversi, eppure convergenti a livello più profondo a favore dell’unico uomo, creato - come dice la Bibbia nella sua prima pagina - quale “immagine di Dio” e quindi come “dominatore” intelligente e saggio del mondo (cfr Gn 1,21-28).

3. Noi cristiani poi riconosciamo con intimo stupore, anche se con doveroso atteggiamento critico, come in tutte le religioni, da quelle più antiche ed ora scomparse, a quelle oggi presenti sul pianeta, si cerchi “una risposta ai reconditi enigmi della condizione umana . . . la natura dell’uomo, il senso e il fine della nostra vita, il bene e il male, l’origine e lo scopo del dolore . . . da dove noi traiamo la nostra origine e verso dove tendiamo” (Nostra Aetate NAE 1). Seguendo il Concilio Vaticano II, nella sua dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, riaffermiamo che “la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni”, giacché “non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini” (Nostra Aetate NAE 2). E d’altra parte è così innegabilmente grande, vivificante e originale la visione biblico-cristiana delle origini del cosmo e della storia dell’uomo in particolare - e ha avuto una così rilevante incidenza nella formazione spirituale, morale e culturale di interi popoli per oltre venti secoli che il parlarne esplicitamente, anche se sinteticamente, è un dovere a cui ogni pastore e ogni catechista non può mancare.

4. La rivelazione cristiana manifesta veramente una straordinaria ricchezza circa il mistero della creazione, segno non piccolo e ben commovente della tenerezza di Dio che proprio sui nodi più angosciosi dell’esistenza umana, e dunque sulla sua origine e sul suo futuro destino, ha voluto farsi presente con una parola continua e coerente, pur nella varietà delle espressioni culturali. Così la Bibbia si apre in assoluto con un primo, e poi con un secondo racconto della creazione, dove l’origine di tutto da Dio, delle cose, della vita, dell’uomo (Gn 1-2), si intreccia con l’altro doloroso capitolo sulla origine, questa volta dall’uomo, non senza tentazione del maligno, del peccato e del male (Gn 3). Ma ecco che Dio non abbandona le sue creature. E quindi una fiammella di speranza si accende verso un futuro di una nuova creazione liberata dal male (è il cosiddetto protovangelo) (Gn 3,15 Gn 9,13). Questi tre fili, l’azione creatrice e positiva di Dio, la ribellione dell’uomo e, già dalle origini, la promessa da parte di Dio di un mondo nuovo, formano il tessuto della storia della salvezza, determinando il contenuto globale della fede cristiana nella creazione.

5. Mentre nelle prossime catechesi sulla creazione sarà dato debito posto alla Scrittura, come fonte essenziale, sarà mio compito ricordare la grande tradizione della Chiesa, prima con le espressioni dei Concili e del magistero ordinario, e anche nelle appassionanti e penetranti riflessioni di tanti teologi e pensatori cristiani.

Come in un cammino costituito da tante tappe, la catechesi sulla creazione toccherà anzitutto il fatto mirabile di essa come lo confessiamo all’inizio del Credo o Simbolo apostolico: “Credo in Dio Creatore del cielo e della terra”; rifletteremo sul mistero della chiamata dal nulla di tutta la realtà creata, ammirando insieme l’onnipotenza di Dio e la sorpresa gioiosa di un mondo contingente che esiste in forza di tale onnipotenza. Potremo riconoscere che la creazione è opera amorosa della Trinità santissima ed è rivelazione della sua gloria. Il che non toglie, ma anzi afferma, la legittima autonomia delle cose create, mentre all’uomo, come a centro del cosmo, viene riservata un’attenzione intensa, nella sua realtà di “immagine di Dio”, di essere spirituale e corporale, soggetto di conoscenza e di libertà. Altre tematiche ci aiuteranno più avanti ad esplorare questo formidabile avvenimento creativo, in particolare il governo di Dio su mondo, la sua onniscienza e provvidenza, e come alla luce dell’amore fedele di Dio l’enigma del male e della sofferenza trovi la sua pacificante soluzione.

6. Dopo che Dio espresse a Giobbe la sua divina potenza creatrice (Jb 38-41), questi rispose al Signore e disse: “Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile a te . . . Io ti conosco per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono” (Jb 42,5). Possa la nostra riflessione sulla creazione condurci alla scoperta che, nell’atto di fondazione del mondo e dell’uomo, Dio ha seminato la prima universale testimonianza del suo amore potente, la prima profezia della storia della nostra salvezza.

Ai gruppi di lingua francese

Ai gruppi di lingua inglese

Ai partecipanti di lingua tedesca

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Ai gruppi di lingua spagnola

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Ai gruppi di lingua polacca

Ai sacerdoti e ad altri gruppi di lingua italiana

Rivolgo ora un saluto affettuoso al gruppo di sacerdoti della diocesi di Verona, che celebrano il 25° anniversario della loro ordinazione sacerdotale.

Cari sacerdoti, vi ringrazio per aver voluto rendermi partecipe della gioia del vostro giubileo, che è un’occasione importante per rinnovare la riconoscenza al Signore del dono della vocazione sacerdotale. Continuate ad essere sempre lieti e fieri della vostra scelta di bontà e di amore a salvezza delle anime. Attingete nel vostro ministero all’esempio di Gesù sommo ed eterno Sacerdote, che passò su questa terra “facendo del bene a tutti”. Invoco su di voi l’abbondanza delle grazie divine e vi benedico di cuore.
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Un pensiero beneaugurante esprimo alle Missionarie degli Infermi, che in occasione del 50° della loro fondazione, ad opera di Germana Sommaruga, si sono riunite a Roma per un loro convegno; insieme con esse, saluto anche le Religiose, direttrici di Scuole per infermieri professionali, le quali partecipano ad un corso di aggiornamento.

Vi auguro che questi vostri incontri vi siano di stimolo per conseguire una sempre più approfondita consapevolezza della vostra specifica vocazione a servizio degli ammalati. Studiate a fondo le vostre costituzioni e i documenti conciliari, che hanno portato tanta attenzione al vasto e delicato campo dell’assistenza dei fratelli più deboli. Fate tesoro di queste giornate romane anche per rinsaldare la vostra fede al centro del Cristianesimo, dove non si finisce mai di scoprire testimonianze cristiane nei monumenti sacri e nelle memorie dei Santi. Vi benedico implorando sulle vostre persone e sulla vostra benefica attività le ricompense del Signore.
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Vada pure un saluto cordiale ai dirigenti, agli artisti e a tutte le persone addette al Circo Medrano. Vi esprimo il mio compiacimento per la bravura, con cui avete eseguito i vostri saggi. Comprendo l’impegno che esige la vostra attività; so anche a quanti rischi e a quanti disagi voi siete esposti. Auguro che i vostri intrattenimenti siano sempre apportatori di divertimento e di svago sani e costruttivi.

Vi assista l’aiuto di Dio e vi sia di sostegno la mia Benedizione.

Ai giovani

Desidero indirizzare un affettuoso saluto a voi, giovani, che avete un posto speciale nei miei pensieri e nelle mie preghiere. Un saluto particolare va al gruppo Gentile.

Il Signore sostenga la tensione del crescere. l’impegno dello studio, la fatica del lavoro di ciascuno di voi, perché in ogni occasione della vostra esistenza siate portatori della fede e della carità e siate costruttori di quella pace che viene solamente da Cristo e che raccoglie in sé ogni dono di Dio per l’uomo. Questa pace, ora, invoco su di voi, sui vostri famigliari e su tutti coloro che si occupano della vostra formazione, mentre di cuore vi benedico.

Agli ammalati

A voi, cari ammalati, che partecipate alla sofferenza redentiva di Cristo, va in maniera del tutto particolare il mio saluto e la mia parola di conforto.

Gesù, incarnandosi, si è fatto perenne fratello dell’uomo che soffre e che muore. Egli, l’innocente Figlio di Dio, riscatta il dolore e gli dà un senso nuovo, per cui nessuna lacrima è ormai versata inutilmente, nessun grido si perde nel vuoto e tutto serve per la redenzione dell’umanità, alla quale in Cristo è data la pienezza della vita. E questa vita ha nel Natale la sua speranza concreta, nella Croce la sua interpretazione vera, nella Risurrezione il suo esito glorioso.

A tutti giunga la mia Benedizione Apostolica.

Agli sposi novelli

Ed infine a voi, sposi novelli, vada il mio saluto cordiale, accompagnato dall’augurio che la vita coniugale da poco iniziata diventi il luogo privilegiato dell’amore reciproco, fedele e generoso.

Nel sacramento del matrimonio avete ricevuto una grazia, che perfeziona l’amore naturale, chiamando al servizio, al dono di sé e mettendo nel cuore la forza di essere imitatori di Cristo e testimoni gioiosi dell’Alleanza tra Dio e l’uomo.

Il signore vi conservi nel suo amore e la Vergine Maria vi sia sempre vicina con la sua materna sollecitudine! Con la mia Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 15 gennaio 1986

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1. La Verità circa la creazione è oggetto e contenuto della fede cristiana: essa è presente in modo esplicito unicamente nella rivelazione. Non la si trova infatti che molto vagamente nelle cosmogonie mitologiche al di fuori della Bibbia, ed è assente dalle speculazioni di antichi filosofi, anche massimi, quali Platone e Aristotele, che pur hanno elaborato un concetto abbastanza elevato di Dio come Essere totalmente perfetto, come Assoluto. L’intelligenza umana può da sola giungere a formulare la verità che il mondo e gli esseri contingenti (non necessari) dipendono dall’Assoluto. Ma la formulazione di questa dipendenza come “creazione” - quindi in base alla verità circa la creazione - appartiene originalmente alla rivelazione divina e in questo senso è una verità di fede.

2. Essa è proclamata all’inizio dalle professioni di fede, a cominciare dalle più antiche, come il Simbolo apostolico: “Credo in Dio . . . creatore del ciclo e della terra”; e il Simbolo niceno-costantinopolitano: “Credo in Dio . . . creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili”; fino a quella pronunciata da Papa Paolo VI e che va sotto il nome di Credo del popolo di Dio: “Noi crediamo in un solo Dio . . . creatore delle cose visibili, come questo mondo ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri spiriti, chiamati altresì angeli, e creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale” (Insegnamenti di Paolo VI, VI, 1968, p. 302).

3. Nel “credo” cristiano la verità circa la creazione del mondo e dell’uomo ad opera di Dio occupa un posto fondamentale per la particolare ricchezza del suo contenuto. Infatti non si riferisce soltanto all’origine del mondo come risultato dell’atto creatore di Dio, ma rivela anche Dio quale creatore, Dio, che ha parlato per mezzo dei profeti e ultimamente per mezzo del Figlio (cfr
He 1,1), ha fatto conoscere a tutti coloro che accolgono la sua rivelazione non soltanto che proprio lui ha creato il mondo, ma soprattutto che cosa significa essere creatore.

4. La Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) è permeata infatti dalla verità circa la creazione e circa il Dio creatore. Il primo libro della Bibbia, il Libro della Genesi, inizia con l’asserzione di questa verità: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1). Su tale verità ritornano numerosi altri passi biblici, mostrando quanto profondamente essa abbia penetrato la fede di Israele. Ricordiamone almeno alcuni. È detto nei Salmi: “Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti. È lui che l’ha fondata sui mari” (Ps 23,1-2). “Tuoi sono i cieli, tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene” (Ps 88,12). “Suo è il mare, egli l’ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra” (Ps 94,5). “Della tua grazia è piena la terra. Dalla parola del Signore furono fatti i cieli . . . Perché egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste” (Ps 32,5-6 Ps 32,9). “Siate benedetti dal Signore che ha fatto cielo e terra” (Ps 115,15). La stessa verità viene professata dall’autore del Libro della Sapienza (Sg 9,1): “Dio dei padri e Signore di misericordia, che tutto hai creato con la tua parola . . .”. E il profeta Isaia (Is 44,24) riferisce in prima persona la parola di Dio creatore: “Sono io, il Signore, che ho fatto tutto”.

Non meno chiare sono le testimonianze presenti nel Nuovo Testamento. Così, ad esempio, nel prologo del Vangelo di Giovanni (Jn 1,1-3) è detto: “In principio era il Verbo . . . Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”. La Lettera agli Ebrei (He 11,3), per parte sua, afferma: “Per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché da cose non visibili ha preso origine quello che si vede”.

5. Nella verità della creazione è espresso il pensiero che ogni cosa esistente al di fuori di Dio è stata da lui chiamata all’esistenza. Nella Sacra Scrittura troviamo dei testi che ne parlano chiaramente. È il caso della madre dei sette figli, di cui parla il Libro dei Maccabei, la quale dinanzi alla minaccia della morte, incoraggia il più giovane di essi a professare la fede di Israele: dicendogli: “Contempla il cielo e la terra . . . Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano” (2M 7,28). Nella Lettera ai Romani (Rm 4,17) leggiamo: “Abramo credette in Dio che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono”.

“Creare” vuol quindi dire: fare dal nulla, chiamare all’esistenza, cioè formare un essere dal nulla. Il linguaggio biblico lascia intravedere tale significato già nella prima parola del Libro della Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Il termine “creò” traduce l’ebraico “bara”, che esprime un’azione di straordinaria potenza, il cui unico soggetto è Dio. Con la riflessione postesilica viene compresa sempre meglio la portata dell’intervento divino iniziale, che nel Secondo Libro dei Maccabei (2M 7,28) è finalmente presentato come un produrre “non da cose preesistenti”. I Padri della Chiesa e i teologi chiariranno ulteriormente il significato dell’azione divina parlando di creazione “dal nulla” (“creatio ex nihilo” - più precisamente - “ex nihilo sui et subiecti”). Nell’atto della creazione Dio è principio esclusivo e diretto del nuovo essere, con esclusione di qualsiasi materia preesistente.

6. Quale Creatore, Dio è in certo modo “al di fuori” del creato e il creato è “al di fuori” di Dio. Nello stesso tempo il creato è completamente e pienamente debitore a Dio della propria esistenza (di essere ciò che è), perché ha origine completamente e pienamente dalla potenza di Dio.

Si può anche dire che mediante questa potenza creatrice (l’onnipotenza) Dio è nel creato e il creato è in lui. Tuttavia quest’immanenza di Dio non intacca in nulla la trascendenza che gli è propria nei riguardi di ogni cosa alla quale egli dà l’esistenza.

7. Quando l’apostolo Paolo mise piede nell’Areopago di Atene, parlò così agli ascoltatori ivi riuniti: “Passando e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra . . .” (Ac 17,23-24).

È significativo che gli ateniesi, i quali riconoscevano molti dèi (politeismo pagano), abbiano ascoltato queste parole sull’unico Dio creatore senza sollevare obiezione. Questo particolare sembra confermare che la verità circa la creazione costituisce un punto d’incontro tra gli uomini che professano religioni diverse. Forse la verità della creazione è radicata in modo originario ed elementare in diverse religioni, che se in esse non si trovano concetti sufficientemente chiari, come quelli contenuti nelle Sacre Scritture.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai pellegrini di espressione inglese

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Al gruppo di lingua spagnola

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Ai pellegrini di lingua polacca

Ai gruppi di fedeli italiani

Saluto i Padri della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione, che sono convenuti a Roma per partecipare al Capitolo Generale del loro Istituto.

Carissimi, vi assicuro la mia spirituale vicinanza. Prego il Signore, affinché vi dia quella luce interiore che aiuta a discernere la sua volontà e ad operare quelle scelte e decisioni che sempre meglio formino e guidino voi ed i vostri confratelli nella consacrazione a Cristo e nel servizio del suo Regno.

Vi accompagno con la mia Benedizione Apostolica.
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Sono presenti a questa Udienza i sacerdoti salesiani che, al termine del loro corso di formazione permanente, hanno desiderato questo incontro.

Carissimi, con voi saluto tutti coloro che rappresentate, ed auspico che abbiate, come riflessione e programma nel compimento del vostro particolare ministero, le parole di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi”.

Pongo voi e i vostri confratelli sotto la protezione di Maria Ausiliatrice e di cuore vi benedico.
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Saluto ora i pellegrini della diocesi di Prato, che stanno preparandosi a diventare operatori familiari nella loro diocesi.

Carissimi, è veramente necessario servire il matrimonio e la famiglia, sia per i compiti che tale comunione di vita e di amore implica, che per le difficoltà da cui è frequentemente minacciata.

Mentre vi invito a essere sempre testimoni generosi di una vita coniugale veramente cristiana, vi esorto ad essere attenti alle domande e necessità di quanti incontrerete, comunicando loro il significato profondo del patto d’amore consacrato da Cristo.

A ognuno giunga la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Ed ora un affettuoso saluto a tutti voi, carissimi giovani presenti a questa Udienza. Grande è la consolazione che ogni volta mi recate perché mi date bella testimonianza della vostra fede. Siate sempre generosi assertori dell’amore indiscusso per Gesù nostro salvatore e per la Chiesa, che ripone in voi le sue speranze per l’avvenire della società umana; e tante sono le vostre iniziative in favore del prossimo più bisognoso di aiuto. Nell’incoraggiarvi ad essere sempre limpido esempio di testimonianza evangelica, vi seguo con la preghiera e con la mia Benedizione.

Agli ammalati

Un cordiale saluto ed una parola d’incoraggiamento rivolgo a voi, carissimi infermi, che conoscete la sofferenza e la solitudine e vi sentite umiliati per non poter partecipare alla vita del mondo che vi circonda.

Nell’incontro di oggi, invece, circondati dall’affetto di tanti fratelli, che vi esprimono la loro gratitudine per il bene che ad essi proviene dalla vostra generosa accettazione del dolore, di cui si serve il Signore per effondere la sua misericordia verso gli uomini, e specialmente verso quelli che sono da lui lontani. Voi siete la predilezione del Signore. Vi benedico di cuore e con voi i vostri cari e quanti vi assistono.

Agli sposi novelli

E voi, carissimi sposi, siate sempre all’altezza della grande missione che il Signore vi ha affidato col sacramento del matrimonio. Col vostro esempio e la vostra donazione amorosa, siete la eloquente dimostrazione che solo nell’adempimento della legge divina si è collaboratori di Dio nella sua opera creatrice; da voi, inoltre dipende l’integrità e la saldezza della società civile e della fecondità stessa della Chiesa. Vi segue in questa opera di edificazione la mia Benedizione Apostolica, estensibile a tutti i vostri famigliari e congiunti.

Un appello ai cristiani libanesi, affinché pongano fine alle ostilità e ai combattimenti fratricidi, è levato da Giovanni Paolo II al termine dell’udienza generale odierna. Queste le parole del Santo Padre.

Ho appreso con profondo dolore le notizie giunte nei giorni scorsi dal Libano, dove si sono avuti scontri tra combattenti cristiani che hanno causato decine di morti e di feriti.

Invito caldamente i gruppi che si combattono a cessare le ostilità e a iniziare, anche con l’aiuto dei loro Pastori, un dialogo sincero per ritrovare, pur nella diversità delle opinioni, la concordia che dovrebbe essere favorita dalla loro fede comune.

Solamente questa volontà di intesa permetterà che essi siano efficaci costruttori, insieme con altri concittadini di diversa fede o comunione, di un Libano nuovo, nel quale ritorni la pace e ciascuno possa vivere ed esprimersi in libertà e dignità, senza timori per il proprio futuro e per quello della propria comunità.

Vi invito ad unirvi alla mia preghiera al Signore, affinché i cristiani libanesi accolgano l’appello fraterno che giunge loro dalla Chiesa e da quanti hanno a cuore l’esistenza di un Libano pacifico, indipendente e unito.




Mercoledì, 22 gennaio 1986

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1. “Il movimento ecumenico si favorisce in modo particolare con la preghiera vicendevole”. In questi termini il Sinodo straordinario dei vescovi, riunito nel 20° anniversario del Concilio Vaticano II, ha riaffermato (cfr Relatio finalis Synodi Extraordinariae Episcoporum 1985, II, C, 7) l’importanza del tutto speciale che ha la preghiera per la promozione della piena unità di tutti i cristiani.

Questa settimana (18-25 gennaio) è dedicata particolarmente alla preghiera per l’unità. Nel mondo intero cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti, tanto nelle proprie chiese quanto insieme, in riunioni comuni, elevano ferventi preghiere verso l’unico comune Signore per implorare quell’unità, che egli stesso ha chiesto al Padre per tutti i suoi discepoli (cfr
Jn 17,21).

Oggi invito anche voi a unirvi, con cuore sincero e con ardente desiderio, a questo immenso coro della “comunione ecumenica”, come il Sinodo straordinario ha voluto definire la nuova situazione spirituale, instauratasi tra i cristiani del nostro tempo. Queste preghiere in comune sono senza dubbio “un mezzo molto efficace” per impetrare la grazia dell’unità, sono “una genuina manifestazione” dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora congiunti con gli altri fratelli cristiani (cfr Unitatis Redintegratio UR 8).

Il ricco contenuto del decreto conciliare sull’ecumenismo mantiene intera la sua validità, confortata da un’esperienza ventennale che l’ha resa ancora più consistente. Alimenta la comune fiducia nel Signore, che dirige le vicende umane verso il suo scopo ultimo; sostiene e anima lo sforzo ecumenico proteso verso l’unità, ma senza lasciarla mai adagiare nei positivi risultati intermedi raggiunti dalle relazioni fraterne e dal dialogo in corso.

La preghiera comune, innanzitutto, si fonda sulla fede esistente tra i cristiani e sul comune battesimo, vincolo sacramentale che attualizza ed esprime il dono gratuito della redenzione operata dal Signore, La preghiera comune emana dall’unico battesimo, il quale “tende interamente all’acquisto della pienezza della vita in Cristo”; per sua natura esso è pertanto “ordinato all’integra professione della fede, all’integrale incorporazione nell’istituzione della salvezza, come Cristo stesso ha voluto, e, infine, alla piena inserzione nella comunione eucaristica” (Unitatis Redintegratio UR 22). Questa intrinseca esigenza costituisce il dinamismo più profondo dell’intero movimento ecumenico.

Di conseguenza la preghiera diventa umile e cosciente impetrazione della grazia dell’unità poiché “questo santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane” (Unitatis Redintegratio UR 24). L’implorazione ci fa riporre la nostra speranza sul solido fondamento della preghiera che Cristo eleva incessantemente per la sua Chiesa, nell’amore del Padre per noi e nella forza dello Spirito Santo.

Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato che la preghiera è “un mezzo molto efficace” (cfr UR 8)e che la speranza riposta nell’amore di Dio “non inganna” (Rm 5,5). Per tutto questo l’annuale settimana di preghiere per l’unità deve rafforzare la fede, infervorare la carità, accrescere la speranza.

2. Ai due motivi indicati dal Concilio, noi oggi ne abbiamo uno nuovo da aggiungere: la gratitudine verso il Signore per il cammino positivo compiuto dai cristiani verso la piena unità. Il recente Sinodo straordinario dei vescovi ha affermato che in questi venti anni “l’ecumenismo si è inscritto profondamente e indelebilmente nella coscienza della Chiesa” (Relatio finalis Synodi Extraordinariae Episcoporum 1985, II, C, 7). Il dialogo si è aperto e affermato con tutte le altre Chiese d’Oriente e d’Occidente, sia pure in forme diverse, e con strumenti e risultati differenti. La meta comune che i vari dialoghi si propongono nel loro orizzonte è la riconciliazione e l’unità. Siamo grati al Signore perché una purificazione dei cuori si sta operando ed è emersa la carità reciproca fra i cristiani.

Inoltre i dialoghi sono stati occasione propizia e strumento adeguato non soltanto per riaffermare insieme quella fede che è comune fra i cattolici e gli altri cristiani, ma anche per delineare importanti convergenze su questioni controverse nel passato; e per identificare, con maggiore chiarezza e in modo nuovo, le divergenze che ancora occorre confrontare e risolvere in un comune accordo alla luce delle Sacre Scritture e della grande tradizione della Chiesa. Tutto questo è un avvenimento importante nella vita dei cristiani del nostro tempo.

La presenza fraterna e attenta degli Osservatori delle altre Chiese e Comunioni cristiane mondiali, nonché del Consiglio ecumenico delle Chiese, ai lavori del Sinodo straordinario dei vescovi, ha offerto la testimonianza di questi nuovi rapporti che si sono instaurati. Si è così manifestata la comune volontà di proseguire lo sforzo congiunto affinché, con la grazia di Dio, si pervenga alla piena comunione per dare una testimonianza di unità nel nostro mondo, in cui sembrano crescere tentazioni di disgregazione e conflitti.

3. “La testimonianza è quindi un imperativo del Vangelo”, ci ricorda opportunamente l’introduzione ai testi di questa “Settimana di preghiera”, preparati congiuntamente dal Segretariato per l’Unione dei Cristiani e dalla Commissione “fede e costituzione” del Consiglio ecumenico delle Chiese.

“Voi sarete miei testimoni” (Ac 1,8) è il tema proposto quest’anno. È un tema impegnativo: proviene da un comandamento esplicito dato ai suoi discepoli da Gesù Cristo risorto. È un tema denso di prospettive, che mette a profitto tutte le risorse del movimento ecumenico. È un tema attuale e urgente, perché il mondo di oggi ha bisogno di coerenza, di testimonianza vera, di vita autentica.

Una certa testimonianza comune è possibile fra i cristiani in vari campi; essa si fonda sulla fede comune che esiste tra di loro e che il confronto, nel dialogo in corso, ha posto in evidenza nuova. Questa testimonianza tuttavia rimane fragile perché le divergenze esistenti non permettono una piena concordia. Sorge di qui l’impulso per nuovi progressi nel campo ecumenico. La comune testimonianza che si potrà dare oggi spinge alla ricerca della piena unità: ma solo la piena unità renderà finalmente possibile che questa testimonianza sia autentica.

Il recente Sinodo straordinario dei vescovi ha fatto importanti affermazioni: “Noi vescovi desideriamo ardentemente che la comunione incompleta già esistente con le Chiese e le comunità non cattoliche, giunga, con la grazia di Dio, alla piena comunione . . .”. Inoltre: “la comunione fra i cattolici e gli altri cristiani, sebbene sia incompleta, chiama tutti alla collaborazione in molteplici campi e rende così possibile una certa qual testimonianza comune dell’amore salvifico di Dio verso il mondo bisognoso di salvezza” (Relatio finalis Synodi Extraordinariae Episcoporum 1985, II, C, 7).

4. In questo processo si comprende l’importanza insostituibile della preghiera. Il Sinodo ha citato la preghiera vicendevole. Per promuovere il ristabilimento della piena unità di tutti i cristiani è necessaria la preghiera: non soltanto quella elevata per l’unità delle nostre Chiese; non soltanto quella comune, fatta insieme da cattolici e altri cristiani; ma anche la preghiera vicendevole, espressione della solidarietà cristiana che scaturisce dal battesimo. La preghiera degli uni per gli altri crea una nuova comunione.

Concludiamo perciò questo incontro pregando insieme per la ricomposizione della piena unità di tutti i cristiani.

Il Santo Padre: Preghiamo il Signore perché i cristiani, malgrado le loro divisioni, si sforzino sempre più di dare insieme testimonianza della loro fede in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo affinché il mondo creda.

Tutti: Che siano uno, affinché il mondo creda.

Il Santo Padre: Preghiamo perché i cristiani, in modo particolare quelli che soffrono a causa del nome di Gesù, diano testimonianza di fede viva e progrediscano verso la piena professione di fede comune.

Tutti: Che siano uno, affinché il mondo creda.

Il Santo Padre: Preghiamo perché i cristiani si uniscano per attuare la giustizia e la pace nel mondo.

Tutti: Che siano uno, affinché il mondo creda.

Il Santo Padre: Padre Nostro, che sei nei cieli, guarda le aspirazioni del cuore di noi tuoi figli; esaudisci le nostre richieste e fa’ che tutti i cristiani siano uniti nella tua Chiesa, una ed unica. Per il tuo Figlio Gesù Cristo che, con te, nella comunione dello Spirito Santo, vive e regna per tutti i secoli.

Tutti: Amen.

Ai pellegrini di espressione francese

Ai diversi gruppi di espressione inglese

Ai pellegrini provenienti dall’America Latina e dalla Spagna

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Ai polacchi

Ai fedeli delle diocesi italiane

Tra i gruppi di questa Udienza si distingue particolarmente quello dei Superiori, Alunni, Ex-Alunni e famigliari della Pontificia Scuola “Pio IX”, di Roma.

Carissimi, la vostra presenza sempre numerosa e fervida, come negli anni passati, rinnova in me la gioia di rivedere la grande comunità scolastica del vostro antico Istituto che, fondato dal grande Pontefice Pio IX, da quasi centotrenta anni rimane fedele alla propria finalità rivolta alla formazione intellettuale, morale e religiosa della gioventù.

Esso, sotto la sapiente guida e generosa dedizione dei Fratelli di Nostra Signore della Misericordia, ha formato generazioni e generazioni di giovani, avvalendosi di una serietà didattica e bontà di metodi che fa della scuola una vera palestra di formazione. A coronamento di tutto ciò, il vostro Istituto si prende cura di sviluppare in voi una solida personalità che si ispira agli ideale della fede cristiana, guardando a Cristo come al Maestro e al Salvatore di tutti gli uomini.

Molti di voi sono alla soglia di tappe impegnative e di scelte per la vita, e si chiedono: “Che cosa farò”. Si tratta di un momento delicato, che vi pone come davanti ad un bivio, da cui dipenderà il futuro. Il Signore vi illumini per il vostro bene in questi momenti importanti. Sappiate che su ciascuno di voi il Padre celeste ha un disegno; ha preparato una strada da percorrere: sia essa una professione civile o una speciale chiamata alla vita religiosa non abbiate timore di rispondervi con generosità e con tutto l’ardore dei vostri giovani anni, e di essere poi perseveranti, fedeli e responsabili.

Camminate in questa luce, carissimi Alunni del “Pio IX”, mettendo a profitto gli insegnamenti dei vostri insegnanti e dei vostri genitori, che vi hanno qui accompagnati e ai quali esprimo il mio compiacimento per l’opera educatrice, che essi svolgono a vostro favore.

Di gran cuore benedico tutti, con l’auspicio di abbondanti grazie celesti.
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Rivolgo un cordiale saluto al gruppo di Soci dell’Unione Romana Ingegneri e Architetti, qui presenti coi loro famigliari. Carissimi, auguro alla vostra antica e benemerita associazione sempre fecondi risultati nel servizio alla società in un settore così fondamentale del benessere pubblico e dei singoli cittadini. Vi benedico tutti di cuore!
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Saluto ora i partecipanti al corso sulla spiritualità di S. Ignazio di Loyola indetto dai Padri della Compagnia di Gesù per la formazione di educatori, direttori spirituali e promotori di esercizi spirituali. Carissimi, mi congratulo vivamente per la vostra iniziativa, alla quale auguro abbondanza di benefici risultati. Quanto è importante saper aiutare le anime sulle vie della perfezione evangelica! Dedicatevi a questa missione - soprattutto se Sacerdoti - con quello zelo del quale trovate l’esempio nei Santi!

Vi accompagni la mia benedizione.

Ai giovani

Desidero ora rivolgere, come di consueto, un particolare saluto ai giovani sempre vicini al mio cuore.

Carissimi, vi sono grato per la vostra presenza in questa settimana in cui preghiamo per l’Unione dei Cristiani. Vi auguro che possiate vivere coerentemente e fervidamente gli ideali cristiani, a cui ispirate la vostra formazione spirituale e culturale. Nei rapporti con i vostri genitori ed educatori cercate ciò che unisce, evitando contrasti e divisioni che non servono a costruire una personalità. Vivetela così questa settimana: porterete in tal modo anche voi il vostro contributo alla causa dell’ecumenismo. Vi benedico tutti di cuore.

Agli ammalati

Saluto poi tutti gli ammalati, i quali, nonostante le loro condizioni di salute, hanno voluto prendere parte a questa Udienza.

A voi tutti che soffrite rinnovo il mio affetto particolare e la mia vicinanza spirituale: vi chiedo di offrire al Signore i vostri patimenti per l’unità dei cristiani e per la pace fra tutte le nazioni. Sono sicuro che l’offerta del vostro dolore non sarà inascoltata davanti a Dio misericordioso. Vi accompagno con la mia preghiera e con la mia Benedizione.

Agli sposi novelli

Un saluto, infine, alle coppie degli Sposi novelli. Mi compiaccio con voi per aver voluto sancire la vostra unione col Sacramento del matrimonio, che dà una grazia speciale per vivere nella gioia e nella fedeltà, e per adempire degnamente al compito di genitori cristiani, tali da contribuire a creare nuove e migliori generazioni, fondate sull’amore e sul rispetto degli uni per gli altri, secondo il comandamento del Signore.

Vi assista nelle vostre nuove case la mia Benedizione.





Catechesi 79-2005 18125