Catechesi 79-2005 9185

Mercoledì, 9 gennaio 1985

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1. Abbiamo ricordato come la catechesi è opera della Chiesa che diffonde la buona novella nel mondo, e cerca di approfondire la sua vita sacramentale con una migliore conoscenza del mistero di Cristo.

Con la catechesi, come con l’insieme dell’opera di evangelizzazione, la Chiesa è consapevole di rispondere ai problemi più essenziali dell’uomo, a quelli che ciascuno già si pone o che prima o poi si porrà nel corso della sua esistenza. Da dove viene l’uomo? Perché esiste? Quali sono i suoi rapporti con Dio e con il mondo invisibile? Come deve comportarsi per raggiungere lo scopo della sua vita? Perché è sottomesso alla sofferenza e alla morte, e qual è la sua speranza?

A questi problemi la catechesi porta la risposta di Dio. Essa vuol far comprendere una dottrina che non è semplicemente il prodotto di certe ricerche personali, ma la verità comunicata all’umanità mediante la rivelazione divina. Perciò, nel comunicare la verità della salvezza, la catechesi si preoccupa di rendere manifeste le domande fondamentali suscitate nel cuore umano e di mostrare come Dio vi ha risposto nella sua rivelazione con un dono di verità e di vita che supera le più profonde attese dell’uomo (cf.
1Co 2,6-9). Il suo compito è di dare delle certezze, fondate sull’autorità della rivelazione.

2. Lungi dal suscitare dubbi o confusione con i problemi da essa considerati, la catechesi tende dunque a illuminare l’intelligenza e a rafforzarla con solide convinzioni. Certo, con le risposte che fornisce, essa introduce più profondamente lo spirito umano nel mistero della rivelazione; ma questo mistero dà luce alla mente anche se, finché siamo nella vita terrena, non dissipa tutte le oscurità. Non si può capire tutto, ma ciò che si comprende basta a indicare le verità fondamentali e il senso della vita.


Spesso, le formule dei catechismi, con una serie di domande e di risposte hanno espresso, in modo concreto e pratico, la struttura fondamentale della catechesi, che si può definire come il confronto della domanda dell’uomo e della risposta di Dio. È vero che la domanda dell’uomo è ispirata e già illuminata dalla grazia divina, e che, d’altra parte, la risposta di Dio è formulata nei limiti e nelle imperfezioni del linguaggio umano. Ma si tratta veramente di interrogativi propri dell’uomo, interrogativi ai quali la catechesi porta la luce divina.

Ciò significa che, pur essendo attenta al lato umano dei problemi, la catechesi non si limita a riflessioni di carattere umano, né a indagini d’ordine filosofico, psicologico e sociologico, né allo sforzo di enunciare semplicemente dei preamboli alla rivelazione. Essa è consapevole di dover esporre e di far cogliere la verità rivelata, che non è in suo potere di ridurre o di attenuare. Essa cerca di adattare il suo insegnamento alla capacità di coloro che lo ricevono, ma non si attribuisce il diritto di velare o di sopprimere una parte della verità che Dio stesso ha voluto comunicare agli uomini.

3. Mette conto di ricordare qui quanto ho sottolineato nell’esortazione apostolica «Catechesi tradendae», riguardo all’integrità del contenuto della catechesi: “Affinché l’offerta della propria fede sia perfetta, colui che diventa discepolo di Cristo ha il diritto di ricevere la “parola della fede” non mutilata, non falsificata, non diminuita, ma completa e integrale, in tutto il suo rigore e in tutto il suo vigore. Tradire in qualche cosa l’integrità del messaggio significa svuotare pericolosamente la catechesi stessa e compromettere i frutti che il Cristo e la comunità ecclesiale hanno il diritto di aspettarsi” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae CTR 30).

Può verificarsi che il messaggio sembri difficile da far comprendere e accettare. Nel mondo circolano molte idee contrarie alla dottrina evangelica e, anzi, alcuni tengono un atteggiamento d’opposizione a tutto ciò che viene insegnato a nome della Chiesa. Di fronte alle resistenze che incontra, colui che si dedica alla catechesi potrebbe essere tentato di indietreggiare, di non esporre il messaggio cristiano in tutta la sua verità e in tutte le sue esigenze di vita, e di limitarsi ad alcuni punti più facilmente ammissibili. È allora che egli deve ricordarsi che è stato incaricato di un insegnamento che lo supera: egli deve sforzarsi di proporlo come l’ha ricevuto; deve soprattutto essere consapevole che nel suo lavoro di catechesi dispone d’una forza divina che lo rende capace di trasmettere la sua fede, e che nel cuore dei suoi ascoltatori lo Spirito Santo fa penetrare la parola nella misura in cui essa è fedele alla verità che deve esprimere.

4. Il problema della catechesi è un problema di fede. All’origine della Chiesa, chi avrebbe pensato che un piccolo numero di discepoli di Gesù potesse intraprendere l’opera di evangelizzazione e di catechizzazione dell’umanità intera? Ma è proprio quello che si è realizzato: il messaggio cristiano fin da principio riuscì a penetrare nella mentalità di un grande numero di uomini. Ciò che la grazia effettuò allora e poi sempre nei secoli, essa continua a compiere anche oggi.

La catechesi conta pertanto sulla potenza della grazia per trasmettere ai fanciulli e agli adulti il dono integrale della fede. Ogni catechista ha l’incarico di comunicare tutto il messaggio cristiano e riceve da Cristo stesso la capacità di adempiere pienamente questa sua missione.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese


Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai connazionali polacchi

Ai giovani

Mi ricordo di voi, carissimi giovani, presenti a questa udienza, per porgervi il mio particolare saluto e augurio. Siamo ancora vicini alle feste del Santo Natale e dell’Epifania, e perciò rinnovo la mia esortazione a tenere lo sguardo fisso alla stella luminosa di Betlemme, come fecero i Magi venuti dall’Oriente. La vera stella è Gesù, perché lui solo, nelle difficoltà della nostra esistenza, ci indica la strada giusta per la nostra vita e ci aiuta a percorrerla. Vi auguro di cuore che questo nuovo anno, da poco iniziato, sia per voi tutti un anno di intima amicizia col Cristo, unico vero grande amico, vivendo nella sua grazia e imitandolo nella carità verso il prossimo. Con la mia paterna benedizione.

Agli ammalati


Anche a voi, carissimi ammalati, che avete voluto partecipare all’udienza, giunga il mio affettuoso saluto. Anche e specialmente per voi, sofferenti nella carne, Gesù, il verbo di Dio fattosi uomo, è luce che illumina e guida nell’accettazione della malattia, nella speranza della guarigione, nella certezza che le vostre sofferenze sono preziose per il Corpo mistico che è la Chiesa. Come i Magi, anche voi potete portare preziosi doni al Bambino di Betlemme: l’oro della fede, l’incenso della preghiera, la mirra della pazienza. Mentre di cuore vi auguro ogni bene nel Signore, vi imparto la confortatrice benedizione apostolica.

Agli sposi novelli

Carissimi sposi novelli, anche a voi il mio saluto. Con la celebrazione del matrimonio cristiano siete entrati in una nuova fase della vita, piena di speranze, ma anche non priva di incertezze per l’avvenire. Non perdetevi mai di coraggio; come i Magi del Vangelo seguite la stella della vostra fede; siate sempre coraggiosi nelle difficoltà, coscienti della vostra missione di sposi e, specialmente, di genitori, quando la vita sfocerà dalla vostra unione. E la gioia del divino Redentore riempia i vostri cuori!. Questo è l’augurio che vi lascio, accompagnato dalla mia benedizione.

Questo il testo inglese dell’appello per le vittime della fame in Etiopia e in altre parti dell’Africa, lanciato dal Papa durante l’udienza generale:

Desidero ora attirare ancora una volta l’attenzione sulla grande tragedia che ha colpito milioni di uomini, donne e bambini in Etiopia e in altre parti dell’Africa. La vita umana è attaccata, indebolita e distrutta da una diffusa e ormai durevole carestia. La sofferenza e la morte che sono il destino comune di un così gran numero di persone chiamano alla preghiera, all’amore fraterno e all’umana compassione il resto dell’umanità. Tanto è già stato fatto in tutto il mondo per affrontare la crisi: da parte di varie nazioni, organizzazioni internazionali, organizzazioni religiose e caritative, e grazie a iniziative individuali e di gruppo, comprese quelle della Chiesa cattolica. Desidero per tutto questo esprimere profonda ammirazione così come la gratitudine silenziosa di tutti coloro che sono stati salvati dalla disperazione e dalla morte. Offro il mio incoraggiamento a tutti coloro che assistono i nostri fratelli e sorelle in terribile necessità.

In nome dell’umana solidarietà, sotto la paternità di Dio, mi appello a tutti coloro che ascoltano la mia voce o leggono le mie parole affinché facciano tutto ciò che è possibile per aiutare a risolvere questo problema che ci riguarda tutti. Sono in gioco la vita umana, la dignità umana e l’umana solidarietà.


Infine, con questo appello e con altri di questo tipo, e grazie ai massicci sforzi fraterni che si stanno compiendo, possa un nuovo impulso di speranza permeare il popolo dell’Etiopia e gli altri popoli africani in difficoltà. Che l’amore cristiano e l’umana solidarietà portino a tutti coloro che soffrono una speranza che non sia vana!


Una suora missionaria è rimasta uccisa il 3 gennaio in Mozambico nel corso di un attacco di guerriglieri. Si apprende che anche un sacerdote, P. Mary Bastian, avrebbe perduto la vita nello Sri Lanka, il giorno dell’Epifania, durante uno scontro tra le forze di sicurezza e i separatisti tamil. Il conflitto a fuoco, dopo il quale si sono perdute le tracce di P. Bastian, è avvenuto nei pressi della chiesa di Sant’Anna nel villaggio di Vankalai (distretto settentrionale di Mannar). Di questo e di altri drammatici episodi, nei quali sono rimasti vittime sacerdoti e religiose, parla il Papa all’udienza generale.

In quest’alba del nuovo anno, continuano purtroppo a giungere, da diverse parti del mondo, echi di guerre e di violenze, in contrasto con le aspirazioni e i propositi che abbiamo recentemente rinnovato nella Giornata Mondiale della Pace.

Alcune notizie mi hanno particolarmente addolorato, poiché riportano episodi che hanno avuto come vittime innocenti dei religiosi.

Il 3 gennaio, in Mozambico, una missionaria comboniana, suor Teresa Dalle Pezze, è rimasta uccisa in un’imboscata di guerriglieri.

In un analogo scontro, nel giorno dell’Epifania, è stato ucciso in Angola fratel Arturo Augusto Paredes, della Società missionaria portoghese.

Lo stesso giorno, a Wankalai, nello Sri Lanka, padre Mary Bastian è scomparso dalla casa parrocchiale in circostanze ancora non chiare, e si teme per la sua vita.

Ieri, a Beirut, sconosciuti in armi hanno rapito il padre servita Lawrence Jenco, direttore della sede libanese dei Catholic Relief Services, la benemerita istituzione di soccorso. Mi unisco all’appello che è stato lanciato per la sua liberazione.

Proprio nel momento in cui si accanisce contro persone inermi, che hanno consacrato la propria vita al servizio di Dio nei fratelli più provati e bisognosi, la violenza manifesta la sua cecità, la sua sterilità, la sua estraneità all’uomo.

Vi invito ad unirvi alla mia preghiera per queste persone, per i loro confratelli e le famiglie, per quanti erano beneficiari del loro zelo apostolico e oggi ne piangono la perdita o trepidano per la loro sorte. Preghiamo anche per tutte le vittime delle guerre e di ogni sorta di violenza, e chiediamo al Signore di dare a tutti gli uomini il dono inestimabile della pace.



Mercoledì, 16 gennaio 1985

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1. La catechesi pone dei problemi di pedagogia. Dai testi evangelici sappiamo che anche Gesù li ha dovuti affrontare. Nella sua predicazione alle folle egli si è servito di parabole per comunicare la sua dottrina in maniera adatta all’intelligenza dei suoi ascoltatori. Nel suo insegnamento ai discepoli egli procede progressivamente, tenendo conto della loro difficoltà di comprendere; così, è soltanto nel secondo periodo della sua vita pubblica che annuncia espressamente la sua via dolorosa e solo alla fine dichiara apertamente la propria identità non solo di Messia, ma di “Figlio di Dio”. Noi constatiamo pure che, nei suoi dialoghi più particolari, comunica la sua rivelazione rispondendo alle domande dei suoi interlocutori e impiegando un linguaggio accessibile alla loro mentalità. A volte egli stesso pone domande, suscita problemi.

Cristo ci ha mostrato la necessità che la catechesi abbia un adattamento multiforme, a seconda dei gruppi e delle persone ai quali essa è rivolta. Ci ha indicato anche la natura e i limiti di questo adattamento; egli ha presentato ai suoi uditori tutta la dottrina che era stato mandato a insegnare, e davanti alle resistenze di coloro che l’ascoltavano, ha esposto il suo messaggio con tutte le esigenze di fede che comportava. Ricordiamo il discorso sull’Eucaristia, in occasione del miracolo della moltiplicazione dei pani: malgrado le obiezioni e le defezioni, Gesù ha mantenuto la sua dottrina e ha chiesto l’adesione dei suoi discepoli (cf.
Jn 6,60-69). Trasmettendo ai suoi uditori l’integralità del suo messaggio, contava sull’azione illuminante dello Spirito Santo, che avrebbe fatto comprendere più tardi quello che non poteva essere capito subito (cf. Jn 14,26 Jn 16,13). Dunque anche per noi, l’adattamento della catechesi non deve significare riduzione o mutilazione del contenuto della dottrina rivelata, ma piuttosto sforzo per farla accettare in un’adesione di fede, sotto la luce e con la forza dello Spirito Santo.

2. Seguendo l’esempio dell’unico maestro che è Gesù, nella sua catechesi la Chiesa ha cercato di adattarsi a coloro ai quali voleva comunicare la luce del Vangelo. Questo sforzo di adattamento si è manifestato in modo particolare nei tempi recenti, che sono stati segnati da un progresso della specializzazione catechetica: infatti, si sono moltiplicati gli istituti di formazione catechetica, sono stati studiati sistematicamente i metodi della catechesi, e sono state proposte le vie più efficaci dell’insegnamento religioso. È auspicabile che questo sforzo continui e si sviluppi ancora. I problemi dell’adattamento sono molti e difficili, variano secondo i luoghi e i tempi, e non cesseranno di porsi anche in futuro.

Si deve osservare che questi problemi oggi sono legati a quelli dello sviluppo dei nuovi mezzi di comunicazione sociale. Accanto alle forme semplici e tradizionali della catechesi, vi è posto per un insegnamento catechetico, che utilizzi le vie più moderne della diffusione. La Chiesa non può che incoraggiare i tentativi di creare nuove forme di trasmissione della verità evangelica. Tutte le buone iniziative in questo campo devono essere guardate con favore e ci si deve felicitare con coloro che assumono, a questo riguardo, il ruolo di pionieri.

3. La catechesi non intende dunque fossilizzarsi in quello che è stato fatto in passato. Come ho riconosciuto nell’esortazione Catechesi tradendae, la catechesi “ha bisogno di un rinnovamento continuo in un certo allargamento del suo stesso concetto, nei suoi metodi, nella ricerca di un linguaggio adatto, nell’utilizzazione di nuovi mezzi di trasmissione del messaggio” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae CTR 17). Si può dire che la catechesi, come la Chiesa stessa, è tesa verso un avvenire migliore del passato, avvenire che richiede una collaborazione attiva di tutti gli interessati e una vigile apertura ai progressi della società umana.

Il bisogno di rinnovamento richiede uno sforzo costante di riflessione sui risultati ottenuti. Non si può partire dal principio secondo cui tutto quello che è nuovo è buono e fecondo: l’importante è verificare con l’esperienza l’efficacia della via seguita. Se nei tempi recenti vi è stato un notevole sforzo di sviluppo dei metodi catechistici, non si può tuttavia ignorare che in diversi luoghi sono state espresse frequenti lamentele riguardo alle lacune e ai risultati non molto lusinghieri di certi nuovi metodi. Il Sinodo del 1977 non ha mancato di segnalare “i limiti e le deficienze che sono in contrasto con un innegabile progresso nella vitalità dell’attività catechistica e di iniziative promettenti” (Giovanni Paolo II, Catechesi tradendae CTR 17). Queste deficienze devono suscitare un’attenta revisione dei mezzi impiegati e della dottrina trasmessa.

4. Il Sinodo ha sottolineato in particolare la necessità di un insegnamento organico e sistematico, non improvvisato. Se è vero che “la ripetizione abitudinaria porta alla stagnazione, alla letargia e, in definitiva, alla paralisi”, bisogna riconoscere che “l’improvvisazione sconsiderata genera il turbamento dei catechizzati e dei loro genitori quando si tratta di fanciulli, le deviazioni d’ogni specie, la rottura e finalmente la rovina dell’unità” (Ivi CTR 17).

Oltre al carattere sistematico, con programma e obiettivo preciso, tre altre caratteristiche dell’insegnamento catechistico sono state richiamate a conclusione dei dibattiti del Sinodo. Esso deve essere “un insegnamento che insista sull’essenziale, senza pretendere di affrontare tutte le questioni disputate, né di trasformarsi in ricerca teologica o in esegesi scientifica; un insegnamento, tuttavia, sufficientemente completo, che non si fermi al primo annuncio del mistero cristiano, quale noi abbiamo nel kérigma; un’iniziazione cristiana integrale, aperta a tutte le componenti della vita cristiana” (Ivi, CTR 21). La volontà di dare un insegnamento completo risulta spontaneamente da un atteggiamento di fede e di amore, che aderisce a tutta la rivelazione e che desidera comunicarla. Lo spirito di fede è essenziale ad ogni catechesi cristiana.

La ricerca e la messa a punto dei metodi più adatti non basterebbero, se questi non fossero animati da tale spirito di fede. Gli aspetti scientifici della pedagogia non potrebbero supplire a una mancanza di fede. In realtà, è la fede che spinge il catechista a cercare il metodo migliore per esporre e trasmettere la dottrina. È la fede che forma l’anima della catechesi e che ispira tutto lo sforzo della pedagogia nell’insegnamento religioso.

D’altra parte la catechesi, essendo uno dei modi della trasmissione della rivelazione nella Chiesa, non può non essere regolata nei suoi contenuti e nei suoi metodi dalla struttura propria di tale trasmissione, la quale comporta la connessione indissolubile tra Sacra Scrittura, tradizione e magistero (cf. Dei Verbum DV 10). Su questa struttura avremo occasione di tornare nelle nostre ulteriori istruzioni.

Ad un gruppo proveniente dallo Sri Lanka e dagli Stati Uniti


Ai pellegrini francesi

Ad un gruppo di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai pellegrini polacchi

Ai gruppi delle diverse diocesi italiane

Sono lieto di salutare ora i pellegrini italiani; in particolare mi rivolgo ad alcuni gruppi di sacerdoti che prendono parte a questa udienza. Tra essi sono i sacerdoti della regione Puglia, i quali, accompagnati da Monsignor Guglielmo Motolese e Monsignor Ennio Appignanesi, rispettivamente Arcivescovo di Taranto e Vescovo di Castellaneta, sono venuti a Roma per concludere un loro convegno su “Eucaristia e problemi esistenziali del sacerdote oggi” sulla tomba di san Pietro e con la benedizione del suo successore; c’è poi una rappresentanza del seminario di Posillipo con un gruppo di sacerdoti che ricordano il decimo anniversario della loro ordinazione sacerdotale e un gruppo di Padri Redentoristi convenuti a Roma per un corso di spiritualità.

Carissimi fratelli nel sacerdozio! Mi compiaccio per codeste vostre iniziative, destinate a promuovere una sempre più approfondita conoscenza della vostra vocazione sacerdotale e ravvivare la vostra fede nell’Eucaristia, che deve esser al centro della vostra spiritualità. Se amate realmente Gesù, dolce ospite dei tabernacoli delle vostre chiese, certamente vivrete anche in comunione tra di voi e troverete una risposta per i problemi inerenti alla vostra vita e al vostro ministero. Vi sia di conforto la mia speciale benedizione apostolica.

Agli alunni della Scuola di musica “Tommaso Ludovico da Victoria”

Un saluto particolare anche ai numerosi alunni della Scuola di musica “Tommaso Ludovico da Victoria”, associata al Pontificio Istituto di Musica Sacra.

Cari giovani, in attesa di ascoltare un vostro canto, vi ringrazio della vostra visita e vi incoraggio nel vostro impegno di formazione cristiana oltre che musicale. Cantare bene e apprendere ad usare perfettamente uno strumento musicale non è facile: richiede uno studio lungo e paziente fatto di esercizi, di prove, di ripetizioni. Richiede dedizione e buona volontà, ma si tratta di uno sforzo quanto mai gratificante, perché eleva lo spirito, ingentilisce l’animo, rendendolo più sensibile ai valori spirituali, soprattutto quando accompagnate con i vostri canti i divini misteri. Vi auguro che anche la vostra vita sia un canto armonioso, mentre estendo il mio saluto anche agli altri giovani e ragazzi presenti all’udienza.

Ai fedeli della parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino

Rivolgo poi un pensiero affettuoso ai numerosi fedeli della parrocchia di San Giovanni Battista al Collatino, che precisamente un anno fa ebbi occasione di visitare. Apprezzo il vostro gesto di avermi voluto restituire la visita con questa vostra presenza e vi esorto a continuare a vivere nel fervore di fede, che ebbi modo di constatare in quella circostanza. Vivete sempre uniti e date testimonianza della speranza che è in voi. Il Signore vi benedica.

Agli ammalati

Mi è ora particolarmente gradito salutare, come sempre, gli ammalati che partecipano a questa udienza. Voi, carissimi, avete una grande missione da compiere: quella di donare ad ogni persona che incontrate la testimonianza della serenità che in voi è alimentata d continuo dalla presenza di Cristo, unico Signore della vita.

Agli sposi novelli

Saluto infine tutti voi, sposi novelli.

Vi auguro che, con l’aiuto e per l’intercessione della Beata Vergine Maria, presente alle nozze di Cana di Galilea, voi possiate perseguire, con sempre rinnovato impegno, la meta della perfezione cristiana, quale strada per ottenere il vero bene materiale e spirituale della nuova famiglia da voi costituita.





Mercoledì, 23 gennaio 1985

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1. In questa settimana di speciali preghiere per l’unità dei cristiani è bene che riflettiamo insieme su questo impegno che è comune a tutti i battezzati. Nel mondo intero, in questi giorni, cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti si incontrano per chiedere insieme al Signore il dono dell’unità perfetta. Nell’emisfero sud la Settimana di preghiere si farà verso la Pentecoste sullo stesso tema. L’unico tema e l’unico scopo determinano una sintonia, che fa pregustare la concordia della piena comunione.

Quest’anno la Settimana di preghiere per l’unità ha luogo a vent’anni dalla promulgazione del decreto conciliare sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio. Da quel giorno (21 novembre 1964) ad oggi, il movimento ecumenico ha avuto un’espansione imprevedibile. Solo la grazia di Dio ha potuto ispirare tutto questo. E la risposta dei credenti è stata generosa, talvolta sofferta, sempre desiderosa di essere in coerenza con la vocazione cristiana. Al di là della fatica necessaria per ristabilire un nuovo rapporto con tutti gli altri cristiani, l’incontro è stato profondamente gioioso. Riscoprire negli altri, fino a poco tempo fa sconosciuti o considerati avversari, il volto del fratello, è un dono impagabile del Signore, il quale tutti ha chiamato nella comunità di fede e di amore, che è la Chiesa di Dio. Il decreto conciliare sull’ecumenismo ha indicato i principi cattolici per la partecipazione al movimento ecumenico, ha suggerito gli strumenti per esercitarlo, ha presentato gli altri cristiani come fratelli con una propria storia da considerare attentamente allo scopo di entrare in dialogo con essi al fine di appianare quelle divergenze che hanno causato lo scandalo della divisione.

La Chiesa cattolica è così impegnata nel dialogo multilaterale ed è entrata in dialogo diretto con tutte le Chiese e Comunità ecclesiali, d’Oriente e d’Occidente. Questi dialoghi, distinti l’uno dall’altro proprio per esaminare a fondo le specifiche differenze, tendono, in definitiva, a un unico scopo: la Unitatis redintegratio, il ristabilimento della piena unità di tutti i cristiani.

Si tratta di un processo complesso e delicato. Implica problemi di fede, di dottrina, di liturgia, di disciplina. Con competenze, modalità e responsabilità diverse esso coinvolge tutti i battezzati, tanto i pastori e i teologi nei loro studi per il dialogo, quanto tutti gli altri fedeli nella vita cristiana di ogni giorno (cf. Unitatis redintegratio
UR 5).


In questa complessità, i testi che le varie commissioni miste di dialogo vanno pubblicando delineano importanti convergenze su problematiche essenziali per la ricomposizione della piena unità. Questi risultati positivi incoraggiano a proseguire il contatto fraterno e il dialogo teologico. D’altra parte, spingono a questo proseguimento le stesse difficoltà incontrate e i problemi non ancora affrontati. Il decreto Unitatis redintegratio offre ancora un valido stimolo e orientamenti sicuri per giungere alla meta, posta dal Signore stesso: la perfetta unità.

2. All’intero movimento ecumenico, la preghiera dà sostegno, ispirazione, consistenza. Di anno in anno questa speciale Settimana ci chiama a raccolta e ci sollecita a un accresciuto impegno. I vari temi di riflessione, suggeriti di comune accordo fra il nostro Segretariato per l’unione dei cristiani e il Consiglio ecumenico delle Chiese, ci riportano a considerare insieme aspetti essenziali e complementari della piena unità fra tutti i cristiani.

Il tema di quest’anno sottolinea la redenzione operata da Gesù Cristo, il quale ci ha portato “dalla morte alla vita”. “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo” (Ep 2,4).

Questa realtà misteriosa e misericordiosa coinvolge tutti coloro che credono in Gesù Cristo. Il decreto sull’ecumenismo ha asserito che tutti i cristiani sono giustificati nel Battesimo dalla fede (cf. Unitatis redintegratio UR 3) e ha aggiunto: “Con il sacramento del Battesimo, quando secondo l’istituzione del Signore è debitamente conferito e ricevuto con la dovuta disposizione d’animo, l’uomo è veramente incorporato a Cristo crocifisso e glorificato e viene rigenerato per partecipare alla vita divina” (Ivi, UR 22). Tutti gli altri cristiani sono pertanto nostri fratelli e in una certa comunione, vera e profonda, con la Chiesa cattolica, anche se ancora in comunione non perfetta.

Questa comune situazione di redenti in Gesù Cristo spinge alla piena unità. Il Battesimo tende al raggiungimento della pienezza della vita in Cristo, all’integra professione della fede, all’integrale incorporazione nell’istituzione della salvezza, come Cristo ha voluto, e infine alla comune celebrazione dell’Eucaristia del Signore.

La redenzione comune realizzata nell’unico Battesimo costituisce il dinamismo interno di grazia verso la piena unità. La ricerca dell’unità pertanto non è motivata da alcun fattore esterno o contingente. Proviene intrinsecamente dalla nostra stessa fede nell’unico Signore, che “per noi uomini e per la nostra salvezza” si fece uomo e morì sulla croce per redimerci tutti. La situazione del mondo ha però oggi maggiore bisogno della testimonianza cristiana di riconciliazione e di unità. Una nuova testimonianza di unità è necessaria, tanto per aiutare gli stimoli positivi per una convivenza pacifica presenti nel mondo, quanto per correggere ed evitare le tentazioni di morte e di odio che serpeggiano tra gli uomini.

Raccogliamo pertanto l’invito dell’apostolo Paolo contenuto nella stessa Lettera agli Efesini, dalla quale è anche stato preso il tema di questa Settimana di preghiera: “Vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace” (Ep 4,1-3).

In sintonia con questa vocazione, ognuno, secondo il proprio ministero e la propria funzione nella Chiesa, contribuisca all’edificazione del corpo di Cristo “finché arriviamo tutti all’unità della fede” (Ep 4,13).

3. A questo scopo adesso preghiamo tutti insieme dicendo:

Concedici, Signore, la pace e l’unità”.

La pace di Cristo ci guidi nella nostra vita: nella pace Dio ci ha tutti chiamati a formare un solo corpo.


Concedici, Signore, la Pace e l'unità.

Nella sua carne Gesù Cristo ha distrutto ogni muro di separazione; per mezzo della sua morte sulla croce egli ha distrutto ogni ostilità.

Uno solo è il Signore, una la fede, uno il Battesimo.

Vi è un solo corpo e un solo Spirito e tutti siamo chiamati a una sola speranza.

Preghiamo: o Padre, donaci la grazia di amarci gli uni gli altri affinché, nell’unità dello Spirito, professiamo la nostra fede vivendo in concordia e santa pace, testimoni dell’Evangelo di salvezza dell’unico Signore del cielo e della terra, Gesù Cristo, tuo Figlio, che viene e regna nei secoli dei secoli.

Amen.

Ai gruppi di espressione francese

A gruppi di fedeli inglesi

Ai fedeli di espressione tedesca


Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli polacchi

Ai pellegrini italiani

Un cordiale saluto desidero rivolgere ai vari gruppi e ai singoli pellegrini di lingua italiana, presenti a questa udienza, in particolare alla Delegazione di Gualdo Tadino che, guidata dal vescovo Monsignor Sergio Goretti, ha voluto offrirmi un ramoscello di biancospino, che fiorisce ogni anno a metà gennaio lungo la strada percorsa dalle spoglie mortali del venerato eremita, il beato Angelo, celeste patrono di Gualdo Tadino.

Mentre ringrazio per il simbolico dono, faccio voti che nel mondo intero fiorisca la pace, e gli uomini e i popoli vivano nella giustizia e nella concordia.
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Un deferente saluto indirizzo anche ai partecipanti al Terzo Congresso internazionale di bioterapia e pranoterapia, patrocinato dalla Provincia di Milano.
* * *



Saluto inoltre cordialmente la direzione, gli artisti e il personale del Circo Americano che da alcune settimane sta operando a Roma e che ha offerto questa mattina un saggio della sua arte.

Ringrazio per la presenza, mentre esprimo i migliori voti per l’attività del Circo, auspicando che esso miri non solo a offrire un momento di svago, ma anche a educare ai valori umani e cristiani.

Ai giovani

Saluto ora voi, giovani che siete venuti a rallegrare questa assemblea e a manifestare pubblicamente la vostra fedeltà a Cristo e alla Chiesa. A voi e al vostro entusiasmo giovanile la Chiesa affida il messaggio evangelico della pace e dell’unità. Impegnatevi a portarlo nel mondo e a viverlo in profondità e coerenza: Gesù vuol servirsi di voi come testimoni attendibili della sua presenza e come attivi operatori di riconciliazione.

Agli ammalati

Un pensiero particolare va pure, come di consueto, ai cari ammalati e a tutti coloro che sono provati dalle sofferenze di qualunque genere. Il Signore vi conforti con l’abbondanza della sua grazia e vi sostenga nei momenti più difficili da sopportare nella vostra infermità. E voi, a vostra volta, offrite con fede i vostri patimenti per il bene delle anime e, in questa settimana, per l’unione dei cristiani. Così il vostro dolore non sarà vano e voi potrete contribuire all’opera della redenzione.

Agli sposi novelli

Infine, le mie felicitazioni e i miei voti agli sposi novelli per l’importante passo compiuto sotto il segno della grazia del sacramento del Matrimonio. Siate sempre fedeli alla grazia di tale sacramento, coltivando pensieri di amore vero, di rispetto reciproco e di unità autentica. Sia anzi la vostra indissolubile unità un segno anche di quella che in questo ottavario invochiamo per tutti i cristiani.

Il Signore vi benedica e vi assista sempre





Catechesi 79-2005 9185