Catechesi 79-2005 30786

Mercoledì, 30 luglio 1986

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1. Nella precedente catechesi ci siamo soffermati sull’articolo del Credo col quale proclamiamo e confessiamo Dio creatore non solo di tutto il mondo creato, ma anche delle “cose invisibili”, e ci siamo intrattenuti sull’argomento dell’esistenza degli angeli chiamati a dichiararsi per Dio o contro Dio con un atto radicale e irreversibile di adesione o di rifiuto della sua volontà di salvezza.

Stando sempre alla Sacra Scrittura, gli angeli, in quanto creature puramente spirituali, si presentano alla riflessione della nostra mente come una speciale realizzazione dell’“immagine di Dio”, Spirito perfettissimo, come Gesù stesso ricorda alla donna samaritana con le parole: “Dio è spirito” (
Jn 4,24). Gli angeli sono, da questo punto di vista, le creature più vicine all’esemplare divino. Il nome che la Sacra Scrittura loro attribuisce indica che ciò che più conta nella rivelazione è la verità sui compiti degli angeli nei riguardi degli uomini: angelo (angelus) vuole infatti dire “messaggero”. L’ebraico “malak”, usato nell’Antico Testamento, significa più propriamente “delegato” o “ambasciatore”. Gli angeli, creature spirituali, hanno funzione di mediazione e di ministero nei rapporti che intercorrono tra Dio e gli uomini. Sotto questo aspetto la Lettera agli Ebrei dirà che al Cristo è stato affidato un “nome”, e quindi un ministero di mediazione, ben superiore a quello degli angeli (cfr He 1,4).

2. L’Antico Testamento sottolinea soprattutto la speciale partecipazione degli angeli alla celebrazione della gloria che il Creatore riceve come tributo di lode da parte del mondo creato. Sono in modo speciale i salmi che si fanno interpreti di tale voce, quando, ad esempio, proclamano: “Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli. Lodatelo, voi tutti, suoi angeli . . .” (Ps 148,1-2). Similmente il Salmo 102: “Benedite il Signore, voi tutti, suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola” (Ps 103,21). Quest’ultimo versetto del Salmo 102 indica che gli angeli prendono parte, in modo a loro proprio, al governo di Dio sulla creazione, come “potenti esecutori dei suoi comandi” secondo il piano stabilito dalla divina Provvidenza. In particolare agli angeli è affidata una speciale cura e sollecitudine per gli uomini, per i quali presentano a Dio le loro domande e preghiere, come ci ricorda, ad esempio, il Libro di Tobia (cfr specialmente Tb 3,17 Tb 12,12) mentre il Salmo 90 proclama: “Egli ha dato ordine ai suoi angeli . . . di portarti sulle loro mani perché non inciampi nella pietra il tuo piede” (Ps 91,11). Seguendo il Libro di Daniele si può affermare che i compiti degli angeli come ambasciatori del Dio vivo si estendono non solo ai singoli uomini e a coloro che hanno speciali compiti, ma anche a intere nazioni (cfr Da 10,13-21).

3. Il Nuovo Testamento mette in rilievo i compiti degli angeli in rapporto alla missione di Cristo come Messia, e prima di tutto al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio, come constatiamo nel racconto dell’annunciazione della nascita di Giovanni Battista, di Cristo stesso, nelle spiegazioni e disposizioni date a Maria e Giuseppe, nelle indicazioni date ai pastori nella notte della nascita del Signore, nella protezione del neonato davanti al pericolo della persecuzione di Erode (cfr Lc 1,11 Lc 1,26 Lc 1,30 Lc 2,9 cfr Mt 1,20-21 Mt 2,13).

Più avanti i Vangeli parlano della presenza degli angeli durante il digiuno di 40 giorni di Gesù nel deserto (cfr Mt 4,11) e durante la preghiera nel Getsemani (Lc 22,43). Dopo la risurrezione di Cristo sarà ancora un angelo, apparso sotto forma di un giovane, che dirà alle donne accorse al sepolcro e sorprese dal fatto di trovarlo vuoto: “Non abbiate paura. Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui . . . Andate, dite ai suoi discepoli . . .” (Mc 16,5-7), Due angeli sono visti anche da Maria Maddalena, che è privilegiata d’una apparizione personale di Gesù (Jn 20,12-17). Gli angeli “si presentano” agli apostoli dopo la scomparsa di Cristo, per dire loro: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto in cielo tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (Ac 1,10-11).

Sono gli angeli della vita, della passione e della gloria di Cristo. Gli angeli di colui che, come scrive san Pietro, “è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e avere ottenuto la sovranità sugli angeli, i principati e le potenze” (1P 3,22),

4. Se passiamo alla nuova venuta di Cristo, cioè alla “parusia”, troviamo che tutti i sinottici annotano che “il Figlio dell’uomo . . . verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”. Si può dunque dire che gli angeli, come puri spiriti, non solo partecipano nel modo che è loro proprio alla santità di Dio stesso, ma nei momenti-chiave circondano il Cristo e lo accompagnano nell’adempimento della sua missione salvifica nei riguardi degli uomini. Allo stesso modo anche tutta la Tradizione e il magistero ordinario della Chiesa ha attribuito nei secoli agli angeli questo particolare carattere e questa funzione di ministero messianico.

Ai fedeli di lingua francese

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Ai gruppi di espressione inglese

Ai gruppi di espressione spagnola

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Ai connazionali polacchi

Ai gruppi italiani

Un cordiale saluto desidero rivolgere a tutti i pellegrini, singoli o in gruppi, di lingua italiana, e in particolare ai Missionari della “Società del Verbo Divino” e ai Padri Agostiniani Recolletti con i loro familiari.
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Intendo anche ricordare le Figlie di Maria Ausiliatrice, provenienti dal Giappone; le Iuniores e le Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore, che celebrano quest’anno il 25° e il 50° di professione religiosa; come pure le Suore, appartenenti a dodici Congregazioni, che in questi giorni stanno frequentando “un mese di formazione” nella Comunità di preghiera “Mater Ecclesiae” della Suore Dorotee da Cemmo.
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Un affettuoso saluto indirizzo alle 24 Coppie di Sposi, della diocesi di Mileto, che si trovano a Roma per un periodo di formazione religiosa.

A tutti voi, carissimi Fratelli e Sorelle, rivolgo l’invito ad essere sempre docili alla Parola del Signore, che chiama ad una sempre più profonda vita di unione con Lui.

La mia Benedizione Apostolica vi accompagna sempre.

Ai giovani

Il mio saluto è ora rivolto a voi, carissimi giovani. La vostra presenza è motivo di gioia, perché è manifestazione del vostro desiderio di vivere intensamente la vita cristiana, di dare testimonianza a Cristo.

Siate fieri della vostra fede e sempre lieti, nella consapevolezza che, soprattutto mediante l’amore ai fratelli, potete essere strumento di pace nel mondo. Vi benedico con affetto, affidandovi l’incarico di recare ai vostri cari il mio benedicente pensiero.

Agli ammalati

A voi, dilettissimi infermi, esprimo la mia costante spirituale vicinanza nella sopportazione della malattia e della conseguente afflizione.

Siate infatti per la Chiesa dimostrazione vivente di fede generosa, di forte accettazione del dolore che vi conferma a Cristo sofferente e vi pone nella possibilità di contribuire all’attuazione del suo piano di salvezza. Nel benedirvi con particolare sollecitudine, manifesto la mia riconoscenza anche ai vostri familiari ed a quanti hanno merito nell’assistervi.

Gli sposi novelli

Il mio cordiale benvenuto, infine, è per voi sposi novelli, insieme con l’augurio che nel cammino da voi iniziato con tante speranze siate sempre protetti dalla divina Provvidenza; siano sempre inoltre con voi l’ardimento della giovinezza, l’unione degli animi, dei desideri, la tranquillità dello spirito e soprattutto la fiducia di essere, con la vostra fede operosa, testimoni di Cristo. Vi segue la mia preghiera e la mia benedizione estensibile ai vostri rispettivi familiari ed a tutte le persone care.


Nuovi scontri armati insanguinavano anche oggi il Libano senza pace. I combattenti tra filo-israeliani e un gruppo di resistenti libanesi hanno luogo lungo il confine della cosiddetta “zona di sicurezza”. Proseguono intanto le affannose operazioni di soccorso dei feriti nei settori cristiano e musulmano duramente provati dagli orrendi massacri dei giorni scorsi. Il Santo Padre, che già ieri aveva invocato la pace sul tormentato Paese con un telegramma al Patriarca Maronita, rinnova oggi, durante l’Udienza generale, l’esortazione alla concordia e la sua partecipazione al dolore dei familiari delle vittime innocenti. Ecco le parole di Giovanni Paolo II.

Un altro orrendo massacro è avvenuto ieri a Beirut nel quartiere ovest, provocando nuove vittime, dopo solo 24 ore dalla strage compiuta nel settore est della capitale, in cui erano state uccise numerose persone.

Ho inviato ieri un messaggio al Patriarca Maronita, per esprimergli la mia costernazione e la mia solidarietà in questo momento di grande prova.

Vorrei rinnovare l’invito a pregare perché il Signore conceda alle vittime il riposo eterno, ai familiari in lacrime il conforto e a quella Nazione di poter conoscere finalmente la pace, che la cieca violenza continua a spezzare, e perché faccia venire presto il giorno in cui tutta la Nazione Libanese vivrà nella concordia e nella serenità tanto desiderate.



Mercoledì, 6 agosto 1986

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1. Nelle recenti catechesi abbiamo visto come la Chiesa, illuminata dalla luce proveniente dalla Sacra Scrittura, ha professato lungo i secoli la verità sull’esistenza degli angeli come esseri puramente spirituali, creati da Dio. Lo ha fatto fin dall’inizio con il simbolo niceno-costantinopolitano e lo ha confermato nel Concilio Lateranense IV (1215), la cui formulazione è ripresa dal Concilio Vaticano I nel contesto della dottrina sulla creazione: Dio “creò insieme dal nulla fin dall’inizio del tempo l’una e l’altra creatura, quella spirituale e quella corporea, cioè l’angelica e la terrena, e quindi creò la natura umana come ad entrambi comune, essendo costituita di spirito e di corpo” (
DS 3002). Ossia: Dio creò fin dal principio entrambe le realtà: quella spirituale e quella corporale, il mondo terreno e quello angelico. Tutto ciò egli creò insieme (“simul”) in ordine alla creazione dell’uomo, costituito di spirito e di materia e posto secondo la narrazione biblica nel quadro di un mondo già stabilito secondo le sue leggi e già misurato dal tempo (“deinde”).

2. Assieme all’esistenza, la fede della Chiesa riconosce certi tratti distintivi della natura degli angeli. Il loro essere puramente spirituale implica prima di tutto la loro non materialità e la loro immortalità. Gli angeli non hanno “corpo” (anche se in determinate circostanze si manifestano sotto forme visibili in ragione della loro missione a favore degli uomini) e quindi non sono soggetti alla legge della corruttibilità che accomuna tutto il mondo materiale. Gesù stesso, riferendosi alla condizione angelica, dirà che nella vita futura i risorti “non possono più morire, perché sono uguali agli angeli” (Lc 20,36).

3. In quanto creature di natura spirituale, gli angeli sono dotati di intelletto e di libera volontà, come l’uomo, ma in grado a lui superiore, anche se sempre finito, per il limite che è inerente a tutte le creature. Gli angeli sono quindi esseri personali e, in quanto tali, sono anch’essi a “immagine e somiglianza” di Dio. La Sacra Scrittura si riferisce agli angeli adoperando anche appellativi non solo personali (come i nomi propri di Raffaele, Gabriele, Michele), ma anche collettivi” (come le qualifiche di Serafini, Cherubini Troni, Potestà, Dominazioni, Principati), così come opera una distinzione tra angeli e arcangeli. Pur tenendo conto del linguaggio analogico e rappresentativo del testo sacro, possiamo dedurre che questi esseri-persone, quasi raggruppati in società, si suddividono in ordini e gradi, rispondenti alla misura della loro perfezione e ai compiti loro affidati. Gli autori antichi e la stessa liturgia parlano anche dei cori angelici (nove, secondo Dionigi l’Areopagita). La teologia, specialmente quella patristica e medievale, non ha rifiutato queste rappresentazioni cercando invece di darne una spiegazione dottrinale e mistica, ma senza attribuirvi un valore assoluto. San Tommaso ha preferito approfondire le ricerche sulla condizione ontologica, sull’attività conoscitiva e volitiva e sulla elevazione spirituale di queste creature puramente spirituali, sia per la loro dignità nella scala degli esseri, sia perché in loro poteva meglio approfondire le capacità e le attività proprie dello spirito allo stato puro, traendone non poca luce per illuminare i problemi di fondo che da sempre agitano e stimolano il pensiero umano: la conoscenza, l’amore, la libertà, la docilità a Dio, il raggiungimento del suo regno.

4. Il tema cui abbiamo accennato potrà sembrare “lontano” oppure “meno vitale alla mentalità dell’uomo moderno. Eppure la Chiesa, proponendo con franchezza la totalità della verità su Dio Creatore anche degli angeli, crede di recare un grande servizio all’uomo. L’uomo nutre la convinzione che in Cristo, Uomo Dio, è lui (e non gli angeli) a trovarsi al centro della divina rivelazione. Ebbene, l’incontro religioso con il mondo degli esseri puramente spirituali diventa preziosa rivelazione del suo essere non solo corpo ma anche spirito, e della sua appartenenza a un progetto di salvezza veramente grande ed efficace, entro una comunità di esseri personali che per l’uomo e con l’uomo servono il disegno provvidenziale di Dio.

5. Notiamo che la Sacra Scrittura e la Tradizione chiamano propriamente angeli quegli spiriti puri che nella fondamentale prova di libertà hanno scelto Dio, la sua gloria e il suo regno. Essi sono uniti a Dio mediante l’amore consumato che scaturisce dalla beatificante visione, faccia a faccia, della santissima Trinità. Lo dice Gesù stesso: “Gli angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18,10). Quel “vedere sempre la faccia del Padre” è la manifestazione più alta dell’adorazione di Dio. Si può dire che essa costituisce quella “liturgia celeste”, compiuta a nome di tutto l’universo, alla quale incessantemente si associa la terrena liturgia della Chiesa, specialmente nei suoi momenti culminanti. Basti qui ricordare l’atto col quale la Chiesa, ogni giorno e ogni ora, nel mondo intero, prima di dare inizio alla preghiera eucaristica nel cuore della santa Messa, si richiama “agli angeli e agli arcangeli” per cantare la gloria di Dio tre volte Santo, unendosi così a quei primi adoratori di Dio, nel culto e nell’amorosa conoscenza dell’ineffabile mistero della sua santità.

6. Sempre secondo la rivelazione, gli angeli, che partecipano alla vita della Trinità nella luce della gloria, sono anche chiamati ad avere la loro parte nella storia nella salvezza degli uomini, nei momenti stabiliti dal disegno della divina Provvidenza. “Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?”, domanda l’autore della Lettera agli Ebrei (He 1,14). E questo crede e insegna la Chiesa, in base alla Sacra Scrittura dalla quale apprendiamo che compito degli angeli buoni è la protezione degli uomini e la sollecitudine per la loro salvezza. Troviamo queste espressioni in diversi passi della Sacra Scrittura, come ad esempio nel Salmo 90 già più volte citato: “Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perché non inciampi nella pietra il tuo piede” (Ps 90,11-12). Gesù stesso, parlando dei bambini e ammonendo di non dar loro scandalo, si richiama ai “loro angeli” (Mt 18,10); attribuisce inoltre agli angeli la funzione di testimoni nel supremo giudizio divino sulla sorte di chi ha riconosciuto o ha rinnegato il Cristo: “Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio” (Lc 12,8-9). Queste parole sono significative perché se gli angeli prendono parte al giudizio di Dio, sono interessati alla vita dell’uomo. Interesse e partecipazione che sembrano ricevere una accentuazione nel discorso escatologico, nel quale Gesù fa intervenire gli angeli nella parusia, ossia nella definitiva venuta di Cristo alla fine della storia (cfr Mt 24,31 Mt 25,31 Mt 25,41).

7. Tra i libri del Nuovo Testamento, sono specialmente gli Atti degli apostoli che ci fanno conoscere alcuni fatti che attestano la sollecitudine degli angeli per l’uomo e per la sua salvezza. Così, quando l’angelo di Dio libera gli apostoli dalla prigione (cfr Ac 5,18-20)e prima di tutto Pietro, che era minacciato di morte dalla mano di Erode. (cfr Ac 12,5-10) O quando guida l’attività di Pietro nei riguardi del centurione Cornelio, il primo pagano convertito (cfr Ac 10,3-8 Ac 11,12-16), e analogamente l’attività del diacono Filippo lungo la via da Gerusalemme a Gaza. (cfr Ac 8,26-29)

Da questi pochi fatti citati a titolo esemplificativo, si comprende come nella coscienza della Chiesa abbia potuto formarsi la persuasione sul ministero affidato agli Angeli in favore degli uomini. Perciò la Chiesa confessa la sua fede negli angeli custodi, venerandoli nella liturgia con una festa apposita, e raccomandando il ricorso alla loro protezione con una preghiera frequente, come nell’invocazione dell’“Angelo di Dio”. Questa preghiera sembra fare tesoro delle belle parole di san Basilio: “Ogni fedele ha accanto a sé un angelo come tutore e pastore, per portarlo alla vita” (Adversus Eunomium, III,1; si veda anche san Tommaso, Summa Theologiae, I 11,3).

8. È infine opportuno notare che la Chiesa onora con culto liturgico tre figure di angeli, che nella Sacra Scrittura sono chiamati per nome. Il primo è Michele arcangelo (cfr Da 10,13 Da 10,20 Ap 12,7 Jud 1,9). Il suo nome esprime sinteticamente l’atteggiamento essenziale degli spiriti buoni. “Mica-El” significa infatti: “Chi come Dio?”. In questo nome si trova dunque espressa la scelta salvifica grazie alla quale gli angeli “vedono la faccia del Padre” che è nei cieli. Il secondo è Gabriele: figura legata soprattutto al mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio. (cfr Lc 1,19-26) Il suo nome significa: “la mia potenza è Dio” oppure “potenza di Dio”, quasi a dire che, al culmine della creazione, l’incarnazione è il segno supremo del Padre onnipotente. Infine il terzo arcangelo si chiama Raffaele. “Rafa-El” significa: “Dio guarisce”. Egli ci è fatto conoscere dalla storia di Tobia nell’Antico Testamento (cfr Tb Tb 12,15), così significativa circa l’affidamento agli angeli dei piccoli figli di Dio, sempre bisognosi di custodia, di cura e di protezione.

A ben riflettere si vede che ciascuna di queste tre figure - Mica-El, Gabri-El, Rafa-El - riflette in modo particolare la verità contenuta nella domanda sollevata dall’autore della Lettera agli Ebrei: “Non sono forse essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvezza?” (He 1,14).

Ai fedeli di lingua francese

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Ai gruppi di espressione inglese

Ai gruppi di espressione spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ai connazionali polacchi

Ai gruppi italiani

Nel salutare i vari gruppi di pellegrini di lingua italiana, desidero ricordare l’anniversario della morte del mio predecessore Paolo VI, invitando tutti ad una preghiera di suffragio nella memoria di questo amato Pastore della Chiesa.

Cordialmente porgo un saluto alle suore dell’Istituto Figlie di Maria Santissima dell’Orto, convenute a Roma da varie località d’Italia e d’America in occasione del loro 25° e 50° di professione religiosa. A tutte il mio augurio cordiale, insieme con l’invito a vivere sempre più intensamente una profonda unione d’amore con Cristo, vostro sposo.
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Saluto, poi, le associate all’Istituto Secolare Figlie della Regina degli Apostoli, che svolgono il loro annuale corso di aggiornamento impegnandosi, quest’anno, ad approfondire lo studio dei documenti del Concilio Vaticano II.
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Il mio pensiero va, poi, ai giovani ciclisti della parrocchia di Campofiorenzo di Casatenovo, in Diocesi di Milano, i quali vogliono recare da Roma una fiaccola votiva per la consacrazione della loro chiesa parrocchiale, dedicata alla Madonna di Czestochowa.

A tutti il mio cordiale saluto e la mia Benedizione.

Ai giovani

Desidero ora rivolgere un pensiero particolarmente affettuoso a tutti i ragazzi e giovani, che prendono parte a questa Udienza. Nella luce della Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor, cui oggi ci richiama la Liturgia, vi esorto a non cessare mai di contemplare il volto del Cristo trasfigurato e di accogliere la voce che si fece sentire dal cielo: “Questi è il mio Figlio diletto . . . ascoltatelo”. Cercate il suo volto, lasciatevi prendere dalla sua bellezza e dal suo fascino, e camminate alla sua luce, quella che illumina ogni anima e rischiara ogni scelta e ogni fatica. In questo tempo di vacanze estive, in cui le scuole sono chiuse, mettetevi alla Scuola di Gesù ed egli illuminerà le vostre menti e istruirà i vostri cuori.

Vi accompagni sempre la mia Benedizione.

Agli ammalati

Anche a voi ammalati, presenti a questo incontro familiare, e a quanti soffrono negli ospedali, esprimo il mio pensiero cordiale. Vi dico altresì la mia riconoscenza per l’offerta, quanto mai preziosa, che voi fate del vostro dolore ad edificazione della Chiesa.

Mentre vi incoraggio a saper superare sempre con fortezza cristiana tutte le prove a cui vi assoggetta la malattia, vi assicuro la mia costante preghiera al Signore perché vi liberi dal male. A vostro sollievo spirituale vi benedico con affetto.

Agli sposi novelli

Saluto infine gli sposi novelli, esprimendo loro fervide felicitazioni per il traguardo conseguito, e sinceri auguri per una vita coniugale serena e ricca di frutti.

L’affetto che unisce i vostri cuori sia sempre sorgente di vera gioia cristiana e trovi il suo alimento quotidiano nei grandi ideali del Vangelo e nei Sacramenti della Chiesa.

Vi conforti la mia Benedizione.




Mercoledì, 13 agosto 1986

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1. Continuando l’argomento delle precedenti catechesi dedicate all’articolo della fede riguardante gli angeli, creature di Dio, ci addentriamo oggi ad esplorare il mistero della libertà che alcuni di essi hanno indirizzato contro Dio e il suo piano di salvezza nei confronti degli uomini.

Come testimonia l’evangelista Luca, nel momento in cui i discepoli tornavano dal Maestro pieni di gioia per i frutti raccolti nel loro tirocinio missionario, Gesù pronuncia una frase che fa pensare: “Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore” (
Lc 10,18). Con queste parole il Signore afferma che l’annuncio del regno di Dio è sempre una vittoria sul diavolo, ma nello stesso tempo rivela anche che l’edificazione del Regno è continuamente esposta alle insidie dello spirito del male. Interessarsene, come intendiamo fare con la catechesi di oggi, vuol dire prepararsi alla condizione di lotta che è propria della vita della Chiesa in questo tempo ultimo della storia della salvezza (così come afferma l’Apocalisse). (cfr Ap 12,7) D’altra parte, ciò permette di chiarire la retta fede della Chiesa di fronte a chi la stravolge esagerando l’importanza del diavolo, o di chi ne nega o ne minimizza la potenza malefica.

Le precedenti catechesi sugli angeli ci hanno preparati a comprendere la verità che la Sacra Scrittura ha rivelato e che la Tradizione della Chiesa ha trasmesso su satana, cioè sull’angelo caduto, lo spirito maligno, detto anche diavolo o demonio.

2. Questa “caduta”, che presenta il carattere del rifiuto di Dio con il conseguente stato di “dannazione”, consiste nella libera scelta di quegli spiriti creati, che hanno radicalmente e irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo regno, usurpando i suoi diritti sovrani e tentando di sovvertire l’economia della salvezza e lo stesso ordinamento dell’intero creato. Un riflesso di questo atteggiamento lo si ritrova nelle parole del tentatore ai progenitori: “diventerete come Dio” o “come dèi” (cfr Gn 3,5). Così lo spirito maligno tenta di trapiantare nell’uomo l’atteggiamento di rivalità, di insubordinazione e di opposizione a Dio, che è diventato quasi la motivazione di tutta la sua esistenza.

3. Nell’Antico Testamento la narrazione della caduta dell’uomo, riportata nel libro della Genesi, contiene un riferimento all’atteggiamento di antagonismo che satana vuole comunicare all’uomo per portarlo alla trasgressione. (cfr Gn 3,5) Anche nel libro di Giobbe (cfr Gb Jb 1,11 Jb 2,5 Jb 2,7) leggiamo che satana cerca di far nascere la ribellione nell’uomo che soffre. Nel libro della Sapienza (cfr Sap Sg 2,24) satana è presentato come l’artefice della morte, che è entrata nella storia dell’uomo assieme al peccato.

4. La Chiesa, nel Concilio Lateranense IV (DS 1215), insegna che il diavolo (o satana) e gli altri demoni “sono stati creati buoni da Dio ma sono diventati cattivi per loro propria volontà”. Infatti leggiamo nella Lettera di san Giuda: “. . . gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la loro dimora, il Signore li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno” (Jud 6). Similmente nella seconda Lettera di san Pietro si parla di “angeli che avevano peccato” e che Dio “non risparmiò, ma . . . precipitò negli abissi tenebrosi dell’inferno, serbandoli per il giudizio” (2P 2,4). È chiaro che se Dio “non perdona” il peccato degli angeli lo fa perché essi rimangono nel loro peccato, perché sono eternamente “nelle catene” di quella scelta che hanno operato all’inizio, respingendo Dio, contro la verità del Bene supremo e definitivo che è Dio stesso. In questo senso scrive san Giovanni che “il diavolo è peccatore fin dal principio . . .” (1Jn 3,8). E “sin dal principio” egli è stato omicida e “non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui” (Jn 8,4)

5. Questi testi ci aiutano a capire la natura e la dimensione del peccato di satana, consistente nel rifiuto della verità su Dio, conosciuto alla luce dell’intelligenza e della rivelazione come Bene infinito, Amore e Santità sussistente. Il peccato è stato tanto maggiore quanto maggiore era la perfezione spirituale e la perspicacia conoscitiva dell’intelletto angelico, quanto maggiore la sua libertà e la sua vicinanza a Dio. Respingendo la verità conosciuta su Dio con un atto della propria libera volontà, satana diventa “menzognero” cosmico e “padre della menzogna” (Jn 8,4). Per questo egli vive nella radicale e irreversibile negazione di Dio e cerca di imporre alla creazione, agli altri esseri creati a immagine di Dio, e in particolare agli uomini, la sua tragica “menzogna sul Bene” che è Dio. Nel Libro della Genesi troviamo una descrizione precisa di tale menzogna e falsificazione della verità su Dio, che satana (sotto forma di serpente) tenta di trasmettere ai primi rappresentanti del genere umano: Dio sarebbe geloso delle sue prerogative e imporrebbe perciò delle limitazioni all’uomo (cfr Gn 3,5). Satana invita l’uomo a liberarsi dell’imposizione di questo giogo, rendendosi “come Dio”.

6. In questa condizione di menzogna esistenziale satana diventa - secondo san Giovanni - anche “omicida”, cioè distruttore della vita soprannaturale che Dio sin dall’inizio aveva innestato in lui e nelle creature, fatte a “immagine di Dio”: gli altri puri spiriti e gli uomini; satana vuol distruggere la vita secondo la verità, la vita nella pienezza del bene, la soprannaturale vita di grazia e di amore. L’autore del Libro della Sapienza scrive: “. . . la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono” (Sg 2,24). E nel Vangelo Gesù Cristo ammonisce: “Temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna” (Mt 10,28).

7. Come effetto del peccato dei progenitori questo angelo caduto ha conquistato in certa misura il dominio sull’uomo. Questa è la dottrina costantemente confessata e annunziata dalla Chiesa, e che il Concilio di Trento ha confermato nel trattato sul peccato originale (cfr DS 1511): essa trova drammatica espressione nella liturgia del Battesimo, quando al catecumeno viene richiesto di rinunziare al demonio e alle sue seduzioni.

Di questo influsso sull’uomo e sulle disposizioni del suo spirito (e del corpo), troviamo varie indicazioni nella Sacra Scrittura, nella quale satana è chiamato “il principe di questo mondo” (cfr Jn 12,31 Jn 14,30 Jn 16,11), e persino il Dio “di questo mondo” (2Co 4,4). Troviamo molti altri nomi che descrivono i suoi nefasti rapporti con l’uomo: “Beelzebul” o “Belial”, “spirito immondo”, “tentatore”, “maligno” e infine “anticristo” (1Jn 4,3). Viene paragonato a un “leone” (1P 5,8), a un “drago” (nell’Apocalisse) e a un “serpente” (Gn 3). Molto frequentemente per designarlo viene usato il nome “diavolo” dal greco “diaballein” (da cui “diabolos”), che vuol dire: causare la distruzione, dividere, calunniare, ingannare. E a dire il vero tutto questo avviene fin dall’inizio per opera dello spirito maligno che è presentato dalla Sacra Scrittura come una persona pur asserendo che non è solo: “siamo in molti”, gridano i diavoli a Gesù nella regione dei Geraseni (Mc 5,9); “il diavolo e i suoi angeli”, dice Gesù nella descrizione del futuro giudizio (cfr Mt 25,41).

8. Secondo la Sacra Scrittura, e specialmente il Nuovo Testamento, il dominio e l’influsso di satana e degli altri spiriti maligni abbraccia tutto il mondo. Pensiamo alla parabola di Cristo sul campo (che è il mondo), sul buon seme e su quello non buono che il diavolo semina in mezzo al grano cercando di strappare dai cuori quel bene che in essi è stato “seminato” (cfr Mt 13,38-39). Pensiamo alle numerose esortazioni alla vigilanza (cfr Mt 26,41 1P 5,8), alla preghiera e al digiuno (cfr Mt 17,21). Pensiamo a quella forte affermazione del Signore: “Questa specie di demoni in nessun altro modo si può scacciare se non con la preghiera” (Mc 9,29). L’azione di satana consiste prima di tutto nel tentare gli uomini al male, influendo sulla loro immaginazione e sulle loro facoltà superiori per volgerle in direzione contraria alla legge di Dio. Satana mette alla prova persino Gesù (cfr Lc 4,3-13), nel tentativo estremo di contrastare le esigenze dell’economia della salvezza così come Dio l’ha preordinata.

Non è escluso che in certi casi lo spirito maligno si spinga anche ad esercitare il suo influsso non solo sulle cose materiali, ma anche sul corpo dell’uomo, per cui si parla di “possessioni diaboliche” (cfr Mc 5,2-9). Non è sempre facile discernere ciò che di preternaturale avviene in questi casi, né la Chiesa accondiscende o asseconda facilmente la tendenza ad attribuire molti fatti a interventi diretti del demonio; ma in linea di principio non si può negare che nella sua volontà di nuocere e di condurre al male, satana possa giungere a questa estrema manifestazione della sua superiorità.

9. Dobbiamo infine aggiungere che le impressionanti parole dell’apostolo Giovanni: “Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1Jn 5,19), alludono anche alla presenza di satana nella storia dell’umanità, una presenza che si acuisce man mano che l’uomo e la società si allontanano da Dio. L’influsso dello spirito maligno può “celarsi” in modo più profondo ed efficace: farsi ignorare corrisponde ai suoi “interessi”. L’abilità di satana nel mondo è quella di indurre gli uomini a negare la sua esistenza in nome del razionalismo e di ogni altro sistema di pensiero che cerca tutte le scappatoie pur di non ammetterne l’opera. Ciò non significa però l’eliminazione della libera volontà e della responsabilità dell’uomo e nemmeno la frustrazione dell’azione salvifica di Cristo. Si tratta piuttosto di un conflitto tra le forze oscure del male e quelle della redenzione. Sono eloquenti, a questo proposito, le parole che Gesù rivolse a Pietro all’inizio della passione: “. . . Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te perché non venga meno la tua fede” (Lc 22,31).

Per questo comprendiamo come Gesù nella preghiera che ci ha insegnato, il “Padre nostro”, che è la preghiera del regno di Dio, termina quasi bruscamente, a differenza di tante altre preghiere del suo tempo, richiamandoci alla nostra condizione di esposti alle insidie del Male-Maligno. Il cristiano, appellandosi al Padre con lo spirito di Gesù e invocando il suo regno, grida con la forza della fede: fa’ che non soccombiamo alla tentazione, liberaci dal Male, dal Maligno. Fa’, o Signore, che non cadiamo nell’infedeltà a cui ci seduce colui che è stato infedele fin dall’inizio.

Ai pellegrini francesi

Ai gruppi di espressione inglese

Ai visitatori tedeschi

Ad alcuni gruppi di pellegrini di lingua spagnola

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Ad alcuni pellegrini polacchi

Ai giovani

Rivolgo ora una parola di affettuoso saluto a voi, giovani. Nell’imminenza della Solennità dell’Assunzione mi è caro esortarvi a contemplare la profonda partecipazione della Madre di Cristo al Mistero del Figlio.

Rivolgete con costanza la vostra preghiera alla Vergine Maria, seguendone l’esempio nell’accogliere pienamente la vocazione alla “familiarità” con Dio ed alla sollecitudine verso ogni uomo.

Mentre auspico che la Madonna ottenga dal Padre per voi il dono dello Spirito, che solo può riempire il vostro cuore, conducendolo a realizzarsi nell’amore e nella verità, prego con insistenza perché Ella diriga i vostri passi sulle vie del bene, vi ispiri propositi di grande generosità e possiate così progredire nell’integrità e nella purezza di fede e di vita.

Vi accompagno con la mia Benedizione Apostolica.

Agli ammalati

Desidero poi ricordare e salutare di verso cuore voi, ammalati, che meritate sempre una particolare, fraterna attenzione, la quale efficacemente vi sostenga nel portare le vostre sofferenze per amore di Cristo.

Carissimi, confidate in Maria. Ella, che accanto alla Croce iniziò ad amarci come figli, ora, accanto al Figlio nella gloria è materna mediatrice di consolazioni e di grazie, che guidano e rischiarano il cammino, donando a voi, e attraverso voi al mondo intero, una sicura speranza ricca di immortalità.

Vi conforti sempre la mia Apostolica Benedizione.

Agli sposi novelli

Il mio saluto va, infine, a voi sposi, che di recente avete celebrato il sacramento nuziale, per edificare una comunità di vita e di amore, il quale tanto più è santo, tanto più è forte.

Di tutto cuore vi auguro una vita familiare ricadi grazie e di felicità. Il futuro è sereno per coloro i quali sanno che l’amore vero sgorga da Dio, a Lui si connette, in Lui si alimenta, per Lui è fecondo. Al Signore, dunque, affido la vostra nuova esistenza in comune, perché possiate vivere il sacramento del matrimonio nella fede e nella carità del dono reciproco.

La Vergine Maria illumini quotidianamente la vostra esistenza e vi custodisca nella concordia.

Con la mia Benedizione Apostolica.

La Comunità cattolica di Berlino ricorda oggi il XXV anniversario della costruzione del “Muro” con una cerimonia religiosa nella Chiesa di “Maria Regina Martyrum”, che prevede una liturgia penitenziale, seguita dalla concelebrazione della Santa Messa e da un’ora di adorazione. Il Santo Padre, informato dell’iniziativa di preghiera, vi dà la Sua adesione nel corso dell’Udienza generale di questa mattina.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana.

La Comunità cattolica di Berlino ci ha informato che celebrerà oggi una Liturgia di Riparazione in occasione del venticinquesimo anniversario della costruzione del “Muro”, per ricordare tutte le vittime che si sono avute da allora.

Preghiamo dunque insieme con quei nostri Fratelli e Sorelle, innanzitutto per tali vittime, come anche per tutte le persone e famiglie, che direttamente ne hanno sofferto.

Nella stessa occasione, imploriamo dal Padre celeste i doni della riconciliazione e della pace nella giustizia e nella libertà, consci che verso questi calori si rivolgono le più forti e legittime aspirazioni di tutti i popoli dell’Europa e del mondo.





Catechesi 79-2005 30786