Catechesi 79-2005 16127

Mercoledì, 16 dicembre 1987

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1. I “miracoli e segni” che Gesù faceva per confermare la sua missione messianica e la venuta del regno di Dio, sono ordinati e legati strettamente alla chiamata alla fede. Questa chiamata in relazione al miracolo ha due forme: la fede precede il miracolo, anzi è condizione perché esso si realizzi; la fede costituisce un effetto del miracolo, perché provocata da esso nell’anima di coloro che lo hanno ricevuto, oppure ne sono stati i testimoni.

È noto che la fede è una risposta dell’uomo alla parola della rivelazione divina. Il miracolo avviene in legame organico con questa parola di Dio rivelante. È un “segno” della sua presenza e del suo operare, un segno, si può dire, particolarmente intenso. Tutto ciò spiega in modo sufficiente il particolare legame che esiste tra i “miracoli-segni” di Cristo e la fede: legame delineato così chiaramente nei Vangeli.

2. Vi è infatti nei Vangeli una lunga serie di testi, nei quali la chiamata alla fede appare come un coefficiente indispensabile e sistematico dei miracoli di Cristo.

All’inizio di questa serie bisogna nominare le pagine concernenti la Madre di Cristo nel suo comportamento a Cana di Galilea, e prima ancora - e soprattutto - nel momento dell’annunciazione. Si potrebbe dire che proprio qui si trova il punto culminante della sua adesione alla fede, che troverà la sua conferma nelle parole di Elisabetta durante la visitazione: “E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (
Lc 1,45). Sì, Maria ha creduto come nessun altro, essendo convinta che “nulla è impossibile a Dio” (cf. Lc 1,37).

E a Cana di Galilea la sua fede ha anticipato, in un certo senso, l’ora del rivelarsi di Cristo. Per la sua intercessione si è compiuto quel primo miracolo-segno, grazie al quale i discepoli di Gesù “credettero in lui” (Jn 2,11). Se il Concilio Vaticano II insegna che Maria precede costantemente il popolo di Dio sulle vie della fede (cf. Lumen Gentium LG 58 Lumen Gentium LG 63 Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater RMA 5-6), possiamo dire che il primo fondamento di tale asserzione si trova già nel Vangelo che riferisce i “miracoli-segni” in Maria e per Maria in ordine alla chiamata alla fede.

3. Questa chiamata si ripete molte volte . . . Al capo della sinagoga, Giairo, venuto a chiedere il ritorno alla vita di sua figlia Gesù dice: “Non temere, continua solo ad avere fede!” (e dice “non temere” perché alcuni sconsigliavano Giairo dal rivolgersi a Gesù) (Mc 5,36).

Quando il padre dell’epilettico chiede la guarigione del figlio dicendo: “Ma se tu puoi qualcosa . . . aiutaci”, Gesù risponde: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. Si ha allora il bell’atto di fede in Cristo di quest’uomo provato: “Credo, aiutami nella mia incredulità!” (cf. Mc 9,22-24).

Ricordiamo infine il colloquio ben noto di Gesù con Marta prima della risurrezione di Lazzaro: “Io sono la risurrezione e la vita . . . Credi tu questo? . . . Sì, o Signore, io credo . . .” (cf. Jn 11,25-27).

4. Lo stesso legame tra il “miracolo-segno” e la fede è confermato per opposto da altri fatti di segno negativo. Ricordiamone alcuni. Nel Vangelo di Marco leggiamo che Gesù a Nazaret “non poté operare alcun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità” (Mc 6,5-6).

Conosciamo il delicato rimprovero che Gesù rivolse una volta a Pietro: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”. Ciò avvenne quando Pietro, che all’inizio andava coraggiosamente sulle onde verso Gesù, poi per la violenza del vento, s’impaurì e cominciò ad affondare” (cf. Mt 14,29-31).

5. Gesù sottolinea più di una volta che il miracolo da lui compiuto è legato alla fede. “La tua fede ti ha guarita”, dice alla donna che soffriva d’emorragia da dodici anni e che, accostatasi alle sue spalle, gli aveva toccato il lembo del mantello ed era stata risanata (cf. Mt 9,20-22 Lc 8,48 Mc 5,34).

Parole simili Gesù pronunzia mentre guarisce il cieco Bartimeo, che all’uscita da Gerico con insistenza chiedeva il suo aiuto gridando: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” (cf. Mc 10,46-52). Secondo Marco: “Va’, la tua fede ti ha salvato”, gli risponde Gesù. E Luca precisa la risposta: “Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato” (Lc 18,42).

Un’identica dichiarazione fa al samaritano guarito dalla lebbra (Lc 17,19). Mentre ad altri due ciechi che invocano il riacquisto della vista, Gesù chiede: “Credete voi che io possa fare questo?”. “Sì, o Signore!” . . . “Sia fatto a voi, secondo la vostra fede” (Mt 9,28-29).

6. Particolarmente toccante è l’episodio della donna cananea, che non cessava di chiedere l’aiuto di Gesù per sua figlia “crudelmente tormentata da un demonio”. Quando la cananea si prostrò dinanzi a Gesù per chiedergli aiuto, egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini” (era un richiamo alla diversità etnica tra israeliti e cananei, che Gesù figlio di Davide, non poteva ignorare nel suo comportamento pratico, ma alla quale accennava in funzione metodologica per provocare la fede). Ed ecco la donna pervenire d’intuito a un atto insolito di fede e di umiltà. Dice: “È vero, Signore . . . ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”. Dinanzi a questa parola così umile, garbata e fiduciosa, Gesù replica: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri” (cf. Mt 15,21-28).

È un avvenimento difficile da dimenticare, soprattutto se si pensa agli innumerevoli “cananei” di ogni tempo, paese, colore e condizione sociale, che tendono la mano per chiedere comprensione e aiuto nelle loro necessità!

7. Si noti come nella narrazione evangelica è messo continuamente in rilievo il fatto che Gesù, quando “vede la fede”, compie il miracolo. Ciò è detto chiaramente nel caso del paralitico calato ai suoi piedi attraverso l’apertura praticata nel tetto (cf. Mc 2,5 Mt 9,2 Lc 5,20). Ma l’osservazione si può fare in tanti altri casi registrati dagli evangelisti. Il fattore fede è indispensabile; ma appena si verifica, il cuore di Gesù è proteso a esaudire le richieste dei bisognosi che si rivolgono a lui perché li soccorra col suo potere divino.

8. Ancora una volta constatiamo che, come abbiamo detto all’inizio, il miracolo è un “segno" della potenza e dell’amore di Dio che salvano l’uomo in Cristo. Ma, proprio per questo, è nello stesso tempo una chiamata dell’uomo alla fede. Deve portare a credere sia chi viene miracolato, sia i testimoni del miracolo.

Ciò vale per gli stessi apostoli, fin dal primo “segno” fatto da Gesù a Cana di Galilea: fu allora che essi “credettero in lui” (Jn 2,11). Quando poi avvenne la moltiplicazione miracolosa dei pani nei pressi di Cafarnao, con la quale è collegato il preannunzio dell’Eucaristia, l’evangelista nota che “da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andarono più con lui”, non essendo in grado di accogliere un linguaggio sembrato loro troppo “duro”. Allora Gesù domandò ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Rispose Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole ai vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (cf. Jn 6,66-69). Il principio della fede è dunque fondamentale nel rapporto con Cristo, sia come condizione per ottenere il miracolo, sia come scopo per il quale esso è compiuto. Ciò è ben chiarito alla fine del Vangelo di Giovanni, dove leggiamo: “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Jn 20,30-31).

Ai fedeli di lingua francese


Ai pellegrini di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai numerosi fedeli e visitatori provenienti dalla Spagna e dall’America Latina


Ai pellegrini polacchi

Ai numerosi pellegrinaggi e gruppi di lingua italiana

E’ presente a questa Udienza un numeroso gruppo di pellegrini della parrocchia di “Santa Maria del Principio” in Torre del Greco, dell’Arcidiocesi di Napoli. Saluto cordialmente il parroco, Monsignor Salvatore Maglione, che è anche Vicario Episcopale dell’Arcidiocesi, e tutti voi, cari fratelli e sorelle, giunti presso la fede di Pietro per festeggiare il 50° anniversario di fondazione della vostra parrocchia. Il mio saluto va in particolare agli alunni della Scuola Elementare parrocchiale accompagnati dai loro insegnanti.

Il titolo “Santa Maria del Principio” è assai significativo, come ben sapete: Maria è la Madre di Colui che, come dice san Giovanni, “era al principio” e, come proclama san Paolo, “è prima di tutte le cose”. “Maria del Principio” vuol dire che Maria, più di tutte le altre creature, appartiene a Dio, è vicina al Principio di tutte le cose. Dalla Vergine Santa, peraltro, non si può separare sant’Anna, verso la quale la vostra parrocchia nutre una grande devozione. L’una e l’altra vi conducano all’Eterno Principio, che è al contempo il nostro Fine: Dio. Con questo augurio, carissimi, di cuore vi benedico.
* * *


Il mio cordiale saluto si rivolge inoltre, alla squadra ciclistica “Carrera”, che annovera tra i suoi componenti atleti quali il campione del mondo Stephan Roche, ai dirigenti, ai tecnici ed ai titolari della Società che sponsorizza il gruppo sportivo.

Vi ringrazio, cari Signori, perla vostra visita, e mi congratulo per la vostra attività, che allieta le giornate di tanta gente, offrendo momenti di sana distensione secondo gli ideali dell’agonismo sportivo. Nella consapevolezza della vostra responsabilità, possiate voi sempre dare un esempio di linearità e di correttezza nell’adesione a quegli ideali che non giovano solo alla salute fisica, ma preparano anche alle elevazioni dello spirito. Mentre invoco su di voi l’assistenza divina, vi benedico.

Ai giovani

Carissimi giovani!

Rivolgo ora a voi in modo particolare il mio saluto con la letizia propria delle feste natalizie, alle quali ci prepariamo nella Novena, che inizia oggi. Il Natale vi faccia sentire la gioia vera e profonda proveniente dalle supreme certezze, che Dio stesso ci ha manifestato facendosi uomo e nascendo a Betlemme. Un aiuto a meglio commemorare con animo grato e commosso il sublime evento potrà venirvi dalla costruzione del presepio nell’intimità delle vostre case. Se vi è possibile, partecipate con devozione nelle vostre Parrocchie agli incontri liturgici vespertini della Novena. Già fin d’ora auguro a tutti voi un Santo Natale e vi benedico di cuore!

Agli ammalati

Cari ammalati!

Il mio pensiero e la mia parola si rivolgono adesso a voi, con grandissimo affetto. A voi, che soffrite, il Natale porti sollievo e conforto. Infatti specialmente voi, di fronte all’umile presepio, in cui è nato il Divin Salvatore, sperimentate il vero significato del natale, solennità tutta mistica e interiore. Dio si è incarnato affinché l’uomo potesse diventare partecipe della sua stessa vita divina e della sua eterna felicità. La Novena in preparazione al Natale vi aiuti a meditare e a contemplare il gaudioso Mistero dell’Incarnazione del Verbo, per essere sempre colmi di serena e coraggiosa fiducia. Anche a voi, ed ai vostri familiari ed accompagnatori, porgo gli auguri più cordiali ed imparto la mia speciale Benedizione.

Agli sposi novelli

Cari sposi novelli!

Le mie felicitazioni e i miei auguri per la nuova vita, che avete iniziato col Sacramento del Matrimonio e che avete voluto solennizzare col viaggio a Roma e la partecipazione all’Udienza! Accogliete il mio saluto e la mia Benedizione: vi accompagnino nel cammino intrapreso, per ricordarvi sempre la “grazia” sacramentale che avete ricevuto e i doveri cristiani ai quali vi siete impegnati. La Novena di Natale, che oggi iniziamo, stimoli anche voi a mantenere nei vostri animi e nelle vostre case l’atmosfera spirituale di quell’evento centrale della storia, compiutosi in Betlemme; e cioè le virtù dell’umiltà, della semplicità, dell’affetto reciproco, della coraggiosa pazienza, della serena fedeltà. Auguri di Buon Natale, cari sposi novelli, e l’assicurazione del mio ricordo nella preghiera.





Mercoledì, 23 dicembre 1987

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Cari fratelli e sorelle.

L’Avvento, che abbiamo iniziato ascoltando il pressante invito della Chiesa a vivere nella vigilanza e nell’attesa, sta per concludersi col giorno di festa tanto desiderato, perché portatore di letizia e di pace.

La liturgia ci ha preparato, in un crescendo di intensità, all’imminente celebrazione del Santo Natale, offrendo alla nostra riflessione e alla nostra preghiera gli eventi, i detti e le persone, che hanno preparato la nascita nel tempo del Verbo incarnato.

La parola di Dio si è fatta carne e non può essere sovrastata né dalle parole umane né dal frastuono del mondo. È Parola onnipotente, che da nulla può essere offuscata. Tuttavia, per essere accolta, essa deve trovare cuori umili e puri, come quello della Vergine Maria. Maria riconobbe la propria piccolezza davanti a Dio, al quale ella aveva donato tutta se stessa, facendo affidamento solenne su di lui perché lo amava sopra ogni cosa.

Fu proprio per tale motivo che a lei, la “piena di grazia”, venne concessa la ricchezza più preziosa, il Figlio di Dio, e in lei si realizzò in modo altissimo la beatitudine da Gesù stesso proclamata: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (
Mt 5,3).

Domandiamo pertanto alla Madre del Redentore e Madre nostra che partecipi anche alle nostre anime gli stessi sentimenti, che dimoravano in lei nei giorni antecedenti la natività di Cristo. Stupiti e confusi per l’umiltà di Dio, per la sua dedizione nei nostri confronti, potremo così riconoscere nel Bambino, che giace nella mangiatoia, l’ampiezza, l’altezza e la profondità dell’amore divino (cf. Ep 3,18).

2. L’inconfondibile clima di serena attesa, caratteristico di questi giorni così prossimi alla festa che celebra la venuta di Dio fra gli uomini, arricchisce di particolare significato l’udienza odierna.

In questa circostanza mi è gradito, carissimi fratelli e sorelle, esortarvi a tener desto il senso della maestà di Dio. Ciò non implica l’aver paura di lui, come se egli fosse un estraneo o un rivale, come lo presentano certe correnti filosofiche dell’epoca nostra. Semplicemente, Dio esige che riconosciamo il suo amore senza limiti e compresi della sua grandezza e bontà, andiamo verso di lui adorandolo.

Accostiamoci dunque al bambino Gesù con fede grande e impareremo sempre meglio in quale modo l’umanità intera viene in lui riconciliata, vivificata e resa accetta al Padre. In Cristo, l’Onnipotente ci concede un cuore capace di conoscerlo e di tornare a lui (cf. Jr 24,7) sulla strada indicata dalla “lieta notizia” di un Dio fattosi uomo perché l’uomo potesse diventare Dio.

Pellegrini di fede e d’amore, poniamoci in cammino verso Cristo; egli è la compiuta realizzazione delle promesse del Padre.

3. Con questo pensiero mi rivolgo specialmente a voi, giovani presenti a questo incontro, e in particolare a quanti, tra voi, provengono dalla parrocchia di Santa Maria Assunta in Montevecchio di Nocera Umbra. Alla vostra riflessione e imitazione propongo il comportamento dei pastori, che, per primi, ricevettero dagli angeli l’annuncio della nascita del Salvatore e si recarono senza indugio alla grotta. Per trovare Gesù, Maria e Giuseppe bisogna mettersi in cammino lasciandosi alle spalle compromessi, doppiezze, egoismi; bisogna rendersi interiormente disponibili ai suggerimenti che egli non mancherà di far udire a ogni cuore che sa porsi in ascolto. È quello che vi auguro per le prossime festività natalizie! Possiate trascorrere, insieme col Bambino Gesù e con la sua santissima Madre, in serena letizia, questi giorni benedetti.

Un saluto e un augurio particolare desidero rivolgere anche a voi, carissimi malati. Ho dinanzi agli occhi, in questo momento, tutte le situazioni tragiche e dolenti della terra, tutti gli ammalati e i sofferenti nelle loro case come negli ospedali. Vorrei ripetere forte le parole di Gesù a ciascuno e a tutti: “Coraggio! Sono io, non temete” (Mc 6,50).

Il dolore non è necessariamente una punizione o una fatalità; può essere l’occasione provvidenziale, anche se misteriosa, perché si manifestino le opere di Dio (cf. Jn 9,1-3). Il Bambino Gesù faccia sentire a tutti voi che soffrite il suo annuncio di pace!

Infine saluto con affetto anche voi, cari sposi novelli. La vostra presenza mi fa pensare all’anno nuovo, che tra breve inizierà. Anche l’umanità si rinnova ogni giorno e la Provvidenza alimenta di nuove vite la sua Chiesa e il mondo.

Guardate alla grotta di Betlemme: le persone che vedete in essa (cf. Lc 2,16) possono essere il vostro modello e il vostro esempio. Come Gesù che è venuto non per essere servito, ma per servire, come Maria e Giuseppe che lo hanno offerto agli uomini, così anche voi imparate a donarvi, comunicando la felicità e la gioia di cui Dio vi ha ricolmati.

Con il materno aiuto di Maria, la vostra nuova famiglia sia una piccola chiesa nella quale Gesù venga a nascere.

A voi e a tutti i presenti auguro buon Natale e imparto di cuore la mia benedizione.

Ai fedeli di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese


A fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli spagnoli e Latinoamericani


Ai fedeli portoghesi


Ai numerosissimi fedeli polacchi





Mercoledì, 30 dicembre 1987

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Cari fratelli e sorelle.

1. Mentre siamo ancora inondati dalla luce del mistero natalizio, e ancora udiamo il messaggio di Betlemme - messaggio di salvezza, di pace e di fraternità fra tutti gli uomini di buona volontà - un particolare motivo ci accompagna in questa udienza e ci suggerisce alcune riflessioni, sempre ispirate al clima spirituale del Natale. Il motivo è dato dalle scadenze del calendario civile; infatti siamo alla vigilia dell’ultimo giorno del 1987. La meditazione sulla fine di questi dodici mesi, che domani si concluderanno, ci porta anzitutto a ringraziare il Signore per gli innumerevoli benefici ricevuti; ma ci invita anche a rivedere la nostra vita per verificare se essa è veramente ancorata ai valori essenziali, per i quali vale la pena spendere l’esistenza e a fare il bilancio consuntivo e quello preventivo per l’anno nuovo; ci porta, in una parola, a guardare la nostra vita, non come entità autonoma e autosufficiente, ma posta sotto l’influsso misterioso e benefico della Provvidenza divina, che tutto volge al bene delle sue creature. Infatti il tempo, in cui ora siamo e operiamo, è di una preziosità incalcolabile: è in esso che si edifica la città terrena, ed è in esso che si annuncia e si inizia il regno di Dio, il quale avrà la sua pienezza oltre il tempo.

2. Questa considerazione ci porta a vedere la Chiesa come pellegrina sulla terra, e i cristiani come viandanti verso la patria celeste. In questa realtà ecclesiale splende di luce limpidissima la Vergine santa. Ella infatti che “avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio suo” (Lumen Gentium
LG 58), ci insegna a camminare su questa terra guardando a Gesù, il frutto del suo seno, come a punto di riferimento. È proprio questo il significato del Natale, della festa della Madre e del Figlio. Ma è anche questo il significato dell’Anno mariano, che continuerà anche con l’anno nuovo, ispirando la devozione dei fedeli per gran parte del 1988.

A questo proposito esprimo l’auspicio che la continuazione di questo Anno mariano offra ancor maggiore opportunità di conoscere meglio la Madonna SS.ma nel piano provvidenziale dell’incarnazione e della redenzione. Nella sua bellezza umana e spirituale devono rispecchiarsi i nostri occhi, spesso offesi e accecati dalle immagini profane dell’ambiente, da cui siamo circondati e quasi aggrediti. Se noi avremo l’occhio fisso in Maria, la benedetta fra le donne, potremo ricomporre in noi la linea e la struttura della nuova creatura, redenta dal suo Figlio.

In mezzo a un mondo segnato da episodi di guerre, di odio e da conflitti di vario genere, la Vergine SS.ma, se sapremo invocarla, non ci farà mancare il suo soccorso e la sua intercessione per fronteggiare tante situazioni dolorose. Ella ci insegnerà ad amare e ad usare misericordia nei rapporti reciproci. Ella ci rivelerà la bontà e la misericordia che Dio usa verso tutte le creature. “Tale rivelazione - come scrivevo nell’enciclica Dives in Misericordia (Ioannis Pauli PP. II, Dives in Misericordia DM 9) - è specialmente fruttuosa, perché si fonda, nella Madre di Dio, sul singolare fatto del suo cuore materno, sulla sua particolare sensibilità, sulla sua particolare idoneità a raggiungere tutti coloro che accettano più facilmente l’amore misericordioso da parte di una madre. Questo è uno dei grandi e vivificanti misteri del cristianesimo, tanto strettamente connesso con il mistero dell’incarnazione”.

3. Vissuto così l’Anno mariano continuerà ad essere un tempo assai importante e deciderà delle nostre sorti personali ed eterne, in quanto esso ci aiuterà a trovare l’orientamento nella dispersività del mondo moderno; a promuovere una grande armonia intorno a noi; a rigenerare la nostra maniera di pensare e di vivere, e a ricostruirci una vera coscienza cristiana.

Mi rivolgo soprattutto ai giovani, esortandoli a saper interiorizzare il messaggio di questo Anno mariano, destinato a preparare gli animi al grande Giubileo della redenzione, al compiersi dei duemila anni dalla nascita di Gesù. Essi, i protagonisti del terzo millennio, sappiano ascoltare il cantico del Magnificat e farlo echeggiare in tutti gli ambienti, ma soprattutto tra gli emarginati, gli oppressi e i disprezzati, perché tutti sappiano che Dio, come ha proclamato la Vergine, “ha innalzato gli umili . . . ha ricolmato di bene gli affamati” (Lc 1,52-53). Mi rivolgo pure a tutti gli ammalati - e oggi, in particolare, al gruppo dei ciechi-sordomuti del Volontariato Caritas di Avezzano - per invitarli a offrire il contributo, quanto mai prezioso, della loro sofferenza a questo piano divino di salvezza e di consolazione. Così pure le recenti famiglie, gli sposi novelli, chiamati a edificare la Chiesa con le nuove vite e con l’esempio di una condotta sinceramente cristiana, si sentano coinvolti in questo quadro generale di rinnovamento della società e della vita della Chiesa. Ma essi tanto più porteranno il loro specifico contributo, quanto più sapranno guardare alla famiglia di Nazaret, che in questi giorni è rappresentata nel presepio.

A tutti auguro un santo e felice Anno nuovo, benedicendo di cuore.

4. E ora un saluto speciale desidero rivolgere al gruppo di sposi della parrocchia di Coccaglio (Brescia), che celebrano il 25° anniversario del loro matrimonio. Con loro ci sono anche alcuni ragazzi, che hanno subìto particolari interventi di trapianto. A tutti il mio augurio cordiale ed affettuoso.

Sono presenti all’Udienza i membri dell’Arciconfraternita di san Pantaleone, della Chiesa cattedrale di Vallo della Lucania. Li saluto con affetto e volentieri benedico l’immagine della Madonna delle Grazie, tanto venerata nella loro Chiesa.

Saluto anche il gruppo di pellegrini della parrocchia di tutti i Santi in Mesagne (Brindisi), guidati dal loro parroco, che festeggia il 25° della sua ordinazione sacerdotale. Nel porgere a lui l’augurio di sempre generosa corrispondenza ai doni del Signore, esorto i fedeli ad assecondare le indicazioni del loro pastore per un proficuo cammino di crescita nella fede e nella carità operosa.

A tutti la mia benedizione apostolica.

Ai fedeli di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese

Ai numerosi fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai connazionali polacchi






Mercoledì, 13 gennaio 1988

13188

1. Parlando dei miracoli fatti da Gesù nel compiere la sua missione sulla terra, sant’Agostino in un testo interessante li interpreta come segni della potenza e dell’amore salvifico e come stimoli ad elevarsi nel regno delle cose celesti.

“I miracoli che fece nostro Signore Gesù Cristo - egli scrive - sono opere divine che insegnano alla mente umana ad elevarsi al di sopra delle cose visibili per comprendere ciò che è Dio” (S. Augustini, “In Io. Ev. Tract.”, 24, 1).

2. A questo pensiero possiamo ricollegarci nel riaffermare lo stretto legame dei “miracoli-segni” compiuti da Gesù con la chiamata alla fede. Infatti tali miracoli dimostravano l’esistenza dell’ordine soprannaturale, che è oggetto della fede. A coloro che li osservavano e particolarmente a chi personalmente li sperimentava, essi facevano costatare quasi con mano che l’ordine della natura non esaurisce l’intera realtà. L’universo in cui vive l’uomo non è racchiuso soltanto nel quadro dell’ordine delle cose accessibili ai sensi e allo stesso intelletto condizionato dalla conoscenza sensibile. Il miracolo è “segno” che questo ordine viene superato dalla “Potenza dall’alto”, e quindi le è anche sottomesso. Questa “Potenza dall’alto” (cf.
Lc 24,49), cioè Dio stesso, è al di sopra dell’intero ordine della natura. Essa dirige quest’ordine e nello stesso tempo fa conoscere che - mediante quest’ordine e al di sopra di esso - il destino dell’uomo è il Regno di Dio. I miracoli di Cristo sono “segni” di questo Regno.

3. I miracoli tuttavia non sono in contrapposizione con le forze e le leggi della natura, ma comportano soltanto una certa “sospensione” sperimentabile della loro funzione ordinaria, non un loro annullamento. Anzi, i miracoli descritti nel Vangelo indicano l’esistenza di una potenza che supera le forze e le leggi della natura, ma che nello stesso tempo opera nella linea delle esigenze della natura stessa, anche se al di sopra della sua attuale normale capacità. Non è ciò che avviene per esempio in ogni guarigione miracolosa? La potenzialità delle forze della natura viene attuata dall’intervento divino che la estende oltre la sfera della sua normale possibilità di azione. Ciò non elide né frustra la causalità che Dio ha comunicato alle cose nella creazione, né viola le “leggi naturali” da lui stesso stabilite e iscritte nella struttura del creato, ma esalta e in certo modo nobilita la capacità di operare o anche di ricevere gli effetti dell’operazione altrui, come avviene appunto nelle guarigioni descritte dal Vangelo.

4. La verità sulla creazione è la prima e fondamentale verità della nostra fede. Non è tuttavia l’unica né la suprema. La fede ci insegna che l’opera della creazione è racchiusa nell’ambito del disegno di Dio, che col suo intendimento giunge ben oltre i limiti della creazione stessa. La creazione - particolarmente la creatura umana chiamata all’esistenza nel mondo visibile - è aperta ad una destinazione eterna, che è stata rivelata pienamente in Gesù Cristo. Anche in lui l’opera della creazione viene completata dall’opera della salvezza. E la salvezza significa una nuova creazione (cf. 2Co 5,17 Ga 6,15), una “creazione di nuovo”, una creazione su misura del disegno originario del Creatore, un ristabilimento di ciò che Dio aveva fatto e che nella storia dell’uomo aveva subito lo sconvolgimento e la “corruzione” conseguiti al peccato.

I miracoli di Cristo rientrano nel progetto della “nuova creazione” e sono quindi collegati con l’ordine della salvezza. Essi sono dei “segni” salvifici che chiamano alla conversione e alla fede e su questa via, al rinnovamento del mondo sottomesso alla “corruzione” (cf. Rm 8,19-21). Essi dunque non si arrestano all’ordine ontologico della creazione (“creatio”), che pure toccano e riparano, ma rientrano nell’ordine soteriologico della nuova creazione (“re-creatio totius universi”), del quale sono coefficienti e al quale, come “segni” rendono testimonianza.

5. L’ordine soteriologico ha il suo cardine nell’incarnazione; e anche i “miracoli-segni”, di cui parlano i Vangeli, trovano il loro fondamento nella medesima realtà dell’Uomo-Dio. Questa realtà-mistero abbraccia e supera tutti gli avvenimenti miracolosi connessi alla missione messianica di Cristo. Si può dire che l’incarnazione è il “miracolo dei miracoli”, il “miracolo” radicale e permanente del nuovo ordine della creazione. L’ingresso di Dio nella dimensione della creazione si attua nella realtà dell’incarnazione in modo unico e agli occhi della fede diventa un “segno” incomparabilmente superiore a tutti gli altri “segni” miracolosi della presenza e dell’operare divino nel mondo. Anzi, tutti questi altri “segni” hanno radice nella realtà dell’incarnazione, ne irradiano la forza attrattiva, vi rendono testimonianza. Essi fanno ripetere ai credenti ciò che scrive l’evangelista Giovanni alla fine del Prologo sull’incarnazione: “Noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito del Padre pieno di grazia e di verità” (Jn 1,14).

6. Se l’incarnazione è il segno fondamentale a cui si ricollegano tutti i “segni” che hanno reso testimonianza ai discepoli e all’umanità che è “giunto . . . il Regno di Dio” (cf. Lc 11,20), vi è poi un segno ultimo e definitivo, al quale allude Gesù riferendosi al profeta Giona: “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Mt 12,40): è il “segno” della risurrezione.

Gesù prepara gli apostoli a questo “segno” definitivo, ma lo fa in modo graduale e con tatto, raccomandando loro la discrezione “fino a un certo tempo”. Un accenno particolarmente chiaro lo si ha dopo la trasfigurazione sul monte: “Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risuscitato dai morti” (Mc 9,9). Ci si può chiedere il perché di questa gradualità. Si può rispondere che Gesù sapeva bene quanto si sarebbero complicate le cose se gli Apostoli e gli altri discepoli avessero cominciato a discutere sulla risurrezione, a capire la quale non erano sufficientemente preparati, come appare dal commento dell’evangelista stesso alla raccomandazione ora riferita: “Essi tennero per sè la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai morti” (Mc 9,10). Inoltre si può dire che la risurrezione da morte, pur enunciata ed annunciata, era al culmine di quella sorta di “segreto messianico” che Gesù volle mantenere lungo tutto lo svolgersi della sua vita e della sua missione fino al momento del compimento e della rivelazione finali, che si ebbero appunto col “miracolo dei miracoli”, la risurrezione, che, secondo San Paolo, è il fondamento della nostra fede (cf. 1Co 15,12-19).

7. Dopo la Risurrezione, l’Ascensione e la Pentecoste, i “miracoli-segni” compiuti da Cristo vengono “continuati” dagli apostoli, poi dai santi che si succedono di generazione in generazione. Gli Atti degli Apostoli ci offrono numerose testimonianze sui miracoli compiuti “nel nome di Gesù Cristo” da Pietro (cf. Ac 3,1-8 Ac 5,15 Ac 9,32-41), da Stefano (Ac 6,8), da Paolo (Ac 14,8-10). La vita dei santi la storia della Chiesa e, in particolare, i processi condotti per le cause di canonizzazione dei servi di Dio, costituiscono una documentazione che, sottoposta al vaglio anche più severo della critica storica e della scienza medica, conferma l’esistenza della “Potenza dall’alto” che opera nell’ordine della natura e la supera. Si tratta di “segni” miracolosi compiuti dai tempi apostolici ad oggi, il cui scopo essenziale è di far vedere il destino e la vocazione dell’uomo al Regno di Dio. Così mediante tali “segni” si conferma nei diversi tempi e nelle circostanze più varie la verità del Vangelo e si dimostra il potere salvifico di Cristo che non cessa di chiamare gli uomini (mediante la Chiesa) sulla via della fede. Questo potere salvifico del Dio-Uomo, si manifesta anche quando i “miracoli-segni” vengono compiuti per intercessione degli uomini, dei santi, dei devoti - così come il primo “segno” a Cana di Galilea venne compiuto per intercessione della Madre di Cristo.

Ai fedeli di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca
Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai diversi gruppi di pellegrini polacchi


A gruppi di lingua italiana

Rivolgo ora una speciale parola di benvenuto alle religiose, ai sacerdoti ed alle associate laiche della Famiglia spirituale voluta da santa Maria Giuseppa Rossello, la quale festeggia il centocinquantesimo anniversario della sua esistenza. Il pellegrinaggio è accompagnato, oltre che dalla Madre generale, da monsignor Giulio Sanguineti, Vescovo di Savona, dove l’Istituto ha la sua Casa Generalizia: a tutti il mio cordiale saluto.

Cari fratelli e sorelle della “Famiglia Madre Rossello”, vi ringrazio per la vostra presenza e gioisco con voi per la bella ricorrenza che state festeggiando: mi congratulo di cuore per tutte le vostre attività benefiche nel campo della pastorale educativa, sanitaria e familiare: tre settori fondamentali della vita della società e della Chiesa, tre campi nei quali le urgenze sono grandissime e per i quali è proprio il caso di dire che “la messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Mt 9,37). Dedicandovi generosamente a queste opere di carità e di solidarietà umana, voi avete mille occasioni per render credibile la vostra testimonianza cristiana e per condurre molte anime a Dio, sulle orme della madre fondatrice, che diceva: “Vorrei avere le braccia tanto lunghe, da abbracciare tutto il mondo per fare a tutti del bene”.

Auspico per tutta la vostra Famiglia una crescita sempre più rigogliosa, nella fedeltà al carisma della fondatrice e nella piena osservanza delle costituzioni, con un animo sempre aperto alle iniziative dello spirito ed un profondo senso della comunione ecclesiale. Possiate voi essere le “lunghe braccia” della madre Rossello! Dio vi mandi sempre nuove e sante vocazioni per far fronte agli immensi bisogni del nostro tempo. Sotto il segno della Vergine santissima, vi benedico tutti di cuore, insieme con i vostri collaboratori e tutti i vostri assistiti ed amici.

Un particolare saluto anche ai dirigenti regionali della Federazione Calcio dell’Emilia Romagna, che hanno voluto essere presenti all’odierna udienza.

Nell’augurare al vostro impegno di animazione sportiva, cari signori, risultati confortanti, esorto ciascuno di voi ad adoperarsi perché l’attività agonistica sappia sempre ispirarsi a quei valori ideali, che la rendono nobile e bella.

Con la mia Benedizione.

Ai giovani

Rivolgo ora un cordiale saluto ai giovani presenti.

Siamo agli inizi di un nuovo anno, ed ancora ci si scambiano in questi giorni gli auguri per un anno migliore. Ebbene carissimi, in nessuna età della vita, quanto nella vostra, il desiderio di progettare bene il futuro e, di conseguenza, il valore che per questo ha la saggia utilizzazione del tempo, si fa sentire con altrettanta intensità. Assecondate tale benefica spinta interiore, dirigendola nella prospettiva che il Verbo fatto carne ci ha aperto offrendoci la possibilità di essere, in Lui, creature nuove e veri figli della luce. Vi accompagni propizia la mia Benedizione.

Agli ammalati

Anche a voi, carissimi ammalati, il mio affettuoso saluto.

La sofferenza, della quale al presente state sperimentando il peso, è certamente una prova. Ma la sopportazione cristiana di essa è uno dei metri più sicuri con cui valutare la sincerità e l’intensità della propria fede, nonché offrire incoraggiamento a coloro che, trovandosi nelle medesime condizioni, non riescono sempre ad accettare il loro stato. Questa testimonianza dell’esempio è un dono del Signore che vi indica a quali possibilità di apostolato Egli vi chiami. In ciò sta anche il vostro merito, che Egli valorizza per la santificazione vostra e di tanti fratelli, maggiormente bisognosi di misericordia e di perdono. Vi sia di conforto nei momenti più difficili la Benedizione, che volentieri vi impatto.

Agli sposi novelli

Agli sposi novelli un augurio di cuore.

Carissimi sposi, le recenti feste natalizie, la cui eco è ancor viva nei nostri animi, hanno messo al centro della nostra attenzione l’amore di Dio per il mondo e la Santa Famiglia di Nazareth. Si tratta di un unico grande mistero che ci insegna come Dio, nel dimostrare la sua benevolenza per gli uomini, ha voluto servirsi di una comunità di amore, che Egli stesso ci ha offerto come modello esemplare in Maria, Giuseppe e Gesù. Anche voi, ora che formate una coppia cristiana, siete chiamati a riproporre i valori specifici di tale modello. Ciò sarà possibile se, accettando sempre il primato di Dio nella vostra vita, compirete ogni scelta alla sua luce. La forza e la serenità, che permisero alla Santa Famiglia di superare tante prove e di rimanere fedele ai compiti che le erano stati assegnati, saranno il vostro sostegno. Nel rinnovarvi i miei auguri, vi benedico di cuore.



Catechesi 79-2005 16127