Catechesi 79-2005 26990

Mercoledì, 26 settembre 1990

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1. L’apostolo Giovanni nel suo Vangelo mette in rilievo, ancor più che i sinottici, la relazione personale del Figlio verso il Padre, come appare già nel Prologo, dove l’evangelista fissa lo sguardo sulla realtà del Padre e del Verbo-Figlio. Egli comincia col dire: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio”. Poi conclude: “Dio, nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (
Jn 1,1-2 Jn 1,18). È un’asserzione del tutto nuova nella storia della riflessione umana su Dio, e nella stessa rivelazione. Non si esaurirà mai l’approfondimento e l’enucleazione della ricchezza di contenuto che essa offre alla teologia. Anche la catechesi dovrà sempre farvi riferimento, a livello non solo cristologico, ma anche pneumatologico.

Infatti, proprio l’unità del Figlio col Padre, accentuata anche in altri punti del Vangelo di Giovanni, sembra schiudere agli apostoli la via della rivelazione dello Spirito Santo come Persona.

2. Significativamente, le parole di Cristo che riguardano in modo più diretto questo tema si trovano nel cosiddetto discorso d’addio del cenacolo, e dunque nella prospettiva dell’imminente dipartita del Figlio che risale al Padre per mezzo della croce e dell’ascensione. È allora che Gesù dice: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce” (Jn 14,16-17). Consolatore-Paraclito: questo nome, dato da Gesù allo Spirito Santo, dimostra che egli è una Persona, distinta dal Padre e dal Figlio. Infatti la parola greca Parakletos” si applica sempre a una persona, poiché significa “avvocato”, “difensore”, ovvero “consolatore”. Soltanto una persona può svolgere tali compiti. D’altra parte, dicendo “un altro difensore” Gesù lascia intendere che, durante la sua vita terrena, egli stesso è stato il primo “difensore” dei discepoli. L’affermerà poi più chiaramente nella sua Preghiera sacerdotale, nella quale dirà al Padre: “Quando ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi” (Jn 17,12). Dopo la dipartita di Gesù, lo Spirito Santo prenderà il suo posto presso i discepoli rimasti nel mondo, per difenderli nelle lotte che avranno da affrontare e per sostenere il loro coraggio nella tribolazione.

3. Nel discorso d’addio il “Parakletos” viene chiamato più volte lo Spirito di verità. A questa qualifica si riconnette la missione che gli è affidata nei riguardi degli apostoli e della Chiesa: “Il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Jn 14,26). “Insegnare”, “ricordare”: queste attività manifestano bene che lo Spirito è una Persona; soltanto una persona le può svolgere. La missione di predicare la verità, affidata da Cristo agli apostoli e alla Chiesa, è e rimarrà sempre legata all’attività personale dello Spirito di verità.

La stessa osservazione vale per la “testimonianza” che deve essere resa a Cristo davanti al mondo. “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, egli mi renderà testimonianza” (Jn 15,26). Soltanto una Persona può rendere testimonianza a un’altra. Gli apostoli dovranno rendere testimonianza a Cristo. La loro testimonianza di persone umane sarà appoggiata e confermata dalla testimonianza di una persona divina, lo Spirito Santo.

4. Per ciò stesso lo Spirito Santo è anche l’invisibile maestro che continuerà a impartire di generazione in generazione lo stesso insegnamento di Cristo: il suo Vangelo. “Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future” (Jn 16,13). Si deduce da qui che lo Spirito Santo non soltanto veglierà nella Chiesa sulla solidità e l’identità della verità di Cristo, ma indicherà la via della trasmissione di questa verità alle sempre nuove generazioni che si succederanno nelle varie epoche, ai popoli e alle società dei vari luoghi, secondo le loro necessità e le loro possibilità di comprensione, dando a ciascuna la forza di aderire interiormente a tale verità e di conformarsi ad essa nella propria vita.

5. Un particolare aspetto di quest’azione, già messo in rilievo nella enciclica Dominum et vivificantem (nn. 27-28), è quello che Gesù stesso annunzia con queste parole: “Quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Jn 16,8). Questa particolare potenza di convincere il mondo, cioè coloro che sono nel mondo, circa il peccato, è un momento essenziale della missione dello Spirito di verità. Convincere quanto al giudizio vuol dire, secondo le parole di Gesù stesso, che “il principe di questo mondo è stato giudicato” (Jn 16,11). E Colui che deve venire come Consolatore e Avvocato, lo Spirito Santo, deve guidare l’umanità alla vittoria sul male e sull’artefice del male nel mondo.

Vi è uno stretto rapporto tra la morte redentrice di Cristo sulla croce e ciò che egli consegna agli apostoli subito dopo la sua risurrezione: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi” (Jn 20,22-23). Proprio di qui passa la via che porta alla vittoria sul male, della quale lo Spirito di verità deve costantemente convincere il mondo.

6. Sono tutti brani del discorso pronunciato da Gesù nel cenacolo, che rivelano lo Spirito Santo come Persona sussistente nell’unità trinitaria col Padre e col Figlio. Mostrano la missione nella quale egli è strettamente unito con la redenzione operata da Cristo: “Se non me ne vado (passando da questo mondo al Padre), non verrà a voi il Consolatore” (Jn 16,7). Ma anche altri brani sono molto significativi in questo stesso senso.

7. Gesù annuncia che lo Spirito Santo verrà per “rimanere” con noi: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre” (Jn 14,16); rimanga lui stesso, non soltanto la sua potenza, la sua sapienza, la sua azione; ma lui stesso come Persona.

E ancora: egli stesso rimarrà non soltanto “con noi”, ma “da noi” e “in noi”. “Voi lo conoscete - dice Gesù - perché egli dimora presso di voi e sarà in voi” (Jn 14,17). Queste parole esprimono l’inabitazione dello Spirito Santo come ospite interiore nel cuore dell’uomo: di ogni uomo che lo accoglie, di tutte le anime aderenti a Cristo. Anche il Padre e il Figlio vengono a “prendere dimora” presso queste anime (Jn 14,23); quindi tutta la Trinità è presente in esse, ma, trattandosi di una presenza spirituale, quella presenza viene riferita in modo più diretto alla Persona dello Spirito Santo.

8. Per questa presenza operante nell’anima, l’uomo può diventare quel “vero adoratore” del Dio che “è spirito” (Jn 4,24), come dice Gesù nell’incontro con la samaritana al pozzo di Giacobbe. L’ora di coloro che “adorano il Padre in spirito e verità” è giunta con Cristo e diventa realtà in ogni anima che accoglie lo Spirito Santo e vive secondo la sua ispirazione e sotto la sua direzione personale. È la cosa più grande e più santa nella spiritualità religiosa del cristianesimo.

Ai pellegrini tedeschi

Ai fedeli polacchi


Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di lingua inglese

A un gruppo di visitatori buddisti

Saluto il Venerabile Signor Kiriyama e i fedeli del gruppo buddista “Agon”, che lo accompagnano: siate i benvenuti qui in Vaticano.

So che pregate per la pace nel mondo e vi impegnate in attività sociali a livello internazionale, oltre che per il dialogo tra le religioni. Apprezzo molto questa vostra azione e vi auguro di proseguire in tale direzione.

Infine, grazie di cuore per la vostra visita.

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ai pellegrinaggi italiani

Saluto tutti i gruppi di lingua italiana presenti a questa Udienza. Tra essi vi sono i pellegrini della Prepositura di S. Vittore Martire di Terno d’Isola, in diocesi di Bergamo, e il gruppo parrocchiale di S. Lorenzo Martire, di Ronchi dei Legionari, in diocesi di Gorizia. Mi compiaccio con voi, cari fedeli di S. Vittore, per aver voluto ricordare con una fiaccolata i 1400 anni di fondazione della vostra chiesa e i 450 di costruzione dell’attuale Prepositura; e anche con voi, cari fratelli di S. Lorenzo, che siete venuti per far benedire la prima pietra di una nuova chiesa dedicata a Santa Domenica. Vi auguro che tali ricorrenze e iniziative servano a far crescere le vostre Comunità nella fede e nell’esercizio delle virtù cristiane.

Rivolgo, poi, un particolare saluto al gruppo dell’Associazione Volontari Italiani del Sangue (Avis) della Valle Camonica, con sede ad Edolo e a Breno, in diocesi di Brescia. Colgo l’occasione di questa vostra presenza per esprimere la mia profonda ammirazione a voi ed a tutti coloro che svolgono tale servizio umanitario, tanto generoso e benemerito. Vorrei ringraziarvi anche a nome di tutti coloro che traggono giovamento dalla vostra opera per quanto avete fatto e per quanto intendete fare in futuro. Il Signore dia merito alla vostra nobile dedizione.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il mio cordiale saluto ai malati e agli sposi novelli, esprimendo loro il mio ringraziamento per la loro presenza a questa Udienza generale.

Per il prossimo Sinodo dei Vescovi

Poiché tra pochi giorni inizierà il Sinodo dei Vescovi sul tema della formazione dei Sacerdoti nell’epoca moderna, vi chiedo l’impegno della preghiera per il buon esito dei lavori sinodali. La Chiesa e la società attuale hanno bisogno di sacerdoti ben preparati spiritualmente e dottrinalmente, coraggiosi e totalmente consacrati al bene delle anime, con la missione e il potere di Cristo Salvatore. E questa è una grazia divina immensamente preziosa, che si ottiene mediante la preghiera, specialmente di voi giovani, che avete bisogno di guide sicure nel cammino della vita; di voi malati, che siete consolati e sostenuti dai ministri di Dio; di voi, sposi novelli, dal cui amore devono sgorgare le future vocazioni al servizio del Signore. Pregate, pertanto, con fervore durante il prossimo mese, affinché il Sinodo sia illuminato dalla luce dello Spirito Santo e sia ricco di frutti per il bene della Chiesa e dell’intera umanità. Di gran cuore a tutti imparto la mia Benedizione.




Mercoledì, 3 ottobre 1990

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1. È ben noto l’augurio con cui san Paolo conclude la seconda Lettera ai Corinzi: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio (Padre) e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi!” (
2Co 13,13). È l’augurio che la liturgia pone sulle labbra del sacerdote celebrante all’inizio della Messa. Con questo testo di evidente significato trinitario, ci introduciamo nell’esame di ciò che le Lettere dell’apostolo Paolo ci dicono sullo Spirito Santo come Persona nell’unità trinitaria del Padre e del Figlio. Il testo della Lettera ai Corinzi sembra provenire dal linguaggio delle prime comunità cristiane e forse dalla liturgia delle loro assemblee. Con quelle parole l’apostolo esprime l’unità trinitaria partendo da Cristo, il quale come artefice della grazia salvifica rivela all’umanità l’amore di Dio Padre e lo partecipa ai credenti nella comunione dello Spirito Santo. Così risulta che secondo san Paolo lo Spirito Santo è la Persona che opera la comunione dell’uomo - e della Chiesa - con Dio.

La formula paolina parla chiaramente di Dio Uno e Trino, anche se in termini diversi da quelli della formula battesimale riferita da Matteo: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). Essa ci fa conoscere lo Spirito Santo quale era presentato nella dottrina degli apostoli e recepito nella vita delle comunità cristiane.

2. Un altro testo di san Paolo prende come base dell’insegnamento sullo Spirito Santo la ricchezza dei carismi elargiti con varietà e unità di ordinamento nelle comunità: “Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1Co 12,4-6). L’apostolo attribuisce allo Spirito Santo i doni della grazia (carismi); al Figlio - come al Signore della Chiesa - i ministeri (“ministeria”); al Padre-Dio, che è l’artefice di tutto in tutti, le “operazioni”.

È molto significativo il parallelismo espresso in questo brano tra lo Spirito, il Signore Gesù e Dio Padre. Esso indica che anche lo Spirito viene riconosciuto come Persona divina. Non sarebbe coerente mettere in parallelismo così stretto due Persone, quelle del Padre e del Figlio, con una forza impersonale. È ugualmente significativo che allo Spirito Santo venga attribuita in modo particolare la gratuità dei carismi e di ogni elargizione divina all’uomo e alla Chiesa.

3. Ciò viene ulteriormente ribadito nell’immediato contesto della prima Lettera ai Corinzi: “Tutte queste cose è l’unico e medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole”. Lo Spirito Santo si manifesta dunque come un libero e “spontaneo” Datore del bene nell’ordine dei carismi e della grazia; come una Persona divina che sceglie e benefica i destinatari dei diversi doni: “A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio della scienza; a uno la fede, per mezzo dello stesso Spirito”. E ancora: “Il dono di far guarigioni . . . il dono della profezia . . . il dono di distinguere gli spiriti . . . il dono di varietà delle lingue e il dono d’interpretazione delle lingue”. Ed ecco: “A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità” (1Co 12,7-11). Proviene, dunque, dallo Spirito Santo la molteplicità dei doni, come anche la loro unità, la loro coesistenza. Tutto ciò indica lo Spirito Santo come una Persona sussistente e operante nell’unità divina: nella comunione del Figlio col Padre.

4. Anche altri passi delle Lettere paoline esprimono la stessa verità dello Spirito Santo come Persona nell’unità trinitaria, partendo dall’economia della salvezza. “Noi però dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi . . . perché Dio vi ha scelti come primizia della salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità . . . per il possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo”: così scrive l’apostolo nella seconda Lettera ai Tessalonicesi (2Th 2,13-14), per indicar loro il fine del Vangelo da lui annunziato. E ai Corinzi: “Siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio” (1Co 6,11).

Secondo l’apostolo, il Padre è il principio primo della santificazione, la quale viene conferita dallo Spirito Santo a chi crede “nel nome” di Cristo. La santificazione nell’intimità dell’uomo proviene dunque dallo Spirito Santo, persona che vive e opera in unità col Padre e col Figlio.

In un altro passo l’apostolo esprime lo stesso concetto in modo suggestivo: “È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori” (2Co 1,21-22). Le parole “nei nostri cuori” indicano l’intimità dell’azione santificatrice dello Spirito Santo.

La stessa verità, in forma ancor più sviluppata, si trova nella Lettera agli Efesini: “Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo . . . ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo”. E poco dopo l’autore dice ai credenti: “Avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità” (Ep 1,3 Ep 1,13-14).

5. Altra magnifica espressione del pensiero e degli intenti di san Paolo è quella della Lettera ai Romani, dove egli scrive che lo scopo del suo ministero evangelico è che “i pagani divengano un’oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo”. Per questo servizio chiede ai destinatari della lettera la preghiera a Dio, e lo fa per Cristo e per “l’amore dello Spirito”. L’“amore” è un particolare attributo dello Spirito Santo (Rm 15,16 Rm 15,30 Rm 15,5), così come la “comunione” (cf. 2Co 13,13). Da questo amore viene la santità, che rende gradita l’oblazione. E questa è dunque ancora un’opera dello Spirito Santo.

6. Secondo la Lettera ai Galati, lo Spirito Santo trasmette agli uomini il dono dell’adozione a figli di Dio, sollecitandoli alla preghiera propria del Figlio. “E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!” (Ga 4,6). Lo Spirito “grida” e si manifesta così come una persona che si esprime con grande intensità. Egli fa risonare nei cuori dei cristiani la preghiera che Gesù stesso rivolgeva al Padre (cf. Mc 14,36) con amore filiale. Lo Spirito Santo è Colui che rende figli adottivi e dà la capacità della preghiera filiale.

7. La dottrina di san Paolo su questo punto è così ricca, che occorrerà riprenderla nella prossima catechesi. Per ora possiamo conchiudere che anche nelle Lettere paoline lo Spirito Santo appare come una Persona divina vivente nell’unità trinitaria col Padre e col Figlio. L’apostolo attribuisce a lui in modo particolare l’opera della santificazione. Lui è il diretto autore della santità delle anime. Lui è la Fonte dell’amore e della preghiera, nella quale si esprime il dono della divina “adozione” dell’uomo. La sua presenza nelle anime è il pegno e l’inizio della vita eterna.

A gruppi di espressione linguistica tedesca


Ai fedeli provenienti dalla Polonia

Ai fedeli di lingua francese


Ai fedeli di lingua inglese

Ad una folta delegazione giapponese

Dilettissimi componenti della Delegazione guidata dal sindaco di Sendai.

Lo storico tentativo del vostro concittadino Tsunenaga, che quattro secoli or sono profuse i suoi sforzi per il dialogo tra l’Est e l’Ovest, rimane ancora oggi come esempio ed insegnamento dell’importanza del dialogo.

Ora, carissimi membri della Delegazione, auspico che la vostra missione sia fruttuosa e i suoi frutti rimangano duraturi come quelli di Tsunenaga.

Con questo augurio vi benedico di cuore.

Ai fedeli di espressione spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ad alcuni gruppi di lingua italiana

Il mio cordiale saluto va ora ai pellegrini di lingua italiana, sempre numerosi. In particolare agli studenti che hanno frequentato il corso estivo d’Italiano per stranieri presso l’Ateneo Salesiano e il pontificio Istituto “Altioris Latinitatis” di Roma. A tutti il mio compiacimento per l’iniziativa che mette insieme persone di diversa estrazione culturale. Auspico che la conoscenza della lingua di Roma, delle sue tradizioni storiche, dei suoi monumenti sia di stimolo per vivere anche lo spirito cristiano della Città eterna.

Benedico poi volentieri la prima pietra dell’Oratorio della Parrocchia dei Ss. Giuda e Callisto, in Corneliano Laudense, diocesi di Lodi. L’impegnativa opera, destinata alla formazione dei giovani, sia strumento efficace per l’educazione della loro personalità e per la promozione dei valori cristiani nella società.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il mio saluto, come di consueto, ai giovani, ammalati, ed alle numerose coppie di sposi novelli. Ricorrendo domani la memoria liturgica di San Francesco di Assisi, desidero attirare la vostra attenzione sulla sua suggestiva figura di vero seguace di Cristo. Quale assertore dell’amore di Dio e del prossimo, araldo di pace e ambasciatore di fraternità evangelica tra i popoli, egli rimane un maestro sempre attuale di vita cristiana.

Cari giovani, in un mondo così diviso ed oggi lacerato da pericolose minacce di guerra, proponetevi di essere anche voi sinceri costruttori di pace e operatori di concordia mediante scelte di vita coraggiose, oneste ed ispirate al Vangelo.

Invito gli ammalati alla contemplazione del Crocifisso, che San Francesco propose alla riflessione con efficace realismo. Invocate il Cristo paziente sulla Croce per la pace tra gli uomini.

Agli sposi novelli chiedo di ricordare sempre l’intenso amore di Francesco per Gesù Cristo e la sua Madre Santissima, in modo che questi due amori siano motivi ispiratori all’interno delle vostre nascenti famiglie. A tutti imparto la mia Benedizione.


Nuovo appello per il Libano


Un nuovo pressante appello in favore delle martoriate popolazioni del Libano viene lanciato dal Santo Padre questa mattina, durante il consueto incontro settimanale con i fedeli raccolti nell’Aula Paolo VI per l’udienza generale. Queste le parole pronunciate dal Santo Padre.

Sento il dovere di invitarvi nuovamente a pregare per il Libano. egli ultimi giorni sono purtroppo ancora pervenute notizie di combattimenti, uccisioni indiscriminate di gente inerme e di una popolazione fatta ostaggio della violenza e dell’odio. È un fatto deplorevole e che esige la più ferma condanna.

In nome dell’affetto che nutro per quel popolo tanto provato, chiedo insistentemente a tutti i responsabili di riflettere davanti a Dio sui progetti e obiettivi, che non possono essere se non il bene del loro Paese e dei loro concittadini!

Nostra Signora di Harissa ispiri a ognuno sentimenti di comprensione, volontà di intesa e desiderio di pace!




Mercoledì, 10 ottobre 1990

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1. Abbiamo visto nella catechesi precedente che la rivelazione dello Spirito Santo come Persona nell’unità trinitaria col Padre e col Figlio trova negli scritti paolini espressioni molto belle e suggestive. Continuiamo oggi ad attingere dalle Lettere di san Paolo altre variazioni su quest’unico motivo fondamentale. Esso ritorna spesso nei testi dell’apostolo, permeati di una fede viva e vivificante nell’azione dello Spirito Santo e nelle proprietà della sua Persona che, mediante l’azione, si rendono manifeste.

2. Una delle espressioni più elevate e più attraenti di questa fede, che sotto la penna di Paolo diventa comunicazione alla Chiesa di una verità rivelata, è quella della “inabitazione” dello Spirito Santo nei credenti, che sono il suo tempio. “Non sapete - egli apostrofa i Corinzi - che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” (
1Co 3,16). “Abitare” si dice normalmente di persone. Qui si tratta dell’“inabitazione” di una persona divina in persone umane. È un fatto di natura spirituale, un mistero di grazia e di amore eterno, che proprio per questo viene attribuito allo Spirito Santo. Tale inabitazione interiore influenza l’uomo intero, così com’è nella concretezza e nella totalità del suo essere, che l’apostolo più volte denomina “corpo”. Difatti anche in questo scritto, poco più oltre il passo citato, sembra incalzare i destinatari della sua Lettera con la stessa domanda: “O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?” (1Co 6,19). In questo testo il riferimento al “corpo” è quanto mai significativo circa il concetto paolino dell’azione dello Spirito Santo in tutto l’uomo!

Si spiega così e si capisce meglio l’altro testo della Lettera ai Romani sulla “vita secondo lo Spirito”. Leggiamo infatti: “Non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi”. “E se lo Spirito di Colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, Colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Rm 8,9 Rm 8,11).

Dunque l’irradiazione dell’inabitazione divina nell’uomo è estesa a tutto il suo essere, a tutta la sua vita, che si colloca in tutti i suoi elementi costitutivi e in tutte le sue esplicazioni operative sotto l’azione dello Spirito Santo: dello Spirito del Padre e del Figlio, e quindi anche di Cristo, Verbo incarnato. Questo Spirito, vivente nella Trinità, è presente in virtù della redenzione operata da Cristo in tutto l’uomo che si lascia “abitare” da lui, in tutta l’umanità che lo riconosce e lo accoglie.

3. Un’altra proprietà attribuita da san Paolo alla persona dello Spirito Santo è lo “scrutare” tutto, come scrive ai Corinzi: “Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio”. “Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio” (1Co 2,10 1Co 2,11).

Questo “scrutare” significa l’acutezza e la profondità della conoscenza che è propria della Divinità, nella quale lo Spirito Santo vive col Verbo-Figlio nell’unità della Trinità. Per questo è uno Spirito di luce, che è per l’uomo maestro di verità, come l’ha promesso Gesù Cristo (cf. Jn 14,26).

4. Il suo “insegnamento” riguarda prima di tutto la realtà divina, il mistero di Dio in se stesso, ma anche le sue parole e i suoi doni all’uomo. Come scrive san Paolo: “Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato” (1Co 2,12). È una visione divina del mondo, della vita, della storia, quella che lo Spirito Santo dà ai credenti; un’“intelligenza di fede” che fa innalzare lo sguardo interiore ben al di sopra della dimensione umana e cosmica della realtà, per scoprire in tutto la proiezione dell’azione divina, l’attuazione del disegno della Provvidenza, il riflesso della gloria della Trinità.

Per questo la liturgia nell’antica sequenza della Messa per la festa della Pentecoste ci fa invocare: “Veni, Sancte Spiritus, et emitte coelitus lucis tuae radium . . . Vieni, Spirito Santo, e donaci un raggio della tua luce di cielo. Vieni, padre dei poveri, elargitore di doni, vieni, luce dei cuori . . .”.

5. Questo Spirito di luce dà anche agli uomini - specialmente agli apostoli e alla Chiesa - la capacità di insegnare le cose di Dio, come per un’espansione della sua stessa luce. “Di queste cose noi parliamo, - scrive Paolo - non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali”. È il discorso dell’apostolo, il discorso della Chiesa primitiva e della Chiesa di tutti i tempi, il discorso dei veri teologi e catechisti, che parlano di una sapienza che non è di questo mondo, di “una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria” (1Co 2,13 1Co 2,6-7).

Una tale sapienza è un dono dello Spirito Santo, che occorre invocare per i maestri e predicatori di tutti i tempi: il dono di cui parla san Paolo nella stessa Lettera ai Corinzi: “A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio della scienza” (1Co 12,8). Scienza, sapienza, forza della parola che penetra nelle intelligenze e nelle coscienze, luce interiore che mediante l’annuncio della verità divina irradia nell’uomo docile e attento la gloria della Trinità: tutto è dono dello Spirito Santo.

6. Lo Spirito, che “scruta anche le profondità di Dio” e “insegna” la sapienza divina, è anche Colui che “guida”. Leggiamo nella Lettera ai Romani: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio”. Qui si tratta della “guida” interiore, che va alle radici stesse della “nuova creazione”: lo Spirito Santo fa sì che gli uomini vivano la vita dei figli della divina adozione. Per vivere in questo modo, lo spirito umano ha bisogno della consapevolezza della divina figliolanza. Ed ecco, “lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio” (Rm 8,14 Rm 8,16). La testimonianza personale dello Spirito Santo è indispensabile perché l’uomo possa personalizzare nella sua vita il mistero innestato in lui da Dio stesso.

7. In questo modo lo Spirito Santo “viene in aiuto” alla nostra debolezza. Secondo l’apostolo, ciò avviene in modo particolare nella preghiera. Egli scrive infatti: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26). Per Paolo, dunque, lo Spirito è l’artefice interiore dell’autentica preghiera. Egli, mediante il suo divino influsso, penetra dall’interno la preghiera umana, e la introduce nelle profondità di Dio.

Un’ultima espressione paolina in un certo modo comprende e sintetizza tutto ciò che abbiamo attinto finora da lui su questo tema. Eccola: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato” (Rm 5,5). Lo Spirito Santo è dunque Colui che “riversa” l’amore di Dio nei cuori umani in modo sovrabbondante, e fa sì che possiamo prendere parte a questo amore.

Da tutte queste espressioni, così frequenti e coerenti col linguaggio dell’apostolo delle Genti, ci è dato di conoscere meglio l’azione dello Spirito Santo e la persona stessa di Colui che agisce nell’uomo in modo divino.

Ai numerosi pellegrini provenienti dalla Francia

A numerosi pellegrini provenienti da aree di espressione linguistica inglese

Agli ottomila fedeli provenienti da Paesi di lingua tedesca

Ai numerosi fedeli di espressione spagnola


Solidarietà e affetto verso “il popolo colombiano sofferente”

Ai fedeli di lingua portoghese

Appello per il “ciclo di Jasna Gora”


Ad alcuni gruppi di lingua italiana

Tra i pellegrini di lingua italiana desidero oggi salutare in modo speciale i Fratelli delle Scuole Cristiane, convenuti a Roma da diverse nazioni per un corso di aggiornamento sulla dottrina del loro fondatore, San Giovanni Battista de la Salle. Vi esorto a vivere sempre più intensamente il carisma di questo Santo, che con eroica dedizione si prodigò per l’educazione dei ragazzi e dei giovani più poveri.

Saluto poi i pellegrini della parrocchia del “Corpus Domini” alla Massimina, che nel corso della Missione Popolare hanno voluto includere questo momento di comunione con il Successore di Pietro. Formulo voti di bene per l’intera Parrocchia e tutti esorto ad accostarvi assiduamente e con fervore al Sacrificio Eucaristico.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli presenti a questa udienza. Desidero prendere lo spunto dal mese di ottobre che, come noto, la devozione cristiana dedica a Maria, Regina del Rosario. In questa preghiera meditiamo i principali misteri della vita di Gesù, ripercorrendo in atteggiamento di contemplazione gli episodi del Vangelo, mentre il nostro pensiero è accompagnato dall’insistente invocazione alla Madre del Redentore con l’Ave Maria.

Raccomando tale preghiera ai giovani, invitandoli a ricercare lungo il cammino della loro vita la luce del messaggio evangelico e i doni di grazia per l’intercessione della Beata Vergine. La raccomando ai malati, poiché da questa preghiera si ottiene tanto conforto per seguire Cristo nella vita difficile della croce. La raccomando, infine, agli sposi novelli, ai quali chiedo di far fiorire nelle loro nuove famiglie questa pia pratica, così cara al cuore dei fedeli. A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Dopo aver espresso il suo vivo dolore per i tragici avvenimenti di Gerusalemme, Giovanni Paolo II dà voce alla presente amarezza e alle speranze di quanti guardano alle vicende della Terra Santa e pregano per i popoli che lì vivono. Lo fa durante l’udienza generale odierna, rivolgendosi ai fedeli riuniti in piazza San Pietro con le seguenti parole.

Fratelli e sorelle, sento il pressante dovere di invitarvi a ricordare e a pregare in modo particolare per la Terra Santa, per le comunità cristiane e per i popoli che si trovano in essa. Le notizie dei tristi avvenimenti dell’altro ieri sono motivo di un vivo dolore, reso ancora più grande dal fatto che si sono verificati in luoghi considerati sacri da grandi religioni e a Gerusalemme, la Città Santa per gli ebrei, i cristiani e i musulmani.

Non è possibile rimanere indifferenti e non condannare, insieme con la violenza che ha causato altri morti e feriti, una situazione di ingiustizia che dura da troppo tempo e che vede opporsi due popoli, quello Palestinese e quello Israeliano, ambedue chiamati a vivere in una pace equa e durevole, ciascuno nella propria Patria e su quella Terra tanto cara a loro e ai credenti di tutto il mondo. Sono particolarmente vicino al dolore di tutti coloro che piangono le vittime di questa violenza e, in modo speciale, vorrei esprimere nuovamente la mia più viva solidarietà con i pastori di quelle Chiese cristiane, che come ho avuto occasione di ricordare recentemente, incontrando i vescovi latini della Regione Araba, hanno il delicato compito di guidare e sostenere i loro fedeli in situazioni e circostanze ora più che mai difficili.

Preghiamo insieme il Signore affinché ispirando i cuori di coloro che sono responsabili dei destini dei popoli, conceda a tutta la Regione del Medio Oriente la desiderata pace nella giustizia e nella sicurezza e faccia della Santa Città di Gerusalemme crocevia e sorgente di una vera riconciliazione.


Concordia, giustizia e convivenza pacifica prevalgano in Colombia


Condanna per l’esecrabile delitto del sequestro di persona, solidarietà con il dolore delle vittime e dei loro familiari ed un appello ai sequestratori affinché liberino i loro ostaggi sono espressi dal Santo Padre questa mattina, durante l’udienza generale.

Dalla Colombia giungono preoccupanti notizie su numerosi casi di sequestro di persone. Nell’esprimere la mia più energica riprovazione per questi esecrabili delitti, desidero manifestare la mia solidarietà e la mia vicinanza a queste persone ingiustamente private della loro libertà. Al tempo stesso, rivolgo il mio appello ai responsabili di simili atti di sequestro e di violenza, affinché liberino queste persone che possano così tornare ai loro cari, tanto provati da quest’ora di dolore.

Elevo la mia preghiera al Signore per il popolo colombiano sofferente, tanto caro al mio cuore di pastore, ed esprimo fervidi voti affinché prevalga la concordia, la giustizia e la convivenza pacifica fra tutti gli amati figli della nobile Nazione colombiana.





Catechesi 79-2005 26990