Catechesi 79-2005 16889

Mercoledì, 16 agosto 1989

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1. Nel giorno della Pentecoste a Gerusalemme gli apostoli, e con loro la prima comunità dei discepoli di Cristo, riuniti nel Cenacolo insieme a Maria, madre del Signore, ricevono lo Spirito Santo. Si compie così per essi la promessa, che Cristo ha affidato loro quando è partito da questo mondo per tornare al Padre. In quel giorno si rivela al mondo la Chiesa, scaturita dalla morte del Redentore. Parlerò di questo nella prossima catechesi.

Ora vorrei mostrare che la venuta dello Spirito Santo, come compimento della nuova alleanza “nel sangue di Cristo”, dà inizio al nuovo Popolo di Dio. Esso è la comunità di coloro che sono stati “santificati in Cristo Gesù” (
1Co 1,2); di coloro dei quali Cristo ha fatto “un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap 1,6 cf. Ap 5,10 1P 2,9). Tutto ciò è avvenuto in virtù dello Spirito Santo.

2. Per cogliere appieno il significato di questa verità, annunciata dagli apostoli Pietro e Paolo e dall’Apocalisse, occorre tornare un momento all’istituzione dell’antica alleanza tra Dio-Signore e Israele rappresentato dal suo capo Mosé, dopo la liberazione dalla schiavitù egizia. I testi che ne parlano indicano chiaramente che l’alleanza stretta allora non si riduceva soltanto ad un patto fondato su impegni bilaterali: è Dio-Signore che sceglie Israele come suo popolo, così che il popolo diventa sua proprietà, mentre lui stesso sarà d’ora in poi il “loro Dio”.

Leggiamo dunque: “Ora, se vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa” (Ex 19,5). Nel libro del Deuteronomio troviamo la ripetizione e la conferma di ciò che Dio proclama nell’Esodo. “Tu (Israele) sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra” (Dt 7,6 analogice Dt 26,18). (Si noti, per inciso, che l’espressione “segullah” significa “tesoro personale del re”).

3. Una tale elezione da parte di Dio scaturisce totalmente ed esclusivamente dal suo amore: un amore del tutto gratuito. Leggiamo: “Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli - ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, il Signore vi ha fatto uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile” (Dt 7,7-8). La stessa cosa esprime con linguaggio immaginoso il libro dell’Esodo: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me” (Ex 19,4).

Dio agisce per amore gratuito. Questo amore lega Israele con Dio-Signore in modo particolare ed eccezionale. Per esso Israele è divenuto proprietà di Dio. Ma tale amore esige la reciprocità, e quindi una risposta d’amore da parte di Israele: “Tu amerai il Signore tuo Dio” (Dt 6,5).

4. Così nell’alleanza nasce un nuovo popolo, che è il popolo di Dio. Essere “proprietà” di Dio-Signore vuol dire essere a lui “consacrato”, essere un “popolo santo”. È ciò che, per il tramite di Mosé, Dio-Signore fa sapere a tutta la comunità degli Israeliti: “Siate santi perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2). Con la stessa elezione Dio si dona al suo popolo in ciò che gli è più proprio, la santità, e la chiede a Israele come qualità di vita.

Come popolo “consacrato” a Dio, Israele è chiamato ad essere un “popolo di sacerdoti”: “Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio sarete detti” (Is 61,6).

5. La nuova alleanza - nuova ed eterna - viene stretta “nel sangue di Cristo” (cf. 1Co 11,25). In forza di questo sacrificio redentore, il “nuovo Consolatore” (Parákletos) (cf. Jn 14,16) - lo Spirito Santo - viene dato a coloro “che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi” (1Co 1,2). “A quanti sono . . . amati da Dio e santi per vocazione” (Rm 1,7), come scrive san Paolo nell’indirizzare la sua lettera ai cristiani di Roma. Similmente si esprimerà anche con i Corinzi: “. . . alla Chiesa di Dio che è in Corinto e a tutti i santi dell’intera Acaia” (2Co 1,1); con i Filippesi: “a tutti i santi che sono a Filippi” (Ph 1,1); con i Colossesi: “ai santi e fedeli fratelli in Cristo che dimorano in Colossi” (Col 1,2); o con quelli di Efeso: “ai santi che sono in Efeso” (Ep 1,1).

Ritroviamo lo stesso modo di parlare negli Atti degli Apostoli: “Pietro . . . si recò anche ai fedeli (‘haghious’ santi) che dimoravano a Lidda” (Ac 9,32 cf. Ac 9,41 et etiam Ac 9,13 “Ai tuoi fedeli in Gerusalemme”).

In tutti questi casi si tratta dei cristiani, o dei “fedeli”, cioè dei “fratelli” che hanno ricevuto lo Spirito Santo. È proprio lui, lo Spirito Santo, l’artefice diretto di quella santità, sulla quale - mediante la partecipazione alla santità di Dio stesso - si edifica tutta la vita cristiana: “. . . siete stati santificati . . . nello Spirito del nostro Dio” (1Co 6,11 cf. 2Th 2,13 1P 1,2).

6. Lo stesso si deve dire della consacrazione che, in virtù dello Spirito Santo, fa sì che i battezzati diventino “un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre” (cf. Ap 1,6 Ap 5,10 Ap 20,6). La prima lettera di Pietro sviluppa ampiamente questa verità: “Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale (= un tempio edificato dallo Spirito Santo), per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1P 2,5).

“. . .Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1P 2,9). E sappiamo che “li ha chiamati” con la voce del Vangelo “nello Spirito Santo, mandato dal cielo” (1P 1,12).

7. La costituzione Lumen Gentium del Concilio Vaticano II ha enunciato questa verità con le seguenti parole: “Cristo Signore, Pontefice assunto di mezzo agli uomini (cf. He 5,1-5), fece del nuovo popolo un regno e sacerdoti per il Dio e Padre suo (Ap 1,6 cf. Ap 5,9-10). Infatti per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui, che dalle tenebre li chiamò all’ammirabile sua luce (cf. 1P 2,4-10)” (Lumen Gentium LG 10).

Giungiamo qui all’essenza più intima della Chiesa come “Popolo di Dio” e comunità di santi, su cui ritorneremo nella prossima catechesi. I testi citati, tuttavia, chiariscono fin d’ora che nella condizione del “popolo nuovo” si esprime l’“unzione”, cioè la potenza e l’azione dello Spirito Santo.

Ai fedeli di lingua francese



Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini ungheresi

Vorrei salutare in ungherese i pellegrini ungheresi presenti alla udienza odierna.

Ai pellegrini di lingua spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese


A un gruppo di pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

DILETTISSIMI MEMBRI della delegazione giapponese, che è venuta qui a Roma per ricordare il 400° anniversario della missione dei quattro giovani chiamati “Tensho-no shonen-shisetsudan”.

Auguro che anche voi, seguendo il loro esempio, possiate divenire ponte tra l’Oriente e l’Occidente.

Con questo auspicio vi imparto volentieri la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai pellegrini polacchi

Ai fedeli in lingua italiana

Mi è gradito rivolgere ora una cordiale parola di benvenuto ai pellegrini di lingua italiana e porgere un particolare saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, che partecipano a questa Udienza.

Carissimi, desidero oggi esortarvi ad amare Dio “a fatti e in verità” (cf. 1Gv 1Jn 3,18). Il vivere la carità implica sempre una delicata, attenta sollecitudine nei confronti del prossimo, per far fiorire in tutti l’umanità nuova e vera portata dal Redentore.

Mentre vi auguro che la bontà misericordiosa di Dio ricolmi la vostra esistenza quotidiana di carità e pace, affido ciascuno di voi alla Vergine Maria perché vi sostenga nel sereno abbandono alla volontà divina, accentuando - come Ella ha fatto - tutto ciò che il Signore chiede per realizzare il suo disegno di bontà sul mondo.

A tutti giunga la mia confortatrice Benedizione Apostolica.



Mercoledì, 23 agosto 1989: Io sono la Via, la Verità e la Vita

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1. “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (
Jn 14,6).

Queste parole di Gesù Cristo hanno costituito l’idea-guida del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, collegato con la “Giornata Mondiale della Gioventù”, svoltasi sabato e domenica scorsi alla presenza di centinaia di migliaia di giovani di Europa e di tutto il mondo.

Occorre ricordare che la tradizione di questa giornata ha avuto inizio in occasione del giubileo della Redenzione, celebrato a Roma e nella Chiesa intera dal 25 marzo 1983 fino al 22 aprile 1984.

Per la domenica delle palme di quel 1984 si riunì a Roma una grande folla di giovani da diversi paesi. Fu elaborata allora, col contributo del pontificio consiglio per i laici, una struttura portante di carattere tematico e pastorale per questo incontro, che rispecchia la ricchezza molteplice dell’apostolato dei giovani nella Chiesa.

La domenica delle palme è la giornata dei giovani


2. Da allora, la domenica delle palme è stata proclamata Giornata dei Giovani per tutta la Chiesa. Quel giorno infatti riveste una particolare eloquenza dal punto di vista liturgico: Cristo entra a Gerusalemme circondato dai giovani, che vedono in lui il Messia.

I giorni successivi della settimana santa hanno il compito di svelare fino in fondo, mediante gli avvenimenti della Pasqua gerosolimitana, la verità sulla missione messianica del Redentore. La croce sul Golgota e poi la Risurrezione costituiscono per tutti la chiamata definitiva a seguire Cristo. In particolare, sono la chiamata dei giovani.

L’iniziativa della giornata è dei giovani stessi

3. Si può dire che l’iniziativa della Giornata per la Gioventù è partita dai giovani stessi, che da tempo mostravano di avvertire con sensibilità particolarmente spontanea e viva il richiamo della liturgia pasquale, specie nella domenica delle palme.

In molte diocesi e parrocchie proprio questa domenica costituisce la giornata dei giovani. In altre viene celebrata in data diversa a seconda delle circostanze. Oltre questi incontri locali, a partire dall’anno della Redenzione si è sviluppata la tradizione della Giornata della Gioventù a dimensione internazionale. Nell’anno 1985 tale giornata ebbe luogo a Roma (in collegamento con la Giornata Mondiale della Gioventù proclamata dall’ONU). Due anni più tardi, nella domenica delle palme 1987, il centro dell’incontro internazionale dei giovani si trasferì a Buenos Aires in Argentina.

Quest’anno è giunto un insistente invito dalla Spagna - e luogo dell’incontro è diventato l’antichissimo santuario di Santiago de Compostela.

La “memoria del signor Santiago” faro privilegiato per l’Europa

4. La scelta di questa città per il quarto incontro mondiale della gioventù non è stata fortuita. Essa deve infatti essere considerata nel contesto plurisecolare dei pellegrinaggi cristiani. A partire dal secolo IV, con un crescendo che raggiunge culmini straordinari nel medioevo, si afferma nelle comunità cristiane una devozione particolare verso quelli che successivamente saranno chiamati “luoghi santi”. Questa forma di pietà popolare ha come obiettivo fondamentale il rinnovamento interiore, la purificazione dai peccati mediante la confessione individuale e la penitenza.

Da tutti i luoghi, da ogni nazione della giovane Europa che stava sorgendo grazie anche alla sua nuova identità religiosa, il cristianesimo, partivano i pellegrini per dirigersi verso i centri privilegiati di irradiazione spirituale: Gerusalemme, Roma, Loreto ed altri luoghi di devozione, tra i quali venne via via acquistando rinomanza la “memoria del Signor Santiago”, il santuario dedicato all’Apostolo proto-martire, costruito nell’anno 813 in Galizia. Il nome della città “Compostela”, derivante secondo alcuni dall’espressione latina “campus stellae” - la stella che avrebbe guidato miracolosamente alla scoperta del corpo di san Giacomo - ha un suo valore simbolico: sono passati secoli e, oggi come ieri, questo santuario continua ad essere faro privilegiato di irradiazione cristiana per l’Europa, questa vecchia Europa, che si trova dinanzi all’ormai prossima importante tappa della sua unificazione e nell’imminenza del terzo millennio cristiano: un’Europa che deve tornare a far proprio il Vangelo di Cristo!

Nel solco della peregrinazione della Chiesa . . .

5. La Giornata Mondiale della Gioventù a Santiago de Compostela ha fatto riferimento a queste tradizioni europee. E benché tra la grande folla dei giovani riuniti colà abbiano prevalso i figli e le figlie dei paesi europei, tuttavia vi erano rappresentati anche gli altri continenti, i cui gruppi, pur minori, non erano meno consapevoli dell’importanza dell’incontro al quale partecipavano.

Questo incontro germoglia sulla base ben definita della peregrinazione della Chiesa e, in particolare, dei giovani, che vogliono partecipare a questa peregrinazione. Nel programma degli incontri di queste giornate porta i suoi frutti la pastorale dei giovani nelle sue molteplici forme. Portano i loro frutti sia la consapevolezza sia l’atteggiamento apostolico dei giovani stessi.

In pari tempo la Giornata della Gioventù è, in un certo senso, un nuovo inizio sulla via di tale apostolato e della pastorale che ad esso serve. Grazie a ciò prende forma concreta ciò che - sulla base del Concilio Vaticano II - si è soliti chiamare “una nuova evangelizzazione”. È chiaro che proprio i giovani, le nuove generazioni devono diventare protagoniste di questa nuova evangelizzazione.

L’opera insostituibile dei Vescovi, dei sacerdoti e dei religiosi

6. Questa Giornata Mondiale è stata intensamente preparata da parte delle varie Conferenze Episcopali, ma soprattutto da parte delle commissioni nazionali per i giovani, costituite in molti paesi; il tutto sotto il coordinamento del pontificio consiglio per i laici.

Nei giorni immediatamente precedenti la Giornata Mondiale, in Santiago de Compostela si è svolto un “Forum Internazionale dei Giovani”, al quale hanno preso parte rappresentanti di più di cinquanta paesi. Questo intenso lavoro preparatorio, unito alla forza spirituale del pellegrinaggio, ha dato un risultato superiore al previsto. Il numero dei giovani che si sono recati in pellegrinaggio a Santiago si calcola in oltre mezzo milione. Al di là, tuttavia, delle cifre e degli aspetti esteriori della manifestazione, preme sottolineare con vivo apprezzamento sia l’opera insostituibile prestata, in questa occasione, da tanti sacerdoti e religiosi, specie per quanto riguarda la preparazione spirituale e, soprattutto, le sacre confessioni, sia, in generale, il lavoro silenzioso, ma costante, di coloro che, come animatori ed animatrici, accompagnano giorno dopo giorno il cammino di crescita spirituale dei giovani, sostenendoli nell’impegno di seguire coraggiosamente Cristo “Via, Verità e Vita”.

Covadonga: la pietra della identità nazionale cattolica

7. Un complemento al pellegrinaggio a Santiago de Compostela è stata la visita al santuario della Madonna di Covadonga, nel territorio dell’arcidiocesi di Oviedo. Proprio in questa parte della Spagna, le Asturie, fu iniziata l’opera della liberazione del Paese dall’occupazione araba. Ed essa fu al tempo stesso la lotta per la difesa dei valori cristiani.

Ciò ha avuto luogo nel secolo VIII con don Pelayo.

Difendendosi dagli invasori e riconquistando la propria terra nella penisola iberica, gli avi della Spagna attuale posero insieme, in un certo senso, una pietra angolare della loro identità nazionale e cristiana (cattolica).

Il santuario della Madonna di Covadonga è intimamente collegato a tutto questo importante processo e resta quale culla della Spagna cristiana e simbolo della sua identità nazionale.

Cristo è la pietra angolare

8. I giovani, che da diversi paesi d’Europa sono venuti a Santiago de Compostela per la Giornata Mondiale, sono consapevoli del fatto che avviare una nuova evangelizzazione significa far riferimento a quell’inizio che, in diversi luoghi del continente, avvenne secoli or sono. Cristo è la pietra angolare. È lui che ha detto di se stesso. “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Costruendo su di lui, ritroviamo non solo la via al passato dei popoli europei, ma anche la via verso il futuro. E questa è “la via, la verità e la vita” che di nuovo si conferma come l’unica valida per le generazioni che, nel prossimo millennio, s’affacceranno alla ribalta della storia.



Ad un gruppo di pellegrini francesi

Ai fedeli di lingua inglese


Ai fedeli di lingua tedesca

Ai numerosi fedeli di lingua spagnola

A numerosi pellegrini di lingua portoghese

Ai pellegrini polacchi

Ad alcuni gruppi di lingua italiana

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto al gruppo dei Vigili Urbani della città di Varese: a loro va il mio augurio di un servizio sempre diligente e sollecito per il buon ordine della cittadinanza, mentre prego il Signore per loro e li affido alla continua assistenza della divina Provvidenza.
* * *


Un pensiero cordiale ed affettuoso anche al gruppo di sportivi di Cuneo, i quali, dopo varie tappe in luoghi rinomati per le proprie tradizioni religiose e culturali, sono giunti a Roma, a coronamento del loro pellegrinaggio. Cari Fratelli, i nobili ideali dello sport vi servano a cementare gli animi nell’amicizia e fraternità e in tutte le virtù umane e cristiane.
* * *


Voglio segnalare pure, la presenza del gruppo parrocchiale proveniente da Piovà Massaia, in diocesi di Asti. Il vostro pellegrinaggio, cari fratelli, è diretto a Frascati, dove intendete pregare presso la tomba del Cardinale Guglielmo Massaia, illustre figlio della vostra terra. Mi unisco anch’io alle vostre preghiere, vi ringrazio per la vostra visita.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Cari giovani, ammalati e sposi novelli, siate i benvenuti.

In questo mese di agosto abbiamo invocato la Vergine Santa sotto vari titoli.

Ieri la liturgia ce l’ha fatta ricordare con il titolo di Regina del cielo e della terra.

Non perdete mai di vista i valori perenni, sull’esempio della Vergine Maria, che ha detto il suo “sì” al Signore in totale generosità. E siate aperti a tutto ciò che è bello e buono, senza rinunziare alle certezze che ci sono state tramandate e che poggiano sulla parola di Dio.

Affido i cari ammalati alla materna bontà della nostra Regina, perché renda meno dure le loro prove, nella certezza di essere suoi figli prediletti.

La Regina del cielo e della terra sia anche la sovrana delle nuove famiglie. Insegni loro l’amore e il rispetto reciproci. La fiducia nella Provvidenza sia la roccia su cui poggia il fondamento delle loro case!

Accompagni voi tutti la mia Benedizione.




Mercoledì, 30 agosto 1989

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Castel Gandolfo -


1. Nel giorno di Pentecoste si manifesta al mondo, per opera dello Spirito Santo, la Chiesa, scaturita dalla morte redentrice di Cristo. Questo è il tema dell’odierna catechesi, introdotta da quella precedente sulla discesa dello Spirito Santo che ha dato inizio al nuovo Popolo di Dio. Abbiamo visto che, in riferimento all’antica alleanza tra Dio-Signore e Israele come suo popolo “eletto”, il popolo della nuova alleanza stretta “nel sangue di Cristo” (cf.
1Co 11,25), è chiamato nello Spirito Santo alla santità. È il popolo consacrato mediante la “unzione dello Spirito Santo” già nel sacramento del Battesimo. È il “sacerdozio regale” chiamato ad offrire “i doni spirituali” (cf. 1P 2,9).

Formando in questo modo il popolo della nuova alleanza, lo Spirito Santo rende manifesta la Chiesa, che è scaturita dal Cuore del Redentore trafitto sulla Croce.

2. Già nelle catechesi del ciclo cristologico abbiamo dimostrato che Gesù Cristo, “trasmettendo agli apostoli il regno ricevuto dal Padre” (cf. Lc 22,29 et etiam Mc 4,11), pone le fondamenta per l’edificazione della sua Chiesa. Egli infatti non si è limitato ad attrarre ascoltatori e discepoli mediante la parola del Vangelo e i “segni” da lui operati, ma ha chiaramente annunciato di voler “edificare la Chiesa” sugli apostoli, e in particolare su Pietro (cf. Mt 16,18). Quando giunge l’ora della sua Passione, la sera della vigilia, egli prega per la loro “consacrazione nella verità” (cf. Jn 17,17), prega per la loro unità: “perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, . . . perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (cf. Jn 17,21-23). Infine dà la sua vita “in riscatto per molti” (Mc 10,45), “per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Jn 11,52).

3. La costituzione conciliare Lumen Gentium sottolinea il legame tra il mistero pasquale e la Pentecoste: “Quando Gesù, dopo aver sofferto la morte in croce per gli uomini, risorse, apparve quale Signore e Messia e Sacerdote in eterno, ed effuse sui suoi discepoli lo Spirito promesso” (Lumen Gentium LG 5). Questo si è compiuto in conformità con gli annunci dati da Gesù nel Cenacolo prima della Passione, e rinnovati prima della sua definitiva dipartita da questa terra per tornare al Padre: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni in Gerusalemme, . . . e fino agli estremi confini della terra” (Ac 1,8).

Questo fatto è culminante e decisivo per l’esistenza della Chiesa. Cristo l’ha annunziata, istituita, e poi definitivamente “generata”, sulla Croce mediante la sua morte redentrice. Tuttavia l’esistenza della Chiesa è divenuta palese il giorno di Pentecoste, quando discese lo Spirito Santo, e gli apostoli cominciarono a “rendere testimonianza” al mistero pasquale di Cristo. Possiamo parlare di questo fatto come di una nascita della Chiesa, come parliamo della nascita di un uomo al momento in cui esce dal seno della madre e “si manifesta” al mondo.

4. Nell’enciclica Dominum et Vivificantem ho scritto: “Il tempo della Chiesa ha avuto inizio con la “venuta”, cioè con la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti nel cenacolo di Gerusalemme insieme con Maria, la Madre del Signore. Il tempo della Chiesa ha avuto inizio nel momento in cui le promesse e gli annunci, che così esplicitamente si riferivano al Consolatore, allo Spirito di verità, hanno cominciato ad avverarsi in tutta potenza ed evidenza sugli apostoli, determinando così la nascita della Chiesa . . . Lo Spirito Santo ha assunto la guida invisibile - ma in certo modo “percettibile” - di coloro che, dopo la dipartita del Signore Gesù, sentivano profondamente di essere rimasti orfani. Con la venuta dello Spirito essi si sono sentiti idonei a compiere la missione loro affidata. Si sono sentiti pieni di fortezza. Proprio questo ha operato in loro lo Spirito Santo, e questo egli opera continuamente nella Chiesa mediante i loro successori” (Dominum et Vivificantem DEV 25).

5. La nascita della Chiesa è come una “nuova creazione” (cf. Ep 2,15). Si può stabilire un’analogia con la prima creazione, quando “il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita” (Gn 2,7). A questo “alito di vita” l’uomo deve lo “spirito”, che nel composto umano fa si che egli sia uomo-persona. A questo “alito” creativo ci si deve rifare quando si legge che Cristo risorto, apparendo agli apostoli riuniti nel Cenacolo, “alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi»” (Jn 20,22-23). Questo evento, che ebbe luogo la sera stessa di Pasqua, può essere considerato una Pentecoste anticipata, non ancora pubblica. Seguì poi, il giorno di Pentecoste, la manifestazione pubblica del dono dello Spirito, quando Gesù Cristo, “innalzato alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso” (Ac 2,33). Allora per opera dello Spirito Santo si è avuta “la nuova creazione” (cf. Ps 104,30).

6. Oltre all’analogia con il libro della Genesi, si può trovarne un’altra in un passo del libro del profeta Ezechiele, dove leggiamo: “Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti perché rivivano” (Ez 37,9). “Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d’Israele” (Ez 37,12). “Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete . . . saprete che io sono il Signore” (Ez 37,14). “. . . E lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi” (Ez 37,10).

Questa grandiosa e penetrante visione profetica riguarda la restaurazione messianica di Israele dopo l’esilio, annunciata da Dio dopo la lunga sofferenza (cf. Ez 37,11-14). È lo stesso annuncio di ripresa e di nuova vita dato da Osea (cf. Os Os 6,2 Os 13,14) e da Isaia (Is 26,19). Ma il simbolismo usato dal profeta immetteva nell’anima di Israele l’aspirazione verso l’idea di una risurrezione individuale, forse già intravista da Giobbe (cf. Gb Jb 19,25). Tale idea sarebbe maturata successivamente, come attestano altri passi dell’antico (cf. Da 12,2 2M 7,9-14 2M 7,23-36 2M 12,43-46) e del nuovo testamento (Mt 22,29-32 1Co 15). Ma in quell’idea c’era la preparazione al concetto della “vita nuova”, che sarà rivelata nella Risurrezione di Cristo e che per opera dello Spirito Santo scenderà su coloro che crederanno. Anche nel testo di Ezechiele possiamo dunque leggere, noi credenti in Cristo, una certa analogia pasquale.

7. Ed ecco un ultimo aspetto del mistero della Chiesa nascente sotto l’azione dello Spirito nel giorno della Pentecoste. In essa si realizza la preghiera sacerdotale di Cristo nel Cenacolo: “perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Jn 17,21). Discendendo sugli apostoli raccolti intorno a Maria, madre di Cristo, lo Spirito Santo li trasforma e li unisce, “colmandoli” con la pienezza della vita divina. Essi diventano “una sola cosa”: una comunità apostolica, pronta a rendere testimonianza a Cristo crocifisso e risorto. Questa è la “nuova creazione” scaturita dalla Croce e vivificata dallo Spirito Santo, il quale nel giorno della Pentecoste l’ha avviata nella storia.

Ai pellegrini di lingua francese

Ad alcuni gruppi di espressione inglese

Ai fedeli di lingua tedesca


Ai fedeli giunti dalla Spagna e da Paesi dell’America Latina

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ad un gruppo di pellegrini ungheresi

VORREI SALUTARE due gruppi di pellegrini ungheresi provenienti dalla città di Szopron (Diocesi di Djör) e dalla parrocchia di Eerd-Ovaarosz (Diocesi di Seekeszfeheervaar).

Ai connazionali polacchi

Ad alcuni gruppi italiani

Saluto tutti i gruppi di lingua italiana, in particolare il folto gruppo, di Religiose, provenienti soprattutto dall’Italia, ma anche dall’Asia, Africa ed America Latina, le quali stanno partecipando alla Ventunesima Settimana Biblica Nazionale presso il Teresianum. Mi auguro, care Sorelle, che questi giorni siano per voi veramente ricchi di nuove e sante ispirazioni per un migliore impegno nella vostra vita di anime consacrate.
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Saluto pure i seminaristi della Diocesi di Bergamo, i quali sono presenti insieme con i loro assistenti, superiori e familiari. Grazie, cari giovani, per questa testimonianza di affetto. Spero proprio che questa visita a Roma vi sia di grande conforto per il cammino spirituale che avete intrapreso.
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Il mio pensiero va pure al gruppi di Allievi Ufficiali della Prima Compagnia della Scuola del Genio di Roma. A voi, cari giovani, ai vostri familiari, ai vostri Superiori il mio cordiale benvenuto. Possiate ricevere da questa visita, nella luce della fede, una motivazione più profonda dell’esperienza che attualmente state conducendo, così da orientarla meglio alla vostra maturazione umana ed al servizio della società e della pace.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Ai giovani, ai malati ed alle coppie degli sposi novelli, rivolgo ora una cordiale parola di saluto e di esortazione

Cari fratelli e sorelle, nel dirvi la mia gioia per la vostra presenza a questa Udienza, invito ciascuno di voi a guardare a Cristo, per imparare da lui a testimoniare l’amore di Dio per l’umanità. Voi giovani portate nel mondo la speranza cristiana che è possibile crescere come uomini onesti e coerenti.

Voi malati, proseguite nel tempo la sofferta donazione di Gesù, che ha posto nella croce la salvezza. E voi, coniugi, che avete reso santo il vostro reciproco amore, sappiate mostrare come sia lieta l’esistenza quando è posta nella carità di Dio.

A voi tutti, imparto la mia Benedizione Apostolica.

Un nuovo invito a pregare per la pace in Libano è rivolto questa mattina dal Santo Padre ai fedeli di tutto il mondo. Cogliendo l’occasione offertagli dalla presenza di un gruppo di giovani libanesi all’udienza generale di questa mattina nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre esprime ancora una volta il desiderio di pace che accomuna tutto ti popolo libanese ed invita la Chiesa a sostenerlo con la preghiera.

Sono felice di accogliere affettuosamente il gruppo di giovani libanesi presenti qui tra di noi. Tutti noi amiamo il loro Paese; tutti noi speriamo ardentemente che esso ritroverà la pace. Al termine di questa udienza, come è consuetudine, canteremo il “Padre Nostro”: oggi lo faremo insieme pregando specialmente per il Libano.

A tutti voi, giovani e adulti, offro di cuore la mia Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 6 settembre 1989

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Castel Gandolfo -


1. Quando la Chiesa, scaturita dal sacrificio della Croce, cominciò il suo cammino nel mondo per opera dello Spirito Santo disceso nel Cenacolo il giorno di Pentecoste, ebbe inizio “il suo tempo”, il “tempo della Chiesa” come collaboratrice dello Spirito nella missione di far fruttificare la Redenzione di Cristo nell’umanità, di generazione in generazione. Proprio in questa missione e collaborazione con lo Spirito si attua la “sacramentalità” che le attribuisce il Concilio Vaticano II, quando insegna che “. . . la Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium
LG 1). Questa “sacramentalità” ha un significato profondo in relazione al mistero della Pentecoste, che dà alla Chiesa il vigore e i carismi per operare visibilmente in tutta la famiglia umana.

2. In questa catechesi vogliamo considerare principalmente il rapporto tra la Pentecoste e il sacramento del Battesimo. Sappiamo che la venuta dello Spirito Santo fu annunciata al Giordano insieme con la venuta di Cristo. Fu Giovanni Battista ad associare le due venute, e anzi a mostrarne l’intima connessione, parlando di “battesimo”: “Egli vi battezzerà con lo Spirito Santo” (Mc 1,8): “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3,11). Questo legame tra lo Spirito Santo e il fuoco va collocato nel contesto del linguaggio biblico, che già nell’antico testamento presentava il fuoco come il mezzo adoperato da Dio per purificare le coscienze (cf. Is 1,25 Is 6,5-7 Za 13,9 Ml 3,2-3 Si 2,5 etc.). A sua volta il battesimo, che si praticava nel giudaismo e in altre religioni antiche, era un’immersione rituale, con cui veniva significata una purificazione rinnovatrice. Giovanni Battista aveva adottato questa pratica del battesimo nell’acqua, pur sottolineando che il suo valore non era solo rituale, ma morale, poiché era “per la conversione” (cf. Mt 3,2 Mt 3,6 Mt 3,8 Mt 3,11 Lc 3,10-14). Inoltre esso costituiva una sorta di iniziazione, mediante la quale coloro che lo ricevevano diventavano discepoli del Battista e costituivano intorno a lui e con lui una certa comunità caratterizzata dall’attesa escatologica del Messia (cf. Mt 3,2 Mt 3,11 Jn 1,19-34). Esso, tuttavia, era un battesimo d’acqua, non aveva cioè un potere di purificazione sacramentale. Tale potere sarebbe stato proprio del battesimo di fuoco - elemento in sé ben più potente dell’acqua - portato dal Messia. Giovanni proclamava la funzione preparatoria e simbolica del suo battesimo in rapporto al Messia, che doveva battezzare “in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3,11 Mt 3,7 Mt 3,10 Mt 3,12 Jn 1,33). E aggiungeva che se col fuoco dello Spirito il Messia avrebbe purificato a fondo gli uomini ben disposti, raccolti come “grano nel granaio”, avrebbe però bruciato “la pula con un fuoco inestinguibile” (Mt 3,12), come il “fuoco della Geenna” (cf. Mt 18,8-9), simbolo della consumazione a cui è destinato tutto ciò che non si è lasciato purificare (cf. Is 66,24 Jdt 16,17).

3. Mentre sta volgendo la sua funzione profetica e prefiguratrice sulla linea del simbolismo dell’antico testamento, il Battista un giorno s’incontra con Gesù alle acque del Giordano. Egli riconosce in lui il Messia, del quale proclama che è “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Jn 1,29) e, dietro sua richiesta, lo battezza (cf. Mt 3,14-15), ma, nello stesso tempo, rende testimonianza alla sua messianità, di cui si professa un semplice annunciatore e precursore (cf. Jn 1,30-31). Questa testimonianza di Giovanni è integrata dalla comunicazione, che egli stesso fa ai suoi discepoli e ascoltatori, circa l’esperienza da lui avuta in quella circostanza, e che forse gli ha fatto ricordare la narrazione della Genesi sulla conclusione del diluvio (cf. Gn 8,10): “Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo . . .” (Jn 1,32-33 cf. Mt 3,16 Mc 1,8 Lc 3,22).

“Battezzare in Spirito Santo” significa rigenerare l’umanità con la potenza dello Spirito di Dio: è ciò che fa il Messia, sul quale, come aveva predetto Isaia (Is 11,12 Is 42,1), riposa lo Spirito, colmandone l’umanità di valore divino a partire dall’Incarnazione fino alla pienezza della Risurrezione dopo la morte in Croce (cf. Jn 7,39 Jn 14,26 Jn 16,7 Jn 16,8 Jn 20 Jn 22 Lc 24,29). Acquisita questa pienezza, il Messia Gesù può dare il nuovo battesimo nello Spirito di cui è pieno (cf. Jn 1,33 Ac 1,5). Dalla sua umanità glorificata, come da sorgente d’acqua viva, lo Spirito si espanderà sul mondo (cf. Jn 7,37-39 Jn 19,34 cf. Rm 5,5). Questo è l’annuncio che fa il Battista nel rendere testimonianza a Cristo in occasione del battesimo, nel quale si fondono i simboli dell’acqua e del fuoco, a espressione del mistero della nuova energia vivificatrice che il Messia e lo Spirito hanno riversato nel mondo.

4. Anche Gesù, durante il suo ministero, parla della sua Passione e morte come di un battesimo che lui stesso deve ricevere: un battesimo, perché dovrà essere immerso totalmente nella sofferenza, simboleggiata anche dal calice che dovrà bere (cf. Mc 10,38 Mc 14,36); ma un battesimo collegato da Gesù con l’altro simbolo del fuoco, che egli è venuto a portare sulla terra (Lc 12,49-50): fuoco, nel quale è abbastanza facile intravedere lo Spirito Santo che “colma” la sua umanità e che un giorno, dopo l’incendio della Croce, si espanderà nel mondo come propagazione del battesimo di fuoco, che Gesù desidera così intensamente ricevere da essere angosciato finché non si sia compiuto in lui (cf. Lc 12,50).

5. Ho scritto nell’enciclica Dominum et Vivificantem: “Nell’Antico Testamento si parla più volte del fuoco dal cielo che bruciava le offerte presentate dagli uomini. Per analogia si può dire che lo Spirito Santo è il fuoco dal cielo, che opera nel profondo del mistero della croce . . . Come amore e dono discende, in un certo senso, nel cuore stesso del sacrificio che viene offerto sulla croce. Riferendoci alla tradizione biblica, possiamo dire: egli consuma questo sacrificio col fuoco dell’amore, che unisce il Figlio al Padre nella comunione trinitaria. E poiché il sacrificio della Croce è un atto proprio di Cristo, anche in questo sacrificio egli riceve lo Spirito Santo. Lo riceve in modo tale, che poi egli - ed egli solo con Dio Padre - può darlo agli apostoli, alla Chiesa, all’umanità. Egli solo lo manda dal Padre. Egli solo si presenta davanti agli apostoli riuniti nel Cenacolo, alita su di loro e dice: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi (Jn 20,23)” (Dominum et Vivificantem DEV 41).

6. Così trova il suo adempimento l’annuncio messianico di Giovanni sul Giordano: “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Mt 3,11 cf. Lc 3,16). Qui trova anche realizzazione il simbolismo biblico, col quale Dio stesso si è manifestato come la colonna di fuoco che guidava il suo popolo attraverso il deserto (cf. Ex 13,21-22), come parola di fuoco per cui “la montagna (del Sinai) bruciava fino al cuore dei cieli” (Dt 4,11), come luce nel fuoco (Is 10,17), come fuoco di ardente gloria nell’amore per Israele (cf. Dt 4,24). Trova compimento ciò che Cristo stesso ha promesso, quando ha detto di essere venuto ad accendere il fuoco sulla terra (cf. Lc 12,49), mentre l’Apocalisse dirà di lui che i suoi occhi sono fiammeggianti come un fuoco (cf. Ap 1,14 Ap 2,18 Ap 19,12). Si spiega così che lo Spirito Santo sia inviato nel fuoco (cf. Ac 2,3). Tutto ciò avviene nel mistero pasquale, quando Cristo nel sacrificio della Croce “riceve il battesimo con il quale Egli stesso doveva essere battezzato” (cf. Mc 10,38), e nel mistero della Pentecoste, quando il Cristo risorto e glorificato espande il suo Spirito sugli apostoli e sulla Chiesa.

Per quel “battesimo di fuoco” ricevuto nel suo sacrificio, secondo san Paolo, Cristo nella sua Risurrezione è diventato, quale “ultimo Adamo”, “spirito datore di vita” (1Co 15,45). Per questo il Cristo risorto annuncia agli apostoli: “Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni” (Ac 1,5). Per opera dell’“ultimo Adamo”, Cristo, verrà dato agli apostoli e alla Chiesa “lo Spirito che dà la vita” (cf. Jn 6,63).

7. Nel giorno della Pentecoste si ha la Rivelazione di questo battesimo. Il battesimo nuovo e definitivo, che opera la purificazione e la santificazione per una vita nuova. Il battesimo, in virtù del quale nasce la Chiesa nella prospettiva escatologica che si estende “fino alla fine del mondo” (cf. Mt 28,20): non solo la “Chiesa di Gerusalemme”, degli apostoli e dei discepoli immediati del Signore, ma la Chiesa tutta “intera” presa nella sua universalità, che si attua attraverso i tempi e i luoghi del suo radicamento terreno.

Le lingue di fuoco che accompagnano l’evento della Pentecoste nel Cenacolo di Gerusalemme, sono il segno di quel fuoco che Gesù Cristo portò e accese sulla terra (cf. Lc 12,49): il fuoco dello Spirito Santo.

8. Nella luce della Pentecoste possiamo meglio comprendere anche il significato del Battesimo come primo sacramento, in quanto è opera dello Spirito Santo. Gesù stesso vi aveva alluso nel colloquio con Nicodemo: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Jn 3,5). In quello stesso colloquio Gesù allude anche alla sua futura morte sulla Croce (cf. Jn 3,14-15) e alla sua esaltazione celeste (cf. Jn 3,13): è il battesimo del sacrificio, dal quale il Battesimo d’acqua, il primo sacramento della Chiesa, riceverà la virtù di operare la nascita dallo Spirito Santo e di aprire agli uomini l’“entrata nel regno di Dio”. Infatti, come scrive san Paolo ai Romani, “quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,3-4). Questo cammino battesimale nella vita nuova ha inizio il giorno della Pentecoste a Gerusalemme.

9. L’Apostolo illustra più volte il significato del Battesimo nelle sue lettere (cf. 1Co 6,11 Tt 3,5 2Co 1,22 Ep 1,13). Egli lo concepisce come un “lavacro di rigenerazione e rinnovamento nello Spirito Santo” (Tt 3,5), foriero di giustificazione “nel nome del nostro Signore Gesù Cristo” (1Co 6,11 cf. 2Co 1,22); come un “sigillo dello Spirito Santo; che era stato promesso” (Ep 1,13); come “una caparra dello Spirito nei nostri cuori” (2Co 1,22). Data questa presenza dello Spirito Santo nei battezzati, l’Apostolo raccomandava ai cristiani di allora e ripete anche a noi oggi: “Non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale foste segnati per il giorno della redenzione” (Ep 4,30).

Ai pellegrini di lingua tedesca



Ad un gruppo di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese

Ad un pellegrinaggio proveniente dal Giappone

SALUTO GLI ILLUSTRISSIMI bonzi giapponesi che hanno partecipato all’Incontro internazionale di preghiera per la pace a Varsavia. Saluto pure le dilettissime studentesse dell’Università Cattolica di Nanzan.

Siamo tutti impegnati nell’edificazione di una pace vera e duratura nel mondo. Per questo scopo dobbiamo altresì educare tutti i giovani alla solidarietà universale e alla pace. Questo è pure l’augurio che formulo a tutti voi e nello stesso tempo vi ringrazio di cuore per la vostra visita.

Ai fedeli di espressione spagnola

Ai gruppi di lingua portoghese


Ai suoi connazionali polacchi


Ai diversi gruppi italiani

Rivolgo ora il mio cordiale saluto ai pellegrini provenienti da Grumo Nevano, in Diocesi di Aversa. La folta rappresentanza ecclesiale e civile della vostra città, carissimi, testimonia l’unità di fondo del vostro popolo, cementata dalla fede. La costruzione della nuova chiesa parrocchiale - che volentieri benedico - sia motivo di crescita nella comunione e scuola di solidarietà e di servizio.
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Saluto con gioia i partecipanti della manifestazione nazionale dei CRAL delle varie regioni italiane. Vi auguro che i diversi itinerari turistici e le vivaci iniziative sportive di questa settimana romana possano essere occasione per un sano riposo ed un sereno arricchimento dello spirito.
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Saluto anche i ciclo-amatori milanesi dell’Unione Sportiva Acli e do il benvenuto agli aderenti alla Libera Associazione Invalidi Civili. A tutti vada il mio pensiero benedicente, nel ricordo delle parole del Signore: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”.
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Nel salutare infine, le religiose della Compagnia di Maria Nostra Signora, penso con affetto a tutte le religiose e i religiosi presenti.

A tutti la mia Apostolica Benedizione.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Desidero ora rivolgere il mio affettuoso saluto ai giovani, agli ammalati, agli sposi novelli, che in questi giorni si trovano, pellegrini, a Roma.

Carissimi, nei prossimi giorni celebreremo la Natività di Maria Santissima, la Madre del Salvatore e nostra, la Madre della grazia divina.

Voi, giovani, sappiate rivolgervi a Lei, con preghiera incessante, perché vi sia sempre compagna, esempio e guida nel perseguire, come veri discepoli del Signore, la mèta della perfezione cristiana.

Voi, ammalati, siate consapevoli che colei che ci è stata affidata come Mamma, ai piedi della Croce, vi è vicina col suo sguardo di predilezione, per esservi di sostegno nella prova e di speranza nelle tribolazioni.

E voi, sposi novelli, abbiate sempre in Maria Santissima non solo il più significativo modello, per la vostra vita familiare, ma anche l’aiuto più efficace nel quotidiano impegno per rinnovare la grazia del sacramento nuziale che avete ricevuto.





Catechesi 79-2005 16889