Catechesi 79-2005 61289

Mercoledì, 6 dicembre 1989

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1. La discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste, dopo il compimento del mistero pasquale con la “dipartita” di Cristo mediante il sacrificio della Croce, corona l’autorivelazione di Dio nel suo Figlio fatto uomo.

In tal modo “si realizza fino in fondo la missione del Messia, cioè di colui che ha ricevuto la pienezza dello Spirito Santo per il popolo eletto di Dio e per l’umanità intera. Letteralmente “Messia” significa “Cristo”, e nella storia della salvezza significa “unto con lo Spirito Santo”. Tale era la tradizione profetica dell’Antico Testamento. Seguendola, Simon Pietro dirà nella casa di Cornelio: “Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea . . . dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret” (
Ac 10,37 s.)” (Dominum et Vivificantem DEV 15). Pietro prosegue con un breve riassunto della storia evangelica, che è anche un embrione del Credo, rendendo testimonianza al Cristo crocifisso e risorto, redentore e salvatore degli uomini, sulla scia di “tutti i profeti” (Ac 10,43).

2. Ma se, da una parte, Pietro ricollega la discesa dello Spirito Santo alla tradizione dell’antico testamento, dall’altra egli sa e proclama che nel giorno della Pentecoste vi è stato l’inizio di un processo nuovo che durerà nei secoli, dando piena realizzazione alla storia della salvezza. Le prime fasi di questo processo sono descritte dagli Atti degli Apostoli. E proprio Pietro si trova al primo posto in un evento decisivo di quel processo: l’entrata del primo pagano nella comunità della Chiesa primitiva, sotto l’evidente influsso dello Spirito Santo che conduce l’azione degli apostoli. Si tratta del centurione romano Cornelio, di stanza a Cesarea. Pietro, che l’aveva introdotto nella comunità dei battezzati, era cosciente dell’importanza decisiva di quell’atto senza dubbio non conforme alle usanze religiose vigenti, ma nello stesso tempo sapeva con certezza che Dio lo aveva voluto. Difatti, entrato nella casa del centurione e “trovate riunite molte persone, dice loro: voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo” (Ac 10,28).

Fu un grande momento nella storia della salvezza. Con quella decisione Pietro faceva uscire la Chiesa primitiva dai confini etnico-religiosi di Gerusalemme e del giudaismo, e si rendeva strumento dello Spirito Santo nel darle l’avvio verso “tutte le genti”, secondo il mandato di Cristo (cf. Mt 28,19). Era così adempiuta in modo pieno e superiore la tradizione profetica sull’universalità del Regno di Dio nel mondo, ben oltre la visuale degli Israeliti attaccati alla legge antica, Pietro aveva aperto la via della legge nuova, nella quale il Vangelo della salvezza doveva giungere agli uomini oltre tutte le distinzioni di nazione, cultura, religione, per far godere a tutti i frutti della Redenzione.

3. Negli Atti degli Apostoli troviamo una descrizione particolareggiata di questo evento. Nella prima parte ci vien fatto conoscere il processo interiore, attraverso il quale passò Pietro per giungere alla consapevolezza personale sul passo da fare. Leggiamo infatti che Pietro, il quale trovava a Giaffa, ospite per alcuni giorni di “un certo Simone conciatore” (Ac 9,43), “salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che diceva: “Alzati Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro rispose: “No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo”. E la voce di nuovo a lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano”. Questo accadde per tre volte; poi d’un tratto quell’oggetto fu risollevato al cielo” (Ac 10,9-16).

Era una “visione”, nella quale forse si proiettavano interrogativi e perplessità che già fermentavano nell’animo di Pietro sotto l’azione dello Spirito Santo alla luce delle esperienze fatte nelle prime forme di predicazione e in collegamento con i ricordi dell’insegnamento e del mandato di Cristo sulla evangelizzazione universale. Era una pausa di riflessione che su quel terrazzo di Giaffa, aperto sul Mediterraneo, preparava Pietro al passo decisivo che doveva fare.

4. Infatti, “Pietro, perplesso si domandava tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto” (Ac 10,17), poi mentre “stava ancora ripensando alla visione, lo Spirito gli disse: “Ecco, tre uomini ti cercano; alzati, scendi e va’ con loro senza esitazione, perché io li ho mandati” (Ac 10,19-20). È dunque lo Spirito Santo che prepara Pietro al nuovo compito. Ed ora anzitutto mediante la visione, con la quale stimola l’Apostolo alla riflessione, dispone l’incontro con i tre uomini - due servi e un pio soldato (Ac 10,7) -, mandati da Cesarea a cercarlo e a invitarlo. Quando il processo interiore è compiuto, lo Spirito dà a Pietro un ordine concreto. Conformandosi ad esso l’Apostolo prende la risoluzione di recarsi a Cesarea, nella casa di Cornelio. Accolto dal centurione e da coloro che vivevano nella sua casa col rispetto dovuto ad un messo divino, Pietro ripensa alla sua visione e domanda ai presenti: “Per quale ragione mi avete fatto venire?” (Ac 10,29).

Cornelio, “uomo giusto e timorato di Dio” (Ac 10,22), spiega all’Apostolo come era sorta l’idea di quell’invito, dovuto anch’esso ad una ispirazione divina. e conclude dicendo: “Ora dunque tutti noi, al cospetto di Dio, siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato” (Ac 10,33).

5. La risposta di Pietro, trasmessaci dagli Atti, è densa di significato teologico e missionario. Leggiamo: “Pietro prese la parola e disse: In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti. Voi conoscete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, incominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni, cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che egli è il giudice dei vivi e dei morti istituito da Dio. Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo nome” (Ac 10,34-43).

6. Era bene riportare integralmente il testo, perché è un ulteriore condensato del kerigma apostolico e una prima sintesi di catechesi, che si fisserà poi nel Credo. Sono il kerigma e la catechesi di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste, ripetuti a Cesarea nella casa del pagano Cornelio, dove si rinnova l’evento del Cenacolo in quella che si potrebbe chiamare la Pentecoste dei pagani, analoga a quella di Gerusalemme, come costata lo stesso Pietro (cf. Ac 10,47 Ac 11,15 Ac 15,8). Leggiamo infatti che “Pietro stava ancora dicendo queste cose quando lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliavano che, anche sopra i pagani si effondesse il dono dello Spirito Santo” (Ac 10,44-45).

7. “Allora Pietro disse: «Forse che si può proibire che siano battezzati con l’acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?»” (Ac 10,47).

Lo dissi davanti ai “fedeli circoncisi”, ossia provenienti dall’ebraismo, i quali si meravigliavano perché udivano che i congiunti e gli amici di Cornelio “parlavano lingue e glorificavano Dio” (cf. Ac 10,46), proprio come era avvenuto a Gerusalemme il giorno della prima Pentecoste. Un’analogia di eventi piena di significato: e anzi quasi lo stesso evento, un’unica Pentecoste, verificata in diverse circostanze.

Identica è la conclusione: Pietro “ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo” (Ac 10,48). Si ha allora il Battesimo dei primi pagani. Così in virtù della sua autorità apostolica, Pietro, guidato dalla luce dello Spirito Santo, dà inizio alla diffusione del Vangelo e della Chiesa oltre i confini d’Israele.

8. Lo Spirito Santo, che era disceso sugli apostoli in virtù del sacrificio redentivo di Cristo, ora ha confermato che il valore salvifico di questo sacrificio comprende tutti gli uomini. Pietro si era sentito dire interiormente: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano” (Ac 10,15). Egli sapeva benissimo che la purificazione era avvenuta per mezzo del sangue di Cristo, Figlio di Dio, il quale, come leggiamo nella lettera agli Ebrei (He 9,14), “con uno Spirito eterno offri se stesso senza macchia a Dio”, sicché siamo sicuri che quel sangue “purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente”. Pietro si era meglio reso conto che erano giunti i nuovi tempi nei quali, come avevano predetto i profeti, anche i sacrifici dei pagani sarebbero stati graditi a Jahvè (cf. Is 56,7 Ml 1,11 etiam Rm 15,16 Ph 4,18 1P 2,5). Perciò disse con piena consapevolezza al centurione Cornelio: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone”, come Israele aveva appreso già dal Deuteronomio, riecheggiante nelle parole dell’Apostolo: “Il Signore vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei signori, il Dio grande, forte e terribile, che non usa parzialità . . .” (Dt 10,17). Gli Atti ci attestano che Pietro fu il primo ad afferrare il senso nuovo di questa idea antica, quale venne trasferita nella dottrina degli apostoli (cf. 1P 1,17 Ga 2,6 Rm 2,11).

Tale è la genesi interiore di quelle belle parole dette a Cornelio sul rapporto umano con Dio: “. . . chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto” (Ac 10,35).

Ai fedeli di espressione linguistica francese

Ai pellegrini di lingua inglese

Ai molti fedeli di espressione linguistica tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese


Ai suoi connazionali polacchi

Ai numerosi fedeli italiani

Mi è gradito ora rivolgere un cordiale saluto ai gruppi di pellegrini di lingua italiana. Abbiamo tra noi il gruppo folkloristico “Il Borgo”, di Vinchiaturo, in diocesi di Campobasso. Mi compiaccio con voi, cari giovani, per il vostro intento di mantener vive le sane tradizioni popolari della vostra terra: è un prezioso contributo culturale che date alla società; vi auguro pertanto ogni buon successo.
* * *


È inoltre presente il gruppo della società polisportiva di Bellegra, in diocesi di Subiaco, insieme con le autorità civili ed i dirigenti sportivi. Un cordiale saluto anche a voi, con l’augurio che gli ideali dello sport siano sempre per voi inquadrati in una concezione della vita che mira all’elevazione morale dell’uomo e della società.

Rallegramenti, infine, al caro alunno Leonardo Giorgetti, del Collegio Nazareno di Roma, presente con i suoi familiari e compagni di scuola. Egli ha ricevuto un premio bello e impegnativo - quello della “bontà”. Gli auguro che sappia impegnarsi ancora, sforzandosi di essere a tutti di esempio nella bontà.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Rivolgo ora il mio saluto ai Giovani, agli Ammalati e agli Sposi Novelli

Vi ringrazio della vostra presenza all’Udienza Generale, perché essa è segno della vostra fede e della vostra testimonianza cristiana: il pellegrinaggio a Roma e l’incontro con il Papa approfondiscano sempre più le vostre convinzioni religiose, dilatando i vostri animi alla bontà e alla carità universale.

Oggi celebriamo nella Liturgia la memoria del grande santo ecumenico, Nicola di Bari, santo conosciuto per il suo amore verso i poveri, Vescovo di Mira, in Asia Minore, prese parte al Concilio di Nicea nel 325. Le sue reliquie furono trasportate nel secolo XI a Bari, dove venne costruita una grandiosa Cattedrale. San Nicola è molto venerato nella Chiesa Ortodossa russa, ma egli è santo universale, tanto che, nel suo nome sono fiorite gentili tradizioni, specie tra i popoli nordici.

Invocatelo, cari giovani, affinché San Nicola vi faccia sempre più attenti alle necessità dei più poveri, e buoni con tutti: voi malati, chiedetegli il dono dell’unione tra i Cristiani, offrendo a questo scopo le vostre sofferenze; e voi, Sposi Novelli, affidate a San Nicola la vostra nuova vita e la vostra famiglia, affinché sempre regnino tra di voi la pace e la serenità nella carità!

E vi aiuti e vi accompagni anche la mia Benedizione!




Mercoledì, 13 dicembre 1989

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1. Dopo il Battesimo dei primi pagani, avvenuto per ordine di Pietro a Cesarea nella casa del centurione Cornelio, l’apostolo si fermò alcuni giorni tra quei nuovi cristiani, dietro loro invito (cf.
Ac 10,48). Ciò non piacque agli “apostoli” e ai “fratelli” rimasti a Gerusalemme, che di questo lo rimproverarono al suo ritorno (cf. Ac 11,3). Pietro, piuttosto che difendersi da quell’accusa, preferì “raccontare per ordine come erano avvenute le cose” (Ac 11,4), in modo che i fratelli provenienti dall’ebraismo potessero valutare tutta l’importanza del fatto che “anche i pagani avevano accolto la parola di Dio” (Ac 11,1).

Li mise, dunque, al corrente della visione avuta a Giaffa, dell’invito di Cornelio, della spinta interiore impressagli dallo Spirito per fargli vincere ogni esitazione (cf. Ac 11,12) e, infine, della discesa dello Spirito Santo sui presenti nella casa del centurione (cf. Ac 11,16), per concludere così la sua relazione: “Mi ricordai allora di quella parola del Signore che diceva: “Giovanni battezzò con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo”. Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io per porre impedimento a Dio?” (Ac 11,17).

Questa, secondo Pietro, era la vera questione, non il fatto di avere accettato l’ospitalità di un centurione proveniente dal paganesimo, cosa insolita e ritenuta illegittima dai cristiani di origine ebraica di Gerusalemme, È bello vedere quanto sia stata efficace la parola di Pietro, giacché leggiamo negli Atti che “all’udir questo si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo: Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!” (Ac 11,18).

Era la prima vittoria sulla tentazione del particolarismo socio-religioso che minacciava la Chiesa primitiva in quanto nata dalla comunità gerosolimitana e giudea. L’altra vittoria l’avrebbe riportata, in modo anche più clamoroso, con l’aiuto di Pietro, l’apostolo Paolo. Di questo riparleremo.

2. Ora soffermiamoci a considerare come Pietro prosegua nella via iniziata col Battesimo di Cornelio: si vedrà di nuovo che è lo Spirito Santo a guidare gli apostoli in questa direzione.

Gli Atti ci dicono che i convertiti di Gerusalemme, “dispersi dalla persecuzione scoppiata al tempo di Stefano”, facevano opera di proselitismo nei luoghi dove si erano stabiliti, ma “non predicavano la parola a nessuno fuorché ai Giudei” (Ac 11,19). Alcuni di loro, tuttavia, cittadini di Cipro e di Cirene, giunti ad Antiochia, capitale della Siria, cominciarono a parlare anche ai Greci (ossia ai non-giudei), predicando la buona Novella del Signore Gesù. “E la mano del Signore era con loro e così un gran numero credette e si convertì al Signore. La notizia giunse agli orecchi della Chiesa di Gerusalemme, la quale mandò Barnaba ad Antiochia” (Ac 11,20-22).

Era una sorta di ispezione decisa dalla comunità che, essendo quella originaria, si attribuiva il compito della vigilanza sulle altre Chiese (cf. Ac 8,14 Ac 11,1 Ga 2,2).

Barnaba andò ad Antiochia: e quando vi giunse “vide la grazia del Signore, si rallegrò e, da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al Signore. Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiochia. Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (Ac 11,24-26).

È un altro momento decisivo per la nuova fede fondata nell’alleanza in Cristo, crocifisso e risorto. Anche la nuova denominazione di “Cristiani” manifesta la solidità del vincolo che unisce fra loro i membri della comunità. La “Pentecoste dei pagani” illuminata dalla predicazione e dal comportamento di Pietro porta progressivamente a compimento l’annuncio di Cristo sullo Spirito Santo: “Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Jn 16,14). L’affermarsi del cristianesimo sotto l’azione dello Spirito Santo attua con evidenza crescente la glorificazione del “Signore Gesù”.

3. Nel quadro delle relazioni tra la Chiesa di Antiochia e quella di Gerusalemme, abbiamo visto entrare sulla scena Saulo di Tarso, condotto da Barnaba ad Antiochia. Gli Atti ci dicono che “rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente” (Ac 11,26). Poco dopo aggiungono che un giorno, “mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: “Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono. Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Seleucia e di qui salparono verso Cipro” (Ac 13,2-4) - si ricordi che Cipro era la patria di Barnaba (cf. Ac 4,36). La vocazione e la missione di Saulo, accanto a Barnaba, si delinea così come voluta dallo Spirito Santo, il quale apre una nuova fase di sviluppo nella vita della Chiesa primitiva.

4. È nota la storia della conversione di Saulo di Tarso e la sua importanza per l’evangelizzazione del mondo antico, da lui affrontata con tutto lo slancio e il vigore della sua anima gigantesca, quando da Saulo divenne Paolo, l’Apostolo delle nazioni (cf. Ac 13,9).

Qui ricorderemo soltanto le parole che gli rivolse il discepolo Anania di Damasco, quando per ordine del Signore andò a trovare, “nella casa di Giuda, nella strada chiamata Diritta” (Ac 9,10), il persecutore dei cristiani spiritualmente trasformato dall’incontro con Cristo.

Secondo gli Atti, “allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: «Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo»” (Ac 9,17). Di fatto Saulo riebbe la vista e subito cominciò a render la sua testimonianza nelle sinagoghe prima di Damasco, “dimostrando che Gesù è il Cristo” (Ac 9,22), e poi di Gerusalemme, dove, presentato da Barnaba, andava e veniva, “parlando apertamente nel nome del Signore”, e discutendo “con gli Ebrei di lingua greca” (Ac 9,29). Questi ebrei “ellenisti”, violentemente avversi a tutti i propagandisti cristiani (cf. Ac 6,9 s; Ac 7,58 Ac 9,1 Ac 21,27 Ac 24,19), sono particolarmente accaniti contro Saulo, fino a tentare di ucciderlo (cf. Ac 9,29). “Venutolo però a sapere i fratelli, lo condussero a Cesarea e lo fecero partire per Tarso” (Ac 9,30). E qui dove andrà a ricercarlo Barnaba per condurlo con sé ad Antiochia (cf. Ac 11,25-26).

5. Già sappiamo che lo sviluppo della Chiesa ad Antiochia, dovuto in gran parte all’afflusso dei “Greci” che si convertivano al Vangelo (cf. Ac 11,20), aveva suscitato l’interesse della Chiesa di Gerusalemme, nella quale però, anche dopo l’ispezione di Barnaba, era rimasta qualche perplessità sul provvedimento seguito nell’ammettere i pagani al cristianesimo senza farli passare per la via di Mosé. Difatti a un certo momento, “alcuni, venuti (ad Antiochia) dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: “Se non vi fate circoncidere secondo l’uso di Mosé, non potete essere salvi”. Poiché Paolo e Barnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione” (Ac 15,1-2).

Era un problema fondamentale, che toccava la stessa essenza del cristianesimo come dottrina e come vita fondata sulla fede in Cristo, e la sua originalità e indipendenza dal giudaismo.

Il problema venne risolto nel “concilio” di Gerusalemme (come si suole chiamarlo), ad opera degli apostoli e degli anziani, ma sotto l’azione dello Spirito Santo. Narrano gli Atti che “dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse: «Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del Vangelo e venissero alla fede. E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi; e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede»” (Ac 15,7-9).

6. Era il momento saliente della presa di coscienza della “Pentecoste dei pagani” nella comunità madre di Gerusalemme, dove si trovavano riuniti i massimi rappresentanti della Chiesa. Questa in tutto il suo insieme sentiva di vivere e di muoversi “colma del conforto dello Spirito Santo” (Ac 9,31). Sapeva che non solo gli apostoli ma anche altri “fratelli” avevano preso decisioni e compiuto azioni sotto la mozione dello Spirito, come, ad esempio, Stefano (Ac 6,5 Ac 7,55), Barnaba e Saulo (Ac 13,2 Ac 13,4 Ac 13,9).

Avrebbe presto conosciuto un fatto avvenuto a Efeso, dove era giunto Saulo diventato Paolo, e così narrato dagli Atti: “Mentre Apollo (un altro predicatore evangelico) era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell’altipiano, giunse a Efeso. Qui trovò alcuni discepoli e disse loro: “Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?”. Gli risposero: “Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo” . . . Dopo aver udito questo si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù e non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano” (Ac 19,1-2 Ac 19,5-6). La comunità di Gerusalemme sapeva dunque che quella sorta di epopea dello Spirito Santo stava svolgendosi attraverso molti portatori di carismi e di ministeri apostolici. Ma in quel primo Concilio si produsse un fatto ecclesiastico-istituzionale, riconosciuto come determinante per l’evangelizzazione del mondo intero, in intima connessione tra l’assemblea, presieduta da Pietro, e lo Spirito Santo.

7. Difatti gli apostoli diedero comunicazione delle conclusioni a cui erano pervenuti e delle deliberazioni che avevano prese, con una formula quanto mai significativa: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi” (Ac 15,28). Era l’espressione della loro piena consapevolezza di agire guidati da questo Spirito di verità, che Cristo aveva loro promesso (cf. Jn 14,16-17). Essi sapevano di attingere da lui il prestigio che rendeva possibile prendere quella decisione, e la stessa certezza delle decisioni prese. Era il paraclito lo Spirito di verità, che in questo momento faceva sì che la “Pentecoste” di Gerusalemme diventasse sempre più anche la “Pentecoste dei pagani”. Così la nuova alleanza di Dio con l’umanità “nel sangue di Cristo” (cf. Lc 22,20) si apriva verso tutti i popoli e nazioni, sino agli estremi confini della terra.

Ai gruppi di lingua francese


Ai pellegrini di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca


Ai visitatori di lingua castigliana

Ai fedeli di lingua portoghese

Alla Sezione Ucraina della Radio Vaticana

Domani la sezione ucraina della radio vaticana segna il suo cinquantenario. Già da mezzo secolo essa unisce il Papa e la Sede Apostolica con gli Ucraini cattolici in Patria. Per molti anni queste trasmissioni sono state le uniche briciole di pane spirituale per coloro che hanno sofferto per la loro fedeltà a Cristo e al suo Vicario, il Papa. La testimonianza della importanza di queste trasmissioni sono le decine di migliaia di lettere dall’Ucraina. In questo momento così importante e storico, pieno di nuove speranze per la Chiesa in Ucraina, imparto di cuore la mia benedizione alla sezione ucraina della radio vaticana, a tutti i collaboratori ed aiutanti e soprattutto a tutti i radioascoltatori che ascoltano la voce della radio del Papa.

Ai pellegrini provenienti dalla Polonia

Ai gruppi e ai pellegrini di lingua italiana

Ed ora il mio affettuoso benvenuto vuole andare ai pellegrini italiani: al gruppo proveniente dalla parrocchia romana di San Tommaso Apostolo a Castel Fusano, parrocchia che ho visitato di recente e a cui rinnovo il mio ringraziamento per l’accoglienza tanto fervida. Vi sono poi le Suore infermiere del Centro Italiano Opere Femminili Salesiane, che stanno partecipando ad un convegno di aggiornamento. Esse, oltre agli ammalati, si dedicano anche all’educazione sanitaria dei giovani. Saluto cordialmente il gruppo di non vedenti, insieme con i loro familiari, appartenenti alla sezione di Ercolano dell’Unione Italiana Ciechi. Oggi è la festa di Santa Lucia, patrona dei non vedenti; la sua intercessione vi dia luce spirituale e vi conduca a vedere nel Regno di Dio.
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Da Anagni, è giunto un gruppo di anziani soci o amici della locale Cassa Rurale ed Artigiana. Salute a voi, cari fratelli, e auguri di pace e prosperità nel Signore! Un caro pensiero anche ai membri dell’Arciconfraternita dei Santi Bartolomeo e Alessandro della Nazione dei Bergamaschi in Roma, che festeggia quest’anno il 450° anniversario della sua fondazione. L’antichità della vostra Associazione è testimonianza di fede e di comunione con la Sede di Pietro! Saluto, infine, il gruppo parrocchiale di Cermes-Tscherms, in diocesi di Bolzano, che ci farà ascoltare quel canto tanto caratteristico chiamato in tedesco “jodler”, e noto in tutto il mondo.
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Rivolgo un cordiale saluto anche ai Sindaci delle città costiere del Mare Adriatico, convenuti a Roma per trattare problemi che interessano le loro popolazioni. Vi ringrazio, Signori, per la vostra presenza, ed auspico caldamente che questo vostro incontro romano possa validamente servire alla soluzione della questione che vi sta a cuore per il bene di tutti.

Il Natale si avvicina, cari fratelli e sorelle; preparatevi ad accogliere degnamente Colui che viene nel mistero della Culla di Betlemme.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Mi è gradito poi salutare i gruppi di Ragazzi e Giovani, i cari Ammalati e le coppie di Sposi Novelli che, con la loro presenza, animano questa Udienza.

Carissimi, la Chiesa fa oggi memoria del “dies natalis” di Santa Lucia, il cui culto, dalla nativa Siracusa e dalla Laguna veneziana, che ne custodisce le spoglie mortali, si è diffuso in tutto il mondo. Il coraggio col quale Lucia, fortificata dal Pane eucaristico, affrontò il martirio, sia di aiuto e di esempio ai Giovani nell’affrontare con gioia l’impegno della testimonianza cristiana. Agli ammalati Ella insegni a non dubitare mai dell’amore di Dio, nel cui progetto sapiente c’è la felicità finale per ogni singola creatura umana. Auguro, infine, che tutti gli Sposi novelli sappiano attingere nella preghiera la forza per realizzare gli ideali di fedeltà e di reciproca donazione, anche quando tali valori esigono il coraggio dell’eroismo.

A tutti imparto la mia Benedizione.




Mercoledì, 20 dicembre 1989

20129

1. Le catechesi sullo Spirito Santo svolte finora, erano legate soprattutto all’evento della Pentecoste. Abbiamo potuto vedere che dal giorno in cui gli apostoli, riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme, furono “battezzati in Spirito Santo” (cf.
Ac 2,4), ebbe inizio un processo che, attraverso varie tappe descritte dagli Atti degli Apostoli, mostra l’azione dello Spirito Santo come quella dell’“altro Paraclito” promesso da Gesù (cf. Jn 14,16), e venuto a dare compimento alla sua opera salvifica. Egli rimane sempre il “Dio nascosto”, invisibile, e tuttavia gli apostoli hanno la piena consapevolezza che è proprio lui ad agire, in essi e nella Chiesa. È lui a guidarli, è lui a dar loro la forza di rendere testimonianza a Cristo crocifisso e risorto, sino al martirio, come nel caso del diacono Stefano; è lui ad indicare loro la strada verso gli uomini, è lui che per loro mezzo converte quanti aprono il cuore alla sua azione. Molti di essi si trovano anche al di fuori di Israele. Il primo è il centurione romano Cornelio a Cesarea. Ad Antiochia e in altri luoghi essi si moltiplicano e la Pentecoste di Gerusalemme si diffonde ampiamente e raggiunge man mano gli uomini e le comunità umane sotto ogni cielo.

2. Si può dire che in tutto questo processo, descritto dagli Atti degli Apostoli, si vede realizzarsi l’annuncio dato da Cristo a Pietro in occasione della pesca miracolosa: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,10 cf. etiam Jn 21,11 Jn 21,15-17).

Anche nell’estasi di Giaffa (cf. Ac 11,5), Pietro dovette rievocare quell’idea di abbondanza, quando vide la tovaglia scendere verso di lui e risalire al cielo piena di “quadrupedi, fiere e rettili della terra e uccelli del cielo”, mentre una voce gli diceva; “Alzati, uccidi e mangia” (Ac 11,6-7). Quell’abbondanza poteva ben significare gli abbondanti frutti del ministero apostolico, che lo Spirito Santo avrebbe prodotto mediante l’azione di Pietro e degli altri apostoli, come Gesù aveva annunciato ancora il giorno precedente alla sua Passione: “In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre” (Jn 14,12). Certo, a costituire la fonte di quell’abbondanza non erano solo le parole umane degli apostoli, ma l’azione dello Spirito Santo direttamente nei cuori e nelle coscienze degli uomini. Dallo Spirito Santo proveniva tutta la “fecondità” spirituale della missione apostolica.

3. Gli Atti degli Apostoli annotano il progressivo allargamento della cerchia di coloro che credevano e aderivano alla Chiesa, a volte dandone il numero, a volte parlandone in modo più generico.

Così a proposito di quanto avvenne nel giorno della Pentecoste a Gerusalemme, leggiamo che “si unirono a loro circa tremila persone” (Ac 2,41). Dopo il secondo discorso di Pietro, siamo informati che “molti . . . di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila” (Ac 4,4).

Luca ci tiene a sottolineare questo incremento numerico dei credenti, sul quale insiste anche in seguito, pur non offrendo nuove cifre: “Intanto la parola di Dio si diffondeva, e si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli a Gerusalemme; anche un gran numero di sacerdoti aderiva alla fede” (Ac 6,7).

Naturalmente ciò che più importa non è il numero, che potrebbe far pensare a delle conversioni in massa. In realtà Luca sottolinea il fatto del rapporto dei convertiti con Dio: “Il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (Ac 2,47). “Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore” (Ac 5,14). E tuttavia il numero ha la sua importanza, come prova o segno di fecondità proveniente da Dio. Perciò Luca ci fa ancora conoscere che “l’aumento del numero dei discepoli” (cf. Ac 6,1) è il motivo per cui furono istituiti sette diaconi. Egli ci dice ancora che “la Chiesa . . . cresceva” (Ac 9,31). In un altro passo ci informa che “una folla considerevole fu condotta al Signore” (Ac 11,24). E inoltre: “Le comunità . . . si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni giorno” (Ac 16,5).

4. In questo incremento numerico e spirituale lo Spirito Santo si lasciava riconoscere come il “Paraclito” annunziato da Cristo. Difatti Luca ci dice che “la Chiesa era . . . colma del conforto dello Spirito Santo” (Ac 9,31). Questo conforto non abbandonava i testimoni e i confessori di Cristo in mezzo alle persecuzioni e alle difficoltà dell’evangelizzazione. Pensiamo alla persecuzione subìta da Paolo e Barnaba ad Antiochia di Pisidia, da dove vengono scacciati. Ciò non toglie loro l’entusiasmo e lo zelo apostolico: difatti “scossa . . . la polvere dai piedi, andarono a Iconio, mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo” (Ac 13,51-52).

Questa gioia, proveniente dallo Spirito Santo, rafforza gli apostoli e i discepoli nelle prove, sicché senza scoraggiarsi continuavano a portare di luogo in luogo il messaggio salvifico di Cristo.

5. Così, sin dal giorno della Pentecoste, lo Spirito Santo si manifesta come colui che dà la forza interiore (dono della fortezza), e contemporaneamente aiuta ad operare le opportune scelte (dono del consiglio), soprattutto quando sono di un’importanza decisiva, come nella questione del Battesimo del centurione Cornelio, il primo pagano che Pietro ammise alla Chiesa, o nel “concilio” di Gerusalemme, quando si trattò di stabilire le condizioni richieste per ammettere tra i cristiani coloro che si convertivano dal paganesimo.

6. Dalla fecondità della Pentecoste derivano anche i “segni” o miracoli, dei quali abbiamo parlato in precedenti catechesi. Essi accompagnavano l’attività degli apostoli, come fanno ripetutamente notare gli Atti: “Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli” (Ac 5,12). Come era avvenuto per l’insegnamento di Cristo, questi segni erano rivolti a confermare la verità del messaggio salvifico. Ciò è detto apertamente a proposito dell’attività del diacono Filippo: “Le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva” (Ac 8,6). L’autore specifica che si trattava di liberazione degli indemoniati e di guarigione dei paralitici e degli storpi. Poi conclude: “E vi fu grande gioia in quella città” (Ac 8,6-8).

Mette conto notare che si trattava di una città della Samaria (cf. Ac 8,9): regione abitata da una popolazione che, pur condividendo con Israele la razza e la religione, ne era però staccata per ragioni storiche e dottrinali (cf. Mt 10,5-6 Jn 4,9). E tuttavia anche i Samaritani aspettavano il Messia (cf. Jn 4,25). Ora il diacono Filippo, condotto dallo Spirito, vi si era portato per annunciare che il Messia era venuto, e di tale “buona notizia” aveva offerto conferma con i miracoli: si spiega pertanto la gioia di quella gente.

7. Gli Atti aggiungono un episodio, al quale dobbiamo fare almeno un accenno, perché dimostra quale elevata concezione dello Spirito Santo avessero i predicatori evangelici.

In quella città della Samaria, prima della venuta di Filippo, vi era “un tale di nome Simone dedito alla magia, il quale mandava in visibilio la popolazione, spacciandosi per un gran personaggio. A lui aderivano tutti, piccoli e grandi . . .” (Ac 8,9-10). Cose di tutti i tempi! “Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la buona Novella del Regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. Anche Simone credette, fu battezzato e non si staccava più da Filippo. Era fuori di sé nel vedere i segni e i grandi prodigi che avvenivano” (Ac 8,12-13).

Quando a Gerusalemme seppero che “anche la Samaria aveva accolto la parola di Dio” predicata da Filippo, gli apostoli “vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi discesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo: non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo” (Ac 8,14-17).

Fu allora che Simone, desideroso di acquisire anch’egli il potere di “conferire lo Spirito”, come gli apostoli, mediante l’imposizione delle mani, offrì loro del danaro per ottenere in cambio quel potere soprannaturale. (Di qui l’origine della parola “simonia” che significa commercio nelle cose sacre). Ma Pietro rispose sdegnato per quel tentativo di acquistare con danaro “il dono di Dio”, che è appunto lo Spirito Santo (Ac 8,20 Ac 2,38 Ac 10,45 Ac 11,17 Lc 11,9 Lc 11,13), minacciando a Simone la maledizione divina.

I due apostoli tornarono poi a Gerusalemme, evangelizzando i villaggi della Samaria dove passarono; Filippo invece scese verso Gaza e, spinto dallo Spirito Santo, accostò un funzionario della regina di Etiopia che transitava sulla strada col suo carro da viaggio, e “gli annunziò la buona novella di Gesù” (Ac 8,25-26 Ac 8,27 Ac 8,35): e a ciò seguì il Battesimo. “Quando furono usciti dall’acqua lo Spirito del Signore rapì Filippo . . .” (Ac 8,39).

Come si vede, la Pentecoste si diffondeva e fruttificava abbondantemente, suscitando adesioni al Vangelo e conversioni nel nome di Gesù Cristo. Gli Atti degli Apostoli sono la storia dell’attuazione della promessa di Cristo: cioè che lo Spirito Santo, mandato da lui, doveva discendere sui discepoli e compiere la sua opera quando egli, terminata la sua “giornata di lavoro” (cf. Jn 5,17), conclusa con la notte della morte (cf. Lc 13,33 Jn 9,4), sarebbe tornato al Padre (cf. Jn 13,1 Jn 16,28). Questa seconda fase dell’opera redentrice di Cristo comincia con la Pentecoste.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai fedeli polacchi

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Nel rivolgere, ora, il mio consueto saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, desidero richiamarli alla riflessione sul mistero del Natale ormai imminente.

Davanti al Figlio di Dio, fatto Bambino, invito poi, giovani, a sempre rinascere sulla grazia di Cristo, la sola che assicura la giovinezza perenne dello spirito. A voi, malati, ricordo che Gesù, venuto sulla terra come uno di noi, ha trasformato la sofferenza in mezzo di salvezza. Esorto voi sposi a non dimenticare mai il Figlio di Dio: scegliendo di nascere in una famiglia umana, ha nobilitato ogni famiglia e l’ha resa in qualche modo Sacra.

Nell’attesa di questo Natale e nella dolcezza che questa solennità suscita nei nostri cuori, tutti vi benedico, augurandovi ogni bene, anche per un sereno Anno Nuovo.

Profondo dolore per le vittime in alcune città della Romania, ferma condanna di ogni violenza, auspici di pacifica convivenza tra le componenti etniche per favorire “la pacifica fruizione dei diritti umani, civili e religiosi di tutto il popolo” e garantire le sue fondamentali libertà: questi i concetti espressi dal Santo Padre in relazione ai dolorosi eventi della Romania, nel corso dell’udienza generale. Ecco le parole pronunciate dal Papa.

Con profondo dolore abbiamo tutti appreso la notizia di morti e di feriti in alcune città della Romania.

Mentre lamento e condanno ogni violenza perpetrata contro inermi cittadini, elevo la mia supplice preghiera al Signore: voglia egli accogliere nella sua pace le anime di queste vittime che hanno perduto la vita quando il mondo cristiano si accinge a celebrare il Natale di colui che invochiamo Principe della pace.

Esprimo, poi, parole di conforto per i feriti e per tutte quelle famiglie che sono in angoscia per questo tragico avvenimento e voglio augurare a tutti i cittadini della diletta nazione Romena un’armoniosa convivenza tra le sue componenti etniche, che favorisca la pacifica fruizione dei diritti umani, civili e religiosi di tutto il popolo e garantisca le sue fondamentali libertà

Dio benedica la Romania!





Catechesi 79-2005 61289