Catechesi 79-2005 28110

Mercoledì, 28 novembre 1990

28110

1. Oggi diamo inizio a una nuova serie di catechesi del ciclo pneumatologico, nel quale ho cercato di attirare l’attenzione degli ascoltatori vicini e lontani sulla fondamentale verità cristiana dello Spirito Santo. Abbiamo visto che il Nuovo Testamento, preparato dall’Antico, ce lo fa conoscere come Persona della santissima Trinità. È una verità affascinante, sia per il suo intimo significato, sia per il suo riflesso sulla nostra vita.

Possiamo anzi dire che si tratta di una verità-per-la-vita, come del resto lo è tutta la rivelazione riassunta nel Credo. In modo speciale lo Spirito Santo ci è stato rivelato e dato perché sia per noi, per tutta la Chiesa, per tutti gli uomini chiamati a conoscerlo, luce e guida di vita.

2. Parliamo anzitutto dello Spirito Santo come principio vivificante della Chiesa.

Abbiamo visto a suo tempo, nel corso delle catechesi cristologiche, che Gesù, fin dall’inizio della sua missione messianica, ha raccolto intorno a sé i discepoli, tra i quali ha scelto i Dodici, chiamati apostoli, e che tra di loro ha assegnato a Pietro il primato della testimonianza e della rappresentanza.

Quando alla vigilia del suo sacrificio sulla croce ha istituito l’Eucaristia, ha dato agli stessi apostoli il mandato e il potere di celebrarla in sua memoria (
Lc 22,19 1Co 11,24-25). Dopo la risurrezione ha conferito loro il potere di rimettere i peccati (Jn 20,22-23) e il mandato della evangelizzazione universale (Mc 16,15). Possiamo dire che tutto ciò si ricollega all’annunzio e alla promessa della venuta dello Spirito, che si attua il giorno della Pentecoste, come riferiscono gli “Atti degli apostoli” (Ac 2,1-4).

3. Il Concilio Vaticano II ci offre alcuni testi significativi sulla decisiva importanza del giorno della Pentecoste, che viene spesso presentato come il giorno natale della Chiesa davanti al mondo. Leggiamo infatti nella costituzione Dei Verbum () che “con l’invio dello Spirito Santo (Cristo) compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina che Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna”. Vi è dunque tra Gesù Cristo e lo Spirito Santo uno stretto collegamento nell’opera salvifica.

A sua volta la costituzione Lumen gentium (LG 4) sulla Chiesa dice dello Spirito Santo: “Questi è lo Spirito che dà vita, è una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cf. Jn 4,14 Jn 7,38-39); per lui il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali”. Dunque, per la potenza e l’azione dello Spirito, mediante il quale è stato risuscitato Cristo, saranno risuscitati coloro che sono a Cristo incorporati. È l’insegnamento di san Paolo, ripreso dal Concilio (cf. Rm 8,10-11).

Lo stesso Concilio aggiunge che, scendendo sugli apostoli, lo Spirito Santo diede inizio alla Chiesa, la quale, nel Nuovo Testamento e specialmente da san Paolo, viene descritta come il corpo di Cristo: “Il Figlio di Dio . . . comunicando il suo Spirito, fa sì che i suoi fratelli, chiamati fra tutte le genti, costituiscano il suo corpo mistico” (Lumen gentium LG 19 LG 7).

La tradizione cristiana, che riprende questo tema paolino dell’“Ecclesia Corpus Christi”, del quale - sempre secondo l’Apostolo - lo Spirito Santo è il principio vivificante, giunge a dire con bellissima espressione che lo Spirito Santo è l’“anima” della Chiesa. Qui basti citare sant’Agostino, che in un suo discorso afferma: “Ciò che il nostro spirito, cioè la nostra anima, è in rapporto alle nostre membra, lo è lo Spirito Santo per le membra di Cristo, cioè per il corpo di Cristo, che è la Chiesa” (Sermo 269, 2: PL 38, 1232). È pure suggestivo un testo della “Somma Teologica”, nel quale san Tommaso d’Aquino, parlando di Cristo capo del corpo della Chiesa, paragona lo Spirito Santo al cuore, perché “invisibilmente vivifica e unifica la Chiesa”, come il cuore “esercita un influsso interiore nel corpo umano” (Summa theologiae, III 8,1, ad 3). Lo Spirito Santo “anima della Chiesa”, “cuore della Chiesa”: è un bel dato della Tradizione, sul quale occorre indagare.

4. È chiaro che, come spiegano i teologi, l’espressione “lo Spirito Santo anima della Chiesa” va intesa in modo analogico. Egli infatti non è forma sostanziale” della Chiesa come lo è l’anima per il corpo umano, col quale costituisce l’unica sostanza uomo. Lo Spirito Santo è il principio vitale della Chiesa, intimo, ma trascendente. Egli è il Datore di vita e di unità della Chiesa, sulla linea della causalità efficiente, cioè come autore e promotore della vita divina del “Corpus Christi”. Lo fa notare il Concilio, secondo il quale Cristo, “perché ci rinnovassimo continuamente in lui (cf. Ep 4,23), ci ha resi partecipi del suo Spirito, il quale unico e identico nel capo e nelle membra, dà a tutto il corpo vita, unità e moto, così che i santi Padri poterono paragonare la sua funzione con quella che esercita il principio vitale, cioè l’anima, nel corpo umano” (Lumen gentium LG 7).

Seguendo questa analogia si potrebbe anzi paragonare tutto il processo della formazione della Chiesa, già nell’ambito dell’attività messianica di Cristo sulla terra, alla creazione dell’uomo secondo il “Libro della Genesi”, e specialmente all’ispirazione dell’“alito di vita” per il quale “l’uomo divenne un essere vivente” (Gn 2,7). Nel testo ebraico il termine usato è “nefesh” (essere animato da un soffio vitale); ma, in un altro passo dello stesso Libro della Genesi (Gn 6,17), il soffio vitale degli esseri viventi viene chiamato “ruah”, cioè “spirito”. Secondo quest’analogia, si può considerare lo Spirito Santo come soffio vitale della “nuova creazione”, che si concretizza nella Chiesa.

5. Il Concilio ci dice ancora che “il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e i credenti avessero così per Cristo accesso al Padre in un solo Spirito” (Lumen gentium LG 4). Questa è la prima e fondamentale forma di vita che lo Spirito Santo, a somiglianza dell’“anima che dà la vita”, infonde nella Chiesa: la santità, secondo il modello di Cristo “che il Padre ha santificato e mandato nel mondo” (Jn 10,36). La santità costituisce l’identità profonda della Chiesa come corpo di Cristo, vivificato e partecipe del suo Spirito. La santità dà la salute spirituale al corpo. La santità decide anche della sua spirituale bellezza: quella bellezza che supera ogni bellezza della natura e dell’arte; una bellezza soprannaturale, nella quale si rispecchia la bellezza di Dio stesso in un modo più essenziale e diretto che in ogni altra bellezza del creato, proprio perché si tratta del “Corpus Christi”. Sul tema della santità della Chiesa torneremo ancora in una prossima catechesi.

6. Lo Spirito Santo viene chiamato “anima della Chiesa” anche nel senso che egli porta la sua luce divina in tutto il pensiero della Chiesa, che “guida a tutta la verità” secondo l’annuncio di Cristo nel Cenacolo: “Quando . . . verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito . . . prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Jn 16,13 Jn 16,15).

È dunque sotto la luce dello Spirito Santo che nella Chiesa avviene l’annunzio della verità rivelata, e si opera l’approfondimento della fede a tutti i livelli del “Corpus Christi”: quello degli apostoli, quello dei loro successori nel magistero, quello del “senso della fede” di tutti i credenti, fra i quali i catechisti, i teologi e gli altri pensatori cristiani. Tutto è e dev’essere animato dallo Spirito.

7. Lo Spirito Santo è ancora la fonte di tutto il dinamismo della Chiesa, sia che si tratti della testimonianza che deve rendere a Cristo dinanzi al mondo, sia nella diffusione del messaggio evangelico. Nel Vangelo di Luca Cristo risorto, quando annunzia agli apostoli l’invio dello Spirito Santo, insiste proprio su questo aspetto, dicendo: “Io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto” (Lc 24,49). La connessione tra Spirito Santo e dinamismo è ancora più chiara nel racconto parallelo degli Atti degli apostoli (Ac 1,8), dove Gesù dice: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni”. Tanto nel Vangelo quanto negli Atti la parola greca per “forza” o “potenza” è “dynamis”, dinamismo. Si tratta di un’energia soprannaturale, che da parte dell’uomo esige soprattutto la preghiera. È un altro insegnamento del Concilio Vaticano II, secondo il quale lo Spirito Santo “dimora nella Chiesa e nei fedeli, e in essi prega e rende testimonianza della loro adozione filiale” (Lumen gentium LG 4). Il Concilio anche in questo testo si riferisce a san Paolo (cf. Ga 4,6 Rm 8,15-16 Rm 8,26), del quale vogliamo qui ricordare specialmente il passo della Lettera ai Romani (8, 26) dove dice: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”.

8. A conclusione di quanto abbiamo detto finora, rileggiamo un altro breve testo del Concilio, secondo il quale lo Spirito Santo “con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: Vieni!” (Lumen gentium LG 4). Vi è in questo testo un’eco di sant’Ireneo (Adversus haereses, III, 14, 1: PG 7,966), che fa giungere a noi la certezza di fede dei Padri più antichi. Vi è la stessa certezza annunciata da san Paolo quando diceva che i credenti sono stati liberati dalla servitù della lettera “per servire nel regime nuovo dello Spirito” (Rm 7,6). La Chiesa tutta intera è sotto questo regime e trova nello Spirito Santo la fonte del suo continuo rinnovamento e della sua unità. Perché più potente di tutte le debolezze umane e dei peccati è la forza dello Spirito che è Amore vivificante e unificante.

Ai pellegrini di lingua inglese

Ai numerosi gruppi di espressione tedesca

Ad un gruppo di giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!Saluto il gruppo giapponese dei sostenitori della rivista “Seibo no Kishi”, fondata da San Massimiliano. Vi invito a fare vostri gli ideali missionari di questo grande evangelizzatore del nostro tempol’amore all’Immacolata e l’impegno per la salvezza delle anime. Mentre vi affido alla protezione dell’Immacolata, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di espressione spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese

Ai pellegrini venuti dalla Polonia


Ai numerosissimi fedeli: venuti da diverse regioni italiane

Saluto tutti i pellegrini di lingua italiana presenti a questa Udienza; anzitutto il gruppo degli Ispettori Salesiani, convenuto a Roma per un corso di aggiornamento. Auguro loro di seguire sempre il singolare carisma educativo di San Giovanni Bosco, “padre e maestro dei giovani”, che si fonda sulla forza della ragione e della fede, e sulla testimonianza della carità, in un clima di sapiente familiarità.

Il mio pensiero va, poi, alle novizie della Congregazione delle “Missionarie della Fede”, provenienti dalle Filippine, dal Brasile, da Samoa, dalla Colombia e dall’Italia. Carissime, la nuova evangelizzazione, che impegna oggi la Chiesa, sia lo scopo della vostra vita; dedicatevi con entusiasmo all’annuncio della Parola di Dio a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo, nostro Redentore.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

A voi, Giovani, Malati e Sposi Novelli giunga il mio particolare saluto! La vostra presenza mi conforta, perché è segno della vostra fede e anche del vostro amore per il Papa!

Esprimo il benvenuto a tutti i giovani: saluto in particolare i ragazzi delle scuole de L’Aquila, i quali, accompagnati dalle Autorità della Provincia e dai Sindaci dei rispettivi Comuni, hanno partecipato ad un concorso patrocinato dall’Unicef, in occasione della “Perdonanza di Papa Celestino V”. Cari ragazzi, vorrei che non dimenticaste mai nella vita le parole forti del vostro “proclama” e “programma” di vivere, cioè, “compiutamente al servizio del prossimo”. Siate “credenti in Dio e nei valori dell’uomo, testimoni del perdono e della riconciliazione”, capaci di affermare “nuovi ideali, virtù e conoscenze”. Così si potrà sperare in una società rinnovata e fondata sul progresso autentico e sulla civiltà del Vangelo.

Il mio augurio di bene e l’espressione del mio affetto vanno a tutti gli ammalati, e specialmente ai tre gruppi di ammalati accompagnati qui dall’Unitalsi dell’Emilia-Romagna; dalla Parrocchia di Santa Maria degli Angeli di Acerno, in Diocesi di Salerno; dalla Chiesa Arcipretale di Leno, in Diocesi di Brescia. Per tutti voi, sofferenti, valga il pensiero che Cristo vi è vicino, che di fronte a lui ogni vostra difficoltà o pena è preziosa per la redenzione del mondo.

A voi, infine, Sposi Novelli, dico: camminate ogni giorno incontro al Cristo che vuol rendere felice ed indissolubile il vostro amore sponsale. A tutti imparto la mia Benedizione.

Appello per la pace in Liberia e in Rwanda

Desidero ora invitarvi a ricordare con me nella preghiera il Continente africano, in cui permangono numerose situazioni di conflitto, di miseria e di carestia. Vecchi problemi irrisolti e nuove tensioni affliggono milioni e milioni di fratelli di quelle terre, tanto provate e pur così ricche di speranze.

Vorrei menzionare, in primo luogo, la situazione della Liberia, ormai da un anno sconvolta da lotte fratricide. Migliaia di vittime, centinaia di migliaia di profughi ed immense distruzioni sono il terribile bilancio di una guerra di cui, nonostante diversi tentativi, non sembra ancora intravedersi la fine. Intanto, s’aggravano le violenze, si diffondono le malattie e incombe la fame.

Un’altra cara Nazione, da me visitata in settembre, sta attraversando un periodo di gravi difficoltà: il Rwanda. Dopo gli scontri sanguinosi del mese scorso, continuano purtroppo a giungere notizie di tensioni e di violenze, che seminano divisioni, accrescono la povertà e complicano il già grave problema dei rifugiati, con temibili conseguenze per l’intera regione.

Uniamo la nostra preghiera a quella delle giovani Chiese dell’Africa, per implorare il ritorno della pace. Invochiamo il Signore perché accolga nella sua misericordia le vittime, dia conforto a chi soffre e sostegno a chi si prodiga per lenire le piaghe del corpo e dello spirito. Chiediamo al Signore dell’Universo di illuminare le menti di quanti portano responsabilità, perché ritrovino pensieri di pace, favoriscano la riconciliazione, uniscano gli sforzi per la ricostruzione e per un nuovo e sereno progresso. Voglia Iddio che la comunità internazionale non resti insensibile all’appello che proviene da tanta sventura e offra ogni necessaria collaborazione e aiuto. Interceda per noi Maria santissima, dolcissima Madre di Cristo e nostra Madre.





Mercoledì, 5 dicembre 1990

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1. Se lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa, secondo la tradizione cristiana fondata sull’insegnamento di Cristo e degli apostoli, come abbiamo visto nella precedente catechesi, dobbiamo subito aggiungere che san Paolo, nello stabilire la sua analogia della Chiesa col corpo umano, ci tiene a sottolineare che “noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo . . . e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito” (
1Co 12,13). Se la Chiesa è come un corpo, e lo Spirito Santo è come la sua anima, cioè il principio della sua vita divina; se lo Spirito, d’altra parte, diede inizio, il giorno di Pentecoste, alla Chiesa scendendo sulla primitiva comunità in Gerusalemme (cf. Ac 1,13), egli non può non essere, da quel giorno e per tutte le sempre nuove generazioni che si inseriscono nella Chiesa, il principio, la fonte dell’unità, come lo è l’anima nel corpo umano.

2. Diciamo subito che secondo i testi del Vangelo e di san Paolo si tratta dell’unità nella molteplicità. Lo esprime chiaramente l’apostolo nella Prima Lettera ai Corinzi: “Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra, e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo” (1Co 12,12).

Posta questa premessa di ordine ontologico sull’unità del “Corpus Christi”, si spiega l’esortazione che troviamo nella Lettera agli Efesini (Ep 4,3): “Cercate di conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace”. Come si vede, non si tratta di un’unità meccanica, e nemmeno solo organica (come quella di ogni essere vivente), ma di una unità spirituale che comporta un impegno etico. Secondo Paolo, infatti, la pace è frutto della riconciliazione mediante la croce di Cristo, “per mezzo del quale possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito” (Ep 2,18). “Gli uni e gli altri”: è un’espressione che in questo testo si riferisce ai convertiti dal giudaismo e dal paganesimo, dei quali l’apostolo sostiene e descrive a lungo la riconciliazione con Dio che di tutti fa un popolo solo, un solo corpo, in un solo Spirito. Ma il discorso vale per tutti i popoli, le nazioni, le culture, da cui provengono i credenti in Cristo. Di tutti si può ripetere con san Paolo ciò che si legge nel seguito del testo: “Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio Santo del Signore; in lui anche voi (convertiti dal paganesimo) insieme con gli altri (provenienti dal giudaismo) venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito” (Ep 2,19-22).

3. “In lui (Cristo) ogni costruzione cresce”. Vi è dunque un dinamismo nell’unità della Chiesa, che tende alla partecipazione sempre più piena dell’unità trinitaria di Dio stesso. L’unità di comunione ecclesiale è una somiglianza della comunione trinitaria, vertice di altezza infinita, a cui mirare in ogni tempo. È il saluto e l’augurio che nella liturgia rinnovata dopo il Concilio viene rivolto ai fedeli all’inizio della Messa, con le stesse parole di Paolo: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi” (2Co 13,13). Esse racchiudono la verità dell’unità nello Spirito Santo come unità della Chiesa, che sant’Agostino commentava così: “La comunione dell’unità della Chiesa . . . è quasi un’opera propria dello Spirito Santo con la compartecipazione del Padre e del Figlio, poiché lo Spirito stesso è in un certo modo la comunione del Padre e del Figlio . . . Il Padre e il Figlio possiedono in comune lo Spirito Santo, perché è lo Spirito di entrambi” (Sermo 71, 20. 33: PL 38, 463-464).

4. È un cardine dell’ecclesiologia questo concetto dell’unità trinitaria nello Spirito Santo, come fonte dell’unità della Chiesa in forma di “comunione”, come ripetutamente afferma il Concilio Vaticano II. Citiamo qui le parole conclusive del paragrafo 4 della costituzione Lumen gentium, dedicato allo Spirito santificatore della Chiesa, dove viene riproposto un famoso testo di san Cipriano di Cartagine (De oratione dominica, 23: PL 4, 536): “Così la Chiesa universale si presenta come “un popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”” (Lumen gentium LG 4).

5. Occorre far notare che la “communio” ecclesiale si manifesta nella prontezza e nella costanza della permanenza nell’unità, secondo la raccomandazione di Paolo che abbiamo ascoltato, indipendentemente dalla molteplice pluralità e differenza tra persone, gruppi etnici, nazioni, culture. Lo Spirito Santo, fonte di questa unità, insegna la reciproca comprensione e indulgenza (o almeno la tolleranza), mostrando a tutti la ricchezza spirituale di ognuno; insegna la reciproca elargizione dei rispettivi doni spirituali, il cui fine è di unire gli uomini, e non di dividerli tra di loro. Come dice l’apostolo: “Un solo corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” (Ep 4,4-5). Sul piano spirituale ed etico, ma con profondi riflessi su quello psicologico e su quello sociale, la forza che unisce è soprattutto l’amore condiviso e praticato secondo il comandamento di Cristo: “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amato” (Jn 13,34 Jn 15,12). Secondo san Paolo, quest’amore è il dono supremo dello Spirito Santo.

6. Purtroppo questa unità dello e nello Spirito Santo, che è propria del corpo di Cristo, viene osteggiata dal peccato. È successo così che, nel volgere dei secoli, i cristiani hanno sperimentato non poche divisioni, alcune delle quali molto grandi e stabilizzate. Tali divisioni si spiegano - ma non si giustificano - con le debolezze e limitazioni insite nella natura umana ferita, quale permane e si manifesta anche nei membri della Chiesa e negli stessi suoi capi. Ma dobbiamo altresì proclamare la nostra convinzione, fondata su una certezza di fede e sull’esperienza della storia, che lo Spirito Santo lavora instancabilmente all’edificazione dell’unità e della comunione, nonostante la debolezza umana. È la convinzione espressa dal Concilio Vaticano II nel decreto Unitatis redintegratio sull’ecumenismo, quando riconosce che “oggi, per impulso della grazia dello Spirito Santo, in più parti del mondo con la preghiera, la parola e l’opera si fanno molti sforzi per avvicinarsi a quella pienezza di unità, che Gesù Cristo vuole” (Unitatis redintegratio UR 4). “Unum corpus, unus Spiritus”. Il tendere sinceramente a questa unità nel corpo di Cristo deriva dallo Spirito Santo e soltanto per opera sua può portare alla piena attuazione dell’ideale dell’unità.

7. Ma nella Chiesa lo Spirito Santo, oltre l’unità dei cristiani, opera l’universale apertura verso l’intera famiglia umana, ed è fonte della comunione universale. Sul piano religioso deriva da questa fonte eccelsa e profonda l’attività missionaria della Chiesa, dai tempi degli apostoli fino ai nostri tempi. La tradizione dei Padri ci attesta che fin dai primi secoli la missione venne svolta con attenzione e comprensione per quei “semi del Verbo” (“semina Verbi”) contenuti nelle diverse culture e religioni non cristiane, alle quali l’ultimo Concilio ha dedicato un apposito documento (Nostra aetate ). E questo perché lo Spirito che “soffia dove vuole”(cf. Jn 3,8) è fonte di ispirazione per tutto ciò che è vero, buono e bello, secondo la magnifica sentenza di un ignoto autore dei tempi di Papa Damaso (366-384), che afferma: “Ogni verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo” (cf. PL 191, 1651). San Tommaso, che ama ripetere più volte nelle sue opere questo bel testo, così lo commenta nella Somma: “Qualunque verità, da chiunque sia detta, viene dallo Spirito Santo che infonde la luce naturale (dell’intelligenza) e muove a intendere e ad esprimere la verità”. Lo Spirito poi - prosegue l’Aquinate - interviene col dono della grazia, aggiunto alla natura, quando si tratta di “conoscere e di esprimere certe verità, e specialmente le verità di fede, alle quali si riferisce l’apostolo quando afferma che “nessuno può dire Signore Gesù se non nello Spirito Santo” (1Co 12,3)” (Summa theologiae, I-II 109,1, ad 1). Discernere e far emergere in tutta la loro ricchezza verità e valori presenti nel tessuto delle culture è un compito fondamentale dell’azione missionaria, alimentata nella Chiesa dallo Spirito di Verità, che come Amore porta alla conoscenza più perfetta nella carità.

8. È lo Spirito Santo che effonde nella Chiesa se stesso come Amore, energia salvifica, che tende a raggiungere tutti gli uomini, tutto il creato. Questa energia d’amore finisce col vincere le resistenze, anche se, come sappiamo dall’esperienza e dalla storia, deve continuamente lottare con il peccato e con tutto ciò che nell’essere umano è contrario all’amore, cioè l’egoismo, l’odio, l’emulazione invidiosa e distruttiva. Ma l’apostolo ci assicura che “l’amore edifica” (1Co 8,1). Dipenderà dall’amore anche la costruzione della sempre nuova e sempre antica unità.

Ad un folto gruppo di pellegrini francesi


Ai fedeli di lingua inglese

A due gruppi musicali giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto voi, componenti del gruppo “Tenrikyo” e del gruppo “Koto” e vi ringrazio per la vostra visita annuale qui in Vaticano. Un ringraziamento particolare per la bella esibizione con l’arpa giapponese, il “Koto”. La buona musica rasserena il cuore e infonde pensieri di pace. Voi considerate il vostro strumento musicale come un simbolo di unità. Vi auguro, perciò, carissimi, di far crescere, mediante i vostri concerti, sentimenti di unità e di pace in mezzo alla gente.

Con questo augurio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ad un folto pellegrinaggio della diocesi tedesca di Bozen-Brixen

Ai fedeli di espressione linguistica spagnola


Ai fedeli provenienti da Paesi di lingua portoghese

Ai connazionali polacchi


Ai diversi gruppi provenienti da diocesi e parrocchie italiane

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, venuti da varie regioni della Penisola.

Il mio pensiero va anzitutto ai gruppi del Volontariato Vincenziano della Puglia, presenti con il loro Assistente Regionale. Carissimi, abbiate sempre gli occhi aperti sulle situazioni di povertà tipiche del nostro tempo: esse esigono spesso dedizione pronta, generosa, urgente. Un cordiale saluto poi va ai numerosi giovani dell’Istituto Nazareno, ai loro educatori e familiari, agli ex alunni. Esprimo il mio compiacimento per la bella iniziativa di premiare ogni anno i più significativi gesti di bontà compiuti dai giovani.

Mi è gradito poi salutare gli aderenti al “Lions Clubs” del distretto di Bari ed incoraggiare le numerose iniziative sociali e culturali che essi promuovono in collaborazione con la Chiesa locale.

Sono presenti pure numerosi aderenti alla Federazione italiana braccianti, impiegati e tecnici agricoli, che celebrano il XL anniversario di fondazione del loro sodalizio. Il mio augurio sincero a tutti voi, cari lavoratori, che promuovete ogni forma di partecipazione e di solidarietà, consapevoli che l’aggiornamento dell’agricoltura è una garanzia per risolvere i problemi della fame delle popolazioni più povere.

Saluto, infine, i fedeli della parrocchia di San Tommaso Apostolo in Castelfusano e l’Associazione dei donatori volontari di sangue di Piansano, in diocesi di Viterbo.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Con il pensiero rivolto alla vicina solennità dell’Immacolata, porgo, oggi, il saluto ai giovani, ai malati, agli sposi novelli, presenti a questa Udienza. La Madre del Cristo, preservata dalla colpa di origine in vista dei meriti del Redentore, è venerata dalla Chiesa come il modello dei credenti, chiamati ad essere santi ed immacolati al cospetto di Dio nella carità (cf. Ep 1,4). Maria, la piena di grazia, ci precede così e ci accompagna nel cammino della nostra perfezione cristiana.

Questa riflessione sia di stimolo per voi, carissimi giovani, che vi preparate alla vita e alle future responsabilità, ispirandovi agli ideali della fede; doni coraggio, speranza, conforto a voi, cari ammalati, e vi faccia accettare la sofferenza come espressione redentrice; susciti in voi, sposi novelli, desideri di santità nel formare la vostra famiglia, secondo il modello della Casa di Nazaret. A tutti la mia Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 12 dicembre 1990

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1. Il Concilio Vaticano II ha messo in risalto lo stretto rapporto che vi è nella Chiesa tra il dono dello Spirito Santo e la vocazione e aspirazione dei fedeli alla santità: “Infatti Cristo, Figlio di Dio, il quale col Padre e lo Spirito è proclamato “il solo Santo”, amò la Chiesa come sua sposa e diede se stesso per lei, al fine di santificarla (cf.
Ep 5,25-26), e la congiunse a sé come suo corpo, e l’ha riempita del dono dello Spirito Santo, per la gloria di Dio. Perciò tutti nella Chiesa . . . sono chiamati alla santità . . . Questa santità della Chiesa costantemente si manifesta e si deve manifestare nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli; si esprime in varie forme presso i singoli, i quali nel loro grado di vita tendono alla perfezione della carità e edificano gli altri (Lumen gentium LG 39). È un altro fondamentale aspetto dell’azione dello Spirito Santo nella Chiesa: essere fonte di santità.

2. La santità della Chiesa, come risulta dal testo del Concilio appena riferito, ha il suo inizio in Gesù Cristo, Figlio di Dio che si è fatto uomo per opera dello Spirito Santo e nacque dalla Vergine santissima Maria. La santità di Gesù nel suo stesso concepimento e nella sua nascita per opera dello Spirito Santo è in profonda comunione con la santità di colei che Dio ha scelto come sua Madre. Come nota ancora il Concilio, “presso i santi Padri invalse l’uso di chiamare la Madre di Dio la tutta santa e immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito Santo quasi plasmata e resa nuova creatura” (Lumen gentium LG 56). È la prima e più alta realizzazione di santità nella Chiesa, per opera dello Spirito Santo che è Santo e Santificatore. La santità di Maria è tutta ordinata alla santità suprema dell’umanità di Cristo, che lo Spirito Santo consacra e ricolma di grazia dagli inizi terreni alla conclusione gloriosa della sua vita, quando Gesù si manifesta “costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti” (Rm 1,4).

3. Questa santità ecclesiale, nel giorno della Pentecoste, rifulge non solo in Maria, ma anche negli apostoli e nei discepoli, che con lei “furono tutti pieni di Spirito Santo” (Ac 2,4). Da allora sino alla fine dei tempi questa santità, la cui pienezza è sempre Cristo, dal quale riceviamo ogni grazia (cf. Jn 1,16), viene concessa a tutti coloro che tramite l’insegnamento degli apostoli si aprono all’azione dello Spirito Santo, come chiedeva l’apostolo Pietro nel discorso della Pentecoste: “Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; e riceverete il dono dello Spirito Santo” (Ac 2,38).

In quel giorno ha inizio la storia della santità cristiana, alla quale sono chiamati sia gli israeliti che i pagani, che, come scrive san Paolo, “per mezzo di Cristo possono presentarsi, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito” (Ep 2,18). Tutti sono chiamati a diventare, secondo il testo già riferito nella precedente catechesi, “concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo del Signore . . . per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito” (Ep 2,19-22). Questo concetto del tempio è caro all’apostolo, che in un altro testo chiede: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito Santo abita in voi?”. E ancora: “Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo” (1Co 3,16 1Co 3,19).

È chiaro che nel contesto delle lettere ai Corinzi e agli Efesini il tempio non è soltanto uno spazio architettonico. È l’immagine rappresentativa della santità operata dallo Spirito Santo negli uomini viventi in Cristo, uniti nella Chiesa. E la Chiesa è lo “spazio” di questa santità.

4. Anche l’apostolo Pietro parla lo stesso linguaggio e ci dà lo stesso insegnamento. Infatti, rivolgendosi ai “fedeli dispersi” (tra i pagani), egli ricorda loro che sono stati “eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi dal suo sangue”. In virtù di questa santificazione nello Spirito Santo tutti vengono “impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1P 1,1-2 1P 2,5).

È significativo questo legame particolare stabilito dall’apostolo tra la santificazione e l’offerta di “sacrifici spirituali”, che in realtà è partecipazione al sacrificio stesso di Cristo, e al suo sacerdozio. È uno dei temi fondamentali della Lettera agli Ebrei. Ma anche nella Lettera ai Romani (Rm 15,16) l’apostolo Paolo parla dell’“oblazione gradita a Dio, santificata dallo Spirito Santo”, la quale oblazione diventano gli uomini (pagani) per mezzo del Vangelo. E nella seconda Lettera ai Tessalonicesi (2, 13) esorta a rendere grazie a Dio perché “ci ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità”: tutti segni della coscienza, comune ai cristiani dei primi tempi, dell’opera dello Spirito Santo come autore della santità in loro e nella Chiesa, e quindi della qualità di tempio di Dio e dello Spirito che era stata loro concessa.

5. San Paolo insiste nel ribadire che lo Spirito Santo opera la santificazione umana e forma la comunione ecclesiale dei credenti, partecipi della sua stessa santità. Infatti gli uomini, “lavati, santificati e giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo”, diventano santi “nello Spirito del nostro Dio”. “Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito” (1Co 6,11 1Co 6,17). E questa santità diventa il vero culto del Dio vivo: il “culto nello Spirito di Dio” (Ph 3,3).

Questa dottrina di Paolo va messa in relazione con le parole di Cristo riportate nel Vangelo di Giovanni, sui “veri adoratori”, che “adorano il Padre in spirito e verità . . . Il Padre vuole avere tali adoratori” (Jn 4,23-24). Questo culto “in spirito e verità” ha in Cristo la radice da cui si sviluppa tutta la pianta, da lui vivificata mediante lo Spirito, come dirà Gesù stesso nel cenacolo: “Egli (lo Spirito Santo) mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà” (Jn 16,14). Tutto l’“opus laudis” nello Spirito Santo è il “vero culto” reso al Padre dal Figlio-Verbo incarnato, e partecipato ai credenti dallo Spirito Santo. È dunque anche la glorificazione del Figlio stesso nel Padre.

6. La partecipazione dello Spirito Santo ai credenti e alla Chiesa avviene anche sotto tutti gli altri aspetti della santificazione: la purificazione dal peccato (cf. 1P 4,8), l’illuminazione dell’intelletto (Jn 14,26 1Jn 2,27), l’osservanza dei comandamenti (Jn 14,23), la perseveranza nel cammino verso la vita eterna (Ep 1,13-14 Rm 8,14-16), l’ascolto di ciò che lo Spirito stesso “dice alle Chiese” (Ap 2,7). Nella considerazione di quest’opera di santificazione, san Tommaso d’Aquino, nella catechesi sul Simbolo degli apostoli, trova agevole il passaggio dall’articolo sullo Spirito Santo a quello sulla “santa Chiesa cattolica”. Scrive infatti: “Come vediamo che in un uomo c’è un’anima e un corpo, e tuttavia ci sono diverse membra, così la Chiesa cattolica è un solo corpo con diversi membri. L’anima che vivifica questo corpo è lo Spirito Santo. E dunque, dopo la fede nello Spirito Santo, ci è comandato di credere la santa Chiesa cattolica, come diciamo nel Simbolo. Ora la Chiesa significa congregazione: e dunque la Chiesa è la congregazione dei fedeli, e ogni cristiano è come un membro della Chiesa, che è santa . . . per il lavacro nel Sangue di Cristo, per l’unzione con la grazia dello Spirito Santo, per l’inabitazione della Trinità, per l’invocazione del nome di Dio nel tempio dell’anima, che non bisogna più violare” (S. Tommaso, In Symb. Apost., a. 9) E, dopo aver illustrato le note della Chiesa, l’Aquinate passa all’articolo sulla comunione dei santi: “Come nel corpo naturale l’operazione di ciascun membro confluisce nel bene di tutto il corpo, così avviene nel corpo spirituale, cioè la Chiesa. Poiché tutti i fedeli sono un solo corpo, il bene di ognuno viene comunicato all’altro: secondo la fede degli apostoli vi è dunque nella Chiesa la comunione dei beni, in Cristo che, come capo, comunica il suo bene a tutti i cristiani, come a membri del suo corpo” (san Tommaso, In Symb. Apost., a. 10).

7. La logica di questo discorso è fondata sul fatto che la santità, di cui è fonte lo Spirito Santo, deve accompagnare la Chiesa e i suoi membri durante tutta la peregrinazione fino alle dimore eterne. Per questo nel Simbolo sono collegati tra loro gli articoli sullo Spirito Santo, la Chiesa e la comunione dei santi: “Credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei santi”. Il perfezionamento di questa unione - comunione dei santi - sarà il frutto escatologico della santità che sulla terra viene concessa dallo Spirito Santo alla Chiesa nei suoi figli, in ogni persona, in ogni generazione, lungo tutta la storia. E anche se in questa peregrinazione terrena i figli della Chiesa più volte “rattristano lo Spirito Santo”, la fede ci dice che essi, “segnati” con questo Spirito “per il giorno della redenzione” (Ep 4,30), possono - nonostante le loro debolezze e i loro peccati - avanzare lungo le vie della santità, sino alla conclusione del cammino. Le vie sono molteplici, e grande è anche la varietà dei santi nella Chiesa. “Una stella differisce dall’altra nello splendore” (1Co 15,41). Ma “vi è un solo Spirito”, che col suo proprio modo e stile divino realizza in ciascuno la santità. Perciò possiamo accogliere con fede e speranza l’esortazione dell’apostolo Paolo: “Fratelli miei carissimi, rimanete saldi e irremovibili, prodigandovi sempre nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore” (1Co 15,58).

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese

Ai gruppi di lingua tedesca

Ai pellegrini di espressione spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese

Ad un gruppo di pellegrini giapponesi

Al dilettissimo popolo giapponese,

In occasione del Natale e del Capodanno - ricorrenze particolarmente care a voi giapponesi - tramite la televisione auguro di cuore serena prosperità e pace, e soprattutto una grande felicità spirituale.

Buon Natale e Capodanno!

Ai suoi connazionali polacchi


Ai gruppi di fedeli di espressione italiana

Saluto con affetto i vari gruppi di lingua italiana. In particolare mi rivolgo al folto gruppo delle Focolarine, provenienti da diversi continenti, le quali hanno preso parte al loro ritiro annuale sul tema “Lo Spirito Santo, doni ed effetti della sua presenza fra noi”. Auguro di cuore che questo incontro spirituale serva a rinvigorire il vostro impegno di unità nella Chiesa e a rendere sempre più operante la carità che vi anima.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Ed ora rivolgo uno speciale saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Questo tempo di Avvento, a mano a mano che ci avvicina alla celebrazione del Natale, ci dispone ad aprire lo spirito alla luce del Mistero di Betlemme. L’attesa del Salvatore spinga voi, giovani, ad essere sempre più decisi e generosi nel corrispondere a tutte le esigenze della vocazione cristiana; incoraggi voi, ammalati, oggi così numerosi per la presenza del gruppo dell’Associazione AMAMI di Napoli e di quello del Centro Diurno Handicappati di Frosinone; carissimi, fidatevi del provvidenziale piano divino che vi domanda partecipazione ed abbandono nei confronti della sua volontà. Il mistero del Natale sia di stimolo per voi, sposi novelli, perché facciate della vostra famiglia il tempio dell’accoglienza e del rispetto della vita. Contemplando con Maria il mistero di Dio che si fa Uomo, camminiamo verso il Signore che viene a salvarci. Sia per tutti di conforto la mia speciale Benedizione.





Catechesi 79-2005 28110