Catechesi 79-2005 60592

Mercoledì, 6 maggio 1992

60592

1. Secondo il Concilio Vaticano II, la Chiesa è una “comunità sacerdotale”, la cui “indole sacra e organica” viene attuata per mezzo dei sacramenti, tra i quali un posto speciale va attribuito al sacramento dell’Ordine e a quello del matrimonio. A proposito dell’Ordine, leggiamo nella Costituzione Lumen gentium: “Quelli tra i fedeli che vengono insigniti dell’Ordine sacro sono posti in nome di Cristo a pascere la Chiesa con la parola e la grazia di Dio”; e a proposito del matrimonio: “I coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio, col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cf.
Ep 5,32), si aiutano a vicenda per raggiungere la santità” (LG 11). Nella presente catechesi ci occuperemo esclusivamente del sacramento del matrimonio. Sul sacerdozio ministeriale torneremo a suo tempo.

2. Abbiamo già ricordato in una precedente catechesi che il primo miracolo operato da Gesù avvenne a Cana, durante un banchetto di nozze. Anche se il significato di questo miracolo, col quale Gesù “ha manifestato la sua gloria” (Jn 2,11), va molto al di là del fatto raccontato, tuttavia vi possiamo ugualmente scoprire l’apprezzamento del Signore per l’amore sponsale e l’istituzione matrimoniale, nonché la sua intenzione di portare salvezza in questo aspetto fondamentale della vita e della società umana. Egli dà un nuovo vino, simbolo del nuovo amore. L’episodio di Cana ci fa capire come il matrimonio è minacciato, quando l’amore rischia di esaurirsi. Col sacramento, Gesù Cristo manifesta in modo efficace il proprio intervento, per salvare e rafforzare, mediante il dono della carità teologale, l’amore fra i coniugi e per dar loro la forza della fedeltà. Possiamo aggiungere che il miracolo, operato da Gesù all’inizio della sua vita pubblica, è un segno dell’importanza del matrimonio nel disegno salvifico di Dio e nella formazione della Chiesa. E infine: si può dire che l’iniziativa di Maria, che chiede e ottiene il miracolo, annuncia il suo ruolo futuro nella economia del matrimonio cristiano: una presenza benevola, una intercessione e un aiuto per il superamento delle immancabili difficoltà.

3. Nella luce di Cana, vogliamo ora sottolineare l’aspetto del matrimonio che più ci interessa in questo ciclo di catechesi ecclesiologiche. Ed è che nel matrimonio cristiano il sacerdozio comune dei fedeli si esercita in modo cospicuo, perché i coniugi stessi sono i ministri del sacramento. L’atto umano, “col quale - come dice il Concilio - i coniugi mutuamente si danno e si ricevono” (GS 48), è stato elevato alla dignità di sacramento. I coniugi si amministrano mutuamente il sacramento con il loro reciproco consenso. Il sacramento manifesta il valore del libero consenso dell’uomo e della donna, come affermazione della loro personalità ed espressione del mutuo amore.

4. Sempre secondo il Concilio, i coniugi cristiani, col sacramento, “significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa (cf. Ep 5,32)” (LG 11). “L’autentico amore coniugale è assunto nell’amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva del Cristo e dall’azione salvifica della Chiesa, perché i coniugi, in maniera efficace siano condotti a Dio e siano aiutati e rafforzati nello svolgimento della sublime missione di padre e di madre. Per questo motivo i coniugi cristiani sono corroborati e quasi consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e le dignità del loro stato” (GS 48). È molto importante quest’ultima affermazione della Gaudium et spes, ossia che i coniugi sono “quasi consacrati da uno speciale sacramento”. Proprio in questo si manifesta l’esercizio del loro sacerdozio di battezzati e confermati.

5. In questa partecipazione speciale al sacerdozio comune della Chiesa, i coniugi possono realizzare la loro santità. Infatti, col sacramento, essi ricevono la forza di compiere il loro dovere coniugale e familiare, e di progredire nella mutua santificazione. “Si aiutano a vicenda - dice il Concilio - per raggiungere la santità nella vita coniugale e nell’accettazione ed educazione della prole, e hanno così, nel loro stato di vita e nella loro funzione, il proprio dono in mezzo al popolo di Dio (cf. 1Co 7,7)” (LG 11).

6. Il sacramento del matrimonio è orientato verso la fecondità. È una inclinazione già insita nella natura umana. “Per sua indole naturale, - dice il Concilio - l’istituto stesso del matrimonio e l’amore coniugale, generoso e cosciente, sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole, e in questo trovano il loro coronamento” (GS 48). Il sacramento procura le forze spirituali di fede, carità e generosità per il compimento del dovere della procreazione e della educazione della prole. È una risorsa di grazia divina, che corrobora e perfeziona la retta inclinazione naturale e impronta la stessa psicologia della coppia, resa consapevole della propria missione di “cooperatori dell’amore di Dio creatore”, come dice il Concilio (GS 50). La coscienza di cooperare all’opera divina della creazione, e all’amore che ispira quest’opera, aiuta i coniugi a capire meglio il carattere sacro della procreazione e dell’amore procreante, e rafforza l’orientamento del loro amore verso la trasmissione della vita.

7. Il Concilio sottolinea anche la missione educativa dei coniugi. Leggiamo infatti nella Gaudium et spes: “Quanto agli sposi, insigniti della dignità e responsabilità di padre e madre, adempiranno diligentemente il dovere dell’educazione, soprattutto religiosa, che spetta, prima di ogni altro, a loro” (GS 48). Ma questa esortazione s’illumina alla luce spirituale della Lumen gentium, che scrive: “In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli i primi maestri della fede” (LG 11). Una luce ecclesiale, dunque, proietta il Concilio sulla missione dei coniugi-genitori, in quanto membri della Chiesa, comunità sacerdotale e sacramentale. È chiaro che, per dei credenti, l’educazione cristiana è il dono più bello che i genitori possano dare ai loro figli, e la manifestazione più vera e più alta del loro amore. Essa richiede una fede sincera e coerente, e una vita conforme alla fede.

8. Il Concilio scrive ancora che l’unione coniugale, “in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli esigono la piena fedeltà dei coniugi, e ne reclamano l’indissolubile unità” (GS 48). La fedeltà e l’unità vengono dallo “speciale dono di grazia e carità” (GS 49) dato dal sacramento. Esso assicura che, a imitazione di Cristo che ha amato la Chiesa, “i coniugi possono amarsi l’un l’altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione” (GS 48). Si tratta ancora di una forza inerente alla grazia del sacramento.

9. Infine, leggiamo nel Concilio che “la famiglia cristiana che nasce dal matrimonio, come immagine e partecipazione del patto d’amore del Cristo e della Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa, sia con l’amore, la fecondità generosa, l’unità e la fedeltà degli sposi, che con l’ammirevole cooperazione di tutti i suoi membri” (GS 48).

Non solo dunque ogni cristiano individualmente considerato, ma l’intera famiglia formata da genitori e figli cristiani, come tale, è chiamata ad essere testimone della vita, dell’amore e dell’unità che la Chiesa porta in sé come proprietà derivanti dalla sua natura di comunità sacra, costituita e vivente nella carità di Cristo.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai fedeli di espressione spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai pellegrini polacchi

Ai gruppi di lingua italiana

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana e, primi fra questi, i Dirigenti delle Associazioni Ex Allievi ed Ex Allieve della Società Salesiana di Don Bosco, radunati a Roma per un aggiornamento della programmazione del loro sodalizio. Auspico che i grandi ideali educativi del Santo, chiamato Padre e Maestro dei giovani, costituiscano sempre motivi ispiratori della vostra vita.

Saluto poi i ragazzi dell’Associazione per le Malattie Epatiche Infantili, e porgo il mio cordiale benvenuto a tutti loro, agli accompagnatori, ai familiari ed a tutto il personale medico ed infermieristico che li assiste. Invoco da Dio speciali doni di sapienza e di luce perché le terapie per la guarigione e la risoluzione dei problemi connessi con tale tipo di sofferenza possano essere sempre più perfezionate.

Il mio pensiero va poi alla Comunità Parrocchiale di Mestrino, in Diocesi di Padova, che con questo pellegrinaggio ha voluto concludere le celebrazioni dell’ottocentesimo anniversario di fondazione. Il ricordo delle origini della parrocchia accresca l’ardore della fede, e sostenga in tutti un generoso desiderio di testimoniare il Cristo e di annunciare con nuovo vigore il suo Vangelo nella nostra epoca.

Saluto ancora gli sportivi partecipanti ai Campionati Internazionali d’Italia di Tennis. Carissimi: Sono lieto di incontrarvi in questa Udienza, e desidero esprimervi l’augurio che le vostre competizioni sportive siano sempre ispirate a rapporti fraterni e leali e si trasformino in testimonianza dei valori umani più autentici. Il vostro esempio attragga altri giovani verso una vita sana, corrispondente ai grandi esempi del Vangelo.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Desidero prendere lo spunto per il consueto saluto ai giovani, ai malati ed alle coppie di sposi novelli dalla pia pratica della recita del Rosario, con la quale è particolarmente onorata la Vergine SS.ma nel mese di maggio.

Invito, voi giovani, a pregare Maria, modello di fede e testimone operosa della parola di Cristo, per ottenere vigore cristiano nelle scelte che orienteranno la vostra vita.

Voi, cari malati, cercate conforto e sostegno in questa orazione semplice e legata alla meditazione dei misteri della vita di Cristo.

E voi, novelli sposi, pregate spesso insieme, invocando la Vergine ed educando la vostra famiglia con la pedagogia spirituale del Rosario.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Appello per la Bosnia-Erzegovina


Nel corso dell’odierna Udienza generale, il Santo Padre esprime la propria compassione e quella della Chiesa intera per le sofferenze di “quanti patiscono gli orrori di una crudele guerra”. Questo il testo dell’appello di Giovanni Paolo II.

I gravissimi eventi in corso nella Bosnia Erzegovina, rattristano il cuore degli uomini di buona volontà. Oggi, vogliamo esprimere a quanti patiscono gli orrori di una crudele guerra la nostra fraterna compassione per l’immane prova a cui sono sottoposte tante persone e famiglie, colpite dal tragico conflitto.

La Santa Sede si è adoperata, secondo le possibilità che le consente la sua natura religiosa, ad interessare le istanze internazionali, in vista di un cessate-il-fuoco e di una soluzione degna dell’uomo e dell’Europa.

Vi invito ad elevare con me fervide preghiere a Dio Padre, perché:

- converta i cuori di quanti sono coinvolti nel conflitto, infondendo sentimenti fraterni;

- sostenga coloro che devono lasciare le proprie case in cerca di un riparo sicuro;

- accresca la generosità di chi aiuta ed ospita i numerosi profughi e li rimuneri con larghe benedizioni.

Che il Signore ispiri coraggio alle Autorità Governative, alle Organizzazioni internazionali ed a noi stessi, perché ciascuno sappia assumere la propria responsabilità e nessuno rimanga indifferente alle sofferenze dei popoli della martoriata Bosnia Erzegovina.




Mercoledì, 13 maggio 1992

13592


1. Nelle precedenti catechesi abbiamo parlato della Chiesa come di una “sacra e organica . . . comunità sacerdotale” che “viene attuata per mezzo dei sacramenti e delle virtù” (
LG 11). Era un commento al testo della Costituzione conciliare Lumen gentium, dedicato all’identità della Chiesa (LG 11). Ma nella stessa Costituzione leggiamo che “il popolo santo di Dio partecipa pure dell’ufficio (munus) profetico di Cristo col diffondere ovunque la viva testimonianza di Lui, soprattutto per mezzo di una vita di fede e di carità, e coll’offrire a Dio un sacrificio di lode, cioè frutto di labbra acclamanti al nome di Lui (cf. He 13,15)” (LG 12). Secondo il Concilio, dunque, la Chiesa ha un carattere profetico come partecipe dello stesso ufficio profetico di Cristo. Di questo carattere tratteremo in questa catechesi e in quelle seguenti, sempre sulla traccia della citata Costituzione dogmatica, dove il Concilio espone più espressamente questa dottrina (LG 12). Oggi ci soffermeremo sui presupposti che fondano la testimonianza di fede della Chiesa.

2. Il testo conciliare, presentando la Chiesa come “comunità profetica”, mette questo carattere in relazione alla funzione di “testimonianza” per la quale è stata voluta e fondata da Gesù. Dice infatti il Concilio che la Chiesa “diffonde la viva testimonianza di Cristo”. È evidente il riferimento alle parole di Cristo che si trovano nel Nuovo Testamento. Anzitutto a quelle rivolte dal Signore risorto agli Apostoli, e riportate dagli Atti: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e mi sarete testimoni” (Ac 1,8). Con queste parole Gesù Cristo sottolinea che l’attuazione della funzione di testimonianza, che è il compito particolare degli Apostoli, dipende dall’invio dello Spirito Santo da lui promesso, e che è avvenuto nel giorno di Pentecoste. In virtù del Paraclito, che è Spirito di verità, la testimonianza su Cristo crocifisso e risorto diventa impegno e compito anche degli altri discepoli, e in particolare delle donne, che insieme alla Madre di Cristo sono presenti nel Cenacolo di Gerusalemme, come componenti della primissima comunità ecclesiale. Le donne anzi sono già state privilegiate, perché per prime hanno portato l’annuncio e sono state testimoni della risurrezione di Cristo (cf. Mt 28,1-10).

3. Quando Gesù dice agli Apostoli: “Mi sarete testimoni” (Ac 1,8), parla della testimonianza della fede in un senso che trova in essi un’attuazione certo peculiare. Essi infatti sono stati testimoni oculari delle opere di Cristo, e hanno udito con le proprie orecchie le parole da Lui pronunciate, hanno raccolto direttamente da Lui le verità della divina rivelazione. A ciò che hanno visto e udito, essi per primi hanno risposto con la fede. Così Simon Pietro, quando a nome dei Dodici confessa che Gesù è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). E un’altra volta, nei pressi di Cafarnao, quando alcuni cominciarono ad abbandonare Gesù dopo l’annuncio del mistero eucaristico, lo stesso Simon Pietro non esitò a dichiarare: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Jn 6,68-69).

4. Questa particolare testimonianza di fede degli Apostoli era un “dono dall’alto” (cf. Jc 1,17). Lo era non solo per gli stessi Apostoli, ma anche per coloro ai quali allora e in seguito avrebbero trasmesso la loro testimonianza. Gesù ha detto loro: “A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio” (Mc 4,11). E a Pietro, in vista di un momento critico, dà l’assicurazione: “Io ho pregato per te che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,32). Possiamo dunque dire, in base a queste significative pagine del Nuovo Testamento, che se la Chiesa, come Popolo di Dio, partecipa all’ufficio profetico di Cristo, diffondendo la viva testimonianza di Lui, come leggiamo nel Concilio (cf. LG 12), una tale testimonianza della fede della Chiesa trova il suo fondamento e sostegno nella testimonianza degli Apostoli. Questa testimonianza è primordiale e fondamentale per l’ufficio profetico di tutto il Popolo di Dio.

5. In un’altra Costituzione conciliare, la Dei Verbum, leggiamo che gli Apostoli, “nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni, trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalle labbra, dalla frequentazione e dalla opere di Cristo, sia ciò che anche avevano imparato per suggerimento dello Spirito Santo”. Ma anche altri, insieme con i Dodici, eseguirono il mandato di Cristo sulla testimonianza di fede al Vangelo: cioè “quegli Apostoli (come Paolo) e uomini della loro cerchia, i quali, per ispirazione dello Spirito Santo, misero in scritto l’annuncio della salvezza” (DV 7). “Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa del Popolo di Dio e all’incremento della fede, e così la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede” (DV 8). Come si vede, secondo il Concilio vi è uno stretto rapporto tra la Chiesa, gli Apostoli, Gesù Cristo e lo Spirito Santo. È la linea di continuità tra il mistero cristologico e l’istituzione apostolica ed ecclesiale: mistero che include la presenza e l’azione continua dello Spirito Santo.

6. Proprio nella Costituzione sulla divina rivelazione, il Concilio formula la verità sulla Tradizione, mediante la quale la testimonianza apostolica perdura nella Chiesa come testimonianza della fede dell’intero Popolo di Dio. “Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo; cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cf. Lc 2,19 Lc 2,51), sia con l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La Chiesa cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa vengano a compimento le parole di Dio” (DV 8). Secondo il Concilio, dunque, questo tendere alla pienezza della verità divina, sotto la tutela dello Spirito di verità, si attualizza mediante la comprensione, l’esperienza (ossia l’intelligenza vivida delle cose spirituali) e l’insegnamento (cf. DV 10). Anche in questo campo, Maria è modello per la Chiesa, in quanto per prima “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19 Lc 2,51).

7. Sotto l’influsso dello Spirito Santo, la comunità professa la sua fede e applica la verità di fede alla vita. Da una parte c’è lo sforzo di tutta la Chiesa per capire meglio la rivelazione, oggetto della fede: uno studio sistematico della Scrittura e una riflessione o meditazione continua sul significato profondo e sul valore della Parola di Dio. Dall’altra parte, la Chiesa dà testimonianza della fede con la propria vita, mostrando le conseguenze e applicazioni della dottrina rivelata e il valore superiore che ne risulta per il comportamento umano. Insegnando i precetti promulgati da Cristo, segue la via che Egli ha aperto e manifesta l’eccellenza del messaggio evangelico. Ogni cristiano deve “riconoscere Cristo davanti agli uomini” (cf. Mt 10,32) in unione con tutta la Chiesa e avere tra i non credenti “una condotta irreprensibile” affinché giungano alla fede (cf. 1P 2,12).

8. Su queste vie, indicate dal Concilio, si sviluppa e si trasmette, con la testimonianza “comunitaria” della Chiesa, quel “senso della fede” mediante il quale il Popolo di Dio partecipa all’ufficio profetico di Cristo. “E invero, - leggiamo nella Lumen gentium - per quel senso della fede, che è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, il Popolo di Dio, sotto la guida del sacro magistero, al quale fedelmente conformandosi accoglie non la parola degli uomini, ma veramente la parola di Dio (cf. 1Th 2,13), aderisce indefettibilmente alla fede una volta trasmessa ai santi (cf. Gd Jud 3), con retto giudizio penetra in essa più a fondo e più ampiamente l’applica nella vita” (LG 12). Il testo conciliare mette in rilievo il fatto che il “senso delle fede è suscitato e sorretto dallo Spirito di verità”. Grazie a tale “senso”, in cui porta frutti “l’unzione” divina, “il Popolo di Dio, sotto la guida del sacro magistero . . . aderisce indefettibilmente alla fede” (LG 12). “L’universalità dei fedeli, che tengono l’unzione dello Spirito Santo (cf. 1Jn 2,20 1Jn 2,27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il soprannaturale senso della fede di tutto il popolo, quando - dai Vescovi fino agli ultimi fedeli laici - mostra l’universale suo consenso in cose di fede e di morale” (LG 12).

Si noti come dal testo conciliare risulta bene che quel “consenso in cose di fede e di morale” non è il derivato di un referendum o di un plebiscito. Può essere inteso in modo giusto soltanto in quanto si conservino nella memoria le parole di Cristo: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25).

Alle Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore

Siate i benvenuti in questa Basilica di San Pietro, presso la tomba del Capo degli Apostoli. Vi accolgo con gioia e vi rivolgo volentieri uno speciale pensiero.

Saluto, anzitutto, le Suore Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore, le quali festeggiano il 1° Centenario di fondazione della loro Famiglia religiosa.

Carissime, è questo il momento propizio per rinnovare e approfondire la vostra risposta di piena donazione alla missione che il Signore vi ha affidato. Egli volle che la vita di Suor Agostina Cassi, divenisse una feconda testimonianza di servizio ai più bisognosi tra i piccoli e tra gli anziani: due categorie di persone che ancor oggi, pur in mutati contesti, fanno appello alle migliori energie della Chiesa. Siate pronte a ripetere il vostro “sì”, a “nascere nel cuore di Dio . . . per guadagnargli anime”, secondo lo spirito originario dell’Istituto.

Saluto voi pure, Alunni, Insegnanti, Genitori ed Ex Alunni, che vi siete uniti a questo momento di rendimento di grazie per tutto il bene che il Cuore di Cristo, mediante l’opera delle Suore, ha diffuso nelle menti e nelle anime di tanti fanciulli, di tanti anziani e ammalati. Sì, carissimi, rendete grazie a Dio, ricco di misericordia, il quale ha voluto aprire a tutti i tesori del suo cuore!

Il mio saluto si estende anche ai ragazzi ed alle ragazze delle altre Scuole ed Istituti, che prendono parte a questa Udienza. A tutti dico: offrite la vostra giovinezza a Gesù, perché ogni egoismo sia bruciato dalla sua carità e abbiate a conoscere la vera gioia e la vera libertà, che tanto desiderate.

E voi, Genitori ed Insegnanti, non temete di lasciare spazio nella vostra vita alla preghiera, alla meditazione della Parola di Dio e a quella semplice ma ricchissima sintesi di preghiera e meditazione che è il Santo Rosario, da recitare assiduamente, soprattutto in famiglia: siate certi che i veri educatori sono coloro che trasmettono agli altri quella Verità che essi per primi hanno contemplato e ne sono rimasti affascinati.

Desidero affidare tutti voi alla materna protezione di Maria Santissima, in questo mese e in questo giorno 13 di maggio, in cui si celebra nel Santuario di Fatima il 75° anniversario della prima Apparizione ai tre veggenti.

O Madre di Dio, intercedi per le Religiose Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore, accompagna il loro cammino secondo il carisma della loro Fondatrice. Benedici gli studi di questi ragazzi e ragazze, sostienili nei prossimi esami scolastici che li attendono e in quelli, ancor più importanti, della vita e della futura professione a servizio dei fratelli!

A tutti la mia Benedizione!

Ai pellegrini polacchi

Ai fedeli di espressione linguistica francese

Ai pellegrini di lingua inglese

Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese, nel 75 anniversario dell’Apparizione della Vergine Maria a Fatima:

Carissimi fratelli e sorelle,

Oggi si celebra il 75 anniversario della Apparizione della Vergine Maria a Fatima ai tre pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta. Fra il 13 maggio e il 13 ottobre del 1917, Nostra Signora apparve a quei fanciulli sei volte, una volta al mese. Era la Madre del Cielo che veniva nel nostro mondo, portatrice del messaggio dell’Altissimo ad esortare tutti i popoli alla conversione dei cuori, attraverso la preghiera e la penitenza.

Per celebrare questo avvenimento, ho voluto inviare in Portogallo, quale mio legato, il Segretario di Stato Cardinale Angelo Sodano, per portare ai pellegrini portoghesi e di tanti altri paesi, la gioia del Successore di Pietro per questa Festa mariana. Da Roma, invito quanti sono qui, in unione anche con i brasiliani venuti da Minas Gerais, dal Paranà, da Pernambuco, dal Rio Grande do Sul, da Rio de Janeiro, da Santa Catarina e da Sao Paulo, ad accostarsi a Maria Santissima con un sincero desiderio di rinnovamento interiore, affinché Ella vi porti a Gesù e voi attraverso Cristo vi sentiate membri della famiglia di Dio (cf. Ep 2,19), risvegliando nell’anima desideri di fratellanza e di pace. O Madre della Speranza “cammina con i popoli verso la solidarietà e l’amore” (Atto di Consacrazione a Nostra Signora di Fatima 13 maggio 1991).

Fa in modo che comprendano che una società non può progredire nel cammino del bene comune, se non avanza nella solidarietà. O Madre del Divino Amore, possa tu essere il rifugio e la forza di quanti confidano in Te. Accresci la nostra fede, dà forza e sicurezza al nostro cammino sulla terra: sii Tu stessa il nostro cammino che porta all’amore di Gesù Cristo.

Ai fedeli croati

Mi rivolgo ai membri del coro giovanile “Piccola Dubrovnik che canta”. Carissimi, siete venuti a Roma dall’amata città di Dubrovnik a esprimere, con il canto e la preghiera, il desiderio del vostro popolo croato, di vivere in libertà e in pace. In questi drammatici momenti, pieni di dolore e di sofferenza, sia per Dubrovnik e i suoi dintorni, che per le altre regioni della Croazia, come pure della Bosnia-Erzegovina, in cui avete parenti e amici, continuate a pregare insieme con me per la vera pace, per tutti i popoli dei Balcani.

Ai fedeli di lingua italiana

Nel salutare, oggi, i pellegrini di lingua italiana, desidero rivolgere un pensiero ai Missionari ed alle Missionarie di diverse Nazioni e Comunità ecclesiali, che stanno concludendo in Roma, presso l’Università Urbaniana, un corso di rinnovamento teologico-pastorale. Carissimi! Siate sempre annunciatori fedeli e testimoni credibili del Cristo Redentore e del suo Vangelo di salvezza.

Sono lieto di poter rivolgere un pensiero anche ai partecipanti alla Conferenza indetta dal Segretariato Generale dell’Associazione “Sisters Cities Italia”, la quale ha trattato il tema del ricupero delle culture d’origine da parte delle generazioni nate nei Paesi di emigrazione. Mi compiaccio di questo programma, che favorisce la reciproca conoscenza e l’intesa tra i popoli. Auspico che si metta sempre meglio in luce quella positiva riscoperta delle proprie radici culturali, a cui i figli dei migranti aspirano.

Saluto, infine, il gruppo dei Dirigenti dell’Emilia-Romagna della Federazione Italiana Gioco Calcio. Vi ringrazio per questa visita, mentre auspico che l’organizzazione sportiva sappia inculcare nell’animo degli atleti i veri valori umani e cristiani dello sport.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Giunga ora il mio saluto ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli.

Mentre a ciascuno di voi, carissimi, rivolgo il mio cordiale benvenuto, auguro che la Madre di Dio, in questo mese a Lei dedicato, faccia sbocciare in voi i grandi ideali cristiani. Invito particolarmente voi, giovani, ad invocare e lodare la Vergine Maria insieme ai numerosissimi pellegrini che oggi, 13 maggio, si trovano nel Santuario di Fatima per celebrare solennemente il 75° anniversario della prima Apparizione ai piccoli veggenti.

Esorto voi, cari malati, a ricorrere costantemente all’ausilio della Madonna, “Salute degli infermi”, affinché maternamente lenisca il vostro dolore e vi renda capaci di donare agli altri il conforto ricevuto. Vi annunzio di aver istituito, con documento che si pubblica oggi, la “Giornata Mondiale del Malato”, al fine di sensibilizzare tutto il Popolo di Dio, le istituzioni sanitarie cattoliche e la stessa società civile al problema di una migliore assistenza ai malati.

E voi, sposi novelli, pregate la Santa Vergine, “Casa d’oro”, affinché la famiglia, che avete da poco costituito, sia veramente dimora santa e focolare di gioia cristiana.

A tutti la mia benedizione apostolica.

Giovanni Paolo II riceve in udienza, nella mattinata, i rappresentanti dell’Unione cristiano-democratica e cristiano-sociale dell’Assia. La delegazione è guidata dal Ministro della Repubblica Federale di Germania Signora Hannelore Rönsch. Durante l’incontro, che si svolge al termine dell’udienza generale in una sala attigua all’Aula Paolo VI, il Santo Padre pronuncia le seguenti parole.



Mercoledì, 20 maggio 1992

20592

1. L’ufficio profetico, di cui abbiamo parlato nella catechesi precedente, è attuato dalla Chiesa attraverso la testimonianza della fede. Questa testimonianza comprende e mette in risalto tutti gli aspetti della vita e dell’insegnamento di Cristo. Lo troviamo affermato in un testo del Concilio Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et spes, quando presenta Gesù Cristo come l’Uomo nuovo, che proietta la sua luce sugli enigmi della vita e della morte, altrimenti insolubili. “Solamente nel mistero del Verbo incarnato - dice il Concilio - trova vera luce il mistero dell’uomo” (
GS 22). E in seguito afferma che questo è l’aiuto che la Chiesa intende offrire agli individui perché scoprano o riscoprano nella rivelazione divina la loro vera e completa identità. “Poiché la Chiesa - leggiamo - ha ricevuto l’incarico di manifestare il mistero di Dio, che è il fine personale dell’uomo, essa nel tempo stesso svela all’uomo il senso della sua propria esistenza, vale a dire la verità profonda dell’uomo. Sa bene la Chiesa che soltanto Dio, al cui servizio essa è dedita, dà risposta ai più profondi desideri del cuore umano, che mai può essere pienamente saziato dai beni terreni” (GS 41). Ciò significa che l’ufficio profetico della Chiesa, che consiste nell’annunciare la verità divina, comporta anche la rivelazione all’uomo della verità su lui stesso, verità che soltanto in Cristo si manifesta in tutta la sua pienezza.

2. La Chiesa mostra all’uomo questa verità non solo in una forma teoretica o astratta, ma in un modo che possiamo dire esistenziale e ben concreto, perché la sua vocazione è donare all’uomo la vita che è in Cristo crocifisso e risorto: come Gesù stesso preannuncia agli Apostoli, “perché vivo io e voi vivrete” (Jn 14,19). L’elargizione all’uomo di una nuova vita in Cristo ha il suo inizio nel momento del Battesimo. San Paolo lo afferma in modo incomparabile nella Lettera ai Romani: “O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione . . . Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù” (Rm 6,3-5 Rm 6,11). È il mistero del Battesimo, come inaugurazione della vita nuova partecipata dall’“Uomo Nuovo”, Cristo, a coloro che vengono sacramentalmente inseriti nel suo unico Corpo, che è la Chiesa.

3. Nel Battesimo e negli altri sacramenti si può dire che veramente “la Chiesa svela all’uomo il senso della sua propria esistenza”, in modo vivo e vitale. Si può parlare di una “evangelizzazione sacramentale”, che rientra nell’ufficio profetico della Chiesa e fa comprendere meglio la verità sulla Chiesa come “comunità profetica”. Il profetismo della Chiesa si esprime nell’annunciare e produrre sacramentalmente la “sequela Christi”, che diventa imitazione di Cristo non soltanto in senso morale, ma come vera e propria riproduzione nell’uomo della vita di Cristo. Una “novità di vita” (Rm 6,4), una vita divina, che per mezzo di Cristo viene partecipata all’uomo, come ripetutamente afferma San Paolo: “Con lui (Cristo) Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati” (Col 2,13); “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova” (2Co 5,17).

4. Cristo è dunque la risposta divina che la Chiesa dà ai fondamentali problemi umani: Cristo, che è l’Uomo perfetto. Il Concilio dice che “Chiunque segue Cristo . . . si fa lui pure più uomo” (GS 41). La Chiesa, dando testimonianza alla vita di Cristo “Uomo perfetto”, indica a ogni uomo la strada verso la pienezza di realizzazione della propria umanità. Essa presenta a tutti con la sua predicazione un autentico modello di vita, e infonde nei credenti con i sacramenti l’energia vitale che permette lo sviluppo della nuova vita, che si dilata da membro a membro nella comunità ecclesiale. Per questo Gesù chiama i suoi discepoli “sale della terra” e “luce del mondo” (Mt 5,13-14).

5. Nella sua testimonianza alla vita di Cristo, la Chiesa fa conoscere agli uomini Colui che nel modo più perfetto attuò nella sua esistenza terrena “il comandamento supremo” (Mt 22,38-40), da lui stesso enunciato. Lo attuò nella sua duplice dimensione. Infatti con la sua vita e con la sua morte Gesù Cristo ha mostrato che cosa significa amare Dio “sopra ogni cosa”, in quell’atteggiamento di ossequio e di obbedienza al Padre che gli faceva dire: “Mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato a compiere la sua opera” (Jn 4,34). Ha anche confermato e realizzato in modo perfetto l’amore del prossimo, per il quale egli si definiva e si comportava come “il Figlio dell’uomo . . . non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,28).

6. La Chiesa è testimone della verità delle beatitudini proclamate da Gesù (cf. Mt 5,3-12). Si sforza di moltiplicare nel mondo: “i poveri in spirito”, che non cercano nei beni materiali né nel denaro lo scopo della vita; “i miti”, che rivelano il “cuore mite e umile” di Cristo e rinunciano alla violenza; “i puri di cuore”, che vivono nella verità e nella lealtà; “quelli che hanno fame e sete della giustizia”, cioè della santità divina che vuole stabilirsi nella vita individuale e sociale; “i misericordiosi”, che hanno compassione per coloro che soffrono, e li aiutano; “gli operatori di pace”, che favoriscono riconciliazione e buona intesa fra individui e nazioni.

7. La Chiesa è testimone e portatrice dell’offerta sacrificale che Cristo ha fatto di se stesso. Segue la via della Croce e ricorda sempre la fecondità della sofferenza sopportata e offerta in unione al sacrificio del Salvatore. Il suo ufficio profetico si esercita nel riconoscimento del valore della Croce. Perciò la Chiesa si sforza di vivere particolarmente la beatitudine degli afflitti e dei perseguitati. Gesù ha annunziato le persecuzioni per i suoi discepoli (cf. Mt 24,9 par). La perseveranza nelle persecuzioni appartiene alla testimonianza che la Chiesa dà a Cristo: dal martirio di Santo Stefano (cf. Ac 7,55-60), degli Apostoli, dei primi loro successori e di tanti cristiani, alle sofferenze dei vescovi, sacerdoti, religiosi e semplici fedeli che anche nel nostro tempo hanno versato il sangue e patito torture, prigionia, umiliazioni d’ogni genere per la fedeltà a Cristo. La Chiesa è testimone della Risurrezione; testimone della gioia della buona novella; testimone della felicità eterna e di quella già presente nella vita terrena, data da Cristo risorto, come vedremo nella prossima catechesi.

8. Nello svolgimento di questa molteplice testimonianza alla vita di Cristo, la Chiesa adempie l’ufficio profetico a lei proprio. E nello stesso tempo mediante questa testimonianza profetica “svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione”, come ci ha detto il Concilio (GS 22). Si tratta di una missione profetica che ha un senso nettamente Cristocentrico e che proprio per questo ha un profondo valore antropologico, come luce e forza di vita derivante dal Verbo incarnato. In questa missione a favore dell’uomo è impegnata oggi più che mai la Chiesa, sapendo che nella salvezza dell’uomo si raggiunge la gloria di Dio. Per questo ho detto fin dalla mia prima Enciclica Redemptor hominis che “l’uomo è la via della Chiesa” (RH 14).

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di lingua inglese

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ad alcuni gruppi di espressione portoghese

Ai pellegrini italiani

Nel salutare i pellegrini di lingua italiana, desidero ora rivolgere un pensiero particolare ai numerosi fedeli della zona pastorale del Cònero, in diocesi di Ancona. Carissimi, mi compiaccio per la vostra sensibilità religiosa e per la solidarietà verso i fratelli meno fortunati. Incoraggio il progetto pastorale della vostra Arcidiocesi, che si rivolge specialmente ai giovani, per invitarli ad essere sempre più attenti alle necessità del prossimo. Prego il Signore che allieti le vostre iniziative di buoni frutti spirituali, e che, soprattutto, conforti le Comunità cristiane di numerose e generose vocazioni al sacerdozio.

Il mio pensiero va, poi, ai pellegrini della parrocchia “Madonna dei Miracoli” ed al gruppo Bandistico di Casalbordino, in diocesi di Chieti-Vasto. Auspico che il Santuario Mariano, di cui ricordate il decimo anniversario della dedicazione, sia sempre un’oasi di rinnovamento spirituale e di conversione.

Esprimo, altresì, il mio incoraggiamento e il mio plauso ai rappresentanti dell’Associazione Volontari “Dokita”, che si accingono a partire per il Brasile, dove daranno vita a “Case-Famiglia” per i bambini abbandonati. Prego il Signore perché faccia fiorire tale iniziativa, destinata a far del bene.

Saluto anche i militari italiani del 91° Battaglione fanteria “Lucania”, in pellegrinaggio verso il Santuario di Lourdes, ed i soldati in servizio presso il Quartier Generale del Comando NATO di Napoli. A tutti il cordiale augurio, che la vita militare lasci in loro ricordi positivi di amicizia, di collaborazione, di concordia e, soprattutto, di esperienze religiose corroboranti per un più generoso impegno cristiano.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Mi è gradito, infine, salutare i ragazzi e i giovani, gli ammalati e le coppie di sposi novelli.

Alla luce delle due Beatificazioni di domenica scorsa, vi addito l’itinerario affascinante della santità, che non è riservato a pochi

fortunati, ma è aperto a tutti. Siate poveri di spirito e puri di cuore, cari giovani, siate miti e operatori di pace, e raggiungerete la perfezione cristiana.

E voi, cari ammalati, spesso afflitti da tante prove dolorose, siate forti ed abbiate fiducia, poiché vi è riservata la ricompensa certa promessa da Cristo a chi sa offrire tutto con gioia.

Raccomando agli sposi novelli di realizzare la santità, conservando viva la fede nel Sacramento appena ricevuto, quali testimoni gioiosi dell’amore fecondo di Dio.

A tutti imparto la mia benedizione.

Un dramma spaventoso che esige un impegno urgente di solidarietà

La gioia dell’incontro odierno è purtroppo turbata dalle dolorose notizie circa l’esodo dalla Bosnia-Erzegovina di un numero ingente di profughi, che hanno cercato rifugio nelle vicine Repubbliche di Croazia e di Slovenia e che ora si dirigono verso l’Italia, l’Austria e altri Paesi amici. È un dramma spaventoso, quale non si vedeva in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e che obbliga tutti gli uomini di buona volontà, e soprattutto i credenti, a un impegno urgente di solidarietà verso questi nostri fratelli e sorelle provati dalla sventura. Di fronte ai nostri occhi vi sono i volti esterrefatti di tanti bambini e di numerosi anziani, che ci chiedono aiuto.

È vero che i Governi di vari Paesi si stanno già interessando al riguardo e che altrettanto stanno facendo vari organismi internazionali, ma la tragedia continua. Da parte mia, ho incaricato il Pontificio Consiglio “Cor Unum” d’intensificare la sua opera di coordinamento del lavoro della “Caritas Internationalis” e delle varie organizzazioni assistenziali dei Paesi interessati.

Vorrei ora rivolgere un pressante appello a tutti gli uomini di buona volontà, affinché cooperino generosamente a tutte le iniziative che stanno sorgendo, per aiutare chi soffre a causa dell’iniqua lotta fratricida che insanguina la Bosnia-Erzegovina.

Vi invito, infine, a pregare per il ritorno della pace in quel tribolato Paese, facendo nostra l’orazione del Messale Romano (nella Santa Messa in tempo di guerra o di disordini):

“O Dio, forte e misericordioso, che condanni le guerre e abbatti l’orgoglio dei potenti, allontana i lutti e gli orrori che affliggono l’umanità . . . E così sia”.




Catechesi 79-2005 60592