Catechesi 79-2005 17393

Mercoledì, 17 marzo 1993

17393

1. Il magistero del Romano Pontefice, che abbiamo illustrato nella precedente catechesi, rientra nell’ambito e segna il culmine della missione di predicare il Vangelo affidata da Gesù agli Apostoli e ai loro successori. Leggiamo nella costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II: “Tra i principali doveri dei vescovi eccelle la predicazione del Vangelo. I vescovi infatti sono gli araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli, sono dottori autentici, cioè rivestiti dell’autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita... Quando insegnano in comunione col Romano Pontefice, devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accettare il giudizio dato dal loro vescovo a nome di Cristo in cose di fede e morale, e aderirvi con religioso rispetto” (
LG 25). Il compito magisteriale dei vescovi è, dunque, strettamente collegato con quello del Romano Pontefice. Opportunamente perciò il testo conciliare prosegue affermando: “Questo religioso rispetto di volontà e di intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del Romano Pontefice, anche quando non parla “ex cathedra”, così che il suo supremo magistero sia con riverenza accettato, e con sincerità si aderisca alle sentenze da lui date, secondo la mente e la volontà da lui manifestata, la quale si palesa specialmente sia dalla natura dei documenti, sia dal frequente riproporre la stessa dottrina, sia dal tenore della espressione verbale” (Ivi LG 25).

2. Questa suprema autorità del magistero papale, al quale tradizionalmente viene riservata la qualifica di apostolico, anche nel suo esercizio ordinario, deriva dal fatto istituzionale per cui il Romano Pontefice è il successore di Pietro nella missione di insegnare, di confermare i fratelli, di garantire la conformità della predicazione della Chiesa al “deposito della fede” degli Apostoli e alla dottrina di Cristo. Ma deriva anche dalla convinzione, maturata nella tradizione cristiana, che il vescovo di Roma è l’erede di Pietro anche nei carismi di speciale assistenza che Gesù gli ha assicurato quando gli ha detto: “Io ho pregato per te” (Lc 22,32). Ciò significa un aiuto continuativo dello Spirito Santo in tutto l’esercizio della missione dottrinale, volta a far capire la verità rivelata e le sue conseguenze nella vita umana. Per questo il Concilio Vaticano II afferma che tutto l’insegnamento del Papa merita di essere ascoltato e accolto, anche quando non è svolto “ex cathedra”, ma è proposto nell’esercizio ordinario del magistero con manifesta intenzione di enunciare, richiamare, ribadire la dottrina di fede. È una conseguenza del fatto istituzionale e della eredità spirituale che danno le dimensioni complete della successione di Pietro.

3. Come è noto, ci sono dei casi nei quali il magistero pontificale si esercita solennemente su particolari punti di dottrina, appartenenti al deposito della rivelazione o ad essa strettamente connessi. È il caso delle definizioni “ex cathedra”, come quelle della Immacolata Concezione di Maria, fatta da Pio IX nel 1854, e della sua Assunzione al cielo, fatta da Pio XII nel 1950. Come sappiamo, queste definizioni hanno procurato a tutti i cattolici la certezza nell’affermazione di queste verità e l’esclusione di ogni dubbio in merito. Quasi sempre la ragione delle definizioni “ex cathedra” è questa certificazione delle verità da credere in quanto appartenenti al “deposito della fede” e l’esclusione di ogni dubbio, o addirittura la condanna dell’errore sulla loro autenticità e il loro significato. Si ha così il momento di massima concentrazione, anche formale, della missione dottrinale conferita da Gesù agli Apostoli e, in essi, ai loro successori.

4. Data la straordinaria grandezza e importanza di tale magistero per la fede, la tradizione cristiana ha riconosciuto al successore di Pietro, che lo esercita da solo o in comunione con i vescovi riuniti in concilio, un carisma di assistenza dello Spirito Santo che si suol chiamare “infallibilità”. Ecco che cosa dice in proposito il Concilio Vaticano I: “Il Romano Pontefice, quando parla dalla cattedra, cioè quando, adempiendo l’ufficio di pastore e di maestro di tutti i cristiani, per la sua suprema autorità apostolica definisce che una dottrina riguardo alla fede e ai costumi deve essere tenuta da tutta la Chiesa, per l’assistenza divina a lui promessa nel Beato Pietro gode di quella infallibilità della quale il Divin Redentore volle dotare la sua Chiesa nel definire una dottrina riguardo alla fede e ai costumi: perciò tali definizioni del Romano Pontefice sono irreformabili di per sé, non per il consenso della Chiesa” (DS 3074). Questa dottrina è stata riassunta, confermata e ulteriormente spiegata dal Concilio Vaticano II, che afferma: “Di questa infallibilità il Romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli, che conferma nella fede i suoi fratelli (cf Lc 22,32), sancisce con atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale. Perciò le sue definizioni giustamente sono dette irreformabili per se stesse e non per il consenso della Chiesa, essendo esse pronunciate con l’assistenza dello Spirito Santo [...] per cui non abbisognano di alcuna approvazione di altri, né ammettono appello alcuno ad altro giudizio. Infatti allora il Romano Pontefice pronunzia sentenza non come persona privata, ma quale supremo maestro della Chiesa universale, singolarmente insignito del carisma dell’infallibilità della stessa Chiesa, espone o difende la dottrina della fede cattolica” (Lumen gentium, LG 25).

5. È da notare che il Concilio Vaticano II mette in rilievo anche il magistero dei vescovi uniti col Romano Pontefice, sottolineando che anch’essi godono dell’assistenza dello Spirito Santo quando definiscono insieme col successore di Pietro un punto di fede: “L’infallibilità promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale quando esercita il supremo magistero col successore di Pietro [...]. Quando poi, sia il Romano Pontefice sia il corpo dei vescovi con lui, definiscono una sentenza, la emettono secondo la stessa rivelazione [...] che è integralmente trasmessa per scritto o per tradizione dalla legittima successione dei vescovi... e viene nella Chiesa gelosamente conservata e fedelmente esposta sotto la luce dello Spirito di verità” (Lumen gentium, LG 25). E ancora: “Quantunque i singoli vescovi non godano della prerogativa dell’infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservanti il vincolo della comunione tra di loro e col successore di Pietro, nel loro insegnamento autentico circa materie di fede e di morale convengono su una sentenza da ritenersi come definitiva, enunciano infallibilmente la dottrina di Cristo. Il che è ancora più manifesto quando, radunati in concilio ecumenico, sono per tutta la Chiesa dottori e giudici della fede e della morale, e alle loro definizioni si deve aderire con l’ossequio della fede”. “Questa infallibilità della quale il Divino Redentore volle provvedere la sua Chiesa nel definire la dottrina della fede e della morale si estende tanto quanto il deposito della divina rivelazione” (Lumen gentium, LG 25).

6. In questi testi conciliari vi è come una codificazione della coscienza esistente già negli Apostoli riuniti nell’assemblea di Gerusalemme: “Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi...” (Ac 15,28). Quella coscienza confermava la promessa di Gesù di mandare lo Spirito di verità agli Apostoli e alla Chiesa, una volta andato al Padre dopo aver compiuto il sacrificio della croce: “Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Jn 14,26). Quella promessa si era verificata nella Pentecoste, da cui gli Apostoli si sentivano ancora vivificati.

La Chiesa ha ereditato da loro quella coscienza e quella memoria.

A bambini e giovani studenti

Carissimi Ragazzi e Giovani! Vi accolgo con gioia, e vorrei salutare personalmente ciascuno di voi. Non potendolo fare, dico a tutti: benvenuti in questa Basilica, centro della Cristianità! Grazie per il vostro entusiasmo e per l’amore che nutrite verso Cristo; grazie anche per l’affetto che dimostrate al suo Vicario in terra, il successore dell’apostolo Pietro. Gesù amava stare con i fanciulli ed i giovani, e ha insegnato agli apostoli a fare altrettanto. Egli vi ama ed ha fiducia in voi. Anche il Papa vi vuole bene e conta sul vostro aiuto: voi siete la speranza della Chiesa, il futuro della nostra società. Siatene sempre ben persuasi, preparatevi ad assumere da grandi le vostre responsabilità e cercate di offrire ai vostri coetanei una testimonianza cristiana coerente e gioiosa.

Molti fra voi sono studenti, in particolare vorrei ricordare gli alunni dell’Istituto “Camilli” di Ostia e del Liceo Internazionale di Roma, come pure quelli della Scuola media “Francesco De Sanctis” di Cervinara (Avellino) e delle Scuole elementari dell’“Arca” di Legnano, dell’“Arcobaleno” di Pavia e del “Geis” di Arese; altri si preparano alla Prima Comunione e alla Cresima. In modo speciale ricordo il folto gruppo della parrocchia dell’Immacolata di Foggia, comprendente, oltre ai ragazzi, i catechisti e i genitori. Carissimi, il Signore vi invita tutti a seguirlo, a divenire suoi discepoli. E mentre ammirate lo splendore di questa Basilica, le sue luci e le sue decorazioni, dite a voi stessi: ecco, voglio che la mia anima, la mia vita risplenda così; voglio essere un riflesso della luce che Gesù ha portato tra gli uomini. Se farete questo, diventerete amici veri di Gesù, sarete come alberi piantati vicino a un fiume ricco di acqua, e i vostri frutti saranno abbondanti e buoni. Vi lascio queste parole come un augurio per la prossima Pasqua. Vi accompagno tutti con la mia benedizione: portatela anche alle vostre famiglie.

Ai giovani

Siamo molto grati al Signore che ci ha portato questi ospiti da una terra lontana, da una città lontana, ma speriamo adesso più vicina. Preghiamo nello spirito della Quaresima preparandoci alle festività pasquali. Preghiamo uniti a Cristo: questo è il periodo in cui la Chiesa vuole essere più che mai unita a Gesù, unita alla sua Parola, al Vangelo, unita alla sua Passione per essere unita alla sua Risurrezione nel Giorno di Pasqua. Questa è la Verità e la Vita che ci ha lasciato nostro Signore Cristo Gesù.

Saluto in modo speciale i bambini ed i ragazzi ammalati che si trovano tra noi, loro meritano un amore speciale da tutti ed una preghiera continua.

Ai fedeli di lingua francese


Ai pellegrini di espressione inglese

Ai fedeli giapponesi

Carissimi componenti dei vari gruppi provenienti da ogni parte del Giappone. Vi esorto a coltivare sempre meglio i valori morali del vostro stato: l’armonia dello spirito che deve accompagnare le note musicali e i colori; e la salute dello spirito che è ancor più necessaria di quella del corpo.

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli della Spagna e dell’America Latina

Ai pellegrini di lingua portoghese

Ai fedeli venuti dalla Polonia

Ai gruppi di pellegrini italiani

Nel rivolgere ora il saluto ai pellegrini di lingua italiana, mi è particolarmente gradito esprimere il mio benvenuto al gruppo dei rappresentanti della Polizia di Stato. Saluto il Signor Vicecapo Vicario della Polizia, Dottor Umberto Pierantoni, i Signori Prefetti e Questori Direttori, i Dirigenti e i vari gruppi di Agenti, che fanno parte della Questura di Roma, degli Istituti per Funzionari ed Ispettori, delle Scuole per Sovrintendenti ed Agenti. Un pensiero beneaugurante va specialmente ai Cappellani della Polizia, guidati dal loro Coordinatore, Monsignor Alberto Alberti. Auspico che la presenza dei Cappellani in mezzo a voi, giovani Agenti, valga a sostenervi nel servizio sociale che vi è proprio e ad orientare le vostre coscienze soprattutto nei momenti di prova. Su tutti voi invoco la protezione della Vergine Santissima e del vostro Patrono, San Michele Arcangelo.

Agli ammalati e alle coppie di sposi novelli

Il tempo di Quaresima è una grande occasione di rinnovamento. Voi, ammalati, offrite al Signore la vostra Croce, facendo del dolore una preghiera, che strappi al cuore di Dio il dono della pace. Voi, sposi novelli, che sperimentate la gioia della grazia sacramentale appena ricevuta, non dimenticate mai che l’amore vero si conquista giorno per giorno al calore e alla luce dell’amore divino. A tutti imparto la mia benedizione.




Mercoledì, 24 marzo 1993

24393

1. L’infallibilità del Romano Pontefice è tema di notevole rilievo per la vita della Chiesa. Sembra perciò opportuna qualche ulteriore riflessione sui testi conciliari, per meglio precisare il senso e l’estensione di tale prerogativa. Anzitutto i Concili asseriscono che l’infallibilità attribuita al Romano Pontefice è personale, nel senso che deriva a lui con la personale successione a Pietro nella Chiesa romana. In altre parole, questo significa che il Romano Pontefice non è il semplice portatore di una infallibilità appartenente, in realtà, alla Sede romana. Egli esercita il magistero e, in generale, il ministero pastorale come “vicarius Petri”: così viene spesso chiamato nel primo millennio cristiano. In lui, cioè, si ha quasi una personificazione della missione e dell’autorità di Pietro, gestite nel nome di colui a cui Gesù stesso le conferì. E tuttavia è chiaro che l’infallibilità non è data al Romano Pontefice come a persona privata, ma in quanto adempie l’ufficio di pastore e di maestro di tutti i cristiani. Egli inoltre non la esercita come avente l’autorità in se stesso e da se stesso, ma “per la sua suprema autorità apostolica” e “per l’assistenza divina a lui promessa nel Beato Pietro”. Infine, egli non la possiede come se potesse disporne o contarvi in ogni circostanza, ma solo “quando parla dalla cattedra”, e solo in un campo dottrinale limitato alle verità di fede e di morale e a quelle che vi sono strettamente connesse.

2. Secondo i testi conciliari, il magistero infallibile viene esercitato nella “dottrina riguardante la fede e i costumi”. Si tratta del campo delle verità esplicitamente o implicitamente rivelate, che richiedono un’adesione di fede e di cui la Chiesa custodisce il deposito affidatole da Cristo e trasmesso dagli Apostoli: non lo custodirebbe convenientemente, se non ne tutelasse la purezza e l’integrità. Si tratta di verità riguardanti Dio in se stesso e nella sua opera creativa e redentiva; l’uomo e il mondo nella loro condizione creaturale e nel loro destino secondo il disegno provvidenziale; la vita eterna e la stessa vita terrena nelle sue fondamentali esigenze in ordine alla verità e al bene. Si tratta, dunque, anche di “verità-per-la-vita”, e della loro applicazione nel comportamento umano. Il divin Maestro, nel mandato della evangelizzazione, ha ordinato agli Apostoli: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (
Mt 28,20). Rientrano nell’area delle verità che il magistero può proporre in modo definitivo quei principi di ragione che, anche se non sono contenuti nelle verità di fede, sono ad esse intimamente connessi. Nella realtà effettuale, di ieri e di oggi, è il magistero della Chiesa e specialmente del Romano Pontefice che salva questi princìpi e li riscatta continuamente dalle obnubilazioni e dalle distorsioni che subiscono sotto la pressione di interessi e di vizi consolidati in modelli e correnti culturali. In questo senso il Concilio Vaticano I diceva che oggetto del magistero infallibile è “la dottrina riguardante la fede e i costumi da ritenersi da tutta la Chiesa” (DS 3074). E nella nuova formula della professione di fede, recentemente approvata (cfr AAS 81 [1989] 105; 1169), è fatta la distinzione tra le verità divinamente rivelate, alle quali è dovuta un’adesione di fede, e le verità proposte in modo definitivo ma non come divinamente rivelate, le quali perciò richiedono un assenso definitivo, che però non è un assenso di fede.

3. Dai testi conciliari si rilevano anche le condizioni dell’esercizio del magistero infallibile da parte del Romano Pontefice. Esse possono essere così sintetizzate: il Papa deve agire come “pastore e dottore di tutti i cristiani”, pronunciandosi su verità riguardanti “fede e costumi”, con termini che manifestino chiaramente la sua intenzione di definire una certa verità e di richiedere la definitiva adesione ad essa di tutti i cristiani. È quanto avvenne – per esempio – nella definizione dell’Immacolata Concezione di Maria, circa la quale Pio IX affermò: “È una dottrina rivelata da Dio e dev’essere, per questa ragione, fermamente e costantemente creduta da tutti i fedeli” (DS 2803); o anche nella definizione della Assunzione di Maria Santissima, quando Pio XII disse: “Con l’autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, e con la nostra autorità, dichiariamo e definiamo come dogma divinamente rivelato... ecc.” (DS 3903). A queste condizioni si può parlare di magistero papale straordinario, le cui definizioni sono irreformabili “di per sé, non per il consenso della Chiesa” (“ex sese, non autem ex consensu Ecclesiae”). Ciò significa che queste definizioni, per essere valide, non hanno bisogno del consenso dei vescovi: né di un consenso precedente, né di un consenso conseguente, “essendo state pronunciate con l’assistenza dello Spirito Santo, promessagli (al Romano Pontefice) nella persona del Beato Pietro, per cui non abbisognano di alcuna approvazione di altri, né ammettono appello alcuno ad altro giudizio” (Lumen gentium LG 25).

4. I Sommi Pontefici possono esercitare questa forma di magistero. E ciò è di fatto avvenuto. Molti Papi però non lo hanno esercitato. Ma occorre osservare che nei testi conciliari che stiamo illustrando, viene distinto il magistero “ordinario” da quello “straordinario”, sottolineando l’importanza del primo, che è di carattere permanente e continuativo; mentre quello che si esprime nelle definizioni si può dire eccezionale. Accanto a questa infallibilità delle definizioni ex cathedra, esiste il carisma di assistenza dello Spirito Santo, concesso a Pietro e ai suoi successori perché non errino in materia di fede e di morale e diano invece una buona illuminazione al popolo cristiano. Questo carisma non è limitato ai casi eccezionali, ma abbraccia in varia misura tutto l’esercizio del magistero.

5. Dai testi conciliari si rileva altresì quanto sia grave la responsabilità del Romano Pontefice nell’esercizio del suo magistero, di quello straordinario e di quello ordinario. Egli sente perciò il bisogno, anzi si può dire il dovere, di esplorare il “sensus Ecclesiae” prima di definire una verità di fede, ben sapendo che la sua definizione “espone o difende la dottrina della fede cattolica” (Lumen gentium, LG 25). Ciò è avvenuto prima delle definizioni dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione di Maria, con un’ampia e precisa consultazione di tutta la Chiesa. Nella bolla Munificentissimus sull’Assunzione (1950), Pio XII, tra gli argomenti in favore della definizione, porta quello della fede della comunità cristiana: “Il consenso universale del magistero ordinario della Chiesa fornisce un argomento certo e solido per provare che l’assunzione corporale della Beata Vergine Maria in cielo [...] è una verità rivelata da Dio” (AAS 42 [1950] 757). Del resto il Concilio Vaticano II, parlando della verità da insegnare, ricorda: “Perché poi sia debitamente indagata ed enunciata in modo adatto, il Romano Pontefice e i Vescovi, per il loro ufficio e secondo l’importanza della cosa, prestano la loro vigile opera usando i mezzi convenienti” (Lumen gentium, LG 25). È un’indicazione di saggezza, che trova riscontro nell’esperienza dei procedimenti seguiti dai Papi e dagli uffici della Santa Sede a loro servizio, nell’espletare i compiti di magistero e di governo dei successori di Pietro.

6. Concluderemo con l’osservare che l’esercizio del magistero concretizza e manifesta il contributo del Romano Pontefice allo sviluppo della dottrina della Chiesa. Il Papa – che svolge non soltanto un ruolo come capo del collegio dei vescovi nelle definizioni di fede e di morale da questi pronunciate, o come notaio del loro pensiero, ma anche un ruolo più personale sia nel magistero ordinario sia nelle definizioni – adempie il suo compito applicandosi personalmente e stimolando lo studio di pastori, teologi, periti di dottrina nei vari campi, esperti di cura pastorale, di spiritualità, di vita sociale, ecc.

In questo modo provoca un arricchimento culturale e morale a tutti i livelli della Chiesa. Anche in questa organizzazione del lavoro di consultazione, di studio, egli appare come il successore della “Pietra” su cui Cristo ha edificato la sua Chiesa.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese

Ad un gruppo di pellegrini giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi pellegrini e carissime studentesse di Kobe–Kaisei, di Nagasaki–Junshin e di Sendai–Shirayuri.

Vi saluto tutti cordialmente augurandovi di poter trarre abbondanti frutti dal vostro pellegrinaggio e dal corso di aggiornamento culturale, con un particolare auspicio di progresso per il collegio femminile di Sendai–Shirayuri che festeggia il primo centenario della fondazione. Vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di espressione tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai fedeli di espressione portoghese

Ai pellegrini polacchi

Ai pellegrini di lingua italiana

Desidero ora salutare i pellegrini di lingua italiana. Rivolgo in particolare un cordiale benvenuto ai membri del Gruppo di preghiera “Padre Pio”, venuti a Roma da Loreto con il loro Arcivescovo, il caro Monsignor Pasquale Macchi.

Desidero formulare uno speciale saluto al gruppo romano della Comunità di Taizé guidato dal caro ed amato Priore Frère Roger.

Saluto, poi, i fedeli della Comunità di Gesù Divino Lavoratore della città di Vigevano che, accompagnati dal loro Prevosto, hanno celebrato ieri, presso la tomba degli Apostoli e in comunione con la Chiesa universale, il XV di erezione della loro parrocchia.

Saluto, inoltre, i rappresentanti del gruppo provinciale “50 e Più - Fenacom” di Modena e li ringrazio per il contributo che, come appartenenti alla cosiddetta “Terza età”, offrono alla vita sociale, specialmente nel settore del volontariato, dell’assistenza e della solidarietà.

Il mio pensiero si rivolge anche ai membri del “Lions Club” e dell’“Associazione Cristiana Artigiani Italiani” di Cerea (Verona), accompagnati dal Direttore dell’Ufficio Nazionale problemi sociali e lavoro della Conferenza Episcopale Italiana. Mentre li esorto ad affrontare con coraggio e senso di solidarietà le difficoltà attuali dell’economia, assicuro loro il mio ricordo nella preghiera per la soluzione dei problemi della categoria.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Desidero, infine, rivolgere un caro saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli.La Solennità dell’Annunciazione, che domani celebriamo, sia per tutti un invito a seguire l’esempio della Madre di Dio: per voi, giovani, si traduca in generosa disponibilità alla chiamata del Padre, che vi esorta ad essere fermento per l’edificazione di una nuova società; per voi, fratelli sofferenti, sia una spinta a rinnovare l’accettazione della vostra croce, mezzo di redenzione del mondo intero; per voi, sposi novelli, il sì di Maria sia sprone a rafforzare il vostro impegno nella costruzione di una famiglia veramente cristiana, fondata sul reciproco amore ed ispirargli ideali evangelici. A voi ed a tutti i vostri Cari la mia speciale benedizione.

Ai giovani nella Basilica Vaticana

Carissimi fanciulli e ragazzi, sono molto lieto di incontrarvi in questo giorno di festa, in cui tutta la Chiesa ricorda l’Annunciazione dell’Angelo a Maria Santissima, a Nazaret. Il Signore vi ha fatto il bel regalo di partecipare a questa Udienza e vuole certo chiamarvi a dirgli un “sì” chiaro e gioioso, proprio nella vostra situazione presente di vita.

Penso anzitutto a voi, bambini della prima Comunione. Sapete che, quando ricevete la S. Eucaristia, voi potete diventare come il giovane Samuele? Stando vicino al Signore, egli imparò a dirgli: “Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta!” (1R 3,9). Ma c’è una realtà ancora più grande: nella S. Comunione, dopo aver ascoltato attentamente il Vangelo nella Messa, voi potete essere come la Vergine Maria, quando disse all’Angelo: “Ecco l’ancella del Signore, avvenga di me secondo la sua parola” (Lc 1,38).Vedete, cari fanciulli com’è grande il dono che Gesù vi fa! E quale fiducia Egli ripone nel vostro cuore, giovane, e perciò tanto generoso!

Mi rivolgo pure ai ragazzi della Cresima. Carissimi, il “sì” maturato nella vostra età, fa germogliare in ciascuno di voi il seme della fede, che è stato posto nel Battesimo. Potete così confermare, con la libertà illuminata dallo Spirito Santo, l’impegno di essere cristiani sempre, non solo in chiesa o all’oratorio, o nell’intimo segreto della vostra anima; ma sempre e in ogni luogo, comportandovi come Gesù si è comportato, con umiltà e coraggio. Per questo vi esorto: non isolatevi mai dalla Comunità cristiana! Siate sempre fedeli a Cristo e alla Chiesa!

E infine penso a tutti voi, studenti. Sapete qual è il segreto per rendere bello lo studio? Avere la mente aperta alla verità, qualunque materia si debba affrontare. Chi ha l’anima aperta alla verità, a conoscere il perché, il significato delle cose, allora sì, impara ad essere più uomo. Carissimi, ogni giorno, prima di sedervi al vostro banco di scuola, aprite il cuore e dite “sì” al Signore, alla Verità, che vi chiama a conoscere il suo amore senza fine.

Saluto anche i Presidi e i Docenti dell’Associazione Europea degli Insegnanti, che, con i loro Studenti, si sono uniti a questa Udienza. Affido tutti alla Vergine dell’Annunciazione, Madre di Gesù e Madre nostra. Ella, che ha detto quel “sì” a Nazaret, vi aiuti ogni giorno a dire il vostro “sì” pieno al Signore, che vi chiama ad accoglierlo e a seguirlo in tutte le situazioni concrete in cui vi troverete a vivere.



Mercoledì, 31 marzo 1993

31393

1. Diamo inizio, oggi, a una nuova serie di catechesi, dedicate al Presbiterato e ai Presbiteri, che, come è noto, sono i più stretti collaboratori dei Vescovi, dei quali partecipano la consacrazione e la missione sacerdotale. Ne parlerò con stretta aderenza ai testi del Nuovo Testamento e seguendo la linea del Concilio Vaticano II, come è nello stile di queste catechesi. Intraprendo l’esposizione di questo argomento con animo pieno di affetto per questi stretti collaboratori dell’Ordine episcopale, che sento vicini e amo nel Signore, come ho detto fin dal principio del pontificato e particolarmente nella mia prima lettera ai Presbiteri del mondo intero, scritta per il Giovedì Santo 1979.

2. Va subito osservato che il sacerdozio, in ogni suo grado, e quindi sia nei Vescovi sia nei Presbiteri, è una partecipazione del sacerdozio di Cristo, che, secondo la Lettera agli Ebrei, è l’unico “Sommo Sacerdote” della nuova ed eterna Alleanza, che “ha offerto se stesso una volta per tutte” con un sacrificio di valore infinito, che rimane immutabile e intramontabile al centro della economia della salvezza (cf
He 7,24-28). Non vi è più la necessità né la possibilità di altri Sacerdoti oltre o accanto all’unico Mediatore Cristo (cf He 9,15 Rm 5,15-19 1Tm 2,5), punto di unione e di riconciliazione tra gli uomini e Dio (cf 2Co 5,14-20), il Verbo fatto carne, pieno di grazia (cf Jn 1,1-18), vero e definitivo hieréus, Sacerdote (cfr He 5,6 He 10,21), che in terra ha “annullato il peccato mediante il sacrificio di se stesso” (He 9,26) e in cielo continua a intercedere per i suoi fedeli (cfr He 7,25), finché giungano alla eredità eterna da Lui acquistata e promessa. Nessun altro, nella Nuova Alleanza, è hieréus nello stesso senso.

3. La partecipazione all’unico sacerdozio di Cristo, che viene esercitato in una pluralità di gradi, è stata disposta da Cristo, il quale ha voluto nella sua Chiesa funzioni differenziate come esige un corpo sociale ben organizzato, e per la funzione direttiva ha stabilito dei ministri del suo sacerdozio (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica [= CCC], n. CEC 1554). Ad essi ha conferito il sacramento dell’Ordine per costituirli ufficialmente Sacerdoti che operano in suo nome e col suo potere, offrendo il sacrificio e perdonando i peccati. “Pertanto, osserva il Concilio, dopo aver inviato gli Apostoli come Egli stesso era stato inviato dal Padre, Cristo, per mezzo degli stessi Apostoli, rese partecipi della sua consacrazione e della sua missione i loro successori, cioè i Vescovi, la cui funzione ministeriale fu trasmessa in grado subordinato ai Presbiteri, affinché questi, costituiti nell’Ordine del Presbiterato, fossero cooperatori dell’Ordine episcopale, per il retto assolvimento della missione apostolica affidata da Cristo” (Presbyterorum ordinis PO 2 cf. CEC 1562). Tale volontà di Cristo risulta dal Vangelo, dal quale sappiamo che Gesù ha attribuito a Pietro e ai Dodici un’autorità suprema nella sua Chiesa, ma ha voluto dei collaboratori per la loro missione. È significativo ciò che ci attesta l’evangelista Luca, cioè che Gesù, dopo aver mandato i Dodici in missione (cfr Lc 9,1-6), manda ancora un numero maggiore di discepoli, quasi a significare che la missione dei Dodici non basta nell’opera di evangelizzazione. “Il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi” (Lc 10,1). Senza dubbio questo passo è solo prefigurativo del ministero che Cristo formalmente istituirà più tardi. Esso però già manifesta l’intenzione del Maestro divino di immettere un numero rilevante di collaboratori nel lavoro della “vigna”. La scelta dei Dodici era stata fatta da Gesù fra un gruppo più esteso di discepoli (cfr Lc 6,12 Lc 6,13). Questi “discepoli” secondo il significato che il termine ha nei testi evangelici, non sono soltanto coloro che credono in Gesù, ma coloro che lo seguono, vogliono ricevere il suo insegnamento di Maestro e dedicarsi alla sua opera. E Gesù li impegna nella sua missione. Secondo Luca, proprio in questa circostanza Gesù disse quelle parole: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Lc 10,2). Egli indicava così che, secondo il suo pensiero, legato all’esperienza del primo ministero, il numero degli operai era troppo piccolo. E non lo era solo per allora, ma per tutti i tempi, anche per il nostro tempo, nel quale il problema s’è fatto particolarmente grave. Noi dobbiamo affrontarlo sentendoci stimolati e nello stesso tempo confortati da quelle parole, e – quasi si direbbe – da quello sguardo di Gesù sui campi dove occorrono operai per il grano da mietere. Gesù ha dato l’esempio con la sua iniziativa che si direbbe di promozione “vocazionale”: ha inviato i 72 discepoli oltre i 12 Apostoli.

4. Stando al Vangelo, Gesù assegna ai 72 discepoli una missione simile a quella dei Dodici: i discepoli sono mandati per annunciare la venuta del regno di Dio: essi svolgeranno questa predicazione in nome di Cristo, con la sua autorità: “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato” (Lc 10,16). I discepoli ricevono, come i Dodici (cfr Mc 6,7 Lc 9,1), il potere di espellere gli spiriti cattivi, tanto che, dopo le prime esperienze, dicono a Gesù: “Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Questo potere viene confermato da Gesù stesso: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e sopra ogni potenza del nemico...” (Lc 10,17-19). Si tratta anche per loro di partecipare con i Dodici all’opera redentrice dell’unico Sacerdote della Nuova Alleanza, Cristo, che ha voluto conferire anche a loro una missione e dei poteri simili a quelli dei Dodici. L’istituzione del Presbiterato, pertanto, non risponde solo a una necessità pratica dei Vescovi, che sentono il bisogno di collaboratori, ma deriva da una esplicita intenzione di Cristo.

5. Di fatto, troviamo che già nei primi tempi cristiani i Presbiteri (presbyteroi) sono presenti e hanno funzioni nella Chiesa degli Apostoli e dei primi Vescovi loro successori (cfr Ac 11,30 Ac 14,23 Ac 15,2 Ac 15,4 Ac 15,6 Ac 15,22 Ac 15,23 Ac 15,41 Ac 16,4 Ac 20,17 Ac 21,18 1Tm 4,14 1Tm 5,17 1Tm 5,19 Tt 1,5 Jc 5,14 1P 5,1 1P 5,5 2Jn 1 3Jn 1). Non sempre è facile distinguere in questi libri neotestamentari i “Presbiteri” dai “Vescovi” quanto ai compiti loro attribuiti; ma ben presto si vedono delinearsi, già nella Chiesa degli Apostoli, le due categorie di partecipi alla missione e al sacerdozio di Cristo, che poi si ritrovano e si specificano meglio nelle opere degli scrittori subapostolici (come la Lettera ai Corinzi del papa San Clemente, le Lettere di sant’Ignazio d’Antiochia, il Pastore di Erma, ecc.), finché, nel linguaggio diffuso nella Chiesa a Gerusalemme, a Roma e nelle altre comunità d’Oriente e d’Occidente, si finisce per riservare il nome di Vescovo al capo e pastore unico della comunità, mentre con quello di Presbitero è designato un ministro che opera in dipendenza dal Vescovo.

6. Sulla linea della tradizione cristiana e in conformità con la volontà di Cristo attestata nel Nuovo Testamento, il Concilio Vaticano II parla dei Presbiteri come di ministri che non posseggono l’“apice del sacerdozio” e, nell’esercizio della loro potestà, dipendono dai Vescovi, ma d’altra parte, sono congiunti ad essi “nell’onore sacerdotale” (Lumen gentium LG 28 cfr CEC 1564). Questa congiunzione si radica nel sacramento dell’Ordine: “La funzione dei Presbiteri, in quanto strettamente vincolata all’Ordine episcopale, partecipa all’autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio Corpo” (Presbyterorum ordinis, PO 2 cfr CEC 1563). Anche i Presbiteri portano in sé “l’immagine di Cristo, Sommo ed Eterno Sacerdote” (Lumen gentium, LG 28). Essi dunque partecipano dell’autorità pastorale di Cristo: ed è questa la nota specifica del loro ministero, fondata sul sacramento dell’Ordine che viene loro conferito. Come leggiamo nel decreto Presbyterorum ordinis, “il sacerdozio dei Presbiteri, pur presupponendo i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare sacramento per il quale i Presbiteri, in virtù dell’unzione dello Spirito Santo, sono segnati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome e nella persona di Cristo, Capo” (Presbyterorum ordinis, PO 2 cfr CEC 1563). Tale carattere, conferito con la sacramentale unzione dello Spirito Santo, in coloro che lo ricevono è segno: di una più speciale consacrazione, per rapporto al Battesimo e alla Cresima; di una più profonda configurazione a Cristo Sacerdote, che li fa suoi ministri attivi, nel culto ufficiale a Dio e nella santificazione dei fratelli; dei poteri ministeriali da esercitare in nome di Cristo, Capo e Pastore della Chiesa (cf CEC 1581-1584).

7. Il carattere è anche segno e veicolo nell’anima del Presbitero delle grazie speciali per l’esercizio del ministero, legate alla grazia santificante che l’Ordine comporta come sacramento, sia nel momento del conferimento, sia in tutto il suo esercizio e sviluppo nel ministero. Esso dunque avvolge e coinvolge il Presbitero in una economia di santificazione, che lo stesso ministero comporta in favore sia di chi lo esercita, sia di coloro che ne usufruiscono nei vari Sacramenti e nelle altre attività svolte dai loro pastori. La Chiesa intera riceve i frutti della santificazione operata dal ministero dei Presbiteri-pastori: sia di quelli diocesani, sia di quelli che, a qualsiasi titolo e in qualsiasi forma, ricevuto l’Ordine sacro, svolgono la loro attività in comunione con i Vescovi diocesani e con il Successore di Pietro.

8. L’ontologia profonda della consacrazione dell’Ordine e il dinamismo di santificazione che essa comporta nel ministero escludono certamente ogni interpretazione secolarizzante del ministero presbiterale, come se il Presbitero fosse semplicemente dedicato alla instaurazione della giustizia o alla diffusione dell’amore nel mondo. Il Presbitero è ontologicamente partecipe del sacerdozio di Cristo, veramente consacrato, “uomo del sacro”, deputato come Cristo al culto che sale verso il Padre e alla missione evangelizzatrice con cui diffonde e distribuisce le cose sacre – la verità, la grazia di Dio – ai fratelli. Questa è la vera identità sacerdotale, questa l’essenziale esigenza del ministero sacerdotale anche nel mondo d’oggi.

Ai giovani

Carissimi ragazzi e giovani! È per me una grande gioia incontrarmi oggi con tutti voi, accompagnati dai vostri genitori ed insegnanti. Vi saluto di cuore, ringraziandovi per l’entusiasmo e l’affetto che mi manifestate. Molti di voi sono alunni di scuole cattoliche e provengono da varie città d’Italia, ma prevalente, com’è naturale, è la presenza di alunni

romani. Carissimi ragazzi, impegnatevi sempre con costanza, sotto la guida dei vostri educatori, ad approfondire e a testimoniare coerentemente i valori cristiani che vi vengono impartiti a scuola. In un mondo, nel quale risuonano voci spesso discordi, fate sì che il Vangelo orienti interamente la vostra esistenza. Cristo conta su di voi. Siatene gli araldi coraggiosi, impegnati a recare agli altri ragazzi e ragazze il messaggio gioioso della salvezza.

Saluto, ora, con affetto i soci dell’Associazione Nazionale Famiglie di Fanciulli e Adulti Subnormali, che festeggiano i 35 anni di vita associativa. Saluto, pure, con viva cordialità il gruppo della Associazione Genitori e Amici dei Disabili di Sant’Angelo Lodigiano. La vostra presenza, carissimi, è un valido richiamo al valore cristiano della sofferenza e della solidarietà. Continuate nel vostro impegno tanto nobile e meritevole!

Accolgo, poi, con gioia i bambini provenienti dalla regione di Luninetz in Bielorussia, vittime delle radiazioni nucleari della centrale di Chernobyl ed ospiti di alcune parrocchie di Roma per un periodo di cura. Possa il vostro soggiorno in Italia, cari amici, contribuire a donare più vigore al vostro fisico e maggior serenità al vostro spirito.

So inoltre, cari ragazzi, che alcuni di voi si stanno disponendo a ricevere i Sacramenti della Prima Comunione e della Cresima. Preparatevi con cura ed entusiasmo a questi importanti incontri con il Signore. Siate disponibili pienamente alla grazia divina, che Egli vi rinnoverà generosamente. Vi invito infine tutti ad unirvi ai giovani del mondo intero che, nelle loro rispettive Diocesi, celebreranno, tra qualche giorno, la Domenica delle Palme come preparazione alla VIII Giornata Mondiale della Gioventù. Essa, come ben sapete, avrà luogo a Denver, negli Stati Uniti, il prossimo 14 e 15 agosto. Augurandovi, infine, di cuore una viva e personale partecipazione al mistero pasquale, imparto a ciascuno di voi, ai vostri genitori ed educatori, la mia benedizione.

Ai fedeli francesi

Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli giapponesi

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto cordialmente i pellegrini di Tokyo e Sendai e gli altri giapponesi che appartengono al “ Atsugi Boys and Girls Choir ” e alla “ Tokyo Opera Association ”.

Pensando alle imminenti solennità pasquali, ma anche alle tristissime condizioni in cui si trovano le nazioni colpite dalla guerra, dalla fame e dalle malattie vi esorto tutti a concorrere con fervide preghiere e offerte delle sofferenze, insieme con quelle della B. M. Vergine e con l’esercizio della vostra professione, alla pace nel mondo.

Con questo auspicio vi benedico di cuore.

Sia lodato Gesù Cristo!

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli polacchi

Ai pellegrini di lingua italiana

Nel salutare ora i pellegrini di lingua italiana, desidero rivolgere anzitutto un pensiero al gruppo di sacerdoti che hanno partecipato ad un corso di spiritualità del Movimento dei Focolari a Loppiano. Siate i benvenuti, carissimi Fratelli, chiamati ad essere testimoni e annunziatori delle grandi opere di Dio! Siate sempre consapevoli di avere ricevuto l’ineffabile dono di servire gli uomini nel loro cammino verso Cristo, nutrendoli alla mensa della Parola e del Pane della vita.

Saluto quindi il numeroso gruppo di fedeli della Parrocchia di Sant’Andrea e San Donnino, dell’Arcidiocesi di Firenze. Le due Comunità, unite pastoralmente, ospitano gruppi di lavoratori stranieri, provenienti dalla Cina e dall’Africa, oppure appartenenti a vari gruppi di nomadi. Vi esorto a testimoniare la carità di Cristo in ogni situazione, operando quale fermento evangelico all’interno della società.

Un pensiero anche ai collaboratori ed alle collaboratrici familiari, provenienti dallo Sri Lanka, appartenenti al gruppo “Amici di San Rocco” di Napoli. Auspico che il loro servizio sia confortato da segni concreti di fraterna comprensione e benevolenza.

Saluto, poi, il gruppo “Quattro torri” del Lions Club di Corato, in provincia di Bari, ed esprimo compiacimento per le iniziative di carattere sociale nelle quali l’Associazione si impegna.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Giunga, infine, il mio saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Carissimi, vi invito a vivere l’imminente Settimana Santa con intensa partecipazione al Mistero di amore redentore, che in essa verrà ricordato. La luce del Figlio di Dio, crocifisso e risorto, vi guidi alla testimonianza della sua verità, la quale apre la mente dei giovani, rasserena il cuore dei malati, sostiene il mutuo amore degli sposi. In tal modo ciascuno di voi, carissimi Fratelli e Sorelle, potrà condurre una degna vita umana, portando nel mondo la luce del Vangelo. A tutti la mia benedizione apostolica.




Catechesi 79-2005 17393