Catechesi 79-2005 11126

La presentazione di Gesù al Tempio

1. Nell’episodio della presentazione di Gesù al tempio, san Luca sottolinea il destino messianico di Gesù. Scopo immediato del viaggio della Santa Famiglia da Betlemme a Gerusalemme è, secondo il testo lucano, l’adempimento della Legge: “Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore” (Lc 2,22-24).

Con questo gesto, Maria e Giuseppe manifestano il proposito di obbedire fedelmente al volere di Dio, rifiutando ogni forma di privilegio. Il loro convenire nel tempio di Gerusalemme assume il significato di una consacrazione a Dio, nel luogo della sua presenza.

Indotta dalla sua povertà ad offrire tortore o colombi, Maria dona in realtà il vero Agnello che dovrà redimere l’umanità, anticipando con il suo gesto quanto era prefigurato nelle offerte rituali dell’Antica Legge.

2. Mentre la Legge richiedeva soltanto alla madre la purificazione dopo il parto, Luca parla del “tempo della loro purificazione” (Lc 2,22), intendendo, forse, indicare insieme le prescrizioni riguardanti la madre e il Figlio primogenito.

L’espressione “purificazione” ci può sorprendere, perché viene riferita ad una Madre che aveva ottenuto, per grazia singolare, di essere immacolata fin dal primo istante della sua esistenza, e ad un Bambino totalmente santo. Bisogna, però, ricordarsi che non si trattava di purificarsi la coscienza da qualche macchia di peccato, ma soltanto di riacquistare la purità rituale, la quale, secondo le idee del tempo, era intaccata dal semplice fatto del parto, senza che ci fosse alcuna forma di colpa.

L’evangelista approfitta dell’occasione per sottolineare il legame speciale che esiste tra Gesù, in quanto “primogenito” (Lc 2,7 Lc 2,23) e la santità di Dio, nonché per indicare lo spirito di umile offerta che animava Maria e Giuseppe (cf. Lc 2,24). Infatti, la “coppia di tortore o di giovani colombi” era l’offerta dei poveri (Lv 12,8).

3. Nel Tempio Giuseppe e Maria incontrano Simeone, “uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele” (Lc 2,25).

La narrazione lucana non dice nulla del suo passato e del servizio che svolge nel tempio; racconta di un uomo profondamente religioso che coltiva nel cuore desideri grandi e aspetta il Messia, consolatore d’Israele. Infatti “lo Spirito Santo... era sopra di lui” e “gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore” (Lc 2,26). Simeone ci invita a guardare all’azione misericordiosa di Dio, il quale effonde lo Spirito sui suoi fedeli per portare a compimento il suo misterioso progetto d’amore.

Simeone, modello dell’uomo che si apre all’azione di Dio, “mosso dallo Spirito” (Lc 2,27), si reca al Tempio dove incontra Gesù, Giuseppe e Maria. Prendendo il Bambino tra le braccia, benedice Dio: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola” (Lc 2,29).

Espressione dell’Antico Testamento, Simeone sperimenta la gioia dell’incontro con il Messia e sente di aver raggiunto lo scopo della sua esistenza; può quindi domandare all’Altissimo di raggiungere la pace dell’aldilà.

Nell’episodio della Presentazione si può scorgere l’incontro della speranza d’Israele con il Messia. Si può anche vedervi un segno profetico dell’incontro dell’uomo con Cristo. Lo Spirito Santo lo rende possibile, suscitando nel cuore umano il desiderio di tale incontro salvifico e favorendone la realizzazione.

Né possiamo trascurare il ruolo di Maria, che consegna il Bambino al santo vecchio Simeone. Per volere divino, è la Madre che dona Gesù agli uomini.

4. Nello svelare il futuro del Salvatore, Simeone fa riferimento alla profezia del “Servo”, inviato al Popolo eletto e alle nazioni. A Lui il Signore dice: “Ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni” (Is 42,6). E ancora: “È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra” (Is 49,6).

Nel suo cantico Simeone capovolge la prospettiva, ponendo l’accento sull’universalismo della missione di Gesù: “I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele” (Lc 2,30-32).

Come non meravigliarsi di fronte a tali parole? “Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui” (Lc 2,33). Ma Giuseppe e Maria, con questa esperienza, comprendono più chiaramente l’importanza del loro gesto di offerta: nel tempio di Gerusalemme presentano Colui che, essendo la gloria del suo popolo, è anche la salvezza di tutta l’umanità.

Saluti

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SALUTO CON AFFETTO i pellegrini di lingua italiana. Sono lieto di accogliere il gruppo dell'Istituto « Don Orione » Massa Marittima-Piombino, come pure i ragazzi russi colpiti dalla catastrofe di Chernobyl e ospiti del Circolo San Pietro e dell'ENEA. Il Signore protegga voi, cari ragazzi, e quanti vi hanno accolto. Saluto inoltre i dirigenti e i dipendenti della ditta « Clementoni », di Recanati.

Rivolgo uno speciale messaggio di saluto agli organizzatori, agli artisti ed a tutti coloro che prendono parte al « Derby del cuore », tradizionale manifestazione sportiva, che si propone di suscitare nella pubblica opinione, soprattutto tra i giovani, solidarietà concreta verso quanti sono in difficoltà. È bello che in prossimità del Natale lo sport diventi festa della fraternità, invito ad aprire il cuore agli altri. Agli attori-atleti, ai volontari e a tutti i ragazzi delle scuole di Roma, dito: Date un cuore alto sport! Che lo sport sia sempre occasione di sano divertimento e di amicizia.

Saluto anche la Banda musicale di Merano.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

IN QUESTO TEMPO d'Avvento, cari giovani, andate incontro con animo festante al Signore che viene, portando a Lui il dono del vostro entusiasmo e della vostra generosità, affinché egli possa essere conosciuto e amato da tutti gli uomini. Voi, cari malati, attraverso il pellegrinaggio della vostra sofferenza, sappiate trovare in Cristo la vera consolazione e scoprire il valore salvifico dell'esperienza che state vivendo. E voi, cari sposi novelli, fate in modo che il cammino della vostra vita nel reciproco amore e nell'unità trovi il suo fondamento proprio nel Bambin di Betlemme, che sta per nascere per la nostra redenzione.

Con tali auspici, tutti di cuore benedico.




Mercoledì, 18 dicembre 1996: La profezia di Simeone associa Maria al destino doloroso del Figlio

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1. Dopo aver riconosciuto in Gesù la “luce per illuminare le genti” (
Lc 2,32), Simeone annunzia a Maria la grande prova cui è chiamato il Messia e le svela la sua partecipazione a tale destino doloroso. Il riferimento al sacrificio redentore, assente nell’Annunciazione, ha fatto vedere nell’oracolo di Simeone quasi un “secondo annunzio” (Redemptoris Mater RMA 16), che porterà la Vergine ad una più profonda comprensione del mistero di suo Figlio.

Simeone che, fino a quel momento, si era rivolto a tutti i presenti, benedicendo in particolare Giuseppe e Maria, ora predice soltanto alla Vergine che avrà parte alla sorte del Figlio. Ispirato dallo Spirito Santo, le annuncia: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l’anima - perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,34-35).

2. Queste parole predicono un futuro di sofferenza per il Messia. È Lui, infatti, “il segno che viene contraddetto”, destinato a trovare una dura opposizione da parte dei suoi contemporanei. Ma Simeone affianca alla sofferenza di Cristo la visione dell’anima di Maria trafitta dalla spada, accomunando, in tal modo, la Madre al doloroso destino del Figlio.

Così il santo vegliardo, mentre pone in luce la crescente ostilità a cui va incontro il Messia, sottolinea la ripercussione di essa sul cuore della Madre. Tale sofferenza materna raggiungerà il culmine nella passione quando si unirà al Figlio nel sacrificio redentore.

Venendo dopo un accenno ai primi canti del Servo del Signore (cf. Is 42,6 Is 49,6), citati in Lc 2,32, le parole di Simeone ci fanno pensare alla profezia del Servo sofferente (Is 52,13-53,12), il quale, “trafitto per i nostri delitti” (Is 53,5), offre “se stesso in espiazione” (Is 53,10) mediante un sacrificio personale e spirituale, che supera di gran lunga gli antichi sacrifici rituali.

Possiamo notare qui come la profezia di Simeone lasci intravedere nella futura sofferenza di Maria una singolare somiglianza con l’avvenire doloroso del “Servo”.

3. Maria e Giuseppe manifestano non poco stupore quando Simeone proclama Gesù “luce per illuminare le genti e gloria d’Israele” (Lc 2,32). Maria invece, in riferimento alla profezia della spada che le trafiggerà l’anima, non dice nulla. Accoglie in silenzio, insieme con Giuseppe, quelle parole misteriose che lasciano presagire una prova molto dolorosa e collocano nel suo significato più autentico la presentazione di Gesù al Tempio.

Infatti, secondo il disegno divino, il sacrificio offerto allora di “una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge” (Lc 2,24) era un preludio al sacrificio di Gesù, “mite e umile di cuore” (Mt 11,29); in esso sarebbe stata fatta la vera “presentazione” (cf. Lc 2,22), che avrebbe visto la Madre associata al Figlio nell’opera della redenzione.

4. Alla profezia di Simeone fa seguito l’incontro con la profetessa Anna: “Si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2,38). La fede e la sapienza profetica dell’anziana donna che, “servendo Dio notte e giorno” (Lc 2,37), tiene viva con digiuni e preghiere l’attesa del Messia, offrono alla Santa Famiglia un ulteriore impulso a porre nel Dio d’Israele la sua speranza. In un momento così particolare, il comportamento di Anna sarà apparso a Maria e Giuseppe come un segno del Signore, un messaggio di illuminata fede e di perseverante servizio.

A partire dalla profezia di Simeone, Maria unisce in modo intenso e misterioso la sua vita alla missione dolorosa di Cristo: ella diventerà la fedele cooperatrice del Figlio per la salvezza del genere umano.

Saluti

Ai fedeli di lingua italiana

Saluo ora tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare la Direzione, gli artisti ed il personale dei Circhi « Meridiano », « Nando Orfei », « Golden Circus » e « Zoo Safari » di Fasano. Rivolgo a voi, cari fratelli e sorelle, il mio cordiale pensiero. Voi formate una grande famiglia viaggiante e, mediante il vostro lavoro, cercate di offrire alla gente, specialmente ai bambini, uno svago sano e sereno. Nel clima del Natale, ormai alle porte, auspico che nel vostro camminare per le strade di tante Regioni e Nazioni continuiate a portare ai piccoli cd ai grandi il vostro tipico messaggio di solidarietà e di serena letizia.
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Saluto poi i membri del Presidio militare di Latina, come pure il gruppo di cittadini cinesi residenti a Prato. Carissimi, accogliete l'invito di Gesù alla pace e all'amore; diffondetelo nelle vostre famiglie e nell'ambiente in cui vivote.

Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli

Siamo ormai vicini al Natale, che riempie i cuori di quella gioia vera, che solo Cristo ci può dare. Cari giovani, vi esorto a prepararvi bene a questa grande festa, che celebra la venuta di Dio fra noi. Possa il Natale retare a voi, cari ammalati, che siete sempre presenti nel mio cuore, la serenità portata sulla terra dal divino Bambino. E vi colmi della sua pace, cari sposi novelli, il Cristo, che a Betlemme ha voluto nascere in una famiglia povera e semplice.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 8 gennaio 1997: Nella Presentazione di Gesù al Tempio viene rivelata la cooperazione dela «donna» alla Redenzione

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1. Le parole del vecchio Simeone, annunziando a Maria la sua partecipazione alla missione salvifica del Messia, pongono in luce il ruolo della donna nel mistero della redenzione.

Maria, infatti, non è solo una persona individuale, ma è anche la “figlia di Sion”, la donna nuova posta accanto al Redentore per condividerne la passione e generare nello Spirito i figli di Dio. Tale realtà è espressa dalla rappresentazione popolare delle “sette spade” che trapassano il cuore di Maria: la raffigurazione evidenzia il profondo legame tra la madre, che s’identifica con la figlia di Sion e con la Chiesa, e il destino di dolore del Verbo incarnato.

Restituendo il Figlio, appena ricevuto da Dio, per consacrarlo alla sua missione di salvezza, Maria consegna anche se stessa a tale missione. Si tratta di un gesto di interiore condivisione che non è solo frutto del naturale affetto materno, ma esprime soprattutto il consenso della donna nuova all’opera redentrice di Cristo.

2. Nel suo intervento Simeone indica la finalità del sacrificio di Gesù e della sofferenza di Maria: questi avverranno “perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (
Lc 2,35).

Gesù “segno di contraddizione” (Lc 2,34), che coinvolge la madre nella sua sofferenza, condurrà gli uomini a prendere posizione nei suoi confronti, invitandoli ad una decisione fondamentale. Egli, infatti, “è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele” (Lc 2,34).

Maria è dunque unita al suo divin Figlio nella “contraddizione”, in vista dell’opera della salvezza. Esiste sicuramente il rischio di rovina per chi rifiuta il Cristo, ma effetto meraviglioso della redenzione è la risurrezione di molti. Questo solo annunzio accende una grande speranza nei cuori ai quali già testimonia il frutto del sacrificio.

Ponendo sotto lo sguardo della Vergine queste prospettive della salvezza prima dell’offerta rituale, Simeone sembra suggerire a Maria di compiere quel gesto per contribuire al riscatto dell’umanità. Di fatto egli non parla con Giuseppe né di Giuseppe: il suo discorso è rivolto a Maria, che egli associa al destino del Figlio.

3. La priorità cronologica del gesto di Maria non offusca il primato di Gesù. Il Concilio Vaticano II, definendo il ruolo di Maria nell’economia della salvezza, ricorda che Ella “consacrò se stessa . . . alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui” (Lumen Gentium LG 56).

Nella presentazione al tempio di Gesù, Maria serve al mistero della redenzione sotto Cristo e con Cristo: è Lui infatti il protagonista della salvezza, che deve essere riscattato con l’offerta rituale. Maria è unita al sacrificio del Figlio dalla spada che Le trafiggerà l’anima.

Il primato di Cristo non annulla, ma sostiene ed esige il ruolo proprio e insostituibile della donna. Coinvolgendo la madre nel proprio sacrificio, Cristo intende rivelare le profonde radici umane di esso e mostrare un’anticipazione dell’offerta sacerdotale della croce.

L’intenzione divina di sollecitare l’impegno specifico della donna nell’opera redentrice risulta dal fatto che la profezia di Simeone è rivolta solo a Maria, nonostante che anche Giuseppe sia partecipe del rito dell’offerta.

4. La conclusione dell’episodio della presentazione di Gesù al tempio sembra confermare il significato e il valore della presenza femminile nell’economia della salvezza. L’incontro con una donna, Anna, conclude questi momenti singolari, in cui l’Antico Testamento quasi si consegna al Nuovo.

Come Simeone, questa donna non è una persona socialmente importante nel popolo eletto, ma la sua vita sembra possedere un alto valore agli occhi di Dio. San Luca la chiama “profetessa”, probabilmente perché consultata da molti a motivo del suo dono di discernimento e per la santa vita condotta sotto l’ispirazione dello Spirito del Signore.

Anna è avanzata in età, avendo ottantaquattro anni ed è vedova da molto tempo. Totalmente consacrata a Dio, “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (Lc 2,37). Ella rappresenta quanti, avendo vissuto intensamente l’attesa del Messia, sono in grado di accogliere il compimento della Promessa con gioiosa esultanza. L’Evangelista riferisce che, “sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio” (Lc 2,38).

Dimorando abitualmente nel Tempio, Ella ha potuto, forse con maggior facilità di Simeone, incontrare Gesù al tramonto di una esistenza dedicata al Signore e impreziosita dall’ascolto della Parola e dall’orazione.

Agli albori della Redenzione, possiamo scorgere nella profetessa Anna tutte le donne che, con la santità della vita e in orante attesa, sono pronte ad accogliere la presenza di Cristo e a lodare ogni giorno Dio per le meraviglie operate dalla sua eterna misericordia.

5. Prescelti per l’incontro con il Bambino, Simeone ed Anna vivono intensamente tale dono divino, condividono con Maria e Giuseppe la gioia della presenza di Gesù e la diffondono nel loro ambiente. Anna specialmente dimostra uno zelo magnifico nel parlare di Gesù, testimoniando in tal modo la sua fede semplice e generosa. Fede che prepara gli altri ad accogliere il Messia nella loro esistenza.

L’espressione di Luca: “Parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2,38), sembra accreditarla come simbolo delle donne che, dedicandosi alla diffusione del Vangelo, suscitano ed alimentano speranze di salvezza.


Ad un gruppo proveniente dalla Svezia e dalla Danimarca, il Papa ha quindi rivolto il seguente saluto:


Che nel nuovo anno ci troviamo più vicini l’uno all’altro in Cristo. Dio benedica voi e la Svezia. Dio benedica voi e la Danimarca.



Ai croati e ai bosniaci

Il nuovo anno sia di vera pace nella giustizia per tutte le care popolazioni stremate dalla lunga guerra.

Questo il saluto successivamente rivolto dal Papa ad un gruppo di pellegrini giunti dalla Croazia e dalla Bosnia ed Erzegovina:

Sono lieto di poter salutare oggi il gruppo di Professori di Èakovec e di Osijek ed i bambini di Sarajevo e di Kupres. Benvenuti! Carissimi, nell’impartire la Benedizione Apostolica a ciascuno di voi qui presenti ed alle vostre famiglie, auguro che l’anno, da poco iniziato, per tutte le care popolazioni della Croazia e della Bosnia ed Erzegovina, molto stremate dalla lunga guerra, sia un anno di vera pace nella giustizia. Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto ai pellegrini polacchi:

Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini italiani presenti. Un saluto speciale al nuovo Vescovo di Trieste. Saluto il folto gruppo di Capi di portieri d’albergo partecipanti al Congresso Internazionale «Le Chiavi d’oro». Saluto pure i novelli sacerdoti, accompagnati dai loro genitori e dall’intera Comunità del Centro di Studi Superiori dei Legionari di Cristo ed inoltre le Capitolari della Congregazione delle Suore Francescane dell’Immacolata Concezione di Lipari, guidate dalla Superiora Generale, Madre Maria Floriana Giuffré. Abbraccio spiritualmente i bambini della regione di Chernobyl con i loro accompagnatori ospiti dell’Associazione «Cicogna» di Lanciano nonché i ragazzi dell’Ucraina, accolti dalle Parrocchie della Forania di Capua.
***


Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Carissimi, in questi giorni, che seguono la festa dell’Epifania, continuiamo a meditare sulla manifestazione di Cristo a tutti i popoli. La Chiesa invita ogni battezzato, dopo aver adorato la gloria di Dio nel Verbo fatto carne, a rifletterne la luce con la propria vita. Invita voi, cari giovani, ad essere consapevoli testimoni di Cristo tra i vostri coetanei; voi, cari malati, a diffondere ogni giorno la sua luce con serena pazienza; e voi, cari sposi novelli, ad essere segno della luminosa presenza di Gesù col vostro amore fedele in famiglia.




Mercoledì, 15 gennaio 1997: Gesù perduto e ritrovato nel Tempio

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1. Come ultima pagina dei racconti dell’infanzia, prima dell’inizio della predicazione di Giovanni il Battista, l’evangelista Luca pone l’episodio del pellegrinaggio di Gesù adolescente al Tempio di Gerusalemme. Si tratta di una singolare circostanza che getta luce sui lunghi anni della vita nascosta di Nazaret.

In tale occasione Gesù rivela con la sua forte personalità, la coscienza della sua missione, conferendo a questo secondo “ingresso” nella “casa del Padre” il significato di una completa donazione a Dio, che già aveva caratterizzato la sua presentazione al Tempio.

Questa pericope sembra porsi in contrasto con l’annotazione di Luca, che presenta Gesù sottomesso a Giuseppe e a Maria (cfr
Lc 2,51). Ma, a ben guardare, Egli pare mettersi, qui, in una cosciente e quasi voluta antitesi con la sua normale condizione di figlio, facendo emergere all’improvviso una decisa separazione da Maria e Giuseppe. Gesù dichiara di assumere, come norma del suo comportamento, solo la sua appartenenza al Padre e non i legami familiari terreni.

2. Attraverso questo episodio, Gesù prepara sua madre al mistero della Redenzione. Maria, insieme con Giuseppe, vive nei tre drammatici giorni in cui il Figlio si sottrae loro per rimanere nel Tempio, l’anticipazione del triduo della sua passione, morte e risurrezione.

Lasciando partire sua Madre e Giuseppe per la Galilea, senza accennare loro dell’intenzione di rimanere a Gerusalemme, Gesù li introduce nel mistero di quella sofferenza che porta alla gioia, anticipando quanto avrebbe compiuto in seguito con i discepoli mediante l’annunzio della sua Pasqua.

Secondo il racconto di Luca, nel viaggio di ritorno verso Nazaret Maria e Giuseppe, dopo una giornata di viaggio, preoccupati ed angosciati per la sorte del fanciullo Gesù, lo cercano invano tra parenti e conoscenti. Rientrati a Gerusalemme e ritrovatolo nel Tempio, restano stupiti, perché lo vedono “seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava” (Lc 2,46). La sua condotta si presenta molto diversa dal solito. E sicuramente il suo ritrovamento nel terzo giorno costituisce per i genitori la scoperta di un altro aspetto relativo alla sua persona e alla sua missione.

Egli assume il ruolo di maestro, come farà più tardi nella vita pubblica, pronunciando parole che destano ammirazione: “Tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte” (Lc 2,47). Rivelando una sapienza che stupisce gli uditori, inizia a praticare l’arte del dialogo, che sarà una caratteristica della sua missione salvifica.

La Madre chiede a Gesù: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo” (Lc 2,48). Si potrebbe cogliere qui l’eco dei “perché” di tante madri di fronte alle sofferenze procurate loro dai figli, come pure degli interrogativi che sorgono nel cuore d’ogni uomo nei momenti di prova.

3. Densa di significato è la risposta di Gesù in forma interrogativa: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49).

Con tale espressione Egli, in modo inatteso ed imprevisto, schiude a Maria e Giuseppe il mistero della sua Persona, invitandoli a oltrepassare le apparenze ed aprendo loro prospettive nuove sul suo futuro.

Nella risposta alla Madre angosciata, il Figlio rivela subito il motivo del suo comportamento. Maria aveva detto: “Tuo padre”, designando Giuseppe; Gesù risponde: “Mio Padre”, intendendo il Padre celeste.

Riferendosi alla sua discendenza divina, Egli vuole affermare non tanto che il Tempio, casa del Padre suo, è il “luogo” naturale della sua presenza, quanto piuttosto che Egli deve interessarsi di tutto ciò che riguarda il Padre e il suo disegno. Egli intende ribadire che soltanto la volontà del Padre è per lui norma che vincola la sua obbedienza.

Questo riferimento alla totale dedizione al progetto di Dio è evidenziato nel testo evangelico dall’espressione verbale “è necessario”, che apparirà, poi, nell’annunzio della Passione (cfr Mc 8,31).

Ai suoi genitori, dunque, è chiesto di lasciarlo andare per compiere la sua missione là dove lo conduce la volontà del Padre celeste.

4. L’Evangelista commenta: “Ma essi non compresero le sue parole” (Lc 2,50).

Maria e Giuseppe non percepiscono il contenuto della sua risposta, né il modo, che sembra avere l’apparenza di un rifiuto, con cui Egli reagisce alla loro preoccupazione di genitori. Con questo atteggiamento Gesù intende rivelare gli aspetti misteriosi della sua intimità con il Padre, aspetti che Maria intuisce senza saperli però collegare con la prova che stava attraversando.

Le parole di Luca ci permettono di conoscere come Maria viva nel suo essere profondo questo episodio davvero singolare: Ella “serbava tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2,51). La Madre di Gesù collega gli eventi al mistero del Figlio, rivelatole nell’Annunciazione, e li approfondisce nel silenzio della contemplazione, offrendo la sua collaborazione nello spirito di un rinnovato “fiat”.

Inizia così il primo anello di una catena di eventi che porterà Maria a superare progressivamente il ruolo naturale, che Le deriva dalla maternità, per porsi al servizio della missione del suo divin Figlio.

Nel Tempio di Gerusalemme, in questo preludio della sua missione salvifica, Gesù associa a sé sua Madre; Ella non sarà più soltanto Colei che lo ha generato, ma la Donna che, con la propria obbedienza al Disegno del Padre, potrà collaborare al mistero della Redenzione.

E così Maria, conservando nel suo cuore un evento così carico di significato, giunge ad una nuova dimensione della sua cooperazione alla salvezza.


Ad un gruppo di studenti danesi:
Benvenuti a Roma, città di San Pietro e San Paolo. Vi auguro di diventare buoni apostoli per la nostra fede e per un'autentica unità dei cristiani. Dio benedica voi e tutta la Danimarca!


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al Presidente ed ai membri del Centro «La Famiglia» di Roma, venuti per ricordare il trentesimo anniversario di fondazione ed il ventesimo di istituzione della Scuola per Consulenti familiari. Abbraccio con affetto i ragazzi provenienti dall’Ucraina, ospiti della Parrocchia di Sant’Andrea Apostolo in Griciniano di Aversa.

Saluto, poi, il gruppo di Generali e di alti Ufficiali provenienti da vari Paesi europei, riuniti a Roma per attività di servizio.

Porgo, inoltre, un cordiale saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Invito voi, cari giovani, a testimoniare sempre con generosità la vostra fede in Cristo, che illumina il cammino della vita.

Sia la fede un costante conforto nella sofferenza di tutti voi, cari malati; e per voi, cari sposi novelli, la luce di Cristo sia guida efficace nella vostra esistenza familiare.




Mercoledì, 22 gennaio 1997: Ecumenismo spirituale e dialogo teologico nel cammino verso il Grande Giubileo

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1. “Tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (
2Co 5,18).

In questa settimana di preghiera per l’unità (18-25 gennaio) i cristiani - cattolici, ortodossi, anglicani e protestanti - con maggiore fervore si riuniscono per pregare insieme. La divisione tra i discepoli di Cristo costituisce una contraddizione talmente evidente da non consentire loro di rassegnarvisi senza sentirsene in qualche modo responsabili. Questa settimana particolare ha lo scopo di sollecitare la comunità cristiana ad impegnarsi più intensamente nella preghiera, per sperimentare al tempo stesso quanto sia bello vivere insieme da fratelli. Nonostante le tensioni che le differenze esistenti a volte suscitano, questi giorni fanno già in qualche modo pregustare la gioia che recherà la piena comunione, quando finalmente si realizzerà.

Il Comitato Misto Internazionale, composto da rappresentanti della Chiesa cattolica e del Consiglio Ecumenico delle Chiese, il quale annualmente prepara i testi per questa settimana di preghiera, ha proposto quest’anno il tema della riconciliazione, ispirandosi alla seconda lettera di san Paolo ai cristiani di Corinto. L’Apostolo proclama innanzitutto il grande annuncio: “Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo”. Il Figlio di Dio ha preso su di sé il peccato dell’uomo e ha ottenuto il perdono ristabilendo la nostra comunione con Dio. Infatti, Dio vuole la riconciliazione dell’umanità intera.

Dalla lettera ai Corinzi risulta chiaramente che la riconciliazione è grazia di Dio. In essa, d’altra parte, si afferma anche che Dio “ha affidato a noi il ministero della riconciliazione” (2Co 5,18b), ha affidato a noi “la parola della riconciliazione” (2Co 5,19b). Questo annuncio impegna dunque tutti i discepoli del Signore. Ma quale speranza possono avere di essere ascoltati nel proporre l’invito alla riconciliazione, se essi per primi non vivono una situazione pienamente riconciliata con quanti condividono la loro fede?

È questo un problema che deve tormentare la coscienza di ogni credente in Gesù Cristo, il quale è morto “per riunire insieme i figli di Dio dispersi” (Jn 11,52b). Valga tuttavia a nostro conforto la certezza che, nonostante le nostre debolezze, Dio opera con noi e alla fine realizzerà i suoi disegni.

2. In questo senso la cronaca ecumenica ci offre spesso motivi di speranza e di incoraggiamento. Se consideriamo il mondo dal Concilio Vaticano II ad oggi, la situazione dei rapporti fra i cristiani è molto cambiata. La comunità cristiana è più compatta e lo spirito di fraternità più evidente.

Non mancano certo motivi di tristezza e di preoccupazione. Ogni anno, tuttavia, si registrano eventi che incidono positivamente sullo sforzo verso la piena unità. Anche nell’anno che abbiamo appena concluso si sono avuti intensi contatti in circostanze diverse, con le varie Chiese e Comunità ecclesiali d’Oriente e di Occidente. Alcuni di questi avvenimenti richiamano l’attenzione dei mezzi di comunicazione sociale, altri restano nell’ombra, ma non sono meno utili.

Vorrei segnalare, in particolare, la crescente collaborazione che si sta attuando negli istituti di ricerca scientifica o di insegnamento. L’apporto che queste iniziative possono dare alla soluzione dei problemi aperti fra i cristiani - in campo storico, teologico, disciplinare, spirituale - è certamente importante, sia sul versante del superamento delle incomprensioni del passato che su quello della ricerca comune della verità. Questa collaborazione non è soltanto un metodo oggi necessario; in essa si sperimenta già una forma di comunione di intenti.

Per l’anno appena concluso vorrei ricordare la Dichiarazione comune firmata con Sua Santità Karekin I, Catholicòs di tutti gli Armeni (13 dicembre 1996). Con questa antica Chiesa, che soprattutto in questo secolo s’è arricchita della testimonianza d’una schiera di martiri, esisteva un contenzioso cristologico risalente al Concilio di Calcedonia (451), cioè ad oltre 1500 anni fa.

Incomprensioni teologiche, difficoltà linguistiche, diversità culturali avevano, per tutti questi secoli, impedito un vero dialogo. Il Signore ci ha concesso, con nostra profonda gioia, di confessare finalmente insieme la stessa fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Di Lui nella Dichiarazione comune abbiamo riconosciuto che è “Dio perfetto nella sua divinità, uomo perfetto nella sua umanità; la Sua divinità è unita alla Sua umanità nella Persona dell’Unigenito Figlio di Dio, in una unione che è reale, perfetta, senza confusione, senza alterazione, senza divisione, senza forma di separazione alcuna”.

Nello scorso anno ho inoltre incontrato molti fratelli di altre Chiese e Comunità ecclesiali, come Sua Grazia il Dr. George Leonard Carey, Arcivescovo di Canterbury, ed altre personalità venute a farmi visita a Roma. Anche fuori di questa Città, nei miei viaggi, ho incontrato con vera gioia rappresentanti di altre Chiese impegnati a testimoniare la fede in Cristo e a ricercare insieme ai cattolici del luogo la comunione.

Sono altrettanti piccoli ma significativi passi verso la riconciliazione dei cuori e delle menti. Lo Spirito di Dio ci guiderà alla reciproca piena comprensione e all’auspicato traguardo della piena comunione.

3. Tra i cristiani permangono purtroppo, insieme con difficoltà dottrinali, anche asperità, reticenze, manifestazioni di sfiducia, che sfociano a volte in espressioni di gratuita aggressività.

Ciò significa che deve essere intensificato sia l’ecumenismo spirituale, - consistente nella conversione del cuore, nel rinnovamento della mente, nella preghiera personale e comune - sia il dialogo teologico. Un tale impegno deve crescere proprio mentre ci avviamo verso il Grande Giubileo, occasione eccezionale per tutti i cristiani di recare insieme alle generazioni del nuovo millennio il lieto annunzio della riconciliazione.

Questo primo anno di preparazione al Giubileo ha come tema: “Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ieri oggi e sempre” (cfr He 13,8). Nella Tertio Millennio adveniente ho rilevato che “proprio sotto il profilo ecumenico, questo sarà un anno molto importante per volgere insieme lo sguardo a Cristo unico Signore, nell’impegno di diventare in Lui una cosa sola, secondo la sua preghiera al Padre” (Giovanni Paolo II, Tertio Millennio adveniente TMA 41).

Con tutti coloro che in questa settimana pregano per l’unità dei cristiani, eleviamo anche noi la nostra preghiera invocando dal Signore il dono della riconciliazione.


Ad un gruppo proveniente dalla Danimarca:

Il Vescovo di Roma vi dà il benvenuto. Preghiamo per un’autentica unità in Gesù Cristo. Dio benedica voi e tutta la Danimarca.

Saluto ad un gruppo finlandese:

Possa il Signore aiutare noi tutti i cristiani a trovare l’unità da Lui desiderata. Dio benedica voi e tutto il popolo finlandese.


Rivolgo ora un saluto cordiale a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare ai soci dell’Associazione Italiana «Amici di Raoul Follereau», della cui scomparsa ricorre quest’anno il ventesimo anniversario. La vostra presenza mi offre l’opportunità di ricordare che domenica prossima si celebrerà la Giornata Mondiale dedicata ai Malati di lebbra. Auspico di cuore che continui con generosità la lotta contro il morbo di Hansen, che purtroppo colpisce ancora tanti nostri fratelli. Saluto poi il Coordinamento Provinciale del Corpo Forestale dello Stato di Rieti ed il gruppo di ragazzi provenienti dall’orfanotrofio di Pinsk, in Bielorussia, ospiti della Parrocchia di San Michele in Tivoli. Carissimi, vi ringrazio per la vostra partecipazione, invocando su voi tutti la continua assistenza divina.

Saluto particolare ai giovani, ai malati e agli sposi novelli:

Un pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli presenti, che oggi vorrei esortare a tradurre in atteggiamenti concreti la preghiera per l’unità dei cristiani. Questi giorni di riflessione costituiscano per voi, cari giovani, un invito ad essere ovunque operatori di pace e di riconciliazione; per voi, cari ammalati, un momento propizio ad offrire le vostre sofferenze per una comunione dei cristiani sempre più piena; e per voi, cari sposi novelli, siano occasione per vivere ancor più la dimensione domestica con un cuore solo ed un’anima sola.

A tutti imparto la mia Benedizione.





Catechesi 79-2005 11126