Catechesi 79-2005 28695

Mercoledi 28 Giugno 1995: Diversità nell'unità: la questione ecumenica

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Roma -


1. Alla dimensione missionaria della Chiesa, illustrata nelle precedenti catechesi, appartiene anche l'ecumenismo. Affronto con particolare gioia la trattazione di questo tema, mentre è presente a Roma la delegazione ufficiale del Patriarcato di Costantinopoli, guidata da Sua Santità Bartolomeo I. Sono certo che anche il Venerato Fratello vive intensamente la sollecitudine per questo problema, e la sua visita non mancherà di recare un efficace contributo al progresso del dialogo ecumenico.

Su questo specifico argomento ho pubblicato recentemente la Lettera enciclica Ut unum sint, invitando quanti si dichiarano discepoli di Cristo ad intensificare l'impegno a favore della piena unità di tutti i cristiani. Infatti, "questa unità, che il Signore ha donato alla sua Chiesa e nella quale egli vuole abbracciare tutti, non è un accessorio, ma sta al centro stesso della sua opera.

Né essa equivale ad un attributo secondario della comunità dei suoi discepoli.

Appartiene invece all'essere stesso di questa comunità. Dio vuole la Chiesa, perché egli vuole l'unità e nell'unità esprime tutta la profondità della sua agape" (
UUS 9).

Nel corso dei secoli, purtroppo, numerose sono state le fratture tra i discepoli di Cristo. Queste divisioni sono altra cosa dalla varietà legittima che differenzia le Chiese locali o particolari, nelle quali è presente e si articola l'unica Chiesa di Cristo.


2. Per spiegare la diversità e varietà storica delle Chiese cristiane, è opportuno osservare che l'unità voluta da Cristo non comporta affatto una esteriore, mortificante uniformità. Al riguardo, nella citata Enciclica, ho rilevato che "la legittima diversità non si oppone affatto all'unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e contribuisce non poco al compimento della sua missione" (UUS 50).

Numerose Chiese locali o particolari conservano un proprio modo di vivere l'impegno cristiano che si richiama ad istituzioni di origine apostolica ed a tradizioni antichissime, o anche a prassi stabilite nei vari tempi in base ad esperienze rivelatesi adatte alla inculturazione del Vangelo. E' venuta così formandosi nel corso dei secoli una varietà di Chiese locali, che ha contribuito e contribuisce alla ricchezza spirituale della Chiesa universale, senza nuocere all'unità.

La varietà è bene quindi che resti. L'unità della Chiesa non avrà a soffrirne, soprattutto se i cristiani, consapevoli della sua origine divina, la invocheranno costantemente nella preghiera: essa è frutto, infatti, dell'azione dello Spirito Santo.

Opportunamente il Concilio Vaticano II ricorda che l'unità della Chiesa universale non è il risultato o il prodotto dell'unione delle Chiese locali, ma è una sua proprietà essenziale. Fin dall'inizio la Chiesa è stata fondata da Cristo come universale e, storicamente, le Chiese locali si sono formate quali presenze ed espressioni di quest'unica Chiesa universale. perciò la fede cristiana è fede nella Chiesa una e cattolica (cfr. LG 13).


3. La parola di Cristo, trasmessa dagli Apostoli e contenuta nel Nuovo Testamento, non lascia dubbi sulla sua volontà, conforme al piano del Padre: "Non prego solo per questi (gli Apostoli), ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Jn 17,20-21). L'unità del Padre e del Figlio nello Spirito Santo è il supremo fondamento dell'unità della Chiesa. La perfezione di quella trascendente unità deve essere imitata, "perché siano perfetti nell'unità" (Jn 17,23). Tale unità divina è dunque il principio che fonda l'unione dei credenti: "Siano anch'essi in noi una cosa sola" (Jn 17,21).

Nei Vangeli e negli altri scritti del Nuovo Testamento è, inoltre, chiaramente affermato che l'unità della Chiesa è stata ottenuta per mezzo del sacrificio redentore. Leggiamo, ad esempio, nel Vangelo di Giovanni: "Gesù doveva morire... non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,51-52). Se la dispersione era stata il frutto del peccato - è la lezione che emerge dall'episodio della torre di Babele - la riunificazione dei figli di Dio dispersi è opera della Redenzione. Con il suo sacrificio Gesù ha creato "un solo uomo nuovo" e ha riconciliato gli uomini fra loro, distruggendo l'inimicizia che li divideva (cfr. Ep 2,14-16).


4. In armonia con la parola di Cristo, san Paolo insegna che la diversità delle membra del corpo non impedisce la loro unità: "Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo" (1Co 12,12). Questa unità nella Chiesa deriva innanzitutto dal Battesimo e dall'Eucaristia, nei quali viene comunicato ed agisce lo Spirito Santo: "Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo... e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito" (1Co 12,13). "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo" (1Co 10,17).

San Paolo, apostolo e dottore dell'unità, descrive la dimensione che questa ha nella vita ecclesiale: "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti, ed è presente in tutti" (Ep 4,4-6).

Un solo corpo: l'immagine esprime un tutto organico, indissolubilmente unito mediante una unità spirituale: un solo spirito. Si tratta di una unità reale, che i cristiani sono chiamati a vivere sempre più profondamente, adeguandosi alle sue esigenze e "con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza sopportandosi a vicenda con amore" (Ep 4,2).

L'unità della Chiesa manifesta dunque un duplice aspetto: è una proprietà che ha come fondamento incrollabile la stessa unità divina della Trinità, ma richiede anche la responsabilità dei credenti, che devono accoglierla ed attuarla concretamente nella loro esistenza (cfr. UUS 6).


5. Si tratta anzitutto di custodire l'una fides, la professione dell'unica fede di cui parla l'apostolo Paolo. Questa fede comporta la comune adesione a Cristo e a tutta la verità da lui rivelata all'umanità, testimoniata nella Scrittura e conservata nella Tradizione vivente della Chiesa. Proprio per mantenere e promuovere l'unità della fede (unitas fidei catholicae), Gesù ha voluto istituire nel Collegio apostolico una specifica autorità, ricollegandone il magistero a se stesso: "Chi ascolta voi, ascolta me" (Lc 10,16 cfr. Mt 28,18-20).

In funzione della koinonia dei credenti, l'autorità degli Apostoli e dei loro successori è un servizio che si esplica nell'ambito sacramentale, dottrinale e pastorale, in funzione di un'unità non solo di dottrina, ma anche di direzione e di governo. Lo scrive san Paolo: "E' lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri... al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio" (Ep 4,11-13).

In questa prospettiva ben si comprende il ministero specifico assegnato a Pietro e ai suoi successori. Esso è fondato sulle parole stesse di Cristo, come sono riportate nella tradizione evangelica (cfr. UUS 91).

E' un mistero di grazia che il Pastore eterno delle nostre anime ha voluto per la sua Chiesa, affinché, crescendo e operando nella carità e nella verità, essa permanga in ogni tempo visibilmente unita a gloria di Dio Padre.

A Lui chiediamo il dono di un'intesa sempre più profonda tra fedeli e pastori e, per quanto concerne il ministero petrino, invochiamo la luce necessaria per individuare le forme migliori in cui esso possa realizzare un servizio di comunione da tutti riconosciuto (cfr. UUS 96).

(Segue un saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli]



Mercoledi 5 Luglio 1995: Le tappe del pellegrinaggio apostolico appena concluso nella Repubblica Slovacca

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Roma,


La grande vitalità di una Chiesa che ha sofferto una dura persecuzione


1. Desidero oggi ringraziare Dio per la Visita nella Slovacchia, che ho potuto iniziare l'indomani della Solennità dei Santi Pietro e Paolo e continuare durante i giorni seguenti, fino al 3 luglio.

Ringrazio l'Episcopato della Slovacchia per l'invito e la preparazione pastorale di questa Visita. Ringrazio anche le Autorità civili, il Presidente della Repubblica Slovacca, il Primo Ministro ed il Governo, i Rappresentanti del Parlamento e le Autorità locali. Il mio pellegrinaggio è stato accompagnato dalla grande cordialità che scaturisce dal momento storico: era la prima volta, infatti, che il Papa visitava lo Stato slovacco indipendente.

Una storia che giunge fino ai tempi dei Santi Cirillo e Metodio La Nazione slovacca ha un suo lungo passato, che giunge sino ai tempi di Cirillo e Metodio e della loro missione entro i confini del regno della grande Moravia. A quei tempi risale anche la sede vescovile di Nitra, una delle sedi più antiche di tutta l'Europa centrale. Nel corso della loro storia gli Slovacchi prima vissero nell'ambito della grande Moravia e poi divennero parte del regno ungherese; ciò duro fino alla prima guerra mondiale. Nell'anno 1918 nacque la Repubblica Cecoslovacca, nell'ambito della quale gli Slovacchi - escluso il periodo della seconda guerra mondiale - vennero modellando la loro esistenza statale fino all'anno 1993. Con viva ammirazione si deve dare atto alle due Repubbliche ora indipendenti, Ceca e Slovacca, di aver saputo dividersi in modo pacifico, senza conflitti e spargimento di sangue, a differenza di quanto è avvenuto, purtroppo, nella ex-Jugoslavia. La divisione aveva alla base le molteplici diversità delle due Nazioni, pur simili sotto molti aspetti, in particolare quello linguistico. In questo modo la Nazione slovacca ha ora il suo Stato che abbraccia la vasta e fertile pianura al sud dei Carpazi e dei Monti Tatra.

La Visita nella Slovacchia mi ha permesso di conoscere meglio questo Paese ed i suoi abitanti, soprattutto nei principali centri della vita nazionale e religiosa.

Così dunque, il primo giorno sono stato a Bratislava, capitale del Paese, per poi andare all'incontro con la gioventù a Nitra. Nel secondo giorno ho visitato il Santuario mariano di Sastin situato al nord di Bratislava, nel territorio della Slovacchia occidentale. La mattina della domenica 2 luglio è stata dedicata alla canonizzazione dei tre Martiri di Kosice - Città in cui essi furono martirizzati nel secolo diciassettesimo. Alla canonizzazione hanno preso parte i Rappresentanti degli Episcopati di tutta l'Europa centrale. Nel pomeriggio mi sono recato a Presov, e la sera dello stesso giorno a Spis, da dove mi sono poi recato al Santuario mariano di Levoca. Spis è nella parte della Slovacchia che si stende ai piedi dei Monti Tatra, così che nell'ultimo giorno ho potuto rivedere questi monti, ai quali ero molto legato nella mia giovinezza. L'ultimo punto toccato nel viaggio è stata la città di Poprad, dalla quale sono ritornato a Roma.

La canonizzazione dei tre Martiri di Kosice importante avvenimento ecumenico


2. Lo scopo principale della mia visita nella Slovacchia era la canonizzazione dei tre Martiri di Kosice ed a questo avvenimento desidero dedicare una particolare attenzione. Quei Martiri sono: Marco da Krizevci, croato, canonico della Cattedrale di Esztergom e anche due Gesuiti: Melchiorre Grodziecki della Slesia, polacco, e Stefano Pongracz, ungherese. Il loro martirio avvenne nello stesso periodo della storia d'Europa in cui, nella città di Olomouc, in Moravia, fu martirizzato san Jan Sarkander, che ho avuto la gioia di iscrivere poco tempo fa nell'albo dei Santi. I Martiri di Kosice diedero la vita per la loro fedeltà alla Chiesa, non cedendo alla brutale pressione dell'autorità civile dei sovrani, che voleva costringerli all'apostasia. Tutte e tre accolsero il martirio in spirito di fede e di amore verso i persecutori. Subito dopo la morte divennero oggetto di culto nella Slovacchia e, all'inizio del nostro secolo, dopo un accurato processo canonico, la Chiesa li ha proclamati Beati. Ora, essendo ormai matura la causa di canonizzazione, ho potuto proclamarli Santi durante la mia presenza a Kosice, con grande partecipazione della popolazione cattolica locale.

Questa canonizzazione è stata anche un importante avvenimento ecumenico, come è apparso sia nell'incontro con i Rappresentanti delle Confessioni protestanti, sia nella visita al luogo che ricorda la morte di un gruppo di fedeli della Riforma, condannati nel secolo diciassettesimo in nome del principio "cuius regio eius religio". Del fatto fa memoria un monumento eretto nella città di Presov, davanti al quale ho sostato in preghiera.

Le persecuzioni hanno colpito in particolare i Greco-cattolici


3. Presov è anche il luogo in cui ha la sua residenza il Vescovo Greco-cattolico.

La Chiesa Orientale, che ha i suoi fedeli da ambo le parti dei Carpazi, è nata dall'Unione fatta 350 anni fa in Uzgorod, nel territorio che prima apparteneva all'Ungheria e poi alla Repubblica Cecoslovacca ed che ora fa parte dell'Ucraina.

L'Eparchia di Presov è, in un certo senso, una parte di questa Chiesa, nell'estrema zona occidentale, che concentra in sé i Greco-cattolici Slovacchi e i Ruteni oltre i Carpazi. Se tutta la Chiesa cattolica durante il Governo comunista nella Cecoslovacchia è stata sottomessa a gravi persecuzioni, queste hanno colpito in modo particolare i Greco-Cattolici slovacchi dell'Eparchia di Presov.

Dai Santuari mariani la forza nel periodo del comunismo ateo


4. Non si deve dimenticare che tutta la Chiesa della Slovacchia, che si trovava nell'ambito della Repubblica comunista cecoslovacca di allora, è passata attraverso dolorose persecuzioni. Quasi tutti i Vescovi sono stati privati della possibilità di esercitare il loro servizio pastorale. Tanti sono passati attraverso dure detenzioni in carcere. Alcuni di loro hanno terminato la vita come veri martiri - penso, in particolare, al Vescovo Wojtassak della diocesi di Spis, e al Vescovo Greco-cattolico Pavol Gojdic di Presov. Un testimone particolare di questa generazione di Vescovi imprigionati a causa della fede è il Cardinale Jan Chryzostom Korec, attuale Ordinario di Nitra.

La Chiesa della Slovacchia appena da alcuni anni gode della libertà religiosa, e forse questo fatto spiega la grande vitalità che ho potuto dovunque vedere e sentire durante questa mia Visita. Il problema della persecuzione della Chiesa in Slovacchia e la questione dei suoi Martiri richiedono una più profonda elaborazione, che non potrà non essere inclusa nella preparazione spirituale al Giubileo del secondo Millennio.

Se ci domandiamo da dove gli Slovacchi abbiano attinto la forza nel periodo della persecuzione, la risposta la troviamo, in modo particolare, visitando i Santuari mariani. Durante quel periodo difficile per la Nazione e per la Chiesa in Slovacchia, i Santuari sono diventati un grande punto di appoggio per la fede del popolo di Dio. Li nessuna proibizione da parte della Polizia e dell'Amministrazione ha potuto vincere. Dai Santuari mariani quali Sastin e Levoca questa forza si è irradiata verso i fedeli, le famiglie, le parrocchie, verso tutta la Slovacchia.

Una visita che si inscrive nella vasta storia della salvezza del nostro secolo


5. Come appare da quanto ho detto, la visita della Chiesa in Slovacchia si inscrive nella vasta storia della salvezza nel nostro secolo. E, nello stesso tempo, si in- scrive nella storia della nazione Slovacca e del suo posto in Europa. Ecco, è in non piccola misura grazie alla missione della Chiesa che la nazione Slovacca ha ottenuto la sua indipendenza e come nazione, i cui cittadini sono in grande maggioranza cattolici, è entrata nella grande comunità dei popoli di tutto il mondo, e particolarmente dell'Europa. Essa reca a questa Comunità il contributo della sua identità culturale; reca anche la volontà di costruire la propria eredità e quella europea sui principi che scaturiscono dai diritti delle nazioni, adeguatamente riconosciuti e tutelati nel consesso internazionale, inclusi ovviamente quelli relativi alle minoranze.

La Sede Apostolica e il Papa esprimono riconoscenza per il patrimonio della Slovacchia indipendente, mettendo così in evidenza anche il diritto di questa Nazione al suo posto nella famiglia delle Nazioni europee come membro a pieno titolo.

(Segue un saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli]




Mercoledi 12 Luglio 1995: Il problema ecumenico

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Roma -


1. Per il cristiano l'impegno ecumenico riveste importanza primaria. E noto infatti che per l'unità dei discepoli Gesù ha pregato nell'ultima Cena con accorata intensità: "Come tu Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (
Jn 17,21).

Gesù non ha esitato a chiedere al Padre che i discepoli fossero "perfetti nell'unità" (Jn 17,23), pur conoscendo le difficoltà e le tensioni a cui sarebbero andati incontro. Egli stesso aveva constatato i dissensi sorti fra i Dodici, anche durante l'ultima Cena, e prevedeva quelli che i ben presto si sarebbero manifestati nella vita delle comunità cristiane, sparse in un mondo così vasto e così vario. Eppure ha pregato per l'unità perfetta dei suoi e per questo scopo ha offerto il sacrificio della propria vita. L'unità è quindi un dono del Signore alla sua Chiesa, "popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo", come efficacemente rileva San Cipriano (De Orat. Dom., 23: PL 4,536). Infatti "il supremo modello e principio di questo mistero è l'unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo" (UR 2).

In realtà, nella prima comunità radunata dopo la Pentecoste, vediamo regnare una profonda unità: tutti "erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42); e "la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuor solo e un'anima sola" (Ac 4,32).


2. Leggendo le pagine degli Atti degli Apostoli che descrivono le prime esperienze di vita nella comunità apostolica, si rimane colpiti dalla constatazione che quella unione e concordia aveva un prezioso vincolo nella presenza di Maria (cfr. Ac 1,13-14). Tra le donne presenti nella prima assemblea, essa è la sola menzionata per nome da Luca, che non manca di qualificarla come "la madre di Gesù", proponendola così quale segno e forza intima della "koinonia". Questo titolo le conferisce un posto unico, legato alla sua nuova maternità proclamata da Cristo in croce. Non si può quindi ignorare che in questo testo l'unità della Chiesa si esprime come fedeltà a Cristo, sostenuta e protetta dalla presenza materna di Maria.

Questa unità, realizzata all'inizio della vita della Chiesa, non potrà mai scomparire nel suo valore essenziale. Lo ha ripetuto il Concilio Vaticano II: "Da Cristo Signore la Chiesa è stata fondata una e unica" (UR 1). Si deve pero constatare che questa originaria unità ha conosciuto profonde lacerazioni nel corso della storia.

L'amore a Cristo deve spingere i suoi discepoli di oggi a riconsiderare insieme il loro passato, per riprendere con vigore rinnovato la via dell'unità.


3. Gli stessi scritti neo-testamentari ci segnalano che fin dall'inizio della vita della Chiesa ci sono state divisioni tra i cristiani. Paolo parla delle discordie nella Chiesa di Corinto (cfr. 1Co 1,10-12). Giovanni si lamenta di coloro che diffondono un falso insegnamento (cfr. 2Jn 10) o che pretendono di occupare nella Chiesa il primo posto (cfr. 2Jn 9-10). E l'inizio di una dolorosa storia, che in ogni epoca ha registrato, col formarsi di gruppi particolari di cristiani staccatisi dalla Chiesa cattolica, l'insorgere di scismi e di eresie e la nascita di Chiese "separate". Queste non erano in comunione né con le altre Chiese particolari né con la Chiesa universale, costituita come un "solo gregge" sotto un "solo pastore", Cristo (Jn 10,16), rappresentato da un solo Vicario universale, il Sommo Pontefice.


4. Dal doloroso confronto di questa situazione storica con la legge evangelica dell'unità è nato il movimento ecumenico, che si propone di ricuperare l'unità anche visibile tra tutti i cristiani, "perché il mondo si converta al Vangelo e così si salvi per la gloria di Dio" (UR 1). A tale movimento ha dato la massima importanza il Concilio Vaticano II, rilevando come esso implichi, per coloro che vi operano, una comunione di fede nella Trinità e in Cristo, e un'aspirazione comune alla Chiesa una ed universale (cfr. Ibidem, UR 1). Ma l'autentico impegno ecumenico esige altresi, da tutti i cristiani mossi da una sincera volontà di comunione, la liberazione dai pregiudizi che fanno impedimento allo sviluppo del dialogo della carità nella verità.

Il Concilio formula un giudizio differenziato sull'evolversi storico delle separazioni. "Comunità non piccole - dice - si staccarono dalla piena comunione della Chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti" (UR 3). Si tratta del momento iniziale della separazione. In seguito, la situazione è diversa: "Quelli poi che ora nascono, e sono istruiti nella fede di Cristo in tali comunità, non possono essere accusati di peccato di separazione, e la Chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto ed amore" (Ibidem UR 3).

Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica si è impegnata in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica, ponendosi all'ascolto dello Spirito del Signore. La via ecumenica è ormai la via della Chiesa.


5. Dobbiamo ancora notare che, secondo il Concilio, quanti sono separati dalla Chiesa cattolica conservano una certa comunione - incompleta ma reale - con essa.

Infatti, coloro che credono in Cristo, e hanno ricevuto il battesimo, sono giustamente riconosciuti dai figli della Chiesa cattolica "quali fratelli nel Signore", anche se ci sono divergenze, "sia nel campo della dottrina, e talora anche della disciplina, sia circa la struttura della Chiesa" (UR 3). Possiamo essere uniti con loro per mezzo di parecchi elementi di grande valore, quali "la parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, la speranza e la carità, ed altri doni interiori dello Spirito Santo, ed altri elementi visibili" (Ibidem UR 3).

Tutto questo è patrimonio dell'unica Chiesa di Cristo, che "sussiste nella Chiesa cattolica" (LG 8).

Anche nei confronti dell'opera evangelizzatrice e santificatrice, la posizione del Concilio è schietta e rispettosa. Esso afferma che le Chiese e comunità ecclesiali non sono affatto spoglie di significato e di peso nel mistero della salvezza. "Lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come strumenti di salvezza" (UR 3).

Tutto ciò porta in sé il richiamo impellente alla piena unità. Non si tratta semplicemente di sommare insieme tutte le ricchezze spirituali disseminate nelle comunità cristiane quasi che così facendo si possa pervenire ad una Chiesa più perfetta, alla Chiesa a cui Dio mirerebbe per il futuro. Si tratta invece di realizzare appieno quella Chiesa che Dio, nell'evento di Pentecoste, ha già manifestato nella sua realtà profonda. E questa la meta alla quale bisogna che tutti tendiamo, uniti già ora nella speranza, nella preghiera, nella conversione dei cuore e, come spesso ci è chiesto, nella sofferenza che trae valore dalla croce di Cristo.

(Il Papa ha poi aggiunto:] Desidero manifestare la mia sentita partecipazione alle sofferenze di tante persone coinvolte nel conflitto etnico che dilania lo Sri Lanka.

Sono vicino al dolore di chi ha perso i propri cari, domenica scorsa, nel bombardamento della chiesa e della scuola di Navalay.

Chiedo al Signore il riposo eterno per le vittime e faccio appello al rispetto delle popolazioni civili.

Esorto tutti, come già ho fatto in passato, a scegliere la strada del dialogo per risparmiare ulteriori ed inutili prove a quel caro Paese.

(Ai malati ai giovani e agli sposi novelli:] Uno speciale pensiero va, infine, ai malati, agli sposi novelli, ed ai giovani presenti. Tra questi ultimi saluto in particolare quelli provenienti da vari Paesi del mondo per partecipare al "Campo Italia" organizzato dal Multi-distretto italiano del Lions Club International e al "Summer Holiday Camp" promosso dalle Banche Centrali Europee.

Cari giovani, le vacanze siano un tempo di vera ricreazione fisica e spirituale e il divertimento eviti inutili sprechi, anche in considerazione di tanti vostri coetanei che purtroppo soffrono per la guerra e la miseria. Auguro a voi, cari malati, di affrontare con serenità i disagi che la stagione estiva spesso comporta. E voi, cari sposi novelli, possiate gustare in questo periodo qualche giorno di distensione e di intimità familiare.





Mercoledi 26 Luglio 1995: Le vie del cammino ecumenico

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Roma -


1. Il cammino ecumenico e un dovere vivamente sentito sia tra i fedeli cattolici che tra i cristiani delle altre Chiese e comunità ecclesiali. I1 Concilio Vaticano II ha fatta sua questa istanza e nel Decreto Unitatis Redintegratio ha fissato i principi di un sano ecumenismo. Ne vorrei oggi richiamare le linee essenziali, ricordando che esse sono state ribadite in modo più particolareggiato, insieme con orientamenti pratici, nel Direttorio per l'applicazione dei principi e delle norme sull'ecumenismo (Nuova edizione, Città del Vaticano 1993).

Di fronte alla divisione che affligge il mondo cristiano da secoli non si può rimanere inerti. Cattolici e non cattolici non possono non provare un'intima sofferenza quando osservano le loro separazioni, così contrastanti con le parole accorate di Cristo nell'ultima Cena (cfr.
Jn 17,20-23). Certo, l'unità costitutiva della Chiesa voluta dal Fondatore non è mai venuta meno: essa permane, indefettibile, nella Chiesa cattolica, nata il giorno di Pentecoste col dono dello Spirito Santo agli Apostoli e rimasta fedele alla linea della tradizione dottrinale e comunitaria che poggia sul fondamento dei legittimi Pastori in comunione col Successore di Pietro. E un fatto provvidenziale, nel quale i dati storici sono intimamente intrecciati con i fondamenti teologici, come conseguenza della volontà di Cristo. Ma non si può negare che nella sua realizzazione storica, in passato come nel presente, l'unità della Chiesa non manifesta pienamente né il vigore né l'estensione che, secondo le esigenze evangeliche da cui dipende, potrebbe e dovrebbe avere.


2. perciò, il primo atteggiamento dei cristiani che perseguono questa unità, e si rendono conto della distanza esistente tra l'unità voluta da Cristo e quella concretamente realizzata, non può che essere quello di volgere gli occhi al Cielo per implorare da Dio sempre nuovi stimoli all'unità, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. Secondo le indicazioni del Concilio dobbiamo anzitutto riconoscere il valore essenziale della preghiera per l'unità. Questa infatti non si riduce ad una semplice forma di concordia o buona intesa umana. Gesù ha chiesto al Padre una unità dei credenti modellata sulla comunione divina per la quale Egli e il Padre, nell'unità dello Spirito Santo, sono "una cosa sola" (Jn 17,20-21). E un traguardo che può essere raggiunto solo con l'aiuto della grazia divina. Di qui la necessità della preghiera.

D'altra parte, la quotidiana constatazione che l'impegno ecumenico si esplica in un campo irto di difficoltà fa sentire ancor più vivamente l'insufficienza umana e l'urgenza del ricorso fiducioso all'onnipotenza divina. E quanto manifestiamo specialmente nella Settimana che viene dedicata ogni anno alla preghiera per l'unità dei cristiani: essa è anzitutto un momento di preghiera più intensa. E vero che tale importante iniziativa favorisce anche studi, incontri, scambi di idee e di esperienze, ma il suo primo scopo rimane sempre la preghiera.

Anche in molte altre occasioni l'unione dei credenti costituisce l'oggetto delle preghiere della Chiesa. Si deve anzi ricordare che al momento culminante di ogni Celebrazione eucaristica, poco prima della comunione, il sacerdote rivolge al Signore la preghiera per l'unità e la pace della Chiesa.


3. L'altro contributo che il Concilio sollecita da ogni cristiano è l'impegno attivo per l'unità. In primo luogo con il pensiero e la parola: i cattolici sono esortati a fare "tutti gli sforzi per eliminare parole, pregiudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con essi" (UR 4). Mentre ribadisco tale importante raccomandazione. esorto tutti a superare i pregiudizi e ad assumere un atteggiamento di viva carità e di sincera stima, ponendo l'accento sugli elementi di unità, piuttosto che su quelli di divisione, fatta salva la difesa dell'intera eredità tramandata dagli Apostoli.

E necessario inoltre curare il dialogo per una migliore mutua conoscenza. Se svolto tra esponenti debitamente preparati (cfr. Lett. enc. UUS 81), esso può favorire una crescita della stima e comprensione reciproche tra le varie Chiese e comunioni e "una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune" (UR 4).

Alla base del dialogo e di ogni altra iniziativa ecumenica deve esserci una leale e coerente disposizione a riconoscere le manifestazioni della grazia nei fratelli non ancora in piena comunione con noi. Come detta il Concilio, "è necessario che i cattolici con gioia riconoscano e stimino i valori veramente cristiani, promananti dal comune patrimonio, che si trovano presso i fratelli da noi separati (Ibidem UR 4). Tuttavia, "in questo coraggioso cammino verso l'unità, la lucidità e la prudenza della fede ci impongono di evitare il falso irenismo e la noncuranza delle norme della Chiesa" (Lett. enc. UUS 79). Scoprire e riconoscere il bene, la virtù, l'anelito a una grazia sempre più grande, presenti nelle altre Chiese, serve anche alla nostra edificazione.


4. Per essere autentico e fruttuoso, l'ecumenismo richiede, inoltre da parte dei fedeli cattolici alcune fondamentali disposizioni. Innanzitutto la carità, con uno sguardo pieno di simpatia e un vivo desiderio di cooperare, dove è possibile, con i fratelli delle altre Chiese o Comunità ecclesiali. In secondo luogo la fedeltà alla Chiesa cattolica, pur senza ignorare né negare le mancanze manifestate dal comportamento di certi suoi membri. In terzo luogo lo spirito di discernimento, per apprezzare ciò che è buono e degno di elogio.

Infine, è richiesta una sincera volontà di purificazione e di rinnovamento, sia mediante l'impegno personale orientato alla perfezione cristiana, sia contribuendo, "ciascuno secondo la sua condizione, a far si che la Chiesa, portando nel suo corpo l'umiltà e la mortificazione di Cristo (cfr. 2Co 4,10 Ph 2,5-8), vada di giorno in giorno purificandosi e rinnovandosi, fino a che Cristo se la faccia comparire innanzi risplendente di gloria, senza macchia ne ruga (cfr. Ep 5,27)" (UR 4).


5. Non è una prospettiva utopistica: la sua realizzazione può e deve avvenire giorno per giorno, secolo per secolo, persona per persona qualunque sia la durata della storia e la varietà delle sue vicende, in gran parte imprevedibili. In questa prospettiva si muove l'ecumenismo, che perciò si colloca in un contesto più ampio rispetto a quello del problema dell'adesione individuale alla Chiesa cattolica da parte di singole persone provenienti da altre comunità cristiane, la cui preparazione e riconciliazione non è in contrasto con l'iniziativa ecumenica, poiché "l'una e l'altra procedono dalla mirabile disposizione di Dio" (Ibidem UR 4).

Concludiamo dunque la presente catechesi con l'auspicio e l'esortazione che tutti, nella Chiesa, sappiano custodire l'unità nelle cose necessarie e godano della giusta libertà di ricerca, di dialogo, di confronto, di collaborazione con quanti professano Gesù Cristo Signore. Tutti conservino sempre la carità, la quale rimane la migliore manifestazione della volontà di perfezionare l'espressione storica dell'unità e della cattolicità della Chiesa.

(Ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli:] Saluto poi i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli qui presenti di qualsiasi lingua e Nazione.

Cari giovani, vi esorto ad approfittare del periodo estivo per crescere nell'amicizia con Dio e nella testimonianza di vita cristiana mediante la meditazione, la preghiera e il sano divertimento.

Invito voi, cari ammalati a tradurre nella vostra esistenza i profondi sentimenti di Cristo sofferente, trovando sempre in Lui conforto e serenità.

A voi, cari sposi novelli, esprimo l'auspicio che il vostro amore, animato da cordiale fedeltà al Vangelo, sia sempre più vero, duraturo e solidale.

Invocando su tutti la protezione di Sant'Anna e San Gioacchino, dei quali oggi celebriamo la festa, vi imparto una speciale Benedizione.





Catechesi 79-2005 28695