Catechesi 79-2005 20699

Mercoledì, 2 giugno 1999: La morte come incontro con il Padre

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1. Dopo aver riflettuto sul destino comune dell’umanità, quale si realizzerà alla fine dei tempi, vogliamo oggi volgere l’attenzione a un altro tema che ci riguarda da vicino: il significato della morte. Oggi è diventato difficile parlare della morte perché la società del benessere è incline a rimuovere questa realtà il cui solo pensiero procura angoscia. Infatti, come ha osservato il Concilio, “di fronte alla morte l'enigma della condizione umana diventa sommo” (Gaudium et spes
GS 18). Ma su questa realtà la Parola di Dio, seppure in modo progressivo, ci offre una luce che rischiara e consola.

Nell'Antico Testamento le prime indicazioni sono offerte dalla comune esperienza dei mortali, non ancora illuminata dalla speranza di una vita beata oltre la morte. Si pensava per lo più che l’esistenza umana si concludesse nello “sheól”, luogo di ombre, incompatibile con la vita in pienezza. Molto significative a tal proposito le parole del Libro di Giobbe: “Non sono poca cosa i giorni della mia vita? Lasciami, sì ch'io possa respirare un poco, prima che me ne vada, senza ritornare, verso la terra delle tenebre e dell'ombra di morte, terra di caligine e di disordine, dove la luce è come le tenebre” (Jb 10,20-22).

2. In questa visione drammatica della morte si fa strada lentamente la rivelazione di Dio, e la riflessione umana si apre ad un nuovo orizzonte che riceverà luce piena nel Nuovo Testamento.

Si comprende innanzitutto che, se la morte è quel nemico inesorabile dell’uomo, che tenta di sopraffarlo e di ricondurlo sotto il suo potere, Dio non può averla creata, perché non può godere della rovina dei viventi (cfr Sg 1,13). Il progetto originario di Dio era diverso, ma venne contrastato dal peccato commesso dall’uomo per influsso demoniaco, come spiega il Libro della Sapienza: “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono” (Sg 2,23-24). A questa concezione si richiama anche Gesù (cfr Jn 8,44) e su di essa si fonda l’insegnamento di san Paolo sulla redenzione di Cristo, nuovo Adamo (cfr Rm 5,12 Rm 5,17 1Co 15,21). Con la sua morte e risurrezione, Gesù ha vinto il peccato e la morte che è sua conseguenza.

3. Alla luce di quanto Gesù ha compiuto, si comprende l'atteggiamento di Dio Padre di fronte alla vita e alla morte delle sue creature. Già il Salmista aveva intuito che Dio non può abbandonare i suoi servi fedeli nel sepolcro, né permettere che il suo santo veda la corruzione (cfr Ps 16,10). Isaia addita un futuro in cui Dio eliminerà la morte per sempre, asciugando “le lacrime su ogni volto” (Is 25,8) e risuscitando i morti a vita nuova: “Ma di nuovo vivranno i tuoi morti, risorgeranno i loro cadaveri. Si sveglieranno ed esulteranno quelli che giacciono nella polvere, perché la tua rugiada è rugiada luminosa; la terra darà alla luce le ombre” (Is 26,19). Alla morte come realtà livellatrice di tutti i viventi viene così a sovrapporsi l’immagine della terra che, quale madre, si appresta al parto di un nuovo essere vivente e dà alla luce il giusto destinato a vivere in Dio. Per questo, anche se i giusti “agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità” (Sg 3,4).

La speranza della risurrezione viene affermata magnificamente nel Secondo Libro dei Maccabei da sette fratelli e dalla loro madre, al momento di subire il martirio. Uno di loro dichiara: “Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo” (2M 7,11); un altro, “ridotto in fin di vita, diceva: ‘E’ bello morire a causa degli uomini per attendere da Dio l’adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati’” (2M 7,14). Eroicamente, la loro madre li incoraggiava ad affrontare la morte con questa speranza (cfr 2M 7,29).

4. Già nella prospettiva dell’Antico Testamento i profeti ammonivano ad attendere “il giorno del Signore” con animo retto, altrimenti esso sarebbe stato “ tenebra e non luce” (cfr Am 5,18 Am 5,20). Nella rivelazione piena del Nuovo Testamento si sottolinea che tutti saranno sottoposti a giudizio (cfr 1P 4,5 Rm 14,10). Ma di fronte ad esso i giusti non dovranno temere, in quanto eletti destinati a ricevere l’eredità promessa; essi saranno posti alla destra di Cristo che li chiamerà “benedetti del Padre mio” (Mt 25,34 cfr Mt 22,14 Mt 24,22 Mt 24,24).

La morte che il credente sperimenta come membro del Corpo mistico dischiude la via verso il Padre, che ci ha dimostrato infatti il suo amore nella morte di Cristo, “vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Jn 4,10 cfr Rm 5,7). Come ribadisce il Catechismo della Chiesa Cattolica, la morte “per coloro che muoiono nella grazia di Cristo, è una partecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare anche alla sua Risurrezione” (CEC 1006).

Gesù “ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, … ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre” (Ap 1,5-6). Bisogna certo passare attraverso la morte, ma ormai con la certezza che incontreremo il Padre quando “questo corpo corruttibile si sarà vestito d’incorruttibilità e questo corpo mortale d’immortalità” (1Co 15,54). Allora si vedrà chiaramente che “la morte è stata inghiottita per la vittoria” (1Co 15,54) e la si potrà interpellare con atteggiamento di sfida, senza paura: “Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1Co 15,55).

E’ proprio per questa visione cristiana della morte che san Francesco d’Assisi poteva esclamare nel Cantico delle Creature: “Laudato si, mi Signore, per sorella nostra morte corporale” (Fonti Francescane, 263). Di fronte a questa consolante prospettiva, si comprende la beatitudine annunciata dal Libro dell’Apocalisse, quasi a coronamento delle beatitudini evangeliche: “Beati fin d’ora i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono” (Ap 14,13).



Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In primo luogo, ai partecipanti al Corso per formatori e per formatrici alla vita consacrata, promosso dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione "Auxilium". So che voi provenite da ben tredici Paesi ed appartenete a vari Istituti religiosi. Auspico di cuore che questa utile esperienza comunitaria vi arricchisca spiritualmente e vi aiuti ad essere autentici testimoni del Vangelo, nell'impegnativa missione di formatori e formatrici della gioventù, chiamata al servizio di Cristo e della Chiesa.

Saluto, poi, le Suore della Santa Famiglia di Bordeaux, che oggi iniziano il Capitolo Generale. Carissime Sorelle, vi assicuro la mia preghiera perché, secondo lo spirito del Fondatore, vi impegniate con rinnovato slancio caritativo e missionario nell'opera evangelizzatrice, alle soglie del terzo millennio cristiano.

Abbiamo iniziato il mese di giugno, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, che ci richiama il mistero dell'Amore divino per l'umanità.

Con questo pensiero saluto voi, carissimi giovani qui presenti. Vi auguro di prepararvi, alla scuola del Cuore di Cristo, ad affrontare con serietà ed impegno le responsabilità che vi attendono.

Rivolgo il mio affettuoso benvenuto a voi, carissimi fratelli malati, e vi ringrazio per l'esempio che date, accettando di compiere la volontà di Dio, unendovi al sacrificio d'amore del Crocifisso.

Sono lieto, poi, di esprimere felicitazioni ed auguri agli sposi novelli. Carissimi, auspico per voi tanta felicità nella quotidiana fedeltà all'amore di Dio, del quale il vostro amore coniugale dev'essere testimonianza.

Chiedo poi a voi tutti, cari pellegrini italiani, di accompagnarmi con la vostra preghiera nel pellegrinaggio in Polonia che, a Dio piacendo, incomincerò sabato prossimo. Vi domando di pregare affinché questo viaggio, il più lungo compiuto nella mia Patria, porti i frutti spirituali sperati.

Colgo l'occasione per rivolgere, infine, un appello in favore del Signor Filippo Oliva, di Locri, scomparso all'inizio di quest'anno senza lasciare traccia. Prego il Signore che dia conforto ai suoi familiari e doni loro la gioia di riabbracciare il loro caro congiunto.

A tutti la mia Benedizione.




Mercoledì, 23 giugno 1999

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1. Vorrei oggi soffermarmi ancora sul pellegrinaggio che ho avuto la gioia di compiere in Polonia dal 5 al 17 di questo mese. Questa mia visita pastorale in Patria, la settima e la più lunga, si è svolta a venti anni dal primo viaggio avvenuto dal 2 al 10 giugno 1979. Alla vigilia del Grande Giubileo del 2000, ho condiviso con la Chiesa in Polonia le celebrazioni del millenario di due eventi che sono all'origine della sua storia: la canonizzazione di sant'Adalberto e l'istituzione nel Paese della prima Metropolia di Gniezno, con le tre Diocesi suffraganee di Kolobrzeg, Kraków e Wroclaw. Ho, inoltre, potuto concludere il Secondo Sinodo Plenario nazionale e proclamare una nuova Santa, nonché numerosi nuovi Beati, testimoni esemplari dell'amore di Dio.

"Dio è amore" è stato il motto del viaggio apostolico, che ha costituito come un grande inno di lode al Padre celeste e alle opere mirabili della sua misericordia. Per questo non cesso di rendere grazie a Lui, Signore del mondo e della storia, che mi ha concesso di attraversare ancora una volta la terra dei miei padri, pellegrino di fede e di speranza, pellegrino in particolare del suo amore.

Desidero rinnovare l'espressione della mia riconoscenza al Signor Presidente della Repubblica ed alle Autorità dello Stato, per la loro accoglienza e per la partecipe adesione manifestata. Di grande conforto mi è stato, inoltre, l'incontro fraterno con i Pastori dell'amata Chiesa in Polonia, che ringrazio di cuore per il loro grande impegno e zelo apostolico. Estendo il mio ringraziamento a tutti coloro che, in ogni modo, hanno collaborato alla buona riuscita della mia visita: penso, in particolare, a quanti hanno pregato ed hanno offerto le proprie sofferenze per questo scopo; penso, inoltre, ai giovani che in gran numero hanno partecipato ad ogni fase di questo mio pellegrinaggio.

2. Filo conduttore di questi giorni è stata la pagina evangelica delle Beatitudini, che presenta l'amore di Dio nei tratti inconfondibili del volto di Cristo. Quale gioia per me proclamare, sulle orme di sant'Adalberto, le otto Beatitudini meditando sulla storia dei miei padri! Alla memoria del grande Vescovo e Martire sono state dedicate le tappe di Gdansk (Danzica), di Pelplin e di Elblag, nella regione del Baltico, dove Adalberto fu martirizzato. L'eredità di Adalberto è stata sempre custodita dal popolo polacco, ed ha recato frutti stupendi di testimonianza durante tutta la storia della Polonia.

Ho avuto modo, al riguardo, di visitare città che conservano indelebile la memoria delle distruzioni della seconda guerra mondiale, delle esecuzioni in massa e delle tremende deportazioni. Solo la fede in Dio, che è amore e misericordia, ha reso possibile la loro ricostruzione materiale e morale. A Bygdoszcz, dove il Cardinale Wyszynski volle costruire il tempio dedicato ai "Santi Martiri Fratelli Polacchi", ho celebrato la Messa dei Martiri, facendo memoria dei "militi ignoti" della causa di Dio e dell'uomo morti in questo secolo. A Torun ho proclamato beato il sacerdote Wincenty Frelichowski (1913-1945), che nel ministero pastorale, e poi in campo di concentramento, fu operatore di pace e testimoniò fino alla morte l'amore di Dio tra i malati di tifo del campo di Dachau. A Warszawa ho beatificato cento-otto Martiri, comprendenti vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, vittime dei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale.

Nella Capitale, inoltre, ho proclamato beati Edmund Bojanowski -promotore di opere educative e caritative, precursore della lezione conciliare sull'apostolato dei laici - e Suor Regina Protmann - che coniugò la vita contemplativa con la cura degli infermi e l'istruzione dei bambini e delle ragazze. A Stary Sacz ho proclamato santa Suor Kinga, figura eminente del secolo XIII, modello di carità sia come moglie del Principe polacco Boleslao, sia, dopo la morte di lui, come monaca clarissa.

Questi eroici testimoni della fede dimostrano che la "traditio" della Parola di Dio, ascoltata e messa in pratica, è giunta da Adalberto fino ad ora e va con coraggio incarnata nell'odierna società, che s'appresta a varcare la soglia del terzo millennio.

3. La fede in Polonia si è alimentata ed è stata molto sostenuta dalla devozione al Sacro Cuore ed alla Beata Vergine Maria. Il culto del Cuore divino di Gesù ha avuto in questo pellegrinaggio un risalto speciale: vi era sullo sfondo la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore, che il mio venerato predecessore Leone XIII compì per la prima volta esattamente cento anni fa. L'umanità ha bisogno di entrare nel nuovo millennio confidando nell'amore misericordioso di Dio. Questo è però possibile solo rivolgendosi a Cristo Salvatore, sorgente inesauribile di vita e di santità.

E che dire poi dell'affetto filiale che i miei compatrioti nutrono per la loro Regina, Maria Santissima? A Lichen ho benedetto il nuovo grande Santuario a Lei dedicato e in alcune città, compresa quella in cui sono nato, ho incoronato venerate immagini della Vergine. A Sandomierz ho celebrato l'Eucaristia in onore del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria.

Vorrei ricordare, inoltre, i miei incontri di preghiera a Elk, Zamosc, Warszawa-Praga, Lowicz, Sosnowiec, Gliwice, e nella mia città natale di Wadowice.

Prima di rientrare, mi sono inginocchiato dinanzi all'icona veneranda della Vergine di Czestochowa a Jasna Gora: è stato un momento di alta emozione spirituale. A Lei, "Vergine Santa che difende la chiara Czestochowa" (cfr Mickiewicz), ho rinnovato l'affidamento della mia vita e del mio ministero petrino; a Lei ho consacrato la Chiesa che è in Polonia e nel mondo intero; da Lei ho invocato il dono prezioso della pace per tutta l'umanità e della solidarietà fra i popoli.

4. Nel corso del mio itinerario, ho avuto modo a più riprese di rendere grazie a Dio per le trasformazioni operate in Polonia negli ultimi vent'anni in nome della libertà e della solidarietà. L'ho fatto a Gdansk (Danzica), città-simbolo del movimento Solidarnosc.L'ho fatto soprattutto parlando al Parlamento della Repubblica, ove ho ricordato le pacifiche lotte degli anni Ottanta e i rivolgimenti dell'Ottantanove. I principi morali di quelle lotte devono continuare a ispirare la vita politica, perché la democrazia sia fondata su solidi valori etici: famiglia, vita umana, lavoro, educazione, cura dei deboli. In quegli stessi giorni, nei quali si rinnovava il Parlamento Europeo, ho pregato per il "vecchio" continente, perché possa continuare ad essere faro di civiltà e di autentico progresso, riscoprendo le sue radici spirituali e valorizzando appieno le potenzialità dei popoli che lo compongono dagli Urali all'Atlantico.

Inoltre, nei due incontri con il mondo accademico, a Torun e a Warszawa, mi è stato dato di porre in luce come siano migliorati i rapporti tra la Chiesa e gli ambienti scientifici, con grandi vantaggi reciproci.

In altre circostanze ho, poi, levato la voce in difesa delle persone e dei gruppi sociali più deboli: la Chiesa, mentre compie le opere di misericordia, promuove giustizia e solidarietà, seguendo gli esempi dei santi, come Edvige Regina e Alberto Chmielowski, modelli di condivisione con i più disagiati. Il progresso non può avvenire a spese dei poveri, né delle categorie economicamente meno forti, e neppure a spese dell'ambiente naturale.

5. Non è mancata occasione per ribadire che la Chiesa offre il suo contributo allo sviluppo integrale della Nazione anzitutto con la formazione delle coscienze. La Chiesa esiste per evangelizzare, cioè per annunciare a tutti che "Dio è amore" e far sì che ognuno Lo possa incontrare. Il Secondo Sinodo Plenario ha rinnovato questo impegno nella linea del Concilio Vaticano II e alla luce dei segni dei tempi, chiamando tutti i credenti a generosa corresponsabilità.

L'evangelizzazione non è credibile se, come cristiani, non ci amiamo gli uni gli altri, secondo il comandamento del Signore. A Siedlce e a Warszawa, nella memoria dei Beati Martiri della Podlasia, ho pregato insieme con i fedeli greco-cattolici per il superamento delle divisioni del secondo millennio. Ho inoltre voluto incontrare i fratelli di altre Confessioni, per rafforzare i vincoli di unità. A Drohiczyn, in una partecipata liturgia ecumenica, questa preghiera ha coinvolto Ortodossi, Luterani e altre Comunità ecclesiali non cattoliche. La necessità dell'unità della Chiesa è avvertita da tutti: dobbiamo lavorare per la sua piena realizzazione, pronti ad ammettere le colpe e a perdonarci vicendevolmente.

La mattina dell'ultimo giorno del mio pellegrinaggio mi è stato dato di celebrare l'Eucaristia nella Cattedrale di Wawel. Così, congedandomi dalla mia diletta città di Kraków, ho potuto ringraziare Dio per il millennio dell'Arcidiocesi.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle, rendiamo insieme lode al Signore per questi giorni di grazia. Ripeto quest'oggi con voi: Te Deum laudamus . . .! Sì, ti lodiamo, o Dio, per la santa Chiesa, fondata su Cristo pietra angolare, sugli apostoli e i martiri, e diffusa in ogni angolo della terra. Ti lodiamo particolarmente per la Chiesa che è in Polonia, ricca di fede e di opere di carità.

Lodiamo Te, o Maria, Madre della Chiesa e Regina della Polonia! Inserita in modo singolare nel mistero dell'Incarnazione, aiuta il tuo Popolo a vivere con fede il Grande Giubileo, e vieni in soccorso a quanti, nelle loro difficoltà, ricorrono a Te. Aiuta ognuno di noi a scegliere le realtà che non tramontano: la fede, la speranza e la carità. Aiutaci, o Madre, a vivere la carità, che di tutte è la più grande, perché "Dio è amore".



Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Saluto cordialmente il gruppo di alti Ufficiali delle Forze Armate Croate, augurando che, ispirati dalla fede, essi sappiano sempre porre le proprie qualità umane e la professionalità al servizio dell’uomo, del bene comune, della sicurezza, della libertà e della pace.

Saluto pure gli altri pellegrini croati qui venuti ed a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Rivolgo un cordiale benvenuto al gruppo di pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca.

Carissimi, vi ringrazio per la vostra visita ed auspico che questo incontro con il Successore di San Pietro valga a rinsaldare la vostra fede ed il vostro generoso impegno di testimonianza cristiana. Con questi pensieri, di cuore invoco su di voi e sui vostri cari copiose benedizioni dal cielo.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi provenienti da Námestovo e da Nitrianska Blatnica.

Carissimi pellegrini, in questi giorni si svolgono nella Slovacchia ordinazioni sacerdotali e vengono celebrate le prime sante messe dei sacerdoti ordinati.

Pregate per i novelli sacerdoti, come per tutti i sacerdoti, perché siano sacerdoti secondo il Cuore di Gesù.

Di cuore imparto la mia benedizione a tutti i sacerdoti novelli ed alla vostra Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Saluto cordialmente i pellegrini dell’Ungheria, da Sárvár.

Con intercessione dei nuovi Beati e della nuova Santa, Santa Kinga degli Arpadi, imparto la mia Benedizione Apostolica a voi e alla vostra Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua romena

Rivolgo un cordiale benvenuto ai gruppi di pellegrini delle Eparchie Greco- Cattoliche della Romania.

Carissimi, il pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli e dei martiri romani vi sia di stimolo per un sempre più generoso impegno di testimonianza cristiana nella vostra Patria.

Con questo auspicio di cuore benedico voi e le vostre famiglie.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Rivolgo ora un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i novelli sacerdoti della Diocesi di Brescia, accompagnati dai loro familiari, come pure la Comunità del Seminario Maggiore Interdiocesano della Basilicata, guidata dall'Arcivescovo Mons. Ennio Appignanesi. Carissimi, vi ringrazio per la vostra visita e, mentre vi auguro un fecondo ministero ecclesiale, invoco su ciascuno la continua assistenza del Signore, perché possiate corrispondere con fedeltà alla divina chiamata.

Saluto, poi, i fedeli della Parrocchia San Carlo di Valaperta di Casatenovo, venuti per far benedire la fiaccola votiva, il gruppo di ministranti della Parrocchia San Pietro Apostolo di Orgosolo. Saluto, inoltre, i fedeli della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, accompagnati dal loro Pastore, Mons. Gioacchino Illiano. Ben volentieri incoronerò l'effige del Bambino di Praga, venerato nella Chiesa annessa al Monastero di Santa Maria della Purità in Pagani, e benedirò la prima pietra del costruendo nuovo Santuario.

A tutti formulo fervidi voti che questo incontro valga a rinnovare propositi di generosa testimonianza cristiana.

Infine saluto i dipendenti dell'Ente ANAS, gli atleti che prendono parte ai Campionati Nazionali Sportivi Dipendenti Comunali ed i partecipanti al Convegno Europeo dei Tassisti. Auspico che queste iniziative accrescano in tutti lo spirito di fraternità e di solidarietà.

Saluto, ora, i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli.

Cari giovani, per molti vostri coetanei sono già iniziate le vacanze, mentre per altri questo è tempo di esami. Vi aiuti il Signore a vivere questo periodo con serenità, sperimentando la sua costante protezione.

Invito voi, cari ammalati, a trovare conforto nel Signore, che continua la sua opera di redenzione grazie anche alla vostra sofferenza.

A voi, cari sposi novelli, esprimo l'auspicio di scoprire il mistero di Dio che si dona per la salvezza di tutti, affinché il vostro amore sia sempre più vero, duraturo ed accogliente.

A tutti la mia Benedizione.




Mercoledì, 30 giugno 1999

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Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Abbiamo celebrato, ieri, la solennità dei Santi Pietro e Paolo. Questi due Apostoli, che la Liturgia chiama "Principi degli Apostoli", nonostante le loro diversità personali e culturali, sono stati associati dal misterioso disegno della Provvidenza divina in un'unica vicenda apostolica. E la Chiesa li congiunge in un'unica memoria.

La solennità di ieri è molto antica; la troviamo inserita nel Santorale romano ben prima di quella stessa di Natale. Nel secolo quarto era abitudine, in tale giorno, celebrare a Roma tre Sante Messe: una nella Basilica di San Pietro in Vaticano, un'altra in quella di San Paolo fuori le Mura e la terza nelle Catacombe di San Sebastiano dove, all'epoca delle invasioni, secondo la tradizione, sarebbero stati nascosti per un certo tempo i corpi dei due Apostoli.

San Pietro da pescatore di Betsaida viene scelto da Cristo come pietra fondamentale della Chiesa. San Paolo, folgorato sulla via di Damaso, da persecutore dei cristiani diventa Apostolo delle genti. Entrambi concludono la loro esistenza con il martirio nella città di Roma. Attraverso di loro, il Signore ha "dato alla Chiesa le primizie della fede cristiana" (cfr colletta della Messa in loro onore). Il Papa invoca l'autorità di queste due "colonne della Chiesa" quando, negli atti ufficiali, riferisce la tradizione alla sua sorgente, che è la Parola di Dio conservata e trasmessa dagli Apostoli. Nel docile ascolto di questa Parola, la comunità ecclesiale è resa perfetta nell'amore in unione con il Papa, con i Vescovi e tutto l'Ordine sacerdotale (cfr Preghiera eucaristica II).

2. Tra i segni, che ieri, secondo una consolidata tradizione, hanno arricchito la Liturgia da me presieduta nella Basilica Vaticana, vi è l'antico rito dell'"imposizione del Pallio". Il Pallio è una piccola fascia circolare in forma di stola, contrassegnata da sei croci. E' manufatta in lana bianca, proveniente dalla tosatura degli agnelli benedetti ogni anno il 21 gennaio, nella festività di sant'Agnese. Il Papa consegna il Pallio agli Arcivescovi Metropoliti di recente nomina. Esso esprime la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il Metropolita acquisisce di diritto nella propria provincia ecclesiastica (cfr CIC, can.
CIC 437, § 1).

Testimonianze archeologiche ed iconografiche, oltre a vari documenti scritti, permettono di risalire, nella datazione di questo rito, fino ai primi secoli dell'era cristiana. Ci troviamo, pertanto, di fronte a una tradizione antichissima, che ha praticamente accompagnato tutta la storia della Chiesa.

Tra i vari significati di questo rito, due mi sembrano emergere con maggiore chiarezza. Anzitutto lo speciale rapporto degli Arcivescovi Metropoliti con il Successore di Pietro e, di conseguenza, con Pietro stesso. E' dalla tomba dell'Apostolo, memoria permanente della sua professione di fede nel Signore Gesù, che il Pallio riceve forza simbolica: chi lo indosserà dovrà ricordare a se stesso e agli altri questo intimo e profondo legame con la persona e con la missione di Pietro. Ciò avverrà in tutte le circostanze della vita, dall'insegnamento alla guida pastorale, dalla celebrazione dei sacramenti al dialogo con la comunità.

Essi sono così chiamati ad essere tra i principali costruttori dell'unità della Chiesa, che si esprime nella professione dell'unica fede e nella fraterna carità.

3. C'è un secondo valore che l'imposizione del Pallio chiaramente sottolinea. L'agnello, che ha offerto la lana per la sua confezione, è simbolo dell'Agnello di Dio che ha preso su di sé il peccato del mondo e si è offerto in riscatto per l'umanità. Agnello e Pastore, Cristo continua a vigilare sul suo gregge e lo affida alle cure di coloro che sacramentalmente Lo rappresentano. Il Pallio, con il candore della sua lana, è richiamo all'innocenza della vita e con la sequenza delle sei croci è riferimento a una quotidiana fedeltà al Signore, fino al martirio, se necessario. Coloro che indosseranno il Pallio dovranno, pertanto, vivere una singolare e costante comunione con il Signore, caratterizzata dalla purezza delle intenzioni e delle azioni e dalla generosità del servizio e della testimonianza.

Mentre con affetto saluto gli Arcivescovi Metropoliti, che ieri hanno ricevuto il Pallio e quelli che oggi hanno voluto essere presenti a quest'Udienza, vorrei esortare tutti voi, Fratelli e Sorelle carissimi che li accompagnate, a pregare per i vostri Pastori. Affidiamo al Buon Pastore questi miei venerati Fratelli nell'Episcopato, perché crescano ogni giorno nella fedeltà al Vangelo e siano "veri modelli del gregge" (1P 5,3).

Maria, Madre della Chiesa, protegga coloro che sono stati chiamati a guidare il popolo cristiano ed ottenga a tutti i discepoli di Cristo il prezioso dono dell'amore e dell'unità.



Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese

Adesso vorrei porgere il benvenuto a tutti i pellegrini belgi e neerlandesi.

In questi giorni la Chiesa commemora la coraggiosa testimonianza di fede di tanti martiri. Auguro che il vostro pellegrinaggio al centro della Chiesa universale rafforzi la vostra fede e la vostra vocazione cristiana.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, con la grazia del Battesimo, l’uomo è chiamato alla partecipazione alla vita divina (cfr 1P 1,4). Attirato dal Padre (cfr Jn 6,44), redento dal Figlio e reso conforme alla sua immagine (cfr Rm 8,29), e santificato dallo Spirito Santo, l’uomo giusto è entrato in maniera irrevocabile nella comunione della Santissima Trinità (cfr 1Jn 1,3). E’ un dono della bontà misericordiosa del nostro Dio (cfr Lc 1,78).

Saluto cordialmente tutti i pellegrini croati qui presenti e li benedico.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi da Grinava, Limbach e Zvolen.

Carissimi fratelli e sorelle, siete venuti in pellegrinaggio alle tombe dei Santi Pietro e Paolo, la cui festa abbiamo celebrato ieri.

Che la venerazione di questi Apostoli ravvivi il vostro amore e la vostra devozione al Vicario di Cristo, al successore di Pietro ed alla Chiesa.

Di cuore benedico tutti voi e i vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovena

Benevenuti, cresimati di Kresnice e Hitic in Slovenia, che siete venuti nella Città eterna per riconfermare la vostra fedeltà a Cristo presso le tombe dei Principi degli Apostoli. Possa l’esempio del loro martirio confermarvi nella fede e rendervi generosi nella vita. Con questo augurio imparto la mia Benedizione Apostolica.

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana

Sono lieto di poter salutare i pellegrini giunti dalla Lituania: i componenti dell’Associazione degli ex-deportati, i quali parteciperanno al Convegno storico sul genocidio che si terrà a Roma e un gruppo di giovani della diocesi di Vilkaviškis.

Carissimi, vi auguro che il Signore conduca la vostra Nazione sul cammino della pace e della vera libertà, salva da ogni forma di dipendenza, soprattutto dalla dipendenza dal male e dal peccato. “Cristo - dice l’Apostolo Paolo - ci ha liberati perché restassimo liberi” (cfr Ga 5,1).

Volentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi, ai vostri cari e a tutta la vostra patria, la Lituania. Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo di sacerdoti della Diocesi di Bergamo, che ricordano il loro 25° anniversario di Ordinazione presbiterale. Carissimi, mentre vi ringrazio per la partecipazione, mi associo volentieri alla vostra letizia, invocando su di voi una rinnovata effusione di favori celesti per un sempre più generoso servizio ecclesiale.

Saluto poi le Suore dell'Istituto Figlie di San Giuseppe del Caburlotto, che in questi giorni stanno celebrando il loro Capitolo Generale e festeggiano il centocinquantesimo anniversario di fondazione. Auguro loro che, sull'esempio del loro Fondatore, il Venerabile Don Luigi Caburlotto, si impegnino con rinnovato slancio nel loro lavoro educativo e missionario.

Saluto ora i membri del gruppo di preghiera "beato Bernardo", unitamente ai giovani podisti, venuti per ricordare il 10° anniversario di beatificazione del Padre passionista Bernardo Silvestrelli e per far benedire la fiaccola votiva. Ringrazio tutti per la loro partecipazione, invocando su ciascuno la continua protezione di Dio e della Vergine Santissima.

Il mio pensiero si rivolge infine, come di consueto, ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli.

Alla solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo celebrata ieri, segue oggi la memoria liturgica dei Primi Martiri Romani. Cari giovani, imitate la loro eroica testimonianza evangelica e siate fedeli a Cristo in ogni situazione della vita, senza mai cedere a facili lusinghe e compromessi.

Incoraggio voi, cari ammalati, ad accogliere l'esempio dei Protomartiri per trasformare la vostra sofferenza in un continuo atto di donazione per amore a Dio ed ai fratelli.

Voi, cari sposi novelli, contemplando le solide basi di santità sulle quali si erge la Chiesa, sappiate aderire al progetto che il Creatore ha stabilito per la vostra vocazione, così da giungere a realizzare una unione familiare feconda e duratura.

Di cuore tutti vi benedico.

Con grande dolore ho appreso la notizia della morte di Sua Santità Karekin I, Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni. Un profondo vincolo di affetto mi legava a lui. Avendo avuto la possibilità di avvicinarlo personalmente nelle due visite che egli mi ha fatto in questi anni, ho avuto modo di ammirare la sua statura spirituale, il suo intenso amore alla Chiesa e la sua sollecitudine per l’unità di tutti i cristiani nell’unico ovile di Cristo. Avrei tanto desiderato potergli rendere una visita di fraterna amicizia, ma le circostanze non me lo hanno consentito.

Ieri, durante la solenne liturgia per la Festa dei Santi Pietro e Paolo nella Basilica Vaticana, si è pregato anche per lui. Invito ora tutti voi ad unirvi a me nella supplica al Signore per l’anima eletta di questo insigne Pastore : voglia Iddio accoglierlo con sé nella comunione dei santi del Cielo. Esprimo, al tempo stesso, le mie più sincere condoglianze alla Chiesa Madre di Etchmiadzin, alla Chiesa Armena Apostolica ed alla Nazione armena per la perdita di un così eminente Patriarca.





Catechesi 79-2005 20699