Agostino Qu. Heptateuco 6050

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Jg 13,4) Possiamo domandarci come mai alla madre di Sansone, che era sterile, nell'annunciarle che avrebbe avuto un figlio, l'angelo disse: Ma ora sta' attenta e non bere vino e siero, non mangiare sostanze impure. Che cosa infatti si deve intendere per ciò che è impuro? Non si deve forse intendere il rilassamento della disciplina che era cominciata ad introdursi in Israele e li aveva indotti a mangiare anche quelli che Dio aveva proibito tra le diverse specie di animali 152?. Perché infatti non si potrebbe pensare che gli Israeliti potessero essere molto più propensi a fare anche ciò, dato che trasgredivano la legge di Dio fino ad adorare anche gli idoli?

La madre di Sansone non rivela al marito tutto l'annuncio dell'angelo.

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Jg 13,6) Quanto al fatto che la madre di Sansone, indicando a suo marito come l'angelo le annunciò la nascita del figlio, gli disse: Gli ho chiesto d'onde venisse e non mi ha detto il suo nome, si può domandare se disse la verità, poiché ciò non si legge nel passo in cui si dice che l'angelo le parlò. Si deve però pensare che la Scrittura lì passò sotto silenzio questo particolare ma qui ricorda ciò di cui lì non aveva parlato. Anche il fatto che la madre di Sansone non dice: "gli ho chiesto come si chiamava, ma non mi ha detto il suo nome", ma dice: gli ho chiesto d'onde venisse, non sembra accordarsi con quel che segue: ma non mi disse il suo nome. Essa infatti, domandandogli di dove era, non gli aveva chiesto quale fosse il suo nome, ma qual era la sua patria o città, pensando che fosse un uomo. In realtà essa lo aveva chiamato anche uomo di Dio, tuttavia simile a un angelo per il suo aspetto e per il suo contegno. Cioè, poiché aveva visto in lui una persona splendida, come poi essa raccontò. Se però la frase si separasse così: e gli chiesi di che paese fosse e come si chiamasse, sottintendendo "gli chiesi" facendo poi seguire non me lo disse, non c'è problema, poiché l'espressione non me lo disse si può riferire a tutte e due le cose, cioè ("non mi disse") né di che paese fosse né come si chiamasse.

Sansone e il nazireato.
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Jg 13,7 Jg 5) Parimenti non si legge (nella Scrittura) quanto la medesima donna dice esserle stato detto dall'angelo, e cioè: Poiché il bambino sarà nazareno da quando sarà nel (mio) ventre fino alla sua morte, mentre non è ricordata dalla donna la frase che vi leggiamo detta dall'angelo: Egli prenderà a salvare Israele dall'oppressione dei Filistei. Essa pertanto da una parte non omise di dire qualcosa che aveva udito e dall'altra parte tuttavia si deve pensare che non riferì nulla che non aveva udito, ma che piuttosto la Scrittura non riferisce tutte le parole dell'angelo quando nel racconto lo fa intervenire a parlare con la donna. L'angelo perciò poi dice: Da quando sarà nel ventre fino alla morte, poiché nella Legge venivano chiamati nazirei coloro che avevano fatto un voto per uno spazio di tempo conforme le prescrizioni che la Scrittura riferisce date per mezzo di Mosè 153. Di qui deriva l'ordine ingiunto a Sansone che il rasoio non si accostasse ai suoi capelli e non bevesse né vino né liquori. Sansone osservò per tutta la sua vita le prescrizioni che osservavano in determinati giorni coloro che erano chiamati nazirei che avevano fatto il voto (di nazireato) e lo adempivano.

Sacrificio ed olocausto.

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Jg 13,15-16) Per il fatto che la Scrittura dice: Poiché Manoe non aveva compreso che era un angelo di Dio, è evidente che anche sua moglie aveva creduto che fosse un uomo. Dicendogli dunque: Adesso permettici di trattenerti e di prepararti un capretto alla tua presenza, lo invitò come se fosse un uomo, però per mangiare con lui il sacrificio che avrebbe fatto. Poiché " preparare un capretto " non si usa dire se non quando si fa un sacrificio. L'angelo infine gli rispose: (Anche) se mi tratterrai presso di te con la forza, non mangerò i tuoi cibi. Con ciò mostra che era stato invitato a mangiare. Di poi aggiunge: E se farai un olocausto offrilo al Signore. Disse: se farai un olocausto precisamente perché Manoe aveva detto: permetti che prepariamo in tua presenza un capretto. Ma non ogni sacrificio era un olocausto; dell'olocausto infatti non si mangiava nulla, perché si bruciava interamente, e perciò si chiamava olocausto. Ma l'angelo, anche se avrebbe rifiutato di mangiare, esortò piuttosto a fare un olocausto, non per lui tuttavia, ma al Signore, soprattutto perché in quel tempo il popolo d'Israele s'era abituato a offrire sacrifici a qualunque falsa divinità e per questo avevano offeso Dio anche allora e di conseguenza fu consegnato nelle mani dei nemici per quarant'anni 154.

Il quesito se gli uomini pensavano che nell'angelo fosse Dio o chiamavano Dio lo stesso angelo.

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Jg 13,16-23) Che significa ciò che dice Manoe a sua moglie: Morremo di sicuro poiché abbiamo visto Dio dopo che l'angelo, che parlava con loro, s'era manifestato ad essi? Naturalmente a causa della massima scritta nella Legge, che dice: Nessuno può vedere il mio volto e vivere 155. Come uomini credevano dunque di avere visto Dio per effetto di un miracolo davvero tanto grande poiché colui, che prima parlava con loro somigliante ad un uomo, ascese (al cielo) con la fiamma del sacrificio. Ma era forse Dio colui che essi riconoscevano nell'angelo oppure chiamavano "angelo" Dio stesso? Poiché sta scritto così: Allora Manoe prese il capretto e l'offerta (di farina) e li offrì sopra una pietra al Signore che compie prodigi; Manoe e sua moglie stavano a guardare. Ora avvenne che, mentre la fiamma saliva al di sopra dell'altare verso il cielo, l'angelo del Signore salì con la fiamma. Manoe e la moglie stavano guardando e caddero con la faccia a terra. E l'angelo del Signore scomparve alla vista di Manoe e di sua moglie. Manoe comprese allora che quello era l'angelo del Signore, e Manoe disse a sua moglie: " morremo senz'altro, poiché abbiamo visto Dio ". Siccome in queste ultime parole Manoe non disse: " moriremo senz'altro poiché abbiamo visto l'angelo del Signore ", ma: abbiamo visto Dio, sorge il quesito se pensavano che nell'angelo fosse Dio o chiamavano Dio lo stesso angelo. Non si può infatti supporre come terza probabilità che avessero creduto essere Dio colui che era un angelo in quanto la Scrittura dice molto chiaramente: Manoe comprese allora che era un angelo del Signore. Per qual motivo dunque avevano paura di morire? La Scrittura infatti nell'Esodo non aveva detto: " nessuno vede il volto di un angelo e vivrà ", ma il mio volto riferendo le parole di Dio. Oppure, per il fatto stesso che Manoe nella presenza dell'angelo aveva riconosciuto Dio, era rimasto talmente turbato da aver paura di morire? Poiché però la moglie gli rispose: Se il Signore avesse voluto farci morire, non avrebbe accettato dalle nostre mani né l'olocausto e il sacrificio, né ci avrebbe fatto assistere a questo spettacolo, e con ci avrebbe fatto udire tutte queste cose, pensarono forse che era stato l'angelo a ricevere il sacrificio per il fatto che lo avevano visto ascendere con la fiamma dell'altare oppure pensarono che accettò il sacrificio il Signore per il fatto che l'angelo fece in quel modo allo scopo di mostrarsi angelo? Ma qualunque di queste ipotesi sia quella giusta, l'angelo aveva tuttavia già detto: se però farai un olocausto, lo offrirai al Signore, cioè: non a me, ma al Signore. Quanto dunque al fatto che l'angelo salì al cielo con la fiamma dell'altare sembra che sia piuttosto da intendere nel senso che fosse simbolo dell'angelo del gran consiglio 156 nella natura di servo 157, cioè nell'uomo che egli avrebbe assunto e che non avrebbe accettato il sacrificio, ma sarebbe stato lui stesso il sacrificio.

Sulla frase: Sansone percosse gli stranieri la tibia sul femore.

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Jg 15,8 Jg 15,15) Che significa l'espressione della Scrittura secondo la quale Sansone percosse gli stranieri la tibia sul femore ? Chi infatti ha la tibia sopra il femore dal momento che la tibia va dal ginocchio in giù fino al calcagno? Inoltre se indicasse la parte del corpo in cui Sansone li colpì, forse che coloro, che egli percosse, erano stati colpiti tutti in una sola parte del corpo? Se ciò fosse probabile, potremmo forse immaginare che egli combattesse servendosi dello stinco di qualche animale a guisa di clava e con esso li colpisse sul femore, allo stesso modo che la Scrittura narra di lui che uccise mille uomini con una mascella d'asino. Ma, come ho detto, non è neppure probabile che nel combattimento stesse a badare a una sola parte del corpo per colpire quegli uomini; d'altra parte la Scrittura non dice: " li colpì con la tibia sul femore ", ma: colpì la tibia sopra il femore. Naturalmente questo modo di esprimersi rende oscuro il senso della frase. In questo modo è come se dicesse: Li percosse in modo assai straordinario, cioè in modo che, colpiti da stupore per la meraviglia, misero la tibia d'un piede sul femore dell'altro, come sono soliti stare seduti coloro che sono sbalorditi per la meraviglia. È come se dicesse: " Li colpì la mano alla guancia ", cioè li colpì con una strage sì grande che si misero la mano alla guancia per il doloroso stupore. Anche la traduzione fatta dall'ebraico mostra assai chiaramente che si tratta di questo senso, poiché dice così: E li percosse con una così grande strage che per lo stupore misero la gamba sopra il femore. È come se dicesse: " misero la tibia sul femore ", poiché il polpaccio è senz'altro la parte posteriore della gamba con la tibia.

Che significa ciò che Sansone dice agli uomini di Giuda.

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Jg 15,12) Che significa ciò che Sansone dice agli uomini di Giuda: Giuratemi che non mi ucciderete voi stessi, consegnatemi loro, perché non siate voi stessi a venirmi incontro? Alcuni hanno tradotto questa frase così: perché non veniate contro di me voi stessi. Ma che egli disse così per non essere ucciso da loro lo indica ciò che sta scritto nel Libro dei Re, quando Salomone ordinò che fosse ucciso un uomo dicendo: Va', va' incontro a lui 158. Questa frase non si comprende per il fatto che tra noi non si usa esprimerci così. Poiché quando le autorità militari dicono: " Va', toglilo di mezzo ", espressione che significa " uccidilo ", chi potrebbe capirne il significato, se non chi conosce l'uso di tale modo di dire? Anche tra noi il volgo suol dire: " gli abbreviò la vita " che significa " lo uccise "; ma non comprende l'espressione nessuno, se non chi è abituato a sentirla. Poiché la caratteristica generale di tutte le espressioni idiomatiche, come quella di tutte le lingue, è che non sono comprese se non s'imparano a forza di sentirle dire o di leggerle.






Agostino Qu. Heptateuco 6050