LA CONTROVERSIA ACCADEMICA 2013

Alipio è invitato ad esporre l'origine della nuova Accademia.

2013
5. 13. Rispose Alipio: "Ti sono grato che hai soddisfatto la richiesta di Licenzio e hai alleggerito me d'un peso. E poi non dovevi temere tanto tu quanto io piuttosto se, allo scopo d'esplorare il mio punto di vista poiché in altra maniera non si sarebbe potuto, tu fossi stato costretto a svelare il tuo. Ma ora non ti rincresca d'esporre quanto manca, non tanto alla domanda quanto a chi l'ha fatta, sulla differenza fra la nuova e la vecchia Accademia". "Confesso che mi dispiace proprio, dissi. Quindi fa' il favore, mentre io mi riposo un pochino, di chiarire in mia presenza le due denominazioni e di esporre l'origine della Nuova Accademia. Non posso negare che l'argomento, che ci hai richiamato alla mente, interessa la nostra disputa". "Penserei, mi rispose, che anche io abbia voluto dilazionare il tuo pranzo se non riflettessi che finora ne sei stato impedito da Licenzio e che la sua richiesta ci ha posto come limite che prima del pranzo gli si sbrogliassero le difficoltà". Voleva continuare a parlare, ma mia madre, eravamo già in casa, comincio a sospingerci alla mensa. Ci manco il tempo di dire altro.

Arcesila e la media Accademia.

2014
6. 14. Mangiammo con tanta frugalità quanto fosse sufficiente a far tacere lo stimolo della fame e ritornammo sul prato. Alipio riprese a dire: "Accetto il tuo ordine e non oso rifiutarmi. E se nulla mi sfuggirà, saro grato al tuo insegnamento e alla mia memoria. Ma se in qualche punto dovessi cadere in errore, tu lo correggerai affinché in seguito io non debba rifuggire da simile incarico. Penso che la scissione della seconda Accademia non fosse diretta contro la Vecchia Accademia, ma piuttosto contro gli stoici. E neanche si puo dire che fu una scissione poiché si doveva prendere in considerazione e risolvere un problema sollevato da Zenone. Difatti non arbitrariamente è stato ritenuto che la teoria dell'incapacità di affermare con certezza, sebbene non agitata da controversie, appartenesse al pensiero dei vecchi accademici. Ed è facile provarlo anche con l'autorità di Socrate, di Platone e degli altri filosofi dell'antichità, i quali ritenevano di difendersi dall'errore a condizione di non prestar l'assenso senza sufficiente esame. Tuttavia non tennero nelle loro scuole discussioni in proposito né da loro fu talora posto puntualmente il problema se la verità si puo raggiungere con certezza o no. Ma Zenone introduceva una tesi radicale e nuova e tendeva a dimostrare che niente si puo ritenere con. certezza se non è vero in tal maniera da distinguersi dal falso per note dissimili e che il filosofo non deve affermare in base all'opinione. Arcesila ne venne a conoscenza e affermo che non è in potere dell'uomo avere un tal tipo di conoscenza e che non si deve affidare la vita del saggio al naufragio dell'opinione. Ne concluse che non si dà apodissi per l'assenso.

Antioco d'Ascalona e la nuova Accademia.

2015
6. 15. Le cose stavano al punto che la Vecchia Accademia appariva piuttosto confermata che confutata. Ma usci fuori Antioco, discepolo di Filone, che, desideroso, come a molti sembro, più della gloria che della verità, tiro nella polemica le teorie dell'una e dell'altra Accademia. Affermava infatti che i nuovi accademici avevano tentato di accreditare un motivo nuovo e assai differente dalla dottrina degli antichi. Allo scopo invocava l'autorità dei vecchi naturalisti e degli altri grandi filosofi e si poneva in contrasto con gli stessi accademici per il fatto che pretendevano di conoscere il verosimile quando confessavano d'ignorare il vero. Aveva messo insieme parecchi argomenti, ai quali, a mio avviso, per il momento si deve passar sopra. Ed in fondo altro non affermava con la più grande insistenza se non che il filosofo puo conoscere con certezza. Ritengo che questi siano i termini della controversia fra nuovi e vecchi accademici. Che se i fatti stanno diversamente, ti pregherei, per me e per lui, d'informare meglio Licenzio. Se al contrario i fatti stanno come li ho potuti esporre io, continuate pure la disputa iniziata".

Si critica il concetto di verosimile e probabile (7, 16-13, 30)

Licenzio da fedele accademico rifugge dalla disputa.

2016
7. 16. Allora io intervenni: "Questo nostro discorso si prolunga più di quanto credessi. E tu, o Licenzio, per quanto tempo ancora approfitti della tregua? Hai udito chi sono i tuoi accademici?". Egli sorrise un po' vergognoso e piuttosto turbato dal rimprovero. "Mi dispiace, disse, di aver con tanta insistenza affermato contro Trigezio che la felicità consiste nella ricerca della verità. Il problema mi turba a tal punto da sentirmene pressoché misero, mentre a voi, se avete un po' di umanità, sembro soltanto degno di commiserazione. Ma perché mi sto tormentando scioccamente? Ovvero perché ho paura se ho la garanzia della mia buona causa? Certamente non mi lascero convincere se non dalla verità". "Ti vanno a genio, domandai, i nuovi accademici?". "Assai". "Ti sembra dunque che dicano il vero?". Stava per dir di si, ma reso più cauto da un sorriso di Alipio, esito alquanto. Quindi riprese: "Ripeti un po' la domandina?". "Ti sembra, ripetei, che gli accademici dicano il vero?". E di nuovo, dopo un lungo silenzio: "Se è vero, non so, ma è probabile. Non conosco altro che mi sia concesso di ricercare". "Ma sai che il probabile da costoro è denominato anche verosimile?". "Cosi pare". "Dunque la dottrina degli accademici è verosimile?". "Si". "E adesso, soggiunsi, sta' più attento. Se qualcuno, visto un tuo fratello, dicesse che è simile a tuo padre e non conoscesse tuo padre, non è, a tuo modo di vedere, un pazzo o uno sciocco?". Anche a questo punto tacque a lungo. Alla fine disse: "Non mi pare assurdo".

Licenzio che si diletta nello spettacolo...

2017
7. 17. Stavo per rispondergli, quando m'interruppe dicendo: "Aspetta un momentino, per favore". E poi sorridendo soggiunse: "Fin da adesso tu sei certo della vittoria, no?". Replicai: "Ammettiamo pure che ne sia certo; non per questo tu devi abbandonare la tua difesa tanto più che questa nostra disputa è stata organizzata per esercitarti e per eliminare la disposizione alla diatriba". "Ma io non ho letto, si scuso, gli accademici e non posseggo tutta la cultura con cui tu, essendone in possesso, mi attacchi". "Non avevano letto, gli risposi, gli accademici neanche coloro che per primi ne difesero la teoria. Ammettiamo che ti manchi un'ampia cultura ma non fino al punto che la tua intelligenza sia tanto incapace da farti soccombere, senza alcun attacco, ad alcune, assai poche, mie domande. Comincio a temere che, prima di quanto desidero, debba prendere il tuo posto Alipio e se egli diviene avversario non andro più avanti tanto sicuro". "Magari, proruppe, io fossi già vinto. Almeno vi udirei, una buona volta, discutere e, quel che più conta, vi osserverei. Sarebbe il più bello spettacolo che mi si possa offrire. Voi avete deciso di travasare il discorso piuttosto che versarlo fuori e raccogliete con lo stilo le parole che sgorgano dalla bocca per non lasciarle, come sta scritto, cadere in terra (Terenzio, Heaut. 242). Mi sarà dunque consentito anche di leggervi. Non so per quale motivo, ma quando si hanno sotto gli occhi in persona coloro che disputano, il dibattito penetra nella mente, se non con maggior profitto, certamente con maggior diletto".

... è rimproverato da Agostino.

2018
7. 18. "Ti ringraziamo, dissi, ma quelle tue improvvise effusioni di gioia hanno lasciato sfuggire la tua incauta frase che nessuno spettacolo più bello ti si puo offrire. Ma supponi che, qui con noi, vedessi indagare e disputare il tuo buon padre, il quale, come nessuno, data 1a lunga sete, attingerà alla filosofia con tanto godimento. Io riterrei di non essere stato mai cosi fortunato. Ma tu che proveresti finalmente, che cosa potresti dire?". A questo punto gli spuntarono le lacrime. Appena poté parlare, stese la mano e guardando il cielo esclamo: "E quando, buon Dio, potro assistere a tale avvenimento? Ma da te tutto si puo sperare". Al gesto, quasi tutti, dimenticando la disputa, ci sentimmo commuovere fino alle lacrime. Mi feci forza. Trattenendomi a stento, ripresi: "Ma coraggio e recupera le tue energie poiché da tempo ti avevo avvisato che, come futuro difensore dell'Accademia, le dovevi raccogliere da ogni dove. Non posso pensare che ora la paura ti faccia tremar le membra prima del suono della tromba (Virgilio, Aen. 11, 424) e che per essere spettatore al combattimento altrui, desideri di divenir prigioniero tanto presto". A questo punto Trigezio, dopo avere attentamente osservato che i nostri volti erano ridivenuti sereni, esclamo: "E perché questo individuo tanto perfetto non dovrebbe desiderare che Dio gli possa concedere un favore prima di averglielo chiesto? Comincia ad avere fede, o Licenzio; poiché tu che non trovi nulla da rispondere e desideri di esser vinto, a mio avviso, sei uomo di poca fede (
Mt 6,30 Mt 8,26 Mt 16,8)". Scoppiammo a ridere. E Licenzio proruppe: "E parla tu allora, uomo felice non perché possiedi la verità ma di certo perché non la ricerchi".

L'uomo della strada e il verosimile.

2019
7. 19. Fummo maggiormente rasserenati per i motti di spirito dei due giovani. Mi rivolsi a Licenzio: "Sta' attento alla domanda e riprendi il cammino, se ci riesci, con maggior sicurezza e lena". "Sono attento, rispose, per quanto mi riesce. Se quel tale che ha visto mio fratello sa, per averlo udito dire, che si rassomiglia a mio padre, se lo crede, si puo forse considerarlo un pazzo o uno stolto?". "Ma per lo meno, replicai, si puo chiamarlo un ignorante". "Non necessariamente, a meno che non presuma di averne scienza. Infatti se ammette come probabile una notizia che la pubblica voce ha frequentemente diffuso, non si puo rimproverare di sconsideratezza". Soggiunsi: "Consideriamo un tantino il fatto, e poniamocelo, per cosi dire, davanti agli occhi. Supponi che l'uomo qualunque, di cui stiamo parlando, sia presente. Tuo fratello sbuca fuori da qualche parte e quegli chiede: "Di' chi è figlio questo ragazzo?". Gli si risponde: "Di un certo Romaniano". E quegli: "Ma quanto si rassomiglia a suo padre! Come è esatto quello che ne avevo udito dire!". A questo punto tu o un altro chiede: "Lo conosci Romaniano, buon uomo?". E colui: "Oh! no; tuttavia mi sembra che gli rassomigli". C'è qualcuno che potrebbe trattenersi dal ridere?". "Non di certo", rispose Licenzio. "Allora vedi la conclusione?". "E un pezzo che la vedo. Tuttavia proprio tale conclusione voglio ascoltare da te. Bisogna a un certo punto che tu cominci a somministrare le vettovaglie a chi hai fatto prigioniero". "E perché non dovrei concludere?, affermai. Il fatto stesso grida che ugualmente sono oggetto di scherno i tuoi accademici, i quali affermano di contentarsi in questa vita del verosimile e non sanno neanche che c'è il vero".

Si respinge il concetto di verosimile come illegittimo.

2020
8. 20. Trigezio intervenne: "Mi sembra molto diversa la cautela degli accademici dalla stoltezza di quel tale di cui hai narrato. Essi infatti fondano su determinati criteri le loro affermazioni sul verosimile. Al contrario quello stolto ha dato ascolto alla voce pubblica, la cui autorevolezza è infima a tutte". "Come se, replicai, non fosse più stolto se dicesse: Non ho conosciuto affatto suo padre e non ho appreso dalla pubblica voce quanto assomiglia a suo padre, tuttavia mi sembra che gli rassomigli". "Certamente più stolto, rispose. Ma a che scopo codesto discorso?". "Ma perché, soggiunsi, sono della medesima mentalità coloro che affermano: Noi non conosciamo il vero, ma quest'oggetto che vediamo è simile a cio che non conosciamo". Mi obietto: "Essi usano il termine 'probabile'". "Come fai a dirlo?, protestai. Neghi forse che essi parlano di verosimile?". E Trigezio soggiunse: "L'ho detto allo scopo di eliminare quella similitudine. Mi sembrava infatti che la voce pubblica ingiustamente fosse stata introdotta nella nostra discussione, poiché gli accademici non solo non prestano fede ai mille ma mostruosi occhi, come fantasticano i poeti, della voce pubblica, ma neanche agli occhi dell'uomo. Ma in definitiva che avvocato sono io dell'Accademia? Ovvero con codesta discussione voi tentate forse di abbattere la mia sicurezza? Eccoti Alipio, il cui ritorno, scusa, ci permette un po' di vacanza; e noi sospettiamo che da tempo tu giustamente lo temi".

Alipio è indotto al dialogo.

2021
8. 21. Allora, nel silenzio che segui, ambedue volsero lo sguardo ad Alipio. Ed egli: "Vorrei proprio, disse, venire, secondo le mie forze, in aiuto alla vostra causa se non mi spaventasse il vostro auspicio. Ma, a meno che non m'illuda, potrei sfuggire facilmente tale timore. Ed insieme m'è di conforto che l'attuale avversario degli accademici s'è caricato del peso di Trigezio sconfitto e che ora è probabile, per vostra stessa ammissione, che riesca vincitore. Quel che temo di più e che non potro evitare è l'accusa di negligenza per abbandono del mio posto o di presunzione per avere occupato quello di un altro. Penso infatti che non vi siate dimenticati che m'è stato conferito l'incarico di giudice". Qui Trigezio interloqui: "Quello era un conto e questo è un altro. Percio ti preghiamo che accetti di esserne esonerato". "Non mi oppongo, rispose. Mentre desidero d'evitare l'accusa di negligenza e di presunzione, non devo cadere nei lacci dell'orgoglio, che è il peggiore dei vizi, qualora volessi mantenere la carica da voi conferitami più a lungo di quanto mi concedete.

Filosofia e vita.

2022
9. 22. E per questo vorrei che mi dica, o buon accusatore degli accademici, a difesa di chi tu li avversi. Temo infatti che tu intenda dimostrarti accademico ribattendo gli accademici". "Tu, come penso, gli risposi, sai bene che si danno due tipi di accusatori. Da Cicerone con rara moderazione è stato detto che egli era accusatore di Verre in maniera da essere difensore dei siciliani. Ma non ne consegue che chiunque accusa qualcuno, necessariamente difenda un altro". "Hai per lo meno un principio, egli replico, su cui la tua tesi abbia già trovato un fondamento?". "E facile rispondere alla domanda, per me soprattutto, perché non mi giunge inaspettata. Da tempo ho trattato a fondo il problema in me stesso e vi ho riflettuto sopra molto a lungo. E percio, Alipio, ascolta cio che, come credo, ti è ben noto. Io non intendo che questa discussione sia intrapresa per il gusto di discutere. Basti quanto abbiamo esposto, a titolo d'introduzione, con questi giovani. Ivi la filosofia ha liberamente quasi scherzato con noi. E percio ci siano tolte dalle mani le nozioncine per fanciulli. Si tratta della nostra vita, del nostro essere morale, del nostro spirito che tende a superare tutti gli ostacoli del mondo delle apparenze, a trionfare del piacere ritornando, per cosi dire, nel luogo della sua origine mediante il possesso della verità e a regnare, disposandosi alla temperanza, per tornare, nella raggiunta sicurezza, in cielo. Comprendi cio che intendo dire? Eliminiamo dunque ormai tutto questo. Si devono costruire armi per un forte guerriero (Virgilio, Aen. 8, 441). Non v'è cosa che sempre ho meno desiderato quanto che fra coloro, i quali son vissuti insieme per molto tempo e hanno avuto frequenti colloqui, riemerga qualche tema, dal quale possa sorgere un nuovo conflitto. Ho voluto tuttavia far trascrivere, a causa della memoria, custode non sempre fedele dei pensieri, gli argomenti delle nostre frequenti discussioni. Questi giovani dovranno imparare a riflettervi sopra e cominciare a destreggiarsi nell'attacco e nella difesa.

Il probabile è bifronte.

2023
9. 23. E tu non dovresti ignorare che non ho mai raggiunto alcun principio da ammettere con certezza e che ne sono stato impedito dalle argomentazioni e dispute degli accademici. Neanche io so come hanno potuto incutere nel mio animo l'accettazione probabile, tanto per stare alla loro terminologia, che l'uomo non puo trovare il vero. Ero divenuto del tutto pigro e indolente né osavo cercare quanto non è stato dato di raggiungere ad uomini assai dotti e perspicaci. Se io prima non otterro per me la persuasione di poter raggiungere il vero nella misura con cui essi raggiunsero la persuasione opposta, non osero iniziare la ricerca. Poi non ho una dottrina da difendere. Quindi ritira la tua domanda, per favore, e discutiamo piuttosto fra noi con tutta la possibile avvedutezza sulla possibilità di raggiungere il vero. Da parte mia, mi pare di avere già molti argomenti con cui intendo far forza contro la tesi degli accademici. Frattanto non c'è differenza fra loro e me, se non che a loro sembro probabile l'impossibilità di raggiungere il vero e per me è probabile la possibilità. Difatti l'ignoranza del vero o è una mia particolare situazione se essi fingevano, ovvero è comune a me e a loro".

Interpretazione critica del probabilismo accademico.

2024
10. 24. "Ormai, disse Alipio, vado avanti tranquillo, poiché noto che tu non sarai accusatore, ma aiuto. Tuttavia, scusami, non meniamola alle lunghe. Pertanto durante la presente indagine, in cui, come sembra, io debbo prender le parti dei due che si sono sottomessi a te, proponiamoci di non finire in un contrasto di parole. Noi stessi abbiamo sovente affermato, per tuo suggerimento e sull'autorità d'un testo di Cicerone, che tale fatto è assai disdicevole. Dunque Licenzio ha detto, se non mi sbaglio, che approvava la tesi degli accademici sulla probabilità. Tu hai replicato se sapeva che essa era da costoro denominata anche verosimiglianza. Egli te l'ha confermato senza esitazione. E so bene, poiché le ho da te apprese, che le dottrine degli accademici non ti sono sconosciute. Ed essendo esse, come ho detto, ben presenti nel tuo pensiero, non capisco proprio perché vai inseguendo delle parole". "Credimi, gli risposi, non si fa questione di parole, ma una profonda questione di idee. Non penso certo che quegli uomini fossero incapaci di attribuire i rispettivi nomi alle cose, ma son d'avviso che hanno scelto simili termini per occultare la propria filosofia ai meno capaci e per manifestarla ai più capaci. Esporro il significato, le ragioni e il modo di questa mia interpretazione dopo aver discusso quelle tesi che gli studiosi suppongono formulate da loro come avversari dell'umana conoscenza. Intanto mi accorgo con piacere che oggi il nostro discorso si è prolungato fino a questo momento allo scopo di chiarire sufficientemente ed esaurientemente i termini della nostra indagine. Era indispensabile, perché, a mio avviso, costoro furono uomini assai ponderati e riflessivi. Quindi, se per il momento rimane qualche cosa da precisare, sarà contro gli studiosi i quali ritennero che gli accademici avversavano la conoscenza certa della verità. E perché tu non abbia a pensare che io ho paura, indossero le armi anche contro di loro se propugnano le dottrine contenute nei loro libri per convinzione e non nell'intento di occultare il proprio sistema e non svelare verità considerate sacre a menti ritenute contaminate e profane. Lo farei oggi stesso se il tramonto non ci costringesse a tornare a casa". Quel giorno si disputo fino a questo punto.

Il probabile accademico...

2025
11. 25. L'indomani sorse un sole non meno sereno e tranquillo. Ma potemmo con difficoltà sbrigare le faccende domestiche. Difatti ne passammo gran parte nello scrivere lettere. Ed essendone rimaste appena due ore, ci portammo sul prato. Ci invitava la pura serenità del cielo. Ci parve quindi opportuno di non lasciar trascorrere inutilmente quel po' di tempo che restava. Arrivammo sotto il solito albero e ci fermammo. Io cominciai: "Vorrei, ragazzi, poiché non abbiamo da trattare un argomento importante, che mi richiamiate la risposta che ieri Alipio diede al piccolo problema che vi ha turbato". Mi rispose Licenzio: "E passato tanto poco tempo, che non val la pena richiamarlo, e quanto poca sia la sua importanza lo stai costatando tu stesso. Comunque ti ha pregato, dal momento che il concetto è chiaro, di non far questione di parole". Ed io di rimando: "Ma siete sufficientemente coscienti del significato e dell'importanza del concetto in parola?". "Mi pare, egli disse, di comprenderne il significato; ti prego, comunque, di chiarirlo ancora un po'. Infatti ti ho udito dire spesso che è sconveniente per chi disputa soffermarsi in questioni di parole quando non rimane alcun motivo di discussione sui concetti. Ma questo è tanto arduo che non si puo chiederne a me la spiegazione".

... come fondamento del filosofare.

2026
11. 26. "Allora, risposi, siate voi ad ascoltarne il significato. Gli accademici denominano probabile o anche verosimile cio che ci puo stimolare a compiere un atto senza apodissi. Dico senza apodissi nel senso che l'atto compiuto non è determinato dalla certezza ma che lo compiamo egualmente senza la convinzione di averne indubbia conoscenza. Ad esempio, supponiamo che qualcuno, durante la notte scorsa, tanto limpida e serena, ci avesse chiesto se fosse seguito un sole tanto splendente. Penso che avremmo risposto di non saperlo, ma che ci sembrava probabile. Tali, afferma l'accademico, mi sembrano tutte le conoscenze, che ho ritenuto opportuno denominare probabili o anche verosimili, e non ho proprio nulla in contrario se tu le vuoi denominare diversamente. Mi basta che tu abbia compreso cosa intendo dire, cioè quali significati io esprimo con questi termini. Non appartiene certamente all'essenza del filosofo coniare nuovi vocaboli ma indagare sulla ragione delle cose (Cicerone, Varro framm. 33 t. A). Avete compreso abbastanza come mi sono stati strappati di mano gli strumenti didattici con cui v'inducevo alla riflessione?". Tutte e due risposero di aver compreso e mi pregavano con l'espressione del viso di dare io stesso la risposta. Soggiunsi: "Credete forse che Cicerone, di cui sono le parole citate, fosse cosi inesperto della lingua latina da imporre alle nozioni che possedeva nomi incompetenti a significarle?".

Licenzio, transfuga dall'Accademia...

2027
12. 27. Prese allora la parola Trigezio: "Ormai non intendiamo, essendo manifesto il concetto, sollevare più opposizioni per questione di parole. Ora piuttosto pensa a rispondere ad Alipio che ci ha difeso mentre tu stai tentando di aggredirci di nuovo". Licenzio lo interruppe: "Un momento, ti prego. Mi sta venendo in mente un non so che: mi sto accorgendo che la dimostrazione non doveva esserti sottratta di mano con tanta facilità". Tacque un po', immerso nella riflessione, poi continuo: "Scusa, ma pare che non si dia fatto più assurdo dell'affermare che si fonda sul verosimile chi ignora che cos'è il vero. Insomma quella tua similitudine non mi dà più fastidio. Difatti, interrogato se dalle attuali condizioni atmosferiche sia condizionato il cadere della pioggia per il giorno successivo, giustamente rispondo che è verosimile e tuttavia non nego di conoscere qualche cosa di vero. So infatti che quest'albero ora non puo diventar d'argento e senza presunzione affermo di sapere secondo verità molte cose e noto che ad esse sono simili quelle che denomino verosimili. Frattanto perché dovrei esitare e passare all'altra parte per consegnarmi a chi spetto come prigioniero per diritto di vittoria? Pertanto tu, o Carneade, o altra peste greca, per risparmiare i latini, tu dunque, se affermi di non sapere nulla di vero, come puoi fondarti sul verosimile? Scusatemi se non ho saputo trovare altro nome. E perché dovremmo disputare con chi non puo neanche parlare?".

... confonde problematicità e sistematicità.

2028
12. 28. "Non saro io, proruppe Alipio, a temere i disertori e quanto meno li temerà il grande Carneade. Contro di lui tu hai ritenuto, non so se spinto da leggerezza giovanile o piuttosto fanciullesca, di dover lanciare oltraggi anziché un qualche argomento. Frattanto contro di te, per corroborare la propria tesi che è fondata soltanto sul probabile, gli basterebbe certamente, come argomento che noi siamo assai lontano dal vero, il fatto che tu stesso ne potresti essere una dimostrazione. Difatti ti sei lasciato tanto sbilanciare da una sola domandina al punto da ignorare completamente da quale parte ti saresti dovuto mettere. Ma rimandiamo l'argomento della tua scienza. Tu stesso hai dianzi confessato che ti è stata infusa da quest'albero. Anche se ti sei buttato con l'altro partito, tuttavia devi essere diligentemente istruito su quanto ho detto poco fa. A mio avviso, non eravamo ancora giunti al problema della possibilità di trovare il vero. Ma io ho ritenuto di dover trattare soltanto come esordio alla mia difesa il problema di fronte al quale avevo previsto la tua stanchezza e prostrazione e cioè: che non si deve fare ricerca sul verosimile o probabile o qualsiasi altra nozione, comunque si denomini, di cui gli accademici affermino che per loro è sufficiente. Che se a te pare d'essere già un genuino possessore della verità, a me non importa. In seguito, se non sarai ingrato a questa mia difesa, me le insegnerai forse tu le medesime cose".

Alipio, fedele difensore della Accademia...

2029
13. 29. A questo punto Licenzio si mostro pieno di vergogna per l'attacco di Alipio. Io intervenni: "O Alipio, hai proprio voluto pronunziarti su ogni argomento fuorché sul modo con cui dobbiamo discutere con coloro che non conoscono l'arte della parola". E quegli: "Da tempo a me e a tutti è noto che tu possiedi l'arte della parola. Ora poi lo mostri con la tua stessa professione. Vorrei pertanto che tu giustificassi, prima di tutto, l'utilità di questa tua indagine che o è superflua, come penso, e soprattutto è superfluo trovarle una risposta; ovvero, se puo sembrare utile e da me non puo essere svolta, ti supplico di non esercitare di mala voglia l'ufficio di maestro". "Ricordi, gli risposi, che ieri ho promesso di trattare in seguito dei termini in questione. Ed ora il sole mi avverte di mettere nei cesti gli strumenti didattici mostrati a questi ragazzi, tanto più che son solito mostrarli a titolo di ornamento e non a scopo di vendita. Ed ora prima che l'opera dello stilo sia impedita dalle tenebre, le quali di solito sono la difesa degli accademici, desidero che oggi stesso si stabilisca chiaramente, d'accordo fra di noi, la questione per la cui trattazione domani dobbiamo levarci. Rispondimi dunque per favore, se ritieni che gli accademici abbiano avuto una fondata dottrina sulla verità e non abbiano voluto svelarla incautamente ad individui non iniziati e non purificati, ovvero se hanno veramente teorizzato nei termini in cui si presenta storicamente la loro controversia".

... non comprende che si tratta del fondamento del filosofare.

2030
13. 30. "Con serietà, rispose Alipio, esporro la loro vera tesi. E tu conosci meglio di me, per quanto si puo rilevare dai libri, i termini con cui di solito esprimono la loro dottrina. Se poi chiedi la mia opinione personale, penso che il vero non è stato ancora raggiunto. Aggiungo inoltre, per rispondere alla tua domanda sugli accademici, di ritenere che il vero non si puo raggiungere e non tanto per una mia personale opinione, che tu hai sempre avvertito in me, ma anche per l'autorità di grandi ed eccellenti filosofi. Sono tanto la nostra debolezza quanto la loro sottigliezza, al di là della quale c'è proprio da credere non ci sia più nulla da trovare, che ci costringono, non so come, a curvare il collo". "Proprio questo volevo, dissi. Temevo infatti, se la tua opinione si accordava con la mia, che la nostra discussione rimanesse sterile. Non ci sarebbe stato nessuno dalla parte contraria a farci venire l'argomento fra le mani in maniera da analizzarlo con tutta la diligenza possibile. E se si fosse dato questo caso, ero pronto a pregarti di far tua la tesi degli accademici come se la tua interpretazione fosse che affermassero, non solo per esercizio ma anche per convinzione, l'impossibilità di raggiungere il vero. Fra noi si discute quindi se sulla base delle loro dimostrazioni è probabile che nulla si puo conoscere e che non si dà apodissi per l'assenso. Se riuscirai a dimostrarlo, cedero volentieri. Se poi riusciro io a dimostrare che è molto più probabile che il filosofante puo raggiungere la verità e che non sempre si deve sospendere l'assenso, penso che non avrai nulla in contrario per accettare la mia opinione". La mia proposta piacque a lui e ai presenti. Tornammo a casa già avvolti dalle ombre della sera.


LIBRO TERZO

L'INDAGINE CRITICA DI AGOSTINO:

IL FONDAMENTO DEL FILOSOFARE

Introduzione: Il filosofo-saggio e la fortuna (1, 1 - 2, 4)

Collegamento con la trattazione precedente.

3001
1. 1. Dopo la discussione riferita nel secondo libro, l'indomani ci adunammo nelle terme. Il tempo era troppo triste per poter scendere al prato. Cominciai in questi termini: "Penso che vi siate resi consapevoli del motivo per cui fra noi è sorta la discussione di questo problema. Ma prima che giunga alla soluzione, per quanto riguarda la parte affidatami, desidero che ascoltiate alcuni concetti sulla speranza, la vita e la norma dell'agire. Non esulano dall'argomento. Penso che la nostra occupazione vera, non futile o superflua ma necessaria e nobilissima, sia ricercare con tutto l'impegno la verità. Su questo punto c'è accordo fra me e Alipio. Difatti tutti i filosofi hanno ritenuto che il saggio da loro ideato l'ha raggiunta. Gli accademici poi hanno insegnato che il loro saggio deve compiere ogni sforzo per raggiungerla e che questa è la sua incessante attività. Ma poiché essa o non appare perché oscura o si cela perché indistinta, il saggio, agli scopi pratici della vita, deve seguire quanto appare probabile o verosimile. Tale argomento fu trattato nella nostra prima discussione. In essa uno di voi ha affermato che l'uomo è felice nel possesso della verità e l'altro nella sola ricerca incessante. Quindi per nessuno di noi esiste dubbio che non si dà occupazione da preporre a questa. E adesso, se permettete, come vi sembra che abbiamo passato il giorno di ieri? V'è stato concesso di attendere ai vostri studi. Tu, Trigezio, hai preso diletto dalla poesia di Virgilio. Licenzio ha atteso a compor versi ed è molto preso dall'amore per la poesia. Ho creduto anzi mio dovere tenere questo discorso soprattutto per lui. La filosofia deve occupare ed arrogarsi nel suo spirito un'attenzione più viva non solo della poesia ma di qualsiasi altra occupazione. E questo è il momento più opportuno.

La fortuna come soggezione al bisogno.

3002
2. 2. E me, scusate, non mi avete un po' commiserato? Ieri siamo andati a letto con l'intenzione che non ci si levasse per altro che per la disputa differita. Ma vi furono tante faccende, riguardanti la casa, che si son dovute inderogabilmente sbrigare. Occupati in esse, abbiamo potuto attendere a noi soltanto le due ultime ore del giorno. E per questo sono stato sempre dell'avviso che l'uomo saggio non ha più bisogno di nulla, ma che per divenire saggio gli è sommamente necessaria la fortuna a meno che Alipio non la pensi diversamente". Mi rispose: "Non so bene ancora quanta competenza attribuisci alla fortuna. Se ritieni che si esige la fortuna per disprezzare la fortuna stessa, allora mi associo al tuo parere. Se poi alla fortuna concedi soltanto l'elargizione dei beni che non possono esser forniti per le necessità del corpo se non col suo favore, allora non sono dello stesso avviso. In definitiva o è concesso, nonostante che essa sia decisamente sfavorevole, a chi non è ancora saggio ma è desideroso della saggezza, accaparrarsi i comodi che riteniamo indispensabili alla vita, ovvero bisogna ammettere che essa domina anche in tutta la vita del saggio. Anche il saggio infatti non puo non sentire il bisogno delle cose indispensabili al corpo".

Il filosofo saggio vince la fortuna nella vita...

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2. 3. "Tu dunque affermi, lo interruppi, che la fortuna è indispensabile per chi aspira alla saggezza e non per il saggio". "Non disdice, replico, all'argomento ripetere le stesse cose. E per questo anche adesso ti chiedo se ritieni che la fortuna puo contribuire a farsi disprezzare. Se sei di quest'avviso, affermo che chi aspira alla saggezza ha molto bisogno della fortuna". "Sono di quest'avviso, risposi, poiché proprio per suo mezzo sarà tale da poterla disprezzare. E non è assurdo. Quando siamo piccoli, ci è indispensabile l'allattamento ma per suo mezzo si ottiene che possiamo vivere e star bene senza di esso". "Mi accorgo, egli rispose, che i nostri pareri, salvo dissenso interiore, si accordano. Qualcuno tuttavia potrebbe pensare di dover discutere sul fatto che non l'allattamento e la fortuna ma qualche altra cosa rende superiori all'allattamento e alla fortuna". "Non è difficile, risposi, usare un altro esempio. Sebbene un tale si proponga soltanto la meta, non passa il mare Egeo senza nave o altro mezzo di locomozione o addirittura, perché non mi si obietti il caso di Dedalo, senza mezzi adatti allo scopo o altra occulta energia. Quando ha raggiunto la meta, è pronto ad abbandonare e disprezzare i mezzi che ve l'hanno trasportato. Cosi c'è chi vuole giungere al porto e, per cosi dire, allo stabile e tranquillo suolo della saggezza. Per tacere del resto, se fosse cieco o sordo, e cio è in potere della fortuna, non lo potrebbe. Ritengo quindi indispensabile che egli abbia al compimento del suo desiderio la fortuna favorevole. E appagatolo, sebbene è ineluttabile che abbia bisogno di alcuni beni necessari alla vita fisica, è certo tuttavia che non ne ha bisogno per essere saggio ma per rimanere in vita". "Anzi, soggiunse Alipio, se fosse cieco e sordo, giustamente, secondo me, sprezzerebbe la saggezza da raggiungere e la stessa vita per cui si cerca la saggezza".


LA CONTROVERSIA ACCADEMICA 2013