Catechesi 2005-2013 14125

Mercoledì, 14 dicembre 2005: Salmo 138,1-12 Dio vede tutto - Vespri - Mercoledì 4a settimana

14125 1. In due tappe distinte la Liturgia dei Vespri – i cui Salmi e Cantici stiamo meditando – ci propone la lettura di un inno sapienziale di limpida bellezza e di forte impatto emotivo, il Salmo 138. Quest’oggi sta davanti a noi la prima parte della composizione (cfr Ps 138,1-12), ossia le prime due strofe che esaltano rispettivamente l’onniscienza di Dio (cfr Ps 138,1-6) e la sua onnipresenza nello spazio e nel tempo (cfr Ps 138,7-12).

Il vigore delle immagini e delle espressioni ha come scopo la celebrazione del Creatore: «Se tanta è la grandezza delle opere create - afferma Teodoreto di Ciro, scrittore cristiano del V secolo - quanto grande dev’essere il loro Creatore!» (Discorsi sulla Provvidenza, 4: Collana di Testi Patristici, LXXV, Roma 1988, p. 115). La meditazione del Salmista punta soprattutto a penetrare nel mistero del Dio trascendente, eppure a noi vicino.

2. La sostanza del messaggio che egli ci offre è lineare: Dio sa tutto ed è presente accanto alla sua creatura, che a Lui non può sottrarsi. La sua non è però una presenza incombente e ispettiva; certo, il suo è anche uno sguardo severo nei confronti del male davanti al quale non è indifferente.

Tuttavia l’elemento fondamentale è quello di una presenza salvifica, capace di abbracciare tutto l’essere e tutta la storia. È in pratica lo scenario spirituale a cui san Paolo, parlando all’Areopago di Atene, allude attraverso il ricorso alla citazione di un poeta greco: «In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (Ac 17,28).

3. Il primo brano (cfr Ps 138,1-6), come si diceva, è la celebrazione dell’onniscienza divina: si ripetono, infatti, i verbi della conoscenza come «scrutare» «conoscere» «sapere» «penetrare» «comprendere» «saggezza». Come è noto, la conoscenza biblica supera il puro e semplice apprendere e capire intellettivo; è una sorta di comunione tra conoscente e conosciuto: il Signore è, quindi, in intimità con noi, durante il nostro pensare e agire.

All’onnipresenza divina è, invece, dedicato il secondo brano del nostro Salmo (cfr vv. 7-12). In esso si descrive in modo vivido l’illusoria volontà dell’uomo di sottrarsi a quella presenza. Tutto lo spazio è percorso: c’è innanzitutto l’asse verticale «cielo-inferi» (cfr Ps 138,8), a cui subentra la dimensione orizzontale, quella che va dall’aurora, cioè dall’oriente, e giunge fino «all’estremità del mare» Mediterraneo, ossia l’occidente (cfr Ps 138,9). Ogni ambito dello spazio, anche il più segreto, contiene una presenza attiva di Dio.

Il Salmista continua introducendo anche l’altra realtà in cui noi siamo immersi, il tempo, simbolicamente raffigurato dalla notte e dalla luce, dalla tenebra e dal giorno (cfr Ps 138,11-12). Anche l’oscurità, in cui è arduo procedere e vedere, è penetrata dallo sguardo e dall’epifania del Signore dell’essere e del tempo. La sua mano è sempre pronta ad afferrare la nostra per guidarci nel nostro itinerario terreno (cfr Ps 138,10). È, dunque, una vicinanza non di giudizio che incuta terrore, ma di sostegno e di liberazione.

4. Abbiamo iniziato con una citazione dello scrittore cristiano Teodoreto di Ciro. Concludiamo affidandoci ancora a lui e al suo IV Discorso sulla Provvidenza divina, perché è in ultima analisi questo il tema del Salmo. Egli si sofferma sul v. 6 in cui l’orante esclama: «Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta, e io non la comprendo». Teodoreto commenta quel passo rivolgendosi all’interiorità della coscienza e dell’esperienza personale e afferma: «Rivolto verso me stesso e diventato intimo a me stesso, allontanatomi dai clamori esterni, volli immergermi nella contemplazione della mia natura… Riflettendo su queste cose e pensando all'armonia fra la natura mortale e quella immortale, sono vinto da tanto prodigio e, non arrivando a contemplare questo mistero, riconosco la mia sconfitta; di più, mentre proclamo la vittoria della saggezza del Creatore e a lui canto inni di lode, grido: "Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta, e io non la comprendo"» (Collana di Testi Patristici, LXXV, Roma 1988, PP 116 117).

Saluti

Saluto in lingua polacca:

Do il mio benvenuto a tutti i pellegrini polacchi Giunti dalla Polonia e da diversi paesi. In modo particolare, saluto i Vescovi polacchi presenti a Roma in occasione della visita ad limina Apostolorum. Saluto i pellegrini di Zakopane e il gruppo dei giovani liceali di Bydgoszcz. Che il soggiorno a Roma aiuti tutti voi a preparare il Santo Natale. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua croata:

Di cuore saluto i pellegrini croati, particolarmente gli addetti dal Ministero degli Interni qui presenti! La pace riempia i vostri cuori, mentre siamo incamminati verso la celebrazione del Natale, e rimanga sempre con voi e con le vostre famiglie! Siano lodati Gesù e Maria!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto il pellegrinaggio della diocesi di Alessandria, guidato dal Vescovo Mons. Fernando Charrier, a conclusione del quinto centenario della nascita di S. Pio V, illustre figlio della terra alessandrina. Saluto poi i fedeli della parrocchia di S. Stefano, in Telese Terme, accompagnati dal Vescovo Mons. Michele De Rosa; i rappresentanti dell’Associazione Industriali di Grosseto, qui convenuti con il Vescovo Mons. Franco Agostinelli; gli esponenti dell’Associazione Albergatori di Cesenatico, insieme al loro Pastore Mons. Antonio Lanfranconi. Saluto inoltre la nutrita delegazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Unione Cattolica Artisti Italiani. Il mio saluto va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

L’odierna memoria di S. Giovanni della Croce ci invita, cari amici, a volgere lo sguardo del cuore al mistero nascosto in Gesù Cristo, ricordandoci che, chi veramente desidera la sapienza divina, desidera anzitutto entrare nello “spessore della croce”. Con questi sentimenti prepariamoci a vivere il Natale ormai prossimo. Buon tempo di Avvento a tutti voi!




Mercoledì, 21 dicembre 2005: Catechesi sul Mistero del Natale

21125

L'odierna Udienza generale si svolge nel clima di lieta e trepida attesa per le festività natalizie ormai imminenti. Vieni Signore Gesù! Così, in questi giorni, ripetiamo nella preghiera, predisponendo il cuore a gustare la gioia della nascita del Redentore. In particolare, in questa ultima settimana di Avvento, la liturgia accompagna e sostiene il nostro cammino interiore con ripetuti inviti ad accogliere il Salvatore, riconoscendolo nell'umile Bambino che giace in una mangiatoia.

È questo il mistero del Natale, che tanti simboli ci aiutano a meglio comprendere. Fra questi simboli c'è quello della luce, che è uno dei più ricchi di significato spirituale, e sul quale vorrei soffermarmi brevemente. La festa del Natale coincide, nel nostro emisfero, con i giorni dell'anno nei quali il sole termina la sua parabola discendente e si avvia ad allungare gradualmente il tempo di luce diurna, secondo il ricorrente susseguirsi delle stagioni. Questo ci aiuta a meglio comprendere il tema della luce che sopravanza le tenebre. È simbolo evocatore di una realtà che tocca l'intimo dell'uomo: mi riferisco alla luce del bene che vince il male, dell'amore che supera l'odio, della vita che sconfigge la morte. A questa luce interiore, alla luce divina fa pensare il Natale, che torna a riproporci l'annuncio della definitiva vittoria dell'amore di Dio sul peccato e la morte. Per questo motivo, nella Novena del Santo Natale che stiamo facendo, sono numerosi e significativi i richiami alla luce. Ce lo ricorda anche l'antifona cantata all'inizio di questo nostro incontro. Il Salvatore atteso dalle genti è salutato come "Astro sorgente", la stella che indica la via e guida gli uomini, viandanti tra le oscurità e i pericoli del mondo, verso la salvezza promessa da Dio e realizzata in Gesù Cristo.

Preparandoci a celebrare con gioia la nascita del Salvatore nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità ecclesiali, mentre una certa cultura moderna e consumistica tende a far sparire i simboli cristiani dalla celebrazione del Natale, sia impegno di tutti cogliere il valore delle tradizioni natalizie, che fanno parte del patrimonio della nostra fede e della nostra cultura, per trasmetterle alle nuove generazioni. In particolare, nel vedere strade e piazze delle città addobbate da luminarie sfolgoranti, ricordiamo che queste luci ci richiamano ad un'altra luce, invisibile agli occhi, ma non al cuore. Mentre le ammiriamo, mentre accendiamo le candele nelle Chiese o l'illuminazione del presepe e dell'albero di Natale nelle case, si apra il nostro animo alla vera luce spirituale recata a tutti gli uomini di buona volontà. Il Dio con noi, nato a Betlemme dalla Vergine Maria, è la Stella della nostra vita!

"O Astro che sorgi, splendore della luce eterna, Sole di giustizia: vieni, illumina chi giace nelle tenebre e nell'ombra di morte". Facendo nostra questa invocazione dell'odierna liturgia, chiediamo al Signore di affrettare il suo avvento glorioso in mezzo a noi, in mezzo a tutti quelli che soffrono, perché solo in Lui possono trovare appagamento le autentiche attese del cuore umano. Questo Astro di luce che non tramonta, ci comunichi la forza per seguire sempre il cammino della verità, della giustizia e dell'amore! Viviamo intensamente questi ultimi giorni, che precedono il Natale, insieme a Maria, la Vergine del silenzio e dell'ascolto. Lei, che fu totalmente avvolta dalla luce dello Spirito Santo, ci aiuti a comprendere e a vivere appieno il mistero del Natale di Cristo. Con questi sentimenti, esortandovi a mantenere vivo lo stupore interiore nella fervida attesa per la celebrazione ormai prossima della nascita del Salvatore, sono lieto di formulare fin d'ora i più cordiali auguri di un santo e lieto Natale a tutti voi qui presenti, ai vostri familiari, alle vostre comunità e a quanti vi sono cari.

Buon Natale a tutti!

Saluti

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente tutti i pellegrini polacchi. Fra qualche giorno celebriamo la vigilia del Natale e voi, nelle vostre famiglie spezzerete, con i vostri cari, il pane natalizio scambiandovi gli auguri. Che Gesù trovi sempre un posto speciale nei vostri cuori e li riempia d’amore e di pace. Auguro a tutti un buon Natale.

* * *


Con affetto, mi è gradito rivolgere il benvenuto ai numerosi pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli esponenti del Movimento Adulti Scout Cattolici; i rappresentanti della Banca Val di Chiana-Credito Cooperativo Tosco Umbro, accompagnati dal Vescovo di Motepulciano Mons. Rodolfo Cetoloni, e i soci dell’Associazione Artisti del Terzo Millennio. Saluto inoltre i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Auguro a tutti di predisporsi a vivere un santo e felice Natale, preparando il cuore a ricevere il Bambino Gesù, che viene a colmare di gioia e di pace quanti lo attendono con fede, come la Vergine Maria.

Buon Natale!




Mercoledì, 28 dicembre 2005: Salmo 138,13-18.23-24 O Dio, tu mi scruti e mi conosci - Vespri Mercoledì 4a settimana

28125

1. In questa Udienza generale del mercoledì dell’Ottava di Natale, festa liturgica dei Santi Innocenti, riprendiamo la nostra meditazione sul Salmo 138, la cui lettura orante è proposta dalla Liturgia dei Vespri in due tappe distinte. Dopo aver contemplato nella prima parte (cfr vv. 1-12) il Dio onnisciente e onnipotente, Signore dell’essere e della storia, ora questo inno sapienziale di intensa bellezza e passione punta verso la realtà più alta e mirabile dell’intero universo, l’uomo, definito come il «prodigio» di Dio (cfr v. 14). Si tratta, in realtà, di un tema profondamente in sintonia con il clima natalizio che stiamo vivendo in questi giorni, nei quali celebriamo il grande mistero del Figlio di Dio fattosi uomo per la nostra salvezza.

Dopo aver considerato lo sguardo e la presenza del Creatore che spaziano in tutto l’orizzonte cosmico, nella seconda parte del Salmo che meditiamo oggi, gli occhi amorevoli di Dio si rivolgono all’essere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo. Egli è ancora «informe» nell’utero materno: il vocabolo ebraico usato è stato inteso da qualche studioso della Bibbia come rimando all’«embrione», descritto in quel termine come una piccola realtà ovale, arrotolata, ma sulla quale si pone già lo sguardo benevolo e amoroso degli occhi di Dio (cfr v. 16).

2. Il Salmista per definire l’azione divina all’interno del grembo materno ricorre alle classiche immagini bibliche, mentre la cavità generatrice della madre è comparata alle «profondità della terra», ossia alla costante vitalità della grande madre terra (cfr v. 15).

C’e innanzitutto il simbolo del vasaio e dello scultore che «forma», plasma la sua creazione artistica, il suo capolavoro, proprio come si diceva nel libro della Genesi per la creazione dell’uomo: «Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo» (
Gn 2,7). C’è, poi, il simbolo «tessile», che evoca la delicatezza della pelle, della carne, dei nervi «intessuti» sullo scheletro osseo. Anche Giobbe rievocava con forza queste e altre immagini per esaltare quel capolavoro che è la persona umana, pur percossa e ferita dalla sofferenza: «Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte… Ricordati che come argilla mi hai plasmato… Non mi hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, d’ossa e di nervi mi hai intessuto» (Jb 10,8-11).

3. Estremamente potente è, nel nostro Salmo, l’idea che Dio di quell’embrione ancora «informe» veda già tutto il futuro: nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro. Ma appare anche la grandezza di questa piccola creatura umana non nata, formata dalle mani di Dio e circondata dal suo amore: un elogio biblico dell'essere umano dal primo momento della sua esistenza.

Noi ora vorremmo affidarci alla riflessione che san Gregorio Magno, nelle sue Omelie su Ezechiele, ha intessuto sulla frase del Salmo da noi prima commentata: «Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi e tutto era scritto nel tuo libro» (v. 16). Su quelle parole il Pontefice e Padre della Chiesa ha costruito un’originale e delicata meditazione riguardante quanti nella Comunità cristiana sono più deboli nel loro cammino spirituale.

E dice che anche i deboli nella fede e nella vita cristiana fanno parte dell'architettura della Chiesa, vi "vengono tuttavia annoverati... in virtù del buon desiderio. È vero, sono imperfetti e piccoli, tuttavia per quanto riescono a comprendere, amano Dio e il prossimo e non trascurano di compiere il bene che possono. Anche se non arrivano ancora ai doni spirituali, tanto da aprire l'anima all'azione perfetta e all'ardente contemplazione, tuttavia non si tirano indietro dall'amore di Dio e del prossimo, nella misura in cui sono in grado di capirlo. Per cui avviene che anch'essi contribuiscono, pur collocati in posto meno importante, all'edificazione della Chiesa, poiché, sebbene inferiori per dottrina, profezia, grazia dei miracoli e completo disprezzo del mondo, tuttavia poggiano sul fondamento del timore e dell'amore, nel quale trovano la loro solidità" (2, 3, 12-13, Opere di Gregorio Magno, III/2, Roma 1993, pp. 79 81).

Il messaggio di san Gregorio diventa una grande consolazione per tutti noi che procediamo spesso con fatica nel cammino della vita spirituale ed ecclesiale. Il Signore ci conosce e ci circonda tutti con il suo amore.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Nell’atmosfera del Natale e dell’ormai vicino Anno Nuovo auguro a tutti tante grazie, soprattutto il dono della pace e della gioia. Dio vi benedica!

* * *


Rivolgo un cordiale augurio natalizio ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto la Comunità dei Legionari di Cristo; i fedeli della parrocchia Santissimo Nome di Maria, in Caserta; i Volontari di Don Bosco e i rappresentanti del Comando provinciale Guardia di Finanza, di Livorno. Saluto, inoltre i giovani, i malati e gli sposi novelli.

La luce di Cristo, che nella Notte di Natale ha brillato sull’umanità, splenda su ciascuno di voi, cari amici, e vi guidi nell’impegno di una coraggiosa testimonianza cristiana.

Mi unisco, infine, al ricordo che in questi giorni accomuna le care popolazioni colpite un anno fa dallo tsunami, che ha causato innumerevoli vittime umane e ingenti danni ambientali. Preghiamo il Signore per loro e per quanti, anche in altre regioni del mondo, hanno subíto calamità naturali, e attendono ancora la nostra concreta e fattiva solidarietà.




Mercoledì, 4 gennaio 2006: Cantico cfr Col 1,3.12-20 Cristo fu generato prima di ogni creatura,

40106
è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti
Vespri - Mercoledì 4a settimana

1. In questa prima Udienza generale del nuovo anno ci soffermiamo a meditare il celebre inno cristologico contenuto nella Lettera ai Colossesi, che è quasi il solenne portale d'ingresso di questo ricco scritto paolino ed è anche un portale di ingresso in questo anno. L'Inno proposto alla nostra riflessione è incorniciato da un'ampia formula di ringraziamento (cfr vv. 3.12-14). Essa ci aiuta a creare l'atmosfera spirituale per vivere bene questi primi giorni del 2006, come pure il nostro cammino lungo l'intero arco del nuovo anno (cfr vv. 15-20).

La lode dell'Apostolo e così la nostra sale a "Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (v. 3), sorgente di quella salvezza che è descritta in negativo come "liberazione dal potere delle tenebre" (v. 13), cioè come "redenzione e remissione dei peccati" (v. 14). Essa è poi riproposta in positivo come "partecipazione alla sorte dei santi nella luce" (v. 12) e come ingresso "nel regno del Figlio diletto" (v. 13).

2. A questo punto si schiude il grande e denso Inno, che ha al centro il Cristo, del quale è esaltato il primato e l'opera sia nella creazione sia nella storia della redenzione (cfr vv. 15-20). Due sono, quindi, i movimenti del canto. Nel primo è presentato Cristo come il primogenito di tutta la creazione, Cristo, "generato prima di ogni creatura" (v. 15). Egli è, infatti, l'"immagine del Dio invisibile", e questa espressione ha tutta la carica che l'"icona" ha nella cultura d'Oriente: si sottolinea non tanto la somiglianza, ma l'intimità profonda col soggetto rappresentato.

Cristo ripropone in mezzo a noi in modo visibile il "Dio invisibile". In Lui vediamo il volto di Dio, attraverso la comune natura che li unisce. Cristo per questa sua altissima dignità precede "tutte le cose" non solo a causa della sua eternità, ma anche e soprattutto con la sua opera creatrice e provvidente: "per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... e tutte sussistono in lui" (vv. 16-17). Anzi, esse sono state create anche "in vista di lui" (v. 16). E così san Paolo ci indica una verità molto importante: la storia ha una meta, ha una direzione. La storia va verso l'umanità unita in Cristo, va così verso l'uomo perfetto, verso l'umanesimo perfetto. Con altre parole san Paolo ci dice: sì, c'è progresso nella storia. C'è - se vogliamo - una evoluzione della storia. Progresso è tutto ciò che ci avvicina a Cristo e ci avvicina così all'umanità unita, al vero umanesimo. E così, dentro queste indicazioni, si nasconde anche un imperativo per noi: lavorare per il progresso, cosa che vogliamo tutti. Possiamo farlo lavorando per l'avvicinamento degli uomini a Cristo; possiamo farlo conformandoci personalmente a Cristo, andando così nella linea del vero progresso.

3. Il secondo movimento dell'Inno (cfr
Col 1,18-20) è dominato dalla figura di Cristo salvatore all'interno della storia della salvezza. La sua opera si rivela innanzitutto nell'essere "capo del corpo, cioè della Chiesa" (v. 18): è questo l'orizzonte salvifico privilegiato nel quale si manifestano in pienezza la liberazione e la redenzione, la comunione vitale che intercorre tra il capo e le membra del corpo, ossia tra Cristo e i cristiani. Lo sguardo dell'Apostolo si protende alla meta ultima verso cui converge la storia: Cristo è "il primogenito di coloro che risuscitano dai morti" (v. 18), è colui che dischiude le porte alla vita eterna, strappandoci dal limite della morte e del male.

Ecco, infatti, quel pleroma, quella "pienezza" di vita e di grazia che è in Cristo stesso e che è a noi donata e comunicata (cfr v. 19). Con questa presenza vitale, che ci rende partecipi della divinità, siamo trasformati interiormente, riconciliati, rappacificati: è, questa, un'armonia di tutto l'essere redento nel quale ormai Dio sarà "tutto in tutti" (1Co 15,28) e vivere da cristiano vuol dire lasciarsi in questo modo interiormente trasformare verso la forma di Cristo. Si realizza la riconciliazione, la rappacificazione.

4. A questo mistero grandioso della redenzione dedichiamo ora uno sguardo contemplativo e lo facciamo con le parole di san Proclo di Costantinopoli, morto nel 446. Egli nella sua Prima omelia sulla Madre di Dio Maria ripropone il mistero della Redenzione come conseguenza dell'Incarnazione.

Dio, infatti, ricorda il Vescovo, si è fatto uomo per salvarci e così strapparci dal potere delle tenebre e ricondurci nel regno del Figlio diletto, come ricorda questo inno della Lettera ai Colossesi. "Chi ci ha redento non è un puro uomo - osserva Proclo -: tutto il genere umano infatti era asservito al peccato; ma neppure era un Dio privo di natura umana: aveva infatti un corpo. Che, se non si fosse rivestito di me, non m'avrebbe salvato. Apparso nel seno della Vergine, Egli si vestì del condannato. Lì avvenne il tremendo commercio, diede lo spirito, prese la carne" (8: Testi mariani del primo millennio, I, Roma 1988, p. 561).

Siamo, quindi, davanti all'opera di Dio, che ha compiuto la Redenzione proprio perché anche uomo. Egli è contemporaneamente il Figlio di Dio, salvatore ma è anche nostro fratello ed è con questa prossimità che Egli effonde in noi il dono divino.

È realmente il Dio con noi. Amen!

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati qui presenti! Mentre nei cuori ancora risuona il canto di gloria della notte di Natale, entri nelle vostre famiglie e nei vostri rapporti con i vicini la benedizione che dona il Re della Pace, nato una volta per rimanere sempre in mezzo a noi. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. All’inizio dell’anno nuovo chiedo a Dio che colmi voi e le vostre famiglie delle abbondanti grazie, che vi protegga con premura e vi benedica. Buon anno! Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordialissimo benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i rappresentanti dell’Associazione Maestri Cattolici, e li incoraggio a proseguire con generosità nel loro impegno di testimonianza cristiana nella scuola e nella società.

Saluto poi le Suore Domenicane di San Sisto, le Suore dell’Adorazione del Sacro Cuore e le Suore Domenicane “Ancelle del Signore”, qui convenute in occasione dei loro Capitoli Generali. Saluto, inoltre, due Istituti che ricordano il primo centenario della loro fondazione: le Suore Oblate di S. Antonio di Padova e le Suore Catechiste del Sacro Cuore. Vi auguro, care sorelle, di continuare a servire il Vangelo e la Chiesa in fedeltà al vostro rispettivo carisma.

Saluto, altresì, i ragazzi dell’Oratorio S. Giovanni Bosco in Gessate.

Un saluto speciale dirigo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Gesù, che contempliamo nel mistero del Natale, sia per tutti guida sicura nel nuovo anno, da poco iniziato. Auguri!




Aula Paolo VI


Mercoledì, 11 gennaio 2006: Salmo 143,1-8 Preghiera del Re per la vittoria e per la pace - Vespri - Giovedì 4a settimana

11016

1. Il nostro itinerario nel Salterio usato dalla Liturgia dei Vespri giunge ora a un inno regale, il Salmo 143, del quale è stata proclamata la prima parte: la Liturgia, infatti, propone questo canto suddividendolo in due momenti.

La prima parte (cfr vv. 1-8) rivela in modo netto la caratteristica letteraria di questa composizione: il Salmista ricorre a citazioni di altri testi salmici articolandoli in un nuovo progetto di canto e di preghiera.

Proprio perché il Salmo è di epoca successiva, è facile pensare che il re che viene esaltato abbia ormai i contorni non più del sovrano davidico, essendo la regalità ebraica conclusa con l'esilio babilonese del VI secolo a.C., bensì egli rappresenti la figura luminosa e gloriosa del Messia, la cui vittoria non è più un evento bellico-politico, ma un intervento di liberazione contro il male. Al "messia" - vocabolo ebraico che indica il "consacrato", come lo era il sovrano - subentra, così, il "Messia" per eccellenza, che, nella rilettura cristiana, ha il volto di Gesù Cristo, "figlio di Davide, figlio di Abramo" (
Mt 1,1).

2. L'inno si apre con una benedizione, ossia con un'esclamazione di lode rivolta al Signore, celebrato con una piccola litania di titoli salvifici: egli è la roccia sicura e stabile, è la grazia amorosa, è la fortezza protetta, il rifugio difensivo, la liberazione, lo scudo che tiene lontano ogni assalto del male (cfr Ps 143,1-2). C'è anche l'immagine marziale del Dio che addestra alla lotta il suo fedele così che sappia affrontare le ostilità dell'ambiente, le potenze oscure del mondo.

Davanti al Signore onnipotente l'orante, pur nella sua dignità regale, si sente debole e fragile. Egli emette, allora, una professione di umiltà che è formulata, come si diceva, con le parole dei Salmi 8 e 38. Egli, sente, infatti, di essere "come un soffio", simile a un'ombra passeggera, esile e inconsistente, immerso nel flusso del tempo che scorre, segnato dal limite che è proprio della creatura (cfr Ps 143,4).

3. Ecco, allora, la domanda: perché Dio si cura e si dà pensiero di questa creatura così misera e caduca? A questo interrogativo (cfr v. 3) risponde la grandiosa irruzione divina, la cosiddetta teofania che è accompagnata da un corteo di elementi cosmici e di eventi storici, orientati a celebrare la trascendenza del Re supremo dell'essere, dell'universo e della storia.

Ecco monti che fumano in eruzioni vulcaniche (cfr v. 5), folgori che sono simili a saette che disperdono i malvagi (cfr v. 6), ecco le "grandi acque" oceaniche che sono simbolo del caos dal quale è però salvato il re ad opera della stessa mano divina (cfr v. 7). Sullo sfondo rimangono gli empi che dicono "menzogne" e "giurano il falso" (cfr vv. 7-8), una raffigurazione concreta, secondo lo stile semitico, dell'idolatria, della perversione morale, del male che veramente si oppone a Dio e al suo fedele.

4. Noi ora, per la nostra meditazione, ci soffermeremo inizialmente sulla professione di umiltà che il Salmista compie e ci affideremo alle parole di Origene, il cui commento al nostro testo è giunto a noi nella versione latina di san Girolamo. "Il Salmista parla della fragilità del corpo e della condizione umana", perché "quanto alla condizione umana, l'uomo è un nulla. "Vanità delle vanità, tutto è vanità", disse l'Ecclesiaste". Ma torna allora la domanda stupita e riconoscente: ""Signore, che cos'è l'uomo per esserti manifestato a lui?"... Grande felicità per l'uomo, conoscere il proprio Creatore. In questo noi ci differenziamo dalle fiere e dagli altri animali, perché sappiamo di avere il nostro Creatore, mentre essi non lo sanno". Vale la pena meditare un po' queste parole di Origene, che vede la differenza fondamentale tra l'uomo e gli altri animali nel fatto che l'uomo è capace di conoscere Dio, il suo Creatore, che l'uomo è capace della verità, capace di una conoscenza che diventa relazione, amicizia. È importante, nel nostro tempo, che noi non dimentichiamo Dio, insieme con tutte le altre conoscenze che abbiamo acquisito nel frattempo, e sono tante! Esse diventano tutte problematiche, a volte pericolose, se manca la conoscenza fondamentale che dà senso e orientamento a tutto: la conoscenza di Dio Creatore.

Ritorniamo a Origene. Egli dice: "Non potrai salvare questa miseria che è l'uomo, se tu stesso non la prendi su di te. "Signore, piega il tuo cielo e scendi". La tua pecora sbandata non potrà guarire se non sarà messa sulle tue spalle... Queste parole sono rivolte al Figlio: "Signore, piega il tuo cielo e scendi"... Sei disceso, hai abbassato i cieli e hai steso la tua mano dall'alto, e ti sei degnato di prendere su di te la carne dell'uomo, e molti credettero in te" (Origene - Gerolamo, 74 omelie sul libro dei Salmi, Milano 1993, pp. 512-515). Per noi cristiani Dio non è più, come nella filosofia precedente il cristianesimo, una ipotesi ma è una realtà, perché Dio "ha piegato il cielo ed è sceso". Il cielo è Egli stesso, ed è sceso in mezzo a noi. Giustamente Origene vede nella parabola della pecorella smarrita, che il pastore prende sulle sue spalle, la parabola dell'Incarnazione di Dio. Sì, nell'Incarnazione Egli è sceso e ha preso sulle sue spalle la nostra carne, noi stessi. Così la conoscenza di Dio è divenuta realtà, è divenuta amicizia, comunione. Ringraziamo il Signore perché "ha piegato il suo cielo ed è sceso", ha preso sulle sue spalle la nostra carne e ci porta sulle strade della nostra vita.

Il Salmo, partito dalla nostra scoperta di essere deboli e lontani dallo splendore divino, giunge alla fine a questa grande sorpresa dell'azione divina: accanto a noi c'è Dio-Emmanuele, che per il cristiano ha il volto amoroso di Gesù Cristo, Dio fatto uomo, fattosi uno di noi.

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati, particolarmente le suore Ancelle della Carità e gli educatori di Zagabria! Il Signore che ci ha rallegrato con la sua venuta, vi custodisca saldi nella viva fede e nell’amore operoso! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Do il mio cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Polonia e dai diversi paesi. Saluto in modo particolare il gruppo folcloristico “Pilsko” ai quali auguro i migliori successi nel loro lavoro artistico. A tutti i presenti auguro un fruttuoso soggiorno a Roma e un prosperoso Anno Nuovo. Vi chiedo anche di trasmettere il mio affettuoso saluto alle vostre famiglie e alle vostre parrocchie. Sia lodato Gesù Cristo.

* * *


Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. Grazie per il vostro entusiasmo, grazie per la gioia della fede! In particolare, saluto i rappresentanti della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, che ricorda il 25° anniversario di attività, ed auguro loro di proseguire con entusiasmo nell'opera di sostegno e di recupero di quanti sono vittime della droga e dell'emarginazione.

Saluto poi il gruppo dell’Opera Romana Pellegrinaggi e i giovani del Movimento dei Focolari.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La festa del Battesimo del Signore, che ha chiuso il tempo natalizio, vi sia di stimolo, cari amici, perché nel ricordo del vostro battesimo siate pronti a testimoniare con gioia la fede in Cristo in ogni situazione, nella salute e nella malattia, in famiglia, nel lavoro e in tutti gli ambienti.


Aula Paolo VI


Mercoledì, 18 gennaio 2006: Meditazione sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

18016

«Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà» (
Mt 18,19). Questa solenne assicurazione di Gesù ai suoi discepoli sostiene anche la nostra preghiera. Ha inizio oggi la ormai tradizionale «Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani», appuntamento importante per riflettere sul dramma della divisione della comunità cristiana e domandare assieme a Gesù stesso «che tutti siano una cosa sola affinché il mondo creda» (Jn 17,21). Lo facciamo oggi anche noi qui, in sintonia con una grande moltitudine nel mondo. In effetti, la preghiera «per l’unione di tutti» coinvolge in forme, tempi e modi diversi cattolici, ortodossi e protestanti, accomunati dalla fede in Gesù Cristo, unico Signore e Salvatore.

La preghiera per l’unità fa parte di quel nucleo centrale che il Concilio Vaticano II chiama «l’anima di tutto il movimento ecumenico» (Unitatis redintegratio UR 8), nucleo che comprende appunto le preghiere pubbliche e private, la conversione del cuore e la santità di vita. Questa visione ci riporta al centro del problema ecumenico che è l’obbedienza al Vangelo per fare la volontà di Dio con il suo aiuto necessario ed efficace. Il Concilio lo ha esplicitamente segnalato ai fedeli dichiarando: «Con quanta più stretta comunione essi saranno – saremo – uniti con il Padre, con il Verbo e con lo Spirito Santo, con tanta più intima e facile azione potranno accrescere le mutue relazioni fraterne» (ibid., 7).

Gli elementi che, nonostante la divisione permanente congiungono ancora i cristiani, sostengono la possibilità di elevare una preghiera comune a Dio. Questa comunione in Cristo sorregge tutto il movimento ecumenico e indica lo scopo stesso della ricerca dell’unità di tutti i cristiani nella Chiesa di Dio. Ciò distingue il movimento ecumenico da ogni altra iniziativa di dialogo e di rapporti con altre religioni e ideologie. Anche in questo era stato preciso l’insegnamento del decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II: «A questo movimento per l’unità, chiamato ecumenico, partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù Signore e Salvatore» (ibid., 1). Le preghiere comuni che si svolgono nel mondo intero particolarmente in questo periodo, oppure attorno alla Pentecoste, esprimono inoltre la volontà di comune impegno per il ristabilimento della piena comunione di tutti i cristiani. Queste preghiere comuni «sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia dell’unità» (ibid., 8). Con tale affermazione il Concilio Vaticano II interpreta in sostanza quanto dice Gesù ai suoi discepoli ai quali assicura che se due si accorderanno sulla terra per chiedere qualcosa al Padre che è nei cieli, egli la concederà «perché» dove due o tre sono riuniti nel suo nome egli è in mezzo a loro. Dopo la resurrezione egli assicura ancora che sarà sempre con loro «tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). E’ la presenza di Gesù nella comunità dei discepoli e nella loro stessa preghiera, che ne garantisce l’efficacia. Tanto da promettere che «tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo» (Mt 18,18).

Ma non ci limitiamo ad impetrare. Possiamo anche ringraziare il Signore per la nuova situazione faticosamente creata dalle relazioni ecumeniche tra i cristiani nella ritrovata fraternità per i forti legami di solidarietà stabiliti, per la crescita della comunione e per le convergenze realizzate – certamente in modo diseguale – tra i vari dialoghi. Il futuro sta davanti a noi. Il Santo Padre Giovanni Paolo II di felice memoria – che tanto ha fatto e sofferto per la questione ecumenica – ci ha opportunamente insegnato che «riconoscere quanto Dio ha già concesso è la condizione che ci predispone a ricevere quei doni ancora indispensabili per condurre a compimento l’opera ecumenica dell’unità» (Ut unum sint UUS 41). Pertanto, fratelli e sorelle, continuiamo a pregare perché siamo consci che la santa causa del ristabilimento dell’unità dei cristiani supera le nostre povere forze umane e che l’unità in definitiva è dono di Dio.


Al termine della catechesi, il Santo Padre ha annunciato la pubblicazione della Sua prima Enciclica, dal titolo: "Deus caritas est":

In questo senso e con tali sentimenti mi recherò sulle orme di Papa Giovanni Paolo II martedì prossimo, 25 gennaio, festa della conversione dell'Apostolo delle Genti, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per pregare con i fratelli ortodossi e protestanti: pregare per ringraziare di quanto il Signore ci ha concesso; pregare perché il Signore ci guidi sulle orme dell'unità.

Nello stesso giorno, il 25 gennaio, inoltre sarà finalmente pubblicata la mia prima Enciclica, il cui titolo è già conosciuto "Deus caritas est", "Dio è amore". Il tema non è immediatamente ecumenico, ma il quadro e il sottofondo sono ecumenici, perché Dio e il nostro amore sono la condizione dell'unità dei cristiani. Sono la condizione della pace nel mondo.

In questa Enciclica vorrei mostrare il concetto di amore nelle sue diverse dimensioni. Oggi, nella terminologia che si conosce, "amore" appare spesso molto lontano da quanto pensa un cristiano se parla di carità. Da parte mia, vorrei mostrare che si tratta di un unico movimento con diverse dimensioni. L'"eros", questo dono dell'amore tra uomo e donna, viene dalla stessa fonte della bontà del Creatore, come pure la possibilità di un amore che rinuncia a sé in favore dell'altro. L'"eros" si trasforma in "agape" nella misura in cui i due si amano realmente e uno non cerca più se stesso, la sua gioia, il suo piacere, ma cerca soprattutto il bene dell'altro. E così questo, che è "eros", si trasforma in carità, in un cammino di purificazione, di approfondimento. Dalla famiglia propria si spalanca verso la più grande famiglia della società, verso la famiglia della Chiesa, verso la famiglia del mondo.

Cerco anche di dimostrare come l'atto personalissimo che ci viene da Dio sia un unico atto di amore. Esso deve anche esprimersi come atto ecclesiale, organizzativo. Se è realmente vero che la Chiesa è espressione dell'amore di Dio, di quell'amore che Dio ha per la sua creatura umana, deve essere anche vero che l'atto fondamentale della fede che crea e unisce la Chiesa e ci dà la speranza della vita eterna e della presenza di Dio nel mondo, genera un atto ecclesiale. In pratica la Chiesa, anche come Chiesa, come comunità, in modo istituzionale, deve amare.

E questa cosiddetta "Caritas" non è una pura organizzazione, come altre organizzazioni filantropiche, ma necessaria espressione dell'atto più profondo dell'amore personale con cui Dio ci ha creati, suscitando nel nostro cuore la spinta verso l'amore, riflesso del Dio Amore che ci rende sua immagine.

Prima che il testo fosse pronto e tradotto è passato del tempo. Adesso mi sembra un dono della Provvidenza, il fatto che proprio nel giorno nel quale pregheremo per l'unità dei cristiani il testo sia pubblicato. Spero che esso possa illuminare e aiutare la nostra vita cristiana.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia. Nella Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani chiediamo a Dio lo spirito dell’amore reciproco per tutti i credenti in Cristo. Crediamo alle Sue parole: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Dio benedica voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo.

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli del Vicariato del Piano di Pisa, che ringrazio per la presenza così numerosa, assicurando la mia preghiera, perché si rafforzi in loro il desiderio di conoscere e seguire Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo. Saluto, poi, i rappresentanti della Parrocchia di S. Francesco d’Assisi, in Fondi, e il Gruppo Donatori di sangue delle Poste Italiane. Grazie per la vostra generosità.

Un saluto particolare voglio rivolgere, inoltre, agli artisti del mondo circense, presenti a Roma in questi giorni, ringraziando per questa bella esibizione, li incoraggio a manifestare sempre con gioia la propria fede in Cristo.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Cari amici, durante questi giorni di preghiera per l’unità dei cristiani invito voi, cari giovani, ad essere ovunque, specialmente nei confronti dei vostri coetanei, apostoli di fedele adesione al Vangelo; chiedo a voi, cari malati, di offrire le vostre sofferenze per la piena comunione di tutti i discepoli di Cristo; esorto voi, cari sposi novelli, a diventare sempre più un cuor solo ed un’anima sola, vivendo il “comandamento dell’amore” all’interno delle vostre famiglie.


Aula Paolo VI

Mercoledì, 25 gennaio 2006: Salmo 143,9-15 Preghiera del Re - Vespri del Giovedì della 4a Settimana


Catechesi 2005-2013 14125