Catechesi 2005-2013 10306

Mercoledì delle Ceneri, 1° marzo 2006: Meditazione sul significato del tempo quaresimale

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Cari Fratelli e Sorelle,

Inizia oggi, con la Liturgia del Mercoledì delle Ceneri, l'itinerario quaresimale di quaranta giorni che ci condurrà al Triduo pasquale, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, cuore del mistero della nostra salvezza. Questo è un tempo favorevole in cui la Chiesa invita i cristiani a prendere più viva consapevolezza dell'opera redentrice di Cristo e a vivere con più profondità il proprio Battesimo. In effetti, in questo periodo liturgico il Popolo di Dio fin dai primi tempi si nutre con abbondanza della Parola di Dio per rafforzarsi nella fede, ripercorrendo l'intera storia della creazione e della redenzione.

Nella sua durata di quaranta giorni, la Quaresima possiede un'indubbia forza evocativa. Essa intende infatti richiamare alcuni tra gli eventi che hanno scandito la vita e la storia dell'Antico Israele, riproponendone anche a noi il valore paradigmatico: pensiamo, ad esempio, ai quaranta giorni del diluvio universale, che sfociarono nel patto di alleanza sancito da Dio con Noè, e così con l'umanità, e ai quaranta giorni di permanenza di Mosè sul Monte Sinai, cui fece seguito il dono delle tavole della Legge. Il periodo quaresimale vuole invitarci soprattutto a rivivere con Gesù i quaranta giorni da Lui trascorsi nel deserto, pregando e digiunando, prima di intraprendere la sua missione pubblica. Anche noi quest'oggi intraprendiamo un cammino di riflessione e di preghiera con tutti i cristiani del mondo per dirigerci spiritualmente verso il Calvario, meditando i misteri centrali della fede. Ci prepareremo così a sperimentare, dopo il mistero della Croce, la gioia della Pasqua di risurrezione.

Si compie oggi, in tutte le comunità parrocchiali, un gesto austero e simbolico: l'imposizione delle ceneri, e questo rito viene accompagnato da due pregnanti formule, che costituiscono un pressante appello a riconoscersi peccatori e a ritornare a Dio. La prima formula dice: "Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai" (cfr
Gn 3,19). Queste parole, tratte dal libro della Genesi, evocano la condizione umana posta sotto il segno della caducità e del limite, e intendono spingerci a riporre ogni speranza soltanto in Dio. La seconda formula si rifà alle parole pronunciate da Gesù all'inizio del suo ministero itinerante: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15). È un invito a porre come fondamento del rinnovamento personale e comunitario l'adesione ferma e fiduciosa al Vangelo. La vita del cristiano è vita di fede, fondata sulla Parola di Dio e da essa nutrita. Nelle prove della vita e in ogni tentazione il segreto della vittoria sta nel dare ascolto alla Parola di verità e nel rifiutare con decisione la menzogna e il male. Questo è il vero e centrale programma del tempo della Quaresima: ascoltare la parola di verità, vivere, parlare e fare la verità, rifiutare la menzogna che avvelena l'umanità ed è la porta di tutti i mali. Urge pertanto riascoltare, in questi quaranta giorni, il Vangelo, la parola del Signore, parola di verità, perché in ogni cristiano, in ognuno di noi, si rafforzi la coscienza della verità a lui donata, a noi donata, perché la viva e se ne faccia testimone. La Quaresima a questo ci stimola, a lasciar penetrare la nostra vita dalla Parola di Dio e a conoscere così la verità fondamentale: chi siamo, da dove veniamo, dove dobbiamo andare, qual è la strada da prendere nella vita. E così il periodo della Quaresima ci offre un percorso ascetico e liturgico che, mentre ci aiuta ad aprire gli occhi sulla nostra debolezza, ci fa aprire il cuore all'amore misericordioso di Cristo.

Il cammino quaresimale, avvicinandoci a Dio, ci permette di guardare con occhi nuovi ai fratelli ed alle loro necessità. Chi comincia a vedere Dio, a guardare il volto di Cristo, vede con altri occhi anche il fratello, scopre il fratello, il suo bene, il suo male, le sue necessità. Per questo la Quaresima, come ascolto della verità, è momento favorevole per convertirsi all'amore, perché la verità profonda, la verità di Dio è nello stesso tempo amore. Convertendoci alla verità di Dio, ci dobbiamo necessariamente convertire all'amore. Un amore che sappia fare proprio l'atteggiamento di compassione e di misericordia del Signore, come ho voluto ricordare nel Messaggio per la Quaresima, che ha per tema le parole evangeliche: "Gesù, vedendo le folle, ne provò compassione" (Mt 9,36). Consapevole della propria missione nel mondo, la Chiesa non cessa di proclamare l'amore misericordioso di Cristo, che continua a volgere lo sguardo commosso sugli uomini e sui popoli d'ogni tempo. "Dinanzi alle terribili sfide della povertà di tanta parte dell'umanità - ho scritto nel citato Messaggio quaresimale -, l'indifferenza e la chiusura nel proprio egoismo si pongono in un contrasto intollerabile con lo "sguardo di Cristo". Il digiuno e l'elemosina, che, insieme con la preghiera, la Chiesa propone in modo speciale nel periodo della Quaresima, sono occasione propizia per conformarci a quello "sguardo"" (L'Oss. Rom. Rm 1 febbraio 2006, p. 5), allo sguardo di Cristo, e vedere noi stessi, l'umanità, gli altri con questo suo sguardo. Con questo spirito entriamo nel clima austero ed orante della Quaresima, che è proprio un clima di amore per il fratello.

Siano giorni di riflessione e di intensa preghiera, in cui ci lasciamo guidare dalla Parola di Dio, che abbondantemente la liturgia ci propone. La Quaresima sia, inoltre, un tempo di digiuno, di penitenza e di vigilanza su noi stessi, persuasi che la lotta al peccato non termina mai, poiché la tentazione è realtà d'ogni giorno e la fragilità e l'illusione sono esperienze di tutti. La Quaresima sia, infine, attraverso l'elemosina, il fare del bene agli altri, occasione di sincera condivisione dei doni ricevuti con i fratelli e di attenzione ai bisogni dei più poveri e abbandonati. In questo itinerario penitenziale ci accompagni Maria, la Madre del Redentore, che è maestra di ascolto e di fedele adesione a Dio. La Vergine Santissima ci aiuti ad arrivare, purificati e rinnovati nella mente e nello spirito, a celebrare il grande mistero della Pasqua di Cristo. Con questi sentimenti, auguro a tutti una buona e fruttuosa Quaresima.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Fratelli e Sorelle dalla Polonia e dall’estero. Vi do un cordiale benvenuto. Iniziamo il periodo di Quaresima. È un tempo di preghiera, di penitenza e di metanoia. Che Maria Santissima, che seppe stare ai piedi della Croce di Gesù, vi orienti nella trasformazione della vostra vita personale, famigliare e sociale. Vi auguro di raggiungere un profondo discernimento e di ricevere molti frutti spirituali in questo periodo quaresimale. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale saluto ai professori e agli allievi dell'Accademia Commerciale di Praga. Oggi, con l'imposizione delle sacre ceneri, stiamo entrando nella Quaresima, tempo prezioso di preghiera e di penitenza, che ci porta alla conversione. Cogliamo con profitto questo tempo di grazia! Volentieri vi benedico tutti. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Saluto i carissimi cresimandi dalla Missione Cattolica Croata di München! Riempiti dello Spirito Santo, siate nel mondo i testimoni della gioiosa e fedele amicizia con Cristo. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Do un cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti da Bratislava, Košice, Gaboltov, come pure alla Koinonia Giovanni Battista. Fratelli e sorelle, lapostolo Paolo invita: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.” Sentiamo all’inizio della Quaresima questo richiamo rivolto personalmente a ciascuno di noi ed eseguiamolo con generosità. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente voi, cari fedeli di lingua ungherese. Questo pellegrinaggio a Roma Vi conforti nella fede. Di cuore imparto a voi la Benedizione Apostolica!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i partecipanti alla Riunione Plenaria del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, accompagnati da Monsignor Walter Brandmüller. Cari amici, grazie per il servizio che rendete alla Santa Sede nel campo internazionale degli studi storici; proseguite il vostro cammino di ricercatori, in spirito di fedeltà alla Chiesa e alla verità storica.

Saluto poi voi, rappresentanti dell'Ordine Antoniano Maronita, venuti a farmi visita in occasione del primo centenario di fondazione del Collegio Sant'Isaia in Roma, ed auguro a voi tutti di rinnovare i vostri propositi di adesione al Vangelo e alla Chiesa.

Il mio pensiero va inoltre alla Comunità del Seminario interdiocesano di Taranto. Cari seminaristi, vi invito a fondare la vostra esistenza sulla salda roccia della Parola di Dio, per essere coraggiosi annunciatori del Vangelo di Cristo in questo nostro tempo.

Porgo, infine, il mio saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il tempo quaresimale, che oggi iniziamo, conduca ciascuno ad una conoscenza sempre più intima di Cristo, perché possiate nelle diverse situazioni in cui vi trovate, avere i suoi stessi sentimenti e fare tutto in comunione con Lui.


Piazza San Pietro

Mercoledì, 15 marzo 2006: La volontà di Gesù sulla Chiesa e la scelta dei Dodici

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Cari fratelli e sorelle,

dopo le catechesi sui Salmi e sui Cantici delle Lodi e dei Vespri, vorrei dedicare i prossimi incontri del mercoledì al mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa, considerandolo a partire dall'esperienza degli Apostoli, alla luce del compito ad essi affidato. La Chiesa è stata costituita sul fondamento degli Apostoli come comunità di fede, di speranza e di carità. Attraverso gli Apostoli, risaliamo a Gesù stesso. La Chiesa cominciò a costituirsi quando alcuni pescatori di Galilea incontrarono Gesù, si lasciarono conquistare dal suo sguardo, dalla sua voce, dal suo invito caldo e forte: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini!" (
Mc 1,17 Mt 4,19). Il mio amato Predecessore, Giovanni Paolo II, ha proposto alla Chiesa, all'inizio del terzo millennio, di contemplare il volto di Cristo (cfr Novo millennio ineunte NM 16 ss). Muovendomi nella stessa direzione, nelle catechesi che oggi comincio vorrei mostrare come proprio la luce di quel Volto si rifletta sul volto della Chiesa (cfr Lumen gentium LG 1), nonostante i limiti e le ombre della nostra umanità fragile e peccatrice. Dopo Maria, riflesso puro della luce di Cristo, sono gli Apostoli, con la loro parola e la loro testimonianza, a consegnarci la verità di Cristo. La loro missione non è tuttavia isolata, ma si colloca dentro un mistero di comunione, che coinvolge l'intero Popolo di Dio e si realizza a tappe, dall'antica alla nuova Alleanza.

Va detto in proposito che si fraintende del tutto il messaggio di Gesù se lo si separa dal contesto della fede e della speranza del popolo eletto: come il Battista, suo immediato precursore, Gesù si rivolge anzitutto a Israele (cfr Mt 15,24), per farne la "raccolta" nel tempo escatologico giunto con lui. E come quella di Giovanni, così la predicazione di Gesù è al tempo stesso chiamata di grazia e segno di contraddizione e di giudizio per l'intero popolo di Dio. Pertanto, sin dal primo momento della sua attività salvifica Gesù di Nazaret tende a radunare il Popolo di Dio. Anche se la sua predicazione è sempre un appello alla conversione personale, egli in realtà mira continuamente alla costituzione del Popolo di Dio che è venuto a radunare, a purificare ed a salvare. Risulta perciò unilaterale e priva di fondamento l'interpretazione individualistica, proposta dalla teologia liberale, dell'annuncio che Cristo fa del Regno. Essa è così riassunta nell'anno 1900 dal grande teologo liberale Adolf von Harnack nelle sue lezioni su L'essenza del cristianesimo: "Il regno di Dio viene, in quanto viene in singoli uomini, trova accesso alla loro anima ed essi lo accolgono. Il regno di Dio è la signoria di Dio, certo, ma è la signoria del Dio santo nei singoli cuori" (Lezione Terza, 100s). In realtà, questo individualismo della teologia liberale è un'accentuazione tipicamente moderna: nella prospettiva della tradizione biblica e nell'orizzonte dell'ebraismo, in cui l'opera di Gesù si colloca pur con tutta la sua novità, risulta chiaro che tutta la missione del Figlio fatto carne ha una finalità comunitaria: Egli è venuto proprio per unire l'umanità dispersa, è venuto proprio per raccogliere, per unire il popolo di Dio.

Un segno evidente dell'intenzione del Nazareno di radunare la comunità dell'alleanza, per manifestare in essa il compimento delle promesse fatte ai Padri, che parlano sempre di convocazione, di unificazione, di unità, è l'istituzione dei Dodici. Abbiamo sentito il Vangelo su questa istituzione dei Dodici. Ne leggo ancora una volta la parte centrale: "Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici..." (Mc 3,13-16 cfr Mt 10,1-4 Lc 6,12-16). Nel luogo della rivelazione, "il monte", Gesù, con iniziativa che manifesta assoluta consapevolezza e determinazione, costituisce i Dodici perché siano con lui testimoni e annunciatori dell'avvento del Regno di Dio. Sulla storicità di questa chiamata non ci sono dubbi, non solo in ragione dell'antichità e della molteplicità delle attestazioni, ma anche per il semplice motivo che vi compare il nome di Giuda, l'apostolo traditore, nonostante le difficoltà che questa presenza poteva comportare per la comunità nascente. Il numero Dodici, che richiama evidentemente le dodici tribù d'Israele, rivela già il significato di azione profetico-simbolica implicito nella nuova iniziativa di rifondare il popolo santo. Tramontato da tempo il sistema delle dodici tribù, la speranza d'Israele ne attendeva la ricostituzione come segno dell'avvento del tempo escatologico (si pensi alla conclusione del libro di Ezechiele: 37, 15-19; 39, 23-29; 40-48). Scegliendo i Dodici, introducendoli ad una comunione di vita con sé e rendendoli partecipi della sua missione di annuncio del Regno in parole ed opere (cfr Mc 6,7-13 Mt 10,5-8 Lc 9,1-6 Lc 6,13), Gesù vuol dire che è arrivato il tempo definitivo in cui si costituisce di nuovo il popolo di Dio, il popolo delle dodici tribù, che diventa adesso un popolo universale, la sua Chiesa.

Con la loro stessa esistenza i Dodici - chiamati da provenienze diverse - diventano un appello a tutto Israele perché si converta e si lasci raccogliere nell'alleanza nuova, pieno e perfetto compimento di quella antica. L'aver affidato ad essi nella Cena, prima della sua Passione, il compito di celebrare il suo memoriale, mostra come Gesù volesse trasferire all'intera comunità nella persona dei suoi capi il mandato di essere, nella storia, segno e strumento del raduno escatologico, in lui iniziato. In un certo senso possiamo dire che proprio l'Ultima Cena è l'atto della fondazione della Chiesa, perché Egli dà se stesso e crea così una nuova comunità, una comunità unita nella comunione con Lui stesso. In questa luce, si comprende come il Risorto conferisca loro - con l'effusione dello Spirito - il potere di rimettere i peccati (cfr Jn 20,23). I dodici Apostoli sono così il segno più evidente della volontà di Gesù riguardo all'esistenza e alla missione della sua Chiesa, la garanzia che fra Cristo e la Chiesa non c'è alcuna contrapposizione: sono inseparabili, nonostante i peccati degli uomini che compongono la Chiesa. È pertanto del tutto inconciliabile con l'intenzione di Cristo uno slogan di moda alcuni anni fa: "Gesù sì, Chiesa no". Questo Gesù individualistico scelto è un Gesù di fantasia. Non possiamo avere Gesù senza la realtà che Egli ha creato e nella quale si comunica. Tra il Figlio di Dio fatto carne e la sua Chiesa v'è una profonda, inscindibile e misteriosa continuità, in forza della quale Cristo è presente oggi nel suo popolo. È sempre contemporaneo a noi, è sempre contemporaneo nella Chiesa costruita sul fondamento degli Apostoli, è vivo nella successione degli Apostoli. E questa sua presenza nella comunità, nella quale Egli stesso si dà sempre a noi, è motivo della nostra gioia. Sì, Cristo è con noi, il Regno di Dio viene.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Oggi ho parlato dell’unità tra Cristo e la Chiesa, che si esprime nella missione degli Apostoli e dei loro successori, i Vescovi. Vi auguro, che la visita alle tombe degli Apostoli nella Città Eterna rafforzi in voi la coscienza di quest’unità. Dio benedica voi e le vostre famiglie!

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di Cervený Kostelec! Carissimi, in questo tempo di Quaresima chiediamo al Signore una vera e profonda conversione. Con questi voti benedico di cuore voi e i vostri cari! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Carissimi pellegrini croati, in questo tempo favorevole di Quaresima siano i vostri cuori ancora più aperti alle necessità dei vicini che si trovano nel bisogno, rendendo così testimonianza con la vostra vita a Cristo, che si è consegnato per noi amandoci fino alla fine. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovena:

Saluto voi, cari fedeli provenienti da Posavje e dalle altre parti della Slovenia! Il vostro impegno quaresimale e questo vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, accrescano la vostra fede, la speranza e l’amore cristiano. Di cuore vi imparto la mia Benedizione!

Saluto in lingua ungherese:

Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli ungheresi, specialmente a coloro che sono arrivati da Tusnádfürdo. Auspicando che nella Quaresima possiate prepararvi degnamente alla celebrazione di Pasqua, imparto di cuore a tutti voi la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli di Montecastrilli, dove sono stato una volta, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Giovanni Scanavino, e quelli di San Secondino in Troia, accompagnati dal loro Pastore Mons. Francesco Zerrillo. Saluto poi i coscritti provenienti da Uboldo e i rappresentanti degli Istituti scolastici cattolici di Busto Arsizio.

Saluto inoltre i rappresentanti dell'Unione cristiana imprenditori dirigenti, come anche il Consiglio nazionale dei Periti industriali, qui convenuti con l'Arcivescovo Mons. Gianni Danzi.

Tutti esorto ad una coerente testimonianza cristiana nei diversi ambiti di vita e di lavoro.

Rivolgo, infine, un affettuoso saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, incoraggiandoli a proseguire con impegno nell'itinerario quaresimale. La grazia di questo singolare tempo liturgico vi aiuti, cari amici, ad imitare l'adesione filiale di Gesù alla volontà del Padre.




Piazza San Pietro


Mercoledì, 22 marzo 2006 - Gli Apostoli, testimoni e inviati di Cristo

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Cari fratelli e sorelle,

la Lettera agli Efesini ci presenta la Chiesa come una costruzione edificata "sul fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (
Ep 2,29). Nell'Apocalisse il ruolo degli Apostoli, e più specificamente dei Dodici, è chiarito nella prospettiva escatologica della Gerusalemme celeste, presentata come una città le cui mura "poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello" (Ap 21,14). I Vangeli concordano nel riferire che la chiamata degli Apostoli segnò i primi passi del ministero di Gesù, dopo il battesimo ricevuto dal Battista nelle acque del Giordano.

Stando al racconto di Marco (Mc 1,16-20) e di Matteo (Mt 4,18-22), lo scenario della chiamata dei primi Apostoli è il lago di Galilea. Gesù ha da poco cominciato la predicazione del Regno di Dio, quando il suo sguardo si posa su due coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. Sono pescatori, impegnati nel loro lavoro quotidiano. Gettano le reti, le riassettano. Ma un'altra pesca li attende. Gesù li chiama con decisione ed essi con prontezza lo seguono: ormai saranno "pescatori di uomini" (cfr Mc 1,17 Mt 4,19). Luca, pur seguendo la medesima tradizione, ha un racconto più elaborato (Lc 5,1-11). Esso mostra il cammino di fede dei primi discepoli, precisando che l'invito alla sequela giunge loro dopo aver ascoltato la prima predicazione di Gesù e sperimentato i primi segni prodigiosi da lui compiuti. In particolare, la pesca miracolosa costituisce il contesto immediato e offre il simbolo della missione di pescatori di uomini, ad essi affidata. Il destino di questi "chiamati", d'ora in poi, sarà intimamente legato a quello di Gesù. L'apostolo è un inviato, ma, prima ancora, un "esperto" di Gesù.

Proprio questo aspetto è messo in evidenza dall'evangelista Giovanni fin dal primo incontro di Gesù con i futuri Apostoli. Qui lo scenario è diverso. L'incontro si svolge sulle rive del Giordano. La presenza dei futuri discepoli, venuti anch'essi, come Gesù, dalla Galilea per vivere l'esperienza del battesimo amministrato da Giovanni, fa luce sul loro mondo spirituale. Erano uomini in attesa del Regno di Dio, desiderosi di conoscere il Messia, la cui venuta era annunciata come imminente. Basta ad essi l'indicazione di Giovanni Battista che addita in Gesù l'Agnello di Dio (cfr Jn 1,36), perché sorga in loro il desiderio di un incontro personale con il Maestro. Le battute del dialogo di Gesù con i primi due futuri Apostoli sono molto espressive. Alla domanda: "Che cercate?", essi rispondono con un'altra domanda: "Rabbì (che significa Maestro), dove abiti?". La risposta di Gesù è un invito: "Venite e vedrete" (cfr Jn 1,38-39). Venite per poter vedere. L'avventura degli Apostoli comincia così, come un incontro di persone che si aprono reciprocamente. Comincia per i discepoli una conoscenza diretta del Maestro. Vedono dove abita e cominciano a conoscerlo. Essi infatti non dovranno essere annun-ciatori di un'idea, ma testimoni di una persona. Prima di essere mandati ad evangelizzare, dovranno "stare" con Gesù (cfr Mc 3,14), stabilendo con lui un rapporto personale. Su questa base, l'evangelizzazione altro non sarà che un annuncio di ciò che si è sperimentato e un invito ad entrare nel mistero della comunione con Cristo (cfr 1Jn 1,3).

A chi saranno inviati gli Apostoli? Nel Vangelo Gesù sembra restringere al solo Israele la sua missione: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa d'Israele" (Mt 15,24). In maniera analoga egli sembra circoscrivere la missione affidata ai Dodici: "Questi Dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: "Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele"" (Mt 10,5s.). Una certa critica moderna di ispirazione razionalistica aveva visto in queste espressioni la mancanza di una coscienza universalistica del Nazareno. In realtà, esse vanno comprese alla luce del suo rapporto speciale con Israele, comunità dell'alleanza, nella continuità della storia della salvezza. Secondo l'attesa messianica le promesse divine, immediatamente indirizzate ad Israele, sarebbero giunte a compimento quando Dio stesso, attraverso il suo Eletto, avrebbe raccolto il suo popolo come fa un pastore con il gregge: "Io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda... Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore; io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide mio servo sarà principe in mezzo a loro" (Ez 34,22-24). Gesù è il pastore escatologico, che raduna le pecore perdute della casa d'Israele e va in cerca di esse, perché le conosce e le ama (cfr Lc 15,4-7 e Mt 18,12-14; cfr anche la figura del buon pastore in Jn 10,11ss.). Attraverso questa "raccolta" il Regno di Dio si annuncia a tutte le genti: "Fra le genti manifesterò la mia gloria e tutte le genti vedranno la giustizia che avrò fatta e la mano che avrò posta su di voi" (Ez 39,21).

E Gesù segue proprio questo filo profetico. Il primo passo è la "raccolta" del popolo di Israele, perché così tutte le genti chiamate a radunarsi nella comunione col Signore, possano vedere e credere. Così, i Dodici, assunti a partecipare alla stessa missione di Gesù, cooperano col Pastore degli ultimi tempi, andando anzitutto anche loro dalle pecore perdute della casa d'Israele, rivolgendosi cioè al popolo della promessa, il cui raduno è il segno di salvezza per tutti i popoli, l'inizio dell'universalizzazione dell'Alleanza. Lungi dal contraddire l'apertura universalistica dell'azione messianica del Nazareno, l'iniziale restringimento ad Israele della missione sua e dei Dodici ne diventa così il segno profetico più efficace. Dopo la passione e la risurrezione di Cristo tale segno sarà chiarito: il carattere universale della missione degli Apostoli diventerà esplicito. Cristo invierà gli Apostoli "in tutto il mondo" (Mc 16,15), a "tutte le nazioni" (Mt 28,19 Lc 24,47, "fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). E questa missione continua. Continua sempre il mandato del Signore di riunire i popoli nell'unità del suo amore. Questa è la nostra speranza e questo è anche il nostro mandato: contribuire a questa universalità, a questa vera unità nella ricchezza delle culture, in comunione con il nostro vero Signore Gesù Cristo.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia e da altri Paesi. In modo particolare do benvenuto agli scout di Opatow. A tutti auguro che il pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli porti il consolidamento nella fede, nella speranza e nella carità. Dio vi benedica!

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di Znojmo e dintorni! Carissimi, in questo clima spirituale della Quaresima chiediamo al Signore una vera e profonda conversione. Con questi voti benedico di cuore voi e i vostri cari! Sia lodato Gesù Cristo!

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APPELLO

Ricorre dopodomani, 24 marzo, la Giornata mondiale, promossa dalle Nazioni Unite, per la lotta contro la Tubercolosi. Essa è un’occasione propizia per sollecitare un rinnovato impegno a livello globale, affinchè siano rese disponibili le risorse necessarie per curare questi nostri fratelli ammalati, che spesso vivono anche in situazione di grande povertà. Incoraggio le iniziative di assistenza e di solidarietà nei loro confronti, auspicando che ad essi siano sempre assicurate dignitose condizioni di vita.

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare saluto con affetto i fedeli della diocesi di Como, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Alessandro Maggiolini, come anche quelli della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, qui convenuti con il loro Pastore Mons. Alberto Careggio. Saluto poi i rappresentanti della Fondazione Carlo Manziana di Crema, guidati dal Vescovo Mons. Oscar Cantoni; i fedeli di Morazzone e di Borgolavezzaro.

Cari amici, formulo fervidi voti che questo incontro sia per tutti uno stimolo a riaffermare la propria fervida adesione agli insegnamenti del Vangelo, testimoniando coerentemente i perenni valori cristiani nella vita di ogni giorno.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, presenti così numerosi - vediamo e sentiamo come sono numerosi - ai malati e agli sposi novelli. Nel clima spirituale della Quaresima che stiamo vivendo, tempo di conversione e di riconciliazione, vi invito a seguire l'esempio di Gesù Maestro per essere fedeli annunciatori del suo messaggio salvifico.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 29 marzo 2006 - Il dono della "Comunione"

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Cari fratelli e sorelle,

attraverso il ministero apostolico la Chiesa, comunità radunata dal Figlio di Dio venuto nella carne, vivrà nel succedersi dei tempi edificando e nutrendo la comunione in Cristo e nello Spirito, alla quale tutti sono chiamati e nella quale possono fare esperienza della salvezza donata dal Padre. I Dodici – come dice il Papa Clemente, terzo Successore di Pietro, alla fine del I° secolo - ebbero cura, infatti, di costituirsi dei successori (cfr 1 Clem 42,4), affinché la missione loro affidata continuasse dopo la loro morte. Nel corso dei secoli la Chiesa, organicamente strutturata sotto la guida dei legittimi Pastori, ha così continuato a vivere nel mondo come mistero di comunione, nel quale si rispecchia in qualche misura la stessa comunione trinitaria, il mistero di Dio stesso.

Già l’apostolo Paolo accenna a questa suprema sorgente trinitaria, quando augura ai suoi cristiani: “La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi” (
2Co 13,13). Queste parole, probabile eco del culto della Chiesa nascente, evidenziano come il dono gratuito dell'amore del Padre in Gesù Cristo si realizzi e si esprima nella comunione attuata dallo Spirito Santo. Questa interpretazione, basata sullo stretto parallelismo che il testo stabilisce fra i tre genitivi (“la grazia del Signore Gesù Cristo … l’amore di Dio … e la comunione dello Spirito Santo”), presenta la “comunione” come dono specifico dello Spirito, frutto dell'amore donato da Dio Padre e della grazia offerta dal Signore Gesù.

Peraltro, il contesto immediato, caratterizzato dall'insistenza sulla comunione fraterna, ci orienta a vedere nella “koinonía” dello Spirito Santo non solo la “partecipazione” alla vita divina quasi singolarmente, ognuno per sé, ma anche logicamente la “comunione” tra i credenti che lo Spirito stesso suscita come suo artefice e principale agente (cfr Ph 2,1). Si potrebbe affermare che grazia, amore e comunione, riferiti rispettivamente al Cristo, al Padre e allo Spirito, sono aspetti diversi dell'unica azione divina per la nostra salvezza, azione che crea la Chiesa e fa della Chiesa – come dice san Cipriano nel III° secolo - "un popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (De Orat. Dom., 23: PL 4,536, cit. in Lumen gentium LG 4).

L’idea della comunione come partecipazione alla vita trinitaria è illuminata con particolare intensità nel Vangelo di Giovanni, dove la comunione d'amore che lega il Figlio al Padre e agli uomini è al tempo stesso il modello e la sorgente della comunione fraterna, che deve unire i discepoli fra loro: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Jn 15,12 cfr Jn 13,34). “Che essi siano uno, come noi siamo uno” (Jn 17,21 Jn 17,22). Quindi, comunione degli uomini col Dio Trinitario e comunione degli uomini tra loro. Nel tempo del pellegrinaggio terreno il discepolo, mediante la comunione col Figlio, può già partecipare della vita divina di Lui e del Padre: “La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1Jn 1,3). Questa vita di comunione con Dio e fra noi è la finalità propria dell'annuncio del Vangelo, la finalità della conversione al cristianesimo: “Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Jn 1,2). Quindi, questa duplice comunione con Dio e tra di noi è inseparabile. Dove si distrugge la comunione con Dio, che è comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra di noi, anche la comunione col Dio Trinitario non è viva e vera, come abbiamo sentito.

Adesso facciamo un ulteriore passo. La comunione - frutto dello Spirito Santo - è nutrita dal Pane eucaristico (cfr 1 Cor,10,16-17) e si esprime nelle relazioni fraterne, in una sorta di anticipazione del mondo futuro. Nell’Eucaristia Gesù ci nutre, ci unisce con Sé, con il Padre, con lo Spirito Santo e tra di noi, e questa rete di unità che abbraccia il mondo è un’anticipazione del mondo futuro in questo nostro tempo. Proprio così, essendo anticipazione del mondo futuro, la comunione è un dono anche con conseguenze molto reali, ci fa uscire dalle nostre solitudini, dalle chiusure in noi stessi, e ci rende partecipi dell’amore che ci unisce a Dio e fra di noi. E’ facile comprendere quanto grande sia questo dono, se solo pensiamo alle frammentazioni e ai conflitti che affliggono le relazioni fra i singoli, i gruppi e i popoli interi. E se non c’è il dono dell’unità nello Spirito Santo, la frammentazione dell’umanità è inevitabile. La “comunione” è veramente la buona novella, il rimedio donatoci dal Signore contro la solitudine che oggi minaccia tutti, il dono prezioso che ci fa sentire accolti e amati in Dio, nell’unità del suo Popolo radunato nel nome della Trinità; è la luce che fa risplendere la Chiesa come segno innalzato fra i popoli: “Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri” (1 Gv 1,6s). La Chiesa si rivela così, nonostante tutte le fragilità umane che appartengono alla sua fisionomia storica, una meravigliosa creazione d’amore, fatta per rendere Cristo vicino a ogni uomo e a ogni donna che voglia veramente incontrarlo, fino alla fine dei tempi. E nella Chiesa il Signore rimane sempre contemporaneo con noi. La Scrittura non è una cosa del passato. Il Signore non parla nel passato ma parla nel presente, parla oggi con noi, ci dà luce, ci mostra la strada della vita, ci dà comunione e così ci prepara e ci apre alla pace.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini Polacchi qui presenti. Vi sono grato per le vostre preghiere. La Quaresima è il tempo per trasformare la nostra vita e per incontrare Cristo che “ci amò sino alla fine”. È l’occasione per superare il nostro egoismo, le nostre divisioni e le nostre liti. Nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità regni sempre lo spirito di riconciliazione e di reciproca benevolenza. Dio vi benedica.

Saluto in lingua croata:

È mia grande gioia salutare i pellegrini croati, particolarmente i giovani di Osijek. Carissimi, convertirsi significa amare il proprio Creatore sopra ogni cosa. Non abbiate paura di crederGli e consacrare la vostra vita a Cristo, condividendo con lui la vostra felicità e le vostre difficoltà. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di Studénka! Carissimi, in questo tempo di Quaresima chiediamo al Signore una vera e profonda conversione. Con questi voti benedico di cuore voi e i vostri cari! Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto le Religiose partecipanti al corso promosso dall’USMI, i fedeli della diocesi di Livorno, accompagnati dal loro Pastore Mons. Diego Coletti e dal Vescovo emerito Mons. Alberto Ablondi. Saluto inoltre i fedeli di Bellona, guidati dal loro Vescovo Mons. Bruno Schettino. Cari amici, vi esorto a vivere che è sorgente di gioia e risposta vera alle attese e agli interrogativi profondi del cuore di ogni uomo.

Il mio pensiero va infine ai malati, agli sposi novelli e ai giovani, e specialmente agli alunni del liceo "Andrea Bafile" di Collesapone dell’Aquila, come pure ai giovani della diocesi di Caserta, qui convenuti con il loro Vescovo Mons. Raffaele Nogaro. Il tempo quaresimale, con i suoi ripetuti inviti alla conversione, vi conduca, cari giovani, a un amore verso Cristo e la sua Chiesa sempre più consapevole; accresca in voi, cari malati, la consapevolezza che il Signore crocifisso ci sostiene nella prova; aiuti voi, cari sposi novelli, a fare della vostra vita famigliare un luogo di costante crescita nell’amore fedele e generoso.


Piazza San Pietro

Mercoledì, 5 aprile 2006 - "Il servizio alla comunione"


Catechesi 2005-2013 10306