Catechesi 2005-2013 30506

Mercoledì, 3 maggio 2006: La Tradizione Apostolica

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Cari fratelli e sorelle,

in queste Catechesi vogliamo un po’ capire che cosa sia la Chiesa. L’ultima volta abbiamo meditato sul tema della Tradizione apostolica. Abbiamo visto che essa non è una collezione di cose, di parole, come una scatola di cose morte; la Tradizione è il fiume della vita nuova che viene dalle origini, da Cristo fino a noi, e ci coinvolge nella storia di Dio con l’umanità. Questo tema della Tradizione è così importante che vorrei ancora oggi soffermarmi su di esso: è infatti di grande rilievo per la vita della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha rilevato, al riguardo, che la Tradizione è apostolica anzitutto nelle sue origini: “Dio, con somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la salvezza di tutte le genti, rimanesse per sempre integro e venisse trasmesso a tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta la rivelazione del sommo Dio (cfr 3,16-4,6), ordinò agli Apostoli di predicare a tutti, comunicando loro i doni divini, il Vangelo come fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale” (Cost. dogm. Dei Verbum
DV 7). Il Concilio prosegue annotando come tale impegno sia stato fedelmente eseguito “dagli Apostoli, i quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che avevano ricevuto dalle labbra di Cristo, dal vivere insieme con Lui e dalle sue opere, sia ciò che avevano imparato per suggerimento dello Spirito Santo” (ibid.). Con gli Apostoli, aggiunge il Concilio, collaborarono anche “uomini della loro cerchia, i quali, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, misero in iscritto l'annunzio della salvezza” (ibid.).

Capi dell'Israele escatologico, anch’essi dodici quante erano le tribù del popolo eletto, gli Apostoli continuano la “raccolta” iniziata dal Signore, e lo fanno anzitutto trasmettendo fedelmente il dono ricevuto, la buona novella del Regno venuto agli uomini in Gesù Cristo. Il loro numero esprime non solo la continuità con la santa radice, l’Israele delle dodici tribù, ma anche la destinazione universale del loro ministero, apportatore di salvezza fino agli estremi confini della terra. Lo si può cogliere dal valore simbolico che hanno i numeri nel mondo semitico: dodici risulta dalla moltiplicazione di tre, numero perfetto, e quattro, numero che rinvia ai quattro punti cardinali, e dunque al mondo intero.

La comunità, nata dall’annuncio evangelico, si riconosce convocata dalla parola di coloro che per primi hanno fatto esperienza del Signore e da Lui sono stati inviati. Essa sa di poter contare sulla guida dei Dodici, come anche su quella di coloro che essi via via si associano come successori nel ministero della Parola e nel servizio alla comunione. Di conseguenza, la comunità si sente impegnata a trasmettere ad altri la “lieta notizia” della presenza attuale del Signore e del suo mistero pasquale, operante nello Spirito. Lo si vede ben evidenziato in alcuni passi dell’epistolario paolino: “Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto” (1Co 15,3). E questo è importante. San Paolo, si sa, originariamente chiamato da Cristo con una vocazione personale, è un vero Apostolo e tuttavia anche per lui conta fondamentalmente la fedeltà a quanto ha ricevuto. Egli non voleva “inventare” un nuovo cristianesimo, per così dire, “paolino”. Insiste perciò: “Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto”. Ha trasmesso il dono iniziale che viene dal Signore ed è la verità che salva. Poi, verso la fine della vita, scrive a Timoteo: “Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi” (2Tm 1,14). Lo mostra con efficacia anche questa antica testimonianza della fede cristiana, scritta da Tertulliano verso l’anno 200: “(Gli Apostoli) sul principio affermarono la fede in Gesù Cristo e stabilirono Chiese per la Giudea e subito dopo, sparsi per il mondo, annunziarono la medesima dottrina e una medesima fede alle nazioni e quindi fondarono Chiese presso ogni città. Da queste poi le altre Chiese mutuarono la propaggine della loro fede e i semi della dottrina, e continuamente la mutuano per essere appunto Chiese. In questa maniera anche esse sono ritenute apostoliche come discendenza delle Chiese degli apostoli” (De praescriptione haereticorum, 20: PL 2,32).

Il Concilio Vaticano II commenta: “Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli comprende tutto quanto contribuisce alla condotta santa e all'incremento della fede del Popolo di Dio. Così la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede” (Cost. Dei Verbum DV 8). La Chiesa trasmette tutto ciò che è e che crede, lo trasmette nel culto, nella vita, nella dottrina. La Tradizione è dunque il Vangelo vivo, annunciato dagli Apostoli nella sua integrità, in base alla pienezza della loro esperienza unica e irripetibile: per opera loro la fede viene comunicata agli altri, fino a noi, fino alla fine del mondo. La Tradizione, pertanto, è la storia dello Spirito che agisce nella storia della Chiesa attraverso la mediazione degli Apostoli e dei loro successori, in fedele continuità con l’esperienza delle origini. E’ quanto precisa il Papa san Clemente Romano verso la fine del I secolo: “Gli Apostoli - egli scrive - ci annunziarono il Vangelo inviati dal Signore Gesù Cristo, Gesù Cristo fu mandato da Dio. Cristo viene dunque da Dio, gli Apostoli da Cristo: entrambi procedono ordinatamente dalla volontà di Dio… I nostri Apostoli vennero a conoscenza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo che sarebbero sorte contese intorno alla funzione episcopale. Perciò, prevedendo perfettamente l'avvenire, stabilirono gli eletti e diedero quindi loro l'ordine, affinché alla loro morte altri uomini provati assumessero il loro servizio” (Ad Corinthios, 42.44: PG 1,292 296).

Questa catena del servizio continua fino ad oggi, continuerà fino alla fine del mondo. Infatti il mandato conferito da Gesù agli Apostoli è stato da essi trasmesso ai loro successori. Al di là dell'esperienza del contatto personale col Cristo, esperienza unica e irripetibile, gli Apostoli hanno trasmesso ai successori l’invio solenne nel mondo ricevuto dal Maestro. Apostolo viene precisamente dal termine greco “apostéllein”, che vuol dire inviare. L’invio apostolico - come mostra il testo di Mt 28,19s - implica un servizio pastorale (“fate discepole tutte le nazioni...”), liturgico (“battezzandole...”) e profetico (“insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”), garantito dalla vicinanza del Signore fino alla consumazione del tempo (“ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”). Così, in un modo diverso dagli Apostoli, abbiamo anche noi una vera e personale esperienza della presenza del Signore risorto. Attraverso il ministero apostolico è così Cristo stesso a raggiungere chi è chiamato alla fede. La distanza dei secoli è superata e il Risorto si offre vivo e operante per noi, nell’oggi della Chiesa e del mondo. Questa è la nostra grande gioia. Nel fiume vivo della Tradizione Cristo non è distante duemila anni, ma è realmente presente tra noi e ci dona la Verità, ci dona la luce che ci fa vivere e trovare la strada verso il futuro.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini dalla Polonia radunati oggi così numerosi. Sia per la Chiesa in Polonia, sia per tutta la nazione questo è un giorno specialmente solenne. La Chiesa celebra la solennità della Madre di Dio Regina della Polonia. Quest’anno ricorre il 350° anniversario da quando il re Jan Kazimierz Le assegnò questo titolo. Nello stesso tempo la nazione polacca commemora la ratifica, nel 1791, della Costituzione del Tre Maggio e legate ad essa grandi speranze per il rinnovamento della vita politica e sociale. Saluto l’Episcopato Polacco radunato a Jasna Gora e tutti i fedeli. Affidando alla vostra preghiera i preparativi per l’ormai vicino mio pellegrinaggio in Polonia, vi benedico di cuore. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua lituana:

Saluto i pellegrini provenienti dalla Lituania! La vostra visita a Roma, dove gli Apostoli Pietro e Paolo hanno testimoniato con il loro martirio la fedeltà a Dio, aiuti ad apprezzare il dono della fede e amare la Chiesa di Cristo. Benedico di cuore voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovena:

Saluto voi, pellegrini della Parrocchia di Breginj e delle altre parti della Slovenia. Come un tempo gli apostoli, anche voi lieti e coraggiosi annunciate il Cristo risorto. Di cuore vi benedico!

Saluto in lingua ungherese:

Con affetto saluto i fedeli ungheresi venuti da Szabadka. Il mese di maggio è dedicato alla Vergine Maria. Nelle preghiere affidatevi alla sua intercessione. Di cuore imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Cari fratelli e sorelle,

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana e in particolare a voi, cari fedeli di Chieti-Vasto, accompagnati dall’Arcivescovo Mons. Bruno Forte, col quale ho collaborato per molto tempo nella Commissione Teologica Internazionale. Il vostro patrono San Giustino, la cui artistica effige avete portato in pellegrinaggio a Roma, perché fosse da me benedetta, vi guidi con la forza del suo esempio ad una costante e incisiva testimonianza cristiana. Saluto inoltre voi, fedeli di Frattamaggiore, qui convenuti per ricordare il XVII centenario del martirio del patrono San Sossio, ed auspico che questa fausta ricorrenza aiuti la vostra comunità cristiana ad essere sempre più un luogo privilegiato di formazione spirituale. Saluto poi voi che partecipate al pellegrinaggio promosso dalle Suore Marcelline, in occasione della Beatificazione del fondatore Mons. Luigi Biraghi, e vi invito ad imitare il nuovo Beato nel rispondere con prontezza alla chiamata di Dio alla santità nelle ordinarie circostanze della vita di ogni giorno.

Desidero ora rivolgermi ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Abbiamo appena iniziato il mese di maggio, particolarmente dedicato alla Vergine Maria e alla sua scuola vi esorto, cari giovani, a mettervi ogni giorno per imparare da Lei a compiere la volontà di Dio. Contemplando la Madre di Cristo crocifisso, voi, cari malati, sappiate cogliere il valore salvifico di ogni croce, anche di quelle più pesanti. Affido infine voi, cari sposi novelli, alla protezione materna della Santa Vergine, perché possiate creare nelle vostre famiglie il clima di preghiera e di amore della casa di Nazareth.


Piazza San Pietro

Mercoledì, 10 maggio 2006: La successione apostolica

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Cari fratelli e sorelle,

nelle ultime due udienze abbiamo meditato su che cosa sia la Tradizione nella Chiesa e abbiamo visto che essa è la presenza permanente della parola e della vita di Gesù nel suo popolo. Ma la parola, per essere presente, ha bisogno di una persona, di un testimone. E così nasce questa reciprocità: da una parte, la parola ha bisogno della persona, ma, dall’altra, la persona, il testimone, è legato alla parola che a lui è affidata e non da lui inventata. Questa reciprocità tra contenuto – parola di Dio, vita del Signore – e persona che la porta avanti è caratteristica della struttura della Chiesa, e oggi vogliamo meditare questo aspetto personale della Chiesa.

Il Signore lo aveva iniziato convocando, come abbiamo visto, i Dodici, nei quali era rappresentato il futuro Popolo di Dio. Nella fedeltà al mandato ricevuto dal Signore, i Dodici dapprima, dopo la sua Ascensione, integrano il loro numero con l'elezione di Mattia al posto di Giuda (cfr
Ac 1,15-26), quindi associano progressivamente altri nelle funzioni loro affidate, perché continuino il loro ministero. Il Risorto stesso chiama Paolo (cfr Ga 1,1), ma Paolo, pur chiamato dal Signore come Apostolo, confronta il suo Vangelo con il Vangelo dei Dodici (cfr ivi 1,18), si preoccupa di trasmettere ciò che ha ricevuto (cfr 1Co 11,23 1Co 15,3-4) e nella distribuzione dei compiti missionari viene associato agli Apostoli, insieme con altri, per esempio con Barnaba (cfr Ga 2,9). Come all'inizio della condizione di apostolo c'è una chiamata ed un invio del Risorto, così la successiva chiamata ed invio di altri avverrà, nella forza dello Spirito, ad opera di chi è già costituito nel ministero apostolico. E’ questa la via per la quale continuerà tale ministero, che poi, cominciando dalla seconda generazione, si chiamerà ministero episcopale, “episcopé”.

Forse è utile spiegare brevemente che cosa vuol dire vescovo. E’ la forma italiana della parola greca “epíscopos”. Questa parola indica uno che ha una visione dall’alto, uno che guarda con il cuore. Così san Pietro stesso, nella sua prima Lettera, chiama il Signore Gesù “pastore e guardiano delle vostre anime” (2,25). E secondo questo modello del Signore, che è il primo vescovo, guardiano e pastore delle anime, i successori degli Apostoli si sono poi chiamati vescovi, “epíscopoi”. E’ loro affidata la funzione dell’“episcopé”. Questa precisa funzione del vescovo si evolverà progressivamente, rispetto agli inizi, fino ad assumere la forma - già chiaramente attestata in Ignazio di Antiochia agli inizi del II secolo (cfr Ad Magnesios, 6,1: PG 5,668) - del triplice ufficio di vescovo, presbitero e diacono. E' uno sviluppo guidato dallo Spirito di Dio, che assiste la Chiesa nel discernimento delle forme autentiche della successione apostolica, sempre meglio definite tra una pluralità di esperienze e di forme carismatiche e ministeriali, presenti nelle comunità delle origini.

Così, la successione nella funzione episcopale si presenta come continuità del ministero apostolico, garanzia della perseveranza nella Tradizione apostolica, parola e vita, affidataci dal Signore. Il legame fra il Collegio dei Vescovi e la comunità originaria degli Apostoli è inteso innanzitutto nella linea della continuità storica. Come abbiamo visto, ai Dodici viene associato prima Mattia, poi Paolo, poi Barnaba, poi altri, fino alla formazione, nella seconda e terza generazione, del ministero del vescovo. Quindi la continuità si esprime in questa catena storica. E nella continuità della successione sta la garanzia del perseverare, nella comunità ecclesiale, del Collegio apostolico raccolto intorno a sé da Cristo. Ma questa continuità, che vediamo prima nella continuità storica dei ministri, è da intendere anche in senso spirituale, perché la successione apostolica nel ministero viene considerata come luogo privilegiato dell'azione e della trasmissione dello Spirito Santo. Una chiara eco di queste convinzioni la si ha, ad esempio, nel seguente testo di Ireneo di Lione (seconda metà del II sec.): “La tradizione degli Apostoli, manifesta in tutto quanto il mondo, si mostra in ogni Chiesa a tutti coloro che vogliono vedere la verità e noi possiamo enumerare i vescovi stabiliti dagli Apostoli nelle Chiese e i loro successori fino a noi… (Gli Apostoli) vollero infatti che fossero assolutamente perfetti e irreprensibili in tutto coloro che lasciavano come successori, trasmettendo loro la propria missione di insegnamento. Se essi avessero capito correttamente, ne avrebbero ricavato grande profitto; se invece fossero falliti, ne avrebbero ricavato un danno grandissimo” (Adversus haereses, III, 3,1: PG 7,848).

Ireneo, poi, indicando qui questa rete della successione apostolica come garanzia del perseverare nella parola del Signore, si concentra su quella Chiesa “somma ed antichissima ed a tutti nota” che è stata “fondata e costituita in Roma dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo”, dando rilievo alla Tradizione della fede, che in essa giunge fino a noi dagli Apostoli mediante le successioni dei vescovi. In tal modo, per Ireneo e per la Chiesa universale, la successione episcopale della Chiesa di Roma diviene il segno, il criterio e la garanzia della trasmissione ininterrotta della fede apostolica: “A questa Chiesa, per la sua peculiare principalità (propter potiorem principalitatem), è necessario che convenga ogni Chiesa, cioè i fedeli dovunque sparsi, poiché in essa la tradizione degli Apostoli è stata sempre conservata...” (Adversus haereses, III, 3, 2: PG 7,848). La successione apostolica - verificata sulla base della comunione con quella della Chiesa di Roma - è dunque il criterio della permanenza delle singole Chiese nella Tradizione della comune fede apostolica, che attraverso questo canale è potuta giungere fino a noi dalle origini: “Con questo ordine e con questa successione è giunta fino a noi la tradizione che è nella Chiesa a partire dagli Apostoli e la predicazione della verità. E questa è la prova più completa che una e medesima è la fede vivificante degli Apostoli, che è stata conservata e trasmessa nella verità” (ib., III, 3, 3: PG 7,851).

Secondo queste testimonianze della Chiesa antica, l'apostolicità della comunione ecclesiale consiste nella fedeltà all’insegnamento e alla prassi degli Apostoli, attraverso i quali viene assicurato il legame storico e spirituale della Chiesa con Cristo. La successione apostolica del ministero episcopale è la via che garantisce la fedele trasmissione della testimonianza apostolica. Quello che rappresentano gli Apostoli nel rapporto fra il Signore Gesù e la Chiesa delle origini, lo rappresenta analogamente la successione ministeriale nel rapporto fra la Chiesa delle origini e la Chiesa attuale. Non è una semplice concatenazione materiale; è piuttosto lo strumento storico di cui si serve lo Spirito per rendere presente il Signore Gesù, Capo del suo popolo, attraverso quanti sono ordinati per il ministero attraverso l'imposizione delle mani e la preghiera dei vescovi. Mediante la successione apostolica è allora Cristo che ci raggiunge: nella parola degli Apostoli e dei loro successori è Lui a parlarci; mediante le loro mani è Lui che agisce nei sacramenti; nel loro sguardo è il suo sguardo che ci avvolge e ci fa sentire amati, accolti nel cuore di Dio. E anche oggi, come all’inizio, Cristo stesso è il vero pastore e guardiano delle nostre anime, che noi seguiamo con grande fiducia, gratitudine e gioia.

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini della Facoltà Teologica di Olomouc e della Parrocchia della Visitazione della Beata Vergine Maria di Ostrava-Zábreh. La Risurrezione di Cristo è il fondamento della fede cristiana. Nel Mistero Pasquale, Cristo ci ha rigenerati a vita nuova, una vita con Lui ed in Lui. Vi benedico di cuore! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Con gioia saluto i pellegrini dalla Croazia! Carissimi, rimanete assidui nell’insegnamento degli apostoli e nella preghiera comune, credendo nella presenza del Risorto tra quelli che sono radunati nel Suo nome! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini Polacchi. So che, durante questo mese, in Polonia, radunandovi per le funzioni mariane, venerate in modo particolare la Madre di Dio. Mi rallegro per questa vostra tradizione. Che queste preghiere consolidino nella fede e nell’amore vicendevole, le vostre famiglie e le vostre comunità. Benedico di cuore voi e i vostri cari.

Saluto in lingua slovacco:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini da Bratislava e Bacúch. Fratelli e sorelle, domenica scorsa abbiamo celebrato la Giornata di preghiera per le Vocazioni. Domandate a Cristo – Buon Pastore di mandare nuovi operai al suo servizio. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare alle religiose infermiere di diverse Congregazioni, agli alunni del Pontificio Seminario Campano Internazionale, ai rappresentanti del Centro Studi Meridionali e a quelli del Credito Cooperativo di Montepulciano. A ciascuno auguro un generoso impegno di testimonianza cristiana per contribuire a diffondere il Vangelo in ogni ambito della società.

Saluto ora i giovani, i malati e gli sposi novelli. In questo mese dedicato in modo speciale alla Madonna, invito voi, cari giovani, soprattutto voi ragazzi di Azione Cattolica della diocesi di Acerra, a seguire l'esempio di Maria, confidando sempre nella sua materna intercessione perché vi aiuti a portare un raggio di serenità dove c'è preoccupazione e solitudine. Auguro a voi, cari malati, di vivere la vostra condizione fiduciosamente abbandonati nelle mani del Signore, sostenuti da Colei che sul Calvario restò fedele sotto la Croce di Cristo. La Vergine Santa accompagni voi, cari sposi novelli, nella vita familiare perché possiate sperimentare la gioia che scaturisce dalla reciproca fedeltà e siate sempre testimoni dell'amore divino.





Piazza San Pietro



Mercoledì, 17 maggio 2006: Pietro, il pescatore

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Cari fratelli e sorelle,

nella nuova serie di catechesi abbiamo innanzitutto cercato di capire meglio che cosa sia la Chiesa, quale sia l’idea del Signore circa questa sua nuova famiglia. Poi abbiamo detto che la Chiesa esiste nelle persone. E abbiamo visto che il Signore ha affidato questa nuova realtà, la Chiesa, ai dodici Apostoli. Adesso vogliamo vederli uno ad uno, per capire nelle persone che cosa sia vivere la Chiesa, che cosa sia seguire Gesù. Cominciamo con san Pietro.

Dopo Gesù, Pietro è il personaggio più noto e citato negli scritti neotestamentari: viene menzionato 154 volte con il soprannome di Pétros, “pietra”, “roccia”, che è traduzione greca del nome aramaico datogli direttamente da Gesù Kefa, attestato 9 volte soprattutto nelle lettere di Paolo; si deve poi aggiungere il frequente nome Simòn (75 volte), che è forma grecizzata del suo originale nome ebraico Simeòn (2 volte:
Ac 15,14 2P 1,1). Figlio di Giovanni (cfr Jn 1,42) o, nella forma aramaica, bar-Jona, figlio di Giona (cfr Mt 16,17), Simone era di Betsaida (cfr Jn 1,44), una cittadina a oriente del mare di Galilea, da cui veniva anche Filippo e naturalmente Andrea, fratello di Simone. La sua parlata tradiva l’accento galilaico. Anch’egli, come il fratello, era pescatore: con la famiglia di Zebedeo, padre di Giacomo e Giovanni, conduceva una piccola azienda di pesca sul lago di Genezaret (cfr Lc 5,10). Doveva perciò godere di una certa agiatezza economica ed era animato da un sincero interesse religioso, da un desiderio di Dio – egli desiderava che Dio intervenisse nel mondo – un desiderio che lo spinse a recarsi col fratello fino in Giudea per seguire la predicazione di Giovanni il Battista (Jn 1,35-42).

Era un ebreo credente e osservante, fiducioso nella presenza operante di Dio nella storia del suo popolo, e addolorato per non vederne l’azione potente nelle vicende di cui egli era, al presente, testimone. Era sposato e la suocera, guarita un giorno da Gesù, viveva nella città di Cafarnao, nella casa in cui anche Simone alloggiava quando era in quella città (cfr Mt 8,14s; Mc 1,29ss; Lc 4,38s). Recenti scavi archeologici hanno consentito di portare alla luce, sotto il pavimento a mosaico ottagonale di una piccola Chiesa bizantina, le tracce di una chiesa più antica sistemata in quella casa, come attestano i graffiti con invocazioni a Pietro. I Vangeli ci informano che Pietro è tra i primi quattro discepoli del Nazareno (cfr Lc 5,1-11), ai quali se ne aggiunge un quinto, secondo il costume di ogni Rabbi di avere cinque discepoli (cfr Lc 5,27, chiamata di Levi). Quando Gesù passerà da cinque a dodici discepoli (cfr Lc 9,1-6), sarà chiara la novità della sua missione: Egli non è uno dei tanti rabbini, ma è venuto a radunare l’Israele escatologico, simboleggiato dal numero dodici, quante erano le tribù d’Israele.

Simone appare nei Vangeli con un carattere deciso e impulsivo; egli è disposto a far valere le proprie ragioni anche con la forza (si pensi all’uso della spada nell’Orto degli Ulivi: cfr Gv 18,10s). Al tempo stesso, è a volte anche ingenuo e pauroso, e tuttavia onesto, fino al pentimento più sincero (cfr Mt 26,75). I Vangeli consentono di seguirne passo passo l’itinerario spirituale. Il punto di partenza è la chiamata da parte di Gesù. Avviene in un giorno qualsiasi, mentre Pietro è impegnato nel suo lavoro di pescatore. Gesù si trova presso il lago di Genèsaret e la folla gli fa ressa intorno per ascoltarlo. Il numero degli ascoltatori crea un certo disagio. Il Maestro vede due barche ormeggiate alla sponda; i pescatori sono scesi e lavano le reti. Egli chiede allora di salire sulla barca, quella di Simone, e lo prega di scostarsi da terra. Sedutosi su quella cattedra improvvisata, si mette ad ammaestrare le folle dalla barca (cfr Lc 5,1-3). E così la barca di Pietro diventa la cattedra di Gesù. Quando ha finito di parlare, dice a Simone: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca». Simone risponde: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,4-5). Gesù, che era un falegname, non era un esperto di pesca: eppure Simone il pescatore si fida di questo Rabbi, che non gli dà risposte ma lo chiama ad affidarsi. La sua reazione davanti alla pesca miracolosa è quella dello stupore e della trepidazione: «Signore, allontanati da me che sono un peccatore» (Lc 5,8). Gesù risponde invitandolo alla fiducia e ad aprirsi ad un progetto che oltrepassa ogni sua prospettiva: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini» (Lc 5,10). Pietro non poteva ancora immaginare che un giorno sarebbe arrivato a Roma e sarebbe stato qui “pescatore di uomini” per il Signore. Egli accetta questa chiamata sorprendente, di lasciarsi coinvolgere in questa grande avventura: è generoso, si riconosce limitato, ma crede in colui che lo chiama e insegue il sogno del suo cuore. Dice di sì – un sì coraggioso e generoso -, e diventa discepolo di Gesù.

Un altro momento significativo nel suo cammino spirituale Pietro lo vivrà nei pressi di Cesarea di Filippo, quando Gesù pone ai discepoli una precisa domanda: «Chi dice la gente che io sia?» (Mc 8,27). A Gesù però non basta la risposta del sentito dire. Da chi ha accettato di coinvolgersi personalmente con Lui vuole una presa di posizione personale. Perciò incalza: «E voi chi dite che io sia?» (Mc 8,29). E’ Pietro a rispondere per conto anche degli altri: «Tu sei il Cristo» (ibid.), cioè il Messia. Questa risposta di Pietro, che non venne “dalla carne e dal sangue” di lui, ma gli fu donata dal Padre che sta nei cieli (cfr Mt 16,17), porta in sé come in germe la futura confessione di fede della Chiesa. Tuttavia Pietro non aveva ancora capito il profondo contenuto della missione messianica di Gesù, il nuovo senso di questa parola: Messia. Lo dimostra poco dopo, lasciando capire che il Messia che sta inseguendo nei suoi sogni è molto diverso dal vero progetto di Dio. Davanti all’annuncio della passione si scandalizza e protesta, suscitando la vivace reazione di Gesù (cfr Mc 8,32-33). Pietro vuole un Messia “uomo divino”, che compia le attese della gente imponendo a tutti la sua potenza: è anche il desiderio nostro che il Signore imponga la sua potenza e trasformi subito il mondo; Gesù si presenta come il “Dio umano”, il servo di Dio, che sconvolge le aspettative della folla prendendo un cammino di umiltà e di sofferenza. È la grande alternativa, che anche noi dobbiamo sempre imparare di nuovo: privilegiare le proprie attese respingendo Gesù o accogliere Gesù nella verità della sua missione e accantonare le attese troppo umane. Pietro - impulsivo com’è - non esita a prendere Gesù in disparte e a rimproverarlo. La risposta di Gesù fa crollare tutte le sue false attese, mentre lo richiama alla conversione e alla sequela: «Rimettiti dietro di me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8,33). Non indicarmi tu la strada, io prendo la mia strada e tu rimettiti dietro di me.

Pietro impara così che cosa significa veramente seguire Gesù. È la sua seconda chiamata, analoga a quella di Abramo in Gn 22, dopo quella di Gn 12: «Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Mc 8,34-35). È la legge esigente della sequela: bisogna saper rinunciare, se necessario, al mondo intero per salvare i veri valori, per salvare l’anima, per salvare la presenza di Dio nel mondo (cfr Mc 8,36-37). Anche se con fatica, Pietro accoglie l’invito e prosegue il suo cammino sulle orme del Maestro.

E mi sembra che queste diverse conversioni di san Pietro e tutta la sua figura siano una grande consolazione e un grande insegnamento per noi. Anche noi abbiamo desiderio di Dio, anche noi vogliamo essere generosi, ma anche noi ci aspettiamo che Dio sia forte nel mondo e trasformi subito il mondo secondo le nostre idee, secondo i bisogni che noi vediamo. Dio sceglie un’altra strada. Dio sceglie la via della trasformazione dei cuori nella sofferenza e nell’umiltà. E noi, come Pietro, sempre di nuovo dobbiamo convertirci. Dobbiamo seguire Gesù e non precederlo: è Lui che ci mostra la via. Così Pietro ci dice: Tu pensi di avere la ricetta e di dover trasformare il cristianesimo, ma è il Signore che conosce la strada. E’ il Signore che dice a me, che dice a te: seguimi! E dobbiamo avere il coraggio e l’umiltà di seguire Gesù, perché Egli è la Via, la Verità e la Vita.

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini della Parrocchia di Kunovice na Morave. Ieri avete celebrato la festa del martire San Giovanni Nepomuceno. Il suo affascinante esempio di totale fedeltà a Dio risvegli la vostra fede e vi aiuti ad obbedire piuttosto a Dio che agli uomini (cfr. At Ac 5,29) Di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Di cuore saluto i pellegrini croati provenienti di Osijek e di Zagabria! Cristo, che ha rivelato alle pie donne ed ai suoi apostoli la gioia della risurrezione, vi benedica e vi renda arditi annunciatori della sua vittoria! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua lituana:

Cari pellegrini provenienti dalla Lituania! Maria, la Madre di Cristo, protegga le vostre famiglie e la vostra Patria. Accompagnandovi con la preghiera vi imparto volentieri la mia Benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi qui presenti. Sono lieto di poter fra poco far visita alla Polonia. Questa visita si svolgerà sotto il motto: “Rimanete forti nella fede”. Già oggi chiedo a voi e a tutta la Chiesa in Polonia di pregare, affinché in questi giorni, con l’aiuto della grazia di Dio, possiamo reciprocamente consolidarci nella testimonianza della fede. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II ci accompagni. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacco:

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava, Stropkov e Turzovka. Fratelli e sorelle, in questo mese mariano di maggio voglio affidarvi alla Madonna – Madre della Chiesa. Ella vi accompagni nella ricerca della vera pace. Con questo desiderio benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovena:

Rivolgo un caro saluto a voi, fedeli della Slovenia, specialmente al Coro della Cattedrale di Maribor! In questo vostro pellegrinaggio, in cui ricordate il decimo anniversario della visita del mio Predecessore, l'esempio della Sua vita vi renda saldi nella fedeltà al Cristo ed alla Chiesa. Di cuore vi imparto l'Apostolica Benedizione!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i partecipanti al pellegrinaggio promosso dalle Suore Crocifisse Adoratrici dell’Eucarestia, in occasione della beatificazione di Suor Maria della Passione, e li invito, sull’esempio della nuova Beata, a proseguire nell’impegno di adesione a Cristo e di testimonianza evangelica.

Saluto poi i fedeli di Rossiglione, i dipendenti dell’Aero Club d’Italia, e il Consiglio Internazionale dello Sport Militare, assicurando a ciascuno un ricordo nella preghiera.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli, esortando tutti ad intensificare la pia pratica del santo Rosario, specialmente in questo mese di maggio dedicato alla Madre di Dio. Invito voi, cari giovani, a valorizzare questa tradizionale preghiera mariana, che aiuta a meglio comprendere i momenti centrali della salvezza operata da Cristo. Esorto voi, cari malati, a rivolgervi con fiducia alla Madonna mediante questo pio esercizio, affidando a Lei tutte le vostre necessità. Auguro a voi, cari sposi novelli, di fare della recita del Rosario in famiglia un momento di crescita spirituale sotto lo sguardo della Vergine Maria.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 24 maggio 2006: Pietro, l’apostolo


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