Catechesi 2005-2013 30805

Mercoledì, 3 agosto 2005: Salmo 124 Il Signore custodisce il suo popolo - Vespri - Martedì 3a settimana

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Fratelli e sorelle,

1. In questo nostro incontro che avviene dopo le mie ferie trascorse in Valle d'Aosta, riprendiamo l'itinerario che stiamo svolgendo all'interno della Liturgia dei Vespri. Ora è di scena il Salmo 124, che fa parte di quell'intensa e suggestiva raccolta chiamata "Canti delle ascensioni", ideale libretto di preghiere per il pellegrinaggio a Sion in vista dell'incontro col Signore nel tempio (cfr
Ps 119-133).

Quello che noi ora brevemente mediteremo è un testo sapienziale, che suscita la fiducia nel Signore e contiene una breve preghiera (cfr Ps 124,4). La prima frase proclama la stabilità di "chi confida nel Signore", paragonandola alla stabilità "rocciosa" e sicura del "monte Sion", la quale, evidentemente, è dovuta alla presenza di Dio, che è "roccia, fortezza, rupe, riposo, scudo, baluardo, potente salvezza", come afferma un altro Salmo (cfr Ps 17,3).

Anche quando il credente si sente isolato e circondato da rischi e ostilità, la sua fede deve essere serena. Perché il Signore è sempre con noi. La sua forza ci circonda e ci protegge.

Anche il Profeta Isaia attesta di aver ascoltato dalla bocca di Dio queste parole destinate ai fedeli: "Ecco, io pongo una pietra in Sion, una pietra scelta, angolare, preziosa, saldamente fondata: chi crede non vacillerà" (28, 16).

2. Ma, continua il Salmista, la fiducia che è l'atmosfera della fede del fedele ha un ulteriore appoggio: il Signore è quasi accampato in difesa del suo popolo, proprio come i monti circondano Gerusalemme rendendola una città fortificata da bastioni naturali (cfr Ps 124,2). In una profezia di Zaccaria, Dio dice di Gerusalemme: "Io stesso le farò da muro di fuoco all'intorno e sarò una gloria in mezzo ad essa" (2, 9).

In questa atmosfera di radicale fiducia, che è l'atmosfera della fede, il Salmista rassicura "i giusti", i credenti. La loro situazione può essere, di per sé, preoccupante a causa della prepotenza degli empi, che vogliono imporre il loro dominio. Ci sarebbe anche la tentazione, per i giusti, di farsi complici del male per evitare gravi inconvenienti, ma il Signore li protegge dall'oppressione: "Non lascerà pesare lo scettro degli empi sul possesso dei giusti" (Ps 124,3); nel contempo egli li preserva dalla tentazione di "stendere le mani a compiere il male" (ibidem).

Il Salmo quindi infonde nell'animo una profonda fiducia. Aiuta potentemente ad affrontare le situazioni difficili, quando alla crisi esterna dell'isolamento, dell'ironia, del disprezzo nei confronti dei credenti si associa la crisi interna fatta di scoraggiamento, di mediocrità, di stanchezza. Conosciamo questa situazione, ma il Salmo ci dice che se abbiamo fiducia noi siamo più forti di questi mali.

3. La finale del Salmo contiene una invocazione rivolta al Signore a favore dei "buoni" e dei "retti di cuore" (cfr v. 4) e un annuncio di sventura contro "quelli che vanno per sentieri tortuosi" (v. 5). Da un lato il Salmista chiede che il Signore si manifesti come un padre amoroso verso i giusti e i fedeli che tengono alta la fiaccola della rettitudine di vita e della buona coscienza. Dall'altro lato, ci si attende che Egli si riveli come giusto giudice nei confronti di coloro che hanno camminato sulla via tortuosa del male, il cui sbocco conclusivo è la morte.

Il Salmo è suggellato dal tradizionale saluto di shalom, di "pace su Israele", un saluto ritmato per assonanza su Jerushalajim, su Gerusalemme (cfr v. 2), la città simbolo di pace e di santità. È un saluto che diventa un augurio di speranza. Noi possiamo esplicitarlo attraverso le parole di san Paolo: "Su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio" (Ga 6,16).

4. Nel suo commento a questo Salmo sant'Agostino contrappone "quelli che vanno per sentieri tortuosi" a "coloro che sono retti di cuore e non si allontanano da Dio". Se i primi si troveranno ad essere accomunati "alla sorte dei malvagi", quale sarà la sorte dei "retti di cuore"? Nella speranza di essere egli stesso, insieme con i suoi ascoltatori, partecipe della sorte felice di questi ultimi, il Vescovo di Ippona si domanda: "Che cosa possederemo? Quale sarà la nostra eredità? Quale la nostra patria? Che nome reca?". Ed egli stesso risponde, indicandone il nome - faccio mie queste stesse parole -: "Pace. Con l'augurio di pace vi salutiamo; la pace vi annunciamo; la pace ricevono i monti, mentre sui colli si spande la giustizia (cfr Ps 71,3). Ora la nostra pace è Cristo: "Egli infatti è la nostra pace" (Ep 2,14)" (Esposizioni sui Salmi, IV, Nuova Biblioteca Agostiniana, XXVIII, Roma 1977, p. 105).

Sant'Agostino conclude con una esortazione, che è, allo stesso tempo, anche un augurio: "Siamo l'Israele di Dio e teniamoci stretti alla pace, perché Gerusalemme significa visione di pace e noi siamo Israele: quell'Israele sopra il quale è la pace" (ibidem, p. 107), e la pace è Cristo.

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Do il mio benvenuto ai pellegrini polacchi. Saluto voi qui presenti e tutti i vostri cari. Domani è la memoria di San Giovanni Maria Vianney, parroco di Ars. Per la sua intercessione chiediamo a Dio molti e santi sacerdoti. La Chiesa di oggi ne ha tanto bisogno. Dio vi benedica.

* * *


Porgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i Figli di Santa Maria Immacolata, le Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria e le Suore Angeliche di San Paolo che prendono parte alle Assemblee Capitolari dei rispettivi Istituti. Saluto poi i fedeli di Campobasso, accompagnati dall’Arcivescovo Monsignor Armando Dini, e i Seminaristi dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto. Tutti invito a testimoniare il Vangelo con rinnovato slancio.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La liturgia ricorda domani un sacerdote molto amato dai suoi contemporanei: San Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars. Carissimi, il suo esempio sia a tutti di stimolo e di incoraggiamento a corrispondere generosamente alla grazia divina.




Mercoledì, 10 agosto 2005 - Salmo 130 Confidare in Dio come il bimbo nella madre - Vespri del Martedì della 3\2a\0 Settimana

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1. Abbiamo ascoltato solo poche parole, una trentina nell’originale ebraico del Salmo
Ps 130. Eppure sono parole intense, che svolgono un tema caro a tutta la letteratura religiosa: l’infanzia spirituale. Il pensiero corre subito in modo spontaneo a santa Teresa di Lisieux, alla sua «piccola via», al suo «restare piccola» per «essere tra le braccia di Gesù» (cfr Manoscritto «C», MSC 2 2r°-3v°: Opere complete, Città del Vaticano 1997, pp. 235-236).

Al centro del Salmo, infatti, si staglia l’immagine di una madre col bambino, segno dell’amore tenero e materno di Dio, come si era già espresso il profeta Osea: «Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato… Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare» (Os 11,1 Os 11,4).

2. Il Salmo si apre con la descrizione dell’atteggiamento antitetico rispetto a quello dell’infanzia, la quale è consapevole della propria fragilità, ma fiduciosa nell’aiuto degli altri. Di scena, nel Salmo, sono invece l’orgoglio del cuore, la superbia dello sguardo, le «cose grandi e superiori» (cfr Ps 130,1). È la rappresentazione della persona superba, che viene tratteggiata mediante vocaboli ebraici indicanti «altezzosità» ed «esaltazione», l’atteggiamento arrogante di chi guarda gli altri con senso di superiorità, ritenendoli inferiori a se stesso.

La grande tentazione del superbo, che vuol essere come Dio, arbitro del bene e del male (cfr Gn 3,5), è decisamente respinta dall’orante, il quale opta per la fiducia umile e spontanea nell’unico Signore.

3. Si passa, così, all’immagine indimenticabile del bambino e della madre. Il testo originario ebraico non parla di un neonato, bensì di un «bimbo svezzato» (Ps 130,2). Ora, è noto che nell’antico Vicino Oriente lo svezzamento ufficiale era collocato attorno ai tre anni e celebrato con una festa (cfr Gn 21,8 1S 1,20-23 2M 7,27).

Il bambino, a cui il Salmista rimanda, è legato alla madre da un rapporto ormai più personale e intimo, non quindi dal mero contatto fisico e dalla necessità di cibo. Si tratta di un legame più cosciente, anche se sempre immediato e spontaneo. È questa la parabola ideale della vera «infanzia» dello spirito, che si abbandona a Dio non in modo cieco e automatico, ma sereno e responsabile.

4. A questo punto la professione di fiducia dell’orante si allarga a tutta la comunità: «Speri Israele nel Signore, ora e sempre» (Ps 130,3). La speranza sboccia ora in tutto il popolo, che riceve da Dio sicurezza, vita e pace, e si estende dal presente al futuro, «ora e sempre».

È facile continuare la preghiera facendo echeggiare altre voci del Salterio, ispirate alla stessa fiducia in Dio: «Al mio nascere tu mi hai raccolto, dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio» (Ps 21,11). «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto» (Ps 26,10). «Sei tu, Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla mia giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno» (Ps 70,5-6).

5. All’umile fiducia, come si è visto, si oppone la superbia. Uno scrittore cristiano del quarto-quinto secolo, Giovanni Cassiano, ammonisce i fedeli sulla gravità di questo vizio, che «distrugge tutte le virtù nel loro insieme e non prende di mira solamente i mediocri e i deboli, ma principalmente quelli che si sono posti al vertice con l’uso delle loro forze». Egli continua: «È questo il motivo per cui il beato Davide custodisce con tanta circospezione il suo cuore fino a osare di proclamare davanti a Colui al quale non sfuggivano certamente i segreti della sua coscienza: "Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze"… E tuttavia, ben conoscendo quanto sia difficile anche per i perfetti una tale custodia, egli non presume di appoggiarsi unicamente alle sue capacità, ma supplica con preghiere il Signore di aiutarlo per riuscire a evitare i dardi del nemico e a non restarne ferito: "Non mi raggiunga il piede orgoglioso" (Ps 35,12)» (Le istituzioni cenobitiche, XII,6, Abbazia di Praglia, Bresseo di Teolo - Padova 1989, p. 289).

Analogamente un anziano anonimo dei Padri del deserto ci ha tramandato questa dichiarazione, che riecheggia il Salmo 130: «Io non ho mai oltrepassato il mio rango per camminare più in alto, né mi sono mai turbato in caso di umiliazione, perché ogni mio pensiero era in questo: nel pregare il Signore che mi spogliasse dell’uomo vecchio» (I Padri del deserto. Detti, Roma 1980, p. 287).

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Lituania!
La vostra visita ai luoghi sacri vi rafforzi nella fede e nell’amore perché possiate testimoniare Cristo con le parole e con le opere.
Accompagno questi auspici con la mia preghiera e vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica!


Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli ungheresi.
Lunedì la Chiesa celebrerà l’Assunzione della Beata Vergine Maria. Sulle orme di Santo Stefano rinnovate l’affidamento della Nazione a Maria.
Per questo imparto la mia Benedizione Apostolica.

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Di cuore do il benvenuto al gruppo scout proveniente dalla Slovacchia.
Carissimi scout, è il tempo delle ferie. Sfruttate questo periodo per ritemprare le forze del corpo e dello spirito. Volentieri benedico voi e le vostre famiglie in Patria.
Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi presenti in quest’udienza. Auguro che il soggiorno a Roma fortifichi la vostra fede, la speranza e l’amore. Portate la mia benedizione alle vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!


* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli della parrocchia di San Vigilio in Pove del Grappa e quelli della parrocchia di Santo Stefano in Monte San Giusto.

Il mio pensiero si rivolge ora ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Celebriamo oggi la memoria di San Lorenzo, martire, luminoso modello di cristiano, che ha saputo vivere con coraggio ed eroismo evangelico la sua totale adesione al divino Maestro. Carissimi, imitate il suo esempio e, come lui, siate sempre pronti a rispondere fedelmente alla chiamata del Signore.





Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo

Mercoledì, 17 agosto 2005 - Salmo 125 Dio nostra gioia e nostra speranza - Vespri - Mercoledì 3a settimana

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Vespri - Mercoledì 3a settimana

1. Ascoltando le parole del Salmo 125 si ha l’impressione di vedere scorrere davanti agli occhi l’evento cantato nella seconda parte del Libro di Isaia: il «nuovo esodo». È il ritorno di Israele dall’esilio babilonese alla terra dei padri in seguito all’editto del re persiano Ciro nel 538 a.C. Allora si ripeté l’esperienza gioiosa del primo esodo, quando il popolo ebraico fu liberato dalla schiavitù egiziana.

Questo Salmo acquistava particolare significato quando veniva cantato nei giorni in cui Israele si sentiva minacciato e impaurito, perché sottomesso di nuovo alla prova. Il Salmo comprende effettivamente una preghiera per il ritorno dei prigionieri del momento (cfr v. 4). Esso diventava, così, una preghiera del popolo di Dio nel suo itinerario storico, irto di pericoli e di prove, ma sempre aperto alla fiducia in Dio Salvatore e Liberatore, sostegno dei deboli e degli oppressi.

2. Il Salmo introduce in un’atmosfera di esultanza: si sorride, si fa festa per la libertà ottenuta, affiorano sulle labbra canti di gioia (cfr vv. 1-2).

La reazione di fronte alla libertà ridonata è duplice. Da un lato, le nazioni pagane riconoscono la grandezza del Dio di Israele: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro» (v. 2). La salvezza del popolo eletto diventa una prova limpida dell’esistenza efficace e potente di Dio, presente e attivo nella storia. D’altro lato, è il popolo di Dio a professare la sua fede nel Signore che salva: «Grandi cose ha fatto il Signore per noi» (v. 3).

3. Il pensiero corre poi al passato, rivissuto con un fremito di paura e di amarezza. Vorremmo fissare l’attenzione sull’immagine agricola usata dal Salmista: «Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo» (v. 5). Sotto il peso del lavoro, a volte il viso si riga di lacrime: si sta compiendo una semina faticosa, forse votata all’inutilità e all’insuccesso. Ma quando giunge la mietitura abbondante e gioiosa, si scopre che quel dolore è stato fecondo.

In questo versetto del Salmo è condensata la grande lezione sul mistero di fecondità e di vita che può contenere la sofferenza. Proprio come aveva detto Gesù alle soglie della sua passione e morte: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (
Jn 12,24).

4. L’orizzonte del Salmo si apre così alla festosa mietitura, simbolo della gioia generata dalla libertà, dalla pace e dalla prosperità, che sono frutto della benedizione divina. Questa preghiera è, allora, un canto di speranza, cui ricorrere quando si è immersi nel tempo della prova, della paura, della minaccia esterna e dell’oppressione interiore.

Ma può diventare anche un appello più generale a vivere i propri giorni e a compiere le proprie scelte in un clima di fedeltà. La perseveranza nel bene, anche se incompresa e contrastata, alla fine giunge sempre ad un approdo di luce, di fecondità, di pace.

È ciò che san Paolo ricordava ai Galati: «Chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo» (Ga 6,8-9).

5. Concludiamo con una riflessione di san Beda il Venerabile (672/3-735) sul Salmo 125 a commento delle parole con cui Gesù annunziava ai suoi discepoli la tristezza che li attendeva e insieme la gioia che sarebbe scaturita dalla loro afflizione (cfr Jn 16,20).

Beda ricorda che «piangevano e si lamentavano quelli che amavano Cristo quando lo videro preso dai nemici, legato, portato in giudizio, condannato, flagellato, deriso, da ultimo crocifisso, colpito dalla lancia e sepolto. Gioivano invece quelli che amavano il mondo…, quando condannavano a morte turpissima colui che era per loro molesto anche solo a vederlo. Si rattristarono i discepoli della morte del Signore, ma, conosciuta la sua risurrezione, la loro tristezza si mutò in gioia; visto poi il prodigio dell’ascensione, con gioia ancora maggiore lodavano e benedicevano il Signore, come testimonia l’evangelista Luca (cfr Lc 24,53). Ma queste parole del Signore si adattano a tutti i fedeli che, attraverso le lacrime e le afflizioni del mondo, cercano di arrivare alle gioie eterne, e che a ragione ora piangono e sono tristi, perché non possono vedere ancora colui che amano, e perché, fino a quando stanno nel corpo, sanno di essere lontani dalla patria e dal regno, anche se sono certi di giungere attraverso le fatiche e le lotte al premio. La loro tristezza si muterà in gioia quando, terminata la lotta di questa vita, riceveranno la ricompensa della vita eterna, secondo quanto dice il Salmo: “Chi semina nelle lacrime, mieterà nella gioia”» (Omelie sul Vangelo, 2,13: Collana di Testi Patristici, XC, Roma 1990, pp. 379-380).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Jacovce. Carissimi fratelli e sorelle, vi invito alla preghiera per la Giornata mondiale della gioventù e volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Siate benvenuti, cari fedeli ungheresi! In settimana celebriamo la festa di re Santo Stefano. Custodite bene la sua preziosa eredità. Imparto volentieri a tutti voi la Benedizione Apostolica.

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto i Polacchi qui presenti. Come sapete, domani mi recherò a Colonia per incontrare la gioventù del mondo. Vi chiedo tanto di pregare per me e per questi giovani che danno la testimonianza della fede, della speranza e dell’amore. Dio benedica loro e tutti voi.

* * *


Saluto ora i pellegrini di lingua italiana. In modo speciale mi rivolgo ai giovani, agli anziani e ai malati, alle famiglie e gli sposi novelli. A tutti chiedo di accompagnarmi con la preghiera nel pellegrinaggio apostolico che inizierò domani per prendere parte a Colonia alla Giornata Mondiale della Gioventù. Si tratta di un importante appuntamento ecclesiale che tutti ci auguriamo porti ricchi frutti spirituali per l’intera Chiesa, che conta molto sull’impegno e la testimonianza evangelica dei giovani.

***


Al termine della catechesi, nel corso dell’Udienza Generale, il Santo Padre ha aggiunto le seguenti parole di cordoglio per l’uccisione, avvenuta ieri sera, del fondatore della Comunità di Taizé, Frère Roger Schutz:

Abbiamo parlato insieme di tristezza e di gioia. In realtà, ho ricevuto stamattina una notizia molto triste, drammatica. Durante i vespri di ieri sera, il caro Frère Roger Schutz, fondatore della Comunità di Taizé, è stato accoltellato e ucciso, probabilmente da una squilibrata. Questa notizia mi colpisce tanto più perché proprio ieri ho ricevuto una lettera di Frère Roger molto commovente, molto amichevole. In essa scrive che nel fondo del suo cuore intende dirmi che "noi siamo in comunione con Lei e con coloro che sono riuniti in Colonia". Poi scrive che, a causa delle sue condizioni di salute, purtroppo non sarebbe potuto venire personalmente a Colonia, ma sarebbe stato presente spiritualmente insieme con i suoi fratelli. Alla fine mi scrive in questa lettera che ha il desiderio di venire quanto prima a Roma per incontrarmi e per dirmi che "la nostra Comunità di Taizé vuole camminare in comunione con il Santo Padre". E poi scrive di proprio pugno: "Santo Padre, Le assicuro i miei sentimenti di profonda comunione. Frère Roger di Taizé".

In questo momento di tristezza possiamo solo affidare alla bontà del Signore l’anima di questo suo fedele servitore. Sappiamo che dalla tristezza - come abbiamo sentito adesso nel Salmo - rinascerà la gioia. Frère Schutz è nelle mani della bontà eterna, dell’amore eterno, è arrivato alla gioia eterna. Egli ci ammonisce e ci esorta ad essere fedeli lavoratori nella Vigna del Signore sempre, anche in situazioni tristi, sicuri che il Signore ci accompagna e ci darà la sua gioia.





Mercoledì, 24 agosto 2005 Riflessione sul pellegrinaggio apostolico a Colonia in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù

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Cari fratelli e sorelle!

Come l’amato Giovanni Paolo II soleva fare dopo ogni pellegrinaggio apostolico, anch’io vorrei quest’oggi, insieme con voi, ripercorrere i giorni trascorsi a Colonia in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. La Provvidenza divina ha voluto che il mio primo viaggio pastorale fuori d’Italia avesse come meta proprio il mio Paese di origine e avvenisse in occasione del grande incontro dei giovani del mondo, a vent’anni dall’istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù, voluta con intuizione profetica dall’indimenticabile mio Predecessore. Dopo il mio ritorno, dal profondo del mio cuore rendo grazie a Dio per il dono di questo pellegrinaggio, del quale conserverò un caro ricordo. Abbiamo tutti sentito che era un dono di Dio. Certo, molti hanno collaborato, ma alla fine la grazia di questo incontro era un dono dall’Alto, dal Signore. La mia gratitudine si rivolge al tempo stesso a tutti coloro che con impegno ed amore hanno preparato e organizzato questo incontro in ogni sua fase: in primo luogo, all’Arcivescovo di Colonia, il Card. Joachim Meisner, al Card. Karl Lehmann, Presidente della Conferenza Episcopale, e ai Vescovi della Germania, con i quali mi sono intrattenuto proprio al termine della mia visita. Vorrei poi ringraziare nuovamente le Autorità, le organizzazioni e i volontari che hanno offerto il loro contributo. Sono grato pure alle persone e alle comunità che, in ogni parte del mondo, lo hanno sostenuto con la preghiera e agli ammalati, che hanno offerto le loro sofferenze per la riuscita spirituale di quest’importante appuntamento.

L’abbraccio ideale con i giovani partecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù è cominciato sin dal mio arrivo all’aeroporto di Colonia/Bonn ed è andato facendosi sempre più carico di emozioni percorrendo il Reno dal molo di Rodenkirchenerbrucke sino a Colonia scortati da altre cinque imbarcazioni rappresentanti i cinque continenti. Suggestiva è stata poi la sosta di fronte alla banchina del Poller Rheinwiesen dove attendevano già migliaia e migliaia di giovani con i quali ho avuto il primo incontro ufficiale, chiamato opportunamente “festa di accoglienza” e che aveva come motto le parole dei Magi “Dov’è il re dei Giudei che è nato?” (
Mt 2,2). Sono stati proprio i Magi le “guide” per quei giovani pellegrini verso Cristo. Quanto è significativo che tutto questo sia avvenuto mentre ci avviamo verso la conclusione dell’Anno Eucaristico voluto da Giovanni Paolo II! “Siamo venuti per adorarlo”: il tema dell’Incontro ha invitato tutti a seguire idealmente i Magi, e a compiere insieme a loro un interiore viaggio di conversione verso l’Emanuele, il Dio con noi, per conoscerlo, incontrarlo, adorarlo, e, dopo averlo incontrato e adorato, ripartire poi recando nell’animo, nel nostro intimo, la sua luce e la sua gioia.

A Colonia i giovani hanno avuto modo a più riprese di approfondire queste tematiche spirituali e si sono sentiti sospinti dallo Spirito Santo ad essere testimoni di Cristo, che nell’Eucaristia ha promesso di restare realmente presente tra noi sino alla fine del mondo. Ripenso ai vari momenti che ho avuto la gioia di condividere con loro, specialmente alla veglia di sabato sera e alla celebrazione conclusiva di domenica. A queste suggestive manifestazioni di fede si sono uniti milioni di altri giovani da ogni angolo della terra, grazie ai provvidenziali collegamenti radio televisivi. Ma vorrei qui rievocare un incontro singolare, quello con i seminaristi, giovani chiamati a una più radicale sequela di Cristo, Maestro e Pastore. Avevo voluto che ci fosse un momento specifico dedicato a loro, anche per mettere in risalto la dimensione vocazionale tipica delle Giornate Mondiali della Gioventù. Non poche vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sono sbocciate, in questi venti anni, proprio durante le Giornate Mondiali della Gioventù, occasioni privilegiate nelle quali lo Spirito Santo fa sentire la sua chiamata.

Nel contesto ricco di speranza delle Giornate di Colonia, si colloca molto bene l’incontro ecumenico con i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali. Il ruolo della Germania nel dialogo ecumenico è importante sia per la triste storia delle divisioni che per la parte significativa svolta nel cammino di riconciliazione. Auspico che il dialogo, quale scambio reciproco di doni, e non solo di parole, contribuisca inoltre a far crescere e maturare quella “sinfonia” ordinata ed armonica che è l’unità cattolica. In tale prospettiva, le Giornate Mondiali della Gioventù rappresentano un valido “laboratorio” ecumenico. E come non rivivere con emozione la visita alla Sinagoga di Colonia, dove ha sede la più antica Comunità ebraica in Germania? Con i fratelli ebrei ho fatto memoria della Shoà, e del 60° anniversario della liberazione dei campi di concentramento nazisti. Quest’anno ricorre, inoltre, il 40° anniversario della Dichiarazione conciliare Nostra aetate, che ha inaugurato una nuova stagione di dialogo e di solidarietà spirituale tra ebrei e cristiani, nonché di stima per le altre grandi tradizioni religiose. Tra queste, un posto particolare occupa l’Islam, i cui seguaci adorano l’unico Dio e si rifanno volentieri al patriarca Abramo. Per tale ragione ho voluto incontrare i rappresentanti di alcune Comunità musulmane, ai quali ho manifestato le speranze e le preoccupazioni del difficile momento storico che stiamo vivendo, auspicando che siano estirpati il fanatismo e la violenza e che insieme si possa collaborare nel difendere sempre la dignità della persona umana e tutelare i suoi diritti fondamentali.

Cari fratelli e sorelle, dal cuore della “vecchia” Europa, che nel secolo scorso, purtroppo, ha conosciuto orrendi conflitti e regimi disumani, i giovani hanno rilanciato all’umanità del nostro tempo il messaggio della speranza che non delude, perché fondata sulla Parola di Dio fattasi carne in Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza. A Colonia i giovani hanno incontrato e adorato l’Emanuele , il Dio-con-noi, nel mistero dell’Eucaristia ed hanno meglio compreso, che la Chiesa è la grande famiglia mediante la quale Dio forma uno spazio di comunione e di unità tra ogni continente, cultura e razza, una -per così dire- “grande comitiva di pellegrini” guidati da Cristo, stella radiosa che illumina la storia. Gesù si fa nostro compagno di viaggio nell’Eucaristia, e nell’Eucaristia – così dicevo nell’omelia della celebrazione conclusiva mutuando dalla fisica un’immagine ben nota - porta “la fissione nucleare” nel cuore più nascosto dell’essere. Solo quest’intima esplosione del bene che vince il male può dar vita alle altre trasformazioni necessarie per cambiare il mondo. Preghiamo quindi perché i giovani da Colonia rechino con sé la luce di Cristo, che è verità e amore e la diffondano dappertutto. Potremo così assistere ad una primavera di speranza in Germania, in Europa e nel mondo intero.

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini dalla Polonia. Vi ringrazio per la presenza e la benevolenza. Ricordo il recente soggiorno a Colonia e ringrazio i giovani polacchi per la numerosa partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù. Benedico tutti di cuore. Sia lodato Gesù Cristo.

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i fedeli ungheresi qui presenti, specialmente i giovani provenienti da Gyôr. Imparto volentieri a tutti voi la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i pellegrini lituani!
Affidandovi alla Madre di Dio e Madre nostra, imparto la Benedizione Apostolica a voi e alle vostre famiglie.
Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini provenienti da Bystré e Mútne.
Cari pellegrini, lunedì abbiamo ricordato nella liturgia Maria Regina. Rivolgiamoci con fiducia a questa nostra buona Madre nelle nostre necessità. Volentieri vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Mi rivolgo ora ai pellegrini di lingua italiana, specialmente ai tanti fedeli delle Comunità parrocchiali presenti, tra le quali vorrei ricordare la parrocchia dei “Santi Gaudenzio ed Eusebio” di Gambolò, e quella “Sant’Antonio abate”, in Priero. Incoraggio ciascuno ad aderire sempre più a Cristo ed auspico che la visita alle tombe degli Apostoli susciti in tutti rinnovati propositi di fedele testimonianza evangelica.

Ed infine, come di consueto, è a voi, cari giovani, malati e sposi novelli, che indirizzo il mio pensiero. L’esempio dell’Apostolo San Bartolomeo, che ricordiamo oggi, vi aiuti a guardare con fiducia a Cristo, che è luce nelle difficoltà, sostegno nelle prove e guida in ogni momento della vita.

Il Signore vi benedica tutti!


PENSIERO PER LE RECENTI CALAMITÀ DELL’EUROPA


Il mio pensiero si volge ora alle Regioni dell’Europa colpite, negli ultimi giorni, da inondazioni o da incendi, che hanno provocato purtroppo vittime e ingenti danni. Molte famiglie sono rimaste senza casa e centinaia di persone debbono far fronte a tragici disagi.

Mentre invoco dal Signore il premio eterno per coloro che hanno perso la vita, assicuro la mia spirituale vicinanza nell’affetto e nella preghiera a quanti sono provati da questi gravi eventi, confidando che possano essere sostenuti dalla comune solidarietà.





Mercoledì, 31 agosto 2005: Salmo 126 Ogni fatica è vana senza il Signore - Vespri - Mercoledì 3\2a\0 settimana

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1. Il Salmo 126, ora proclamato, presenta davanti ai nostri occhi uno spettacolo in movimento: una casa in costruzione, la città con le sue guardie, la vita delle famiglie, le veglie notturne, il lavoro quotidiano, i piccoli e i grandi segreti dell’esistenza. Ma su tutto si leva una presenza decisiva, quella del Signore che aleggia sulle opere dell’uomo, come suggerisce l’avvio incisivo del Salmo: «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (v. 1)

Una società solida nasce, certo, dall’impegno di tutti i suoi membri, ma ha bisogno della benedizione e del sostegno di quel Dio che, purtroppo, spesso è invece escluso o ignorato. Il Libro dei Proverbi sottolinea il primato dell’azione divina per il benessere di una comunità e lo fa in modo radicale affermando che «la benedizione del Signore arricchisce, non le aggiunge nulla la fatica» (
Pr 10,22).

2. Questo Salmo sapienziale, frutto della meditazione sulla realtà della vita di ogni giorno, è costruito sostanzialmente su un contrasto: senza il Signore, invano si cerca di erigere una casa stabile, di edificare una città sicura, di far fruttificare la propria fatica (cfr Ps 126,1-2). Col Signore, invece, si ha prosperità e fecondità, una famiglia ricca di figli e serena, una città ben munita e difesa, libera da incubi e insicurezze (cfr vv. 3-5).

Il testo si apre con l’accenno al Signore raffigurato come costruttore della casa e sentinella che veglia sulla città (cfr Ps 120,1-8). L’uomo esce al mattino per impegnarsi nel lavoro a sostegno della famiglia e a servizio dello sviluppo della società. È un lavoro che occupa le sue energie, provocando il sudore della sua fronte (cfr Gn 3,19) per l’intero arco della giornata (cfr Ps 126,2).

3. Ebbene, il Salmista non esita ad affermare che tutto questo lavoro è inutile, se Dio non è al fianco di chi fatica. Ed afferma che Dio premia invece persino il sonno dei suoi amici. Il Salmista vuole così esaltare il primato della grazia divina, che imprime consistenza e valore all’agire umano, pur segnato dal limite e dalla caducità. Nell’abbandono sereno e fedele della nostra libertà al Signore, anche le nostre opere diventano solide, capaci di un frutto permanente. Il nostro «sonno» diventa, così, un riposo benedetto da Dio, destinato a suggellare un’attività che ha senso e consistenza.

4. Si passa, a questo punto, all’altra scena tratteggiata dal nostro Salmo. Il Signore offre il dono dei figli, visti come una benedizione e una grazia, segno della vita che continua e della storia della salvezza protesa verso nuove tappe (cfr v. 3). Il Salmista esalta in particolare «i figli della giovinezza»: il padre che ha avuto figli in gioventù non solo li vedrà in tutto il loro vigore, ma essi saranno il suo sostegno nella vecchiaia. Egli potrà, così, affrontare con sicurezza il futuro, divenendo simile a un guerriero, armato di quelle «frecce» acuminate e vittoriose che sono i figli (cfr vv 4-5).

L’immagine, desunta dalla cultura del tempo, ha lo scopo di celebrare la sicurezza, la stabilità, la forza di una famiglia numerosa, come si ripeterà nel successivo Salmo 127, in cui è tratteggiato il ritratto di una famiglia felice.

Il quadro finale raffigura un padre circondato dai suoi figli, che è accolto con rispetto alla porta della città, sede della vita pubblica. La generazione è, quindi, un dono apportatore di vita e di benessere per la società. Ne siamo consapevoli ai nostri giorni di fronte a nazioni che il calo demografico priva della freschezza, dell’energia, del futuro incarnato dai figli. Su tutto, però, si erge la presenza benedicente di Dio, sorgente di vita e di speranza.

5. Il Salmo 126 è stato spesso usato dagli autori spirituali proprio per esaltare questa presenza divina, decisiva per procedere sulla via del bene e del regno di Dio. Così il monaco Isaia (morto a Gaza nel 491) nel suo Asceticon (Logos 4,118), ricordando l’esempio degli antichi patriarchi e profeti, insegna: «Si sono posti sotto la protezione di Dio implorando la sua assistenza, senza mettere la loro fiducia in qualche fatica che avessero compiuto. E la protezione di Dio è stata per loro una città fortificata, perché sapevano che senza l’aiuto di Dio essi erano impotenti e la loro umiltà faceva loro dire con il Salmista: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode”» (Recueil ascétique, Abbaye de Bellefontaine 1976, pp. 74-75).

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Rivolgo il mio benvenuto a tutti i polacchi qui presenti. Oggi ricorre il 25° dell’istituzione di “Solidarnosc”. Ringrazio la Divina Provvidenza per il soffio di un nuovo spirito che questo movimento ha portato nelle vicende dell’Europa contemporanea. Dio benedica tutti coloro che si impegnano per la promozione della giustizia sociale e per il bene degli operai. Trasmettete la mia benedizione ai vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese :

Rivolgo un saluto cordiale ai fedeli ungheresi. All'inizio dell'anno scolastico imparto di cuore a voi e a tutti giovani la Benedizione Apostolica! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Saluto di cuore e benedico tutti i pellegrini croati, particolarmente le suore domenicane, che quest’anno celebrano il centesimo anniversario della loro provincia, e gli studenti e professori dei licei arcidiocesani classici di Split e Zagreb. Offrendo la vita al Cristo camminate sulla via della santità! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Cordialmente saluto i pellegrini provenienti da Svätý Jur. Fratelli e sorelle, in questi giorni inizia l’anno scolastico. Imploriamo dallo Spirito Santo i suoi preziosi doni, specialmente la vera sapienza. Con questo desiderio vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i seminaristi partecipanti all’incontro estivo per Seminaristi Maggiori, i fedeli della Parrocchia di San Carlo in Varese e quelli di Motta Visconti, giunti in bicicletta attraverso la via Francigena. Carissimi, vi assicuro un ricordo nella preghiera perché si rinsaldi la vostra adesione a Cristo ed Egli vi ricolmi dei suoi doni di grazia.

Il mio saluto va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Vi esorto, cari giovani, a porre Gesù al centro della vostra vita, e sarete veri testimoni di speranza e di pace. Voi, cari ammalati, accogliete con fede il mistero del dolore sull’esempio di Colui che è morto in Croce per la redenzione di tutti gli uomini. E voi, cari sposi novelli, attingete ogni giorno dal Signore la forza spirituale per rendere il vostro amore autentico, duraturo e aperto agli altri.

Concludiamo questo nostro incontro con il canto del Pater Noster.







Catechesi 2005-2013 30805