Catechesi 2005-2013 20507

Mercoledì, 2 maggio 2007: Origene alessandrino: II: La dottrina

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Cari fratelli e sorelle,

la catechesi di mercoledì scorso era dedicata alla grande figura di Origene, dottore alessandrino del II-III secolo. In quella catechesi abbiamo preso in considerazione la vita e la produzione letteraria del grande maestro, individuando nella «triplice lettura» della Bibbia, da lui condotta, il nucleo animatore di tutta la sua opera. Ho lasciato da parte – per riprenderli oggi – due aspetti della dottrina origeniana, che considero tra i più importanti e attuali: intendo parlare dei suoi insegnamenti sulla preghiera e sulla Chiesa.

In verità Origene – autore di un importante e sempre attuale trattato su La preghiera – intreccia costantemente la sua produzione esegetica e teologica con esperienze e suggerimenti relativi all’orazione. Nonostante tutta la ricchezza teologica di pensiero, la sua non è mai una trattazione puramente accademica; è sempre fondata sull’esperienza della preghiera, del contatto con Dio. A suo parere, infatti, l’intelligenza delle Scritture richiede, più ancora che lo studio, l’intimità con Cristo e la preghiera. Egli è convinto che la via privilegiata per conoscere Dio è l’amore, e che non si dia un’autentica scientia Christi senza innamorarsi di Lui. Nella Lettera a Gregorio Origene raccomanda: «Dedicati alla lectio delle divine Scritture; applicati a questo con perseveranza. Impegnati nella lectio con l’intenzione di credere e di piacere a Dio. Se durante la lectio ti trovi davanti a una porta chiusa, bussa e te l’aprirà quel custode, del quale Gesù ha detto: “Il guardiano gliela aprirà”. Applicandoti così alla lectio divina, cerca con lealtà e fiducia incrollabile in Dio il senso delle Scritture divine, che in esse si cela con grande ampiezza. Non ti devi però accontentare di bussare e di cercare: per comprendere le cose di Dio ti è assolutamente necessaria l’oratio. Proprio per esortarci ad essa il Salvatore ci ha detto non soltanto: “Cercate e troverete”, e “Bussate e vi sarà aperto”, ma ha aggiunto: “Chiedete e riceverete”» (4). Balza subito agli occhi il «ruolo primordiale» svolto da Origene nella storia della lectio divina. Il Vescovo Ambrogio di Milano – che imparerà a leggere le Scritture dalle opere di Origene – la introdurrà poi in Occidente, per consegnarla ad Agostino e alla tradizione monastica successiva.

Come già abbiamo detto, il più alto livello della conoscenza di Dio, secondo Origene, scaturisce dall’amore. È così anche tra gli uomini: uno conosce realmente in profondità l’altro solo se c'è amore, se si aprono i cuori. Per dimostrare questo egli si fonda su un significato dato talvolta al verbo conoscere in ebraico, quando cioè viene utilizzato per esprimere l’atto dell’amore umano: «Adamo conobbe Eva, sua sposa, la quale concepì» (
Gn 4,1). Così viene suggerito che l’unione nell’amore procura la conoscenza più autentica. Come l’uomo e la donna sono «due in una sola carne», così Dio e il credente diventano «due in uno stesso spirito». In questo modo la preghiera dell’Alessandrino approda ai livelli più alti della mistica, come è attestato dalle sue Omelie sul Cantico dei Cantici. Viene a proposito un passaggio della prima Omelia,dove Origene confessa: «Spesso – Dio me ne è testimone – ho sentito che lo Sposo si accostava a me in massimo grado; dopo Egli se ne andava all’improvviso, e io non potei trovare quello che cercavo. Nuovamente mi prende il desiderio della sua venuta, e talvolta Egli torna, e quando mi è apparso, quando lo tengo tra le mani, ecco che ancora mi sfugge, e una volta che è svanito mi metto ancora a cercarlo...» (1,7).

Torna alla mente ciò che il mio venerato Predecessore scriveva, da autentico testimone, nella Novo millennio ineunte, là dove egli mostrava ai fedeli «come la preghiera possa progredire, quale vero e proprio dialogo d’amore, fino a rendere la persona umana totalmente posseduta dall’Amato divino, vibrante al tocco dello Spirito, filialmente abbandonata nel cuore del Padre ... Si tratta», proseguiva Giovanni Paolo II, «di un cammino interamente sostenuto dalla grazia, che chiede tuttavia forte impegno spirituale e conosce anche dolorose purificazioni, ma che approda, in diverse forme possibili, all’indicibile gioia vissuta dai mistici come “unione sponsale”» (n. 33).

Veniamo, infine, a un insegnamento di Origene sulla Chiesa, e precisamente – all’interno di essa – sul sacerdozio comune dei fedeli. Infatti, come l’Alessandrino afferma nella sua nona Omelia sul Levitico, «questo discorso riguarda tutti noi» (9,1). Nella medesima Omelia Origene – riferendosi al divieto fatto ad Aronne, dopo la morte dei suoi due figli, di entrare nel Sancta sanctorum «in qualunque tempo» (Lv 16,2) – così ammonisce i fedeli: «Da ciò si dimostra che se uno entra a qualunque ora nel santuario, senza la dovuta preparazione, non rivestito degli indumenti pontificali, senza aver preparato le offerte prescritte ed essersi reso Dio propizio, morirà ... Questo discorso riguarda tutti noi. Ordina infatti che sappiamo come accedere all’altare di Dio. O non sai che anche a te, cioè a tutta la Chiesa di Dio e al popolo dei credenti, è stato conferito il sacerdozio? Ascolta come Pietro parla dei fedeli: “Stirpe eletta”, dice, “regale, sacerdotale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato”. Tu dunque hai il sacerdozio perché sei “stirpe sacerdotale”, e perciò devi offrire a Dio il sacrificio ... Ma perché tu lo possa offrire degnamente, hai bisogno di indumenti puri e distinti dagli indumenti comuni agli altri uomini, e ti è necessario il fuoco divino» (ivi).

Così da una parte i «fianchi cinti» e gli «indumenti sacerdotali», vale a dire la purezza e l’onestà della vita, dall’altra la «lucerna sempre accesa», cioè la fede e la scienza delle Scritture, si configurano come le condizioni indispensabili per l’esercizio del sacerdozio universale, che esige purezza e onestà di vita, fede e scienza delle Scritture. A maggior ragione tali condizioni sono indispensabili, evidentemente, per l’esercizio del sacerdozio ministeriale. Queste condizioni – di integra condotta di vita, ma soprattutto di accoglienza e di studio della Parola – stabiliscono una vera e propria «gerarchia della santità» nel comune sacerdozio dei cristiani. Al vertice di questo cammino di perfezione Origene colloca il martirio. Sempre nella nona Omelia sul Levitico allude al «fuoco per l’olocausto», cioè alla fede e alla scienza delle Scritture, che mai deve spegnersi sull’altare di chi esercita il sacerdozio. Poi aggiunge: «Ma ognuno di noi ha in sé» non soltanto il fuoco; ha «anche l’olocausto, e dal suo olocausto accende l’altare, perché arda sempre. Io, se rinuncio a tutto ciò che possiedo e prendo la mia croce e seguo Cristo, offro il mio olocausto sull’altare di Dio; e se consegnerò il mio corpo perché arda, avendo la carità, e conseguirò la gloria del martirio, offro il mio olocausto sull’altare di Dio» (9,9).

Questo inesausto cammino di perfezione «riguarda tutti noi», purché «lo sguardo del nostro cuore» sia rivolto alla contemplazione della Sapienza e della Verità, che è Gesù Cristo. Predicando sul discorso di Gesù a Nazaret – quando «gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di Lui» (Lc 4,16-30) – Origene sembra rivolgersi proprio a noi: «Anche oggi, se lo volete, in questa assemblea i vostri occhi possono fissare il Salvatore. Quando infatti tu rivolgerai lo sguardo più profondo del cuore verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio unico di Dio, allora i tuoi occhi vedranno Dio. Felice assemblea, quella di cui la Scrittura attesta che gli occhi di tutti erano fissi su di Lui! Quanto desidererei che questa assemblea ricevesse una simile testimonianza, che gli occhi di tutti, dei non battezzati e dei fedeli, delle donne, degli uomini e dei fanciulli, non gli occhi del corpo, ma quelli dell’anima, guardassero Gesù! … Impressa su di noi è la luce del tuo volto, o Signore, a cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!» (Om. sul Vangelo di LC 32,6).

Saluti:

Saluto in lingua portoghese:

Senza dimenticare gli altri pellegrini presenti di lingua portoghese, rivolgo un particolare saluto ai membri della parrocchia di São José de Cerquilho, nello Stato di San Paolo, e della Famiglia Francescana del Brasile, quasi alla vigilia del mio tanto atteso Viaggio Pastorale a questa grande Nazione, che, Dio volendo, inizierò mercoledì prossimo. Oltre agli incontri con la gioventù latinoamericana e con l'Episcopato di quel Continente, spero di poter presiedere la canonizzazione del Beato Frate Antonio de Sant'Ana Galvão e inaugurare, ad Aparecida, la Quinta Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Affidiamoci alla protezione d Nostra Signora per il buon esito di questo evento di grande importanza per tutta l'America Latina. Questo significativo incontro ecclesiale serva da sprone per i discepoli di Cristo, affinché accolgano con fede audace e con rinnovata speranza le conclusioni di questa Magna Assemblea. Su tutti discenda la mia Benedizione!

Saluto in lingua polacca:

Saluto tutti i pellegrini giunti dalla Polonia e dai diversi paesi del mondo. Domani, nella vostra Patria, si celebra la Solennità della Madonna Santissima, Regina di Polonia. So che questa festa è particolarmente cara al cuore di tutti i Polacchi. Fiduciosi nell’aiuto della Regina di Jasna Góra, affidate a Lei i problemi delle vostre famiglie e della vostra Patria. Chiediamo a Lei di donare a tutti noi l’abbondanza delle grazie di Cristo e la Sua benedizione.

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati, tra i quali i membri dell’associazione JOB e il gruppo dalla scuola materna di Zagreb. Con particolare gioia saluto voi, cari fedeli della Diocesi di Požega, guidati dal Vescovo Antun Škvorcevic, venuti in occasione della ricorrenza del 10° anniversario della fondazione della Diocesi. Sono lieto che questa giovane Chiesa particolare custodisca fedelmente la secolare tradizione cristiana degli antenati, e che intende confermarla prossimamente con il Congresso Eucaristico. Mentre a voi e alle vostre famiglie imparto una speciale Benedizione Apostolica, vi assicuro la mia spirituale vicinanza e il paterno sostegno. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi provenienti dalle parrocchie Pušovce, Zemplínska Teplica e dalla Scuola cattolica elementare da Lucenec. Fratelli e sorelle, in questo mese mariano di maggio voglio affidarvi alla Madonna. Ella vi accompagni nella ricerca della vera pace. Con questo desiderio benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovena:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini Sloveni! Da varie parti della vostra patria siete venuti nella Città Eterna, consacrata dal sangue dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. Per la loro intercessione vi accompagni sempre la benedizione del Cristo Risorto!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi, rappresentanti della Società delle Missioni Africane, e vi esorto a conservare l’intima unione con Cristo nella preghiera fervorosa per poter indicare agli altri il cammino per incontrarlo e svolgere così con frutto la vostra peculiare missione evangelizzatrice.

Saluto poi la comunità del Pontificio Collegio Pio Romeno di Roma, che celebra in questi giorni il 70° anniversario di fondazione; cari amici, la memoria del bene realizzato da questa importante istituzione educativa a vantaggio della Chiesa cattolica in Romania, vi sia di incoraggiamento a proseguire con rinnovato slancio nell’impegno in favore della rinascita spirituale della vostra Patria. Saluto, inoltre, l’Azione Cattolica di Tempio-Ampurias, guidato dal Vescovo Mons. Sebastiano Sanguinetti, augurando che la visita a Roma sia per tutti e ciascuno ricca di frutti spirituali.

Desidero, infine rivolgermi, come di consueto, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.E’ iniziato ieri il mese di maggio che, in molte parti del mondo, il popolo cristiano dedica alla Madonna. Cari giovani, mettetevi ogni giorno alla scuola di Maria Santissima per imparare da Lei a compiere la volontà di Dio. Contemplando la Madre di Cristo crocifisso, voi, cari malati, sappiate cogliere il valore salvifico di ogni croce, anche di quelle più pesanti. E voi, cari sposi novelli, invocate la sua protezione materna, perché nella vostra famiglia regni sempre il clima della casa di Nazareth.


Piazza San Pietro

Mercoledì, 23 maggio 2007: Viaggio Apostolico in Brasile

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Cari fratelli e sorelle,

in questa Udienza generale vorrei soffermarmi sul Viaggio apostolico che ho compiuto in Brasile, dal 9 al 14 di questo mese. Dopo due anni di Pontificato, ho avuto finalmente la gioia di recarmi nell’America Latina, che tanto amo e dove vive, di fatto, una gran parte dei cattolici del mondo. La meta è stata il Brasile, ma ho inteso abbracciare tutto il grande subcontinente latinoamericano, anche perché l’evento ecclesiale che mi ha chiamato là è stato la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi. Desidero rinnovare l’espressione della mia profonda gratitudine per l’accoglienza ricevuta ai cari fratelli Vescovi, in particolare a quelli di San Paolo e di Aparecida. Ringrazio il Presidente del Brasile e le altre Autorità civili, per la loro cordiale e generosa collaborazione; con grande affetto ringrazio il popolo brasiliano per il calore con cui mi ha accolto – era veramente grande e commovente - e per l’attenzione che ha prestato alle mie parole.

Il mio Viaggio ha avuto anzitutto il valore di un atto di lode a Dio per le “meraviglie” operate nei popoli dell’America Latina, per la fede che ha animato la loro vita e la loro cultura durante più di cinquecento anni. In questo senso è stato un pellegrinaggio, che ha avuto il suo culmine nel Santuario della Madonna Aparecida, Patrona principale del Brasile. Il tema del rapporto tra fede e cultura è stato sempre molto a cuore ai miei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ho voluto riprenderlo confermando la Chiesa che è in America Latina e nei Caraibi nel cammino di una fede che si è fatta e si fa storia vissuta, pietà popolare, arte, in dialogo con le ricche tradizioni precolombiane e poi con le molteplici influenze europee e di altri continenti. Certo, il ricordo di un passato glorioso non può ignorare le ombre che accompagnarono l’opera di evangelizzazione del continente latinoamericano: non è possibile infatti dimenticare le sofferenze e le ingiustizie inflitte dai colonizzatori alle popolazioni indigene, spesso calpestate nei loro diritti umani fondamentali. Ma la doverosa menzione di tali crimini ingiustificabili - crimini peraltro già allora condannati da missionari come Bartolomeo de Las Casas e da teologi come Francesco da Vitoria dell’Università di Salamanca - non deve impedire di prender atto con gratitudine dell’opera meravigliosa compiuta dalla grazia divina tra quelle popolazioni nel corso di questi secoli. Il Vangelo è diventato così nel Continente l’elemento portante di una sintesi dinamica che, con varie sfaccettature a seconda delle diverse nazioni, esprime comunque l’identità dei popoli latinoamericani. Oggi, nell’epoca della globalizzazione, questa identità cattolica si presenta ancora come la risposta più adeguata, purché animata da una seria formazione spirituale e dai principi della dottrina sociale della Chiesa.

Il Brasile è un grande Paese che custodisce valori cristiani profondamente radicati, ma vive anche enormi problemi sociali ed economici. Per contribuire alla loro soluzione la Chiesa deve mobilitare tutte le forze spirituali e morali delle sue comunità, cercando opportune convergenze con le altre energie sane del Paese. Tra gli elementi positivi sono certo da indicare la creatività e la fecondità di quella Chiesa, in cui nascono in continuazione nuovi Movimenti e nuovi Istituti di vita consacrata. Non meno lodevole è la dedizione generosa di tanti fedeli laici, che si dimostrano molto attivi nelle varie iniziative promosse dalla Chiesa.

Il Brasile è anche un Paese che può offrire al mondo la testimonianza di un nuovo modello di sviluppo: la cultura cristiana infatti può animarvi una “riconciliazione” tra gli uomini e il creato, a partire dal recupero della dignità personale nella relazione con Dio Padre. In questo senso, un esempio eloquente è la “Fazenda da Esperança”, una rete di comunità di recupero per giovani che vogliono uscire dal tunnel tenebroso della droga. In quella che ho visitato, traendone una profonda impressione di cui conservo vivo il ricordo nel cuore, è significativa la presenza di un monastero di Suore Clarisse. Questo mi è parso emblematico per il mondo d’oggi, che ha bisogno di un “recupero” certamente psicologico e sociale, ma ancor più profondamente spirituale. Ed emblematica è stata pure la canonizzazione, celebrata nella gioia, del primo Santo nativo del Paese: Fra Antonio di Sant’Anna Galvão. Questo sacerdote francescano del secolo XVIII, devotissimo della Vergine Maria, apostolo dell’Eucaristia e della Confessione, fu chiamato, ancora vivente, “uomo di pace e di carità”. La sua testimonianza è un’ulteriore conferma che la santità è la vera rivoluzione, che può promuovere l’autentica riforma della Chiesa e della società.

Nella Cattedrale di San Paolo ho incontrato i Vescovi del Brasile, la Conferenza episcopale più numerosa del mondo. Testimoniare loro il sostegno del Successore di Pietro era uno degli scopi principali della mia missione, perché conosco le grandi sfide che l’annuncio del Vangelo deve affrontare in quel Paese. Ho incoraggiato i miei Confratelli a portare avanti e rafforzare l’impegno della nuova evangelizzazione, esortandoli a sviluppare in modo capillare e metodico, la diffusione della Parola di Dio, affinché la religiosità innata e diffusa delle popolazioni possa approfondirsi e diventare fede matura, adesione personale e comunitaria al Dio di Gesù Cristo. Li ho animati a recuperare ovunque lo stile della primitiva comunità cristiana, descritta nel Libro degli Atti degli Apostoli: assidua nella catechesi, nella vita sacramentale e nella carità operosa. Conosco la dedizione di questi fedeli servitori del Vangelo, che vogliono presentare senza riduzioni e confusioni, vigilando sul deposito della fede con discernimento; è pure loro costante preoccupazione quella di promuovere lo sviluppo sociale principalmente mediante la formazione dei laici, chiamati ad assumere responsabilità nel campo della politica e dell’economia. Ringrazio Dio di avermi permesso di approfondire la comunione con i Vescovi brasiliani, e continuo a portarli sempre nella mia preghiera.

Altro momento qualificante del Viaggio è stato senza dubbio l’incontro con i giovani, speranza non solo per il futuro, ma forza vitale anche per il presente della Chiesa e della società. Per questo la veglia animata da loro a San Paolo del Brasile è stata una festa della speranza, illuminata dalle parole di Cristo rivolte al “giovane ricco”, che gli aveva chiesto: “Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?” (
Mt 19,16). Gesù gli indicò prima di tutto “i comandamenti” come la via della vita, e poi lo invitò a lasciare tutto per seguirlo. Anche oggi la Chiesa fa lo stesso: prima di tutto ripropone i comandamenti, vero cammino di educazione della libertà al bene personale e sociale; e soprattutto propone il “primo comandamento”, quello dell’amore, perché senza l’amore anche i comandamenti non possono dare senso pieno alla vita e procurare la vera felicità. Solo chi incontra in Gesù l’amore di Dio e si mette su questa via per praticarlo tra gli uomini, diventa suo discepolo e missionario. Ho invitato i giovani ad essere apostoli dei loro coetanei; e per questo a curare sempre la formazione umana e spirituale; ad avere grande stima del matrimonio e del cammino che conduce ad esso, nella castità e nella responsabilità; ad essere aperti anche alla chiamata alla vita consacrata per il Regno di Dio. In sintesi, li ho incoraggiati a mettere a frutto la grande “ricchezza” della loro gioventù, per essere il volto giovane della Chiesa.

Culmine del Viaggio è stata l’inaugurazione della Quinta Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, nel Santuario di Nostra Signora Aparecida. Il tema di questa grande e importante assemblea, che si concluderà alla fine del mese, è “Discepoli e missionari di Gesù Cristo, affinché i nostri popoli in Lui abbiano vita – Io sono la via, la Verità e la Vita”. Il binomio “discepoli e missionari” corrisponde a quello che il Vangelo di Marco dice a proposito della chiamata degli Apostoli: “(Gesù) ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare” (Mc 3,14-15). La parola “discepoli” richiama, quindi, la dimensione formativa e della sequela, della comunione e dell’amicizia con Gesù; il termine “missionari” esprime il frutto del discepolato, cioè la testimonianza e la comunicazione dell’esperienza vissuta, della verità e dell’amore conosciuti e assimilati. Essere discepoli e missionari comporta un vincolo stretto con la Parola di Dio, con l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, il vivere nella Chiesa in ascolto obbediente dei suoi insegnamenti. Rinnovare con gioia la volontà di essere discepoli di Gesù, di “stare con Lui”, è la condizione fondamentale per esserne missionari “ripartendo da Cristo”, secondo la consegna del Papa Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa dopo il Giubileo del 2000. Il mio venerato Predecessore ha sempre insistito su una evangelizzazione “nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nella sua espressione”, come affermò proprio parlando all’Assemblea del CELAM, il 9 marzo 1983, ad Haiti (cfr Insegnamenti VI/1 [1983], 698). Con il mio Viaggio apostolico, ho voluto esortare a proseguire su questa strada, offrendo come prospettiva unificante quella dell’Enciclica Deus caritas est, una prospettiva inseparabilmente teologica e sociale, riassumibile in questa espressione: è l’amore che dona la vita. “La presenza di Dio, l’amicizia col Figlio di Dio incarnato, la luce della sua Parola, sono sempre condizioni fondamentali per la presenza ed efficacia della giustizia e dell’amore nelle nostre società” (Discorso inaugurale della V Conf. Gen. dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, 4: L’Osservatore Romano, 14-15 maggio 2007, p. 14).

Alla materna intercessione della Vergine Maria, venerata col titolo di Nostra Signora di Guadalupe quale patrona dell’intera America Latina, e al nuovo santo brasiliano, Fra Antonio di Sant’Anna Galvão, affido i frutti di questo indimenticabile Viaggio apostolico.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini polacchi. Ricordando il Viaggio apostolico in Brasile, ringrazio ancora una volta voi tutti per le vostre preghiere. Molti incontri di questo viaggio conservo nella memoria. Affido i frutti del mio pellegrinaggio a Nostra Signora di Guadalupe, patrona dell’intera America e al nuovo santo brasiliano, Antonio Galvão. Auguro a tutti un fruttuoso soggiorno a Roma. Voi qui presenti e i vostri cari benedico di cuore.

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini ed ai collaboratori dell'Opera Don Bosco, di Praga! La prossima Solennità della Pentecoste ci inserisce nel mistero di Dio che vicino all’uomo, lo ama, e gli offre la salvezza per mezzo del Suo Spirito. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati, particolarmente l’Associazione degli invalidi del lavoro di Zagreb, il gruppo dei difensori dell’Azienda d’energia elettrica croata, il coro di Korcula, e i fedeli di Melbourn e degli Stati Uniti d’America! Lo Spirito Santo vi guidi nella preghiera, vi renda perfetti nell’amore e vi custodisca nella comunione della Chiesa. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Di cuore saluto i pellegrini provenienti dalle parrocchie Bojnice e Riecka. Fratelli e sorelle, domenica prossima celebreremo la Solennità della Pentecoste. Preghiamo Dio che mandi i doni del suo Spirito perché possiamo divenire testimoni coraggiosi della nostra fede. Con affetto benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i sacerdoti del Collegio San Paolo che hanno terminato gli studi presso le varie Università Pontificie di Roma. Cari sacerdoti, tornando nei vostri rispettivi Paesi, sappiate mettere a frutto l'esperienza culturale, pastorale e di comunione sacerdotale maturata in questi anni. Saluto, poi, le Suore che frequentano il corso annuale per formatrici presso la Facoltà Auxilium, come pure i membri dell’Associazione Silenziosi Operai della Croce ed auguro loro di testimoniare dappertutto che la fede cristiana risponde pienamente alle attese dell’uomo e della società. Saluto le rappresentanti della Federazione della Compagnia di Sant’Orsola, qui convenute in occasione del bicentenario di canonizzazione della loro fondatrice sant’Angela Merici, come anche le Suore Minime della Passione.

Indirizzo ora il mio pensiero ai partecipanti al Terzo Congresso Mondiale dei Media Bulgari, che si è svolto qui a Roma in questi giorni. Cari amici, possa il vostro servizio nelle comunicazioni sociali contribuire a far sì che il ricco patrimonio culturale e spirituale della Bulgaria sia meglio conosciuto e apprezzato il Europa.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. In preparazione alla solennità della Pentecoste, che celebreremo domenica prossima, vi esorto, cari giovani, ad invocare costantemente lo Spirito Santo, perché vi renda intrepidi testimoni di Cristo risorto. Lo Spirito di Dio aiuti voi, cari malati, ad accogliere con fede il peso del dolore e ad offrirlo per la salvezza di tutti gli uomini; conceda a voi, cari sposi novelli, la grazia di annunciare con gioia e convinzione il Vangelo della vita e di costruire la vostra famiglia sui solidi fondamenti del Vangelo.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 30 maggio 2007: Tertulliano

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Cari fratelli e sorelle,

con la catechesi di oggi riprendiamo il filo delle catechesi abbandonato in occasione del viaggio in Brasile e continuiamo a parlare delle grandi personalità della Chiesa antica: sono maestri della fede anche per noi oggi e testimoni della perenne attualità della fede cristiana. Oggi parliamo di un africano, Tertulliano, che tra la fine del secondo e l’inizio del terzo secolo inaugura la letteratura cristiana in lingua latina. Con lui comincia una teologia in tale lingua. La sua opera ha dato frutti decisivi, che sarebbe imperdonabile sottovalutare. Il suo influsso si sviluppa su diversi piani: da quelli del linguaggio e del recupero della cultura classica, a quelli dell'individuazione di una comune «anima cristiana» nel mondo e della formulazione di nuove proposte di convivenza umana. Non conosciamo con esattezza le date della sua nascita e della sua morte. Sappiamo invece che a Cartagine, verso la fine del II secolo, da genitori e da insegnanti pagani, ricevette una solida formazione retorica, filosofica, giuridica e storica. Si convertì poi al cristianesimo, attratto – come pare – dall’esempio dei martiri cristiani. Cominciò a pubblicare i suoi scritti più famosi nel 197. Ma una ricerca troppo individuale della verità, insieme con le intemperanze del carattere – era un uomo rigoroso –, lo condussero gradualmente a lasciare la comunione con la Chiesa e ad aderire alla setta del montanismo. Tuttavia, l’originalità del pensiero unita all’incisiva efficacia del linguaggio gli assicurano una posizione di spicco nella letteratura cristiana antica.

Sono famosi soprattutto i suoi scritti di carattere apologetico. Essi manifestano due intenti principali: quello di confutare le gravissime accuse che i pagani rivolgevano contro la nuova religione, e quello – più propositivo e missionario – di comunicare il messaggio del Vangelo in dialogo con la cultura del tempo. La sua opera più nota, l’Apologetico, denuncia il comportamento ingiusto delle autorità politiche verso la Chiesa; spiega e difende gli insegnamenti e i costumi dei cristiani; individua le differenze tra la nuova religione e le principali correnti filosofiche del tempo; manifesta il trionfo dello Spirito, che alla violenza dei persecutori oppone il sangue, la sofferenza e la pazienza dei martiri: «Per quanto raffinata – scrive l’Africano –, a nulla serve la vostra crudeltà: anzi, per la nostra comunità, essa è un invito. A ogni vostro colpo di falce diveniamo più numerosi: il sangue dei cristiani è una semina efficace! (semen est sanguis christianorum!)» (Apologetico 50,13). Il martirio, la sofferenza per la verità sono alla fine vittoriosi e più efficaci della crudeltà e della violenza dei regimi totalitari.

Ma Tertulliano, come ogni buon apologista, avverte nello stesso tempo l’esigenza di comunicare positivamente l’essenza del cristianesimo. Per questo egli adotta il metodo speculativo per illustrare i fondamenti razionali del dogma cristiano. Li approfondisce in maniera sistematica, a cominciare dalla descrizione del «Dio dei cristiani»: «Quello che noi adoriamo – attesta l’Apologista – è un Dio unico». E prosegue, impiegando le antitesi e i paradossi caratteristici del suo linguaggio: «Egli è invisibile, anche se lo si vede; inafferrabile, anche se è presente attraverso la grazia; inconcepibile, anche se i sensi umani lo possono concepire; perciò è vero e grande!» (ibid., 17,1-2).

Tertulliano, inoltre, compie un passo enorme nello sviluppo del dogma trinitario; ci ha dato in latino il linguaggio adeguato per esprimere questo grande mistero, introducendo i termini «una sostanza» e «tre Persone». In modo simile, ha sviluppato molto anche il corretto linguaggio per esprimere il mistero di Cristo Figlio di Dio e vero Uomo.

L’Africano tratta anche dello Spirito Santo, dimostrandone il carattere personale e divino: «Crediamo che, secondo la sua promessa, Gesù Cristo inviò per mezzo del Padre lo Spirito Santo, il Paraclèto, il santificatore della fede di coloro che credono nel Padre, nel Figlio e nello Spirito» (ibid., 2,1). Ancora, nelle opere dell’Africano si leggono numerosi testi sulla Chiesa, che Tertulliano riconosce sempre come «Madre». Anche dopo la sua adesione al montanismo, egli non ha dimenticato che la Chiesa è la Madre della nostra fede e della nostra vita cristiana. Egli si sofferma pure sulla condotta morale dei cristiani e sulla vita futura. I suoi scritti sono importanti anche per cogliere tendenze vive nelle comunità cristiane riguardo a Maria santissima, ai sacramenti dell’Eucaristia, del Matrimonio e della Riconciliazione, al primato petrino, alla preghiera ... In modo speciale, in quei tempi di persecuzione in cui i cristiani sembravano una minoranza perduta, l’Apologista li esorta alla speranza, che – stando ai suoi scritti – non è semplicemente una virtù a sé stante, ma una modalità che investe ogni aspetto dell’esistenza cristiana. Abbiamo la speranza che il futuro è nostro perché il futuro è di Dio. Così la risurrezione del Signore viene presentata come il fondamento della nostra futura risurrezione, e rappresenta l’oggetto principale della fiducia dei cristiani: «La carne risorgerà – afferma categoricamente l’Africano –: tutta la carne, proprio la carne, e la carne tutta intera. Dovunque si trovi, essa è in deposito presso Dio, in virtù del fedelissimo mediatore tra Dio e gli uomini Gesù Cristo, che restituirà Dio all’uomo e l’uomo a Dio» (La risurrezione dei morti 63,1).

Dal punto di vista umano si può parlare senz’altro di un dramma di Tertulliano. Con il passare degli anni egli diventò sempre più esigente nei confronti dei cristiani. Pretendeva da loro in ogni circostanza, e soprattutto nelle persecuzioni, un comportamento eroico. Rigido nelle sue posizioni, non risparmiava critiche pesanti, e inevitabilmente finì per trovarsi isolato. Del resto, anche oggi restano aperte molte questioni, non solo sul pensiero teologico e filosofico di Tertulliano, ma anche sul suo atteggiamento nei confronti delle istituzioni politiche e della società pagana. A me fa molto pensare questa grande personalità morale e intellettuale, quest'uomo che ha dato un così grande contributo al pensiero cristiano. Si vede che alla fine gli manca la semplicità, l'umiltà di inserirsi nella Chiesa, di accettare le sue debolezze, di essere tollerante con gli altri e con se stesso. Quando si vede solo il proprio pensiero nella sua grandezza, alla fine è proprio questa grandezza che si perde. La caratteristica essenziale di un grande teologo è l’umiltà di stare con la Chiesa, di accettare le sue e le proprie debolezze, perché solo Dio è realmente tutto santo. Noi invece abbiamo sempre bisogno del perdono.

In definitiva, l’Africano rimane un testimone interessante dei primi tempi della Chiesa, quando i cristiani si trovarono ad essere autentici soggetti di «nuova cultura» nel confronto ravvicinato tra eredità classica e messaggio evangelico. E’ sua la celebre affermazione secondo cui la nostra anima «è naturaliter cristiana» (Apologetico 17,6), dove Tertulliano evoca la perenne continuità tra gli autentici valori umani e quelli cristiani; e anche quell’altra sua riflessione, mutuata direttamente dal Vangelo, secondo cui «il cristiano non può odiare nemmeno i propri nemici» (cfr Apologetico 37), dove il risvolto morale, ineludibile, della scelta di fede, propone la «non violenza» come regola di vita: e non è chi non veda la drammatica attualità di questo insegnamento, anche alla luce dell’acceso dibattito sulle religioni.

Negli scritti dell’Africano, insomma, si rintracciano numerosi temi che ancor oggi siamo chiamati ad affrontare. Essi ci coinvolgono in una feconda ricerca interiore, alla quale esorto tutti i fedeli, perché sappiano esprimere in maniera sempre più convincente la Regola della fede, quella – per tornare ancora una volta a Tertulliano – «secondo la quale noi crediamo che esiste un solo Dio, e nessun altro al di fuori del Creatore del mondo: egli ha tratto ogni cosa dal nulla per mezzo del suo Verbo, generato prima di tutte le cose» (La prescrizione degli eretici 13,1).

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto tutti i polacchi, e in modo particolare i sacerdoti della Diocesi di Wloclawek, i neopresbiteri dell’Arcidiocesi di Katowice, nonché i formatori e i seminaristi del Seminario Maggiore di Tarnów. Do il benvenuto a tutti coloro che sono venuti per la prossima canonizzazione del beato Szymon di Lipnica. Per sua intercessione chiediamo al Signore numerose e buone vocazioni sacerdotali e religiose nella Chiesa in Polonia e in tutto il mondo. Dio vi benedica!

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati, in modo particolare i giovani delle parrocchie di Capljina e di Rotimlje con i loro parroci qui presenti, il gruppo di fedeli dell’arcidiocesi di Zadar e l’associazione “Dona Croata” di Krapina. Il Signore vi sia di sostegno nel servizio gioioso alla sua Chiesa! Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua lituana:

Saluto cordialmente i pellegrini lituani! Vi ringrazio per la vostra presenza a questo incontro ed assicuro un ricordo nella preghiera per voi, per i vostri progetti di bene e per la vostra Patria. Il Signore vi benedica tutti! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti dalle parrocchie Košice-Nad Jazerom, Šenkvice, Hermanovce a Kokošovce. Fratelli e sorelle, vi auguro che la vostra visita dei luoghi sacri di Roma rappresenti per ciascuno di voi il rinnovamento della fede cristiana. Di cuore benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo il mio cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli della diocesi di Pozzuoli, accompagnati dal loro Pastore Mons. Gennaro Pascarella, e quelli della diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant'Agata dei Goti, con il loro Vescovo Mons. Michele De Rosa. Cari amici, attingete costantemente dall'Eucarestia la forza per essere testimoni del Vangelo della carità, seguendo l'esempio e l'intercessione dei Santi che con la loro fedeltà a Cristo hanno evangelizzato le vostre terre. Saluto poi i membri del Pontificio Istituto Missioni Estere, che celebrano in questi giorni il loro Capitolo generale, ed auspico che quest'importante Assemblea sia per tutti stimolo e incoraggiamento ad essere sempre più segni eloquenti dell'amore di Dio e missionari della sua pace.

Saluto, infine, i malati, gli sposi novelli e i giovani, e tra questi in special modo gli studenti del Liceo "Bonghi" di Lucera. Nel vivo ricordo della Pentecoste, che abbiamo celebrato domenica scorsa, vi esorto, cari giovani, ad invocare costantemente lo Spirito Santo, perché siate intrepidi apostoli di Cristo fra i vostri coetanei. Lo Spirito Consolatore aiuti voi, cari malati, ad accogliere con fede le sofferenze e la malattia offrendole a Dio per la salvezza di tutti gli uomini, e conceda a voi, cari sposi novelli, la gioia di costruire la vostra famiglia sul solido fondamento del Vangelo.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 6 giugno 2007: San Cipriano


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