Catechesi 2005-2013 8087

Mercoledì, 8 agosto 2007: San Gregorio di Nazianzo - I: Vita e scritti

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Cari fratelli e sorelle,

mercoledì scorso ho parlato di un grande maestro della fede, il Padre della Chiesa san Basilio. Oggi vorrei parlare del suo amico Gregorio di Nazianzo, anche lui, come Basilio, originario della Cappadocia. Illustre teologo, oratore e difensore della fede cristiana nel IV secolo, fu celebre per la sua eloquenza, ed ebbe anche, come poeta, un’anima raffinata e sensibile.

Gregorio nacque da una nobile famiglia. La madre lo consacrò a Dio fin dalla nascita, avvenuta intorno al 330. Dopo la prima educazione familiare, frequentò le più celebri scuole della sua epoca: fu dapprima a Cesarea di Cappadocia, dove strinse amicizia con Basilio, futuro Vescovo di quella città, e sostò poi in altre metropoli del mondo antico, come Alessandria d’Egitto e soprattutto Atene, dove incontrò di nuovo Basilio (cfr Discorso 43,14-24). Rievocandone l’amicizia, Gregorio scriverà più tardi: «Allora non solo io mi sentivo preso da venerazione verso il mio grande Basilio per la serietà dei suoi costumi e per la maturità e saggezza dei suoi discorsi, ma inducevo a fare altrettanto anche altri, che ancora non lo conoscevano ... Ci guidava la stessa ansia di sapere ... Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo. Sembrava che avessimo un’unica anima in due corpi» (Discorso 43,16.20). Sono parole che rappresentano un po’ l’autoritratto di quest’anima nobile. Ma si può anche immaginare che quest’uomo, che era fortemente proiettato oltre i valori terreni, abbia sofferto molto per le cose di questo mondo.

Tornato a casa, Gregorio ricevette il Battesimo e si orientò verso la vita monastica: la solitudine, la meditazione filosofica e spirituale lo affascinavano. Egli stesso scriverà: «Nulla mi sembra più grande di questo: far tacere i propri sensi, uscire dalla carne del mondo, raccogliersi in se stesso, non occuparsi più delle cose umane, se non di quelle strettamente necessarie; parlare con se stesso e con Dio, condurre una vita che trascende le cose visibili; portare nell'anima immagini divine sempre pure, senza mescolanza di forme terrene ed erronee; essere veramente uno specchio immacolato di Dio e delle cose divine, e divenirlo sempre più, prendendo luce da luce ...; godere, nella speranza presente, il bene futuro, e conversare con gli angeli; avere già lasciato la terra, pur stando in terra, trasportati in alto con lo spirito» (Discorso 2,7).

Come confida nella sua autobiografia (cfr Poesie[storiche] 2,1,11 sulla sua vita 340-349), ricevette l’ordinazione presbiterale con una certa riluttanza, perché sapeva che poi avrebbe dovuto fare il Pastore, occuparsi degli altri, delle loro cose, quindi non più così raccolto nella pura meditazione: Tuttavia egli poi accettò questa vocazione e assunse il ministero pastorale in piena obbedienza, accettando, come spesso gli accadde nella vita, di essere portato dalla Provvidenza là dove non voleva andare (cfr
Jn 21,18). Nel 371 il suo amico Basilio, Vescovo di Cesarea, contro il desiderio dello stesso Gregorio, lo volle consacrare Vescovo di Sasima, un paese strategicamente importante della Cappadocia. Egli però, per varie difficoltà, non ne prese mai possesso, e rimase invece nella città di Nazianzo.

Verso il 379, Gregorio fu chiamato a Costantinopoli, la capitale, per guidare la piccola comunità cattolica fedele al Concilio di Nicea e alla fede trinitaria. La maggioranza aderiva invece all’arianesimo, che era «politicamente corretto» e considerato politicamente utile dagli imperatori. Così egli si trovò in condizioni di minoranza, circondato da ostilità. Nella chiesetta dell’Anastasis pronunciò cinque Discorsi teologici (27-31) proprio per difendere e rendere anche intelligibile la fede trinitaria. Sono discorsi rimasti celebri per la sicurezza della dottrina, l’abilità del ragionamento, che fa realmente capire che questa è la logica divina. E anche lo splendore della forma li rende oggi affascinanti. Gregorio ricevette, a motivo di questi discorsi, l’appellativo di «teologo». Così viene chiamato nella Chiesa ortodossa: il «teologo». E questo perché la teologia per lui non è una riflessione puramente umana, o ancor meno frutto soltanto di complicate speculazioni, ma deriva da una vita di preghiera e di santità, da un dialogo assiduo con Dio. E proprio così fa apparire alla nostra ragione la realtà di Dio, il mistero trinitario. Nel silenzio contemplativo, intriso di stupore davanti alle meraviglie del mistero rivelato, l’anima accoglie la bellezza e la gloria divina.

Mentre partecipava al secondo Concilio Ecumenico del 381, Gregorio fu eletto Vescovo di Costantinopoli, e assunse la presidenza del Concilio. Ma subito si scatenò contro di lui una forte opposizione, finché la situazione divenne insostenibile. Per un’anima così sensibile queste inimicizie erano insopportabili. Si ripeteva quello che Gregorio aveva già lamentato precedentemente con parole accorate: «Abbiamo diviso Cristo, noi che tanto amavamo Dio e Cristo! Abbiamo mentito gli uni agli altri a motivo della Verità, abbiamo nutrito sentimenti di odio a causa dell’Amore, ci siamo divisi l’uno dall’altro!» (Discorso 6,3). Si giunse così, in un clima di tensione, alle sue dimissioni. Nella cattedrale affollatissima Gregorio pronunciò un discorso di addio di grande effetto e dignità (cfr Discorso 42). Concludeva il suo accorato intervento con queste parole: «Addio, grande città, amata da Cristo ... Figli miei, vi supplico, custodite il deposito [della fede] che vi è stato affidato (cfr 1Tm 6,20), ricordatevi delle mie sofferenze (cfr Col 4,18). Che la grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi» (cfr Discorso 42,27).

Ritornò a Nazianzo, e per circa due anni si dedicò alla cura pastorale di quella comunità cristiana. Poi si ritirò definitivamente in solitudine nella vicina Arianzo, la sua terra natale, dedicandosi allo studio e alla vita ascetica. In questo periodo compose la maggior parte della sua opera poetica, soprattutto autobiografica: le Poesie sulla sua vita, una rilettura in versi del proprio cammino umano e spirituale, cammino esemplare di un cristiano sofferente, di un uomo di grande interiorità in un mondo pieno di conflitti. È un uomo che ci fa sentire il primato di Dio, e perciò parla anche a noi, a questo nostro mondo: senza Dio l’uomo perde la sua grandezza, senza Dio non c’è vero umanesimo. Ascoltiamo perciò questa voce e cerchiamo di conoscere anche noi il volto di Dio. In una delle sue poesie aveva scritto, rivolgendosi a Dio: «Sii benigno, Tu, l’Aldilà di tutto» (Poesie [dogmatiche] 1,1,29). E nel 390 Dio accoglieva tra le sue braccia questo servo fedele, che con acuta intelligenza l’aveva difeso negli scritti, e che con tanto amore l’aveva cantato nelle sue poesie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. Vi ringrazio per la vostra vicinanza spirituale e per le preghiere secondo le intenzioni del Papa e della Chiesa. La visita alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo rafforzi la vostra fede, vi incoraggi a dare la testimonianza a Cristo e ravvivi lo spirito dell’amore fraterno. Dio benedica voi e i vostri cari.

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi, particolarmente i gruppi di Veszprém e di Gyor. Cari amici, vi ringrazio per la vostra visita ed invoco volentieri su di voi e sulle vostra Comunità copiosi doni celesti per una sempre più solida testimonianza cristiana. Con la mia benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Ancelle Parrocchiali dello Spirito Santo e le Figlie di Nostra Signora del Sacro Cuore che celebrano i rispettivi Capitoli Generali. Care Sorelle, vi auguro di continuare con entusiasmo il servizio che rendete al Vangelo e alla Chiesa ed invoco per voi il sostegno del Signore perché possiate operare con sempre più grande fecondità nell'ambito della nuova evangelizzazione. Saluto poi voi, Suore Francescane Elisabettine Bigie, che celebrate l'ottavo centenario di nascita di santa Elisabetta d'Ungheria. Possa questa provvida ricorrenza suscitare in ciascuna di voi un rinnovato desiderio di testimoniare ovunque l'amore di Cristo per ogni persona umana, specialmente verso i più deboli, sulle orme del vostro fondatore il beato Ludovico da Casoria. Saluto ora voi, cari Seminaristi provenienti dai Seminari maggiori di diverse Diocesi italiane, e riuniti a Sacrofano per un incontro estivo: vi auguro di far tesoro degli insegnamenti e delle esperienze spirituali di questi giorni.

Infine, il mio pensiero va ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Ricorre oggi la memoria di San Domenico di Guzman, instancabile predicatore del Vangelo, e domani sarà la festa di Santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, compatrona d'Europa. Questi due Santi aiutino voi, cari giovani, ad avere sempre fiducia in Cristo. Il loro esempio sostenga voi, cari malati a partecipare con fede alla potenza salvifica della sua Croce. Incoraggi voi, cari sposi novelli, ad essere immagine luminosa di Dio, attraverso la vostra reciproca fedeltà.


Aula Paolo VI



Mercoledì, 22 agosto 2007: San Gregorio di Nazianzo - II: La dottrina

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Cari fratelli e sorelle,

nella serie di ritratti di grandi Padri e Dottori della Chiesa che cerco di offrire in queste catechesi, ho parlato la scorsa volta di san Gregorio Nazianzeno, Vescovo del IV secolo; vorrei ora completare questo ritratto. Cercheremo oggi di raccogliere alcuni suoi insegnamenti. Riflettendo sulla missione che Dio gli aveva affidato, san Gregorio Nazianzeno concludeva: «Sono stato creato per ascendere fino a Dio con le mie azioni» (Discorso 14,6 sull’amore per i poveri). Di fatto, egli mise al servizio di Dio e della Chiesa il suo talento di scrittore e di oratore. Compose numerosi discorsi, varie omelie e panegirici, molte lettere e opere poetiche (quasi 18.000 versi!): un’attività veramente prodigiosa. Aveva compreso che questa era la missione che Dio gli aveva affidato: «Servo della Parola, io aderisco al ministero della Parola; che io non acconsenta mai di trascurare questo bene. Questa vocazione io l’apprezzo e la gradisco, ne traggo più gioia che da tutte le altre cose messe insieme» (Discorso 6,5; cfr anche Discorso 4,10).

Il Nazianzeno era un uomo mite, e nella sua vita cercò sempre di fare opera di pace nella Chiesa del suo tempo, lacerata da discordie e da eresie. Con audacia evangelica si sforzò di superare la propria timidezza per proclamare la verità della fede. Sentiva profondamente l’anelito di avvicinarsi a Dio, di unirsi a Lui. È quanto esprime egli stesso in una sua poesia, dove scrive: tra i «grandi flutti del mare della vita, / di qua e di là da impetuosi venti agitato, /... / una cosa sola m'era cara, sola mia ricchezza, / conforto e oblio delle fatiche, / la luce della Santa Trinità» (Poesie [storiche] 2,1,15).

Gregorio fece risplendere la luce della Trinità, difendendo la fede proclamata nel Concilio di Nicea: un solo Dio in tre Persone uguali e distinte – Padre, Figlio e Spirito Santo –, «tri­plice luce che in unico / splendor s’aduna» (ibid. 2,1,32). Quindi, afferma sempre Gregorio sulla scorta di san Paolo (
1Co 8,6), «per noi vi è un Dio, il Padre, da cui è tutto; un Signore, Gesù Cristo, per mezzo di cui è tutto; e uno Spirito Santo, in cui è tutto» (Discorso 39,12).

Gregorio ha messo in grande rilievo la piena umanità di Cristo: per redimere l’uomo nella sua totalità di corpo, anima e spirito, Cristo assunse tutte le componenti della natura umana, altrimenti l’uomo non sarebbe stato salvato. Contro l’eresia di Apollinare, il quale sosteneva che Gesù Cristo non aveva assunto un’anima razionale, Gregorio affronta il problema alla luce del mistero della salvezza: «Ciò che non è stato assunto, non è stato guarito» (Ep 101,32), e se Cristo non fosse stato «dotato di intelletto razionale, come avrebbe potuto essere uomo?» (Ep 101,34). Era proprio il nostro intelletto, la nostra ragione che aveva e ha bisogno della relazione, dell’incontro con Dio in Cristo. Diventando uomo, Cristo ci ha dato la possibilità di diventare a nostra volta come Lui. Il Nazianzeno esorta: «Cerchiamo di essere come Cristo, poiché anche Cristo è divenuto come noi: di diventare dèi per mezzo di Lui, dal mo­mento che Lui stesso, per il nostro tramite, è divenuto uomo. Prese il peggio su di sé, per farci dono del meglio» (Discorso 1,5).

Maria, che ha dato la natura umana a Cristo, è vera Madre di Dio (Theotókos: cfr Ep 101,16), e in vista della sua altissima missione è stata «pre-purificata» (Discorso 38,13; quasi un lontano preludio del dogma dell’Immacolata Concezione). Maria è proposta come modello ai cristiani, soprattutto alle vergini, e come soccorritrice da invocare nelle necessità (cfr Discorso 24,11).

Gregorio ci ricorda che, come persone umane, dobbiamo essere solidali gli uni verso gli altri. Scrive: «“Noi siamo tutti una sola cosa nel Signore” (cfr Rm 12,5), ricchi e poveri, schiavi e liberi, sani e malati; e unico è il capo da cui tutto deriva: Gesù Cristo. E come fanno le membra di un solo corpo, ciascuno si occupi di ciascuno, e tutti di tutti». Poi, riferendosi ai malati e alle persone in difficoltà, conclude: «Questa è l’unica salvezza per la nostra carne e la nostra anima: la carità verso di loro» (Discorso 14,8 sull’amore per i poveri). Gregorio sottolinea che l’uomo deve imitare la bontà e l’amore di Dio, e quindi raccomanda: «Se sei sano e ricco, allevia il bisogno di chi è malato e povero; se non sei caduto, soccorri chi è caduto e vive nella sofferenza; se sei lieto, consola chi è triste; se sei fortunato, aiuta chi è morso dalla sventura. Da’ a Dio una prova di riconoscenza, perché sei uno di quelli che possono beneficare, e non di quelli che hanno bisogno di essere beneficati ... Sii ricco non solo di beni, ma anche di pietà; non solo di oro, ma di virtù, o meglio, di questa sola. Supera la fama del tuo prossimo mostrandoti più buono di tutti; renditi Dio per lo sventurato, imitando la misericordia di Dio» (ibid., 14,26).

Gregorio ci insegna anzitutto l’importanza e la necessità della preghiera. Egli afferma che «è necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri» (Discorso 27,4), perché la preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di Lui (cfr Discorso 40, 27). Nella preghiera noi dobbiamo rivolgere il nostro cuore a Dio, per consegnarci a Lui come offerta da purificare e trasformare. Nella preghiera noi vediamo tutto alla luce di Cristo, lasciamo cadere le nostre maschere e ci immergiamo nella verità e nell’ascolto di Dio, alimentando il fuoco dell'amore.

In una poesia, che è allo stesso tempo medita­zione sullo scopo della vita e implicita invocazione a Dio, Gregorio scrive: «Hai un compito, anima mia, / un grande compito, se vuoi. / Scruta seriamente te stessa, / il tuo essere, il tuo destino; / donde vieni e dove dovrai posarti; / cerca di conoscere se è vita quella che vivi / o se c’è qualcosa di più. / Hai un compito, anima mia, / purifica, perciò, la tua vita: / considera, per favore, Dio e i suoi misteri, / indaga cosa c’era prima di questo universo / e che cosa esso è per te, / da dove è venuto, e quale sarà il suo destino. / Ecco il tuo compito, / anima mia, / purifica, perciò, la tua vita» (Poesie [storiche] 2,1,78). Continuamente il santo Vescovo chiede aiuto a Cristo, per essere rialzato e riprendere il cammino: «Sono stato deluso, o mio Cristo, / per il mio troppo presumere: / dalle altezze sono caduto molto in basso. / Ma rialzami di nuovo ora, poiché vedo / che da me stesso mi sono ingannato; / se troppo ancora confiderò in me stesso, / subito cadrò, e la caduta sarà fatale» (ibid., 2,1,67).

Gregorio, dunque, ha sentito il bisogno di avvicinarsi a Dio per superare la stanchezza del proprio io. Ha sperimentato lo slancio dell’anima, la vivacità di uno spirito sensibile e l’instabilità della felicità effimera. Per lui, nel dramma di una vita su cui pesava la coscienza della propria debolezza e della propria miseria, l’esperienza dell’amore di Dio ha sempre avuto il sopravvento. Hai un compito, anima – dice san Gregorio anche a noi –, il compito di trovare la vera luce, di trovare la vera altezza della tua vita. E la tua vita è incontrarti con Dio, che ha sete della nostra sete.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi, e in particolare i padri risurrezionisti che da centocinquanta anni si prendono cura del santuario mariano della Mentorella. Questo posto, che così volentieri visitava Giovanni Paolo II, anche a me e molto caro. Oggi celebriamo la memoria della Beata Maria Vergine Regina. Alla sua protezione affido tutti voi qui presenti e vi benedico di cuore.

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi! Cari amici, presso la tomba di San Pietro sperimentate anche l’universalità della Chiesa. Augurandovi l’approfondimento della Vostra fede imparto di cuore la Benedizione apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Saluto ora i pellegrini italiani. In particolare, le Suore Zelatrici del Sacro Cuore, che ricordano il 25° anniversario dell'approvazione pontificia. Care Sorelle, con ardente spirito missionario, proseguite nel servizio ai più bisognosi e dappertutto testimoniate in maniera concreta il Vangelo della speranza e dell'amore. Saluto, inoltre, i partecipanti alla Festa del pellegrino in onore di san Gabriele dell'Addolorata, augurando a ciascuno che la sosta presso le Tombe degli Apostoli sia per tutti incoraggiamento a un proficuo rinnovamento spirituale. Il mio pensiero va poi alle Famiglie e ai laici animatori vocazionali Rogazionisti. Cari amici, continuate con gioia e generosità nel vostro impegno in favore delle vocazioni di speciale consacrazione, secondo l'esempio e gli insegnamenti di sant'Annibale Maria Di Francia.

Rivolgo infine, come di consueto, un cordiale saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.Eleviamo lo sguardo verso il Cielo per contemplare lo splendore della Santa Madre di Dio, che quest'oggi la liturgia ci invita a invocare come nostra Regina. Cari giovani, ponete voi stessi e ogni vostro progetto sotto la materna protezione di Colei che ha donato al mondo il Salvatore. Cari malati, in attesa del ricupero della salute, pregateLa ogni giorno per ottenere la forza di affrontare con pazienza la prova della sofferenza. Cari sposi novelli, coltivate verso di Lei una devozione sincera, perché vi sia accanto nella vostra quotidiana esistenza.




Piazza San Pietro

Mercoledì, 29 agosto 2007: San Gregorio di Nissa - I: Vita e scritti

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Cari fratelli e sorelle,

nelle ultime catechesi ho parlato di due grandi Dottori della Chiesa del IV secolo, Basilio e Gregorio Nazianzeno, Vescovi in Cappadocia, nell’attuale Turchia. Oggi ne aggiungiamo un terzo, il fratello di Basilio, san Gregorio di Nissa, che si è mostrato uomo di carattere meditativo, con grandi capacità di riflessione, e di vivace intelligenza, aperta alla cultura del suo tempo. Si è rivelato così un pensatore originale e profondo nella storia del cristianesimo.

Nacque intorno al 335; la sua formazione cristiana fu curata particolarmente dal fratello Basilio – da lui definito «padre e maestro» (
Ep 13,4) – e dalla sorella Macrina. Compì gli studi, apprezzando particolarmente la filosofia e la retorica. In un primo tempo si dedicò all’insegnamento e si sposò. Poi anch’egli, come il fratello e la sorella, si dedicò interamente alla vita ascetica. Più tardi venne eletto Vescovo di Nissa, e si dimostrò pastore zelante, così da attirarsi la stima della comunità. Accusato di malversazioni economiche dagli avversari eretici, dovette per breve tempo abbandonare la sua sede episcopale, ma poi vi rientrò trionfalmente (cfr Ep 6) e continuò ad impegnarsi nella lotta per difendere la vera fede.

Soprattutto dopo la morte di Basilio, quasi raccogliendone l’eredità spirituale, cooperò al trionfo dell’ortodossia. Partecipò a vari sinodi; cercò di dirimere i contrasti tra le Chiese; prese parte attiva alla riorganizzazione ecclesiastica e, come «colonna dell’ortodossia», fu un protagonista del Concilio di Costantinopoli del 381, che definì la divinità dello Spirito Santo. Ebbe vari incarichi ufficiali da parte dell’imperatore Teodosio, pronunciò importanti omelie e discorsi funebri, si dedicò a comporre diverse opere teologiche. Nel 394 partecipò ancora a un sinodo tenutosi a Costantinopoli. Non è conosciuta la data della sua morte.

Gregorio esprime con chiarezza la finalità dei suoi studi, lo scopo supremo a cui mira nel suo lavoro di teologo: non impiegare la vita in cose vane, ma trovare la luce che consenta di discernere ciò che è veramente utile (cfr Om. sull’Ecclesiaste 1). Trovò questo bene supremo nel cristianesimo, grazie al quale è possibile «l’imitazione della natura divina» (La professione cristiana). Con la sua acuta intelligenza e le sue vaste conoscenze filosofiche e teologiche, egli difese la fede cristiana contro gli eretici, che negavano la divinità del Figlio e dello Spirito Santo (come Eunomio e i macedoniani), o compromettevano la perfetta umanità di Cristo (come Apollinare). Commentò la Sacra Scrittura, soffermandosi sulla creazione dell’uomo. Questo era per lui un tema centrale: la creazione. Egli vedeva nella creatura il riflesso del Creatore e trovava qui la strada verso Dio. Ma egli scrisse anche un importante libro sulla vita di Mosè, che presenta come uomo in cammino verso Dio: questa salita verso il Monte Sinai diventa per lui un’'immagine della nostra salita nella vita umana verso la vera vita, verso l'incontro con Dio. Egli ha interpretato anche la preghiera del Signore, il Padre Nostro, e le Beatitudini. Nel suo Grande discorso catechetico espose le linee fondamentali della teologia, non per una teologia accademica chiusa in se stessa, ma per offrire ai catechisti un sistema di riferimento da tener presente nelle loro istruzioni, quasi il quadro nel quale si muove poi l'interpretazione pedagogica della fede.

Gregorio, inoltre, è insigne per la sua dottrina spirituale. Tutta la sua teologia non era una riflessione accademica, ma espressione di una vita spirituale, di una vita di fede vissuta. Da grande «padre della mistica» prospettò in vari trattati – come La professione cristiana e La perfezione cristiana – il cammino che i cristiani devono intraprendere per raggiungere la vera vita, la perfezione. Esaltò la verginità consacrata (La verginità), e ne propose un modello insigne nella vita della sorella Macrina, che è rimasta per lui sempre una guida, un esempio (cfr Vita di Macrina). Tenne vari discorsi e omelie, e scrisse numerose lettere. Commentando la creazione dell’uomo, Gregorio mette in evidenza che Dio, «il migliore degli artisti, forgia la nostra natura in maniera da renderla adatta all’esercizio della regalità. Attraverso la superiorità stabilita dall’anima, e per mezzo della stessa conformazione del corpo, Egli dispone le cose in modo che l’uomo sia realmente idoneo al potere regale» (La creazione dell’uomo 4). Ma vediamo come l’uomo, nella rete dei peccati, spesso abusi della creazione, non eserciti una vera regalità. Per questo, infatti, per realizzare cioè una vera responsabilità verso le creature, deve essere penetrato da Dio e vivere nella sua luce. L’uomo è un riflesso di quella bellezza originaria che è Dio: «Tutto quanto Dio creò era ottimo», scrive il santo Vescovo. E aggiunge: «Lo testimonia il racconto della creazione (cfr Gn 1,31). Fra le cose ottime c’era anche l’uomo, ornato di una bellezza di gran lunga superiore a tutte le cose belle. Che cos’altro, infatti, poteva essere bello, al pari di chi era simile alla bellezza pura e incorruttibile? ... Riflesso e immagine della vita eterna, egli era bello davvero, anzi bellissimo, con il segno raggiante della vita sul suo volto» (Om. sul Cantico 12).

L’uomo è stato onorato da Dio e posto al di sopra di ogni altra creatura: «Non il cielo è stato fatto a immagine di Dio, non la luna, non il sole, non la bellezza delle stelle, nessun’altra delle cose che appaiono nella creazione. Solo tu [anima umana] sei stata resa immagine della natura che sovrasta ogni intelletto, somiglianza della bellezza incorruttibile, impronta della vera divinità, ricettacolo della vita beata, immagine della vera luce, guardando la quale tu diventi quello che Egli è, perché per mezzo del raggio riflesso proveniente dalla tua purezza tu imiti Colui che brilla in te. Nessuna cosa che esiste è così grande da essere commisurata alla tua grandezza» (ibid., 2). Meditiamo questo elogio dell’uomo. Vediamo anche come l’uomo sia degradato dal peccato. E cerchiamo di ritornare alla grandezza originaria: solo se Dio è presente, l'uomo arriva a questa sua vera grandezza.

L’uomo, dunque, riconosce dentro di sé il riflesso della luce divina: purificando il suo cuore, egli ritorna ad essere, come era al principio, una limpida immagine di Dio, Bellezza esemplare (cfr Discorso catechetico 6). Così l’uomo, purificandosi, può vedere Dio, come i puri di cuore (cfr Mt 5,8): «Se, con un tenore di vita diligente e attento, laverai le brutture che si sono depositate sul tuo cuore, risplenderà in te la divina bellezza ... Contemplando te stesso, vedrai in te Colui che è il desiderio del tuo cuore, e sarai beato» (Le Beatitudini 6). Bisogna quindi lavare le brutture che si sono depositate sul nostro cuore e ritrovare in noi stessi la luce di Dio.

L’uomo ha dunque come fine la contemplazione di Dio. Solo in essa potrà trovare il suo appagamento. Per anticipare in qualche misura tale obiettivo già in questa vita, egli deve progredire incessantemente verso una vita spirituale, una vita in dialogo con Dio. In altre parole – ed è questa la lezione più importante che san Gregorio Nisseno ci consegna – la piena realizzazione dell’uomo consiste nella santità, in una vita vissuta nell’incontro con Dio, che così diventa luminosa anche per gli altri, anche per il mondo.

Saluti:

Saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini della Diocesi di Hradec Králové. Carissimi, auguro a voi tutti che questo pellegrinaggio, come anche le vostre ferie, giovino non solo alla salute del corpo, ma anche a quella dell'anima. Con questi voti, volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i polacchi, e in modo particolare i pellegrini dalla Diocesi di Radom, che sono giunti in occasione del quindicesimo anniversario della sua creazione. Sono lieto che cinque anni fa ho potuto far visita alla vostra città e consacrare il vostro vescovo Zygmunt. Volentieri benedico le corone con le quali verrà decorata l’effige della Madonna Addolorata a Kalków. Alla Sua protezione affido voi e tutti i presenti. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti da Považská Teplá, Košice e Vrútky. Fratelli e sorelle, auguro che il vostro pellegrinaggio a Roma sia per ciascuno un sostegno nella fede. Di cuore benedico voi ed i vostri cari in Patria. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi. Carissimi, vi auguro che il vostro pellegrinaggio nella città eterna approfondisca il vostro legame con la Chiesa fondata sui principi degli apostoli. Di cuore imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo ora una parola di cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli delle varie Parrocchie, accompagnati dai propri parroci ed auguro che questo incontro rinsaldi ciascuno nella fedeltà a Cristo e nella generosa testimonianza cristiana. Saluto poi la Delegazione della Repubblica di San Marino, qui convenuta in occasione del 25° anniversario della visita del mio amato predecessore Giovanni Paolo II a quella terra. Cari amici, il ricordo di un evento così significativo possa suscitare in voi rinnovata adesione a Dio, sorgente di luce, di speranza e di pace.

Il mio pensiero si rivolge infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. L'eroico esempio di San Giovanni Battista, di cui celebriamo oggi il martirio, solleciti voi, cari giovani, a progettare il vostro futuro in piena fedeltà al Vangelo. Aiuti voi, cari ammalati, ad affrontare la sofferenza con coraggio, trovando in Cristo crocifisso serenità e conforto. Conduca voi, cari sposi novelli, a un amore profondo verso Dio e tra di voi, per sperimentare ogni giorno la consolante gioia che scaturisce dal dono reciproco di sé.

APPELLO


In questi giorni, alcune regioni geografiche sono devastate da gravi calamità: mi riferisco alle inondazioni in alcuni Paesi orientali, come pure ai disastrosi incendi in Grecia, in Italia e in altre Nazioni europee. Davanti a così drammatiche emergenze, che hanno causato numerose vittime e ingenti danni materiali, non si può non essere preoccupati per l'irresponsabile comportamento di taluni che mettono a rischio l'incolumità delle persone e distruggono il patrimonio ambientale, bene prezioso dell'intera umanità. Mi unisco a quanti giustamente stigmatizzano tali azioni criminose e invito tutti a pregare per le vittime di queste tragedie.


Piazza San Pietro

Mercoledì, 5 settembre 2007: San Gregorio di Nissa - II: La dottrina

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Cari fratelli e sorelle,

vi propongo alcuni aspetti della dottrina di san Gregorio Nisseno, del quale abbiamo già parlato mercoledì scorso. Anzitutto Gregorio di Nissa manifesta una concezione molto elevata della dignità dell’uomo. Il fine dell’uomo, dice il santo Vescovo, è quello di rendersi simile a Dio, e questo fine lo raggiunge anzitutto attraverso l’amore, la conoscenza e la pratica delle virtù, «raggi luminosi che discendono dalla natura divina» (Le Beatitudini 6), in un movimento perpetuo di adesione al bene, come il corridore è proteso in avanti. Gregorio usa, a questo riguardo, un’efficace immagine, presente già nella Lettera di Paolo ai Filippesi: epekteinómenos (3,13), cioè «protendendomi» verso ciò che è più grande, verso la verità e l’amore. Questa icastica espressione indica una realtà profonda: la perfezione che vogliamo trovare non è una cosa conquistata per sempre; perfezione è questo rimanere in cammino, è una continua disponibilità ad andare avanti, perché non si raggiunge mai la piena somiglianza con Dio: siamo sempre in cammino (cfr Om. sul Cantico 12). La storia di ogni anima è quella di un amore ogni volta colmato, e allo stesso tempo aperto su nuovi orizzonti, perché Dio dilata continuamente le possibilità dell’anima, per renderla capace di beni sempre maggiori. Dio stesso, che ha deposto in noi i germi di bene, e dal quale parte ogni iniziativa di santità, «modella il blocco ... Limando e pulendo il nostro spirito, forma in noi il Cristo» (Sui
Ps 2,11).

Gregorio si preoccupa di precisare: «Non è in effetti opera nostra, e non è neppure la riuscita di una potenza umana divenire simili alla Divinità, ma è il risultato della munificenza di Dio, che fin dalla sua prima origine ha fatto grazia della somiglianza con Lui alla nostra natura» (La verginità 12,2). Per l’anima, dunque, «si tratta non di conoscere qualcosa di Dio, ma di avere in sé Dio» (Le Beatitudini 6). Del resto, nota acutamente Gregorio, «la divinità è purezza, è affrancamento dalle passioni e rimozione di ogni male: se tutte queste cose sono in te, Dio è realmente in te» (ibid.).

Quando abbiamo Dio in noi, quando l’uomo ama Dio, per quella reciprocità che è propria della legge dell’amore, egli vuole ciò che Dio stesso vuole (cfr Om. sul Cantico 9), e quindi coopera con Dio a modellare in sé la divina immagine, così che «la nostra nascita spirituale è il risultato di una libera scelta, e noi siamo in qualche modo i genitori di noi stessi, creandoci come noi stessi vogliamo essere, e per nostra volontà formandoci secondo il modello che scegliamo» (Vita di Mosè 2,3). Per ascendere verso Dio, l’uomo deve purificarsi: «La via, che riconduce al cielo la natura umana, altro non è che l’allontanamento dai mali di questo mondo ... Divenire simile a Dio significa divenire giusto, santo e buono... Se dunque, secondo l’Ecclesiaste (5,1), “Dio è nel cielo” e se, secondo il profeta (Ps 72,28), voi “aderite a Dio”, ne consegue necessariamente che dovete essere là dove Dio si trova, dal momento che siete uniti a Lui. Poiché egli vi ha comandato che, quando pregate, chiamiate Dio Padre, vi dice di diventare senz'altro simili al vostro Padre celeste, con una vita degna di Dio, come il Signore ci ordina più chiaramente altrove, dicendo: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste!” (Mt 5,48)» (La preghiera del Signore 2).

In questo cammino di ascesa spirituale, Cristo è il modello e il maestro, che ci fa vedere la bella immagine di Dio (cfr La perfezione cristiana). Ciascuno di noi, guardando a Lui, si ritrova ad essere «il pittore della propria vita», che ha la volontà come esecutrice del lavoro e le virtù come colori di cui servirsi (ibid.). Dunque, se l’uomo è ritenuto degno del nome di Cristo, come deve comportarsi? Gregorio risponde così: «[Deve] esaminare sempre nel suo intimo i propri pensieri, le proprie parole e le proprie azioni, per vedere se esse sono rivolte a Cristo o se si allontanano da Lui» (ibid.). E questo punto è importante per il valore che dà alla parola “cristiano”. “Cristiano” è uno che porta il nome di Cristo e quindi deve assimilarsi a Lui anche nella vita. Noi cristiani col Battesimo ci assumiamo una grande responsabilità.

Ma Cristo – ricorda Gregorio – è presente anche nei poveri, per cui essi non devono mai essere oltraggiati: «Non disprezzare costoro, che giacciono stesi, come se per questo non valessero niente. Considera chi sono, e scoprirai quale è la loro dignità: essi ci rappresentano la Persona del Salvatore. Ed è così, perché il Signore, nella sua bontà, prestò loro la sua stessa Persona, affinché, per mezzo di essa, si muovano a compassione coloro che sono duri di cuore e nemici dei poveri» (L’amore per i poveri). Gregorio, abbiamo detto, parla di salita: salita a Dio nella preghiera mediante la purezza del cuore; ma salita a Dio anche mediante l’amore per il prossimo. L’amore è la scala che guida verso Dio. Di conseguenza, il Nisseno apostrofa vivacemente ogni suo ascoltatore: «Sii generoso con questi fratelli, vittime della sventura. Da’ all’affamato ciò che togli al tuo ventre» (ibid.).

Con molta chiarezza Gregorio ricorda che tutti dipendiamo da Dio, e perciò esclama: «Non pensate che tutto sia vostro! Ci deve essere anche una parte per i poveri, gli amici di Dio. La verità, infatti, è che tutto viene da Dio, Padre universale, e che noi siamo fratelli, e apparteniamo a una medesima stirpe» (ibid.). E allora il cristiano si esamini, insiste ancora Gregorio: «Ma a che ti serve digiunare e fare astinenza dalle carni, se poi con la tua malvagità non fai altro che addentare il tuo fratello? Che guadagno ne trai, dinanzi a Dio, dal fatto di non mangiare del tuo, se poi, agendo da ingiusto, strappi dalle mani del povero ciò che è suo?» (ibid.).

Concludiamo queste nostre catechesi sui tre grandi Padri Cappadoci richiamando ancora quell’aspetto importante della dottrina spirituale di Gregorio Nisseno, che è la preghiera. Per progredire nel cammino verso la perfezione ed accogliere in sé Dio, portare in sé lo Spirito di Dio, l’amore di Dio, l’uomo deve rivolgersi con fiducia a Lui nella preghiera: «Attraverso la preghiera riusciamo a stare con Dio. Ma chi è con Dio è lontano dal nemico. La preghiera è sostegno e difesa della castità, freno dell’ira, acquietamento e dominio della superbia. La preghiera è custodia della verginità, protezione della fedeltà nel matrimonio, speranza per coloro che vegliano, abbondanza di frutti per gli agricoltori, sicurezza per i naviganti» (La preghiera del Signore 1). Il cristiano prega ispirandosi sempre alla preghiera del Signore: «Se dunque vogliamo pregare che scenda su di noi il Regno di Dio, questo gli chiediamo con la potenza della Parola: che io sia allontanato dalla corruzione, che sia liberato dalla morte, che sia sciolto dalle catene dell’errore; non regni mai la morte su di me, non abbia mai potere su di noi la tirannia del male, non domini su di me l’avversario né mi faccia prigioniero attraverso il peccato, ma venga su di me il tuo Regno, affinché si allontanino da me o, meglio ancora, si annullino le passioni che ora mi dominano e signoreggiano» (ibid., 3).

Terminata la sua vita terrena, il cristiano potrà così rivolgersi con serenità a Dio. Parlando di questo, san Gregorio pensa alla morte della sorella Macrina e scrive che essa nel momento della morte pregava Dio così: «Tu che hai sulla terra il potere di rimettere i peccati perdonami, affinché io possa avere ristoro» (cfr Ps 38,14), e perché venga trovata al tuo cospetto senza macchia, nel momento in cui vengo spogliata del mio corpo (cfr Col 2,11), così che il mio spirito, santo e immacolato (cfr Ef Ep 5,27), venga accolto nelle tue mani, “come incenso di fronte a te” (Ps 140,2)» (Vita di Macrina 24). Questo insegnamento di san Gregorio rimane valido sempre: non solo parlare di Dio, ma portare Dio in sé. Lo facciamo con l’impegno della preghiera e vivendo nello spirito dell’amore per tutti i nostri fratelli.

Saluti:

Saluto in lingua croata:

Saluto i pellegrini croati, particolarmente i fedeli della parrocchia di San Giuseppe Lavoratore di Zagreb. Siano le vostre case, come quella di Nazaret, i luoghi della fede salda, dell’amore reciproco, della pace costante e del lavoro diligente affinché la benedizione di Dio accompagni sempre le vostre famiglie. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua polacca:

Saluto tutti i Polacchi partecipanti a questa udienza generale. Alla vostra preghiera affido i bambini e tutta la gioventù che ha cominciato il nuovo anno scolastico e catechistico. Auspico che con la grazia di Dio e con l’aiuto degli insegnanti sappiano sviluppare i loro talenti e crescano nella santità della vita. A tutti voi qui presenti e ai vostri cari imparto la mia benedizione.

Saluto in lingua slovacca:

Di cuore do un benvenuto ai pellegrini slovacchi provenienti dalle parrocchie Prešov-San Nicola, Zohor, Plavec come pure alle Suore del Divin Redentore, che celebrano venticinquesimo anniversario della loro professione religiosa. Fratelli e sorelle, vi auguro un proficuo soggiorno a Roma e con affetto benedico voi ed i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi, specialmente i collaboratori della Radio Maria in Oradea. In questi giorni si inaugura l’anno scolastico. Vi raccomando le lezioni della religione. Di cuore imparto a tutti voi la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Suore di Sant’Anna e le incoraggio a proseguire con generosità il loro servizio educativo in fedeltà al carisma dell’Istituto. Saluto, inoltre, i partecipanti al convegno dell’Opera dell’Amore Infinito e li esorto a modellare la loro vita sul Vangelo per essere nella società seminatori dell’amore di Cristo. Saluto, poi, i Missionari e le Missionarie della Carità con i collaboratori, qui convenuti nel decimo anniversario di morte della Beata Teresa di Calcutta. Cari amici, la vita e la testimonianza di questa autentica discepola di Cristo, di cui proprio oggi celebriamo la memoria liturgica, sono un invito a voi e a tutta la Chiesa a servire sempre fedelmente Dio nei più poveri e bisognosi. Continuate a seguire il suo esempio e siate dappertutto strumenti della divina misericordia.

Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari giovani, riprendendo dopo le vacanze le consuete attività quotidiane, intensificate anche il ritmo del vostro intimo dialogo con Dio e impegnatevi a diffondere la sua luce e la sua pace attorno a voi. Voi, cari malati, trovate sostegno e conforto nel Signore Gesù, che continua la sua opera di redenzione nella vita di ogni uomo. E voi, cari sposi novelli, sforzatevi, con l’aiuto divino, di rendere il vostro amore sempre più vero, duraturo e solidale.

APPELLO


Invio adesso un saluto in lingua inglese ai partecipanti al Simposio Internazionale sulla cura dell’ambiente dell’Artico.

Domani, sulla costa occidentale della Groenlandia, Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, inaugurerà un simposio intitolato: "L'Artico: Specchio di vita". Desidero salutare tutti i partecipanti, vari responsabili religiosi, scienziati, giornalisti e altre parti interessate, e assicurarli del mio sostegno ai loro sforzi. La tutela delle risorse idriche e l'attenzione per il clima sono questioni di estrema importanza per tutta la famiglia umana. Incoraggiato dal crescente riconoscimento della necessità di tutelare l'ambiente, invito tutti voi a unirvi a me nella preghiera e nell'opera di maggior rispetto per le meraviglie del Creato di Dio!



Piazza San Pietro

Mercoledì, 12 settembre 2007: Viaggio Apostolico in Austria


Catechesi 2005-2013 8087