Catechesi 2005-2013 40412

Mercoledì, 4 aprile 2012: Viaggio Apostolico in Messico e a Cuba - Il Triduo Pasquale

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Cari fratelli e sorelle,

sono ancora vive in me le emozioni suscitate dal recente Viaggio apostolico in Messico e a Cuba, sul quale vorrei soffermarmi quest’oggi. Sorge spontaneo dal mio animo il rendimento di grazie al Signore: nella sua provvidenza, Egli ha voluto che mi recassi per la prima volta come Successore di Pietro in questi due Paesi, che conservano indelebile memoria delle visite compiute dal Beato Giovanni Paolo II. Il bicentenario dell’Indipendenza del Messico e di altri Paesi Latinoamericani, il ventennio dei rapporti diplomatici tra Messico e Santa Sede e il quarto centenario del rinvenimento dell’immagine della Vergine della Carità del Cobre nella Repubblica di Cuba sono state le occasioni del mio pellegrinaggio. Con esso ho voluto abbracciare idealmente l’intero Continente, invitando tutti a vivere insieme nella speranza e nell’impegno concreto di camminare uniti verso un futuro migliore. Sono grato ai Signori Presidenti del Messico e di Cuba, che con deferenza e cortesia mi hanno dato il loro benvenuto, come pure alle altre Autorità. Ringrazio di cuore gli Arcivescovi di León, di Santiago de Cuba e di La Habana e gli altri venerati Fratelli nell’episcopato, che mi hanno accolto con grande affetto, come pure ai loro collaboratori e a quanti si sono generosamente prodigati per questa mia visita pastorale. Sono stati giorni indimenticabili di gioia e di speranza, che rimarranno impressi nel mio cuore!

La prima tappa è stata León, nello Stato del Guanajuato, centro geografico del Messico. Qui una grande folla festante mi ha riservato una straordinaria e vivace accoglienza, come segno dell’abbraccio caloroso di un intero popolo. Fin dalla cerimonia di benvenuto ho potuto cogliere la fede e il calore dei sacerdoti, delle persone consacrate e dei fedeli laici. Alla presenza degli esponenti delle Istituzioni, di numerosi Vescovi e di rappresentanze della società, ho richiamato la necessità del riconoscimento e della tutela dei diritti fondamentali della persona umana, tra i quali spicca la libertà religiosa, assicurando la mia vicinanza a quanti soffrono a causa di piaghe sociali, di antichi e nuovi conflitti, della corruzione e della violenza. Ripenso con profonda gratitudine alla fila interminabile di gente lungo le strade, che mi ha accompagnato con entusiasmo. In quelle mani protese in segno di saluto e di affetto, in quei volti lieti, in quelle grida di gioia ho colto la tenace speranza dei cristiani messicani, speranza rimasta accesa nei cuori nonostante i momenti difficili delle violenze, che non ho mancato di deplorare e alle cui vittime ho rivolto un accorato pensiero, potendone confortare personalmente alcune. Nella stessa giornata ho incontrato tantissimi bambini e adolescenti, che sono il futuro della Nazione e della Chiesa. La loro inesauribile allegria, espressa con fragorosi canti e musiche, come pure i loro sguardi e i loro gesti, esprimevano il forte desiderio di tutti i ragazzi del Messico, dell’America Latina e dei Caraibi di poter vivere in pace, in serenità e armonia, in una società più giusta e riconciliata.

I discepoli del Signore devono far crescere la gioia di essere cristiani, la gioia di appartenere alla sua Chiesa. Da questa gioia nascono anche le energie per servire Cristo nelle situazioni difficili e di sofferenza. Ho ricordato questa verità all'immensa folla convenuta per la celebrazione eucaristica domenicale nel Parco del Bicentenario di León. Ho esortato tutti a confidare nella bontà di Dio onnipotente che può cambiare dal di dentro, dal cuore, le situazioni insopportabili e oscure. I messicani hanno risposto con la loro fede ardente e, nella loro adesione convinta al Vangelo, ho riconosciuto ancora una volta segni consolanti di speranza per il Continente. L’ultimo evento della mia Visita in Messico è stato, sempre a León, la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Nostra Signora della Luce, con i Vescovi messicani e i rappresentanti degli Episcopati d’America. Ho manifestato la mia vicinanza al loro impegno di fronte alle varie sfide e difficoltà, e la mia gratitudine per quanti seminano il Vangelo in situazioni complesse e spesso non prive di limitazioni. Li ho incoraggiati ad essere Pastori zelanti e guide sicure, suscitando ovunque comunione sincera e adesione cordiale all’insegnamento della Chiesa. Ho lasciato quindi l’amata terra messicana dove ho sperimentato una devozione e un affetto speciali al Vicario di Cristo. Prima di partire, ho spronato il popolo messicano a rimanere fedele al Signore e alla sua Chiesa, ben ancorato alle proprie radici cristiane.

Il giorno seguente è iniziata la seconda parte del mio Viaggio apostolico con l’arrivo a Cuba, dove mi sono recato anzitutto per sostenere la missione della Chiesa cattolica, impegnata ad annunciare con gioia il Vangelo, nonostante la povertà di mezzi e le difficoltà ancora da superare perché la religione possa svolgere il proprio servizio spirituale e formativo nell’ambito pubblico della società. Questo ho voluto sottolineare giungendo a Santiago de Cuba, seconda città dell’Isola, non mancando di evidenziare le buone relazioni esistenti tra Stato e Santa Sede, finalizzate al servizio della presenza viva e costruttiva della Chiesa locale. Ho assicurato altresì che il Papa porta nel cuore le preoccupazioni e le aspirazioni di tutti i cubani, specialmente di quelli che soffrono per la limitazione della libertà.

La prima Santa Messa che ho avuto la gioia di celebrare in terra cubana si collocava nel contesto del IV centenario della scoperta dell’immagine della Vergine della Carità di El Cobre, patrona di Cuba. Si è trattato di un momento di forte intensità spirituale, con la partecipazione attenta e orante di migliaia di persone, segno di una Chiesa che viene da situazioni non facili, ma con una testimonianza vivace di carità e di presenza attiva nella vita della gente. Ai cattolici cubani che, insieme all’intera popolazione, sperano in un futuro sempre migliore, ho rivolto l’invito a dare nuovo vigore alla loro fede e a contribuire, con il coraggio del perdono e della comprensione, alla costruzione di una società aperta e rinnovata, dove vi sia sempre più spazio per Dio, perché quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo. Prima di lasciare Santiago de Cuba mi sono recato al Santuario di Nostra Signora della Carità in El Cobre, tanto cara al popolo cubano. Il pellegrinaggio dell’immagine della Madonna della Carità nelle famiglie dell’Isola ha suscitato grande entusiasmo spirituale, rappresentando un significativo evento di nuova evangelizzazione e un’occasione di riscoperta della fede. Alla Vergine Santa ho raccomandato soprattutto le persone che soffrono e i giovani cubani.

La seconda tappa cubana è stata L’Avana, capitale dell’Isola. I giovani, in particolare, sono stati i principali protagonisti dell’esuberante accoglienza nel percorso verso la Nunziatura, dove ho avuto l’opportunità di intrattenermi con i Vescovi del Paese per parlare delle sfide che la Chiesa cubana è chiamata ad affrontare, nella consapevolezza che la gente guarda ad essa con crescente fiducia. Il giorno seguente ho presieduto la Santa Messa nella Piazza principale de L’Avana, gremita di gente. A tutti ho ricordato che Cuba e il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno si apre alla verità integrale sull’uomo, presupposto imprescindibile per raggiungere la libertà, e decide di seminare attorno a sé riconciliazione e fraternità, fondando la propria vita su Gesù Cristo: Egli solo può disperdere le tenebre dell’errore, aiutandoci a sconfiggere il male e tutto ciò che ci opprime. Ho voluto altresì ribadire che la Chiesa non chiede privilegi, ma chiede di poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di speranza e di pace del Vangelo in ogni ambiente della società. Nell’apprezzare i passi finora compiuti in tal senso dalle Autorità cubane, ho sottolineato che è necessario proseguire in questo cammino di sempre più piena libertà religiosa.

Al momento di lasciare Cuba, decine di migliaia di cubani sono venute a salutarmi lungo la strada, nonostante la forte pioggia. Nella cerimonia di congedo ho ricordato che nell’ora presente le diverse componenti della società cubana sono chiamate ad uno sforzo di sincera collaborazione e di dialogo paziente per il bene della patria. In questa prospettiva, la mia presenza nell’Isola, come testimone di Gesù Cristo, ha voluto essere un incoraggiamento ad aprire le porte del cuore a Lui, che è fonte di speranza e di forza per far crescere il bene. Per questo ho salutato i cubani esortandoli a ravvivare la fede dei loro padri ed edificare un avvenire sempre migliore.

Questo Viaggio in Messico e a Cuba, grazie a Dio, ha avuto la desiderata riuscita pastorale. Possano il popolo messicano e quello cubano ricavarne frutti abbondanti per costruire nella comunione ecclesiale e con coraggio evangelico un futuro di pace e di fraternità.

Cari amici, domani pomeriggio, con la Santa Messa in Coena Domini, entreremo nel Triduo Pasquale, vertice di tutto l’Anno liturgico, per celebrare il Mistero centrale della fede: la passione, morte e risurrezione di Cristo. Nel Vangelo di san Giovanni, questo momento culminante della missione di Gesù viene chiamato la sua «ora», che si apre con l’Ultima Cena. L’Evangelista lo introduce così: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (
Jn 13,1). Tutta la vita di Gesù è orientata a questa ora, caratterizzata da due aspetti che si illuminano reciprocamente: è l’ora del «passaggio» (metabasis) ed è l’ora dell’«amore (agape) fino alla fine». In effetti, è proprio l’amore divino, lo Spirito di cui Gesù è ricolmo, che fa «passare» Gesù stesso attraverso l’abisso del male e della morte e lo fa uscire nello «spazio» nuovo della risurrezione. E’ l’agape, l'amore, che opera questa trasformazione, così che Gesù oltre-passa i limiti della condizione umana segnata dal peccato e supera la barriera che tiene l’uomo prigioniero, separato da Dio e dalla vita eterna. Partecipando con fede alle celebrazioni liturgiche del Triduo Pasquale, siamo invitati a vivere questa trasformazione attuata dall’agape. Ognuno di noi è stato amato da Gesù «fino alla fine», cioè fino al dono totale di Sé sulla croce, quando gridò: «E’ compiuto!» (Jn 19,30). Lasciamoci raggiungere da questo amore, lasciamoci trasformare, perché veramente si realizzi in noi la risurrezione. Vi invito, quindi, a vivere con intensità il Triduo Pasquale e auguro a tutti una Santa Pasqua! Grazie.

APPELLO


Oggi ricorre la Giornata internazionale per la sensibilizzazione sul problema delle mine antipersona, alle cui vittime, insieme alle loro famiglie, esprimo la mia vicinanza. Incoraggio tutti coloro che si impegnano per liberare l’umanità da questi terribili e subdoli ordigni, i quali, come disse il Beato Giovanni Paolo II in occasione dell’entrata in vigore della Convenzione per il loro bando, impediscono agli uomini di «camminare assieme sui sentieri della vita senza temere le insidie di distruzione e di morte» (Angelus, 28 febbraio 1999).

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Do un cordiale benvenuto ai pellegrini polacchi. Vi ringrazio per gli auguri e per le preghiere, soprattutto durante il mio recente viaggio apostolico e in questi giorni, nei quali viviamo i misteri della passione, della morte e della risurrezione del Figlio di Dio. La partecipazione alla liturgia del triduo pasquale ci permetta di sperimentare l’immensità dell’amore Divino. Dio vi benedica!

Saluto in lingua ceca:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua ceca, specialmente ai giovani della parrocchia San Giovanni Bosco di Vienna.

Il mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo, che ricordiamo in questi giorni, accresca in voi il desiderio di testimoniare ovunque il Suo amore per l’umanità.

Saluto in lingua croata:

Con gioia saluto e benedico tutti i pellegrini croati, particolarmente i seminaristi di Sarajevo. Cari amici, guardate quanto ci ha amato Cristo da dare la sua vita affinché noi viviamo. Imprimete nel cuore questo Suo amore come il vostro più grande tesoro. Siano lodati Gesù e Maria!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto gli universitari, provenienti da diversi Paesi, che partecipano al congresso internazionale promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. Cari amici, siete venuti a Roma in occasione della Settimana Santa per una esperienza di fede, di amicizia e di arricchimento spirituale. Vi invito a dedicare questi giorni all’approfondimento della conoscenza di Gesù, rispondendo alla chiamata d’amore che Egli rivolge a ciascuno. A tale proposito mi piace ricordare quanto scriveva San Josemaría Escrivá: «Tutto quello che si fa per amore acquista bellezza e grandezza».

Saluto, inoltre, i Religiosi dell’Ordine dei Ministri degli Infermi e il gruppo “Monfortiana” di Verona. Tutti ringrazio per la loro visita, augurando a ciascuno che questi giorni della Settimana Santa siano occasione propizia per rafforzare la fede e l'adesione al Vangelo.

Rivolgo infine il mio cordiale pensiero ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli. La contemplazione della passione, morte e risurrezione di Gesù, cari giovani, vi renda sempre più saldi nella testimonianza cristiana. E voi, cari ammalati, traete dalla Croce di Cristo il sostegno quotidiano per superare i momenti di prova e di sconforto. A voi, cari sposi novelli, venga dal mistero pasquale, che in questi giorni contempliamo, un incoraggiamento a fare della vostra famiglia un luogo di amore fedele e fecondo.



Piazza San Pietro

Mercoledì, 11 aprile 2012: La Pasqua del Signore

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Cari fratelli e sorelle,

dopo le solenni celebrazioni della Pasqua, il nostro incontro di oggi è pervaso di gioia spirituale, anche se il cielo è grigio, nel cuore portiamo la gioia della Pasqua, la certezza della Risurrezione di Cristo che ha definitivamente trionfato sulla morte. Anzitutto rinnovo a ciascuno di voi un cordiale augurio pasquale: in tutte le case e in tutti i cuori risuoni l’annuncio gioioso della Risurrezione di Cristo, così da far rinascere la speranza.

In questa catechesi vorrei mostrare la trasformazione che la Pasqua di Gesù ha provocato nei suoi discepoli. Partiamo dalla sera del giorno della Risurrezione. I discepoli sono chiusi in casa per paura dei giudei (cfr
Jn 20,19). Il timore stringe il cuore e impedisce di andare incontro agli altri, incontro alla vita. Il Maestro non c'è più. Il ricordo della sua Passione alimenta l’incertezza. Ma Gesù ha a cuore i suoi e sta per compiere la promessa che aveva fatto durante l’Ultima Cena: «Non vi lascerò orfani, verrò da voi» (Jn 14,18) e questo dice anche a noi, anche in tempi grigi: “non vi lascerò orfani”. Questa situazione di angoscia dei discepoli cambia radicalmente con l’arrivo di Gesù. Egli entra a porte chiuse, sta in mezzo a loro e dona la pace che rassicura: «Pace a voi» (Jn 20,19). È un saluto comune che tuttavia ora acquista un significato nuovo, perché opera un cambiamento interiore; è il saluto pasquale, che fa superare ogni paura ai discepoli. La pace che Gesù porta è il dono della salvezza che Egli aveva promesso durante i suoi discorsi di addio: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (Jn 14,27). In questo giorno di Risurrezione, Egli la dona in pienezza ed essa diventa per la comunità fonte di gioia, certezza di vittoria, sicurezza nell’appoggiarsi a Dio. “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”(Jn 14,1) dice anche a noi.

Dopo questo saluto, Gesù mostra ai discepoli le ferite delle mani e del fianco (cfr Jn 20,20), segni di ciò che è stato e che mai più si cancellerà: la sua umanità gloriosa resta «ferita». Questo gesto ha lo scopo di confermare la nuova realtà della Risurrezione: il Cristo che ora sta tra i suoi è una persona reale, lo stesso Gesù che tre giorni prima fu inchiodato alla croce. Ed è così che, nella luce sfolgorante della Pasqua, nell’incontro con il Risorto, i discepoli colgono il senso salvifico della sua passione e morte. Allora, dalla tristezza e dalla paura passano alla gioia piena. La tristezza e le ferite stesse diventano fonte di gioia. La gioia che nasce nel loro cuore deriva dal «vedere il Signore» (Jn 20,20). Egli dice loro di nuovo: «Pace a voi» (v. 21). È evidente ormai che non è solo un saluto. È un dono, il dono che il Risorto vuole fare ai suoi amici, ed è al tempo stesso una consegna: questa pace, acquistata da Cristo col suo sangue, è per loro ma anche per tutti, e i discepoli dovranno portarla in tutto il mondo. Infatti, Egli aggiunge: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (ibid.). Gesù risorto è ritornato tra i discepoli per inviarli. Lui ha completato la sua opera nel mondo, ora tocca a loro seminare nei cuori la fede perché il Padre, conosciuto e amato, raccolga tutti i suoi figli dalla dispersione. Ma Gesù sa che nei suoi c’è ancora tanto timore, sempre. Perciò compie il gesto di soffiare su di loro e li rigenera nel suo Spirito (cfr Jn 20,22); questo gesto è il segno della nuova creazione. Con il dono dello Spirito Santo che proviene dal Cristo risorto ha inizio infatti un mondo nuovo. Con l’invio in missione dei discepoli, si inaugura il cammino nel mondo del popolo della nuova alleanza, popolo che crede in Lui e nella sua opera di salvezza, popolo che testimonia la verità della risurrezione. Questa novità di una vita che non muore, portata dalla Pasqua, va diffusa ovunque, perché le spine del peccato che feriscono il cuore dell’uomo, lascino il posto ai germogli della Grazia, della presenza di Dio e del suo amore che vincono il peccato e la morte.

Cari amici, anche oggi il Risorto entra nelle nostre case e nei nostri cuori, nonostante a volte le porte siano chiuse. Entra donando gioia e pace, vita e speranza, doni di cui abbiamo bisogno per la nostra rinascita umana e spirituale. Solo Lui può ribaltare quelle pietre sepolcrali che l’uomo spesso pone sui propri sentimenti, sulle proprie relazioni, sui propri comportamenti; pietre che sanciscono la morte: divisioni, inimicizie, rancori, invidie, diffidenze, indifferenze. Solo Lui, il Vivente, può dare senso all’esistenza e far riprendere il cammino a chi è stanco e triste, sfiduciato e privo di speranza. È quanto hanno sperimentato i due discepoli che il giorno di Pasqua erano in cammino da Gerusalemme verso Emmaus (cfr Lc 24,13-35). Essi parlano di Gesù, ma il loro «volto triste» (cfr v. 17) esprime le speranze deluse, l’incertezza e la malinconia. Avevano lasciato il loro paese per seguire Gesù con i suoi amici, e avevano scoperto una nuova realtà, in cui il perdono e l’amore non erano più solo parole, ma toccavano concretamente l’esistenza. Gesù di Nazaret aveva reso tutto nuovo, aveva trasformato la loro vita. Ma ora Lui era morto e tutto sembrava finito.

All’improvviso, però, non ci sono più due, ma tre persone che camminano. Gesù si accosta ai due discepoli e cammina con loro, ma essi sono incapaci di riconoscerlo. Certo, hanno sentito le voci sulla sua risurrezione, infatti gli riferiscono: «Alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo» (vv. 22-23). Eppure tutto questo non era stato sufficiente a convincerli, poiché «lui non l’hanno visto» (v. 24). Allora Gesù, con pazienza, «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (v. 27). Il Risorto spiega ai discepoli la Sacra Scrittura, offrendo la chiave di lettura fondamentale di essa, cioè Lui stesso e il suo Mistero pasquale: a Lui le Scritture rendono testimonianza (cfr Jn 5,39-47). Il senso di tutto, della Legge, dei Profeti e dei Salmi, improvvisamente si apre e diventa chiaro davanti ai loro occhi. Gesù aveva aperto loro la mente all’intelligenza delle Scritture (cfr Lc 24,45).

Intanto, erano giunti al villaggio, probabilmente alla casa di uno dei due. Il forestiero viandante fa «come se dovesse andare più lontano» (v. 28), ma poi si ferma poiché gli chiedono con ardore: «Resta con noi» (v. 29). Anche noi sempre di nuovo dobbiamo dire al Signore con ardore: “Resta con noi”. «Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro» (v. 30). Il richiamo ai gesti compiuti da Gesù nell’Ultima Cena è evidente. «Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (v. 31). La presenza di Gesù, dapprima con le parole, poi con il gesto dello spezzare il pane, rende possibile ai discepoli il riconoscerLo, ed essi possono sentire in modo nuovo quanto avevano già provato camminando con Lui: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?» (v. 32). Questo episodio ci indica due «luoghi» privilegiati dove possiamo incontrare il Risorto che trasforma la nostra vita: l’ascolto della Parola, in comunione con Cristo, e lo spezzare il Pane; due «luoghi» profondamente uniti tra loro poiché «Parola ed Eucaristia si appartengono così intimamente da non poter essere comprese l’una senza l’altra: la Parola di Dio si fa carne sacramentale nell’evento eucaristico» (Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 54-55).

Dopo questo incontro, i due discepoli «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!”». (vv. 33-34). A Gerusalemme essi ascoltano la notizia della risurrezione di Gesù e, a loro volta, raccontano la propria esperienza, infiammata d’amore per il Risorto, che ha loro aperto il cuore ad una gioia incontenibile. Sono stati - come dice san Pietro - «rigenerati a una speranza viva dalla risurrezione di Cristo dai morti» (cfr 1Pt l,3). Rinasce infatti in loro l’entusiasmo della fede, l’amore per la comunità, il bisogno di comunicare la buona notizia. Il Maestro è risorto e con Lui tutta la vita risorge; testimoniare questo evento diventa per essi una insopprimibile necessità.

Cari amici, il Tempo pasquale sia per tutti noi l’occasione propizia per riscoprire con gioia ed entusiasmo le sorgenti della fede, la presenza del Risorto tra di noi. Si tratta di compiere lo stesso itinerario che Gesù fece fare ai due discepoli di Emmaus, attraverso la riscoperta della Parola di Dio e dell’Eucaristia, cioè andare col Signore e lasciarsi aprire gli occhi al vero senso della Scrittura e alla sua presenza nello spezzare il pane. Il culmine di questo cammino, allora come oggi, è la Comunione eucaristica: nella Comunione Gesù ci nutre con il suo Corpo e il suo Sangue, per essere presente nella nostra vita, per renderci nuovi, animati dalla potenza dello Spirito Santo.

In conclusione, l’esperienza dei discepoli ci invita a riflettere sul senso della Pasqua per noi. Lasciamoci incontrare da Gesù risorto! Lui, vivo e vero, è sempre presente in mezzo a noi; cammina con noi per guidare la nostra vita, per aprire i nostri occhi. Abbiamo fiducia nel Risorto che ha il potere di dare la vita, di farci rinascere come figli di Dio, capaci di credere e di amare. La fede in Lui trasforma la nostra vita: la libera dalla paura, le dà ferma speranza, la rende animata da ciò che dona pieno senso all’esistenza, l’amore di Dio. Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Carissimi, il tempo pasquale sia per tutti l’occasione propizia per riscoprire con gioia ed entusiasmo le sorgenti della fede. Lasciamoci incontrare da Gesù risorto sulle vie dalla nostra vita, perché ci aiuti a riscoprirne il senso più profondo. La benedizione di Dio vi accompagni sempre!

Saluto in lingua croata:

Saluto e benedico cordialmente tutti i pellegrini croati. Mentre celebriamo il trionfo della vita sulla morte, radunati come comunità di fedeli, rimanete assidui nella preghiera e con la vostra vita siate gli annunciatori della gioia della risurrezione del Signore. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Saluto con affetto i fedeli dalla Slovacchia, particolarmente il Pellegrinaggio dei sacerdoti della Diocesi di Nitra alla tomba di San Cirillo, guidati dal loro Vescovo Mons. Viliam Judák, come pure i pellegrini provenienti da Eliášovce.

Fratelli e sorelle, la vostra visita a Roma nell’Ottava di Pasqua sia per ognuno di voi occasione di autentico rinnovamento spirituale. Il Signore Risorto vi accompagni con la sua pace. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovena:

A questo nostro incontro odierno sono presenti anche numerosi pellegrini dalla Slovenia. Siate benvenuti! La Solennità della Risurrezione del Signore risvegli in voi la certezza che l’ultima parola non spetta al peccato e alle sue conseguenze. Per la fede in Cristo siamo salvi, per la fede in Cristo viviamo!

Vi accompagni la mia Benedizione!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Benvenuti, grazie per il vostro entusiasmo, la vostra gioia pasquale. Saluto in particolare i gruppi parrocchiali, le Missionarie del Sacro Cuore e i Diaconi della Compagnia di Gesù, ai quali auguro di proseguire nel loro itinerario formativo animati dall’amore alla Chiesa e dalla fedeltà al Magistero. Saluto i ragazzi della professione di fede di Milano, grazie, sentiamo la gioia pasquale: cari amici, vivete la fede con entusiasmo e preparatevi spiritualmente al prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà nella vostra Città dal 30 maggio al 3 giugno. In questo cammino vi sia di aiuto l’immagine della Sacra Famiglia che ho poc’anzi benedetto e che passerà nelle vostre case.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Cari giovani, specialmente voi adolescenti della diocesi di Cremona, siate sempre più consapevoli che solo il Signore Gesù può rispondere completamente alle aspirazioni di felicità e alla ricerca del bene nella vostra vita; cari ammalati, in particolare voi del gruppo UNITALSI di Teano-Calvi, non c’è conforto maggiore alla vostra sofferenza che la certezza della Risurrezione di Cristo; e voi, cari sposi novelli, vivete il vostro matrimonio in concreta adesione a Cristo e agli insegnamenti del Vangelo.



Piazza San Pietro

Mercoledì, 18 aprile 2012

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Cari fratelli e sorelle,

dopo le grandi feste, ritorniamo adesso alle catechesi sulla preghiera. Nell’udienza prima della Settimana Santa ci siamo soffermati sulla figura della Beata Vergine Maria, presente in mezzo agli Apostoli in preghiera nel momento in cui attendevano la discesa dello Spirito Santo. Un’atmosfera orante accompagna i primi passi della Chiesa. La Pentecoste non è un episodio isolato, poiché la presenza e l’azione dello Spirito Santo guidano e animano costantemente il cammino della comunità cristiana. Negli Atti degli Apostoli, infatti, san Luca, oltre a raccontare la grande effusione avvenuta nel Cenacolo cinquanta giorni dopo la Pasqua (cfr
Ac 2,1-13), riferisce di altre irruzioni straordinarie dello Spirito Santo, che ritornano nella storia della Chiesa. E quest’oggi desidero soffermarmi su quella che è stata definita la «piccola Pentecoste», verificatasi al culmine di una fase difficile nella vita della Chiesa nascente.

Gli Atti degli Apostoli narrano che, in seguito alla guarigione di un paralitico presso il Tempio di Gerusalemme (cfr Ac 3,1-10), Pietro e Giovanni vennero arrestati (cfr Ac 4,1) perché annunciavano la Risurrezione di Gesù a tutto il popolo (cfr Ac 3,11-26). Dopo un processo sommario, furono rimessi in libertà, raggiunsero i loro fratelli e raccontarono quanto avevano dovuto subire a causa della testimonianza resa a Gesù il Risorto. In quel momento, dice san Luca, «tutti unanimi innalzarono la loro voce a Dio» (Ac 4,24). Qui san Luca riporta la più ampia preghiera della Chiesa che troviamo nel Nuovo Testamento, alla fine della quale, come abbiamo sentito, «il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati dello Spirito Santo e proclamavano la Parola di Dio con franchezza» (Ac 4,31).

Prima di considerare questa bella preghiera, notiamo un atteggiamento di fondo importante: di fronte al pericolo, alla difficoltà, alla minaccia, la prima comunità cristiana non cerca di fare analisi su come reagire, trovare strategie, come difendersi, quali misure adottare, ma, davanti alla prova, si mette in preghiera, prende contatto con Dio.

E che caratteristica ha questa preghiera? Si tratta di una preghiera unanime e concorde dell’intera comunità, che fronteggia una situazione di persecuzione a causa di Gesù. Nell’originale greco san Luca usa il vocabolo «homothumadon» - «tutti insieme», «concordi» – un termine che appare in altre parti degli Atti degli Apostoli per sottolineare questa preghiera perseverante e concorde (cfr Ac 1,14 Ac 2,46). Questa concordia è l'elemento fondamentale della prima comunità e dovrebbe essere sempre fondamentale per la Chiesa. Non è allora solo la preghiera di Pietro e di Giovanni, che si sono trovati nel pericolo, ma di tutta la comunità, perché quanto vivono i due Apostoli non riguarda soltanto loro, ma tutta la Chiesa. Di fronte alle persecuzioni subite a causa di Gesù, la comunità non solo non si spaventa e non si divide, ma è profondamente unita nella preghiera, come una sola persona, per invocare il Signore. Questo, direi, è il primo prodigio che si realizza quando i credenti sono messi alla prova a causa della loro fede: l’unità si consolida, invece di essere compromessa, perché è sostenuta da una preghiera incrollabile. La Chiesa non deve temere le persecuzioni che nella sua storia è costretta a subire, ma confidare sempre, come Gesù al Getsemani, nella presenza, nell’aiuto e nella forza di Dio, invocato nella preghiera.

Facciamo un passo ulteriore: che cosa chiede a Dio la comunità cristiana in questo momento di prova? Non chiede l’incolumità della vita di fronte alla persecuzione, né che il Signore ripaghi coloro che hanno incarcerato Pietro e Giovanni; chiede solamente che le sia concesso «di proclamare con tutta franchezza» la Parola di Dio (cfr Ac 4,29), cioè prega di non perdere il coraggio della fede, il coraggio di annunciare la fede. Prima però cerca di comprendere in profondità ciò che è accaduto, cerca di leggere gli avvenimenti alla luce della fede e lo fa proprio attraverso la Parola di Dio, che ci fa decifrare la realtà del mondo.

Nella preghiera che eleva al Signore, la comunità parte dal ricordare e invocare la grandezza e immensità di Dio: «Signore, tu che hai creato il cielo e la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano» (Ac 4,24). E' l'invocazione al Creatore: sappiamo che tutto viene da Lui, che tutto è nelle sue mani. Questa è la consapevolezza che ci dà certezza e coraggio: tutto viene da Lui, tutto è nelle sue mani. Passa poi a riconoscere come Dio abbia agito nella storia - quindi comincia con la creazione e continua nella storia -, come è stato vicino al suo popolo mostrandosi un Dio che si interessa dell’uomo, che non si è ritirato, che non abbandona l’uomo sua creatura; e qui viene citato esplicitamente il Salmo 2, alla luce del quale viene letta la situazione di difficoltà che sta vivendo in quel momento la Chiesa. Il Salmo 2 celebra l’intronizzazione del re di Giuda, ma si riferisce profeticamente alla venuta del Messia, contro il quale nulla potranno fare la ribellione, la persecuzione, il sopruso degli uomini: «Perché le nazioni si agitarono e i popoli tramarono cose vane? Si sollevarono i re della terra e i principi si allearono insieme contro il Signore e contro il suo Cristo» (Ac 4,25). Questo dice già profeticamente il Salmo sul Messia, ed è caratteristica in tutta la storia questa ribellione dei potenti contro la potenza di Dio. Proprio leggendo la Sacra Scrittura, che è Parola di Dio, la comunità può dire a Dio nella sua preghiera: «davvero in questa città … si sono radunati insieme contro il tuo santo servo Gesù, che tu hai consacrato, per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano deciso che avvenisse» (Ac 4,27). Ciò che è accaduto viene letto alla luce di Cristo, che è la chiave per comprendere anche la persecuzione; la Croce, che sempre è la chiave per la Risurrezione. L’opposizione verso Gesù, la sua Passione e Morte, vengono rilette, attraverso il Salmo 2, come attuazione del progetto di Dio Padre per la salvezza del mondo. E qui si trova anche il senso dell’esperienza di persecuzione che la prima comunità cristiana sta vivendo; questa prima comunità non è una semplice associazione, ma una comunità che vive in Cristo; pertanto, ciò che le accade fa parte del disegno di Dio. Come è successo a Gesù, anche i discepoli incontrano opposizione, incomprensione, persecuzione. Nella preghiera, la meditazione sulla Sacra Scrittura alla luce del mistero di Cristo aiuta a leggere la realtà presente all’interno della storia di salvezza che Dio attua nel mondo, sempre nel suo modo.

Proprio per questo la richiesta che la prima comunità cristiana di Gerusalemme formula a Dio nella preghiera non è quella di essere difesa, di essere risparmiata dalla prova, dalla sofferenza, non è la preghiera di avere successo, ma solamente quella di poter proclamare con «parresia», cioè con franchezza, con libertà, con coraggio, la Parola di Dio (cfr Ac 4,29).

Aggiunge poi la richiesta che questo annuncio sia accompagnato dalla mano di Dio, perché si compiano guarigioni, segni, prodigi (cfr Ac 4,30), cioè sia visibile la bontà di Dio, come forza che trasformi la realtà, che cambi il cuore, la mente, la vita degli uomini e porti la novità radicale del Vangelo.

Alla fine della preghiera – annota san Luca - «il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono colmati di Spirito Santo e proclamavano la parola di Dio con franchezza» (Ac 4,31), il luogo tremò, cioè la fede ha la forza di trasformare la terra e il mondo. Lo stesso Spirito che ha parlato per mezzo del Salmo 2 nella preghiera della Chiesa, irrompe nella casa e ricolma il cuore di tutti coloro che hanno invocato il Signore. Questo è il frutto della preghiera corale che la comunità cristiana innalza a Dio: l’effusione dello Spirito, dono del Risorto che sostiene e guida l’annuncio libero e coraggioso della Parola di Dio, che spinge i discepoli del Signore ad uscire senza paura per portare la buona novella fino ai confini del mondo.

Anche noi, cari fratelli e sorelle, dobbiamo saper portare gli avvenimenti della nostra vita quotidiana nella nostra preghiera, per ricercarne il significato profondo. E come la prima comunità cristiana, anche noi, lasciandoci illuminare dalla Parola di Dio, attraverso la meditazione sulla Sacra Scrittura, possiamo imparare a vedere che Dio è presente nella nostra vita, presente anche e proprio nei momenti difficili, e che tutto - anche le cose incomprensibili - fa parte di un superiore disegno di amore nel quale la vittoria finale sul male, sul peccato e sulla morte è veramente quella del bene, della grazia, della vita, di Dio.

Come per la prima comunità cristiana, la preghiera ci aiuta a leggere la storia personale e collettiva nella prospettiva più giusta e fedele, quella di Dio. E anche noi vogliamo rinnovare la richiesta del dono dello Spirito Santo, che scaldi il cuore e illumini la mente, per riconoscere come il Signore realizzi le nostre invocazioni secondo la sua volontà di amore e non secondo le nostre idee. Guidati dallo Spirito di Gesù Cristo, saremo capaci di vivere con serenità, coraggio e gioia ogni situazione della vita e con san Paolo vantarci «nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza la virtù provata e la virtù provata la speranza»: quella speranza che «non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5,3-5). Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Fratelli e sorelle, dalla comunità dei credenti dell’età apostolica, che ricordiamo nell’odierna catechesi, impariamo la fiduciosa preghiera. Guardiamo alla luce della fede gli eventi di ogni giorno, le difficoltà e i problemi. Nella parola di Dio cerchiamo le risposte alle domande sul senso della vita e sulla vocazione di ciascuno. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua croata:


Di cuore saluto e benedico tutti i pellegrini croati. Cari amici, riempiti della gioia pasquale e rafforzati dalla Divina Misericordia rimanete sempre saldi nella fede e fedeli nell’amore. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i fedeli venuti dalla Lituania, soprattutto il gruppo di pellegrini della parrocchia di Cristo Re di Klaipeda.
Il Signore Risorto, che illumina il senso della vita, vi riempia di copiosi doni e delle sue benedizioni durante questo pellegrinaggio!
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua romena:

Saluto con affetto i pellegrini provenienti dalla Romania e li esorto a portare ovunque la pace di Cristo risorto, vivendo con gioia questo tempo pasquale. Cristo è risorto!

Saluto in lingua slovacca:

Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti dalla Parrocchia Krivá na Orave.
Fratelli e sorelle, auguro che la vostra visita ai luoghi sacri di Roma rappresenti per ciascuno di voi il rinnovamento della fede cristiana. Di cuore benedico voi e le vostre famiglie.
Sia lodato Gesù Cristo!

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Desidero esprimere cordiale gratitudine per gli auguri che mi avete presentato per il VII anniversario della mia elezione, e per il mio compleanno. Vi chiedo di sostenermi sempre con le vostre preghiere, affinché, con l’aiuto dello Spirito Santo, possa perseverare nel mio servizio a Cristo e alla Chiesa.

Mi rivolgo ora ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al Seminario promosso dalla Pontificia Università della Santa Croce; le religiose che prendono parte al corso formativo dell’USMI; i missionari Verbiti e i fedeli che ricordano il 250° anniversario di fondazione delle Suore Trinitarie, tra cui numerose scolaresche. Saluto i cresimandi della diocesi di Grosseto, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Franco Agostinelli; i novizi dell’Abbazia di Noci e i seminaristi della Diocesi di Conversano-Monopoli, come pure i rappresentanti dell’Azienda Ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Questo incontro sia per tutti una provvida occasione per rafforzare la fede in Cristo risorto.

Il mio pensiero va poi ai malati, agli sposi novelli e ai giovani presenti, specialmente ai numerosi studenti provenienti da diverse Regioni. Cari ragazzi e giovani, anche a voi, come ai primi discepoli, Cristo risorto ripete: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi» (Jn 20,21). Rispondete con gioia e con amore a queste parole! Per voi, cari malati, la risurrezione di Cristo sia fonte inesauribile di conforto e di speranza. E voi, cari sposi novelli, siate testimoni del Risorto con il vostro amore coniugale.



Piazza San Pietro

Mercoledì, 25 aprile 2012: Il primato della preghiera e della Parola di Dio (Ac 6,1-7)


Catechesi 2005-2013 40412