Catechesi 2005-2013 19092

Mercoledì, 19 settembre 2012: Il Viaggio apostolico in Libano

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Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei riandare brevemente, con il pensiero e con il cuore, alle straordinarie giornate del Viaggio apostolico che ho compiuto in Libano. Un Viaggio che ho fortemente voluto, nonostante le circostanze difficili, considerando che un padre dev’essere sempre accanto ai suoi figli quando incontrano gravi problemi. Sono stato mosso dal vivo desiderio di annunciare la pace che il Signore risorto ha lasciato ai suoi discepoli con le parole: «Vi dono la mia pace - ?????? ????????» (
Jn 14,27). Questo mio Viaggio aveva come scopo principale la firma e la consegna dell’Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente ai rappresentanti delle Comunità cattoliche del Medio Oriente, come pure alle altre Chiese e Comunità ecclesiali e anche ai Capi musulmani.

È stato un evento ecclesiale commovente e, al tempo stesso, una provvida occasione di dialogo vissuta in un Paese complesso ma emblematico per tutta la regione, a motivo della sua tradizione di convivenza e di operosa collaborazione tra le diverse componenti religiose e sociali. Di fronte alle sofferenze e ai drammi che permangono in quella zona del Medio Oriente, ho manifestato la mia sentita vicinanza alle legittime aspirazioni di quelle care popolazioni, recando loro un messaggio di incoraggiamento e di pace. Penso in particolare al terribile conflitto che tormenta la Siria, causando, oltre a migliaia di morti, un flusso di profughi che si riversano nella regione alla ricerca disperata di sicurezza e di futuro; e non dimentico la situazione difficile dell’Irak. Durante la mia Visita, la gente del Libano e del Medio Oriente - cattolici, rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e delle diverse Comunità musulmane - ha vissuto, con entusiasmo e in un clima disteso e costruttivo, un’importante esperienza di rispetto reciproco, di comprensione e di fraternità, che costituisce un forte segno di speranza per tutta l’umanità. Ma è soprattutto l’incontro con i fedeli cattolici del Libano e del Medio Oriente, presenti a migliaia, che ha suscitato nel mio animo un sentimento di profonda gratitudine per l’ardore della loro fede e della loro testimonianza.

Ringrazio il Signore per questo dono prezioso, che dà speranza per il futuro della Chiesa in quei territori: giovani, adulti e famiglie animati dal tenace desiderio di radicare la loro vita in Cristo, rimanere ancorati al Vangelo, camminare insieme nella Chiesa. Rinnovo la mia riconoscenza anche a quanti hanno lavorato instancabilmente per questa mia Visita: i Patriarchi e i Vescovi del Libano con i loro collaboratori, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, le persone consacrate, i fedeli laici, i quali sono una realtà preziosa e significativa nella società libanese. Ho potuto constatare direttamente che le Comunità cattoliche libanesi, mediante la loro presenza bimillenaria e il loro impegno pieno di speranza, offrono un significativo e apprezzato contributo nella vita quotidiana di tutti gli abitanti del Paese. Un pensiero grato e deferente va alle Autorità libanesi, alle istituzioni e associazioni, ai volontari e a quanti hanno offerto il sostegno della preghiera. Non posso dimenticare la cordiale accoglienza che ho ricevuto dal Presidente della Repubblica, Signor Michel Sleiman, come anche dalle varie componenti del Paese e dalla gente: è stata un’accoglienza calorosa, secondo la celebre ospitalità libanese. I musulmani mi hanno accolto con grande rispetto e sincera considerazione; la loro costante e partecipe presenza mi ha dato modo di lanciare un messaggio di dialogo e di collaborazione tra Cristianesimo e Islam: mi sembra che sia venuto il momento di dare insieme una testimonianza sincera e decisa contro le divisioni, contro la violenza, contro le guerre. I cattolici, venuti anche dai Paesi confinanti, hanno manifestato con fervore il loro profondo affetto al Successore di Pietro.

Dopo la bella cerimonia al mio arrivo all’aeroporto di Beirut, il primo appuntamento era di particolare solennità: la firma dell’Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente, nella Basilica Greco-Melkita di San Paolo ad Harissa. In quella circostanza ho invitato i cattolici mediorientali a fissare lo sguardo su Cristo crocifisso per trovare la forza, anche in contesti difficili e dolorosi, di celebrare la vittoria dell’amore sull’odio, del perdono sulla vendetta e dell’unità sulla divisione. A tutti ho assicurato che la Chiesa universale è più che mai vicina, con l’affetto e la preghiera, alle Chiese in Medio Oriente: esse, pur essendo un «piccolo gregge», non devono temere, nella certezza che il Signore è sempre con loro. Il Papa non li dimentica.

Nel secondo giorno del mio Viaggio apostolico ho incontrato i rappresentanti delle Istituzioni della Repubblica e del mondo della cultura, il Corpo diplomatico e i Capi religiosi. Ad essi, tra l’altro, ho indicato una via da percorrere per favorire un futuro di pace e di solidarietà: si tratta di operare affinché le differenze culturali, sociali e religiose approdino, nel dialogo sincero, ad una nuova fraternità, dove ciò che unisce è il senso condiviso della grandezza e dignità di ogni persona, la cui vita va sempre difesa e tutelata. Nella stessa giornata ho avuto un incontro con i Capi delle Comunità religiose musulmane, che si è svolto in uno spirito di dialogo e di benevolenza reciproca. Ringrazio Dio per questo incontro. Il mondo di oggi ha bisogno di segni chiari e forti di dialogo e di collaborazione, e di ciò il Libano è stato e deve continuare ad essere un esempio per i Paesi arabi e per il resto del mondo.

Nel pomeriggio, presso la residenza del Patriarca Maronita, sono stato accolto dall’entusiasmo incontenibile di migliaia di giovani libanesi e dei Paesi vicini, che hanno dato vita ad un festoso e orante momento, che rimarrà indimenticabile nel cuore di molti. Ho sottolineato la loro fortuna di vivere in quella parte del mondo che ha visto Gesù, morto e risorto per la nostra salvezza, e lo sviluppo del Cristianesimo, esortandoli alla fedeltà e all’amore per la loro terra, nonostante le difficoltà causate dalla mancanza di stabilità e di sicurezza. Inoltre, li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, fiduciosi in Cristo, fonte della nostra gioia, e ad approfondire il rapporto personale con Lui nella preghiera, come anche ad essere aperti ai grandi ideali della vita, della famiglia, dell’amicizia e della solidarietà. Vedendo giovani cristiani e musulmani fare festa in grande armonia, li ho spronati a costruire insieme il futuro del Libano e del Medio Oriente e ad opporsi insieme alla violenza e alla guerra. La concordia e la riconciliazione devono essere più forti delle spinte di morte.

Nella mattina della domenica, c’è stato il momento molto intenso e partecipato della Santa Messa nel City Center Waterfront di Beirut, accompagnata da suggestivi canti, che hanno caratterizzato anche le altre celebrazioni. Alla presenza di numerosi Vescovi e di una grande folla di fedeli, provenienti da ogni parte del Medio Oriente, ho voluto esortare tutti a vivere la fede e a testimoniarla senza paura, nella consapevolezza che la vocazione del cristiano e della Chiesa è quella di portare il Vangelo a tutti senza distinzione, sull’esempio di Gesù. In un contesto segnato da aspri conflitti, ho richiamato l’attenzione sulla necessità di servire la pace e la giustizia, diventando strumenti di riconciliazione e costruttori di comunione. Al termine della Celebrazione eucaristica, ho avuto la gioia di consegnare l’Esortazione apostolica che raccoglie le conclusioni dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al Medio Oriente. Attraverso i Patriarchi e i Vescovi orientali e latini, i sacerdoti, i consacrati e i laici, questo Documento vuole raggiungere tutti i fedeli di quella cara regione, per sostenerli nella fede e nella comunione e spronarli sulla via della tanto auspicata nuova evangelizzazione. Nel pomeriggio, presso la sede del Patriarcato Siro-cattolico, ho avuto poi la gioia di un fraterno incontro ecumenico con i Patriarchi ortodossi e ortodossi orientali e i rappresentanti di quelle Chiese, come pure delle Comunità ecclesiali.

Cari amici, i giorni trascorsi in Libano sono stati una stupenda manifestazione di fede e di intensa religiosità e un segno profetico di pace. La moltitudine di credenti, provenienti dall’intero Medio Oriente, ha avuto l’opportunità di riflettere, di dialogare e soprattutto di pregare insieme, rinnovando l’impegno di radicare la propria vita in Cristo. Sono certo che il popolo libanese, nella sua multiforme ma ben amalgamata composizione religiosa e sociale, saprà testimoniare con nuovo slancio la vera pace, che nasce dalla fiducia in Dio. Auspico che i vari messaggi di pace e di stima che ho voluto dare, possano aiutare i governanti della Regione a compiere passi decisivi verso la pace e verso una migliore comprensione delle relazioni tra cristiani e musulmani. Da parte mia continuo ad accompagnare quelle amate popolazioni con la preghiera, affinché rimangano fedeli agli impegni assunti. Alla materna intercessione di Maria, venerata in tanti ed antichi santuari libanesi, affido i frutti di questa Visita pastorale, come anche i propositi di bene e le giuste aspirazioni dell’intero Medio Oriente. Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Saluto i pellegrini polacchi. Ringrazio voi qui presenti e tutti i polacchi che mi hanno sostenuto con la preghiera durante il viaggio in Libano. Spero che quest’incontro con i fedeli di tutto il Medio Oriente li rafforzi, li incoraggi nell’impegno di una pace duratura. Vi chiedo di continuare a sorreggere i loro sforzi con le vostre preghiere. Dio vi benedica!

Saluto in lingua croata:

Saluto con gioia tutti i pellegrini Croati particolarmente i fedeli della parrocchia di Santa Elena di Šenkovac. Cari amici, la vostra visita alle tombe dei Santi Apostoli e il loro esempio di martirio, vi siano d’ispirazione per testimoniare sempre più la fede in Gesù Cristo, l’unico Salvatore Salvatore. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Rivolgo un cordiale benvenuto ai fedeli di lingua slovacca. In particolare saluto i pellegrini provenienti dalla Parrocchia di Výcapy - Opatovce.
Fratelli e sorelle, domenica ho concluso il mio viaggio Apostolico in Libano. Vi ringrazio per le vostre preghiere e per l’attenzione con le quali mi avete accompagnato durante questa visita e vi benedico tutti.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Lituania!
In questa città eterna è stato sparso il sangue degli Apostoli e dei martiri. Ancora oggi questo è un dono per la Chiesa, perché sappiamo testimoniare Gesù Cristo gli uni agli altri.
Che il Signore vi benedica tutti! Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare agli Abati Benedettini provenienti da tutto il mondo, come pure ai partecipanti ai Capitoli Generali dei Fratelli e delle Suore della Congregazione dei Sacri Cuori e dell’Adorazione Perpetua. Saluto i laici carmelitani, che partecipano ad un congresso internazionale, e i Seminaristi della Basilicata. Su ciascuno invoco la continua protezione di Dio e della Vergine Santissima per un fecondo servizio al Vangelo e alla Chiesa.

Con speciale affetto il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. L'amicizia con Gesù, cari giovani, sia per voi fonte di gioia e sostegno nel compiere scelte impegnative; sia di conforto per voi, cari malati, nei momenti difficili e vi dia sollievo al corpo e allo spirito. Cari sposi novelli, rimanete costantemente uniti a Cristo per realizzare fedelmente la vostra vocazione nell'amore reciproco.



Piazza San Pietro

Mercoledì, 26 settembre 2012: La Liturgia, scuola di preghiera: il Signore stesso ci insegna a pregare

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Cari fratelli e sorelle,

in questi mesi abbiamo compiuto un cammino alla luce della Parola di Dio, per imparare a pregare in modo sempre più autentico guardando ad alcune grandi figure dell’Antico Testamento, ai Salmi, alle Lettere di san Paolo e all’Apocalisse, ma soprattutto guardando all’esperienza unica e fondamentale di Gesù, nel suo rapporto con il Padre celeste. In realtà, solo in Cristo l’uomo è reso capace di unirsi a Dio con la profondità e la intimità di un figlio nei confronti di un padre che lo ama, solo in Lui noi possiamo rivolgerci in tutta verità a Dio chiamandolo con affetto “Abbà! Padre!”. Come gli Apostoli, anche noi abbiamo ripetuto in queste settimane e ripetiamo a Gesù oggi: «Signore, insegnaci a pregare» (
Lc 11,1).

Inoltre, per apprendere a vivere ancora più intensamente la relazione personale con Dio abbiamo imparato a invocare lo Spirito Santo, primo dono del Risorto ai credenti, perché è Lui che «viene in aiuto alla nostra debolezza: da noi non sappiamo come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26), dice san Paolo, e noi sappiamo come abbia ragione.

A questo punto, dopo una lunga serie di catechesi sulla preghiera nella Scrittura, possiamo domandarci: come posso io lasciarmi formare dallo Spirito Santo e così divenire capace di entrare nell'atmosfera di Dio, di pregare con Dio? Qual è questa scuola nella quale Egli mi insegna a pregare, viene in aiuto alla mia fatica di rivolgermi in modo giusto a Dio? La prima scuola per la preghiera - lo abbiamo visto in queste settimane - è la Parola di Dio, la Sacra Scrittura. La Sacra Scrittura è un permanente dialogo tra Dio e l'uomo, un dialogo progressivo nel quale Dio si mostra sempre più vicino, nel quale possiamo conoscere sempre meglio il suo volto, la sua voce, il suo essere; e l'uomo impara ad accettare di conoscere Dio, a parlare con Dio. Quindi, in queste settimane, leggendo la Sacra Scrittura, abbiamo cercato, dalla Scrittura, da questo dialogo permanente, di imparare come possiamo entrare in contatto con Dio.

C’è ancora un altro prezioso «spazio», un’altra preziosa «fonte» per crescere nella preghiera, una sorgente di acqua viva in strettissima relazione con la precedente. Mi riferisco alla liturgia, che è un ambito privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta.

Che cos’è la liturgia? Se apriamo il Catechismo della Chiesa Cattolica - sussidio sempre prezioso, direi indispensabile – possiamo leggere che originariamente la parola «liturgia» significa «servizio da parte del popolo e in favore del popolo» (n. 1069). Se la teologia cristiana prese questo vocabolo del mondo greco, lo fece ovviamente pensando al nuovo Popolo di Dio nato da Cristo che ha aperto le sue braccia sulla Croce per unire gli uomini nella pace dell’unico Dio. «Servizio in favore del popolo», un popolo che non esiste da sé, ma che si è formato grazie al Mistero Pasquale di Gesù Cristo. Di fatto, il Popolo di Dio non esiste per legami di sangue, di territorio, di nazione, ma nasce sempre dall’opera del Figlio di Dio e dalla comunione con il Padre che Egli ci ottiene.

Il Catechismo indica inoltre che «nella tradizione cristiana (la parola “liturgia”) vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all’opera di Dio» (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera di Dio.

Questo ce lo ha ricordato lo sviluppo stesso del Concilio Vaticano II, che iniziò i suoi lavori, cinquant’anni orsono, con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, approvato poi solennemente il 4 dicembre del 1963, il primo testo approvato dal Concilio. Che il documento sulla liturgia fosse il primo risultato dell’assemblea conciliare forse fu ritenuto da alcuni un caso. Tra tanti progetti, il testo sulla sacra liturgia sembrò essere quello meno controverso, e, proprio per questo, capace di costituire come una specie di esercizio per apprendere la metodologia del lavoro conciliare. Ma senza alcun dubbio, ciò che a prima vista può sembrare un caso, si è dimostrata la scelta più giusta, anche a partire dalla gerarchia dei temi e dei compiti più importanti della Chiesa. Iniziando, infatti, con il tema della «liturgia» il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla liturgia. Dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Il criterio fondamentale per la liturgia è il suo orientamento a Dio, per poter così partecipare alla sua stessa opera.

Però possiamo chiederci: qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare? La risposta che ci offre la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al numero 5 ci indica, infatti, che l’opera di Dio sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; ma al numero 7 la stessa Costituzione definisce proprio la celebrazione della liturgia come «opera di Cristo». In realtà questi due significati sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si rende attuale per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacramento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato alla vita nuova; e negli altri atti sacramentali che ci santificano (cfr Presbyterorum ordinis PO 5). Così, il Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio.

Facciamo un altro passo in avanti e chiediamoci: in che modo si rende possibile questa attualizzazione del Mistero Pasquale di Cristo? Il beato Papa Giovanni Paolo II, a 25 anni dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, scrisse: «Per attualizzare il suo Mistero Pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche. La liturgia è, di conseguenza, il luogo privilegiato dell’incontro dei cristiani con Dio e con colui che Egli inviò, Gesù Cristo (cfr Jn 17,3)» (Vicesimus quintus annus, n. 7). Sulla stessa linea, leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica così: «Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (n. 1153). Pertanto la prima esigenza per una buona celebrazione liturgica è che sia preghiera, colloquio con Dio, anzitutto ascolto e quindi risposta. San Benedetto, nella sua «Regola», parlando della preghiera dei Salmi, indica ai monaci: mens concordet voci, « la mente concordi con la voce». Il Santo insegna che nella preghiera dei Salmi le parole devono precedere la nostra mente. Abitualmente non avviene così, prima dobbiamo pensare e poi quanto abbiamo pensato si converte in parola. Qui invece, nella liturgia, è l'inverso, la parola precede. Dio ci ha dato la parola e la sacra liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entrare all'interno delle parole, nel loro significato, accoglierle in noi, metterci noi in sintonia con queste parole; così diventiamo figli di Dio, simili a Dio. Come ricorda la Sacrosanctum Concilium, per assicurare la piena efficacia della celebrazione «è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la propria voce e collaborino con la divina grazia per non riceverla invano» (n. 11). Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nella liturgia, è la concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nelle parole della grande storia della preghiera noi stessi siamo conformati allo spirito di queste parole e diventiamo capaci di parlare con Dio.

In questa linea, vorrei solo accennare ad uno dei momenti che, durante la stessa liturgia, ci chiama e ci aiuta a trovare tale concordanza, questo conformarci a ciò che ascoltiamo, diciamo e facciamo nella celebrazione della liturgia. Mi riferisco all’invito che formula il Celebrante prima della Preghiera Eucaristica: «Sursum corda», innalziamo i nostri cuori al di fuori del groviglio delle nostre preoccupazioni, dei nostri desideri, delle nostre angustie, della nostra distrazione. Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso Dio dalle parole stesse che ascolta e dice. Lo sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mezzo a noi: è una disposizione fondamentale.

Quando viviamo la liturgia con questo atteggiamento di fondo, il nostro cuore è come sottratto alla forza di gravità, che lo attrae verso il basso, e si leva interiormente verso l’alto, verso la verità, verso l’amore, verso Dio. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo che, nella Liturgia sacramentale della Chiesa, annunzia, attualizza e comunica il Mistero della salvezza, prosegue nel cuore che prega. I Padri della vita spirituale talvolta paragonano il cuore a un altare» (n. 2655): altare Dei est cor nostrum.

Cari amici, celebriamo e viviamo bene la liturgia solo se rimaniamo in atteggiamento orante, non se vogliamo “fare qualcosa”, farci vedere o agire, ma se orientiamo il nostro cuore a Dio e stiamo in atteggiamento di preghiera unendoci al Mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio con il Padre. Dio stesso ci insegna a pregare, afferma san Paolo (cfr Rm 8,26). Egli stesso ci ha dato le parole adeguate per dirigerci a Lui, parole che incontriamo nel Salterio, nelle grandi orazioni della sacra liturgia e nella stessa Celebrazione eucaristica. Preghiamo il Signore di essere ogni giorno più consapevoli del fatto che la Liturgia è azione di Dio e dell’uomo; preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 2564). Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Carissimi, la Liturgia eucaristica è fonte e culmine della vita di preghiera della comunità della Chiesa e di ogni credente. E’ azione di Dio e dell’uomo: preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e dai nostri cuori, rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo. La partecipazione alla santa Messa sia per tutti noi un desiderabile tempo d’incontro con Dio. La Sua benedizione vi accompagni sempre.

Saluto in lingua croata:

Saluto di cuore tutti i pellegrini Croati particolarmente i fedeli delle Missioni cattoliche croate in Norvegia e in Svezia. Cari amici, ogni cristiano è chiamato ad essere apostolo ed a testimoniare il dono della fede nel proprio ambiente. I santi apostoli e martiri vi aiutino a perseverare in tale compito. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Di cuore do il benvenuto ai pellegrini slovacchi, in particolare a quelli provenienti dalle Parrocchie di Raková, Cadca e Tesáre.
Fratelli e sorelle, il vostro pellegrinaggio alle tombe dei Santi Apostoli e Martiri romani vi riempia di un nuovo zelo sulla via della testimonianza evangelica.
Volentieri benedico voi e le vostre famiglie.
Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto le Suore Missionarie dell’Immacolata e le Carmelitane Missionarie, che celebrano i rispettivi Capitoli Generali: care sorelle, vi incoraggio a proseguire nella missione dell’evangelizzazione rimanendo fedeli ai carismi dei Fondatori. Accolgo con gioia i pellegrini della Diocesi di Belluno-Feltre, accompagnati dal Vescovo Mons. Andrich, qui convenuti in occasione del centenario della nascita del Papa Giovanni Paolo I, e i membri della Fondazione Piccola Opera Charitas, della Diocesi di Teramo-Atri accompagnati del Vescovo, Mons. Seccia, nel cinquantesimo anniversario di attività. Saluto i rappresentanti del Centro Alfredo Rampi e quelli di “CasAmica” di Milano, incoraggiandoli a spendere le proprie energie a servizio della sicurezza e della accoglienza delle persone con difficoltà di salute.

Un pensiero infine per i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria dei Santi Medici Cosma e Damiano: cari giovani, imparate a curare ogni sofferenza dei fratelli con l’affetto e l’accoglienza; cari ammalati, la migliore terapia per ogni malattia è la fiducia in Dio a cui parliamo nella preghiera; e voi, cari sposi novelli, abbiate cura l’uno dell’altro nel vostro cammino coniugale.





Piazza San Pietro

Mercoledì, 3 ottobre 2012

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Cari fratelli e sorelle,

nella scorsa catechesi ho iniziato a parlare di una delle fonti privilegiate della preghiera cristiana: la sacra liturgia, che - come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica - è «partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo. Nella liturgia ogni preghiera cristiana trova la sua sorgente e il suo termine» (n. 1073). Oggi vorrei che ci chiedessimo: nella mia vita, riservo uno spazio sufficiente alla preghiera e, soprattutto, che posto ha nel mio rapporto con Dio la preghiera liturgica, specie la Santa Messa, come partecipazione alla preghiera comune del Corpo di Cristo che è la Chiesa?

Nel rispondere a questa domanda dobbiamo ricordare anzitutto che la preghiera è la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo (cfr ibid., 2565). Quindi la vita di preghiera consiste nell’essere abitualmente alla presenza di Dio e averne coscienza, nel vivere in relazione con Dio come si vivono i rapporti abituali della nostra vita, quelli con i familiari più cari, con i veri amici; anzi quella con il Signore è la relazione che dona luce a tutte le altre nostre relazioni. Questa comunione di vita con Dio, Uno e Trino, è possibile perché per mezzo del Battesimo siamo stati inseriti in Cristo, abbiamo iniziato ad essere una sola cosa con Lui (cfr
Rm 6,5).

In effetti, solo in Cristo possiamo dialogare con Dio Padre come figli, altrimenti non è possibile, ma in comunione col Figlio possiamo anche dire noi come ha detto Lui: «Abbà». In comunione con Cristo possiamo conoscere Dio come Padre vero (cfr Mt 11,27). Per questo la preghiera cristiana consiste nel guardare costantemente e in maniera sempre nuova a Cristo, parlare con Lui, stare in silenzio con Lui, ascoltarlo, agire e soffrire con Lui. Il cristiano riscopre la sua vera identità in Cristo, «primogenito di ogni creatura», nel quale sussistono tutte le cose (cfr Col 1,15ss). Nell’identificarmi con Lui, nell’essere una cosa sola con Lui, riscopro la mia identità personale, quella di vero figlio che guarda a Dio come a un Padre pieno di amore.

Ma non dimentichiamo: Cristo lo scopriamo, lo conosciamo come Persona vivente, nella Chiesa. Essa è il «suo Corpo». Tale corporeità può essere compresa a partire dalle parole bibliche sull’uomo e sulla donna: i due saranno una carne sola (cfr Gn 2,24 Ef 5,30ss.; 1 Cor 6,16s). Il legame inscindibile tra Cristo e la Chiesa, attraverso la forza unificante dell’amore, non annulla il «tu» e l’«io», bensì li innalza alla loro unità più profonda. Trovare la propria identità in Cristo significa giungere a una comunione con Lui, che non mi annulla, ma mi eleva alla dignità più alta, quella di figlio di Dio in Cristo: «la storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste appunto nel fatto che questa comunione di volontà cresce in comunione di pensiero e di sentimento e, così, il nostro volere e la volontà di Dio coincidono sempre di più» (Enc. Deus caritas est ). Pregare significa elevarsi all’altezza di Dio, mediante una necessaria graduale trasformazione del nostro essere.

Così, partecipando alla liturgia, facciamo nostra la lingua della madre Chiesa, apprendiamo a parlare in essa e per essa. Naturalmente, come ho già detto, questo avviene in modo graduale, poco a poco. Devo immergermi progressivamente nelle parole della Chiesa, con la mia preghiera, con la mia vita, con la mia sofferenza, con la mia gioia, con il mio pensiero. E’ un cammino che ci trasforma.

Penso allora che queste riflessioni ci permettano di rispondere alla domanda che ci siamo fatti all’inizio: come imparo a pregare, come cresco nella mia preghiera? Guardando al modello che ci ha insegnato Gesù, il Padre nostro, noi vediamo che la prima parola è «Padre» e la seconda è «nostro». La risposta, quindi, è chiara: apprendo a pregare, alimento la mia preghiera, rivolgendomi a Dio come Padre e pregando-con-altri, pregando con la Chiesa, accettando il dono delle sue parole, che mi diventano poco a poco familiari e ricche di senso. Il dialogo che Dio stabilisce con ciascuno di noi, e noi con Lui, nella preghiera include sempre un «con»; non si può pregare Dio in modo individualista. Nella preghiera liturgica, soprattutto l’Eucaristia, e - formati dalla liturgia - in ogni preghiera, non parliamo solo come singole persone, bensì entriamo nel «noi» della Chiesa che prega. E dobbiamo trasformare il nostro «io» entrando in questo «noi».

Vorrei richiamare un altro aspetto importante. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo: «Nella liturgia della Nuova Alleanza, ogni azione liturgica, specialmente la celebrazione dell’Eucaristia e dei sacramenti, è un incontro tra Cristo e la Chiesa» (n. 1097); quindi è il «Cristo totale», tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo Capo che celebra. La liturgia allora non è una specie di «auto-manifestazione» di una comunità, ma è invece l’uscire dal semplice «essere-se-stessi», essere chiusi in se stessi, e l’accedere al grande banchetto, l’entrare nella grande comunità vivente, nella quale Dio stesso ci nutre. La liturgia implica universalità e questo carattere universale deve entrare sempre di nuovo nella consapevolezza di tutti. La liturgia cristiana è il culto del tempio universale che è Cristo Risorto, le cui braccia sono distese sulla croce per attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio. E’ il culto del cielo aperto. Non è mai solamente l’evento di una comunità singola, con una sua collocazione nel tempo e nello spazio. E’ importante che ogni cristiano si senta e sia realmente inserito in questo «noi» universale, che fornisce il fondamento e il rifugio all’«io», nel Corpo di Cristo che è la Chiesa.

In questo dobbiamo tenere presente e accettare la logica dell’incarnazione di Dio: Egli si è fatto vicino, presente, entrando nella storia e nella natura umana, facendosi uno di noi. E questa presenza continua nella Chiesa, suo Corpo. La liturgia allora non è il ricordo di eventi passati, ma è la presenza viva del Mistero Pasquale di Cristo che trascende e unisce i tempi e gli spazi. Se nella celebrazione non emerge la centralità di Cristo non avremo liturgia cristiana, totalmente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice. Dio agisce per mezzo di Cristo e noi non possiamo agire che per mezzo suo e in Lui. Ogni giorno deve crescere in noi la convinzione che la liturgia non è un nostro, un mio «fare», ma è azione di Dio in noi e con noi.

Quindi, non è il singolo - sacerdote o fedele - o il gruppo che celebra la liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività. Questa universalità ed apertura fondamentale, che è propria di tutta la liturgia, è una delle ragioni per cui essa non può essere ideata o modificata dalla singola comunità o dagli esperti, ma deve essere fedele alle forme della Chiesa universale.

Anche nella liturgia della più piccola comunità è sempre presente la Chiesa intera. Per questo non esistono «stranieri» nella comunità liturgica. In ogni celebrazione liturgica partecipa assieme tutta la Chiesa, cielo e terra, Dio e gli uomini. La liturgia cristiana, anche se si celebra in un luogo e uno spazio concreto ed esprime il «sì» di una determinata comunità, è per sua natura cattolica, proviene dal tutto e conduce al tutto, in unità con il Papa, con i Vescovi, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi. Quanto più una celebrazione è animata da questa coscienza, tanto più fruttuosamente in essa si realizza il senso autentico della liturgia.

Cari amici, la Chiesa si rende visibile in molti modi: nell’azione caritativa, nei progetti di missione, nell’apostolato personale che ogni cristiano deve realizzare nel proprio ambiente. Però il luogo in cui la si sperimenta pienamente come Chiesa è nella liturgia: essa è l’atto nel quale crediamo che Dio entra nella nostra realtà e noi lo possiamo incontrare, lo possiamo toccare. È l’atto nel quale entriamo in contatto con Dio: Egli viene a noi, e noi siamo illuminati da Lui. Per questo, quando nelle riflessioni sulla liturgia noi centriamo la nostra attenzione soltanto su come renderla attraente, interessante bella, rischiamo di dimenticare l’essenziale: la liturgia si celebra per Dio e non per noi stessi; è opera sua; è Lui il soggetto; e noi dobbiamo aprirci a Lui e lasciarci guidare da Lui e dal suo Corpo che è la Chiesa.

Chiediamo al Signore di imparare ogni giorno a vivere la sacra liturgia, specialmente la Celebrazione eucaristica, pregando nel «noi» della Chiesa, che dirige il suo sguardo non a se stessa, ma a Dio, e sentendoci parte della Chiesa vivente di tutti i luoghi e di tutti i tempi. Grazie.

Saluti:

Saluto in lingua polacca:

Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. In modo particolare saluto i sacerdoti e i fedeli della Missione Cattolica Polacca in Germania, che sono giunti qui per un pellegrinaggio di ringraziamento per il Pontificato e la beatificazione di Giovanni Paolo II. Questo cammino sia per tutti voi qui presenti tempo di grazia e di crescita nella fede. Dio vi benedica!

Saluto in lingua croata:

Di cuore saluto e benedico tutti i pellegrini Croati particolarmente gli studenti dei Ginnasi cattolici di Požega e Virovitica guidati da loro Vescovo Antun, come pure i fedeli dalla Parrocchia dell’Esaltazione della Santa Croce a Ruma in Serbia, e i membri della Comunità cattolica croata di Ludwigshafen. Cari amici, custodite viva la fiamma della fede, accesa nel vostro battesimo e sostenuta dagli esempi dei santi martiri, affinché gli altri possano vedere la gioia della vostra vita in Cristo. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua slovacca:

Con affetto do il benvenuto ai pellegrini slovacchi, specialmente a quelli provenienti da Nitra e dintorni.
Fratelli e sorelle, il Santo Rosario è preghiera di comunione. Vi invito a rafforzare questa unione con Cristo, con sua Madre e con i fratelli. Vi affido tutti alla materna intercessione della Madonna del Rosario. Con questo augurio vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!

APPELLO


Cari fratelli e sorelle, domani mi recherò in visita al Santuario di Loreto, nel 50° anniversario del celebre pellegrinaggio del Beato Papa Giovanni XXIII in quella località mariana, avvenuto una settimana prima dell’apertura del Concilio Vaticano II.

Vi chiedo di unirvi alla mia preghiera nel raccomandare alla Madre di Dio i principali eventi ecclesiali che ci apprestiamo a vivere. L’Anno della fede e il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione. Possa la Vergine Santa accompagnare la Chiesa nella sua missione di annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo.

* * *


Ora rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli dell’Arcidiocesi di Salerno, qui convenuti con il loro Pastore Mons. Luigi Moretti. Cari amici, mi unisco al vostro rendimento di grazie per la recente beatificazione del sacerdote don Mariano Arciero, instancabile apostolo del Vangelo, fervido testimone di carità e di umiltà. Il suo esempio illumini la vostra vita e vi sostenga nel vostro cammino di fede. Saluto i religiosi della Passione di Gesù Cristo – i Passionisti – che, durante la loro Assemblea Capitolare, sono venuti ad esprimere al Successore di Pietro sentimenti di affetto e di profonda comunione ecclesiale. Vi ringrazio, cari Fratelli, e vi incoraggio nel vostro apostolato.

Sono lieto di accogliere i sacerdoti e seminaristi, provenienti da varie Nazioni, studenti presso i Pontifici Collegi San Paolo apostolo e Maria Mater Ecclesiae. Nel rivolgervi i migliori auguri per il vostro impegno di studio, vi assicuro un particolare ricordo nella preghiera.

Infine il mio saluto va ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Cari giovani, ascoltate Cristo, parola di verità, e accogliete con prontezza il suo disegno sulla vostra vita. Voi, cari ammalati, sentite Gesù accanto a voi e testimoniate con la vostra speranza la forza vivificante della sua Croce. Voi, cari sposi novelli, con la grazia del sacramento, irrobustite di giorno in giorno il vostro amore e camminate sulla via della santità.



Piazza San Pietro

Mercoledì, 10 ottobre 2012


Catechesi 2005-2013 19092