Catechesi 79-2005 40281

Mercoledì, 4 febbraio 1981: Descrizione paolina del corpo e dottrina sulla purezza

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1. Nelle nostre considerazioni di mercoledì scorso sulla purezza secondo l’insegnamento di san Paolo, abbiamo richiamato l’attenzione sul testo della prima Lettera ai Corinzi. L’Apostolo vi presenta la Chiesa come Corpo di Cristo, e ciò gli offre l’opportunità di fare il seguente ragionamento circa il corpo umano: "... Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto... Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre" (
1Co 12,18 1Co 12,22-25).

2. La "descrizione" paolina del corpo umano corrisponde alla realtà che lo costituisce: è quindi una descrizione "realistica". Nel realismo di tale descrizione viene intrecciato, al tempo stesso, un sottilissimo filo di valutazione che le conferisce un valore profondamente evangelico, cristiano. Certo è possibile "descrivere" il corpo umano, esprimere la sua verità con l’oggettività propria delle scienze naturali; ma siffatta descrizione – con tutta la sua precisione – non può essere adeguata (cioè commensurabile con il suo oggetto), dato che non si tratta soltanto del corpo (inteso come organismo, nel senso "somatico"), bensì dell’uomo, che esprime se stesso per mezzo di quel corpo e in tal senso è, direi, quel corpo. Così dunque quel filo di valutazione, considerato che si tratta dell’uomo come persona, è indispensabile nel descrivere il corpo umano. Inoltre va detto quanto giusta sia tale valutazione. Questo è uno dei compiti e dei temi perenni di tutta la cultura: della letteratura, scultura, pittura e anche della danza, delle opere teatrali e infine della cultura della vita quotidiana, privata o sociale. Argomento che varrebbe la pena di trattare separatamente.

3. La descrizione paolina della prima Lettera ai Corinzi (1Co 12,18-25) non ha certamente un significato "scientifico": non presenta uno studio biologico sull’organismo umano oppure sulla "somatica" umana; da questo punto di vista è una semplice descrizione "prescientifica", peraltro concisa, fatta appena di poche frasi. Essa ha tutte le caratteristiche del realismo comune ed è, senza dubbio, sufficientemente "realistica". Tuttavia, ciò che determina il suo carattere specifico, ciò che in modo particolare giustifica la sua presenza nella Sacra Scrittura, è appunto quella valutazione intrecciata nella descrizione ed espressa nella sua stessa trama "narrativo-realistica". Si può dire con certezza che tale descrizione non sarebbe possibile senza tutta la verità della creazione e anche senza tutta la verità della "redenzione del corpo", che Paolo professa e proclama. Si può anche affermare che la descrizione paolina del corpo corrisponde proprio all’atteggiamento spirituale di "rispetto" verso il corpo umano, dovuto a motivo della "santità" (cfr 1Th 4,3-5 1Th 4,7-8) che scaturisce dai misteri della creazione e della redenzione. La descrizione paolina è ugualmente lontana sia dal disprezzo manicheo del corpo, sia dalle varie manifestazioni di un naturalistico "culto del corpo".

4. L’Autore della prima Lettera ai Corinzi (1Co 12,18-25) ha davanti agli occhi il corpo umano in tutta la sua verità; dunque, il corpo permeato anzitutto (se così ci si può esprimere) da tutta la realtà della persona e dalla sua dignità. Esso è, al tempo stesso, il corpo dell’uomo "storico", maschio e femmina, cioè di quell’uomo che, dopo il peccato, fu concepito, per così dire, entro e dalla realtà dell’uomo che aveva fatto l’esperienza della innocenza originaria. Nelle espressioni di Paolo circa le "membra indecorose" del corpo umano, come anche circa quelle che "sembrano più deboli" oppure quelle "che riteniamo meno onorevoli", ci pare di ritrovare la testimonianza della stessa vergogna che i primi esseri umani, maschio e femmina, avevano sperimentato dopo il peccato originale. Questa vergogna si è impressa in loro e in tutte le generazioni dell’uomo "storico" come frutto della triplice concupiscenza (con particolare riferimento alla concupiscenza della carne). E contemporaneamente in questa vergogna – come fu già posto in rilievo nelle precedenti analisi – si è impressa una certa "eco" della stessa innocenza originaria dell’uomo: quasi un "negativo" dell’immagine, il cui "positivo" era stata appunto l’innocenza originaria.

5. La "descrizione" paolina del corpo umano sembra confermare perfettamente le nostre anteriori analisi. Vi sono, nel corpo umano, le "membra indecorose" non a motivo della loro natura "somatica" (giacché una descrizione scientifica e fisiologica tratta tutte le membra e gli organi del corpo umano in modo "neutrale", con la stessa oggettività), ma soltanto ed esclusivamente perché nell’uomo stesso esiste quella vergogna che percepisce alcune membra del corpo come "indecorose" e induce a considerarle tali. La stessa vergogna sembra, in pari tempo, essere alla base di ciò che scrive l’Apostolo nella prima Lettera ai Corinzi: "Quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli, le circondiamo di maggior rispetto e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza" (1Co 12,23). Così, dunque, si può dire che dalla vergogna nasce appunto il "rispetto" per il proprio corpo: rispetto, il cui mantenimento Paolo sollecita nella prima Lettera ai Tessalonicesi (1Th 4,4). Appunto tale mantenimento del corpo "con santità e rispetto" va ritenuto come essenziale per la virtù della purezza.

6. Ritornando ancora alla "descrizione" paolina del corpo nella prima Lettera ai Corinzi (1Co 12,18-25), vogliamo richiamare l’attenzione sul fatto che, secondo l’Autore della Lettera, quel particolare sforzo che tende a rispettare il corpo umano e specialmente le sue membra più "deboli" o "indecorose", corrisponde al disegno originario del Creatore ovvero a quella visione, di cui parla il Libro della Genesi: "Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona" (Gn 1,31). Paolo scrive: "Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre" (1Co 12,24-25). La "disunione nel corpo", il cui risultato è che alcune membra sono ritenute "più deboli", "meno onorevoli", quindi "indecorose", è una ulteriore espressione della visione dello stato interiore dell’uomo dopo il peccato originale, cioè dell’uomo "storico". L’uomo dell’innocenza originaria, maschio e femmina, di cui leggiamo in Genesi 2, 25 che "erano nudi... ma non ne provavano vergogna", non provava nemmeno quella "disunione nel corpo". All’oggettiva armonia, di cui il Creatore ha dotato il corpo e che Paolo precisa come reciproca cura delle varie membra (1Co 12,25), corrispondeva un’analoga armonia nell’intimo dell’uomo: l’armonia del "cuore". Quest’armonia, ossia precisamente la "purezza di cuore", consentiva all’uomo e alla donna nello stato dell’innocenza originaria di sperimentare semplicemente (e in un modo che originariamente li rendeva felici entrambi) la forza unitiva dei loro corpi, che era, per così dire, l’"insospettabile" substrato della loro unione personale o "communio personarum".


7. Come si vede, l’Apostolo nella prima Lettera ai Corinzi (cfr 1Co 12,18-25) collega la sua descrizione del corpo umano allo stato dell’uomo "storico". Alla soglia della storia di quest’uomo sta l’esperienza della vergogna connessa con la "disunione nel corpo", col senso di pudore per quel corpo (e in specie per quelle sue membra che somaticamente determinano la mascolinità e la femminilità). Tuttavia, nella stessa "descrizione", Paolo indica anche la via che (appunto sulla base del senso di vergogna) conduce alla trasformazione di tale stato fino alla graduale vittoria su quella "disunione nel corpo", vittoria che può e deve attuarsi nel cuore dell’uomo. Questa è appunto la via della purezza, ossia del "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto". Al "rispetto", di cui tratta la prima Lettera ai Tessalonicesi (cfr 1Th 4,3-5), Paolo si riallaccia nella prima Lettera ai Corinzi (cfr 1Co 12,18-25) usando alcune locuzioni equivalenti, quando parla del "rispetto" ossia della stima verso le membra "meno onorevoli", "più deboli" del corpo, e quando raccomanda maggior "decenza" nei riguardi di ciò che nell’uomo è ritenuto "indecoroso". Queste locuzioni caratterizzano più da vicino quel "rispetto" soprattutto nell’ambito dei rapporti e comportamenti umani nei confronti del corpo; il che è importante sia riguardo al "proprio" corpo, sia evidentemente anche nei rapporti reciproci (specialmente tra l’uomo e la donna, sebbene non limitatamente ad essi).

Non abbiamo alcun dubbio che la "descrizione" del corpo umano nella prima Lettera ai Corinzi abbia un significato fondamentale per l’insieme della dottrina paolina sulla purezza.

Saluti:

Ad un gruppo di militari statunitensi


Ai partecipanti ad un congresso di albergatori


Al personale del "Circo Medrano"

Abbiamo visto e sentito tutti, in questa Udienza la bravura e la carica di entusiasmo degli artisti del " Circo Medrano ", che in questo periodo si trovano a Roma.

A voi tutti, fratelli e sorelle carissimi, che formate una grande famiglia viaggiante, e mediante il vostro continuo lavoro offrite agli uomini, specialmente ai bambini, uno svago sereno e sano, voglio dire il mio sincero plauso e il mio paterno incoraggiamento. So bene che, la vostra, è anche un’attività dura, faticosa, pericolosa: è di questi giorni l’incidente occorso ad una vostra trapezista, alla quale rivolgo un augurio particolarmente affettuoso. Sappiate che nell’opera che svolgete, la Chiesa vi è vicina, la Chiesa vi ama, il Papa vi ama.

Nel vostro lungo cammino per le strade di tante Regioni e di tante Nazioni, continuate a portare, ai piccoli ed ai grandi, il vostro tipico messaggio di solidarietà, di bontà, di letizia, di onestà ricordando a tutti che – secondo l’invito della Sacra Scrittura – dobbiamo sempre servire il Signore nella gioia, anche a costo di personale sacrificio.


A voi tutti la mia Benedizione Apostolica.

Ai Sottufficiali dell’Ospedale Militare Principale di Roma

Sono anche presenti a quest’incontro i Sottufficiali della Sala Convegno dell’Ospedale Militare Principale di Roma.

A voi va il mio affettuoso saluto e il mio sincero augurio che, nella luce e nell’impegno della fede cristiana, siate sempre cittadini esemplari della Patria e, nello stesso tempo, dinamici membri della Chiesa, sempre pronti a rendere testimonianza concreta e generosa al messaggio evangelico.

Sulle vostre persone, sulle vostre famiglie e su quanti vi sono cari invoco dal Signore l’abbondanza delle grazie celesti e vi imparto la mia cordiale Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Ed ora, come sempre, una parola ai giovani presenti a questa Udienza, tra i quali si distinguono quelli del Movimento GEN 2, partecipanti ad un loro congresso nel Centro di Mariapoli di Rocca di Papa, nonché i gruppi di studenti di scuole di vario grado.

E’ una presenza costante, continua, quella dei gruppi giovanili che vengono alla Sede di Pietro, e che non può non far pensare a una grande sete di religiosità insita in voi.

Si tratta di una religiosità spesso tormentata, ma pur sempre una religiosità profonda, che mira all’essenziale, perché mette al primo posto il colloquio schietto con Dio e l’immediatezza dell’azione di fronte ai bisogni dei fratelli.

Questo suscita grande speranza e simpatia nel cuore del Papa, che vi è vicino con la Sua preghiera, e fa voti che tale ansia di ricerca trovi in Cristo l’amico che vi appaga e che dà un significato all’entusiasmo del vostro esistere. Per questo vi benedico di cuore.

Agli ammalati

Anche ai cari ammalati una parola di saluto, di conforto e di incoraggiamento, per i posto di particolare predilezione che occupano nel mio cuore. Siete venuti qui, superando le difficoltà del viaggio, ma portando anche la ricchezza del vostro coraggio nell’affrontare i disagi della vita quotidiana.

La vostra sofferenza si può paragonare alla semente che, nella stagione invernale, lentamente si sviluppa, in attesa della fioritura in primavera. Così è il soffrire di un ammalato: seme prezioso che riceverà dal signore premi insperati, simbolo di quella Croce che ha rigenerato il mondo e ha fatto fiorire ovunque i germogli delle comunità cristiane.

Il Papa vi ricorda nella preghiera e di cuore vi benedice.

Alle coppie di sposi novelli

Infine ai novelli sposi, presenti a questa Udienza, il mio saluto beneaugurante. Sappiate attingere qui, alla Sede di Pietro, la forza per testimoniare con coraggio la presenza di Cristo nella vostra famiglia, nella comunità parrocchiale, nella società civile, mediante la vita di comunione che avete da poco iniziato. Vivete nella fede quell’amore fecondo che vi aiuta a costruire ogni giorno qualcosa di positivo, e che vi rende strumenti nelle mani di Dio nel compito meraviglioso della trasmissione della vita.

Portate nella vostra casa il mio ricordo, la mia Benedizione.



Mercoledì, 11 febbraio 1981: La virtù della purezza attua la vita secondo lo spirito

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1. Durante i nostri ultimi incontri del mercoledì abbiamo analizzato due passi tratti dalla prima Lettera ai Tessalonicesi (
1Th 4,3-5) e dalla prima Lettera ai Corinzi (1Co 12,18-25), al fine di mostrare ciò che sembra essere essenziale nella dottrina di san Paolo sulla purezza, intesa in senso morale, ossia come virtù. Se nel testo citato della prima Lettera ai Tessalonicesi si può costatare che la purezza consiste nella temperanza, tuttavia in questo testo, come pure nella prima Lettera ai Corinzi, è anche posto in rilievo il momento del "rispetto". Mediante tale rispetto dovuto al corpo umano (e aggiungiamo che, secondo la prima Lettera ai Corinzi, il rispetto è appunto visto in relazione alla sua componente di pudore), la purezza, come virtù cristiana, si rivela nelle Lettere paoline una via efficace per distaccarsi da ciò che nel cuore umano è frutto della concupiscenza della carne. L’astensione "dalla impudicizia", che implica il mantenimento del corpo "con santità e rispetto", permette di dedurre che, secondo la dottrina dell’Apostolo, la purezza è una "capacità" incentrata sulla dignità del corpo, cioè sulla dignità della persona in relazione al proprio corpo, alla femminilità o mascolinità che in questo corpo si manifesta. La purezza, intesa come "capacità", è appunto espressione e frutto della vita "secondo lo Spirito" nel pieno significato dell’espressione, cioè come nuova capacità dell’essere umano, in cui porta frutto il dono dello Spirito Santo. Queste due dimensioni della purezza – la dimensione morale, ossia la virtù, e la dimensione carismatica, ossia il dono dello Spirito Santo – sono presenti e strettamente connesse nel messaggio di Paolo. Ciò viene posto in particolare rilievo dall’Apostolo nella prima Lettera ai Corinzi, in cui egli chiama il corpo "tempio (quindi: dimora e santuario) dello Spirito Santo".

2. "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio e non appartenete a voi stessi?" – chiede Paolo ai Corinzi (1Co 6,19), dopo averli prima istruiti con molta severità circa le esigenze morali della purezza. "Fuggite la prostituzione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta è fuori del suo corpo (1Co 6,8) ma chi si dà all’impudicizia, pecca contro il proprio corpo". La nota peculiare del peccato che l’Apostolo qui stigmatizza sta nel fatto che tale peccato, diversamente da tutti gli altri, è "contro il corpo" (mentre gli altri peccati sono "fuori del corpo"). Così, dunque, nella terminologia paolina troviamo la motivazione per le espressioni: "i peccati del corpo" o i "peccati carnali". Peccati che sono in contrapposizione appunto con quella virtù, in forza della quale l’uomo mantiene "il proprio corpo con santità e rispetto" (cfr 1Th 4,3-5).

3. Tali peccati portano con sé la "profanazione" del corpo: privano il corpo della donna o dell’uomo del rispetto ad esso dovuto a motivo della dignità della persona. Tuttavia, l’Apostolo va oltre: secondo lui il peccato contro il corpo è pure "profanazione del tempio". Della dignità del corpo umano, agli occhi di Paolo, decide non soltanto lo spirito umano, grazie a cui l’uomo si costituisce come soggetto personale, ma ancor più la realtà soprannaturale che è la dimora e la continua presenza dello Spirito Santo nell’uomo – nella sua anima e nel suo corpo – come frutto della redenzione compiuta da Cristo. Ne consegue che il "corpo" dell’uomo ormai non è più soltanto "proprio". E non soltanto per il motivo che è corpo della persona, esso merita quel rispetto, la cui manifestazione nella condotta reciproca degli uomini, maschi e femmine, costituisce la virtù della purezza. Quando l’Apostolo scrive: "Il vostro corpo è tempio dello Spirito che è in voi e che avete da Dio" (1Co 6,19), intende indicare ancora un’altra fonte della dignità del corpo, appunto lo Spirito Santo, che è anche fonte del dovere morale derivante da tale dignità.


4. È la realtà della redenzione, che è pure "redenzione del corpo", a costituire questa fonte. Per Paolo, questo mistero della fede è una realtà viva, orientata direttamente ad ogni uomo. Per mezzo della redenzione, ogni uomo ha ricevuto da Dio quasi nuovamente se stesso e il proprio corpo. Cristo ha iscritto nel corpo umano – nel corpo di ogni uomo e di ogni donna – una nuova dignità, dato che in lui stesso il corpo umano è stato ammesso, insieme all’anima, all’unione con la Persona del Figlio-Verbo. Con questa nuova dignità, mediante la "redenzione del corpo" nacque al tempo stesso anche un nuovo obbligo, di cui scrive Paolo in modo conciso, ma quanto mai toccante: "Siete stati comprati a caro prezzo" (1Co 6,20). Il frutto della redenzione è infatti lo Spirito Santo, che abita nell’uomo e nel suo corpo come in un tempio. In questo Dono, che santifica ogni uomo, il cristiano riceve nuovamente se stesso in dono da Dio. E questo nuovo, duplice dono obbliga. L’Apostolo fa riferimento a questa dimensione dell’obbligo quando scrive ai credenti, consapevoli del Dono, per convincerli che non si deve commettere l’"impudicizia", non si deve "peccare contro il proprio corpo" (1Co 6,18). Egli scrive: "Il corpo... non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo" (1Co 6,13). È difficile esprimere in modo più conciso Ciò che porta con sé per ogni credente il mistero dell’Incarnazione. Il fatto che il corpo umano divenga in Gesù Cristo corpo di Dio-Uomo ottiene per tale motivo, in ciascun uomo, una nuova soprannaturale elevazione, di cui ogni cristiano deve tener conto nel suo comportamento nei riguardi del "proprio" corpo e, evidentemente, nei riguardi del corpo altrui: l’uomo verso la donna e la donna verso l’uomo. La redenzione del corpo comporta l’istituzione in Cristo e per Cristo di una nuova misura della santità del corpo. Proprio a questa "santità" fa richiamo Paolo nella prima Lettera ai Tessalonicesi (1Th 4,3-5), quando scrive di "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto".

5. Nel capitolo 6 della prima Lettera ai Corinzi, Paolo precisa invece la verità sulla santità del corpo, stigmatizzando con parole perfino drastiche l’"impudicizia", cioè il peccato contro la santità del corpo, il peccato dell’impurità: "Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno, è detto, un corpo solo. Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito" (1Co 6,15-17). Se la purezza è, secondo l’insegnamento paolino, un aspetto della "vita secondo lo Spirito", ciò vuol dire che fruttifica in essa il mistero della redenzione del corpo come parte del mistero di Cristo, iniziato nell’Incarnazione e già attraverso di essa rivolto ad ogni uomo. Questo mistero fruttifica anche nella purezza, intesa come un particolare impegno fondato sull’etica. Il fatto che siamo "stati comprati a caro prezzo" (1Co 6,20), cioè a prezzo della redenzione di Cristo, fa scaturire appunto un impegno speciale, ossia il dovere di "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto". La consapevolezza della redenzione del corpo opera nella volontà umana in favore dell’astensione dalla "impudicizia", anzi, agisce al fine di far acquisire un’appropriata abilità o capacità, detta virtù della purezza.

Ciò che risulta dalle parole della prima Lettera ai Corinzi (1Co 6,15-17) circa l’insegnamento di Paolo sulla virtù cristiana della purezza come attuazione della vita "secondo lo Spirito", è di una particolare profondità e ha la forza del realismo soprannaturale della fede. È necessario che ritorniamo a riflettere su questo tema più di una volta.

Saluti:

Ad un gruppo di religiose francesi della Santa Famiglia di Bordeaux


Alla comunità filippina residente in Roma


Agli allievi infermieri e assistenti sanitari di Bari e alle allieve ostetriche del Policlinico "Umberto I" di Roma


Saluto ora con particolare intensità di affetto due gruppi, i quali, pur provenienti da luoghi diversi, sono tuttavia accomunati dalla medesima professione; essi sono: gli Allievi e le Allieve della Scuola Professionale "Sacro Cuore" per Infermieri e quelli della Scuola per Assistenti Sanitarie Visitatrici dell’Università degli Studi-Politecnico di Bari e le Allieve Ostetriche del Policlinico " Umberto I " di Roma.

Carissimi, vi esprimo il mio grato compiacimento per l’atto cortese di questa visita e vi esorto a saper trarre da essa rinnovate energie per una sempre maggiore presa di coscienza della importanza e delicatezza che questo periodo di preparazione riveste per il preciso compimento della vostra futura missione. Il Signore vi assista sempre, perché la vostra formazione sia esemplare non solo dal punto di vista professionale e tecnico, ma anche da quello morale e spirituale, che vi fa capire il malato, vi permette di confortarlo e sollevarlo nei suoi abbandoni, nelle sue sofferenze ed angosce; vi fa, in altri termini, amare il Cristo in lui, fino a dimenticare voi stessi e le vostre esigenze. Vi sia di sostegno a tal fine la mia Benedizione.

Ai Vigili Urbani di Montecatini Terme

Un pensiero speciale rivolgo pure al gruppo dei Vigili Urbani di Montecatini Terme, i quali, unitamente alle autorità religiose e civili ed ai familiari, sono venuti, in divisa ufficiale, per ricordare il 75° anniversario della costituzione di quel Comune e il 50° della fondazione del Corpo dei Vigili della Città.

Vi ringrazio per questo gesto di devoto omaggio al Successore di Pietro e di testimonianza cristiana; ma vi esprimo la mia compiacenza e il mio incoraggiamento soprattutto per tutto quello che voi fate per il pacifico ed ordinato andamento della vostra Città, ben nota per le sue sorgenti termali. Continuate a far regnare sulle strade e i luoghi pubblici un clima di cortesia e di reciproco rispetto, conformi alle migliori tradizioni della civiltà cristiana. Vi accompagni in codesto vostro nobile impegno la mia Benedizione, che desidero estendere anche a tutti i vostri familiari rimasti a casa.

Ai giovani

Il cordiale saluto che rivolgo a voi, giovani, è ispirato all’odierna memoria liturgica: l’Apparizione della Beata Vergine a Lourdes! Ben sappiamo che la Madonna, a metà del secolo scorso, si mostrò in una grotta ad una fanciulla, Bernardetta Soubirous, per affidarle l’invito pressante a pregare e a convertirsi! Riecheggiando il messaggio evangelico, la Vergine Santa ha esortato l’umanità a mantenersi in continuo dialogo con Dio ed a migliorarsi quotidianamente, disertando le vie facili del peccato e seguendo i sentieri della giustizia e della santità. Che l’invito mariano trovi eco profonda anche nel vostro animo e nella vostra vita, perché siate sempre autentici testimoni di Cristo nel mondo.

Con questo augurio vi benedico di cuore.

Agli ammalati

Nel rivolgere il mio affettuoso pensiero a voi, carissimi ammalati, si affaccia alla mia mente l’immagine di Lourdes, "cittadella di Maria", dove l’Immacolata Madre di Gesù apparve quale visione di luce e di speranza per richiamare gli uomini alle realtà celesti e per confortare e sanare i malati nello spirito e nel corpo. La vicenda di Lourdes costituisce un poema di amore materno di Maria, sempre vigile e premurosa verso i suoi figli e riassume, altresì, la storia di tanta sofferenza umana, che si è fatta preghiera, offerta, fiducioso abbandono alla volontà di Dio, traendone conforto, serenità, significato e valore al proprio patire. La Vergine Santa, dalla Grotta di Massabielle, come a tanti ammalati, così anche a voi, oggi e sempre, doni un sorriso, un incoraggiamento, una grazia, che vi sollevi e vi conforti nel vostro cammino di dolore. Con tali voti vi benedico.

Agli sposi novelli


Porgo ora un affettuoso saluto a voi, sposi novelli, qui presenti perché animati dal desiderio di rendere filiale omaggio al Papa, di ascoltare la Sua parola e di ricevere la Sua benedizione.

Figli carissimi, il vostro sogno d’amore è stato suggellato dalla grazia del Sacramento del Matrimonio! La vostra unione possa essere simile a quella di Cristo con la Chiesa, sua mistica Sposa: sia cioè salda nell’unità e fedeltà, permanga generosa nella dedizione reciproca, sia allietata da fecondità ed, infine, si conservi serena in ogni evenienza della vita!

La Madonna di Lourdes vi sorrida e vi custodisca sempre nell’amore di Cristo. Con la mia paterna Benedizione.
***

Preghiera per la Polonia


Come di consueto, anche oggi desidero approfittare dell’occasione di incontrarmi con voi, che rappresentate qui la mia patria, i miei connazionali, sia quelli che vivono in Polonia, sia quelli che vivono all’estero, per ringraziarvi delle preghiere. Quando mi incontro con voi, mi dite sempre: preghiamo per il Santo Padre, preghiamo specialmente adesso in vista del suo imminente primo viaggio in Estremo Oriente. Desidero ringraziarvi calorosamente per quelle preghiere e raccomandarmi molto ad esse.

Nello stesso tempo voi mi chiedete di pregare per la Polonia. Desidero assicurarvi che lo faccio ininterrottamente, quotidianamente. Anzi, prega con noi anche diversa gente nel mondo. Varie persone me lo assicurano personalmente e tante mi scrivono che pregano particolarmente adesso per la Polonia.

Certamente in Polonia avvengono cose molto importanti, difficili, che richiedono sì responsabilità, ma richiedono anche la preghiera, ed un sostegno spirituale. Perché, nonostante si tratti di cose temporali, di economia, di cose sociali, socio-economiche, le radici di queste vicende affondano nell’intimo dell’uomo, stanno nella sua anima, nella sua coscienza, nella sua responsabilità.

Ecco, la nostra preghiera comune, la mia e la vostra, e di tanti altri uomini di buona volontà nel mondo, mira proprio a questo: che in una situazione indubbiamente difficile, la piena maturità della società, di tutti senza eccezione, continui a rivelarsi. Si sta rivelando, già si era rivelata nei mesi scorsi; che si riveli ancora. È necessario che le cose maturino perché si raggiunga una forma adeguata. Che maturino nella calma! Che anche fra le tensioni che accompagnano questa crescita, si mantenga equilibrio e senso di responsabilità per quel grande bene comune qual è la nostra patria.

Di ciò desidero assicurarvi e tramite voi tutti quelli che rappresentate qui, ed approfittando della vostra presenza, mando a tutti il mio caloroso saluto e la mia benedizione di tutto cuore.





Mercoledì delle Ceneri, 4 marzo 1981: Difficoltà e speranze per il cristianesimo in Asia

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1. Il Mercoledì delle Ceneri – l’odierno mercoledì – costituisce l’inizio della Quaresima. Imponendo sulle nostre teste le ceneri, in conformità ad una antichissima tradizione, desideriamo manifestare non soltanto la transitorietà del mondo visibile e la legge della morte, alla quale in questo mondo è sottoposto anche l’uomo, ma, nello stesso tempo, desideriamo manifestare la nostra prontezza alla partecipazione al mistero pasquale di Cristo, che conduce alla vittoria sul peccato e sulla morte. La liturgia delle Ceneri, alla quale il Vescovo di Roma presiede, conforme alla tradizione nella chiesa stazionale di Santa Sabina sull’Aventino, è la prima chiamata alla conversione dei cuori ed all’ingresso nel cammino della Quaresima (digiuno di quaranta giorni), nello spirito della Chiesa. Ascoltando la sua voce, non rendete duri i vostri cuori, ma giorno per giorno rendeteli più sensibili alla voce del Signore Crocifisso.

2. In questo giorno, alla soglia della Quaresima, desidero rendere conto di quel particolare servizio pastorale del Vescovo di Roma, che è stato nella seconda metà del mese scorso il viaggio in Estremo Oriente, iniziato il 16 e terminato il 27 febbraio. Il motivo principale del viaggio fu la richiesta dell’Arcivescovo di Manila, Card. Jaime L. Sin, presentatami già all’inizio del mio servizio nella Sede Romana, di elevare per la prima volta agli altari un figlio della Chiesa nelle Filippine in relazione con il quarto centenario dell’esistenza e dell’attività della sede vescovile di Manila. Questo primo beato della terra filippina che ha ottenuto la glorificazione è Lorenzo Ruiz, un laico e padre di famiglia. Insieme con un numeroso gruppo di missionari, composto da ecclesiastici e laici, uomini e donne, appartenenti in maggior parte all’Ordine dei Domenicani, e provenienti dalla Spagna, dalla Francia, dall’Italia e dallo stesso Giappone, Lorenzo Ruiz, subì il martirio per la fede in Cristo nell’anno 1637.

3. Così dunque il motivo diretto del mio viaggio fu principalmente collegato col fatto del martirio, di cui uno dei partecipanti fu un figlio della Chiesa nelle Filippine; ma il fatto stesso ha avuto luogo nel Giappone, in date che si susseguirono a poca distanza, nel 1633, nel 1634 e nel 1637.

Mi sono voluto recare in Estremo Oriente, nelle Filippine e nel Giappone, per rendere omaggio ai martiri della fede, sia a quelli venuti dalla vecchia Europa, sia pure agli indigeni. La Chiesa che è cresciuta dalla Croce di Cristo sul Calvario in tutti i secoli e in diversi luoghi, diventa matura mediante la testimonianza della Croce, mediante il martirio per la fede, accettato coscientemente, deliberatamente e con amore dai confessori di Cristo: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (
Jn 15,13).

La Chiesa in Estremo Oriente nel corso dei secoli è passata attraverso la testimonianza della Croce, è cresciuta sul fondamento del sangue del martirio, che hanno subìto sia i missionari provenienti dall’Europa, sia i confessori di Cristo di quelle terre, raggiungendo presto la maturazione della più grande prova dell’amore. Questo fondamento è già stato abbondantemente gettato nei diversi Paesi dell’Asia e dell’Estremo Oriente.

4. E perciò anche se le proporzioni quantitative ci inducono a guardare le Chiese locali dell’Estremo Oriente e del Continente Asiatico ancora come delle piccole isole nel mare delle altre religioni, delle tradizioni e delle culture, tuttavia, nello stesso tempo, la profondità del fondamento gettato mediante il martirio di tanti cristiani, ci permette di vedere là il cristianesimo preparato già fin dalle fondamenta e maturo a motivo della testimonianza della Croce di Cristo.

Il mio pensiero e il mio cuore si sono rivolti nel corso dei giorni passati in modo particolare a questa testimonianza e a questo fondamento, non soltanto là dove direttamente compivo il mio pellegrinaggio, ma anche in tutti i territori del gigantesco Continente e dei vasti arcipelaghi che lo circondano. E se la storia di due millenni sembra testimoniare forse più delle difficoltà che un incontro reciproco tra il cristianesimo e le tradizioni religiose dell’Asia e dell’Estremo Oriente, tuttavia l’eloquenza di questo fondamento non può non rimanere senza eco.

Oggi, dopo il Concilio Vaticano II guardiamo tutto questo con speranza ancor maggiore, avendo davanti agli occhi la Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa Cattolica con le Religioni non cristiane. Crediamo profondamente che Dio nel suo amore paterno vuole "che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). Guardiamo con rispetto ogni raggio di quelle verità, che si manifesta anche fuori del cristianesimo. Nello stesso tempo, non cessiamo di pregare e di agire in questa direzione, affinché a tutti i popoli si riveli la pienezza del divino mistero della salvezza, che è in Cristo Gesù. In ciò consiste proprio la missione della Chiesa, che essa intraprende continuamente "in ogni occasione opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2), rallegrandosi anche con la gioia di quel piccolo gregge, perché al Padre è piaciuto di dargli il suo regno (cf. Lc 12,32).

5. Questa gioia fu condivisa anche dai miei fratelli e sorelle, che ho incontrato sulla strada del mio viaggio. Già il primo giorno a Karachi, città di più di tre milioni di abitanti, in Pakistan, dove oltre centomila cristiani si stringevano intorno ai loro Vescovi, con a capo il Cardinale Joseph Cordeiro, Arcivescovo di Karachi.


6. Delle Filippine è difficile dire a sufficienza e bisognerebbe dire molto, se non altro perché mi è stato dato di soggiornare colà più a lungo. Tuttavia sarebbe difficile fermarsi soltanto al ruolo di un corrispondente o di un cronista. Le Filippine sono il Paese dell’Estremo Oriente, in cui la Chiesa Cattolica ha messo più profondamente le radici e, per di più, si è identificata con la società aborigena e ha elaborato molte forme sia tradizionali che moderne dell’apostolato e della pastorale. Come esempio di quelle tradizionali si possono ricordare le varie forme delle cosiddetta "religiosità popolare", nelle quali sembra partecipare anche la parte colta di quella società. Le forme moderne – particolarmente le Università Cattoliche e anche le scuole – hanno cominciato ad operare già da alcuni secoli (basti ricordare l’Università dei Padri Domenicani) e continuano a svilupparsi; lo stesso vale per quanto riguarda l’attività caritativa

Ma proprio in relazione a questa situazione particolarmente privilegiata della Chiesa nelle Filippine, si impone anche il pensiero sui particolari doveri, che questa Chiesa deve porsi nel campo dell’Evangelizzazione dell’Estremo Oriente: tanto più bisogna pregare affinché essa scorga questi compiti e si renda capace di affrontarli.

7. La breve visita nell’isola Guam, in mezzo all’arcipelago delle Marianne, permette di pensare con gioia ai notevoli successi dell’evangelizzazione in quella regione del Pacifico e di augurare che "la parola del Signore venga annunciata alle isole più lontane" (cfr Jr 31,10).

8. Una particolare eloquenza ha avuto il soggiorno in Giappone.

Per la prima volta i piedi del Vescovo di Roma hanno toccato quell’arcipelago, in cui la storia del cristianesimo si scrive fin dai tempi di san Francesco Saverio; prima, un periodo di intenso sviluppo, poi lunghi anni di persecuzioni sanguinarie; ciò ha manifestato la stupenda prova di fedeltà dei cristiani giapponesi, particolarmente delle regioni di Nagasaki. Infine, il periodo contemporaneo, in cui la Chiesa può di nuovo operare senza ostacoli; periodo in cui essa ha sviluppato molte istituzioni e strumenti moderni – ricordiamo le undici Università cattoliche fra le quali la "Sophia University" di Tokyo – e nel quale, contemporaneamente, il processo di cristianizzazione prosegue molto lentamente, molto più lentamente, che nel secolo sedicesimo. Tuttavia, anche questi pochi giorni di soggiorno mi hanno permesso di rendermi conto come la Chiesa e il Cristianesimo costituiscano un certo punto di riferimento nella vita spirituale della società giapponese. Può darsi che questa lentezza della cristianizzazione nei nostri tempi derivi da uguali sorgenti, come la secolarizzazione del mondo occidentale collegata col progresso intenso (ed unilaterale!) della civilizzazione scientifica e tecnica. Infatti, da questo punto di vista il Giappone si trova tra i Paesi più progrediti di tutto il mondo.

Una tappa importante della visita in Giappone è stata Hiroshima: la prima città vittima della bomba atomica, il 6 agosto 1945 (tre giorni dopo anche Nagasaki).

Sia il ricordo degli indomiti martiri giapponesi dei secoli passati, come pure l’eloquenza di Hiroshima hanno offerto l’opportunità che io dirigessi i miei primi passi verso l’Estremo Oriente proprio in questa direzione, verso il Giappone.

9. Questo recente viaggio è stato certamente il più lungo di quelli da me finora compiuti, collegati con il mio servizio nella Sede di Pietro. Il suo itinerario ha coperto quasi tutto il globo. Ancora nell’ultima tappa ho avuto l’opportunità di fermarmi ad Anchorage, in Alaska, adorando Dio col Sacrificio Eucaristico, insieme con tutti coloro che in quei confini settentrionali del Continente Americano rendono testimonianza al suo amore e alla sua presenza fino "agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).

10. Parlando di tutto ciò a voi, nell’udienza generale di oggi, primo mercoledì di Quaresima, ringrazio anzitutto per le preghiere, che in tale lungo cammino mi hanno aiutato; prego poi insieme con voi perché i frutti della conversione e della speranza raggiungano tutti coloro che in tutto l’orbe terrestre non cessano di cercare il Volto del Signore (cfr Ps 27,8).

Saluti:

Ai sacerdoti della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria

Agli studenti e agli animatori della " Ecole de la Foi " di Friburgo

Ad un gruppo di parlamentari europei

Ai cantori della parrocchia di Saint Hallvard ad Oslo

Agli studenti ortodossi dell’"Ostkirchliches Institut" di Regensburg

Ai fedeli di rito ucraino

Agli Economi Cattolici e agli Economi Generali Provinciali

Ho il piacere di rivolgere un cordiale benvenuto al gruppo degli Economi Cattolici e degli Economi Generali e Provinciali degli ordini e delle Congregazioni religiose, che partecipano in questi giorni a Convegni di studio sui problemi inerenti al loro lavoro, organizzati dal Centro Nazionale Economi di Comunità. Nel manifestarvi, carissimi figli, il mio vivo compiacimento per il fatto che voi, tra i gravi doveri della vostra vocazione sacerdotale e religiosa o nella vostra attività professionale, v’impegnate nell’umile servizio dei fratelli, desidero incoraggiarvi nel compito che vi è stato assegnato e che la continua evoluzione della società e la relativa legislazione rendono talvolta assai difficile. Mentre, pertanto, vi esorto ad attendere con perseverante generosità e con senso di responsabilità alle vostre incombenze, formo l’auspicio che esse siano continuamente illuminate dalla parola del divino Maestro: " Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia ". Vi sia di conforto in questa fervorosa ricerca la mia Benedizione Apostolica.

Alle volontarie italiane ed europee del Movimento dei Focolari

Un saluto speciale rivolgo ora a tre gruppi particolari: i Sacerdoti Missionari Comboniani del Cuore di Gesù, convenuti a Roma dall’Africa e dall’America Latina per un corso di aggiornamento; le Suore Brigidine, le quali partecipano a un corso di formazione permanente; ed infine le Volontarie italiane ed europee del Movimento dei Focolari, che in questi giorni si sono radunate presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa per svolgere il tema su " L Volontà di Dio ".

Carissimi Fratelli e Sorelle, vorrei avere tempo e modo per intrattenermi con ciascuno di voi e dirvi il mio compiacimento e la mia gioia nel vedervi così entusiasti e generosi nei propositi, che certamente avrete emessi in queste giornate di riflessione e di preghiera per essere testimoni credibili in mezzo alle anime, tra le quali siete stati chiamati ad esercitare, in qualsiasi forma, l’annuncio della parola di Dio.

So che vi accomuna anche una particolare devozione a Maria Santissima; ebbene: ricordatevi sempre che la vostra vocazione e il vostro apostolato troveranno nel costante riferimento alla Beata Vergine, Regina delle missioni, valido sostegno e conforto. Ella vi renderà veramente fedeli alla vostra missione e impetrerà sulle vostre attività quella grazia divina, di cui è Madre e dispensatrice. Con la mia Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Il mio caloroso saluto va innanzitutto a voi, cari giovani. Conosco i vostri entusiasmi, le vostre tensioni verso un avvenire sempre migliore, fatte a volte di aperta contestazione della società in cui vivete. Vi comprendo e vi assicuro la mia paterna vicinanza. Ma la Quaresima, che oggi inizia, ci richiama una lezione fondamentale: quella, secondo cui nella vita nulla si improvvisa. Al contrario, tutto ciò che è grande e nobile ha bisogno di una preparazione, quasi di un tirocinio, esigente e severo, come quello trascorso da Gesù nel deserto prima della sua vita pubblica. Siate anche voi di queste persone, che sanno meditare prima di agire, per dare un solido fondamento al proprio impegno. Con questo augurio vi benedico di cuore.

Agli ammalati

Saluto in modo particolare anche i malati qui presenti. A voi assicuro un posto speciale nei miei affetti e nelle mie preghiere. Voglio augurarvi con tutto il cuore che, mentre in questa Quaresima voi vivete più di ogni altro la vostra confermazione a Gesù sofferente, così possiate anche sperimentare la gioia della sua risurrezione: sia con la vostra piena salute fisica, che auguro di tutto cuore, sia almeno con una autentica, interiore libertà e adesione a Colui che è il signore della vera vita. Ed offrite pure la vostra condizione a Dio per il bene della sua Chiesa, che ha bisogno di una sempre maggiore santità per una sempre più efficace testimonianza nel mondo.

E ogni giorno vi accompagni la mia paterna benedizione.

Agli sposi novelli

Ai novelli sposi, presenti in mezzo a noi, vada pure un saluto particolarmente sentito. Tutti insieme vogliamo partecipare alla vostra gioia e presentarvi gli auguri di ogni bene. Sia sempre trasparente nel vostro amore quello grande e purissimo, che lega Cristo alla sua Chiesa. Ed il Signore benedica ampiamente il vostro reciproco affetto, lo renda fecondo di prole, lo prolunghi negli anni e lo faccia servire come espressione di genuina esistenza cristiana per tutti coloro che vi sono amici o che semplicemente incontrate sulla strada della vita.

Di tutto ciò è pegno cordiale la benedizione, che paternamente vi imparto.





Catechesi 79-2005 40281