Catechesi 79-2005 10481

Mercoledì, 1° aprile 1981, Aula Paolo VI: La funzione positiva della purezza di cuore

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Prima della catechesi il Santo Padre rivolge un saluto ai giovani presenti nella Basilica di San Pietro.


1. Prima di concludere il ciclo di considerazioni concernenti le parole pronunziate da Gesù Cristo nel Discorso della Montagna, occorre ricordare queste parole ancora una volta e riprendere sommariamente il filo delle idee, del quale esse costituirono la base. Ecco il tenore delle parole di Gesù: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (
Mt 5,27-28) Sono parole sintetiche, che esigono una approfondita riflessione, analogamente alle parole, in cui Cristo si richiamò al "principio". Ai Farisei, i quali – rifacendosi alla legge di Mosè che ammetteva il cosiddetto atto di ripudio – gli avevano chiesto: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?", egli rispose: "Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina?... Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola... Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi" (Mt 19,3-6). Anche queste parole hanno richiesto una riflessione approfondita, per trarne tutta la ricchezza in esse racchiusa. Una riflessione di questo genere ci ha consentito di delineare l’autentica teologia del corpo.

2. Seguendo il richiamo fatto da Cristo al "principio", abbiamo dedicato una serie di riflessioni ai relativi testi del Libro della Genesi, che trattano appunto di quel "principio". Dalle analisi fatte è emersa non soltanto una immagine della situazione dell’uomo – maschio e femmina – nello stato di innocenza originaria, ma anche la base teologica della verità dell’uomo e sulla sua particolare vocazione che scaturisce dall’eterno mistero della persona: immagine di Dio, incarnata nel fatto visibile e corporeo della mascolinità o femminilità della persona umana. Questa verità sta alla base della risposta data da Cristo in rapporto al carattere del matrimonio, e in particolare alla sua indissolubilità. È verità sull’uomo, verità che affonda le radici nello stato di innocenza originaria, verità che bisogna quindi intendere nel contesto di quella situazione anteriore al peccato, così come abbiamo cercato di fare nel ciclo precedente delle nostre riflessioni.

3. Contemporaneamente, tuttavia, occorre considerare, intendere ed interpretare la medesima verità fondamentale sull’uomo il suo esser maschio e femmina, nel prisma di un’altra situazione: cioè, di quella che si è formata mediante la rottura della prima alleanza col Creatore, ossia mediante il peccato originale. Conviene vedere tale verità sull’uomo – maschio e femmina – nel contesto della sua peccaminosità ereditaria. Ed è proprio qui che c’incontriamo con l’enunciato di Cristo nel Discorso della Montagna. È ovvio che nella Sacra Scrittura dell’Antica e della Nuova Alleanza vi sono molte narrazioni, frasi e parole che confermano la stessa verità, cioè che l’uomo "storico" porta in sé l’eredità del peccato originale; nondimeno, le parole di Cristo, pronunziate nel Discorso della Montagna, sembrano avere – con tutta la loro concisa enunciazione – un’eloquenza particolarmente densa. Lo dimostrano le analisi fatte in precedenza che hanno svelato gradualmente ciò che si racchiude in quelle parole. Per chiarire le affermazioni concernenti la concupiscenza, occorre cogliere il significato biblico della concupiscenza stessa – della triplice concupiscenza – e principalmente di quella della carne. Allora, poco a poco, si giunge a capire perché Gesù definisce quella concupiscenza (precisamente: il "guardare per desiderare") come "adulterio commesso nel cuore". Compiendo le relative analisi abbiamo cercato, al tempo stesso, di comprendere quale significato avevano le parole di Cristo per i suoi immediati ascoltatori, educati nella tradizione dell’Antico Testamento, cioè nella tradizione dei testi legislativi, come pure profetici e "sapienziali"; e inoltre, quale significato possono avere le parole di Cristo per l’uomo di ogni altra epoca, e in particolare per l’uomo contemporaneo, considerando i suoi vari condizionamenti culturali. Siamo persuasi, infatti, che queste parole, nel loro contenuto essenziale, si riferiscono all’uomo di ogni luogo e di ogni tempo. In ciò consiste anche il loro valore sintetico: a ciascuno annunziano la verità che è per lui valida e sostanziale.

4. Qual è questa verità? Indubbiamente, è una verità di carattere etico e quindi, in definitiva, una verità di carattere normativo, così come normativa è la verità contenuta nel comandamento: "Non commettere adulterio". L’interpretazione di questo comandamento, fatto da Cristo, indica il male che bisogna evitare e vincere – appunto il male della concupiscenza della carne – e in pari tempo addita il bene al quale il superamento dei desideri apre la strada. Questo bene è la "purezza di cuore", di cui parla Cristo nello stesso contesto del Discorso della Montagna. Dal punto di vista biblico, la "purezza del cuore" significa la libertà da ogni genere di peccato o di colpa e non soltanto dai peccati che riguardano la "concupiscenza della carne". Tuttavia, qui ci occupiamo in modo particolare di uno degli aspetti di quella "purezza", il quale costituisce il contrario dell’adulterio "commesso nel cuore". Se quella "purezza di cuore", di cui trattiamo, va intesa secondo il pensiero di san Paolo come "vita secondo lo Spirito", allora il contesto paolino ci offre una completa immagine del contenuto racchiuso nelle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della Montagna. Esse contengono una verità di natura etica, mettono in guardia contro il male ed indicano il bene morale della condotta umana, anzi, indirizzano gli ascoltatori ad evitare il male della concupiscenza e ad acquisire la purezza di cuore. Queste parole hanno quindi un significato normativo ed insieme indicatore. Indirizzando verso il bene della "purezza di cuore" esse indicano, al tempo stesso, i valori a cui il cuore umano può e deve aspirare.

5. Di qui la domanda: quale verità, valida per ogni uomo, e contenuta nelle parole di Cristo? Dobbiamo rispondere che vi è racchiusa non soltanto una verità etica, ma anche la verità essenziale sull’uomo, la verità antropologica. Perciò, appunto, risaliamo a queste parole nel formulare qui la teologia del corpo, in stretto rapporto e, per così dire, nella prospettiva delle parole precedenti, in cui Cristo si era riferito al "principio". Si può affermare che, con la loro espressiva eloquenza evangelica, alla coscienza dell’uomo della concupiscenza viene in un certo senso richiamato l’uomo della innocenza originaria. Ma le parole di Cristo sono realistiche. Non cercano di far tornare il cuore umano allo stato di innocenza originaria, che l’uomo ha ormai lasciato dietro di sé nel momento in cui ha commesso il peccato originale; invece, esse gli indicano la strada verso una purezza di cuore, che gli è possibile ed accessibile anche nello stato della peccaminosità ereditaria. È questa, purezza dell’"uomo della concupiscenza", che tuttavia è ispirato dalla parola del Vangelo ed aperto alla "vita secondo lo Spirito" (in conformità alle parole di san Paolo), cioè la purezza dell’uomo della concupiscenza che è avvolto interamente dalla "redenzione del corpo" compiuta da Cristo. Proprio per questo nelle parole del Discorso della Montagna troviamo il richiamo al "cuore", cioè all’uomo interiore. L’uomo interiore deve aprirsi alla vita secondo lo Spirito, affinché la purezza di cuore evangelica venga da lui partecipata: affinché egli ritrovi e realizzi il valore del corpo, liberato mediante la redenzione dai vincoli della concupiscenza.


Il significato normativo delle parole di Cristo è profondamente radicato nel loro significato antropologico, nella dimensione della interiorità umana.

6. Secondo la dottrina evangelica, sviluppata in modo così stupendo nelle Lettere paoline, la purezza non è soltanto l’astenersi dalla impudicizia (cf. 1Th 4,3) ossia la temperanza, ma essa, al tempo stesso, apre anche la strada ad una scoperta sempre più perfetta della dignità del corpo umano; il che è organicamente connesso con la libertà del dono della persona nell’autenticità integrale della sua soggettività personale, maschile o femminile. In tal modo la purezza, nel senso della temperanza, matura nel cuore dell’uomo che la coltiva e tende a scoprire e ad affermare il senso sponsale del corpo nella sua verità integrale. Proprio questa verità deve essere conosciuta interiormente; essa deve, in certo senso, essere "sentita col cuore", affinché i rapporti reciproci dell’uomo e della donna – e perfino il semplice sguardo – riacquistino quel contenuto autenticamente sponsale dei loro significati. Ed è proprio questo contenuto che nel Vangelo viene indicato dalla "purezza di cuore".

7. Se nell’esperienza interiore dell’uomo (cioè dell’uomo della concupiscenza) la "temperanza" si delinea, per così dire, come funzione negativa, l’analisi delle parole di Cristo pronunziate nel Discorso della Montagna e collegate con i testi di san Paolo ci consente di spostare tale significato verso la funzione positiva della purezza di cuore. Nella purezza matura l’uomo gode dei frutti della vittoria riportata sulla concupiscenza, vittoria di cui scrive san Paolo, esortando a "mantenere il proprio corpo con santità e rispetto" (1Th 4,4). Anzi, proprio in una purezza così matura si manifesta in parte l’efficacia del dono dello Spirito Santo, di cui il corpo umano "è tempio" (cfr 1Co 6,19). Questo dono è soprattutto quello della pietà ("donum pietatis"), che restituisce all’esperienza del corpo – specialmente quando si tratta della sfera dei reciproci rapporti dell’uomo e della donna – tutta la sua semplicità, la sua limpidezza e anche la sua gioia interiore. Questo è, come si vede, un clima spirituale, assai diverso dalla "passione e libidine", di cui scrive Paolo, e che d’altronde conosciamo dalle precedenti analisi; basti ricordare il Siracide (Si 26,13 Si 26,15-18). Una cosa è, infatti, l’appagamento delle passioni, altra la gioia che l’uomo trova nel possedere più pienamente se stesso, potendo in questo modo diventare anche più pienamente un vero dono per un’altra persona.

Le parole pronunziate da Cristo nel Discorso della Montagna dirigono il cuore umano appunto verso una tale gioia. Ad esse occorre affidare se stessi, i propri pensieri e le proprie azioni, per trovare la gioia e per donarla agli altri.

Saluti:

Al gruppo misto Cattolico-Anglicano proveniente da Toulouse e Manchester

Al pellegrinaggio " Don Bosco " proveniente dal Giappone

A un gruppo di Suore tedesche


Al pellegrinaggio della Diocesi di Acqui Terme

Partecipa all'udienza di oggi il pellegrinaggio della diocesi di Acqui Terme, guidato dal suo Vescovo, Monsignor Livio Maritano.

Nel rivolgere a lei, venerato Fratello, ed ai suoi fedeli il mio saluto cordiale, desidero esprimere innanzitutto la mia gratitudine per i sentimenti di sincero attaccamento alla Sede di Pietro, che questa visita testimonia. La diocesi di San Guido, che ha dato alla Chiesa Santi della statura di un San Paolo della Croce e di una Santa Maria Domenica Mazzarello, deve sentire vivamente il dovere di generosa adesione ai valori evangelici, a cui un così ricco patrimonio di tradizioni cristiane la impegna. La visita ai luoghi consacrati dal sangue dei Martiri e, in particolare, la sosta presso la tomba degli Apostoli Pietro e Paolo ravvivino in ciascuno il proposito di " vivere secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio ". Sono parole della prima Lettera di Pietro, che vi lascio come speciale consegna, insieme con la mia Apostolica Benedizione, che estendo volentieri ai vostri Cari ed all’intera Comunità diocesana.

Alle Delegate e Animatrici delle Pontificie Opere Missionarie

Desidero anche rivolgere un particolare saluto alle partecipanti al IV Convegno Nazionale per Delegate e Animatrici delle Pontificie Opere Missionarie.

Carissime! Siete venute a Roma da circa cento Diocesi d’Italia per studiare insieme il tema dell’animazione della comunità in vista della evangelizzazione universale alla luce dell’Enciclica Dives in Misericordia, ed io mi compiaccio vivamente e vi ringrazio per la vostra presenza e per l’impegno esemplare, che dimostrate in questo lavoro apostolico così importante e significativo. Il Signore benedica i vostri propositi e li renda efficaci, affinché nelle vostre Diocesi sorgano numerose e sante le vocazioni missionarie e sempre più si incrementi l’impegno per annunziare a tutto il mondo l’amore misericordioso dell’Altissimo.

Al pellegrinaggio dei ferrovieri

Un saluto particolare va ora al folto gruppo dei macchinisti, Aiuto Macchinisti e Capi Deposito delle Ferrovie Italiane.

Carissimi, nel ricordo della visita da me compiuta nel novembre 1979 al Deposito-Smistamento del Salario in Roma, apprezzo grandemente i sentimenti che vi hanno portato a questa Udienza. Con la vostra presenza, infatti, voi recate una testimonianza di amore a Cristo ed alla Chiesa. Che il Signore vi aiuti a mantenervi saldi e perseveranti in questa vostra fede cristiana, vi assista nel vostro quotidiano lavoro di Addetti alle Ferrovie e vi faccia superare le difficoltà ad esso inerenti, e conceda a voi e alle vostre famiglie ogni benessere spirituale e materiale. Di ciò sia pegno ed auspico la mia speciale Benedizione.

Al numeroso gruppo degli ammalati

A voi, carissimi ammalati, che soffrite, e che tuttavia avete voluto partecipare a questa Udienza, desidero esprimere in modo tutto speciale il mio saluto affettuoso. Vi ringrazio per la vostra presenza così significativa, e soprattutto per l’esempio che date, accettando di compiere con amore e generosità la volontà di Dio. In questo periodo di Quaresima che stiamo trascorrendo e nell’avvicinarci alla Settimana Santa, mi piace dire anche a voi ciò che ho affermato ad Anchorage, in Alaska: " Non lasciamoci mai confondere dalla sofferenza che può entrare nella nostra vita, ma cerchiamo piuttosto di trasformarla nella luce della Croce del nostro Salvatore Gesù Cristo. Possa la nostra fiducia essere sempre riposta nello Spirito Santo per scoprire, in ogni situazione, nuova occasione per estendere l’amore redentore di Cristo ".


Vi aiuti la mia confortatrice Benedizione Apostolica.

Ai novelli sposi

Anche a voi, novelli sposi, giunga il mio particolare saluto cordiale! La vostra presenza a questa Udienza è segno della vostra fede cristiana e della vostra venerazione per il Vicario di Cristo: questo incontro vi confermi in tali fondamentali sentimenti e vi incoraggi a vivere con sempre più intensa convinzione i vostri impegni di sposi cristiani e di futuri genitori.

In mezzo alla società siate sempre testimoni di fedeltà e di responsabilità, creando una comunità di amore e di fiducia, che sia di esempio e di stimolo.

Anche a voi ripeto ciò che ho detto, nelle Filippine, alle famiglie cristiane: " Camminate con Cristo! E’ Lui che rivela la dignità del patto solenne che avete stipulato; è Lui che conferisce un immenso valore al vostro amore coniugale; ed è Lui, Gesù Cristo, che in tutto ha potere di fare molto di più di quanto possiamo domandare o pensare ". Con questi voti, vi accompagni sempre la mia preghiera e la mia Benedizione.

Ai giovani nella Basilica di San Pietro

Ragazzi e giovani carissimi

Sono contento di rivolgervi il mio particolare saluto in questo incontro, che è tutto per voi. Vi vedo numerosi e pieni di entusiasmo, e questo mi conforta, perché con voi la Chiesa è giovane, con voi è ricca del desiderio di contribuire al rinnovamento del mondo, con voi è pronta anche a superare tutte le possibili difficoltà.

Voi sapete che è ormai vicina la festa di Pasqua, che è la più importante di tutto l’anno. Essa però è preceduta dal periodo della Quaresima, che stiamo ancora vivendo in questi giorni. Questo è perciò un periodo di preparazione, quasi di introduzione alle celebrazioni pasquali.

Ebbene, voglio dirvi che, da questo punto di vista, la Quaresima è un po’ l’immagine della nostra vita o almeno di parte di essa. Anche noi dobbiamo sempre prepararci, se vogliamo fare cose grandi o comunque utili a noi stessi ed alla società. Le cose importanti non si improvvisano. In particolare i vostri anni rappresentano una stagione di preparazione e di tirocinio per affrontare poi con frutto le future responsabilità, che la vita vi riserverà nella famiglia, nella società, nella Chiesa.

Perciò, vorrei farvi una raccomandazione: vivete con impegno e con gioia questi vostri anni, perché non siano vuoti ma densi di contenuti; viveteli nello studio, nella preghiera, nell’approfondimento della vostra fede cristiana, e anche negli esercizi fisici per coltivare la salute. Solo così essi potranno costituire una riserva preziosa e feconda per gli anni futuri.

Certo voi avete nella scuola dei compiti da fare e degli esami da sostenere. E sapete bene che essi tanto più avranno un buon esito quanto più vi sarete preparati seriamente. Così è nella vita. Essa vi riserva compiti ed esami ancor più impegnativi, ma dà risultati anche più soddisfacenti, che richiedono non solo la conoscenza teorica di una lezione, ma soprattutto la maturità integrale della vostra persona. Ecco perché dovete impegnarvi fin d’ora, e sempre, a crescere interiormente, ad allenarvi nella virtù, ad essere generosi e non egoisti, ad amare gli altri ed imparare a servirli, a contribuire alla pace sociale ed in generale ad un mondo veramente migliore. Allora anche la vostra gioia sarà più piena.

Ed è proprio in questi termini che felicemente si esprimeva il grande profeta Isaia in un testo, che viene letto proprio nella Quaresima:

"È questo il digiuno che voglio:... / spezzare ogni giogo..., / dividere il pane con l’affamato / introdurre in casa i miseri, senza tetto, / vestire uno che vedi nudo... / Allora la tua luce sorgerà come l’aurora... / Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà / implorerai aiuto ed egli dirà: "Eccomi!"... / Allora brillerà fra le tenebre la tua luce, / la tua tenebra sarà come il meriggio" (Is 58,6-10).

Ragazzi e giovani carissimi, queste parole siano il vostro luminoso programma. Ed il Signore vi aiuti ad adempierlo ogni giorno, mentre io vi imparto di cuore la mia paterna benedizione apostolica.



Mercoledì, 8 aprile 1981: Pedagogia del corpo, ordine morale, manifestazioni affettive

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1. Ci conviene ormai concludere le riflessioni e le analisi basate sulle parole pronunziate da Cristo nel Discorso della Montagna, con le quali Egli si richiamò al cuore umano, esortandolo alla purezza: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (
Mt 5,27-28). Abbiamo detto a più riprese che queste parole, pronunziate una volta ai delimitati ascoltatori di quel Discorso, si riferiscono all’uomo di tutti i tempi e luoghi, e fanno appello al cuore umano, in cui si iscrive la più interiore e, in certo senso, la più essenziale trama della storia. È la storia del bene e del male (il cui inizio è collegato, nel Libro della Genesi, col misterioso albero della conoscenza del bene e del male) e, ad un tempo, è la storia della salvezza, la cui parola è il Vangelo, e la cui forza è lo Spirito Santo, dato a coloro che accolgono il Vangelo con cuore sincero.

2. Se l’appello di Cristo al "cuore" umano e, ancor prima, il suo richiamo al "principio" ci consente di costruire o almeno di delineare un’antropologia, che possiamo chiamare "teologia del corpo", una tale teologia è, nello stesso tempo, pedagogia. La pedagogia tende ad educare l’uomo, ponendo davanti a lui le esigenze, motivandole, ed indicando le vie che conducono alla loro realizzazione. Gli enunciati di Cristo hanno anche questo fine; sono enunciati "pedagogici". Essi contengono una pedagogia del corpo, espressa in modo conciso e, in pari tempo, quanto mai completo. Sia la risposta data ai Farisei in merito all’indissolubilità del matrimonio, sia le parole del Discorso della Montagna riguardanti il dominio della concupiscenza, dimostrano – almeno indirettamente – che il Creatore ha assegnato come compito all’uomo il corpo, la sua mascolinità e femminilità; e che nella mascolinità e femminilità gli ha assegnato in certo senso come compito la sua umanità, la dignità della persona, e anche il segno trasparente della "comunione" interpersonale, in cui l’uomo realizza se stesso attraverso l’autentico dono di sé. Ponendo davanti all’uomo le esigenze conformi ai compiti affidatigli, il Creatore indica nello stesso tempo all’uomo, maschio e femmina, le vie che portano ad assumerli e ad eseguirli.

3. Analizzando questi testi-chiave della Bibbia, fino alla radice stessa dei significati che racchiudono, scopriamo appunto quell’antropologia che può essere denominata "teologia del corpo". Ed è questa teologia del corpo che fonda poi il più appropriato metodo della pedagogia del corpo, cioè dell’educazione (anzi dell’autoeducazione) dell’uomo. Ciò acquista una particolare attualità per l’uomo contemporaneo, la cui scienza nel campo della biofisiologia e della biomedicina è molto progredita. Tuttavia questa scienza tratta l’uomo sotto un determinato "aspetto" e quindi è piuttosto parziale, anziché globale. Conosciamo bene le funzioni del corpo come organismo, le funzioni collegate alla mascolinità e alla femminilità della persona umana. Ma tale scienza, di per sé, non sviluppa ancora la coscienza del corpo come segno della persona, come manifestazione dello spirito. Tutto lo sviluppo della scienza contemporanea, riguardante il corpo come organismo, ha piuttosto il carattere della conoscenza biologica, perché è basato sulla disgiunzione, nell’uomo, di ciò che in lui è corporeo da ciò che è spirituale. Servendosi di una conoscenza così unilaterale delle funzioni del corpo come organismo, non è difficile giungere a trattare il corpo, in modo più o meno sistematico, come oggetto di manipolazioni; in tal caso l’uomo cessa, per così dire, di identificarsi soggettivamente col proprio corpo, perché privato del significato e della dignità derivanti dal fatto che questo corpo è proprio della persona. Ci troviamo qui al limite di problemi, che spesso esigono soluzioni fondamentali, le quali sono impossibili senza una visione integrale dell’uomo.

4. Proprio qui appare chiaro che la teologia del corpo, quale ricaviamo da quei testi-chiave delle parole di Cristo, diventa il metodo fondamentale della pedagogia, ossia dell’educazione dell’uomo dal punto di vista del corpo, nella piena considerazione della sua mascolinità e femminilità. Quella pedagogia può essere intesa sotto l’aspetto di una specifica "spiritualità del corpo"; il corpo, infatti, nella sua mascolinità o femminilità è dato come compito allo spirito umano (ciò che in modo stupendo è stato espresso da San Paolo nel linguaggio che gli è proprio) e per mezzo di una adeguata maturità dello spirito diventa anch’esso segno della persona, di cui la persona è conscia, ed autentica "materia" nella comunione delle persone. In altri termini: l’uomo, attraverso la sua maturità spirituale, scopre il significato sponsale proprio del corpo.

Le parole di Cristo nel Discorso della Montagna indicano che la concupiscenza di per sé non svela all’uomo quel significato, anzi, al contrario, lo offusca ed oscura. La conoscenza puramente "biologica" delle funzioni del corpo come organismo, connesse con la mascolinità e femminilità della persona umana, è capace di aiutare a scoprire l’autentico significato sponsale del corpo, soltanto se va di pari passo con un’adeguata maturità spirituale della persona umana. Senza di ciò, tale conoscenza può avere effetti addirittura opposti; e ciò viene confermato da molteplici esperienze del nostro tempo.

5. Da questo punto di vista bisogna considerare con perspicacia le enunciazioni della Chiesa contemporanea. Una loro adeguata comprensione ed interpretazione, come pure la loro applicazione pratica (cioè, appunto, la pedagogia) richiede quella approfondita teologia del corpo che, in definitiva, rileviamo soprattutto dalle parole-chiave di Cristo. Quanto alle enunciazioni contemporanee della Chiesa, bisogna prendere conoscenza del capitolo intitolato "Dignità del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione", della Costituzione pastorale del Concilio Vaticano Secondo (Gaudium et Spes, pars. II, cap. I) e, successivamente, dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI. Senza alcun dubbio, le parole di Cristo, all’analisi delle quali abbiamo dedicato molto spazio, non avevano altro fine che la valorizzazione della dignità del matrimonio e della famiglia; donde la fondamentale convergenza tra esse e il contenuto di entrambe le enunciazioni menzionate della Chiesa contemporanea. Cristo parlava all’uomo di tutti i tempi e luoghi; le enunciazioni della Chiesa tendono ad attualizzare le parole di Cristo, e perciò debbono essere rilette secondo la chiave di quella teologia e di quella pedagogia, che nelle parole di Cristo trovano radice e sostegno.


È difficile compiere qui un’analisi globale delle citate enunciazioni del magistero supremo della Chiesa. Ci limiteremo a riportarne alcuni passi. Ecco in qual modo il Vaticano Secondo – ponendo tra i più urgenti problemi della Chiesa nel mondo contemporaneo "la valorizzazione della dignità del matrimonio e della famiglia" – caratterizza la situazione esistente in questo ambito: "Non dappertutto la dignità di questa istituzione (cioè del matrimonio e della famiglia) brilla con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l’amore coniugale è molto spesso profanato dall’egoismo, dall’edonismo e da usi illeciti contro la generazione" (Ivi, 47). Paolo VI, esponendo nella enciclica Humanae Vitae quest’ultimo problema, scrive tra l’altro: "Si può anche temere che l’uomo, abituandosi all’uso delle pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna e... arrivi a considerarla come semplice strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna, rispettata e amata" (Paolo VI, Humanae Vitae HV 17).

Non ci troviamo forse qui nell’orbita della stessa premura, che una volta aveva dettato le parole di Cristo sull’unità e l’indissolubilità del matrimonio, come anche quelle del Discorso della Montagna, relative alla purezza di cuore e al dominio della concupiscenza della carne, parole sviluppate più tardi con tanta perspicacia dall’apostolo Paolo?

6. Nello stesso spirito l’Autore dell’enciclica Humanae Vitae, parlando delle esigenze proprie della morale cristiana, presenta, al tempo stesso, la possibilità di adempierle, quando scrive: "Il dominio dell’istinto, mediante la ragione e la libera volontà, impone indubbiamente una ascesi – Paolo VI usa questo termine – affinché le manifestazioni affettive della vita coniugale siano secondo il retto ordine e in particolare per l’osservanza della continenza periodica. Ma questa disciplina, propria della purezza degli sposi, ben lungi dal nuocere all’amore coniugale, gli conferisce invece un più alto valore umano. Esige un continuo sforzo (appunto tale sforzo è stato sopra chiamato "ascesi"), ma grazie al suo benefico influsso i coniugi sviluppano integralmente la loro personalità arricchendosi di valori spirituali. Essa... favorisce l’attenzione verso l’altro coniuge, aiuta gli sposi a bandire l’egoismo, nemico del vero amore, ed approfondisce il loro senso di responsabilità..." (Paolo VI, Humanae Vitae HV 21).

7. Fermiamoci su questi pochi brani. Essi – particolarmente l’ultimo – dimostrano in modo chiaro quanto indispensabile sia, per un’adeguata comprensione dell’enunciato del magistero della Chiesa contemporanea, quella teologia del corpo, le cui basi abbiamo cercato soprattutto nelle parole di Cristo stesso. È proprio essa – come già abbiamo detto – che diventa il metodo fondamentale di tutta la pedagogia cristiana del corpo. Facendo riferimento alle parole citate, si può affermare che il fine della pedagogia del corpo sta proprio nel far sì che "le manifestazioni affettive" – soprattutto quelle "proprie della vita coniugale" – siano conformi all’ordine morale, ossia, in definitiva, alla dignità delle persone. In queste parole ritorna il problema del reciproco rapporto tra l’"eros" e l’"ethos" di cui già abbiamo trattato. La teologia, intesa come metodo della pedagogia del corpo, ci prepara anche alle ulteriori riflessioni sulla sacramentalità della vita umana e, in particolare, della vita matrimoniale.

Il Vangelo della purezza di cuore, ieri ed oggi: concludendo con questa frase il presente ciclo delle nostre considerazioni – prima di passare al ciclo successivo, in cui la base delle analisi saranno le parole di Cristo sulla risurrezione del corpo – desideriamo ancora dedicare un po’ di attenzione alla "necessità di creare un clima favorevole all’educazione della castità", di cui tratta l’Enciclica di Paolo VI, e vogliamo incentrare queste osservazioni sul problema dell’ethos del corpo nelle opere della cultura artistica, con particolare riferimento alle situazioni che incontriamo nella vita contemporanea.

Saluti:

Al folto pellegrinaggio proveniente da Strasburgo

Ad un gruppo di personalità di Vienna


Ad un gruppo di studenti della diocesi di Münster

Ai membri dell’Associazione Culturale di Osaka

Porgo il benvenuto a tutti voi, membri dell’Associazione culturale di Osaka. Saluto tutti di cuore e tramite voi intendo benedire tutti i vostri fratelli e le vostre sorelle che sono in Giappone.

Al Movimento dei Focolarini

Saluto ora con particolare affetto le 300 Suore, appartenenti al " Movimento Internazionale delle Religiose aderenti al Movimento dei Focolarini " le quali sono venute a Roma da 50 Nazioni dei 5 Continenti per approfondire, presso il Centro Mariapoli di Rocca di Papa, il tema generale di quest’anno: " La volontà di Dio ".

Come ho già avuto occasione di dire a precedenti gruppi di Focolarini, ricordatevi in questi giorni di preghiera e di meditazione che " volontà di Dio è la nostra santificazione ", secondo le parole dell’Apostolo Paolo. Se farete di questa bella esortazione la ragion d’essere della vostra vita religiosa, il Signore certamente non mancherà di accordarvi i suoi lumi, le sue energie e i suoi conforti per aderire sempre più pienamente alla divina volontà, in cui risiede la nostra pace. Accompagno questi voti con una speciale Benedizione Apostolica.

Ai giovani

Carissimi giovani, la vostra è sempre la presenza più numerosa, ma anche la più simpatica ed entusiasta.

Ed è proprio al vostro entusiasmo e alla vostra gioia di vivere e di costruire che guardano con speranza il Papa e la Chiesa tutta. Il mondo di domani è nelle vostre mani, ma ne sarete artefici di rinnovamento se saprete oggi impegnarvi nello studio, nella preparazione professionale, ma anche e soprattutto nella profonda ricerca dei valori spirituali e religiosi.

Guardate sempre a Cristo: Egli rappresenta il modello più perfetto di ogni umana esistenza. I vostri sforzi di impegno e di ricerca sono costantemente accompagnati dalla mia preghiera.


Per questo di cuore vi benedico.

Agli ammalati

Carissimi ammalati, giungano particolarmente affettuoso il mio saluto a voi, che siete i più vicini al mio cuore per il debito di riconoscenza che vi devo: penso infatti al grosso dono delle vostre preghiere e delle sofferenze che offrite al Signore per il mio ministero.

La vostra presenza alla Sede di Pietro è in questi giorni particolarmente significativa, in quanto coincide con il periodo liturgico che ci immette nelle celebrazioni della Passione del Signore. Non dimenticate che il Venerdì santo è solo un momento di passaggio per arrivare alla gioia della Pasqua, che è pienezza di vita in Cristo crocifisso e risorto.

Affidatevi a Lui nella vostra preghiera quotidiana, affidatevi a Maria, Madre Addolorata.

E vi accompagni sempre anche il mio ricordo al Signore, al quale volentieri unisco la confortatrice Benedizione.

Alle coppie di sposi novelli

Carissimi sposi, leggo nei vostri occhi la gioia e l’entusiasmo per la nuova vita a due che avete da poco suggellato nel sacramento del Matrimonio, rendendo il vincolo della vostra unione indissolubile e santo, divinizzato nella carità di Dio stesso.

Permettete che anch’io aggiunga un augurio ai tanti che vi sono pervenuti da parte di parenti ed amici. Se saprete radicare il vostro amore in Cristo mediante la preghiera, le inevitabili difficoltà della vita, come i temporali e le piogge primaverili di passaggio, non affievoliranno, bensì serviranno ad irrobustire la vostra unione feconda, attraverso la quale, come ci ricorda la Scrittura, voi diventate collaboratori di Dio nella trasmissione della vita.

E voglia il Cielo che siate sempre e solo strumenti di vita, mai di morte!

Tornando nella vostra nuova casa, portate, con i ricordi più belli del viaggio nella Città eterna, la mia Benedizione.




Catechesi 79-2005 10481