Catechesi 79-2005 60880

Mercoledì, 13 agosto 1980: Il contenuto del comandamento “non commettere adulterio”


1. L’analisi dell’affermazione di Cristo durante il Discorso della montagna, affermazione che si riferisce all’"adulterio", e al "desiderio" che egli chiama "adulterio commesso nel cuore", bisogna svolgerla iniziando dalle prime parole. Cristo dice: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio..." (Mt 5,27). Egli ha in mente il comandamento di Dio, quello che nel Decalogo si trova al sesto posto, e fa parte della cosiddetta seconda Tavola della Legge, che Mosè aveva ottenuto da Dio-Jahvè.

Poniamoci dapprima dal punto di vista dei diretti ascoltatori del Discorso della montagna, di quelli che hanno sentito le parole di Cristo. Essi sono figli e figlie del popolo eletto - popolo che da Dio-Jahvè stesso - aveva ricevuto la "Legge", aveva ricevuto anche i "Profeti" i quali ripetutamente, lungo i secoli, avevano biasimato proprio il rapporto mantenuto con quella Legge, le molteplici trasgressioni di essa. Anche Cristo parla di simili trasgressioni. Ma ancor più Egli parla di una tale interpretazione umana della Legge, in cui si cancella e sparisce il giusto significato del bene e del male, specificamente voluto dal Divino Legislatore. La legge infatti è soprattutto un mezzo, mezzo indispensabile affinché "sovrabbondi la giustizia" (parole di Matteo Mt 5,20, nell’antica traduzione). Cristo vuole che tale giustizia "superi quella degli scribi e dei farisei". Egli non accetta l’interpretazione che lungo i secoli essi hanno dato all’autentico contenuto della Legge, in quanto hanno sottoposto in certa misura tale contenuto, ossia il disegno e la volontà del Legislatore, alle svariate debolezze ad ai limiti della volontà umana, derivanti appunto dalla triplice concupiscenza. Era questa una interpretazione casistica, che si era sovrapposta all’originaria visione del bene e del male, collegata con la Legge del Decalogo. Se Cristo tende alla trasformazione dell’ethos, lo fa soprattutto per recuperare la fondamentale chiarezza dell’interpretazione: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire ma per dare compimento" (Mt 5,17). Condizione del compimento è la giusta comprensione. È questo si applica, tra l’altro, al comandamento: "non commettere adulterio".

2. Chi segue nelle pagine dell’Antico Testamento la storia del popolo eletto dai tempi di Abramo, vi troverà abbondanti fatti che attestano come questo comandamento era messo in pratica e come, in seguito a tale pratica veniva elaborata l’interpretazione casistica della legge. Prima di tutto è noto che la storia dell’Antico Testamento è teatro della sistematica defezione dalla monogamia: il che per la comprensione del divieto: "non commettere adulterio", doveva avere un significato fondamentale. L’abbandono della monogamia, specialmente al tempo dei Patriarchi, era stato dettato dal desiderio della prole, di una numerosa prole. Questo desiderio era così profondo, e la procreazione, quale fine essenziale del matrimonio, era così evidente, che le mogli, le quali amavano i mariti, quando non erano in grado di dare loro la prole, chiedevano di loro iniziativa ai mariti, dai quali erano amate, di poter prendere "sulle proprie ginocchia", ossia di accogliere la prole data alla vita da un’altra donna, ad esempio dalla serva, cioè dalla schiava. Così fu nel caso di Sara riguardo ad Abramo (cf. Gn 16,2), oppure nel caso di Rachele riguardo a Giacobbe (cf. Gn 30,3).

Queste due narrazioni rispecchiano il clima morale in cui veniva praticato il Decalogo. Illustrano il modo in cui l’ethos israelitico era preparato ad accogliere il comandamento "non commettere adulterio", e quale applicazione trovava tale comandamento nella più antica tradizione di questo popolo. L’autorità dei patriarchi era, di fatto, la più alta in Israele e possedeva un carattere religioso. Era strettamente legata all’Alleanza ed alla Promessa.

3. Il comandamento "non commettere adulterio" non cambiò questa tradizione. Tutto indica che l’ulteriore suo sviluppo non si limitava ai motivi (piuttosto eccezionali) che avevano guidato il comportamento di Abramo e Sara, o di Giacobbe e Rachele. Se prendiamo come esempio i rappresentanti più illustri di Israele dopo Mosè, i re di Israele Davide e Salomone, la descrizione della loro vita attesta lo stabilirsi della poligamia effettiva, e ciò indubbiamente per motivi di concupiscenza.

Nella storia di Davide, il quale pure aveva più mogli, deve colpire non soltanto il fatto che avesse preso la moglie di un suo suddito, ma anche la chiara coscienza d’aver commesso adulterio. Questo fatto, così come la penitenza del re, sono descritti in modo dettagliato e suggestivo (cf. 2Sam 2S 11,2-27). Per adulterio si intende soltanto il possesso della moglie altrui, mentre non lo è il possesso di altre donne come mogli accanto alla prima. Tutta la tradizione dell’Antica Alleanza indica che alla coscienza delle generazioni susseguitesi nel popolo eletto, al loro ethos non è giunta mai l’esigenza effettiva della monogamia, quale implicazione essenziale ed indispensabile del comandamento "non commettere adulterio".

4. Su questo sfondo bisogna anche intendere tutti gli sforzi che mirano ad introdurre il contenuto specifico del comandamento "non commettere adulterio" nel quadro della legislazione promulgata. Lo confermano i Libri della Bibbia, nei quali si trova ampiamente registrato l’insieme della legislazione antico-testamentaria. Se si prende in considerazione la lettera di tale legislazione, risulta che essa lotta con l’adulterio in modo deciso e senza riguardi, usando mezzi radicali, compresa la pena di morte (cfr Lv 20,10 Dt 22,22). Lo fa però sostenendo l’effettiva poligamia, anzi legalizzandola pienamente, almeno in modo indiretto. Così dunque l’adulterio è combattuto solo nei limiti determinati e nell’ambito delle premesse definitive, che compongono l’essenziale forma dell’ethos antico-testamentario.

Per adulterio vi si intende soprattutto (e forse esclusivamente) l’infrazione del diritto di proprietà dell’uomo nei riguardi di ogni donna che sia la propria moglie legale (di solito: una tra tante); non si intende invece l’adulterio come appare dal punto di vita della monogamia stabilita dal Creatore. Sappiamo, ormai, che Cristo fece riferimento al "principio" proprio riguardo a questo argomento (cfr Mt 19,8).

5. Molto significativa è, inoltre, la circostanza in cui Cristo prende le parti della donna sorpresa in adulterio e la difende dalla lapidazione. Egli dice agli accusatori: "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra contro di lei" (Jn 8,7). Quando essi lasciano le pietre e si allontanano, dice alla donna: "Va’ e d’ora in poi non peccare più" (Jn 8,11). Cristo identifica dunque chiaramente l’adulterio con il peccato. Quando invece si rivolge a coloro che volevano lapidare la donna adultera, non fa richiamo alle prescrizioni della legge israelitica, ma esclusivamente alla coscienza. Il discernimento del bene e del male inscritto nelle coscienze umane può mostrarsi più profondo e più corretto che non il contenuto di una norma legale.

Come abbiamo visto, la storia del Popolo di Dio nell’Antica Alleanza (che abbiamo cercato di illustrare soltanto attraverso alcuni esempi) si svolgeva, in notevole misura, al di fuori del contenuto normativo racchiuso da Dio nel comandamento "non commettere adulterio"; passava, per così dire, accanto ad esso. Cristo desidera raddrizzare queste storture. Di qui le parole da Lui pronunciate nel Discorso della montagna.

Saluti:

Al complesso musicale "Living Sound"

Ad un gruppo slovacco

Ai giovani


Saluto, ora, voi giovani, tra i quali 350 Volontari e Volontarie del Movimento dei Focolari provenienti da varie Nazioni dei cinque Continenti, convenuti al "Centro Mariapoli" di Rocca di Papa per l’annuale corso di studio e di spiritualità.

Carissimi, mentre vi ringrazio di cuore per la vostra presenza, richiamo la vostra attenzione sulla imminente festività della Madonna Assunta in Cielo. Sappiamo che Maria Immacolata, Sposa dello Spirito Santo, Madre di Cristo e della Chiesa, primizia dei redenti, al termine della sua vita terrena è stata elevata, in anima e corpo, alla gloria celeste. Tale mirabile evento insegna che il destino dell’uomo non si esaurisce nel tempo, ma si proietta e completa nel Cielo, accanto a Dio.

Il messaggio di fede e di speranza cristiana, derivante dalla prossima celebrazione mariana, riecheggi sempre nel vostro cuore.

Ai malati

Mi è molto gradito rivolgere anche a voi, cari ammalati, il mio affettuoso e riconoscente pensiero.

Come dice l’apostolo Paolo: "Noi sappiamo che la nostra patria è il cielo, donde inoltre aspettiamo quale Salvatore il Signore Nostro Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro corpo di miseria, conformandolo al suo corpo di gloria".

Maria Santissima ha già raggiunto la patria e dopo l’esilio terreno c’è stato subito per Lei l’ingresso nella gloria! A Lei, dunque, siano dirette le vostre pene, le vostre ansie, le vostre speranze, nella certezza che non mancherà il suo aiuto per raggiungerLa dopo questo esilio terreno.

Con tale augurio vi benedico tutti e di cuore.

Agli sposi novelli

Nel rivolgere, poi, il mio cordiale saluto ai novelli sposi, desidero indirizzare ad essi una parola di esortazione e di augurio. Ricevendo il Sacramento del Matrimonio, voi avete iniziato un nuovo cammino nella vostra vita. Auspico che esso sia sempre simile a quello che la Vergine Santissima compì durante la sua esistenza terrena e concluse poi con la gloriosa assunzione in Cielo. Confermo questi voti con una particolare Benedizione, che estendo a tutte le persone a voi care.

Per le vittime del ciclone "Allen"

Desidero esprimere, in questo momento, tutta la mia sollecitudine e solidarietà ai Paesi della zona dei Caraibi, che sono stati gravemente provati, nei giorni scorsi, dalla furia devastatrice del ciclone "Allen". Esso, come sapete, ha provocato numerose vittime e feriti tra le popolazioni, causando danni incalcolabili alle città e alle colture. Sono disastri naturali che fanno riflettere sulla fragilità dell’uomo, così impotente e indifeso davanti alle forze scatenate della natura; ma devono anche indurre a comune senso di responsabilità nel condividere, spiritualmente e materialmente, le sofferenze dei fratelli: è proprio in tali frangenti che si dimostra la realtà dell’amore che compatisce, si fa vicino a chi ha bisogno, e provvede, secondo le possibilità, alle necessità del prossimo.

Posso assicurare che varie istituzioni caritative internazionali cattoliche stanno venendo incontro ai più stringenti appelli di aiuto, per coloro che hanno perduto la vita in questa triste circostanza, sono vicino a quanti hanno subito danni fisici o materiali; e invito tutti voi a unire le vostre preghiere e le vostre sollecitudini alle mie, perché è bello che, in questi incontri di tanti fedeli col Papa - nei quali si sente più viva la magnifica realtà di comunione che è la Chiesa - i nostri fratelli e le nostre sorelle nel mondo non si sentano dimenticati, ma sappiano che la Chiesa intera li tiene nel suo cuore.




Castel Gandolfo

Mercoledì, 20 agosto 1980: L’adulterio secondo la legge e nel linguaggio dei profeti

20880
1. Quando Cristo, nel discorso della montagna, dice: "Avete inteso che fu detto: Non commetterete adulterio" (
Mt 5,27), Egli fa riferimento a ciò che ognuno dei suoi ascoltatori sapeva perfettamente ed a cui si sentiva obbligato in virtù del comandamento di Dio-Jahvè. Tuttavia, la storia dell’Antico Testamento fa vedere che sia la vita del popolo - unito a Dio-Jahvè da una particolare alleanza - sia la vita dei singoli uomini, si discosta spesso da questo comandamento. Lo mostra anche un sommario sguardo gettato sulla legislazione, di cui vi è una ricca documentazione nei Libri dell’Antico Testamento.

Le prescrizioni della legge antico-testamentaria erano molto severe. Esse erano anche molto particolareggiate, e penetravano nei più minuziosi dettagli concreti della vita (cfr Dt 21,10-13 NM 30,7-16 NM 24,1-4 NM 22,13-21 Lv 20,10-21). Si può presumere che quanto più la legalizzazione della poligamia effettiva si faceva evidente in questa legge, tanto più cresceva l’esigenza di sostenere le sue dimensioni giuridiche e di premunire i suoi limiti legali. Di qui il grande numero di prescrizioni, ed anche la severità delle pene previste dal legislatore per l’infrazione di tali norme. Sulla base delle analisi, che abbiamo precedentemente svolto circa il riferimento che Cristo fa al "principio", nel suo discorso sulla dissolubilità del matrimonio e sull’"atto di ripudio", è evidente che Egli vede con chiarezza la fondamentale contraddizione che il diritto matrimoniale dell’Antico Testamento nascondeva in sé, accogliendo l’effettiva poligamia, cioè l’istituzione delle concubine accanto alle mogli legali, oppure il diritto della convivenza con la schiava. (Sebbene il Libro della Genesi presenti il matrimonio monogamico di Adamo, di Set e di Noè come modello da imitare, e sembri condannare la bigamia che compare solamente tra i discendenti di Caino [cf. Gn 4,19], nondimeno la vita dei Patriarchi fornisce altri esempi contrari. Abramo osserva le prescrizioni della legge di Hammurabi, che consentiva di sposare la seconda moglie nel caso di sterilità della prima; e Giacobbe aveva due mogli e due concubine [cf. Gn 30,1-19]. Il Libro del Deuteronomio ammette l’esistenza legale della bigamia [cf. Dt 21,15-17] e perfino della poligamia, ammonendo il re di non aver troppe mogli [cf. Dt 17,17]; conferma anche l’istituzione delle concubine: prigioniere di guerra [cf. Dt 21,10-14] oppure schiave [cf. Ex 21,7 Ex 21,11]. [cf. R. De Vaux, Ancient Israel. Its Life and Institutions, London 19763, Darton, Longman, Todd; PP 24-25, 83]. Non vi è nell’Antico Testamento alcuna esplicita menzione sull’obbligo della monogamia, sebbene l’immagine presentata dai libri posteriori mostri che essa prevaleva nella pratica sociale [cf. ad es. i Libri sapienziali, eccetto Si 37,11 Tob.]) Si può dire che tale diritto, mentre combatteva il peccato, al tempo stesso conteneva in sé, e anzi proteggeva le "strutture sociali del peccato", ne costituiva la legalizzazione. In queste circostanze s’imponeva la necessità che il senso etico essenziale del comandamento "non commettere adulterio" subisse anche una rivalutazione fondamentale. Nel discorso della montagna Cristo svela nuovamente quel senso, oltrepassandone cioè le ristrettezze tradizionali e legali.

2. Vale forse la pena di aggiungere che nell’interpretazione antico-testamentaria, quanto la proibizione dell’adulterio è contrassegnata - si potrebbe dire - dal compromesso con la concupiscenza del corpo, tanto è chiaramente determinata la posizione nei confronti delle deviazioni sessuali. Il che è confermato dalle relative prescrizioni, le quali prevedono la pena capitale per l’omosessualità e per la bestialità. In quanto al comportamento di Onan, figlio di Giuda (da cui ha preso origine la moderna denominazione di "onanismo"), la Sacra Scrittura dice che "... non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui" (Gn 38,10).

Il diritto matrimoniale dell’Antico Testamento, nella sua più ampia globalità, pone in primo piano la finalità procreativa del matrimonio, e in alcuni casi cerca di dimostrare un trattamento giuridico paritario della donna e dell’uomo - per esempio, riguardo alla pena per l’adulterio è esplicitamente detto: "Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte" (Lv 20,10) - ma nel complesso pregiudica la donna trattandola con maggiore severità.

3. Occorrerebbe forse porre in rilievo il linguaggio di questa legislazione, il quale, come sempre in tal caso, è un linguaggio oggettivizzante della sessuologia di quel tempo. E anche un linguaggio importante per l’insieme delle riflessioni sulla teologia del corpo. Vi incontriamo la specifica conferma del carattere di pudore che circonda ciò che, nell’uomo, appartiene al sesso. Anzi, ciò che è sessuale, viene in certo senso considerato come "impuro", specialmente quando si tratta delle manifestazioni fisiologiche della sessualità umana. Lo "scoprire la nudità" (cfr Lv 20,11 Lv 20,17-21) è stigmatizzato come l’equivalente di un illecito atto sessuale compiuto; già la stessa espressione sembra qui abbastanza eloquente. Non vi è dubbio che il legislatore ha cercato di servirsi della terminologia corrispondente alla coscienza e ai costumi della società contemporanea. Così dunque il linguaggio della legislazione antico-testamentaria ci deve confermare nella convinzione che non soltanto sono note al legislatore e alla società la fisiologia del sesso e le manifestazioni somatiche della vita sessuale, ma anche che queste sono valutate in modo determinato. È difficile sottrarsi all’impressione che tale valutazione avesse carattere negativo. Ciò non annulla certamente le verità che conosciamo dal Libro della Genesi, né si può incolpare l’Antico Testamento - e, fra l’altro, anche i Libri legislativi - d’esser come precursori di un manicheismo. Il giudizio ivi espresso riguardo al corpo e al sesso non è tanto "negativo" e nemmeno tanto severo, ma piuttosto contrassegnato da un oggettivismo motivato dall’intento di mettere ordine in questa sfera della vita umana. Non si tratta direttamente dell’ordine del "cuore", ma dell’ordine dell’intera vita sociale, alla cui base stanno, da sempre, il matrimonio e la famiglia.

4. Se si prende in considerazione la problematica "sessuale" nel suo insieme, conviene forse ancora volgere brevemente l’attenzione su di un altro aspetto, e cioè sul legame esistente fra la moralità, la legge e la medicina, messo in evidenza nei rispettivi Libri dell’Antico Testamento. Questi contengono non poche prescrizioni pratiche riguardanti l’ambito dell’igiene, oppure quello della medicina, contrassegnato più dall’esperienza che dalla scienza, secondo il livello allora raggiunto (cfr Lv 12,1-6 Lv 15,1-28 Dt 21,12-13). E, del resto, il legame esperienza-scienza è, notoriamente, ancora attuale. In questa vasta sfera di problemi, la medicina accompagna sempre da vicino l’etica; e l’etica, come anche la teologia, ne cerca la collaborazione.

5. Quando Cristo nel discorso della montagna pronunzia le parole: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio", e immediatamente aggiunge: "Ma io vi dico...", è chiaro che Egli vuole ricostruire nella coscienza dei suoi ascoltatori il significato etico proprio di questo comandamento, distaccandosi dall’interpretazione dei "dottori", esperti ufficiali della legge. Ma, oltre all’interpretazione proveniente dalla tradizione, l’Antico Testamento ci offre ancora un’altra tradizione per comprendere il comandamento "non commettere adulterio". Ed è la tradizione dei Profeti. Questi, facendo riferimento all’"adulterio", volevano ricordare "ad Israele e a Giuda" che il loro peccato più grande era l’abbandono dell’unico e vero Dio in favore del culto a vari idoli, che il popolo eletto, a contatto con gli altri popoli, aveva fatto propri facilmente e in modo sconsiderato. Così dunque è caratteristica propria del linguaggio dei Profeti piuttosto l’analogia con l’adulterio anziché l’adulterio stesso; e tuttavia tale analogia serve a comprendere anche il comandamento "non commettere adulterio" e la relativa interpretazione, la cui carenza è avvertita nei documenti legislativi. Negli oracoli dei Profeti, e particolarmente di Isaia, Osea ed Ezechiele, il Dio dell’Alleanza-Jahvè viene rappresentato spesso come Sposo, e l’amore con cui egli si è congiunto ad Israele può e deve immedesimarsi con l’amore sponsale dei coniugi. Ed ecco che Israele, a causa della sua idolatria e dell’abbandono del Dio-Sposo, commette davanti a lui un tradimento che si può paragonare a quello della donna nei riguardi del marito: commette, appunto, "adulterio".

6. I Profeti con parole eloquenti e, sovente, mediante immagini e similitudini straordinariamente plastiche, presentano sia l’amore di Jahvè-Sposo, sia il tradimento di Israele-Sposa che si abbandona all’adulterio. È un tema, questo, che dovrà essere ancora ripreso nelle nostre riflessioni, quando cioè sottoporremo ad analisi il problema del "Sacramento"; nondimeno già ora occorre sfiorarlo, in quanto è necessario per intendere le parole di Cristo, secondo Matteo Mt 5,27-28, e capire quel rinnovamento dell’ethos, che queste parole implicano: "Ma io vi dico...". Se, da una parte, Isaia (cfr Is 54 Is 62,1-5) nei suoi testi si presenta nell’atto di porre in risalto soprattutto l’amore di Jahvè-Sposo, che, in ogni circostanza, va incontro alla Sposa, oltrepassando tutte le sue infedeltà, dall’altra parte Osea e Ezechiele abbondano di paragoni, che chiariscono soprattutto la bruttezza e il male morale dell’adulterio commesso dalla Sposa-Israele.

Nella successiva meditazione cercheremo di penetrare ancor più profondamente nei testi dei Profeti, per chiarire ulteriormente il contenuto che, nella coscienza degli ascoltatori del discorso della montagna, corrispondeva al comandamento: "non commettere adulterio".

Saluti:

Al gruppo di giovani libanesi

Ad un pellegrinaggio inglese

Al pellegrinaggio della diocesi di Eisenstadt


Ad un gruppo di religiose spagnole

A due pellegrinaggi di giovani spagnoli



Ai giovani appartenenti all’"Associazione Mariana d’Italia"

Ed ora un saluto cordiale a tutti i giovani che, emulando i loro coetanei presenti alle altre Udienze, sono venuti per dire al Papa il loro affetto e per riceverne parole di consiglio e di incoraggiamento. Un particolare mio pensiero è diretto al numeroso gruppo di giovani dell’"Associazione Mariana d’Italia", guidata dai Padri Lazzaristi, in occasione del 150° anniversario delle apparizioni della SS.ma Vergine a Santa Caterina Labouré.

Conoscendo la generosa vostra disponibilità, desidero richiamare alla vostra attenzione il dovere di un autentico comportamento cristiano nella vita. Non considerate, carissimi figli, una ricchezza i valori umani, pur degni di stima e di possesso; c’è qualcosa di più. Amore sincero per Iddio e la virtù teologale della speranza vi orientino nell’acquisto dei beni soprannaturali ed eterni; consacrate a questi ideali tutte le vostre energie, rifiutando come riprovevole per la vostra dignità battesimale quanto non vi abbia riferimento. Vi accompagni in questo la mia Benedizione Apostolica che estendo a tutti i vostri cari.

Ai malati

Anche voi, dilettissimi ammalati, che siete parte eletta della Chiesa, accogliete il saluto del Successore di Pietro. Il signore vi guarda con speciale tenerezza e premura, ed apprezza soprattutto l’offerta dei vostri atti di bontà, della vostra fervorosa pazienza: Dio ascolta in maniera più evidente le vostre invocazioni. Ecco allora l’esortazione del Papa: fate dono all’intera Comunità Ecclesiale delle vostre sofferenze e delle vostre orazioni, per le tante vittime del disordine, della tensione, dell’odio in tutto il mondo; che la misericordia di Dio faccia sì che gli uomini non si avventino più gli uni contro gli altri, ma tutti si ritrovino fratelli nella costruzione di una società intenta ad opere di pace. A tale opera sublime voi portate la vostra collaborazione; e vi sia di conforto la mia Benedizione Apostolica.

Agli sposi novelli

A voi, novelli sposi, che con tanta premura avete programmato nel vostro viaggio nuziale, anche l’incontro col Papa, il mio beneaugurante pensiero. Sia il vostro amore imitazione di quello di Dio, senza calcoli e senza misure. Ciò che dice l’"Imitazione di Cristo" dell’amore divino, si può, infatti, applicare anche al vostro amore, così profondo e così santo per la grazia sacramentale che lo ravviva: "L’amore non sente gravame, non conosce fatica, brama più che non può, non si scusa con la impossibilità... Esso può tutto, e adempie e perfeziona molte cose, in cui chi non ama manca e soccombe".

Amatevi sempre così. Con la mia Benedizione Apostolica, estensibile ai vostri familiari e congiunti.
***


Traduzione italiana delle parole del Santo Padre pronunciate in polacco:

Adesso, cari connazionali, dinanzi alle notizie che giungono dalla Polonia, voglio rileggere qui di fronte a voi, o piuttosto recitare due preghiere quali la Chiesa polacca usa recitare: la prima nella solennità di Maria SS.ma Regina della Polonia il 3 maggio, la seconda nella solennità della Madonna di Czestochowa, il 26 agosto. Dapprima quella del 3 maggio:

"Dio che hai dato alla nazione polacca, nella Santissima Vergine Maria, un mirabile aiuto e scudo, concedi benigno che, per intercessione della nostra Madre e Regina, la religione incessantemente goda della libertà e la patria della sicurezza".

E adesso la seconda, quella del 26 agosto:

"Aiuta, o Signore, il popolo che Tu rafforzi con il Tuo Corpo e Sangue, e per l’intercessione della Tua Santissima Genitrice liberalo da ogni male e ogni pericolo, e circonda con la Tua protezione tutte le sue buone opere".

Che queste preghiere dicano da se stesse quanto noi qui presenti a Roma siamo uniti con i nostri connazionali in Patria, con la Chiesa in Polonia, e quanto tutte le sue vicende ci sono vicine e care, e quanto per tutte queste cose supplichiamo Iddio.




Castel Gandolfo

Mercoledì, 27 agosto 1980: L’adulterio secondo Cristo: falsificazione del segno e rottura dell’alleanza personale


1. Nel discorso della montagna Cristo dice: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento" (Mt 5,17). Per chiarire in che cosa consista tale compimento, Egli passa poi ai singoli comandamenti, riferendosi anche a quello che dice: "Non commettere adulterio". La nostra precedente meditazione mirava a far vedere in qual modo il contenuto adeguato di questo comandamento, voluto da Dio, fosse offuscato da numerosi compromessi nella particolare legislazione di Israele. I Profeti, che nel loro insegnamento denunciano sovente l’abbandono del vero Dio Jahvè da parte del popolo, paragonandolo all’"adulterio", pongono in rilievo, nel modo più autentico, tale contenuto.

Osea non soltanto con le parole, ma (a quanto sembra) anche col comportamento, si preoccupa di rivelarci (cfr Os 1-3) che il tradimento del popolo è simile a quello coniugale, anzi, ancor più, all’adulterio esercitato come prostituzione: "Va’, prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore" (Os 1,2). Il Profeta avverte in sé questo ordine e lo accetta come proveniente da Dio-Jahvè: "Il Signore mi disse ancora: ""Va’, ama una donna che è amata da un altro ed è adultera"" (Os 3,1). Infatti, sebbene Israele sia così infedele nei confronti del suo Dio, come la sposa che "seguiva i suoi amanti mentre dimenticava me" (Os 2,15), tuttavia Jahvè non cessa di cercare la sua sposa, non si stanca di attendere la sua conversione e il suo ritorno, confermando questo atteggiamento con le parole e con le azioni del Profeta: "E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: "Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone"... Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore" (Os 2,18 Os 2,21-22). Questo caldo richiamo alla conversione della infedele sposa-coniuge va di pari passo con la seguente minaccia: "Si tolga dalla faccia i segni delle sue prostituzioni e i segni del suo adulterio dal suo petto; altrimenti la spoglierò tutta nuda e la renderò come quando nacque" (Os 2,4-5).

2. Tale immagine della umiliante nudità della nascita, è stata ricordata ad Israele-sposa infedele dal profeta Ezechiele, ed in misura ancor più ampia: "... come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita. Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’età del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta. Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l’età dell’amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia... misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo. Così fosti adorna d’oro e d’argento; le tue vesti eran di bisso, di seta e ricami... La tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posto in te... Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante... Come è stato abbietto il tuo cuore - dice il Signore Dio - facendo tutte queste azioni degne di una spudorata sgualdrina!


Quando ti facevi un’altura in ogni piazza, tu non eri come una prostituta in cerca di guadagno, ma come un’adultera che, invece del marito, accoglie gli stranieri!" (cfr Ez 16,5-8 Ez 16,12-15 Ez 16,30-32).

3. La citazione è un po’ lunga, ma il testo è però così rilevante che era necessario rievocarlo. L’analogia tra l’adulterio e l’idolatria vi è espressa in modo particolarmente forte ed esauriente. Il momento similare tra le due componenti dell’analogia consiste nell’alleanza accompagnata dall’amore. Dio-Jahvè conclude per amore l’alleanza con Israele, - senza suo merito - diviene per lui come lo sposo e coniuge più affettuoso, più premuroso e più generoso verso la propria sposa. Per questo amore, che dagli albori della storia accompagna il popolo eletto, Jahvè-Sposo riceve in cambio numerosi tradimenti: "le alture", ecco i luoghi del culto idolatrico, nei quali viene commesso "l’adulterio" di Israele-sposa. Nell’analisi che qui stiamo svolgendo, l’essenziale è il concetto di adulterio, di cui Ezechiele si serve. Si può dire tuttavia che l’insieme della situazione, nella quale questo concetto è stato inserito (nell’ambito dell’analogia), non è tipico. Si tratta qui non tanto della scelta vicendevole fatta dagli sposi, che nasce dall’amore reciproco, ma della scelta della sposa (e ciò già dal momento della sua nascita), una scelta proveniente dall’amore dello sposo, amore che, da parte dello sposo stesso, è un atto di pura misericordia. In tal senso si delinea questa scelta: essa corrisponde a quella parte dell’analogia che qualifica l’alleanza di Jahvè con Israele; invece corrisponde meno alla seconda parte di essa, che qualifica la natura del matrimonio. Certamente, la mentalità di quel tempo non era molto sensibile a questa realtà - secondo gli Israeliti il matrimonio era piuttosto il risultato di una scelta unilaterale, spesso fatta dai genitori - tuttavia tale situazione difficilmente rientra nell’ambito delle nostre concezioni.

4. A prescindere da tale dettaglio è impossibile non accorgersi che nei testi dei Profeti si rileva un significato dell’adulterio diverso da quello che ne dà la tradizione legislativa. L’adulterio è peccato perché costituisce la rottura dell’alleanza personale dell’uomo e della donna.Nei testi legislativi viene rilevata la violazione del diritto di proprietà e, in primo luogo, del diritto di proprietà dell’uomo nei riguardi di quella donna, che è stata la sua moglie legale: una delle tante. Nei testi dei Profeti lo sfondo dell’effettiva e legalizzata poligamia non altera il significato etico dell’adulterio. In molti testi la monogamia appare l’unica e giusta analogia del monoteismo inteso nelle categorie dell’Alleanza, cioè della fedeltà e dell’affidamento all’unico e vero Dio-Jahvè: Sposo di Israele. L’adulterio è l’antitesi di quella relazione sponsale, è l’antinomia del matrimonio (anche come istituzione) in quanto il matrimonio monogamico attua in sé l’alleanza interpersonale dell’uomo e della donna, realizza l’alleanza nata dall’amore e accolta dalle due rispettive parti appunto come matrimonio (e, come tale, riconosciuto dalla società). Questo genere di alleanza tra due persone costituisce il fondamento di quell’unione per cui "l’uomo... si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gn 2,24). Nel contesto, sopra citato, si può dire che tale unità corporea è loro "diritto" (bilaterale), ma soprattutto che è il segno regolare della comunione delle persone, unità costituita tra l’uomo e la donna in qualità di coniugi. L’adulterio commesso da parte di ciascuno di essi non soltanto è la violazione di questo diritto, che è esclusivo dell’altro coniuge, ma al tempo stesso è una radicale falsificazione del segno. Sembra che negli oracoli dei Profeti appunto questo aspetto dell’adulterio trovi espressione sufficientemente chiara.

5. Nel costatare che l’adulterio è una falsificazione di quel segno, che trova non tanto la sua "normatività", ma, piuttosto, la sua semplice verità interiore nel matrimonio - cioè nella convivenza dell’uomo e della donna, che sono diventati coniugi - allora, in certo senso, ci riferiamo di nuovo alle affermazioni fondamentali, fatte in precedenza, considerandole essenziali ed importanti per la teologia del corpo, dal punto di vista sia antropologico che etico. L’adulterio è "peccato del corpo". Lo attesta tutta la tradizione dell’Antico Testamento, e lo conferma Cristo. L’analisi comparata delle sue parole, pronunziate nel discorso della montagna (cfr Mt 5,27-28), come anche delle diverse, relative enunciazioni contenute nei Vangeli e negli altri passi del Nuovo Testamento, ci consente di stabilire la ragione propria della peccaminosità dell’adulterio. Ed è ovvio che determiniamo tale ragione di peccaminosità, ossia del male morale, fondandoci sul principio della contrapposizione nei riguardi di quel bene morale che è la fedeltà coniugale, quel bene che può essere realizzato adeguatamente soltanto nel rapporto esclusivo di entrambe le parti (cioè nel rapporto coniugale di un uomo con una donna). L’esigenza di un tale rapporto è propria dell’amore sponsale, la cui struttura interpersonale (come già abbiamo rilevato) è retta dall’interiore normatività della "comunione delle persone".È proprio essa a conferire significato essenziale all’Alleanza (sia nel rapporto uomo-donna, come pure, per analogia, nel rapporto Jahvè-Israele). Dell’adulterio, della sua peccaminosità, del male morale che esso contiene, si può sentenziare in base al principio della contrapposizione col patto coniugale così inteso.

6. Occorre tener presente tutto ciò, quando diciamo che l’adulterio è un "peccato del corpo"; il "corpo" viene qui considerato nel legame concettuale con le parole di Genesi, 2,24, le quali infatti parlano dell’uomo e della donna, che, quale marito e moglie, si uniscono così strettamente fra loro da formare "una sola carne". L’adulterio indica l’atto mediante cui un uomo e una donna, che non sono marito e moglie, formano "una sola carne" (cioè, quelli che non sono marito e moglie nel senso della monogamia quale fu stabilita all’origine, anziché nel senso della casistica legale dell’Antico Testamento). Il "peccato" del corpo può essere identificato soltanto rispetto al rapporto delle persone. Si può parlare di bene o di male morale a seconda che questo rapporto renda vera tale a unità del corpo" e le conferisca o no il carattere di segno veritiero. In questo caso, possiamo quindi giudicare l’adulterio quale peccato, conformemente all’oggettivo contenuto dell’atto.

E questo è il contenuto che Cristo ha in mente, quando, nel discorso della montagna, ricorda: "Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio". Cristo però non si arresta su tale prospettiva del problema.

Saluti:

Ai fedeli giunti dall’Australia

Ai giovani di Dublino


Ai pellegrinaggi provenienti dall’Austria e dalla Germania

Al movimento apostolico "La Virgen en Familia"


Al pellegrinaggio di Thiene


Sono presenti a quest’Udienza i pellegrini di Thiene, la bella e industre città della diocesi di Padova. All’inizio delle celebrazioni per il V centenario della nascita di San Gaetano Thiene, loro Patrono, hanno desiderato l’incontro col Papa. Ve ne ringrazio di cuore! Con voi intendo salutare quanti voi rappresentate: i sacerdoti, i religiosi e le religiose impegnati nell’apostolato delle 5 vostre parrocchie cittadine; quanti operano nei numerosi centri dello studio, del lavoro, del commercio; le famiglie ed ogni loro componente, con particolare e affettuoso riguardo ai bambini, ai giovani, agli anziani, agli infermi. Auspico che tutti abbiate, come riflessione e programma nel compimento del vostro particolare lavoro, le parole di Gesù, che furono, come ben sapete, la spinta interiore del grande santo della Provvidenza: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta".

Vi pongo sotto la sua protezione e vi chiedo di pregarlo anche per me, mentre io di cuore vi benedico.

Alle religiose

Rivolgo un saluto al gruppo di Religiose, appartenenti a vari Istituti e Congregazioni, riunite in questi giorni per l’annuale Settimana, indetta dall’Associazione Biblica Nazionale. Nel manifestarvi grato compiacimento per il vivo interesse che dimostrate per la Sacra Scrittura, formo l’augurio che l’assidua e attenta riflessione sul mistero di salvezza, attraverso la lettura e l’ascolto della parola di Dio, vi sia di stimolo per una sempre maggiore dedizione agli ideali della vita consacrata, nell’imitazione del divino Modello. Vi accompagni in questo impegno la mia Benedizione Apostolica.

Ai bellunesi

C’è oggi, in questa Udienza generale, una particolarità degna di nota. L’"Associazione Emigranti Bellunesi nel mondo" e l’"Associazione Nazionale Alpini d’Italia", con l’aiuto anche della cittadinanza di Belluno, hanno voluto donare alle Autorità dell’Argentina, nazione in cui vi sono molti emigrati italiani, una copia della statua della "Madonna delle Dolomiti", che l’anno scorso ebbi la gioia di benedire sulla cima della Marmolada, ed hanno manifestato il desiderio che anche questa riproduzione fosse benedetta dal Papa.

Ben volentieri assecondo tale affettuosa richiesta, e prendo l’occasione per estendere la Benedizione a tutti i generosi donatori.

Ai membri della sezione italiana dell’Istituzione Internazionale "Auxilia"

Una particolare parola di incoraggiamento giunga ora al Gruppo italiano dell’Istituzione Internazionale "Auxilia", associazione di Insegnanti Cattolici, che praticano la carità mettendo a disposizione le loro capacità professionali di insegnamento a favore di malati, handicappati e anche di detenuti di ogni fede religiosa. A voi della Sezione Italiana, ed ai vostri colleghi di Francia, Belgio e Spagna, giunga il mio cordiale saluto e l’esortazione a perseverare con gioia nel vostro particolare impegno di carità e di testimonianza cristiana.

Ai giovani

Un saluto affettuoso ai giovani ed ai ragazzi qui presenti. Il Papa vi vuole bene e vi vuole buoni.


La vostra età e la vostra allegria sono una singolare ed attraente espressione di vita: dovete esserne grati a Dio. Alla giovialità, però, dovete unire la bontà, verso tutti e specialmente verso i più vicini. E’ facile? Non sempre: richiede sacrificio; ma è una cosa bella, cosa santa, che piace molto a Dio e molto giova alla società, tanto bisognosa di pace e di speranza.

Vi incoraggi in questo nobile sforzo la mia particolare Benedizione.

Agli ammalati

E ora un saluto e un abbraccio giungano a ciascuno di voi, carissimi ammalati. Vorrei che nella vostra sofferenza non vi sentiste mai soli, mai inutili; perché, veramente, Gesù è con voi, vi comprende, e col suo sacrificio dà valore ai vostri; e voi unendovi alla Sua Croce, potete cooperare all’opera della salvezza.

Occorre molta fede e molto amore: imploriamoli da Maria Santissima, che non lascia solo chi soffre, come non ha lasciato solo il figlio suo sul Calvario. Anche a voi il conforto della mia Benedizione.

Agli sposi novelli

Infine, un saluto augurale agli sposi novelli.

Miei cari, voi avete scelto di vivere insieme, per sempre, nelle varie e imprevedibili vicende della vita. Nella convivenza coniugale, tuttavia, non è tutto sempre facile. Presentate dunque a Dio, nella preghiera, ogni vostro desiderio, ogni vostra ansia; con Dio tutto si risolve in bene. Meglio, poi, se manterrete l’abitudine di pregare insieme!

Mentre invoco su di voi l’aiuto della grazia divina, vi do pure con tutto il cuore la mia Benedizione.
***


Durante l’udienza generale, il Santo Padre, rivolgendosi ai numerosissimi pellegrini polacchi presenti, pronuncia le seguenti parole.

Ieri, con i polacchi residenti a Roma e con quelli che sono venuti dalla Polonia e da altri Paesi, abbiamo vissuto la festa della Madonna di Czestochowa ed abbiamo pregato insieme durante la Santa Messa. Eravamo uniti con Jasna Góra perché era la festa della Madonna di Czçstochowa, affidando a Lei, che è data come protettrice della nostra Patria, come dice la preghiera della Messa, i problemi grandi e molto importanti della nostra Patria. Ieri ho spedito gli auguri ardenti affinché la preghiera dei pellegrini, guidata dall’Episcopato polacco con il Cardinale Primate, porti la pace e la giustizia alla nostra Patria.



Castel Gandolfo

Mercoledì, 3 settembre 1980: Il significato dell’adulterio trasferito dal corpo al cuore


Catechesi 79-2005 60880