Catechesi 79-2005 60581

Mercoledì, 6 maggio 1981: Responsabilità etica dell’artista nella trattazione del tema del corpo umano

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1. Nel discorso della Montagna Cristo pronunziò le parole alle quali abbiamo dedicato una serie di riflessioni nell’arco di quasi un anno. Spiegando ai suoi ascoltatori il significato proprio del comandamento: "Non commettere adulterio", Cristo così si esprime: "Ma io vi dico: Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore" (
Mt 5,28). Sembra che le suddette parole si riferiscano anche ai vasti ambiti della cultura umana, soprattutto a quelli dell’attività artistica, di cui si è già trattato ultimamente, nel corso di alcuni incontri del mercoledì. Oggi ci conviene dedicare la parte finale di queste riflessioni al problema del rapporto tra l’ethos dell’immagine – o della descrizione – e l’ethos della visione o dell’ascolto, della lettura o di altre forme di ricezione cognitiva, con cui si incontra il contenuto dell’opera d’arte o dell’audiovisione intesa in senso lato.

2. E qui ritorniamo ancora una volta al problema già anteriormente segnalato: se e in quale misura il corpo umano, in tutta la visibile verità della sua mascolinità e femminilità, possa essere un tema dell’opera d’arte e, per ciò stesso, un tema di quella specifica "comunicazione", sociale, a cui tale opera è destinata. Questa domanda si riferisce ancor più alla cultura contemporanea di "massa", connessa con le tecniche audiovisive. Può il corpo umano essere un tale modello-tema, dato che noi sappiamo che con ciò è connessa quella oggettività "senza scelta" che prima abbiamo chiamata anonimità, e che sembra portare con sé una grave, potenziale minaccia della sfera intera dei significati, propria del corpo dell’uomo e della donna, a motivo del carattere personale del soggetto umano e del carattere di "comunione" dei rapporti interpersonali?

Si può aggiungere a questo punto che le espressioni "pornografia" o "pornovisione" – malgrado la loro antica etimologia – sono apparse nel linguaggio relativamente tardi. La tradizionale terminologia latina si serviva del vocabolo ob-scaena, indicando in tal modo tutto ciò che non deve trovarsi davanti agli occhi degli spettatori, ciò che deve essere circondato di conveniente discrezione, ciò che non può essere presentato allo sguardo umano senza scelta alcuna.

3. Ponendo la precedente domanda ci rendiamo conto che, de facto, nel corso di epoche intere della cultura umana e dell’attività artistica, il corpo umano è stato ed è un tale modello-tema delle opere d’arte visive, così come tutta la sfera dell’amore tra l’uomo e la donna, e, collegato con esso, anche il "donarsi reciproco" della mascolinità e femminilità nella loro espressione corporea, è stato, è e sarà tema della narrativa letteraria. Tale narrazione trovò il suo posto anche nella Bibbia, soprattutto nel testo del "Cantico dei cantici", che ci converrà riprendere in un’altra circostanza. Anzi, bisogna costatare che nella storia della letteratura o dell’arte, nella storia della cultura umana, questo tema appare particolarmente frequente ed è particolarmente importante. Difatti, esso riguarda un problema che in se stesso è grande e importante. Lo manifestammo sin dall’inizio delle nostre riflessioni, seguendo le orme dei testi biblici, che ci rivelano la giusta dimensione di questo problema: cioè la dignità dell’uomo nella sua corporeità maschile e femminile, e il significato sponsale della femminilità e mascolinità, iscritto nell’intera struttura interiore – e nello stesso tempo visibile – della persona umana.

4. Le nostre precedenti riflessioni non intendevano mettere in dubbio il diritto a questo tema. Esse mirano soltanto a dimostrare che la sua trattazione è collegata con una particolare responsabilità di natura non soltanto artistica, ma anche etica. L’artista, che intraprende quel tema in qualunque sfera dell’arte o mediante le tecniche audiovisive, deve essere cosciente della piena verità dell’oggetto, di tutta la scala di valori collegati con esso; deve non soltanto tener conto di essi in abstracto, ma anche viverli lui stesso correttamente. Questo corrisponde ugualmente a quel principio della "purezza di cuore", che in determinati casi occorre trasferire dalla sfera esistenziale degli atteggiamenti e comportamenti alla sfera intenzionale della creazione o riproduzione artistiche.

Sembra che il processo di tale creazione tenda non soltanto alla oggettivazione (e in certo senso ad una nuova "materializzazione") del modello, ma, in pari tempo, ad esprimere in tale oggettivazione ciò che può chiamarsi l’idea creativa dell’artista, in cui appunto si manifesta il suo mondo interiore dei valori, quindi anche il vivere la verità del suo oggetto. In questo processo si compie una caratteristica trasfigurazione del modello o della materia e, in particolare, di ciò che è l’uomo, il corpo umano in tutta la verità della sua mascolinità o femminilità (da questo punto di vista, come già abbiamo menzionato, c’è una ben rilevante differenza, ad esempio, tra il quadro o la scultura e tra la fotografia o il film). Lo spettatore, invitato dall’artista a guardare la sua opera, comunica non soltanto con l’oggettivazione, e quindi, in certo senso, con una nuova "materializzazione" del modello o della materia, ma al tempo stesso comunica con la verità dell’oggetto che l’autore, nella sua "materializzazione" artistica, è riuscito ad esprimere con i mezzi a lui propri.

5. Nel decorso delle varie epoche, cominciando dall’antichità – e soprattutto nella grande stagione dell’arte classica greca – vi sono opere d’arte, il cui tema è il corpo umano nella sua nudità, e la cui contemplazione consente di concentrarci, in certo senso, sulla verità intera dell’uomo, sulla dignità e sulla bellezza – anche quella "soprasensuale" – della sua mascolinità e femminilità. Queste opere portano in sé, quasi nascosto, un elemento di sublimazione, che conduce lo spettatore, attraverso il corpo, all’intero mistero personale dell’uomo. In contatto con tali opere, dove non ci sentiamo determinati dal loro contenuto verso il "guardare per desiderare", di cui parla il Discorso della Montagna, impariamo in certo senso quel significato sponsale del corpo, che è il corrispondente e la misura della "purezza di cuore". Ma ci sono anche opere d’arte, e forse ancor più spesso riproduzioni, che suscitano obiezione nella sfera della sensibilità personale dell’uomo – non a motivo del loro oggetto, poiché il corpo umano in se stesso ha sempre una sua inalienabile dignità – ma a motivo della qualità o del modo della sua riproduzione, raffigurazione, rappresentazione artistica. Di quel modo e di quella qualità possono decidere i vari coefficienti dell’opera o della riproduzione, come pure molteplici circostanze, spesso più di natura tecnica che non artistica.

È noto che attraverso tutti questi elementi diventa, in un certo senso, accessibile allo spettatore, come all’ascoltatore o al lettore, la stessa intenzionalità fondamentale dell’opera d’arte o del prodotto di relative tecniche. Se la nostra sensibilità personale reagisce con obiezione e disapprovazione, lo è perché in quella fondamentale intenzionalità, insieme all’oggettivazione dell’uomo e del suo corpo, scopriamo indispensabile per l’opera d’arte, o la sua riproduzione, la sua contemporanea riduzione al rango di oggetto, di oggetto di "godimento", destinato all’appagamento della concupiscenza stessa. E ciò si pone contro la dignità dell’uomo anche nell’ordine intenzionale dell’arte e della riproduzione. Per analogia, occorre riferire la stessa cosa ai vari campi dell’attività artistica – secondo la rispettiva specificità – come anche alle varie tecniche audiovisive.

6. L’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI (Paolo VI, Humanae Vitae HV 22) sottolinea la necessità di "creare un clima favorevole all’educazione della castità"; e con questo intende affermare che il vivere il corpo umano in tutta la verità della sua mascolinità e femminilità deve corrispondere alla dignità di questo corpo e al suo significato nel costruire la comunione delle persone. Si può dire che questa è una delle dimensioni fondamentali della cultura umana, intesa come affermazione che nobilita tutto ciò che è umano. Perciò abbiamo dedicato questo breve tracciato al problema che, in sintesi, potrebbe essere chiamato dell’ethos dell’immagine. Si tratta dell’immagine che serve ad una singolare "visibilizzazione" dell’uomo, e che bisogna comprendere in senso più o meno diretto. L’immagine scolpita o dipinta "esprime visivamente" l’uomo; in altro modo lo "esprime visivamente" la rappresentazione teatrale o lo spettacolo di balletto, in altro modo il film; anche l’opera letteraria, a modo suo, tende a suscitare immagini interiori, servendosi delle ricchezze della fantasia o della memoria umana. Quindi ciò che qui abbiamo denominato l’"ethos dell’immagine" non può essere considerato astraendo dalla componente correlativa, che bisognerebbe chiamare l’"ethos del vedere".Tra l’una e l’altra componente si contiene tutto il processo di comunicazione, indipendentemente dalla vastità dei cerchi che descrive questa comunicazione, la quale in questo caso è sempre "sociale".

7. La creazione del clima favorevole alla educazione della castità contiene queste due componenti; riguarda, per così dire, un circuito reciproco che avviene tra l’immagine e il vedere, tra l’ethos dell’immagine e l’ethos del vedere. Come la creazione dell’immagine nel senso ampio e differenziato del termine, impone all’autore, artista o riproduttore, obblighi di natura non soltanto estetica ma anche etica, così il "guardare", inteso secondo la stessa larga analogia, impone obblighi a colui che dell’opera è recettore.

L’autentica e responsabile attività artistica tende a superare l’anonimità del corpo umano come oggetto "senza scelta", cercando (come già è stato in precedenza), attraverso lo sforzo creativo, una siffatta espressione artistica della verità sull’uomo nella sua corporeità femminile e maschile, che venga per così dire assegnata in compito allo spettatore e, nel raggio più ampio, a ciascun recettore dell’opera. Da lui, a sua volta, dipende se deciderà di compiere il proprio sforzo per avvicinarsi a tale verità, oppure se resterà soltanto un "consumatore" superficiale delle impressioni, cioè uno che sfrutta l’incontro con l’anonimo tema-corpo solo a livello della sensualità che, di per sé, reagisce al suo oggetto appunto "senza scelta".

Qui terminiamo questo importante capitolo delle nostre riflessioni sulla teologia del corpo, il cui punto di partenza sono state le parole pronunziate da Cristo nel Discorso della Montagna: parole valide per l’uomo di tutti i tempi, per l’uomo "storico", e valide per ciascuno di noi.


Le riflessioni sulla teologia del corpo non sarebbero tuttavia complete, se non considerassimo altre parole di Cristo, e cioè quelle in cui egli si richiama alla futura risurrezione. Ad esse dunque ci proponiamo di dedicare il prossimo ciclo delle nostre considerazioni.

Saluti:

Al Metropolita Damaskinos


Ad alcuni gruppi di lingua inglese



Ad un gruppo di pellegrini olandesi:


A pellegrini provenienti dal Portogallo

A gruppi provenienti da diverse parti d’Italia

Un affettuoso saluto desidero ora rivolgere a tutte le Religiose presenti all’Udienza, ed in particolar modo alle partecipanti al Corso di formazione promosso dall’Unione Superiore Maggiori d’Italia ed intitolato " Mater Divinae Gratiae ": alle Suore Missionarie della Consolata, nonché alle Clarisse Francescane Missionarie del Santissimo Sacramento, che stanno preparando i loro Capitoli Generali.

Carissime sorelle, la vostra venuta a Roma e il vostro incontro col Vicario di Cristo possano esservi di grande aiuto spirituale e di stimolo a vivere con sempre più intenso impegno la vostra consacrazione, in unione con Maria, nel fervore dello Spirito santo.
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Tra i tanti pellegrinaggi italiani, giunti da numerose regioni, oggi dobbiamo notare in modo speciale quello di diverse Parrocchie dell’Arcidiocesi di Udine, organizzato come atto propiziatorio, nel quinto anniversario del terremoto che devastò quella terra.

Carissimi fratelli colpiti dalla sventura, che portate ancora in voi le ferite e il ricordo di quel tremendo sconvolgimento, accogliete il mio fraterno commosso saluto. La coraggiosa accettazione della sofferenza e l’esemplare fortezza dimostrata in quella circostanza terribile hanno aumentato ancor più la vostra confidenza nell’Altissimo e l’amore verso i fratelli. Il Signore vi è particolarmente vicino, vi sostiene e vi conforta! E vi sia anche di aiuto la mia preghiera, unita alla Benedizione Apostolica, che volentieri imparto a voi e a tutti gli abitanti della vostra Regione.
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Sono presenti all’Udienza anche i Sacerdoti ed i Laici partecipanti al " Corso Nazionale di studio per Animatori della Pastorale della Terza Età ", indetto dal Settore Adulti dell’Azione Cattolica Italiana.

Porgendo anche a voi un saluto particolare, esprimo il mio vivo compiacimento sia ai Dirigenti dell’Azione Cattolica per la provvida iniziativa sia a voi partecipanti, per la sensibilità che dimostrate al problema. Infatti, l’argomento che trattate è di capitale importanza oggi, nella società moderna, e proprio una pastorale intelligente e cordiale verso gli anziani deve impegnare seriamente ogni comunità cristiana.

Vi accompagni e vi incoraggi la mia Benedizione!

Ai giovani

Saluto i gruppi di giovani, qui presenti, in particolar modo gli appartenenti all’Associazione Internazionale Mariana in provenienza dalle diocesi di Avellino e di Benevento, colpite dal terremoto del novembre scorso. Pieni di vivacità e di gioia come siete, tanto ricchi di liete speranze, come, nel corso dell’anno, è ricco di speranze il mese di maggio, che abbiamo da poco iniziato, offrendolo alla Madonna, mantenete, carissimi giovani, piccoli e grandi, le vostre promesse, le promesse di una vita generosa: una vita, cioè, fedele al Signore, pronta alla bontà, diligente nel quotidiano dovere. La famiglia salesiana celebra oggi la festa di un giovane discepolo di San Giovanni Bosco, San Domenico Savio. E che cosa ha fatto di straordinario Domenico Savio, nei suoi quasi quindici anni di vita? Quello che potete fare anche voi: ha scelto il motto " la morte, ma non i peccati ", si è proposto di fare sempre contenti i compagni, di essere in mezzo a loro elemento catalizzatore, di insegnare il catechismo ai più piccoli, ha unito a molta allegria molto studio; e santo è diventato, con un esistenza non miracolosa, ma eroicamente generosa. Tutti potete somigliare a San Domenico Savio, se lo volete; ed io ve lo auguro con tutto il cuore, e con la mia paterna Benedizione.

Agli ammalati

Eccomi anche a voi, miei cari ammalati, che, in ogni incontro del Mercoledì, siete sempre tanto numerosi. Mi rivolgo ai bimbi del Centro " Assistenza Italiana Spastici " di Bosa Marina; ai ragazzi scelti dal " Centro Italiano Ricerche per l’Autosufficienza degli Handicappati ", come pure al gruppo proveniente dalla Svezia ed a tutti gli altri, qui presenti quasi simbolo di tutta la sofferenza che vi è al mondo.

Penso che talora possa sembrarvi inutile la vostra vita, e un peso la vostra presenza; ma non è così. Se consideriamo bene il cammino percorso da Gesù nella immolazione del Calvario, impariamo che il dolore non è vano: Gesù non ha compiuto cose vane! E se ha scelto la via della croce, per ridare all’umanità la speranza del Cielo, vuol dire che la via della croce, la vostra via, la via anche di ogni seguace del Vangelo, è quella che più di ogni altra raccoglie i tesori della benevolenza di Dio e della salvezza.


Ed a chi ha cura della vostra persona rivolgo la viva raccomandazione ad avere sempre presente l’esempio e l’eroismo dei santi, i quali hanno voluto servire Cristo negli infermi e nei bisognosi, ed hanno arricchito di incalcolabili meriti la loro vita, spesa nella più alta delle virtù, l’amore. In tutti la Madonna faccia crescere i sentimenti preziosi della fede, della speranza e della carità. A questo augurio aggiungo molto volentieri la mia Benedizione.

Agli sposi novelli

E adesso la mia attenzione e il mio sguardo vengono a voi, sposi novelli, ed a voi i miei voti più cordiali. Il vostro matrimonio, fondato sull’amore e sulla grazia del Signore, sempre risponda al sapiente disegno di Dio sulla famiglia. E Dio, certo, vuole la famiglia, ogni famiglia, serena e unita, piena di vicendevole comprensione tra i suoi membri, pronta ad accogliere le nuove vite, e soprattutto religiosa, vivente nella sincerità del Vangelo. Pregate, perché tutto questo accompagni ogni giorno la vostra esistenza, perché tutto questo si avveri nella vostra famiglia. Pregate la Madonna, la Vergine fedele, perché vi aiuti a mantenere questi santi propositi, che sono condizione di profonda e inalterabile gioia. Vi aiuto anch’io con la mia preghiera, e vi incoraggio con una speciale Benedizione.
***


Prima di concludere l’udienza, il Santo Padre parla del prossimo viaggio in Svizzera che avverrà dal 31 maggio al 5 giugno:

Domenica mattina 31 maggio corrente mi recherò, come già sapete, in Svizzera per una visita che durerà 6 giorni e che, a dio piacendo, mi porterà a Kloten, Sion, Lugano, Einsiedeln, Sachseln, Solothurn, Friburgo e Ginevra.

Desidero inviare già fin d’ora un cordiale saluto a tutti i cari abitanti della Svizzera, con un particolare pensiero, oltre che all’Episcopato, al Signor Presidente ed ai Membri del consiglio Federale, a cui avrò il piacere di fare visita nella breve sosta a Lohn, intendendo con tale atto rendere omaggio all’intera Confederazione, da essi degnamente rappresentata.

Sarà un viaggio religioso e pastorale che mi permetterà di incontrare la Chiesa che è in quel Paese e di adempiere la mia missione di confermare i fratelli nella Fede.

E sarà una visita che avrà una speciale nota ecumenica, perché mi sarà dato di incontrare, oltre a numerosi fratelli delle altre Religioni cristiane, il Consiglio Ecumenico delle Chiese che ha sede a Ginevra e il Centro Ortodosso di Chambésy.

L’intero pomeriggio del 4 giugno sarà poi dedicato alla visita all’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in occasione della 67a Sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro, dalla quale mi è pervenuto il primo invito a compiere questo viaggio.

Tale primo invito – a cui hanno fatto seguito numerosi altri, per i quali pure ringrazio cordialmente con sincere apprezzamento – è stato da me accolto particolarmente volentieri perché quest’anno ricorre il 90° anniversario dell’Enciclica Rerum Novarum e anche perché l’attività di questo benemerito Organismo internazionale è congeniale con la missione di giustizia, di fraternità, di solidarietà umana e di pace del Papa.

Avrò inoltre incontri con altre Istituzioni, pure a carattere internazionale, come la Croce Rossa e il Centro Europeo di Ricerche Nucleari.

Invito tutti a pregare per il felice successo di questo mio viaggio, che si svolgerà nella settimana che ci prepara alla Solennità della Pentecoste, durante la quale quest’anno ricorderemo il 160° anniversario del Concilio Costantinopolitano primo e il 1550° anniversario del Concilio di Efeso.

Lo Spirito Santo ci assista e la Vergine Maria, al cui Santuario di Einsiedeln sarò pellegrino, accompagni questa iniziativa apostolica con la sua protezione.



Mercoledì, 13 maggio 1981

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Prima dell’udienza generale del 13 maggio, Giovanni Paolo II viene ferito in piazza San Pietro, mentre compie sulla campagnola bianca il consueto giro per rispondere al caloroso saluto dei fedeli e dei pellegrini. Alle 17.19 il Papa resta vittima di un attentato perpetrato da un giovane turco di nome Agca.

Nel corso dell’udienza generale il Santo Padre aveva in animo di proporre alle migliaia di fedeli presenti un tema a lui e alla Chiesa assai caro e vicino: quello del lavoro e dei lavoratori in occasione del 90° anniversario della pubblicazione della “Rerum Novarum”, la grande enciclica di Leone XIII. Pubblichiamo qui di seguito il testo del discorso che Giovanni Paolo avrebbe rivolto ai fedeli.

1. Nelle settimane scorse, durante i nostri incontri nelle udienze generali del mercoledì ho svolto un ciclo di catechesi basata sulle parole di Cristo nel Discorso della Montagna.

Oggi, diletti fratelli e sorelle in Cristo, desidero iniziare una serie di riflessioni su un altro tema per sottolineare degnamente una data che merita di essere scritta a caratteri d’oro nella storia della Chiesa moderna: il 15 maggio 1891. Si compiono infatti novant’anni da quanto il mio predecessore Leone XIII pubblicava la fondamentale enciclica sociale Rerum Novarum, che non solo è stata una vigorosa ed accorata condanna della “immeritata miseria” in cui giacevano i lavoratori di allora, dopo il primo periodo dell’applicazione della macchina industriale al campo dell’impresa, ma ha posto soprattutto le fondamenta per una giusta soluzione di quei gravi problemi della convivenza umana che vanno sotto il nome di “questione sociale”.

2. Perché dopo tanti anni la Chiesa ricorda ancora l’enciclica Rerum Novarum?

Molte sono le ragioni. Innanzitutto la Rerum Novarum costituisce ed è “la magna charta dell’operosità sociale cristiana”, come l’ha definita Pio XII (Pio XII, Radiomessaggio per il 50° della Rerum Novarum: Discorsi e Radiomessaggi, III [1942] 911); e Paolo VI ha aggiunto che il suo “messaggio continua ad ispirare l’azione per la giustizia” (Paolo VI Octogesima Adveniens, 1) nella Chiesa e nel mondo contemporaneo; essa è altresì dimostrazione irrefutabile della trepida e solerte attenzione della Chiesa per il mondo del lavoro.

La voce di Leone XIII si levò coraggiosa in difesa degli oppressi, dei poveri, degli umili, degli sfruttati, e non fu che l’eco della voce di Colui che aveva proclamato beati i poveri e gli affamati di giustizia. Il Papa, seguendo l’impulso e l’invito “della coscienza del suo Apostolico Ministero” (cf. Leone XIII, Rerum Novarum, 1), parlò: non solo ne aveva il diritto, ma anche e soprattutto il dovere. Ciò che infatti giustifica l’intervento della Chiesa e del suo Supremo Pastore nelle questioni sociali, è sempre la missione ricevuta da Cristo di salvare l’uomo nella sua integrale dignità.


3. La Chiesa è per vocazione chiamata ad essere ovunque la tutrice fedele della dignità umana, la madre degli oppressi e degli emarginati, la Chiesa dei deboli e dei poveri. Essa vuole vivere tutta la verità contenuta nelle Beatitudini evangeliche, soprattutto la prima, “Beati i poveri di spirito”; la vuole insegnare e praticare così come fece il suo Divin Fondatore che venne a fare e ad insegnare (cfr
Ac 1,1).

Come osservavo lo scorso anno nel mio discorso agli operai di san Paolo in Brasile, “la Chiesa quando proclama il Vangelo, senza peraltro abbandonare il suo compito specifico di evangelizzazione, cerca di ottenere che tutti gli aspetti della vita sociale in cui si manifesta l’ingiustizia subiscano una trasformazione verso la giustizia” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad operarios in urbe Sao Paulo, 3; 3 luglio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/2 [1980] 83). La Chiesa è cosciente di questa sua alta missione: per questo essa si inserisce nella storia dei popoli, nelle loro istituzioni, nella loro cultura, nei loro problemi, nelle loro necessità. Vuole essere solidale con i suoi figli e con tutta l’umanità, condividendo difficoltà ed angustie, e facendo proprie le legittime richieste di chi soffre o è vittima dell’ingiustizia. Forte delle eterne parole del Vangelo, essa denuncia tutto ciò che offende l’uomo nella sua dignità di “immagine di Dio” (Gn 1,27) e nei suoi diritti fondamentali, universali, inviolabili, inalienabili; tutto ciò che ostacola la crescita secondo il piano di Dio. Ciò fa parte del suo servizio profetico.

4. Ben a ragione Pio XI ha affermato che la Rerum Novarum ha presentato all’umanità un magnifico ideale sociale, attingendolo dalle fonti sempre vive e vitali del Vangelo! (cfr Pio XI, Quadragesimo Anno, 16.)

Sulle orme del basilare documento leoniano i miei venerati predecessori non hanno mancato, in numerose circostanze, di riaffermare questo diritto e questo dovere della Chiesa di dare direttive morali in un campo, come quello socio-economico, che ha diretti legami con il fine religioso e soprannaturale della sua stessa missione. Il Concilio Vaticano II ha ripreso tale insegnamento sottolineando che “è compito di tutta la Chiesa aiutare gli uomini affinché siano resi capaci di ben costruire tutto l’ordine temporale e di ordinarlo a Dio per mezzo di Cristo” (Apostolicam Actuositatem AA 7).

Emerge così il primo grande insegnamento della celebrazione di questo novantesimo anniversario: quello di riaffermare il diritto e la competenza della Chiesa di “esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e della salvezza delle anime” (Gaudium et Spes GS 76): quello di rendere sempre più coscienti le Chiese locali, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici del loro diritto-dovere di prodigarsi per il bene di ogni uomo, e di essere in ogni momento i difensori e gli artefici dell’autentica giustizia nel mondo.

5. Guardando con occhio sereno gli eventi storico-sociali che si sono susseguiti nel mondo del lavoro da quel lontano maggio 1891, dobbiamo riconoscere con soddisfazione che grandi passi sono stati fatti e grandi trasformazioni si sono realizzate al fine di rendere la vita delle classi operaie più consona alla loro dignità.

La Rerum Novarum fu lievito e fermento di tali feconde trasformazioni. Per mezzo di essa il Romano Pontefice infuse nell’anima operaia il sentimento e la consapevolezza della sua dignità umana, civile e cristiana; favorì il sorgere di associazioni sindacali operaie nei vari Paesi ammonì i governanti e le Nazioni sui loro doveri verso i deboli e i poveri, invitando gli Stati alla creazione di una politica sociale, umana e intelligente che approdò nel riconoscimento nella formulazione e nel rispetto del diritto di lavoro e al lavoro per tutti i cittadini.

6. La Rerum Novarum riveste poi per la Chiesa una particolare importanza perché costituisce un punto di riferimento dinamico della sua dottrina e della sua azione sociale nel mondo contemporaneo.

Durante i secoli dalle sue origini fino ad oggi, la Chiesa si è sempre incontrata e confrontata con il mondo e i suoi problemi, illuminandoli alla luce della fede e della morale di Cristo. Ciò ha favorito l’enuclearsi e il sorgere, lungo l’arco della storia, di un corpo di principi di morale sociale cristiana, conosciuto oggi come Dottrina Sociale della Chiesa. È merito di Papa Leone XIII l’aver cercato per primo di darle un carattere organico e sintetico. Comincio così da parte del Magistero il nuovo e delicato compito, che è pure un grande impegno di rielaborare per un mondo in continuo cambiamento un insegnamento capace di rispondere alle moderne esigenze nonché alle rapide e continue trasformazioni della società industriale, e allo stesso tempo atto a tutelare i diritti sia della persona umana sia delle giovani Nazioni che entrano a far parte della comunità internazionale.

7. Tale insegnamento sociale – come ho rilevato a Puebla – “nasce alla luce della Parola di Dio e del Magistero autentico, dalla presenza dei cristiani in seno alle situazioni mutevoli del mondo, a contatto con le sfide che da esse provengono” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Episcopos Americae Latinae, III Coetu Generali ineunte, III, 7, 28 gennaio 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 208). Il suo oggetto è e rimane sempre la dignità sacra dell’uomo immagine di Dio, e la tutela dei suoi diritti inalienabili; la sua finalità, la realizzazione della giustizia intesa come promozione e liberazione integrale della persona umana nella sua dimensione terrena e trascendente, il suo fondamento, la verità sulla stessa natura umana, verità appresa dalla ragione e illuminata dalla Rivelazione; la sua forza propulsiva, l’amore come precetto evangelico e norma di azione. Forgiatrice di una concezione sempre attuale e feconda del vivere sociale, la Chiesa, nello sviluppare in questo ultimo secolo, con la collaborazione di sacerdoti e di laici illuminati, il suo insegnamento sociale, di natura religiosa e morale, non si limita ad offrire principi di riflessione, orientamenti, direttive, constatazioni o richiami, ma presenta anche norme di giudizio e direttive per l’azione che ogni cattolico è chiamato a porre alla base della sua saggia esperienza per tradurle poi nella realtà in categorie operative di collaborazione e di impegno (cfr Paolo VI, Evangelii Nuntiandi EN 38).

Dinamica e vitale, la Dottrina Sociale, come ogni realtà vivente, si compone di elementi duraturi e supremi, e di elementi contingenti che ne permettono l’evoluzione e lo sviluppo in sintonia con le urgenze dei problemi impellenti, senza diminuirne la stabilità e la certezza nei principi e nelle norme fondamentali.


8. Ricordando il 90° anniversario dell’enciclica leoniana, sulla scia e in consonanza con il Magistero dei miei predecessori, desidero pertanto riaffermare l’importanza dell’insegnamento sociale come parte integrante della concezione cristiana della vita.

Su questo argomento non ho mancato nei frequenti incontri con i miei fratelli nell’episcopato di raccomandare alla loro pastorale sollecitudine la necessità e l’urgenza di sensibilizzare i loro fedeli sul pensiero sociale cristiano, affinché tutti i figli della Chiesa siano non solo istruiti nella dottrina, ma anche educati all’azione sociale.

Fratelli e sorelle! Torneremo ancora più a lungo sui vari temi e problemi che l’anniversario dell’enciclica, Rerum Novarum evoca. Per concludere questa mia riflessione odierna voglio rispondere all’interrogativo posto all’inizio. Sì, l’enciclica Rerum Novarum ha ancora oggi la sua vitalità e validità stimolante e operante per il Popolo di Dio, anche se apparsa nel lontano 1891. Il tempo non l’ha esaurita, ma collaudata; tanto che i cristiani la sentono così feconda da derivarne coraggio e azione per i nuovi sviluppi dell’ordine sociale cui il mondo del lavoro è interessato. Continuiamo dunque a viverne lo spirito con slancio e generosità, approfondendo con amore operoso le vie tracciate dall’attuale Magistero sociale e interpretando con genialità creativa le esperienze dei nuovi tempi.

Saluti:

Giovanni Paolo II aveva in animo di rivolgere nel corso dell’udienza generale alcuni particolari saluti a diversi gruppi di fedeli e di pellegrini. Diamo qui di seguito il testo di queste particolari espressioni.

Il saluto ai diversi gruppi

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Come sempre, un particolare pensiero, pieno di affetto e di fiducia, rivolgo a voi, giovani, presenti a questa Udienza, nel corrente mese di maggio, ricco di fiori, di gioia e di speranze. Anche voi siete il maggio della Chiesa e della Società.

Fra voi c’è oggi il Gruppo degli studenti delle Scuole di Arpino “ Tullianum ” e “ Marco Tullio Cicerone ”, accompagnati dai loro Insegnanti. Io li saluto con gioia e con infinita riconoscenza: non solo per la loro visita, che ci è cara, ma soprattutto per il dono che la loro terra ha fatto alla nostra civiltà Latina e cristiana: Marco Tullio Cicerone: forse il più grande oratore di tutti i tempi, certo uno dei più rari, che questa terra d’Italia, ricca di genio, ha prodotto.

A voi tutti giovani auspico di vivere intensamente questi anni tanto importanti della vostra giovinezza, approfondendo la vostra fede e arricchendo la vostra intelligenza ed il vostro cuore, così da prepararvi con serietà e impegno alle responsabilità che vi attendono.

Vi accompagni la mia Benedizione.
* * *


Cari fratelli e figli ammalati, nel salutarvi con tanto affetto vi addito la Vergine Maria, Madre di Cristo, a cui, nella pietà e nell'anima dei fedeli, è sacro queste mese di maggio. Nella sua esistenza, Essa conobbe la gioia più intima e profonda congiunta alla tristezza e alla prova più terribile. Così succede ad ognuno di noi; e la gioia si alterna al dolore, mescolando nella nostra vita alle rose le spine. Ci dia la Vergine Santissima, che è fiore delle convalli e Madre addolorata, di saper trasformare in motivo di merito quella sorte che spesso ci trae, con lei, sotto la Croce.

?ari sposi novelli, la Madonna « Vergine Madre » e « Figlia del suo Figlio » (Dante Alighieri, La Divina Commedia, « Paradiso », XXXIII, 1) fu anche la Sposa affettuosa, mite e fedele di Giuseppe, il falegname di Nazareth. E con lui condivise il tenue ricordo dell'antica grandezza di discendenti di David, ma anche e soprattutto l'umiltà del presente, il peso della sorte, e la dura realtà d'ogni giorno. La Vergine condivise con Giuseppe il viaggio a Betlemme, la fuga in Egitto, la povertà. La moglie, che col marito divide le prove della vita, sarà il più valido sostegno e il più alto coefficiente della sua felicità. E così il marito. Siate felici, cari sposi novelli. E Dio sia con voi.
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Nel corso dell’udienza generale il Santo Padre avrebbe annunciato due novità assai importanti riguardanti nuovi mezzi di studio e di orientamento pastorale riguardo ai problemi della famiglia:

Desidero ora annunziarvi che, allo scopo di venire incontro nella maniera più adeguata alle attese circa i problemi riguardanti la famiglia espresse dall’episcopato del mondo intero, soprattutto in occasione dell’ultimo Sinodo dei Vescovi, ho ritenuto opportuno istituire il Pontificio Consiglio per la Famiglia, il quale sostituirà il Comitato per la Famiglia, che, come è noto, faceva capo al Pontificio Consiglio per i Laici.

A tale nuovo Organismo – che sarà presieduto da un Cardinale, coadiuvato da un Consiglio di Presidenza composto da Vescovi delle varie parti del mondo – spetterà la promozione della cura pastorale delle famiglie e dell’apostolato specifico in campo familiare, in applicazione degli insegnamenti e degli orientamenti manifestati dalle competenti istanze del Magistero ecclesiastico, in modo che le famiglie cristiane siano aiutate a compiere la missione educativa, evangelizzatrice ed apostolica, a cui sono chiamate.

Ho deciso inoltre di fondare presso la Pontificia Università Lateranense, che è l’Università della diocesi del Papa, un Istituto internazionale di studi su matrimonio e famiglia, il quale inizierà la sua attività accademica col prossimo ottobre. Esso intende offrire a tutta la Chiesa quel contributo di riflessione teologica e pastorale, senza la quale la missione evangelizzatrice della Chiesa verrebbe a mancare di un ausilio essenziale. Esso sarà il luogo nel quale si approfondirà la conoscenza della verità sul matrimonio e sulla famiglia, alla luce della fede, con l’aiuto anche delle varie scienze umane.

Chiedo a tutti di accompagnare con le proprie preghiere queste due iniziative, che vogliono essere un nuovo segno della sollecitudine e della stima della Chiesa nei confronti dell’istituzione matrimoniale e familiare, e della importanza che Ella le attribuisce sia in ordine alla propria vita che a quella della società.






Catechesi 79-2005 60581