Catechesi 79-2005 14482

Mercoledì, 14 aprile 1982

14482


Carissimi fratelli e sorelle!

La solennità di Pasqua, appena trascorsa, riempie i nostri animi in questa Settimana, e li riempirà ancora in tutto il tempo pasquale, di quella gioia che proviene dalla commemorazione della gloriosa Risurrezione di Cristo. Abbiamo percorso la strada martoriata della sua Passione, dall’Ultima Cena sino all’agonia e alla morte in croce; ed abbiamo poi atteso nel grande silenzio del Sabato Santo lo scampanio festoso della “Beata Notte” della veglia. La Pasqua non deve rimanere soltanto al livello delle emozioni e dei ricordi; essa deve lasciare una traccia, deve incidere continuamente nella nostra vita, deve essere per noi ogni giorno motivo di incoraggiamento alla coerenza ed alla testimonianza.

La Pasqua è per il cristiano invito a vivere “in novità di vita”: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo asceso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù . . .” (
Col 3,1-3).

Negli avvenimenti lieti o tristi della vita, nel lavoro, nella professione, nella scuola, il cristiano deve testimoniare che Cristo è veramente risorto, seguendolo con coraggio e amore, ponendo in lui ogni fiducia ed ogni speranza.

A voi tutti auspico di cuore che il pensiero delle festività pasquali vi accompagni e vi faccia sentire la presenza gioiosa di Cristo Risorto.

1. Continuiamo ora la riflessione delle precedenti settimane sulle parole circa la continenza “per il Regno dei cieli”, che, secondo il Vangelo di Matteo (Mt 19,10-12), Cristo ha rivolto ai suoi discepoli.

Diciamo ancora una volta che queste parole, in tutta la loro concisione, sono mirabilmente ricche e precise, ricche di un complesso di implicazioni sia di natura dottrinale che pastorale, e al tempo stesso indicano un giusto limite in materia. Così, dunque, qualsiasi interpretazione manichea resta decisamente oltre quel limite, come pure vi resta, secondo ciò che Cristo disse nel discorso della Montagna, il desiderio concupiscente “nel cuore” (cfr Mt 5,27-28).

Nelle parole di Cristo sulla continenza “per il Regno dei cieli” non c’è alcun cenno circa la “inferiorità” del matrimonio riguardo al “corpo”, ossia riguardo all’essenza del matrimonio, consistente nel fatto che l’uomo e la donna in esso si uniscono così da divenire una “sola carne” (cfr Gn 2,24). Le parole di Cristo riportate in Matteo (Mt 19,11-12) (come anche le parole di Paolo nella prima lettera ai Corinzi,CFR 1Co 7) non forniscono motivo per sostenere né l’“inferiorità” del matrimonio, né la “superiorità” della verginità o del celibato, in quanto questi per la loro natura consistono nell’astenersi dalla “unione” coniugale “nel corpo”. Su questo punto le parole di Cristo sono decisamente limpide. Egli propone ai suoi discepoli l’ideale della continenza e la chiamata ad essa non a motivo dell’inferiorità o con pregiudizio dell’“unione” coniugale “nel corpo”, ma solo per il “Regno dei cieli”.

2. In questa luce diventa particolarmente utile un chiarimento più approfondito dell’espressione stessa “per il Regno dei cieli”; ed è ciò che in seguito cercheremo di fare, almeno in modo sommario. Però, per quanto concerne la giusta comprensione del rapporto tra il matrimonio e la continenza di cui Cristo parla, e della comprensione di tale rapporto come l’ha inteso tutta la tradizione, vale la pena di aggiungere che quella “superiorità” ed “inferioritàsono contenute nei limiti della stessa complementarietà del matrimonio e della continenza per il Regno di Dio. Il matrimonio e la continenza né si contrappongono l’uno all’altra, né dividono di per sé la comunità umana (e cristiana) in due campi (diciamo: dei “perfetti” a causa della continenza e degli “imperfetti” o meno perfetti a causa della realtà della vita coniugale). Ma queste due situazioni fondamentali, ovvero, come si soleva dire, questi due “stati”, in un certo senso si spiegano o completano a vicenda, quanto all’esistenza ed alla vita (cristiana) di questa comunità, la quale nel suo insieme e in tutti i suoi membri si realizza nella dimensione del Regno di Dio e ha un orientamento escatologico, che è proprio di quel Regno. Orbene, riguardo a questa dimensione e a questo orientamento - a cui deve partecipare nella fede l’intera comunità, cioè tutti coloro che appartengono ad essa - la continenza “per il Regno dei cieli” ha una particolare importanza ed una particolare eloquenza per quelli che vivono la vita coniugale. È noto, d’altronde, che questi ultimi costituiscono la maggioranza.

3. Sembra, dunque, che una complementarietà così intesa trovi la sua base nelle parole di Cristo secondo Matteo (Mt 19,11-12) (e anche nella prima lettera ai Corinzi, cap. 7). Non vi è invece alcuna base per una supposta contrapposizione, secondo cui i celibi (o le nubili), solo a motivo della continenza costituirebbero la classe dei “perfetti”, e, al contrario, le persone sposate costituirebbero la classe dei “non perfetti” (o dei “meno perfetti”). Se, stando a una certa tradizione teologica, si parla dello stato di perfezione (“status perfectionis”), lo si fa non a motivo della continenza stessa, ma riguardo all’insieme della vita fondata sui consigli evangelici (povertà, castità e obbedienza), poiché questa vita corrisponde alla chiamata di Cristo alla perfezione (“Se vuoi essere perfetto . . .”) (Mt 19,21). La perfezione della vita cristiana, invece, viene misurata col metro della carità. Ne segue che una persona che non viva nello “stato di perfezione” (cioè in una istituzione che fondi il suo piano di vita sui voti di povertà, castità ed obbedienza), ossia che non viva in un Istituto religioso, ma nel “mondo”, può raggiungere “de facto” un grado superiore di perfezione - la cui misura è la carità - rispetto alla persona che viva nello “stato di perfezione”, con un minor grado di carità. Tuttavia, i consigli evangelici aiutano indubbiamente a raggiungere una più piena carità. Pertanto, chiunque la raggiunge, anche se non vive in uno “stato di perfezione” istituzionalizzato, perviene a quella perfezione che scaturisce dalla carità, mediante la fedeltà allo spirito di quei consigli. Tale perfezione è possibile e accessibile ad ogni uomo, sia in un “Istituto religioso” che nel “mondo”.

4. Alle parole di Cristo riportate da Matteo (Mt 19,11-12), sembra quindi corrispondere adeguatamente la complementarietà del matrimonio e della continenza per “il Regno dei cieli” nel loro significato e nella loro molteplice portata. Nella vita di una comunità autenticamente cristiana, gli atteggiamenti ed i valori propri dell’uno e dell’altro stato - cioè di una o dell’altra scelta essenziale e cosciente come vocazione per tutta la vita terrena e nella prospettiva della “Chiesa celeste” - si completano e in certo senso si compenetrano a vicenda. Il perfetto amore coniugale deve essere contrassegnato da quella fedeltà e da quella donazione all’unico Sposo (ed anche dalla fedeltà e dalla donazione dello Sposo all’unica Sposa), su cui sono fondati la professione religiosa ed il celibato sacerdotale. In definitiva, la natura dell’uno e dell’altro amore è “sponsale”, cioè espressa attraverso il dono totale di sé. L’uno e l’altro amore tende ad esprimere quel significato sponsale del corpo, che “dal principio” è iscritto nella stessa struttura personale dell’uomo e della donna.

Riprenderemo in seguito questo argomento.

5. D’altra parte, l’amore sponsale che trova la sua espressione nella continenza “per il Regno dei cieli”, deve portare nel suo regolare sviluppo alla “paternità” o “maternità” in senso spirituale (ossia proprio a quella “fecondità dello Spirito Santo”, di cui abbiamo già parlato), in modo analogo all’amore coniugale che matura nella paternità e maternità fisica e in esse si conferma proprio come amore sponsale. Dal suo canto, anche la generazione fisica risponde pienamente al suo significato, solo se viene completata dalla paternità e maternità “nello spirito”, la cui espressione e il cui frutto è tutta l’opera educatrice dei genitori rispetto ai figli, nati dalla loro unione coniugale corporea.

Come si vede, numerosi sono gli aspetti e le sfere della complementarietà tra la vocazione, in senso evangelico, di coloro che “prendono moglie e prendono marito” (Lc 20,34) e di coloro che consapevolmente e volontariamente scelgono la continenza “per il Regno dei cieli” (Mt 19,12).


Nella sua prima lettera ai Corinzi (la cui analisi faremo in seguito durante le nostre considerazioni) san Paolo scriverà su questo tema: “Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro” (1Co 7,7).

Ai fedeli di espressione francese

Ai fedeli di lingua inglese


Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai fedeli di lingua portoghese

Ai pellegrini croati

Saluto di cuore voi tutti, miei cari croati, che siete venuti dalla patria o dal lavoro fuori della patria.

Ci siete venuti questa volta in ricordo dell’800° anniversario della nascita di san Francesco d’Assisi, per rinnovare qui accanto alla tomba di san Pietro apostolo la vostra fede in Dio, la vostra devozione alla Madonna e il vostro attaccamento alla Sede Apostolica.


Rimanete sempre fedeli alle gloriose tradizioni dei vostri padri. Amate la vostra patria e le vostre famiglie. Conservate la vostra fede ovunque vi troverete.

Il Papa vi vuol bene e vi benedice tutti.

Ai fedeli italiani

Il mio affettuoso benvenuto ai numerosi pellegrini di san Giuseppe in Cosenza, i quali, guidati dal loro Parroco, sono venuti a visitarmi, anche per far benedire la prima pietra dell’erigendo “complesso parrocchiale san Giuseppe”, a ricordo del decimo anniversario di erezione della loro parrocchia. Ben volentieri, carissimi figli, accolgo il vostro desiderio, e formo l’auspicio che la mia benedizione ottenga dal Signore la sollecita costruzione della sua Casa, compensi i sacrifici di quanti contribuiscono alla realizzazione di quest’opera, destinata ad essere centro di preghiera e di animazione cristiana.
* * *


Porgo ora il mio cordiale saluto a tutti i giovani, accorsi da ogni parte d’Italia. Carissimi! Siamo nella festosa stagione liturgica della Pasqua: quindi vi lascio la consegna di essere coraggiosi testimoni di Cristo Risorto, vincendo per mezzo della fede generosa in lui tutte le avversità e gli ostacoli, che incontrerete nella vostra vita. Con la mia benedizione.
* * *


Ed a voi, dilettissimi infermi, il Papa, nel salutarvi con particolare affetto, indica, in Gesù, l’amico che più di tutti comprende la vostra sofferenza, che vi è solidale col suo amore, vi sostiene nella vostra speranza e soprattutto vi incoraggia, indicandovi l’altissimo fine della vostra apparente inattività: e cioè il bene della Chiesa. Vi benedico di cuore ed estendo la mia benedizione a quanti vi assistono.
* * *


Una parola, infine, a voi carissimi novelli sposi, giustamente gioiosi per il sacramento che ha santificato il vostro amore, e lo ha avviato verso un avvenire di pace e di cristiana prosperità. Cristo sia il vostro modello col suo amore di dedizione e di sacrificio per la Chiesa. Pegno di tale auspicio è la mia benedizione, estensibile a tutti i vostri cari.
Invito a pregare per la pace nel mondo



Raccomando nuovamente alla vostra preghiera ed alle preghiere di tutto il mondo cristiano le situazioni di conflitto di cui ho parlato già nell’Angelus della Domenica delle Palme e nel Messaggio del giorno di Pasqua.

Voglio ricordare in particolare la tensione che sembra andare aggravandosi, nonostante generosi sforzi di mediazione, tra l’Argentina e la Gran Bretagna. Si accrescono inoltre i motivi di ansietà per le dolorose perturbazioni che hanno luogo in Terra Santa, e in particolare a Gerusalemme, in Cisgiordania e a Gaza, in seguito al gesto inconsulto che è stato compiuto davanti alla Moschea El Aksa, in Gerusalemme, causando vittime innocenti, e dando origine ad altri luttuosi fatti. Preghiamo perché queste e altre nubi di preoccupazione che si addensano sulla Terra di Gesù e sulla regione medio-orientale si dissipino e l’impegno di comprensione e di riconciliazione possa prevalere nella considerazione di tutte le Parti interessate.


La preghiera alla Madonna di Jasna Góra



Questo il testo della preghiera in una nostra traduzione italiana.

“Rallegrati, Regina del cielo, / gioisci, angelica Signora! / Oggi tutti ci felicitiamo con te, / con gioia cantiamo: alleluia, / perché il tuo Figlio è risorto . . .”.

Ecco il “Regina coeli, laetare” nella nostra lingua polacca.

Mi unisco a voi, cari connazionali, cantando col cuore dinanzi alla Madre di Cristo a Jasna Góra - e in tanti altri luoghi della nostra Terra natia.

Esprimo insieme con questo canto la gioia della Risurrezione del Signore, che è più grande di qualsiasi prova e sofferenza.

È la gioia del Bene che viene partecipato da tutti gli uomini in Cristo in modo irrevocabile.

È difficile non rallegrarsi, quando si vede che molti uomini, anche in mezzo alla sofferenza, partecipano a questo Bene, lo ritrovano di nuovo o approfondiscono la loro unione con Esso.

Sento da molte parti che così succede oggi nei cuori di molti polacchi.

Tra le tante voci riporto le parole dell’Episcopato polacco:

“I Vescovi insieme con tutta la società aspettano che lo stato di guerra finisca al più presto, che gli internati siano liberati e che a quanti sono stati condannati a causa dello stato di guerra sia concessa l’amnistia, che a quanti si nascondono venga assicurata la possibilità di manifestarsi, e che nessuno sia licenziato dal lavoro perché iscritto al sindacato”.

Riporto queste parole e le faccio mie. Esse sono la continuazione degli auguri pasquali.

Le dirigo a voi, cari connazionali, dinanzi alla Madre del Risorto insieme con le parole del nostro “Regina coeli . . .”.

“Rallegrati e gioisci nel cielo . . .

Prega per noi il Signore nel bisogno!”. Alleluia.


Mercoledì, 21 aprile 1982

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1. Proseguiamo le riflessioni sulle parole di Cristo, relative alla continenza “per il Regno dei cieli”.

Non è possibile intendere pienamente il significato e il carattere della continenza, se l’ultima locuzione dell’enunciato di Cristo, “per il Regno dei cieli” (
Mt 19,12), non verrà colmata del suo contenuto adeguato, concreto ed oggettivo. Abbiamo detto, in precedenza, che questa locuzione esprime il motivo, ovvero pone in rilievo in un certo senso la finalità soggettiva della chiamata di Cristo alla continenza. Tuttavia, l’espressione in se stessa ha carattere oggettivo, indica di fatto una realtà oggettiva, per cui le singole persone, uomini o donne, possono “farsi” (come Cristo dice) eunuchi. La realtà del “regno” nell’enunciato di Cristo secondo Matteo (cfr Mt 19,11-12) è definita in modo preciso ed insieme generale, cioè tale da poter comprendere tutte le determinazioni ed i significati particolari che le sono propri.

2. Il “Regno dei cieli” significa il “Regno di Dio”, che Cristo predicava nel suo compimento finale, cioè escatologico. Cristo predicava questo regno nella sua realizzazione o instaurazione temporale, e nello stesso tempo lo preannunziava nel suo compimento escatologico. La instaurazione temporale del Regno di Dio è nel medesimo tempo la sua inaugurazione e la sua preparazione al compimento definitivo. Cristo chiama a questo regno, e in certo senso, vi invita tutti (cfr la parabola del banchetto di nozze: Mt 22,1-14). Se chiama alcuni alla continenza “per il Regno dei cieli”, dal contenuto di quella espressione risulta che egli li chiama a partecipare in modo singolare alla instaurazione del regno di Dio sulla terra, grazie a cui s’inizia e si prepara la fase definitiva del “Regno dei cieli”.

3. In tal senso abbiamo detto che quella chiamata porta in sé il segno particolare del dinamismo proprio del mistero della redenzione del corpo. Così, dunque, nella continenza per il regno di Dio si mette in evidenza, come già abbiamo menzionato, il rinnegare se stesso, prendere la propria croce ogni giorno e seguire Cristo (cfr Lc 9,23), che può giungere fino a implicare la rinuncia al matrimonio e ad una famiglia propria. Tutto ciò deriva dal convincimento che, in questo modo, è possibile contribuire maggiormente alla realizzazione del Regno di Dio nella sua dimensione terrena con la prospettiva del compimento escatologico. Cristo, nel suo enunciato secondo Matteo (cfr Mt 19,11-12), dice, in modo generico, che la rinuncia volontaria al matrimonio ha questa finalità, ma non specifica tale affermazione. Nel suo primo enunciato su questo tema, egli non precisa ancora per quali compiti concreti è necessaria oppure indispensabile tale continenza volontaria, nel realizzare il regno di Dio sulla terra e nel prepararne il futuro compimento. Qualche cosa di più sentiremo a questo proposito da Paolo di Tarso (cfr 1 Cor passim) e il resto sarà completato dalla vita della Chiesa nel suo svolgimento storico, portato dalla corrente dell’autentica Tradizione.

4. Nell’enunciato di Cristo sulla continenza “per il Regno dei cieli” non troviamo alcun indizio più dettagliato di come intendere quello stesso “regno” - sia quanto alla sua realizzazione terrena, sia quanto al suo definitivo compimento - nella sua specifica ed “eccezionale” relazione con coloro che per esso “si fanno” volontariamente “eunuchi”.


Né si dice mediante quale aspetto particolare della realtà che costituisce il regno, gli vengano associati coloro che si sono fatti liberamente “eunuchi”. È noto, infatti, che il Regno dei cieli è per tutti: sono in relazione con esso sulla terra (e in cielo) anche coloro che “prendono moglie e prendono marito”. Per tutti esso è la “vigna del Signore”, in cui qui, sulla terra, devono lavorare; ed è, in seguito, la “casa del Padre”, in cui devono trovarsi nell’eternità. Che cosa è, quindi, quel Regno per coloro che in vista di esso scelgono la continenza volontaria?

5. A questi interrogativi non troviamo per ora nell’enunciato di Cristo, riportato da Matteo (cfr Mt 19,11-12), alcuna risposta.Sembra che ciò corrisponda al carattere di tutto l’enunciato. Cristo risponde ai suoi discepoli, in modo da non rimanere in linea con il loro pensiero e le loro valutazioni, in cui si nasconde, almeno indirettamente, un atteggiamento utilitaristico nei riguardi del matrimonio (“Se questa è la condizione non conviene sposarsi”: Mt 19,10). Il Maestro si distacca esplicitamente da tale impostazione del problema, e perciò, parlando della continenza “per il Regno dei cieli”, non indica perché vale la pena, in questa maniera, rinunciare al matrimonio, affinché quel “conviene” non suoni agli orecchi dei discepoli con qualche nota utilitaristica. Dice soltanto che tale continenza è alle volte richiesta, se non indispensabile, per il regno di Dio. E con questo indica che essa costituisce, nel Regno che Cristo predica e al quale chiama, un valore particolare in se stessa. Coloro che la scelgono volontariamente debbono sceglierla per riguardo a quel suo valore, e non in conseguenza di qualsiasi altro calcolo.

6. Questo tono essenziale della risposta di Cristo, che si riferisce direttamente alla stessa continenza “per il Regno dei cieli”, può essere riferito, in modo indiretto, anche al precedente problema del matrimonio (cfr Mt 19,3-9). Prendendo quindi in considerazione l’insieme dell’enunciato (cfr Mt 19,3-11), secondo l’intenzione fondamentale di Cristo, la risposta sarebbe la seguente: se qualcuno sceglie il matrimonio, deve sceglierlo così come è stato istituito dal Creatore “dal principio”, deve cercare in esso quei valori che corrispondono al piano di Dio; se, invece, qualcuno decide di seguire la continenza per il Regno dei cieli, vi deve cercare i valori propri di tale vocazione. In altri termini: deve agire conformemente alla vocazione prescelta.

7. Il “Regno dei cieli” è certamente il compimento definitivo delle aspirazioni di tutti gli uomini, ai quali Cristo rivolge il suo messaggio: è la pienezza del bene, che il cuore umano desidera oltre i limiti di tutto ciò che può essere sua porzione nella vita terrena, è la massima pienezza della gratificazione per l’uomo da parte di Dio. Nel colloquio con i Sadducei (cfr Mt 22,24-30 Mc 12,18-27 Lc 20,27-40), che abbiamo precedentemente analizzato, troviamo altri particolari su quel “regno”, ossia sull’“altro mondo”. Ancor più ce ne sono in tutto il Nuovo Testamento. Sembra, tuttavia, che per chiarire che cosa sia il Regno dei cieli per coloro che a motivo di esso scelgono la continenza volontaria, abbia un significato particolare la rivelazione del rapporto sponsale di Cristo con la Chiesa: tra gli altri testi, quindi, è decisivo quello della lettera agli Efesini 5, 25 ss., su cui ci converrà soprattutto fondarci, quando prenderemo in considerazione il problema della sacramentalità del matrimonio.

Quel testo è ugualmente valido sia per la teologia del matrimonio sia per la teologia della continenza “per il Regno”, cioè la teologia della verginità o del celibato. Pare che proprio in quel testo troviamo quasi concretizzato ciò che Cristo aveva detto ai suoi discepoli, invitando alla continenza volontaria “per il Regno dei cieli”.

8. In questa analisi è stato già sufficientemente sottolineato che le parole di Cristo - con tutta la loro grande concisione - sono fondamentali, piene di contenuto essenziale e inoltre caratterizzate da una certa severità. Non c’è dubbio che Cristo pronuncia la sua chiamata alla continenza nella prospettiva dell’“altro mondo”, ma in questa chiamata pone l’accento su tutto ciò in cui si esprime il realismo temporale della decisione a una tale continenza, decisione collegata con la volontà di partecipare all’opera redentrice di Cristo.

Così dunque, alla luce delle rispettive parole di Cristo riportate da Matteo (cfr Mt 19,11-12), emergono soprattutto la profondità e la serietà della decisione di vivere nella continenza “per il regno”, e trova espressione il momento della rinuncia che tale decisione implica.

Indubbiamente, attraverso tutto ciò, attraverso la serietà e profondità della decisione, attraverso la severità e la responsabilità che essa comporta, traspare e traluce l’amore: l’amore come disponibilità del dono esclusivo di sé per il “regno di Dio”.Tuttavia, nelle parole di Cristo tale amore sembra essere velato da ciò che è invece posto in primo piano. Cristo non nasconde ai suoi discepoli il fatto che la scelta della continenza “per il Regno dei cieli” è - vista nelle categorie della temporalità - una rinuncia. Quel modo di parlare ai discepoli, che formula chiaramente la verità del suo insegnamento e delle esigenze contenute in esso, è significativo per tutto il Vangelo; ed è appunto esso a conferirgli, tra l’altro, un marchio e una forza così convincenti.

9. È proprio del cuore umano accettare esigenze, perfino difficili, in nome dell’amore per un ideale e soprattutto in nome dell’amore verso la persona (l’amore, infatti, è per essenza orientato verso la persona). E perciò in quella chiamata alla continenza “per il Regno dei cieli”, prima gli stessi discepoli e poi tutta la viva Tradizione della Chiesa scopriranno presto l’amore che si riferisce a Cristo stesso come Sposo della Chiesa, Sposo delle anime, alle quali egli ha donato se stesso sino alla fine, nel mistero della sua Pasqua e dell’Eucaristia.

In tal modo la continenza “per il Regno dei cieli”, la scelta della verginità o del celibato per tutta la vita, è divenuta nell’esperienza dei discepoli e dei seguaci di Cristo l’atto di una risposta particolare dell’amore dello Sposo Divino, e perciò ha acquisito il significato di un atto di amore sponsale: cioè di una donazione sponsale di sé, al fine di ricambiare in modo particolare l’amore sponsale del Redentore; una donazione di sé intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per amore.

Ai fedeli di lingua francese



Ai fedeli di lingua inglese



Ai fedeli di lingua tedesca



Ai fedeli di espressione spagnola

Ai pellegrini di lingua portoghese



Ai fedeli italiani

Fratelli e sorelle carissimi dell’arcidiocesi di Otranto!

Il 5 ottobre del 1980 son venuto pellegrino nella vostra illustre città per venerare i beati Martiri che, cinque secoli fa, furono uccisi per non aver voluto rinnegare il Cristo. Oggi, una numerosa e qualificata rappresentanza della vostra arcidiocesi è qui presente al fine di manifestarmi la propria riconoscenza per quella mia visita pastorale.

Sono sinceramente lieto di rivedervi e di salutarvi con cordiale affetto. E mi piace ricordare il vostro Arcivescovo Monsignor Vincenzo Franco; e con lui, Monsignor Nicola Riezzo, fino ad un anno fa vostro Pastore, il quale organizzò con grande amore e con degno decoro quella solenne celebrazione; saluto anche il Sindaco di Otranto con la Giunta Comunale; i Sindaci delle varie Città dell’ambito della vostra arcidiocesi; i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi, i giovani e i ragazzi.

È tutta la vostra Comunità che ha voluto in maniera pubblica proclamare oggi, qui, presso la tomba del Principe degli apostoli quella fede cristiana che illumina le vostre menti, riscalda i vostri cuori ed orienta la vostra vita quotidiana.

Sull’esempio luminoso dei vostri gloriosi Martiri la vostra vita sia sempre in coerente sintonia col messaggio evangelico, che ha permeato e continua a permeare, la storia della vostra terra.

La mia benedizione apostolica vi sia di conforto e di sostegno.
* * *


Desidero, poi, rivolgere un particolare saluto al pellegrini delle diocesi di Termoli e Larino che assieme alle autorità civili, sono pure qui convenuti sotto la guida del loro Vescovo.

Carissimi,


le vostre contrade, nel corso dei secoli hanno saputo ospitare genti di razze e culture diverse, diventando segno di quella accoglienza allo straniero come al fratello, che il Signore chiede ai suoi discepoli.

So che il Vescovo sta per iniziare la Visita Pastorale. Vi esorto ad accoglierlo con la fiducia dei figli verso il padre, e ad impegnarvi per un salutare rinnovamento della vita cristiana delle vostre comunità diocesane.

Benedico ora volentieri la prima pietra della nuova Chiesa intitolata a san Pietro apostolo, che sarà costruita a Termoli, e di cuore benedico tutti voi ed i vostri cari.
* * *


Un particolare saluto vada ora ai partecipanti al Corso per architetti, ingegneri e liturgisti, promosso dalla Pontificia Commissione per l’Arte Sacra in Italia. Nell’esprimere il mio compiacimento per l’opportuna iniziativa, porgo ai convenuti l’augurio di fruttuoso lavoro e a tutti imparto di cuore la mia apostolica benedizione.
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Saluto ora i 200 Fratelli appartenenti a diverse Comunità religiose i quali sono convenuti a Roma per prendere parte ad un Convegno sulla vocazione religiosa del Fratello negli Istituti clericali. Carissimi, vi esprimo il mio apprezzamento per la preziosa collaborazione che voi offrite e, soprattutto, per lo spirito soprannaturale col quale date testimonianza della vostra fede.
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Saluto pure con affetto la delegazione del Comune di Legnano, che è presente col Parroco ed il Sindaco. Carissimi, vi esorto a mantener fede ai valori civici e religiosi, in cui si sono distinti i vostri antenati e benedico di cuore voi e tutti i vostri cari.
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Estendo il mio saluto anche al pellegrinaggio proveniente da Levada, parrocchia della diocesi di Treviso, che celebra quest’anno il millennio della sua fondazione.


Ad essi ed a tutta la popolazione di Levada va la mia apostolica benedizione.
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Saluto ora i giovani presenti a questa Udienza perché, forti nella fede, lieti nella speranza e generosi nel quotidiano impegno della carità, sappiano testimoniare Cristo risorto con l’entusiasmo che, in questo momento, ne caratterizza la presenza tanto numerosa. Li accompagni la mia benedizione.
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Particolarmente numeroso oggi è il gruppo degli ammalati, fra i quali i partecipanti al pellegrinaggio dell’UNITALSI della diocesi di Macerata, accompagnato dal Vescovo.

A voi, cari ammalati, rivolgo l’augurio: il Signore risorto sia con voi!

Il Signore vi benedica, insieme con i vostri familiari e con quanti, con amore e dedizione, vi assistono nelle vostre necessità.
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Un saluto infine alle coppie di giovani sposi, con l’augurio, accompagnato dal mio ricordo al Signore, perché sappiano costruire giorno per giorno la loro comunità familiare, così che sia davvero una piccola Chiesa domestica.


La preghiera alla Madonna di Jasna Góra



Questo il testo della preghiera del Papa in una nostra traduzione italiana.


Nel periodo della Pasqua la Chiesa in Polonia celebra le feste dei suoi principali patroni.

In questi giorni del mese di aprile: san Wojciech (sant’Adalberto), e poi, nel mese di maggio, san Stanislao. Ambedue sono riuniti intorno alla Madre di Dio a Jasna Góra, che il 3 maggio veneriamo come Regina della Polonia.

Desidero unire la mia preghiera del giubileo, che recito qui oggi mercoledì, in modo particolare alla preghiera che recitano i miei connazionali nell’anniversario dei loro santi patroni.

Desidero racchiudere in essa tutte le speranze e le sofferenze dei loro cuori nell’Anno del Signore 1982.

Sono passati ormai mille anni dal Battesimo di Mieszko, si avvicinano i mille anni dalla data in cui è venuto a noi il Vescovo Vojciech (Adalberto) da Praga e da Roma, per dare a Cristo la testimonianza definitiva subendo la morte dalle mani dei pagani, vicino alla foce del Baltico.

Vescovo e Martire!

La patria si è aperta largamente a questa testimonianza. Presso le reliquie del Martire è cresciuta la prima metropoli polacca di Gniezno. Si è formata la struttura portante della storia della Nazione e dello Stato.

Nei cuori degli uomini si è rafforzato il Vangelo della verità e della libertà. E continua a permanere. L’uomo non può vivere senza verità e libertà. Né la Nazione. Né lo Stato.

Tale è anche il senso di questi difficili mesi e giorni che vivo insieme con voi, cari connazionali, ai piedi della Signora di Jasna Góra, sulle storiche vie di san Wojciech (Adalberto).

Il prezzo della verità e della libertà dell’uomo appartiene al retaggio della Pasqua. Questo prezzo si è iscritto una volta per sempre nella Croce e Risurrezione di Cristo.

Cristo dice: abbiate fiducia, io ho vinto il mondo!





Mercoledì, 28 aprile 1982

28482


1. “Vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli”: così si esprime Cristo secondo il Vangelo di Matteo (
Mt 19,12).

È proprio del cuore umano accettare esigenze, perfino difficili, in nome dell’amore per un ideale e soprattutto in nome dell’amore verso una persona (l’amore infatti, per essenza, è orientato verso la persona). E perciò nella chiamata alla continenza “per il Regno dei cieli”, prima gli stessi Discepoli e poi tutta la viva Tradizione scopriranno presto quell’amore che si riferisce a Cristo stesso come Sposo della Chiesa e Sposo delle anime, alle quali egli ha donato se stesso sino alla fine, nel mistero della sua Pasqua e nell’Eucaristia. In tal modo, la continenza “per il Regno dei cieli”, la scelta della verginità o del celibato per tutta la vita, è divenuta nell’esperienza dei discepoli e dei seguaci di Cristo un atto di risposta particolare all’amore dello Sposo Divino e perciò ha acquisito il significato di un atto di amore sponsale, cioè di una donazione sponsale di sé, al fine di ricambiare in modo speciale l’amore sponsale del Redentore; una donazione di sé, intesa come rinuncia, ma fatta soprattutto per amore.

2. Abbiamo così ricavato tutta la ricchezza del contenuto, di cui è carico il pur conciso, ma insieme tanto profondo enunciato di Cristo sulla continenza “per il Regno dei cieli”; ma ora conviene prestare attenzione al significato che hanno queste parole per la teologia del corpo, così come abbiamo cercato di presentarne e ricostruirne i fondamenti biblici “dal principio”. Appunto l’analisi di quel “principio” biblico a cui Cristo si è riferito nel colloquio con i Farisei sul tema del matrimonio, della sua unità e indissolubilità (cfr Mt 19,3-9) - poco prima di rivolgere al suoi discepoli le parole sulla continenza “per il Regno dei cieli” (Mt 19,10-12) - ci consente di ricordare la profonda verità sul significato sponsale del corpo umano nella sua mascolinità e femminilità, come l’abbiamo dedotta a suo tempo dall’analisi dei primi capitoli della Genesi (cf. speciatim Gn 2,23-25). Proprio così occorreva formulare e precisare ciò che troviamo in quegli antichi testi.

3. La mentalità contemporanea si è abituata a pensare e parlare soprattutto dell’istinto sessuale, trasferendo sul terreno della realtà umana ciò che è proprio del mondo degli esseri viventi, gli “animalia”. Ora, una approfondita riflessione sul conciso testo del capitolo primo e secondo della Genesi ci permette di stabilire, con certezza e convinzione, che sin “dal principio” viene delineato nella Bibbia un limite molto chiaro e univoco tra il mondo degli animali (“animalia”) e l’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. In quel testo, pur molto breve relativamente, c’è tuttavia abbastanza spazio per dimostrare che l’uomo ha una chiara coscienza di ciò che lo distingue in modo essenziale da tutti gli esseri viventi (“animalia”).

4. Quindi, l’applicazione all’uomo di questa categoria, sostanzialmente naturalistica, che è racchiusa nel concetto e nell’espressione di “istinto sessuale”, non è del tutto appropriata ed adeguata. È ovvio che tale applicazione può avvenire in base ad una certa analogia; infatti, la particolarità dell’uomo nei confronti di tutto il mondo degli esseri viventi (“animalia”) non è tale che l’uomo, inteso dal punto di vista della specie, non possa essere fondamentalmente qualificato anche come “animal”, ma “animal rationale”. Perciò, nonostante questa analogia, l’applicazione del concetto di “istinto sessuale” all’uomo - data la dualità in cui egli esiste come maschio o femmina - limita tuttavia grandemente, e in certo senso “sminuisce”, ciò che è la stessa mascolinità-femminilità nella dimensione personale della soggettività umana. Limita e “sminuisce” anche ciò per cui ambedue, l’uomo e la donna, si uniscono così da esser una sola carne (cfr Gn 2,24). Per esprimere ciò in modo appropriato ed adeguato, bisogna servirsi anche di un’analisi diversa da quella naturalistica. Ed è proprio lo studio del “principio” biblico che ci obbliga a far questo in maniera convincente. La verità sul significato sponsale del corpo umano nella sua mascolinità e femminilità, dedotta dai primi capitoli della Genesi (cf. speciatim Gn 2,23-25), ossia la scoperta ad un tempo del significato sponsale del corpo nella struttura personale della soggettività dell’uomo e della donna, sembra essere in questo ambito un concetto chiave, e insieme il solo appropriato ed adeguato.

5. Orbene, appunto in relazione a questo concetto, a questa verità sul significato sponsale del corpo umano, bisogna rileggere ed intendere le parole di Cristo circa la continenza “per il Regno dei cieli”, pronunciate nell’immediato contesto di quel riferimento al “principio”, sul quale egli ha fondato la sua dottrina circa l’unità e l’indissolubilità del matrimonio. Alla base della chiamata di Cristo alla continenza sta non solo l’“istinto sessuale”, quale categoria di una necessità, direi, naturalistica, ma anche la consapevolezza della libertà del dono, che è organicamente connessa alla profonda e matura coscienza del significato sponsale del corpo, nella totale struttura della soggettività personale dell’uomo e della donna. Soltanto in relazione ad un tale significato della mascolinità e femminilità della persona umana, la chiamata alla continenza volontaria “per il Regno dei cieli” trova piena garanzia e motivazione. Soltanto ed esclusivamente in tale prospettiva Cristo dice: “Chi può capire, capisca” (Mt 19,12); con ciò, egli indica che tale continenza - sebbene in ogni caso sia soprattutto un “dono” - può essere anche “capita”, cioè ricavata e dedotta dal concetto che l’uomo ha del proprio “io” psicosomatico nella sua interezza, e in particolare della mascolinità e femminilità di questo “io” nel reciproco rapporto, che è come “per natura” inscritto in ogni soggettività umana.

6. Come ricordiamo dalle analisi precedenti, svolte in base al libro della Genesi (Gn 2,23-25), quel reciproco rapporto della mascolinità e femminilità, quel reciproco “per” dell’uomo e della donna può essere inteso in modo appropriato ed adeguato solo nell’insieme dinamico del soggetto personale. Le parole di Cristo in Matteo (cfr Mt 19,11-12) mostrano in seguito che quel “per”, presente “dal principio” alla base del matrimonio, può anche stare alla base della continenza “per” il Regno dei cieli! Poggiandosi sulla stessa disposizione del soggetto personale, grazie a cui l’uomo si ritrova pienamente attraverso un dono sincero di sé (Gaudium et Spes GS 24) l’uomo (maschio o femmina) è capace di scegliere la donazione personale di se stesso, fatta ad un’altra persona nel patto coniugale, in cui essi divengono “una sola carne”, ed è anche capace di rinunciare liberamente a tale donazione di sé ad un’altra persona, affinché, scegliendo la continenza “per il Regno dei cieli”, possa donare se stesso totalmente a Cristo. In base alla stessa disposizione del soggetto personale e in base allo stesso significato sponsale dell’essere, in quanto corpo, maschio o femmina, può plasmarsi l’amore che impegna l’uomo al matrimonio nella dimensione di tutta la vita (cfr Mt 19,3-10), ma può anche plasmarsi l’amore che impegna l’uomo per tutta la vita alla continenza “per il Regno dei cieli” (cfr Mt 19,11-12). Proprio di questo parla Cristo nell’insieme del suo enunciato, rivolgendosi ai Farisei (cfr Mt 19,3-10) e poi ai Discepoli (cfr Mt 19,11-12).

7. È evidente che la scelta del matrimonio, così come esso è stato istituito dal Creatore “da principio”, suppone la presa di coscienza e l’accettazione interiore del significato sponsale del corpo, collegato con la mascolinità e femminilità della persona umana. Proprio questo infatti è espresso in modo lapidario nei versetti del libro della Genesi. Nell’ascoltare le parole di Cristo, rivolte ai Discepoli sulla continenza “per il Regno dei cieli” (cfr Mt 19,11-12), non possiamo pensare che quel secondo genere di scelta possa esser fatto in modo cosciente e libero senza un riferimento alla propria mascolinità o femminilità ed a quel significato sponsale, che è proprio dell’uomo appunto nella mascolinità o femminilità del suo essere soggetto personale. Anzi, alla luce delle parole di Cristo, dobbiamo ammettere che quel secondo genere di scelta, cioè la continenza per il regno di Dio, si attua pure in rapporto alla mascolinità o femminilità propria della persona che fa tale scelta; si attua in base alla piena coscienza di quel significato sponsale, che la mascolinità e la femminilità contengono in sé. Se tale scelta si attuasse per via di un qualche artificioso “prescindere” da questa reale ricchezza di ogni soggetto umano, essa non risponderebbe in modo appropriato ed adeguato al contenuto delle parole di Cristo in Matteo 19, 11-12.

Cristo richiede qui esplicitamente una piena comprensione, quando dice: “Chi può capire, capisca” (Mt 19,12).

Ai pellegrini di lingua francese


Ai pellegrini di lingua inglese


Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai fedeli di espressione portoghese



Ai suoi connazionali


Ed ecco le parole del Papa ai Polacchi in una nostra traduzione italiana.

“Per la libertà nostra e vostra”.

Queste parole - ben conosciute dalla iscrizione sulle bandiere polacche - mi sono venute in mente, la domenica dell’ottava di Pasqua mentre mi trovavo a Bologna. Tornando dal cimitero dei caduti nella seconda guerra mondiale, verso il centro della città, ho letto sopra una strada la seguente iscrizione:

“Per questa via entrarono i soldati polacchi portandoci la libertà”. Per la stessa via tu ci porti la fede!

Desidero manifestare dinanzi alla Signora di Jasna Góra che queste parole mi hanno scosso profondamente, questa testimonianza della viva memoria dopo quasi quaranta anni, ed insieme il cordiale invito.

Oggi, inginocchiato spiritualmente a Jasna Góra, ripeto queste parole dinanzi a voi tutti, miei connazionali, che mi ascoltate.


Per la libertà “nostra e vostra” i polacchi perirono sui vari fronti del mondo. Quanti sono caduti durante la seconda guerra mondiale? Hanno combattuto per la giusta causa a fianco degli alleati. Quanti di loro non hanno trovato posto nella Patria!

Quanti sono emigrati!

Oggi mentre la nostra Nazione attraversa una nuova prova, gridiamo ad alta voce dinanzi a te, Madre di Jasna Góra:

in Polonia non può mancare posto per i polacchi!

Ogni uomo ha diritto alla sua Patria, nessuno può essere condannato ad emigrare.

Signora di Jasna Góra!

Ancora una volta, nel corso di questi difficili mesi, grido a te, affinché tu prenda in difesa i diritti dei miei Connazionali.

Ai gruppi di lingua italiana.

Desidero ora porgere il mio saluto a vari Gruppi di pellegrini italiani presenti all’Udienza.

In primo luogo alla rappresentanza dell’Associazione Nazionale Alpini, che mi ha portato l’ossequio di tutti gli Alpini d’Italia, in occasione della centocinquantesima Adunata che si terrà prossimamente a Bologna; e con essi saluto i Membri dell’Associazione dei Commercianti di Via Borgognona, ringraziandoli di cuore per il simpatico omaggio dell’Ulivo d’Oro.
* * *



Rivolgo poi un saluto particolarmente affettuoso al pellegrinaggio del Centro di Riabilitazione Psico-motoria di Valdagno ea tutti i malati: benedico con grande effusione voi, cari infermi, e tutti coloro che vi amano e vi aiutano. Soprattutto vi raccomando a Maria santissima: il mese di maggio, che presto inizieremo, porti a tutti consolazione e coraggio nel compiere la volontà di Dio per la salvezza del mondo.
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Una speciale parola va anche al pellegrinaggio della parrocchia di santa Lucia in Taranto, organizzato a coronamento della “missione del popolo” ivi svoltasi recentemente; come pure ai giovani della parrocchia dei santi Filippo e Giacomo in Giussano (Milano), venuti a Roma per commemorare il cinquantesimo di erezione della loro Chiesa parrocchiale. Accendo volentieri la fiaccola che è stata portata “come simbolo di fede e di comunione”, e prendo l’occasione per augurare a voi, e a tutti i giovani presenti all’Udienza di far sempre risplendere nelle opere la luce della Verità e della Carità.
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Infine intendo salutare gli Sposi novelli, che, venendo a Roma, hanno dato, con quest’atto di fede e di devozione, una particolare e significativa impronta alla loro nuova vita a due, appena iniziata. Consacrate alla Madonna i vostri ideali e i vostri propositi, in modo da mantenere con il suo aiuto sempre vivi e fermi gli impegni assunti con il sacramento del Matrimonio.




Catechesi 79-2005 14482