Catechesi 79-2005 50582

Mercoledì, 5 maggio 1982

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1. Nel rispondere alle domande dei Farisei sul matrimonio e la sua indissolubilità, Cristo si è riferito al “principio”, cioè alla sua originaria istituzione da parte del Creatore. Dato che i suoi interlocutori si sono richiamati alla legge di Mosè, che prevedeva la possibilità della cosiddetta “lettera di ripudio”, egli rispose: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così” (
Mt 19,8).

Dopo il colloquio con i Farisei, i discepoli di Cristo si sono rivolti a lui con le seguenti parole: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi. Egli rispose loro: Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei cieli. Chi può capire, capisca” (Mt 19,10-20).

2. Le parole di Cristo alludono indubbiamente ad una cosciente e volontaria rinuncia al matrimonio. Tale rinuncia è possibile soltanto quando si ammette un’autentica coscienza di quel valore che è costituito dalla disposizione sponsale della mascolinità e femminilità al matrimonio. Perché l’uomo possa essere pienamente consapevole di ciò che sceglie (la continenza per il Regno), deve essere anche pienamente consapevole di ciò a cui rinuncia (si tratta qui proprio della coscienza del valore in senso “ideale”; nondimeno questa coscienza è del tutto “realistica”). Cristo esige certamente, in questo modo, una scelta matura. Lo comprova, senza alcun dubbio, la forma in cui viene espressa la chiamata alla continenza per il Regno dei cieli.

3. Ma non basta una rinuncia pienamente consapevole al suddetto valore. Alla luce delle parole di Cristo, come pure alla luce di tutta l’autentica tradizione cristiana, è possibile dedurre che tale rinuncia è ad un tempo una particolare forma di affermazione di quel valore, da cui la persona non sposata si astiene coerentemente, seguendo il consiglio evangelico. Ciò può sembrare un paradosso. È noto, tuttavia, che il paradosso accompagna numerosi enunciati del Vangelo, e spesso quelli più eloquenti e profondi. Accettando un tale significato della chiamata alla continenza “per Regno dei cieli”, traiamo una conclusione corretta, sostenendo che la realizzazione di questa chiamata serve anche - e in modo particolare - alla conferma del significato sponsale del corpo umano nella sua mascolinità e femminilità. La rinuncia al matrimonio per il regno di Dio mette in evidenza al tempo stesso quel significato in tutta la sua verità interiore e in tutta la sua personale bellezza. Si può dire che questa rinuncia da parte delle singole persone, uomini e donne, sia in un certo senso indispensabile, affinché lo stesso significato sponsale del corpo sia più facilmente riconosciuto in tutto l’ethos della vita umana e soprattutto nell’ethos della vita coniugale e familiare.


4. Così, dunque, sebbene la continenza “per il Regno dei cieli” (la verginità, il celibato) orienti la vita delle persone che la scelgono liberamente al di fuori della via comune della vita coniugale e familiare, tuttavia non rimane senza significato per questa vita: per il suo stile, il suo valore e la sua autenticità evangelica. Non dimentichiamo che l’unica chiave per comprendere la sacramentalità del matrimonio è l’amore sponsale di Cristo verso la Chiesa (cfr Ep 5,22-23): di Cristo figlio della vergine, il quale era lui stesso vergine, cioè “eunuco per il Regno dei cieli”, nel senso più perfetto del termine. Ci converrà riprendere questo argomento più tardi.

5. Alla fine di queste riflessioni rimane ancora un problema concreto: in che modo nell’uomo, a cui “è stata concessa” la chiamata alla continenza per il Regno, tale chiamata si forma sulla base della coscienza del significato sponsale del corpo nella sua mascolinità e femminilità, e, in più, come frutto di tale coscienza? In quale modo si forma o piuttosto si “trasforma”? Questa domanda è parimente importante, sia dal punto di vista della teologia del corpo, sia dal punto di vista dello sviluppo della personalità umana, che è di carattere personalistico e carismatico insieme. Se volessimo rispondere a tale domanda in modo esauriente - nella dimensione di tutti gli aspetti e di tutti i problemi concreti, che essa racchiude - bisognerebbe fare uno studio apposito sul rapporto tra il matrimonio e la verginità e tra il matrimonio e il celibato. Questo però oltrepasserebbe i limiti delle presenti considerazioni.

6. Rimanendo nell’ambito delle parole di Cristo secondo Matteo (Mt 19,11-12), occorre concludere le nostre riflessioni con l’affermare ciò che segue. Primo: se la continenza “per il Regno dei cieli” significa indubbiamente una rinuncia, tale rinuncia è ad un tempo una affermazione: quella che deriva dalla scoperta del “dono”, cioè ad un tempo dalla scoperta di una nuova prospettiva della realizzazione personale di se stessi “attraverso un dono sincero di sé” (Gaudium et Spes GS 24); questa scoperta sta allora in una profonda armonia interiore con il senso del significato sponsale del corpo, collegato “dal principio” alla mascolinità o femminilità dell’uomo quale soggetto personale. Secondo: sebbene la continenza “per il Regno dei cieli” si identifichi con la rinuncia al matrimonio - che nella vita di un uomo e di una donna dà inizio alla famiglia -, non si può in alcun modo vedere in essa una negazione del valore essenziale del matrimonio; anzi, al contrario, la continenza serve indirettamente a porre in rilievo ciò che nella vocazione coniugale è perenne e più profondamente personale, ciò che nelle dimensioni della temporalità (ed insieme nella prospettiva dell’“altro mondo”) corrisponde alla dignità del dono personale, collegato al significato sponsale del corpo nella sua mascolinità o femminilità.

7. In tal modo, la chiamata di Cristo alla continenza “per il Regno dei cieli”, giustamente associata al richiamo alla futura risurrezione (cfr Mt 21,24-30 Mc 12,18-27 Lc 20,27-40), ha un significato capitale non soltanto per l’ethos e la spiritualità cristiana, ma anche per l’antropologia e per tutta la teologia del corpo, che scopriamo alle sue basi. Ricordiamo che Cristo, richiamandosi alla risurrezione del corpo nell’“altro mondo”, disse, secondo la versione dei tre Vangeli Sinottici: “Quando risusciteranno dai morti . . . non prenderanno moglie né marito . . .” (Mc 12,25). Queste parole, già prima analizzate, fanno parte dell’insieme delle nostre considerazioni sulla teologia del corpo e contribuiscono alla sua costruzione.

Ai pellegrini di lingua francese

Ai fedeli di espressione inglese


Ai pellegrini di lingua tedesca

Ai fedeli di espressione spagnola

Ai fedeli portoghesi


Ai pellegrini polacchi

Ecco una traduzione italiana della Preghiera del Papa alla Madonna di Jasna Góra.

Signora di Jasna Góra! Il 3 maggio ti veneriamo come la Regina della Polonia. Come Regina della Polonia sei la principale patrona della nostra Patria insieme a sant’Adalberto e a san Stanislao.

Come Regina della Polonia ti invochiamo, o Genitrice di Dio, dall’anno 1656, quando il re polacco Giovanni Casimiro, dopo il memorabile “diluvio”, ti chiamò con questo appellativo mettendo “sotto la tua protezione” il suo Regno terreno.


In questo modo tu, che sei entrata nella nostra storia sin dagli inizi del millennio della Polonia, permani in essa, da oltre tre secoli, come la Regina della Polonia.

La prepotenza conquistatrice è riuscita a cancellare, per un periodo di più di un secolo, lo Stato polacco, la Repubblica dalle carte di Europa. Tuttavia la Regina della Polonia nemmeno per un momento ha smesso di regnare sui polacchi. La Polonia esisteva grazie alla sua Regina.

Il giorno 3 maggio ci ricorda la data della proclamazione della grande, moderna Costituzione del 1791, quindi proprio negli ultimi anni della prima Repubblica.

Allo stesso giorno si collega la solennità della Regina della Polonia. Come se volessimo imprimere nel Cuore della Madre questo avvenimento, che - nonostante tutte le apparenze - ha lavorato senza intervallo in favore dell’indipendenza della Nazione. Quando con la violenza le si toglieva la vita, questa vita iscritta profondamente nel Cuore della Madre doveva maturare di nuovo, malgrado la violenza.

O Signora di Jasna Góra! Sii costantemente con noi!

Imprimi sempre nuove date nel tuo materno Cuore, Regina della Polonia. Iscrivi in esso i nostri presenti giorni di nuovo difficili. Diventino essi un inizio sempre nuovo della vita dei polacchi.

Ai gruppi italiani

Ai pellegrini di lingua italiana, intervenuti oggi in gruppi tanto significativi, rivolgo anzitutto un pensiero derivante dalla Liturgia odierna: “Il Signore è nostra vita, nostra gloria e nostra felicità, a condizione che gli siamo fedeli, che speriamo nelle sue promesse”.
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Ecco, carissimi giovani, che fate parte del Movimento dei Cenacoli Vocazionali dei Padri Rogazionisti, un programma per voi. Cercate prima il Regno di Dio, regno di bontà, di generosità, di fiducia, e tutte le vostre aspirazioni troveranno autentico coronamento. Con voi e con tutti i giovani, il Papa vuol percorrere un tale cammino di speranza e vi accompagna con la sua preghiera.
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Cari ammalati, vi accolgo con questo saluto: “La luce del Risorto sia con voi”. Egli nel Vangelo di oggi ha detto: “Io come luce sono venuto nel mondo” (Jn 12,45). Solo a questa luce acquistano senso e valore le vostre sofferenze unite alle sue. In particolare, rivolgo un affettuoso benvenuto agli ospiti dell’Istituto “Santa Caterina” di Collesalvetti, fondato e diretto dal Centro Femminile Italiano di Pisa, accompagnati dai loro assistenti e da un gruppo di fedeli della parrocchia; agli ammalati della Sezione UNITALSI di Codogno; ai gruppi di “audiolesi” degli Istituti “Assarotti” di Chiavari ed “Annibale di Francia” di Faro Superiore.

Alla preghiera di tutti gli ammalati raccomando il frutto spirituale del mio prossimo pellegrinaggio a Fatima.
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Alle coppie di giovani sposi rivolgo ora l’augurio che la gioia pasquale, gioia del cuore riconciliato con Dio, allieti ogni giorno il loro focolare, auspice la Vergine santissima.
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Il mio pensiero va ora agli Ufficiali e Soldati del 73° Battaglione Fanteria di Arresto “Lombardia”. Vi auguro che le vostre giovinezze, garanzia di speranza per la Patria, siano sempre illuminate da sani principi morali e da propositi di lieta generosità.
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Agli insegnanti e studenti del Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino si dirige il mio grazie per la loro esecuzione, con l’auspicio che, dopo la tremenda sciagura del terremoto, la loro sede sorga più grandiosa e con essa maturino i nobili intendimenti di servire, mediante l’arte, la vocazione trascendente dell’uomo.
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Da ultimo saluto i Dirigenti di Aziende Idriche di diversi Paesi, che partecipano al Corso promosso dal Ministero degli Esteri Italiano ed affidato all’ACEA di Roma. Nel compiacermi per l’opportuna iniziativa, porgo ad essi l’augurio di un fruttuoso lavoro, in vista del bene comune delle loro dilette Nazioni. Su tutti invoco copiosi i conforti della protezione divina, di cui vuol essere pegno la mia benedizione.
Per le vittime del conflitto in atto tra Argentina e Gran Bretagna


Siamo tutti profondamente colpiti e addolorati per le tristi notizie, che stanno giungendo sugli sviluppi del conflitto anglo-argentino nell’Atlantico australe.

Uniamoci, fratelli e sorelle, nella preghiera al Signore per le vittime dell’una e dell’altra parte; e per la pace, affinché la buona volontà trionfi su tutte le difficoltà che si frappongono al suo ristabilimento e perché l’azione che il Segretario Generale dell’ONU ha annunciato di stare svolgendo sia pienamente coronata dal successo che tutti auspichiamo.

Maria, Regina della Pace, presenti al Signore le nostre suppliche e le avvalori con la sua onnipotente intercessione!


Mercoledì, 12 maggio 1982

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Carissimi fratelli e sorelle.

1. Siate i benvenuti! Sono lieto di potermi incontrare con voi anche stamane, prima di intraprendere il pellegrinaggio a Fatima, in Portogallo, ove conto di giungere stasera per essere in quel Santuario domani, anniversario della prima apparizione della Madonna nell’ormai lontano 1917, ed anniversario della vicenda, per me particolarmente significativa, che si verificò in questa Piazza il 13 maggio 1981.

Vi saluto tutti cordialmente e, mentre invoco su ciascuno i doni di letizia e di pace, che Cristo risorto ha recato nel mondo, vi invito ad unirvi con me nella preghiera, per ottenere da Dio copiose benedizioni su questo viaggio apostolico, che mi porterà in mezzo ad un popolo di antica e profonda tradizione cattolica, che ha offerto, nel corso dei secoli, tante espressioni vive di civiltà e di santità.

Vado incontro ai generosi figli del Portogallo, spinto dal desiderio di testimoniare la mia stima ed il mio affetto e, al tempo stesso, di “comunicare loro qualche dono spirituale, perché ne siano fortificati” (cfr
Rm 1,11). Vado, in particolare, come pellegrino di fraternità e di pace nella terra che la Vergine ha prescelto per lanciare al mondo il suo accorato appello alla preghiera, alla conversione e alla penitenza.

2. Non è infatti solo per esprimere la mia gratitudine alla Madonna che mi reco a Fatima in pellegrinaggio. Vado in quel luogo benedetto anche per ascoltare nuovamente, a nome della Chiesa intera, il messaggio risonato 65 anni or sono sulle labbra della Madre comune, preoccupata per le sorti dei suoi figli. Quel messaggio si rivela oggi più attuale e più urgente che mai. Come non sentirsi, infatti, sgomenti di fronte al dilagare del secolarismo e del permissivismo, che tanto gravemente insidiano i valori fondamentali della norma morale cristiana?

Ci opprime inoltre la triste visione di tanti fratelli e sorelle che sulla terra muoiono di fame, di malattia, di droga; ci amareggia la constatazione del fascino tenebroso che ancora esercitano sul cuore umano le varie forme di violenza; ci sconvolge, in particolare, il dover prendere atto della facilità con cui, anche oggi, si cede all’illusione che dalla guerra possa nascere una pace giusta e duratura. Quando giungeranno gli uomini a comprendere che la loro dignità è degradata ogni volta che non si fa tutto ciò che è possibile affinché trionfi e regni fra i Popoli e le Nazioni la pace?

Con questi pensieri e con queste ansie nel cuore mi inginocchierò ai piedi di Maria, per implorare la sua intercessione materna e per offrirle, al tempo stesso, in nome di tutti i figli della Chiesa, la promessa della preghiera, del pentimento, della riparazione. Nutro fiducia che questo mio gesto valga a risvegliare nei credenti un rinnovato senso di responsabilità, inducendo ciascuno ad interrogarsi lealmente sulla propria coerenza con i valori del Vangelo.


Nell’impartire ora la mia benedizione a voi qui presenti ed a quanti vi sono cari, esorto tutti ad intensificare la propria devozione alla Madonna, specialmente durante questo mese di Maggio, che la pietà dei fedeli ha voluto a lei consacrare.

Vi esorto ad accompagnarmi con le vostre preghiere.

Ai fedeli di espressione francese

Ai pellegrini di lingua inglese

Agli abitanti di Chicago


Ai fedeli di lingua tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola

Ai fedeli di lingua portoghese



Ai suoi connazionali

Ed ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana.

“Tu splendido onore della nostra gente” (Jdt 15,9).

“Di fronte all’umiliazione della nostra stirpe, hai sollevato il nostro abbattimento comportandoti rettamente davanti al nostro Dio” (Jdt 13,20).

Queste parole del libro di Giuditta mi sarà dato di pronunciare domani, 13 maggio, durante la solenne celebrazione liturgica a Fatima.

Le parole del libro di Giuditta sono recitate a Jasna Góra e in tutta la Polonia nella solennità di Maria Regina della Polonia.

Esse costituiscono per me, durante il pellegrinaggio a Fatima, come un vivo vincolo con il giubileo chiaromontano di quest’anno.

Colei che è “splendido onore della nostra gente” ci aiuti a sopportare con la dovuta dignità ogni umiliazione, si opponga alla distruzione di ciò che è vero, buono e nobile nel nostro passato e nel presente.




Mercoledì, 19 maggio 1982

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1. Dal 12 al 15 maggio corrente mi è stato dato, con l’aiuto di Dio, di compiere il pellegrinaggio in Portogallo, aderendo all’invito già da tempo ricevuto da parte sia del Presidente della Repubblica e delle Autorità statali, sia dell’Episcopato e della Chiesa in quel Paese di grande tradizione cattolica.

Lo scopo del pellegrinaggio era, innanzitutto, Fatima, dove mi sentivo chiamato in modo particolare a seguito dell’attentato alla mia persona del 13 maggio dell’anno scorso. Già molte volte ho detto che solo alla misericordia di Dio ed alla particolare protezione della Madre di Cristo devo la salvezza della mia vita e la possibilità dell’ulteriore servizio alla Sede di Pietro. In secondo luogo, questo pellegrinaggio, così come gli altri, mi ha permesso di rafforzare, mediante la visita alla Chiesa in Portogallo, quei legami di unità con i quali dall’inizio essa è unita alla Chiesa universale attraverso la comunione con il Vescovo di Roma: questi medesimi legami ho trovato molto vivi e molto cordiali nel corso della mia visita.

2. Il pellegrinaggio a Fatima era un bisogno del cuore e, nello stesso tempo, una manifestazione della via che segue la Chiesa, alla fine di questo secolo, come Popolo di Dio legato all’umanità intera con il senso di una particolare responsabilità per il mondo contemporaneo.

Il messaggio che nell’anno 1917 è venuto da Fatima, considerato alla luce dell’insegnamento della fede, contiene in sé l’eterna verità del Vangelo, come particolarmente applicata al bisogni della nostra epoca.

L’invito alla conversione ed alla penitenza è la prima e fondamentale parola del Vangelo. Essa non va mai in prescrizione, e nel nostro secolo assume dimensioni particolari dinanzi alla crescente consapevolezza della lotta più che mai profonda tra le forze del bene e del male nel nostro mondo umano. Questo è anche il punto centrale della sollecitudine della Chiesa come testimoniano le voci dei Pastori che hanno indicato “la riconciliazione e la penitenza” come il tema più attuale, affidandone per questo la trattazione alla prossima sessione del Sinodo dei Vescovi.

La minaccia da parte delle forze del male proviene in particolare dagli errori diffusi proprio nel nostro secolo, errori che si appoggiano sulla negazione di Dio e mirano a staccare completamente da lui l’umanità, impostando la vita umana senza Dio e perfino contro Dio. Nel cuore stesso del messaggio che è uscito all’inizio del nostro secolo da Fatima, si trova una penetrante messa in guardia da questi errori. Le semplici parole, rivolte a semplici bambini di campagna, sono piene del senso della grandezza e della santità di Dio, e dell’ardente desiderio della venerazione e dell’amore dovuto a Dio solo.


Da ciò anche l’invito ad avvicinarci di nuovo a questa Santità Misericordiosa mediante l’atto di consacrazione. Il Cuore della Madre di Cristo, che è più vicino alla sorgente di questa Santità Misericordiosa, desidera avvicinare ad esso tutti i cuori: ogni uomo e l’umanità intera, le singole Nazioni e tutto il mondo.

3. È difficile non accogliere sempre di nuovo questa grazia e questo invito. Lo ha fatto quaranta e trenta anni fa il Papa Pio XII. Paolo VI si è richiamato all’atto del suo predecessore prima durante il Concilio, poi durante il suo pellegrinaggio a Fatima nell’anno 1967. Egli inoltre, dal tempo del Concilio, ha cominciato a chiamare Maria col titolo di Madre della Chiesa, il che ha trovato espressione anche nella Professione di Fede (Credo) del Popolo di Dio.

Il Concilio ha sviluppato la coscienza della Chiesa, riferendosi, nella costituzione dogmatica Lumen Gentium, alla Genitrice di Dio come Madre e Figura della Chiesa. Poiché lo stesso Concilio ha pure sviluppato la coscienza della responsabilità della Chiesa per il mondo, essa trae impulso dal terreno del magistero conciliare, come un nuovo bisogno di manifestare questa responsabilità nell’atto di affidamento alla Genitrice di Dio.

Ecco, nelle linee principali, i pensieri-guida del mio pellegrinaggio a Fatima, che hanno trovato espressione il 13 maggio sia nelle parole dell’omelia come pure nell’atto finale di affidamento. Ho cercato di far tutto ciò che nelle circostanze concrete si poteva fare, per mettere in evidenza l’unità collegiale del Vescovo di Roma con tutti i fratelli nel ministero e servizio episcopale del mondo.

4. Mediante il pellegrinaggio a Fatima, ho visitato pure la Chiesa che è sulla terra portoghese, nel suo punto culminante. Pure là, a Fatima, mi sono incontrato prima con l’Episcopato del Portogallo e poi con gli ecclesiastici: sacerdoti diocesani e religiosi, suore e fratelli delle diverse Congregazioni religiose, e infine seminaristi e novizi. Quello fu il luogo più adatto perché i nostri incontri potessero raggiungere la dimensione dell’intero Portogallo.

Fatima, tuttavia, è nella vita della Chiesa e della società un fenomeno relativamente recente: nell’insieme appartiene al nostro secolo. Invece la Chiesa e la Nazione hanno un passato plurisecolare, che risale fino ai tempi romani e della cristianità primitiva, e poi, dopo il periodo dell’invasione araba, da più di otto secoli, ha il proprio passato portoghese ben definito per quanto riguarda l’identità storica.

Il Cristianesimo portato da Roma ha messo qui radici profonde ed ha dato nel corso dei secoli molteplici frutti per quanto riguarda la testimonianza della fede e dell’amore cristiano. Le manifestazioni di questa testimonianza sono sempre ben visibili in tutto il Portogallo, nella cultura e nel costume sociale di questo Paese. È difficile ricordare qui tutte le testimonianze e tutte le figure che compongono la storia della Chiesa e della Nazione in Portogallo. Nomino soltanto sant’Antonio, conosciuto come Antonio di Padova, ma nato a Lisbona in Portogallo ed educato in terra portoghese. Proprio il 750° anniversario della morte di questo Santo fu pure uno dei motivi del pellegrinaggio alla terra che fu la sua patria.

5. Un particolare settore dei frutti della Chiesa in Portogallo è la grande e plurisecolare attività missionaria. Essa camminava di pari passo con i viaggi e le scoperte. Basta ricordare che parlano la lingua portoghese non solo l’intero Brasile, ma altresì alcuni Paesi dell’Africa ed anche dell’Estremo Oriente: complessivamente oltre 150 milioni di uomini, mentre il numero degli attuali cittadini del Portogallo non supera i 10 milioni. La lingua portoghese è fra le lingue più “parlate” nella Chiesa cattolica.

6. Tutti questi aspetti del passato plurisecolare e della ricca contemporaneità mi è stato dato di meditare lungo il percorso della mia visita in Portogallo, dopo aver terminato il pellegrinaggio a Fatima. La strada mi ha condotto soprattutto a Lisbona, che è la più grande città, sede del Patriarca e centro della vita civile nazionale ed ecclesiastica. E in seguito mi ha portato verso il sud-est di Lisbona, e quindi verso il nord: Coimbra, Braga, Porto.

Ognuna di queste tappe, nelle quali mi sono trovato per la prima volta nella mia vita, ha aperto davanti ai miei occhi nuovi elementi della grande eredità lusitana di fede e di cultura e, nello stesso tempo, una nuova dimensione della vita contemporanea della Chiesa e della Nazione portoghese.

Quasi ciascuno dei luoghi visitati custodisce un Santuario mariano: così Vila Vicosa, nell’arcidiocesi di Ebora (Évora), ha il Santuario della Regina del Portogallo; Braga, nel nord, ha il meraviglioso Santuario di Sameiro, situato su una collina, dove si è svolto l’incontro con gli sposi; la città di Porto poi (la seconda dopo Lisbona per quanto riguarda la grandezza) da secoli si chiama “civitas Virginis”. Infine tutto il Portogallo si chiama “Terra di santa Maria”.Come si vede da tutto ciò, il terreno, sul quale è cresciuta nel nostro secolo Fatima, fu preparato da intere generazioni.


7. Conformandomi al programma pastorale dell’Episcopato del Portogallo ho cercato, in occasione del principali incontri, di toccare i temi che nella vita della Chiesa e della società erano di particolare attualità. Ho cercato pure per questa tematica un appoggio nella divina Parola della liturgia e nell’insegnamento della Chiesa, in particolare nell’insegnamento sociale.

A Lisbona, dinanzi ad una grande assemblea, ho toccato il problema della gioventù e delle vocazioni (i partecipanti più numerosi alla liturgia erano proprio i giovani della capitale e dell’arcidiocesi).

A Vila Viosa ho parlato del lavoro dei campi sullo sfondo della liturgia della Parola dinanzi al carattere agricolo di tutta la regione del Sud.

A Coimbra, l’indimenticabile incontro con professori e studenti della più antica Università mi ha dato l’opportunità di rivolgermi al mondo della scienza e della cultura in Portogallo.

A Braga (Santuario di Sameiro) la tematica è stata quella concernente il matrimonio e la famiglia nel quadro della liturgia eucaristica.

Infine a Porto: la tematica del lavoro nell’industria e nelle altre professioni.

8. Conservo profondamente nel cuore tutti questi intensi incontri con i miei fratelli e sorelle, che costituiscono la Nazione e la Chiesa in terra portoghese. Ringrazio Dio, per l’intercessione di “santa Maria”, per tutto ciò che è stato fatto per preparare questa visita - e per tutto ciò che, per la grazia di Dio, è diventato il suo frutto.

Ringrazio gli uomini per tanto amore e comprensione.

A tutti la mia riconoscente benedizione.

A gruppi di espressione francese


Ai fedeli di lingua inglese

Ai gruppi di espressione tedesca



Ai fedeli provenienti dalla Spagna

Ad un gruppo di portoghesi



Queste, in italiano, le parole del Papa ai Croati.

Cari miei croati provenienti dalla Germania.

Cordialmente saluto anche voi e do la mia benedizione apostolica a voi qui presenti ed alle vostre famiglie e voglio che rimaniate sempre fedeli alla Chiesa ed a Maria.

A gruppi di pellegrini polacchi provenienti dall’Inghilterra e dal Canada


Ecco la traduzione delle parole pronunciate dal Santo Padre in polacco.

“Dai tempi lontani tu sei la Regina della Polonia . . .”.

Dinanzi alla tua Effigie di Jasna Góra, desidero ringraziare tutti i miei connazionali che erano con me il 13 maggio dell’anno scorso, come pure coloro che erano con me il 13 maggio di questo anno a Fatima.


“Dai tempi lontani, tu Maria, sei Regina della Polonia / tu, Maria, dì una parola in nostro favore, / prendi sotto la tua protezione la Nazione intera . . .”!

La Nazione è una grande comunità. Comunità degli uomini, delle generazioni - comunità della cultura, della lingua, della storia.

La Nazione ha la propria soggettività.

Prendi sotto la tua protezione la Nazione intera, affinché si sviluppi . . .!

La Nazione non può svilupparsi regolarmente quando è priva di diritti che condizionano la sua piena soggettività.

E lo Stato non può essere forte con nessun genere di prepotenze. Esso può essere forte soltanto con la forza della piena soggettività della Nazione.

Dal 13 dicembre soffro di nuovo insieme con la mia Nazione!

Perché non le si restituisce questa soggettività che è suo diritto?

Perché si aliena lo Stato costruendo sulla violenza?

Perché si toglie allo Stato questa unica forza matura che è la piena soggettività della nazione?

Accogli la mia preghiera carica di sofferenza, tu che sei la Regina della Polonia - e voi, santi patroni della mia Patria!


Dai tempi lontani tu sei la Regina della Polonia!

Ebbene, prendi sotto la tua protezione la Nazione intera, affinché si sviluppi . . .!

Ai gruppi di italiani

Domani ricorre la solennità liturgica dell’Ascensione del Signore, la quale rappresenta la sintesi del trionfo regale di Cristo, della sua glorificazione dopo il Calvario.

È una festa che ci invita a guardare in alto, dove Cristo è asceso al Padre ed è entrato pienamente, anche con la sua umanità, a fare parte della gloria divina e, anzi, a prendere parte all’attività salvifica di Dio stesso.

Ma l’Ascensione non è soltanto la celebrazione di Cristo che parte da questa terra; è anche la celebrazione di Cristo che resta con noi; di Cristo che prima di salire al cielo ha detto:

“Io sono con voi tutti i giorni / fino alla fine del mondo” (
Mt 28,20). Questa certezza sia per tutti voi sorgente di forza, di conforto e di gioia nel vostro impegno di cristiani.
* * *


Desidero rivolgere un affettuoso saluto a tutti i giovani ed ai ragazzi, presenti in questa udienza, in particolare al numeroso pellegrinaggio dei fanciulli delle sei comunità parrocchiali della cittadina di San Giorgio a Cremano, nell’arcidiocesi di Napoli, i quali sono venuti a Roma per presentare al Papa i loro propositi di vita cristiana.

Ben volentieri, carissimi, rispondo alla vostra generosità impartendo a voi tutti, ai vostri genitori, ai vostri sacerdoti, alle suore, ai catechisti ed ai Maestri la mia benedizione apostolica.
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Sono anche presenti oggi numerosi gruppi di anziani, tra cui in particolare i membri del pellegrinaggio, organizzato dall’“Opera Diocesana per la Pastorale dei Pensionati e Anziani” dell’arcidiocesi di Trento.

A voi il mio cordiale apprezzamento, con l’augurio che ancora per lunghi anni possiate offrire alla Chiesa ed alla società civile un prezioso ed efficace contributo di esperienza, di saggezza, di testimonianza di fede cristiana. La mia benedizione vi accompagni sempre.
* * *


I nostri fratelli e sorelle ammalati, che assistono a questo incontro, ci edificano con la loro partecipazione al dolore, accettato in unione alla passione di Cristo.

A voi, che soffrite nel corpo e nello spirito, si rivolge il mio commosso saluto e la mia benedizione, in particolare al pellegrinaggio della Sottosezione di Forlì dell’UNITALSI ed a quello delle ospiti della “Domus Lucis” di Trieste.
* * *


Un saluto molto sentito rivolgo ai membri del Comitato della seconda Maratona di Primavera, organizzata dall’Associazione Genitori Scuole Cattoliche-Lazio, dalla Federazione Istituti Attività Educative e dalle Polisportive Giovanili Salesiane. Agli oltre 40 mila partecipanti a tale festosa iniziativa ho rivolto da Bologna un pensiero di compiacimento e di incoraggiamento, al loro arrivo in piazza san Pietro a mezzogiorno del 18 aprile scorso. Rinnovo oggi i miei auguri, accompagnati dalla mia benedizione.
* * *


Desidero ora benedire la bicicletta, che alcuni cicloamatori intendono donare al Santuario mariano di Walsingham, in Gran Bretagna, dove si recheranno nel prossimo mese di luglio in “ciclo-pellegrinaggio”.

Nell’esprimervi il mio compiacimento per la vostra iniziativa spirituale, invoco sulle vostre persone la materna protezione della Madonna santissima.

A voi tutti, cari ciclisti, e al vostro Assistente spirituale imparto di cuore la mia apostolica benedizione!



Mercoledì, 26 maggio 1982

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Carissimi fratelli e sorelle.

Vi rivolgo innanzitutto il mio cordiale saluto, e vi accolgo con affetto in questa udienza generale, che si pone tra l’Ascensione e la Pentecoste. La Liturgia di questi giorni ci ricorda le parole con cui Gesù, confortando i suoi Apostoli che stava per lasciare, promise: “Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza” (
Jn 15,26 s).

Carissimi, se il dovere di rendere testimonianza a Cristo tocca ogni fedele, esso impegna in modo particolare i successori degli apostoli, che sono i Vescovi e, tra loro, il Romano Pontefice che, nella sua qualità di successore di Pietro, ha una responsabilità diretta nei confronti di tutta la Chiesa. Mosso da questa consapevolezza, nel corso di questi anni mi sono fatto pellegrino per il mondo, per recare alle varie porzioni del gregge di Cristo sostegno fra le prove ed incoraggiamento a perseverare nella coraggiosa adesione ai perenni valori del Vangelo.

In linea con questo programma, è stata da tempo prevista e preparata, come sapete, una visita pastorale alle Chiese d’Inghilterra, Scozia e Galles. Le recenti, dolorose vicende del conflitto nell’Atlantico del Sud hanno posto in forse l’attuazione di tale viaggio, che tanti cristiani non solo cattolici ma anche di altre confessioni attendono con ansia. A seguito di approfondite consultazioni con i maggiori responsabili di quelle Chiese, ho deciso di compiere ugualmente la mia visita, pur apportandovi alcune modifiche.

Poiché, tuttavia, tale decisione potrebbe creare qualche sorpresa o perplessità tra i cattolici della Chiesa argentina, certamente non meno cari e non meno vicini al mio cuore, ho sentito il bisogno dispiegare loro le ragioni che ad essa mi hanno indotto, dopo prolungata e sofferta riflessione.

A tale scopo ho indirizzato ai figli di quella diletta Nazione una lettera, di cui vi do ora lettura.

“Carissimi figli e figlie dell’Argentina.

1. Vi scrivo di mia propria mano, perché sento che devo ripetere il gesto paterno dell’apostolo Paolo verso i suoi figli per rafforzarli nella fede (cfr Col 4,18).

Vi scrivo questa lettera, mosso da un sentimento di affetto e di solidarietà verso la Chiesa una e universale, che si trova su tutta la terra, in tutti i popoli e le nazioni. Vi scrivo perché penso che un particolare chiarimento sia necessario a voi, che vivete in terra argentina. Questo chiarimento è richiesto dai problemi suscitati dal mio viaggio apostolico e pastorale in Inghilterra, Scozia e Galles nei giorni della Pentecoste di quest’anno.

Se nelle ultime settimane non si fossero verificati i tragici avvenimenti, che hanno il loro punto centrale nella regione australe dell’Oceano Atlantico, e sono connessi con il conflitto tra il vostro Paese e la Gran Bretagna, questo viaggio non avrebbe bisogno di nessuna spiegazione, come non è stata necessaria per nessun altro viaggio intrapreso per visitare le Chiese esistenti in vari Paesi e Continenti. Ma senza dubbio, in relazione alle dolorose circostanze attuali, sono in dovere di darvi questa spiegazione, sapendo che la vorrete accettare come leale testimonianza di affetto nel mio servizio evangelico al mondo.


2. Il viaggio del Papa per visitare le Chiese d’Inghilterra, Scozia e Galles, è stato programmato già fin da due anni fa, e da un anno e mezzo si sta portando avanti un’intensa preparazione, che prende forma concreta in una serie di azioni di tipo pastorale. L’attesa creatasi per raggiungere l’obiettivo di questi preparativi è tale, che non posso fare a meno di compiere questa visita, la quale viene a coronare secoli di fedeltà di quei cattolici alla Chiesa e al Papa. D’altra parte, malgrado le insistenze che io ho fatto per cercare di differire il mio viaggio, i Vescovi di Gran Bretagna si sono manifestati unanimi nel sostenere l’assoluta impossibilità di una tale dilazione, che, a loro giudizio, equivarrebbe praticamente ad un annullamento.

La cancellazione del viaggio sarebbe una delusione non soltanto per i cattolici, ma anche per moltissimi non cattolici, che lo considerano, com’è in realtà, particolarmente importante anche per il suo significato ecumenico. In realtà, essi sanno bene che la visita del Papa ha un carattere strettamente pastorale e in nessun modo politico.

Questo carattere strettamente pastorale ed ecumenico è talmente essenziale e prevalente che, date le circostanze, i Rappresentanti del Governo di Sua Maestà si sono spontaneamente ritirati da tutti i contatti ormai previsti e che normalmente hanno avuto luogo in altre circostanze durante simili visite.

Il programma prevede un incontro con gli alti Rappresentanti della Comunione Anglicana e con quelli delle altre Comunità cristiane separate dalla Chiesa Cattolica.

È prevista altresì una visita alla Regina Elisabetta che, come ben sapete, occupa pure una specialissima posizione all’interno della Chiesa d’Inghilterra.

3. Nell’intraprendere il viaggio, nonostante tutte le difficoltà che vanno accumulandosi, e con l’animo pieno di dolore per le vittime causate dal conflitto fra l’Argentina e la Gran Bretagna, coltivo la ferma speranza che si trovi presto, in modo graduale, una soluzione onorevole attraverso le vie di un pacifico negoziato. Da parte mia, non ho cessato di sforzarmi fin dall’inizio, con tutti i mezzi a mia disposizione, per favorire una soluzione che, pur mantenendo il carattere di una decisione giusta e adeguata al senso dell’onore nazionale, sia capace di risparmiare ad ambedue le parti, e forse anche ad altre società, spargimenti di sangue ed altri terribili effetti causati dalla guerra. Per questa intenzione ho pregato molte volte, particolarmente durante il mio recente pellegrinaggio a Fatima, e in modo specialissimo nella messa da me concelebrata il giorno 22 di questo mese, nella Basilica di san Pietro, insieme con i Pastori della Chiesa in Argentina, in America Latina e quelli della Chiesa in Inghilterra, Scozia e Galles. Sono ancora vive nel mio cuore, con tutta la loro esigenza, le frasi che ho pronunciato in quella storica circostanza: la pace è possibile, la pace è un dovere pressante.

I miei giorni di permanenza in Gran Bretagna continueranno ad essere un’incessante preghiera in favore della pace, elevata insieme al Popolo di Dio, che porta scolpite nel suo cuore le parole di Cristo: “Beati i pacifici, / perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9).

4. Soprattutto durante quei giorni il mio pensiero ed il mio affetto saranno anche con voi, diletti figli dell’Argentina. È ben nota la mia predilezione per la vostra Nazione e per tutta l’America Latina, dove ho già compiuto due visite, che conservo vive nel mio cuore di Pastore universale. Nei miei progetti c’è anche quello di realizzare una terza visita all’inizio del prossimo anno. Ciò nonostante, profondamente preoccupato per la causa della pace e mosso dall’amore per voi, tanto provati in questi momenti di dolore, sarebbe mio desiderio venire perfino direttamente dall’Inghilterra all’Argentina, e lì, tra voi e con voi, cari fratelli e sorelle, elevare la stessa preghiera per la vittoria di una giusta pace sopra la guerra. Spero che presto possiate unirvi al Papa nel Santuario dedicato alla Madre di Dio a Lujan, consacrando le vostre famiglie e la vostra Patria cattolica al Cuore materno della Madre di Dio. Questo breve viaggio non comporterà la rinuncia ad una visita pastorale a voi, fatta a tempo debito, con un suo programma adeguato e con la dovuta preparazione.

5. Chiedo specialmente a voi, venerabili fratelli nell’Episcopato, di mettere in rilievo davanti alla società il vero significato del mio viaggio apostolico, soprattutto se tale significato fosse presentato sotto una falsa luce per minare la credibilità dell’universale servizio pastorale del Vescovo di Roma. Siate anche, pur nell’ambito delle giuste esigenze del patriottismo, portavoce di quella unità, che in Cristo e di fronte a Dio, Creatore e Padre, abbraccia tutti i popoli e le nazioni, al di là di ciò che li distingue, divide o anche oppone reciprocamente.

La Chiesa, pur conservando amore verso ogni singola Nazione, non può fare a meno di tutelare l’unità universale, la pace e la mutua comprensione. In questo modo, pur fra le tensioni politiche e le calamità che porta con sé la guerra, la Chiesa non tralascia di testimoniare l’unità della grande famiglia umana e di cercare le vie, che mettono in rilievo tale unità al di sopra di ogni pur tragica divisione. Sono le vie che conducono alla giustizia, all’amore e alla pace.

In prova della mia affettuosa vicinanza, assicurandovi le mie preghiere, vi invio una particolare benedizione apostolica”.


Questo è il testo della lettera, che un mio rappresentante ha recato personalmente in Argentina.

Chiedo a voi tutti di unirvi con me nella preghiera per ottenere dal Signore, mediante l’intercessione della Vergine santissima, che i fini del viaggio pastorale che sto per intraprendere siano rettamente intesi e generosamente assecondati, così che esso possa giovare al bene spirituale dei credenti ed alla stessa causa della pace nell’Atlantico Australe.

Ancora una notizia: ho ricevuto la notizia che il mio desiderio di recarmi in Argentina è stato accolto con gratitudine e viva soddisfazione dai Vescovi e dalle supreme autorità della nazione e del popolo argentino. La data della partenza per questo viaggio pastorale è prevista per il 10 del prossimo mese di giugno.

Ai pellegrini di lingua francese


Ai fedeli di lingua inglese

Ai pellegrini di lingua tedesca


Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai fedeli di espressione portoghese


Ai polacchi


Ed ecco le parole del Santo PAdre in una nostra traduzione italiana.

Signora di Jasna Góra! Madre della Nazione!

Oggi desidero raccomandare in modo particolare ed affidare a te tutta la gioventù polacca.

Consentimi di ricordare in primo luogo la mia giovinezza che, nella sua parte più decisiva, fu difficile. Era il tempo della guerra e dell’occupazione: una grande prova per tutta la nazione. Una grande prova per la gioventù. Questo era, contemporaneamente, il tempo dell’affermazione dei più alti valori, tante volte a misura dell’eroismo! Quante volte a prezzo della vita!

Oggi raccomando a te, o Madre, e affido l’attuale giovane generazione. Questo “giovane bosco” che è spuntato in mezzo al bosco più vecchio, “giovane bosco” dei cuori e delle coscienze.

Fa’ sì che questi cuori e coscienze siano sani; che portino in sé tutta l’eredità che ha il nome di “Polonia”: l’eredità della verità e dei valori; al tempo stesso l’eredità della fatica e dei sacrifici.


Questa eredità sia in essi viva e incrollabile.

Sappiano i giovani unire in sé il coraggio e la ponderatezza. Il coraggio infatti è indispensabile per essere veramente ponderati, e la ponderatezza è indispensabile per essere veramente coraggiosi.

Essere coraggioso vuol dire pensare al futuro e prendere per esso la responsabilità.

Ti raccomando e affido, o Madre, i giovani. Che non perdano mai la speranza nel futuro! Ricordino che il futuro è anche assegnato all’uomo come compito. Esso gli è consegnato in se stesso come compito!

O Signora di Jasna Góra! Quanto ti supplico per il futuro della mia Patria, per questo futuro che ci è assegnato come compito in ogni uomo e soprattutto nella giovane generazione!

Che comprendano! Che intraprendano! Che compiano!

Che non siano ostacolati! Ma aiutati!

Ai gruppi italiani

Rivolgo ora un saluto cordiale al pellegrinaggio proveniente da Napoli e composto da fedeli della parrocchia di Maria santissima del Carmine, che celebra il decennale della sua nuova sede, e da fedeli delle altre parrocchie dell’undicesimo Decanato, guidati dai rispettivi parroci, stretti intorno al Vescovo.

Carissimi, sono lieto di sapere che la vostra zona sta celebrando il suo Sinodo ed auspico che esso sia occasione di crescita nella fede vissuta e nella carità fraterna. Ricordando il breve, ma intenso in contro che ebbi con la città di Napoli nell’ottobre del 1979, affido le vostre Comunità alla protezione della Vergine santa, mentre, in pegno di copiosi favori celesti per voi e per le vostre famiglie, volentieri vi benedico.
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Sono presenti all’udienza le Consigliere Regionali dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali e le Suore della Federazione Italiana Religiose Operatrici Sanitarie.

Carissime sorelle, la consacrazione totale a Cristo, attuata mediante la professione dei consigli evangelici, fa’ di voi altrettante testimoni privilegiate dell’Assoluto fra i valori contingenti della storia. È una testimonianza di cui l’umanità ha estremo bisogno per non smarrirsi su strade che la conducono lontano dalla sua meta suprema. Coltivate dunque con inesausto impegno la comunione con Dio, affinché la vostra vita sia segno luminoso della sua presenza e del suo amore. Vi accompagni nel vostro lavoro la mia apostolica benedizione.
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Rivolgendo ora il mio saluto ai giovani presenti all’Udienza, desidero ricordare che oggi è la festa di san Filippo Neri, il santo della gioia e della giovinezza, il quale ha avuto un grande influsso sul rilancio della fede e la rinascita della vita cristiana nel suo tempo, dedicando il suo apostolato ai giovani.

Carissimi, auspico di cuore che con la vostra fede cristiana, sinceramente accolta e intensamente vissuta, contribuiate alla rinascita di un mondo migliore. Vi accompagni la mia benedizione.
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Un saluto particolare rivolgo anche al gruppo degli ammalati, invitandoli a voler alzare gli occhi e il cuore a Maria, Salute degli Infermi, per ottenere da lei la forza ed il coraggio della fede nelle sofferenze della malattia.
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Infine, un saluto e un augurio ai novelli Sposi. Auspicando che il Signore, il quale in questi giorni ha accolto davanti al suo altare l’impegno del vostro amore, lo renda fecondo e ricco di bene. A tutti la mia Benedizione.





Catechesi 79-2005 50582