Catechesi 79-2005 9682

Mercoledì, 9 giugno 1982

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Quando mi è stato dato di celebrare, insieme con l’Episcopato di Inghilterra, Scozia e Galles, il Sacrificio Eucaristico nella Cattedrale di Westminster a Londra, ho ringraziato Cristo per questo Segno di unità che abbraccia tutti gli uomini: il Segno nel quale i popoli, anche se divisi da conflitti temporanei, non cessano di essere uniti nel mistero del Corpo di Cristo. Cristo “infatti è la nostra pace” (
Ep 2,14) alla quale bisogna sempre tendere col pensiero, col cuore e con le opere, perché non domini sull’umanità “lo spirito del mondo” (1Co 2,12) che spinge verso le divisioni e le guerre.

2. Il viaggio pontificio in Gran Bretagna era stato preparato da tempo: da due anni concordato, e da otto mesi elaborato con sollecitudine nelle singole diocesi e parrocchie d’Inghilterra, Scozia e Galles. Oggi, parlando dalla prospettiva della visita già terminata, non si può non sottolineare soprattutto le dimensioni di questa preparazione e del suo alto livello. Si tratta qui non solo dei mezzi materiali, ma soprattutto della dimensione spirituale di questo grande comune lavoro. Si è manifestato in esso qualcosa di più che la maturità odierna del Popolo di Dio. Si è manifestata l’eredità pluriseculare, che in Inghilterra ha il suo inizio storico nella persona di sant’Agostino, primo Vescovo di Canterbury. In Scozia quell’inizio si collega con i nomi dei santi Ninian, Columba e Kentigern; in Galles invece con san Davide.

Questa eredità ha dietro le spalle non solo lontani inizi (che del resto ci riportano ancora più lontano dei nomi accennati, fino ai tempi dell’impero romano) - ma anche una serie di secoli difficili, sigillati col sangue dei moderni martiri, di cui si parla con venerazione, ma anche senza alcuna amarezza umana, come dei martiri dei primi secoli. Si parla di essi con un amore degno di quello, a cui essi stessi - per citare san Giovanni Fischer, oppure san Tommaso Moro - hanno reso testimonianza. Ed è, infine, nell’ultimo secolo, l’eredità legata al nome del grande Cardinale Newman: l’eredità della laboriosa ricerca della verità come via dell’unità nella fede. Il cristianesimo in Gran Bretagna è un importante terreno ecumenico. La Chiesa cattolica si trova su questo terreno, accettando come propria la via dell’unità dei cristiani, che ha indicato il Concilio Vaticano II.

3. Della visita in se stessa, si può dire che è stata come un pellegrinaggio attraverso i sette santi Sacramenti, nei quali si forma e si sviluppa la vita del Popolo di Dio. Questa forma teologica ed insieme pastorale ha legato con trama uniforme tutta la geografia della visita, iniziando dalla cattedrale di Westminster, dove il tema fu il “Battesimo”. Il giorno successivo (alla vigilia della Pentecoste) nello stadio di Wembley, dinanzi alla statua della Madonna di Walsingham, si è svolto il rinnovamento delle promesse battesimali. Siamo stati uniti in questa preghiera con la Madre della Chiesa, così come gli apostoli nel cenacolo quando aspettavano la venuta dello Spirito Consolatore. Lo stesso giorno, in mattinata, nella Cattedrale di Canterbury hanno rinnovato i voti battesimali tutti i partecipanti all’incontro: anglicani e cattolici.

Ancora nel primo giorno del pellegrinaggio si è svolta la liturgia solenne e profondamente penetrante dell’“Unzione degli Infermi” nella Cattedrale di Southwark - un grande incontro con la Chiesa dei sofferenti uniti a Cristo.

4. L’Eucaristia celebrata nel giorno stesso della Pentecoste, su un grande campo nei pressi di Coventry, ha reso presente la venuta del Paraclito sul luogo, che subì una particolare distruzione durante la seconda guerra mondiale. Il simbolo di questa distruzione è l’antica Cattedrale, a fianco della quale una nuova è stata costruita. Il “sacramento della Cresima”, amministrato durante la santa Messa, manifestò la costruzione della Chiesa attraverso la fede e le opere da essa derivanti nella comunità del Popolo di Dio.

Lo stesso giorno della Pentecoste, di pomeriggio, fui a Liverpool, il più grande centro dei cattolici in Gran Bretagna. Ci fu un saluto all’aeroporto, dinanzi alla grandiosa folla lungo le vie della città che assisteva alla visita prima alla Cattedrale anglicana e poi alla Cattedrale cattolica, recentemente costruita. Il tema durante la Messa fu il “sacramento della Penitenza e Riconciliazione”, conformemente alle parole della liturgia: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi” (Jn 20,23), ed anche conformemente al grande sforzo che in questa città fanno i cristiani cattolici e anglicani, nella direzione della reciproca riconciliazione secondo lo spirito del Vangelo.

5. Il lunedì, il tema fu innanzitutto il “sacramento dell’Ordine”, messo in evidenza mediante il conferimento delle ordinazioni presbiterali durante la solenne Eucaristia a Manchester.

E poi vi fu il “sacramento del Matrimonio”, durante l’incontro con i rappresentanti delle famiglie su un grande campo nei pressi di York. In collegamento con la Liturgia della Parola e l’omelia, gli sposi e i membri delle famiglie hanno rinnovato le promesse che costituiscono il fondamento della loro comunità in Cristo e nella Chiesa.

In questo contesto, è necessario aggiungere tutto ciò che durante il pellegrinaggio si è riferito alla vocazione cristiana in generale, in particolare alla vocazione sacerdotale e religiosa, mediante incontri con i sacerdoti, i fratelli e le sorelle degli Ordini e delle Congregazioni religiose, con gli alunni dei Seminari e dei Noviziati: incontri, parola, preghiera.

6. L’Eucaristia fu, in un certo senso, un tema continuo, al centro di ogni incontro. Tuttavia, in modo particolare e dettagliato, essa è stata messa in rilievo a Cardiff, l’ultima tappa del viaggio, dove si svolse anche la Prima Comunione di giovani cristiani.


La gioventù ha avuto in questo pellegrinaggio il suo luogo speciale. Una particolare testimonianza della sua presenza nella Chiesa è stata data due volte: la prima volta, in occasione dell’incontro a Edimburgo (anche con i più giovani); la seconda, al termine di tutto il programma della visita, a Cardiff. Questi incontri erano pieni di una spontaneità giovanile e al tempo stesso di un profondo contenuto cristiano. L’ultima parola indirizzata alla Chiesa in Gran Bretagna fu sul tema della preghiera - e ciò proprio alla gioventù a Cardiff.

7. La visita in Scozia ha avuto i suoi due poli a Edimburgo e a Glasgow. Essi hanno permesso di radunare e di far vedere la Chiesa, che nella terra scozzese ha una speciale storia e un proprio profilo. Ciò si è manifestato in ambedue le città, ma il principale incontro liturgico ha avuto luogo a Glasgow, martedì pomeriggio, con una enorme partecipazione dei fedeli. Il tema dell’omelia fu sintetico: il Regno di Dio nella sua storica ed attuale realizzazione in terra scozzese e nella storia di quegli uomini.

Fra l’altro ho avuto anche l’opportunità di visitare la comunità educatrice a Glasgow; e, ancora, è stata indimenticabile la visita alla comunità dei malati a Edimburgo.

8. La Chiesa, che è il sacramento dell’unione dell’uomo con Dio e il segno dell’unità di tutta la famiglia umana, si trova nelle Isole britanniche, come già è stato detto, in un particolare terreno ecumenico. Ciò si è manifestato in tutte le tappe della visita. Prima di tutto, in Inghilterra, con l’incontro storico nella Cattedrale di Canterbury, che è la sede del Presidente dell’Intera Comunione Anglicana.

Si può dire che la preparazione a questo incontro fu particolarmente lunga e laboriosa: dodici anni di lavoro della Commissione Internazionale anglicana e cattolica, che infine ha presentato al Papa e al Presidente della Comunione Anglicana i risultati dei suoi studi. Questi risultati sono diventati una base per la Dichiarazione comune, firmata alla Vigilia di Pentecoste. Essa costituisce un fondamento per l’ulteriore collaborazione ecumenica, che ha come scopo di fare strada alla piena unità.

Sarebbe difficile dire qualche cosa di più in questa concisa descrizione. Bisogna soltanto ringraziare lo Spirito di unità e di verità, che ha guidato i nostri passi a questo incontro e, speriamo, continuerà a guidarli.

Dal punto di vista ecumenico, ha avuto la sua importanza anche l’incontro con i Rappresentanti del Consiglio Britannico delle Chiese a Canterbury, e poi a Edimburgo un altro incontro con i Rappresentanti delle Comunità cristiane della Scozia.

Tuttavia una particolare importanza occorre anche attribuire all’incontro con il Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia (Presbiteriana) nella stessa città di Edimburgo, il che indica la specificità della via ecumenica propria della Scozia.

9. In occasione di questa visita, soprattutto pastorale, mi sono sentito onorato dell’incontro con la Regina Elisabetta II il primo giorno del mio viaggio.

I Rappresentanti delle Autorità politiche - data la situazione internazionale nata nei rapporti con l’Argentina - da parte loro hanno espresso l’iniziativa di ritirarsi dal programma della visita.

Rendendomi conto di quanto è dipeso, in una così eccellente preparazione del pellegrinaggio attraverso l’Inghilterra, la Scozia e il Galles, dai diversi fattori e dalle istanze delle Autorità, desidero esprimere a tutti, ancora una volta, il mio cordiale ringraziamento.


10. La prima visita nella storia, fatta dal Vescovo di Roma in Gran Bretagna, ha certamente la sua singolare eloquenza storica. Mi sia concesso di depositarla nel Cuore di Colui che è Signore della storia, Re della pace e Principe del secolo venturo.

Ai pellegrini di espressione francese

Ai fedeli di lingua inglese


Ai pellegrini di espressione tedesca

Ai fedeli di lingua spagnola


Ai pellegrini di espressione portoghese



Ai polacchi

Queste le parole del Papa ai polacchi in una nostra traduzione italiana.


Signora di Jasna Góra!

Il 600° anniversario della presenza della tua Immagine a Jasna Góra unisce tutti i figli e le figlie della nazione polacca nel mondo intero.

Durante il mio viaggio apostolico in Inghilterra, Scozia e Galles sono stato testimone di quest’unione tra gli Emigranti di quei territori.

Ti ringrazio di aver potuto compiere, nei loro riguardi, il servizio pastorale, non soltanto durante il principale incontro con la Comunità polacca (“Polonia”), ma, in verità, in ogni luogo, in ogni tappa, dove erano facilmente riconoscibili dal suono del linguaggio e dal colore delle bandiere.

Madre!

In quest’anno del tuo giubileo di Jasna Góra, ritengo mio filiale dovere di essere con tutti coloro per i quali la tua Immagine è il Segno dell’unione spirituale - e soprattutto di essere presente in Polonia e a Jasna Góra.

Lo ritengo, al tempo stesso, dovere morale nei riguardi dei miei connazionali.

Esprimo di nuovo la convinzione, che saranno create adeguate condizioni.

Ad alcuni gruppi italiani.

Un particolare saluto rivolgo ora ai Membri del Gran Magistero, ai Luogotenenti ed ai Delegati Magistrali dell’Ordine Equestre del santo Sepolcro di Gerusalemme, che a conclusione della Consulta dell’Ordine partecipano a questa Udienza insieme col Gran Maestro, il Cardinale Massimiliano de Furstenberg, e col Patriarca Latino di Gerusalemme, Monsignor Giacomo Beltritti.

Carissimi, desidero esprimervi vivo apprezzamento per quanto andate facendo a sostegno morale e materiale dei cristiani in Terra Santa, assicurando con ammirevole generosità in particolare il mantenimento delle Scuole, dei Dispensari, del Seminario, del clero e delle Suore della diocesi di Gerusalemme. Vi esorto a perseverare con rinnovato slancio in questa testimonianza di cristiana sollecitudine, mentre, in pegno della costante assistenza divina, di cuore vi imparto l’apostolica benedizione.
* * *



Saluto anche le Suore Minime di nostra Signora del Suffragio, qui presenti in grande numero, in occasione del Centenario di fondazione della loro Congregazione.

Nel ricordo dell’insigne vostro Fondatore, il venerabile Francesco Faà di Bruno, sacerdote e scienziato torinese, vi esorto, care sorelle, a mantenere sempre viva e fervorosa la caratteristica del vostro Istituto, e cioè il suffragio per le anime dei defunti, in unione con Maria, nostra Madre celeste. Siatene sempre consapevoli, nei vostri impegni di assistenza, carità e di catechesi ai bisognosi ed agli anziani.
* * *


Rivolgo ora un saluto particolarmente affettuoso ai giovani.

Carissimi, vi ringrazio per la vostra festosa presenza e vi invito a prepararvi alla solennità del “Corpus Domini”, che ricorre domani, e ad unirvi con me nella preghiera alla Celebrazione Eucaristica nella Basilica Lateranense ed alla successiva Processione, a cui domani sera prenderò parte, unitamente ai fedeli della mia diocesi e ai pellegrini, che si trovano a Roma.

Fate vostre le intenzioni particolari per la pace, a cui sarà ispirata tale celebrazione liturgica e chiedete a Gesù Eucaristico, Principe della pace, un buon esito al mio viaggio pastorale in Argentina, che inizierò subito dopo i sacri riti. Conto molto sul sostegno spirituale e morale di voi giovani, “perché siete forti e la Parola di Dio dimora in voi” (1Jn 2,14). Vi sia di incoraggiamento la mia benedizione.
* * *


Un pensiero affettuoso va pure a tutti gli ammalati che sono qui presenti ed a quelli che si trovano nelle corsie degli ospedali o nelle proprie case.

Carissimi, vi conforti il pensiero che voi siete al centro delle preghiere della Chiesa e, in particolare, del Sacrificio Eucaristico, dove il Signore soffre ed offre i suoi patimenti per entrare nella Vita e per aprirci il suo Regno. Voi che partecipate non solo alla Comunione eucaristica, ma anche alla Passione del Cristo, siate certi che le vostre sofferenze non cadono nel vuoto, ma sono raccolte nel calice della santa Messa a salvezza del mondo. Gesù Eucaristico, che domani non vorrete mancare di onorare in modo speciale, alimenti la vostra vita e vi sostenga nelle prove. Vi benedico di cuore.
* * *


Infine una parola affettuosa per gli Sposi novelli, ai quali desidero esprimere le mie felicitazioni e i miei auguri per il passo importante che hanno da poco compiuto con la celebrazione del sacramento del Matrimonio.

A tutti la mia Benedizione.
Appello per la pace nel Libano


La mia invocazione al Principe della pace si fa più ardente mentre infuriano i combattimenti nel Libano, un paese martoriato da tanti anni e le cui aspirazioni alla pace finora sono state sempre deluse.

Il conflitto attuale appare particolarmente grave per la sua intensità e per i suoi effetti: profonda è la pena per le centinaia di vittime di tutte le parti, per le loro famiglie, per quanti innocentemente soffrono la violenza e sono costretti, in preda al terrore, ad abbandonare le loro case.

Al dolore per tali avvenimenti si aggiunge la viva preoccupazione per le temibili conseguenze del conflitto sul Libano stesso e per il pericolo di un ulteriore suo allargamento nella regione, già tanto perturbata. La stessa pace mondiale ne potrebbe essere minacciata!

La Santa Sede continuerà ad adoperarsi, per quanto le sarà possibile, perché questa dura prova sia abbreviata e le armi cedano il posto alla tregua e al negoziato.

Vi invito ad unirvi alla mia preghiera al Signore affinché siano accolti gli appelli alla cessazione del fuoco che provengono dalla Comunità internazionale, e la soluzione dei problemi del Medio Oriente sia ricercata non con la violenza, ma con lungimiranza, coraggio e saggezza.



Mercoledì, 16 giugno 1982

16682


1. Ieri adempiendo un impegno che avevo preso fin dallo scorso anno in occasione del novantesimo anniversario della Rerum Novarum, mi sono recato nella città di Ginevra, in Svizzera, per fare visita alla Conferenza Internazionale del Lavoro, che sta tenendo in questi giorni la sua 68° Sessione. Ho incontrato, inoltre, altri importanti Organismi internazionali che hanno sede in quella Città e, sul finire della giornata, la popolazione di Ginevra e dintorni, convenuta nel Palexpò per partecipare alla santa Messa.

Ho potuto così dare esecuzione ad una parte del programma rimasto finora sospeso a motivo di quanto avvenne il 13 maggio dell’anno scorso. A suo tempo, con l’aiuto di Dio, conto di attuare anche il resto di quel programma, con una visita pastorale alla Chiesa che crede, prega ed opera in Svizzera, incontrando anche i rappresentanti delle altre Confessioni cristiane e visitando altresì il Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Oggi, intanto, ringrazio Dio per il dovere pastorale che mi è stato dato di compiere in linea con la missione che la Chiesa è chiamata a svolgere nel mondo di oggi. Questa missione riguarda non soltanto i beni eterni, ma si volge anche con particolare sollecitudine alle “realtà terrestri”, ai beni cioè della cultura, dell’economia, delle arti, delle professioni, delle istituzioni politiche e sociali in cui si sostanzia la vita dell’uomo sulla terra. Il Concilio Vaticano II ne ha trattato con luminosa chiarezza, riconoscendo anzitutto che tali valori temporali hanno la loro legittima autonomia, ma affermando altresì con forza che essi sono destinati ad armonizzarsi con i valori della fede e a porsi al servizio dell’uomo per l’attuazione della sua “vocazione integrale” (cfr Gaudium et Spes
GS 34-36 Apostolicam Actuositatem AA 7).


Compito della Chiesa è di ricordare agli uomini questo più vasto orizzonte entro cui si muove la loro attività, mettendoli in guardia contro le possibili deviazioni a cui è continuamente esposto il loro sforzo, e sostenendoli nell’impegno di generosa dedizione alla causa dell’autentico progresso, della pace e della dignità della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gaudium et Spes GS 37-39).

2. Mosso da questa consapevolezza, ho voluto innanzitutto recarmi a rendere omaggio ai rappresentanti della Organizzazione Internazionale del Lavoro, per tributare un doveroso riconoscimento a quanto è stato fatto in questi anni da tale Organismo a tutela dell’uomo che lavora, della dignità che gli è propria e dei diritti inalienabili che logicamente ne derivano. È stato un incontro col mondo del lavoro in un suo centro storico e giuridico, ricco di tanta significazione associativa ed umana.

Tra le molte cose che avrei voluto dire su di un tema così importante, una ne ho scelto che ritengo particolarmente urgente nella presente situazione internazionale: ho insistito sul dovere della solidarietà, giacché mi pare che tale dimensione sia iscritta nella natura stessa del lavoro e tutto oggi spinga verso una sua attuazione sempre più piena. Il lavoro unisce perché identica è la sua realtà profonda in ogni parte del mondo e perché identico è il suo rapporto col senso della vita umana, ovunque essa si svolga.

Tale realtà profonda e tale essenziale rapporto possono esprimersi con parole semplici e brevi: il lavoro deve essere in funzione dell’uomo e non l’uomo in funzione del lavoro. Affermazione apparentemente chiara e scontata. Affermazione, tuttavia, che non raramente la realtà concreta smentisce, quando emergono situazioni nelle quali si valuta l’uomo sulla base dell’utilità che è in grado di offrire alle strutture produttive, e non si valutano invece queste ultime sulla base dell’utilità che possono offrire alla piena realizzazione di ogni singolo uomo.

È necessaria una sempre maggiore umanizzazione del lavoro, il quale ha un legame assai profondo col problema del senso della vita umana.

3. A Ginevra sorge il “Centro Europeo di Ricerche Nucleari”, che raccoglie studiosi di diverse nazionalità e ne coordina gli sforzi al servizio di una causa nobilissima: quella della ricerca pura. Non è anche questa una “realtà terrestre” di fondamentale importanza per la vita e per il futuro dell’uomo? Non potevo mancare di far visita ad una così qualificata accolta di persone operanti sulle frontiere più avanzate della scienza, per esprimere loro, a nome della Chiesa e della stessa umanità, sincero apprezzamento per i progressi che, grazie al loro impegno e a quello dei loro colleghi di tutto il mondo, si sono potuti realizzare nella conoscenza del mistero dell’universo.

Al tempo stesso ho sentito il dovere di ricordare che la ricerca scientifica non esaurisce ogni aspetto della realtà, ma anzi esige, per non ridursi a una visione riduttiva e deformante, di essere integrata con gli apporti che provengono dalla conoscenza filosofica e, in particolare, con le superiori verità della rivelazione divina, accolta nella fede.

È proprio grazie alle più ampie prospettive offerte da queste diverse forme di conoscenza che possono evitarsi i rischi di sviluppi della ricerca scientifica e di utilizzazione dei risultati da essa raggiunti, in senso contrario al vero bene dell’uomo. Chi non è oggi preoccupato per le conseguenze dannose, anzi catastrofiche, che una applicazione dei frutti della ricerca scientifica, una applicazione condotta in modo irresponsabile, potrebbe provocare?

Io credo che la grande sfida, imposta all’uomo di oggi dallo stadio avanzato delle sue conoscenze, sia proprio questa: armonizzare i valori della scienza e della tecnologia con i valori della coscienza.

4. Un pacifico contributo in questo senso possono offrire le Organizzazioni Internazionali Cattoliche, alle quali spetta di svolgere un ruolo di mediazione tra il Vangelo e la società contemporanea, ponendosi come luogo di riflessione approfondita, ad esempio, sugli elementi fondamentali di un’antropologia cristiana alla luce dei dati delle scienze moderne, sulle esigenze della morale applicata all’ordine economico internazionale, sull’incidenza che la legge della carità ha in materia di relazioni internazionali, e così via.

In considerazione di questi loro importanti compiti, ho voluto portare ai rappresentanti di tali Organizzazioni con sede a Ginevra la testimonianza della mia stima, il mio incoraggiamento e l’assicurazione del mio sostegno.


5. Non si può parlare della Svizzera e, in particolare, di Ginevra senza che il pensiero vada anche alla benefica Istituzione nota in tutto il mondo, che ha avuto in quella cara nazione la sua origine ed ha tuttora in tale Città la sua sede centrale: la Croce Rossa. Non v’è calamità naturale, non v’è sciagura di qualche dimensione, non v’è conflitto dolorosamente scoppiato fra le nazioni, che non stimoli prontamente i rappresentanti di questo Organismo a recare soccorso alle vittime, ad alleviare le sofferenze, a favorire la riconciliazione e la pace. Anche nei recenti, tristi avvenimenti bellici dell’Atlantico australe e del Libano, la Croce Rossa non ha mancato di intervenire tempestivamente con la sua opera umanitaria.

È quindi con viva gioia e anche con commozione che ho portato al Presidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa ed ai suoi Collaboratori il mio saluto, insieme con l’espressione del mio cordiale sostegno all’azione che essi svolgono con encomiabile sollecitudine e generosità per la tutela di ogni persona umana, per il soccorso a chi è nel bisogno, per la promozione dell’amicizia, della cooperazione e della pace durevole fra i popoli. Sono ideali, questi, che devono stare a cuore ad ogni cristiano.

Nel recare tale attestazione di solidarietà ero certo di interpretare il pensiero di tutti i figli della Chiesa che, alla scuola di Cristo, come vertice e coronamento di tutti i valori attingibili quaggiù, hanno imparato ad apprezzare quello dell’amore. Possa questa lezione evangelica penetrare sempre più profondamente nei cuori degli uomini e convincerli ad impegnarsi generosamente nella costruzione di quella che il mio predecessore Paolo VI ha qualificato, con indimenticabile espressione, come “la civiltà dell’amore”!

Nella costruzione di tale civiltà dell’amore per l’uomo, che si regge sui valori del lavoro, della scienza, della solidarietà nel bisogno e della fraternità, agli Organismi internazionali spetta una particolare missione, che merita una stima profonda come anche incoraggiamento e sostegno. Sta qui precisamente la ragione della mia visita di ieri.

Ai fedeli di lingua francese

Ai pellegrini di espressione inglese



Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola


Ai fedeli di espressione portoghese

Ai fedeli polacchi


Ed ecco il testo del discorso del papa in una nostra traduzione italiana.

O Madre di Jasna Góra!

Ieri mi è stato dato, nell’ambiente mondiale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, di riflettere sugli importanti problemi collegati col lavoro dell’uomo in ogni paese ed in ogni nazione.

Il lavoro è la fondamentale dimensione dell’esistenza dell’uomo sulla terra. È anche un particolare punto di riferimento per la giustizia sociale. Per ogni società è problema di importanza fondamentale la solidarietà col lavoro e con l’uomo del lavoro. Da ciò dipende non solo la prosperità economica, ma anche la forma veramente umana della vita sociale: la dignità dell’uomo all’interno delle sue iniziative e istituzioni. Signora di Jasna Góra!


All’indomani di quest’importante incontro, desidero affidare e offrire a te il lavoro come la fondamentale dimensione dell’esistenza dei figli e delle figlie della mia patria.

Questa è la preghiera di solidarietà con il lavoro e con ogni uomo del lavoro in terra polacca.

Intorno a questi problemi si sono incentrati gli sforzi degli ultimi anni, e le dolorose esperienze degli ultimi mesi.

Nel nome dei principi e delle verità che hanno un significato interumano - nel nome dei diritti che ovunque ne esigono il riconoscimento, ti prego per la mia Nazione. Prego affinché il lavoro rinasca in essa come la sorgente della dignità di ogni uomo.

Ai fedeli italiani

Un pensiero particolare desidero indirizzare ai sacerdoti novelli della diocesi di Brescia, qui venuti, insieme con i loro genitori e familiari.

Desidero dirvi, carissimi confratelli nel sacerdozio, tutta la mia gioia e la mia trepidazione per la vostra presenza. Conservate intatti, per tutta la vita, la gioia e lo spirito di dedizione di queste vostre primizie sacerdotali. Mentre auguro che il vostro ministero sia lungo e fecondo di bene, invoco su di voi, sui vostri propositi, sui vostri familiari e sulle anime che la Provvidenza divina vi farà incontrare l’abbondanza delle grazie di Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote.
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Intervengono a questo incontro i partecipanti al “Primo Giro d’Italia di Tavole a vela”, organizzato dall’Associazione Italiana WS (Wind-Surf) “Open Class”. Vi esprimo, fratelli carissimi, il mio compiacimento per tale iniziativa sportiva, alla quale auguro il meritato successo.
* * *


Un cordiale saluto rivolgo a tutti voi, giovani, che siete presenti a questa Udienza, la quale coincide anche con la fine dell’anno scolastico. Auspico che conserviate sempre quell’entusiasmo per i grandi e nobili ideali, che anima la vostra giovinezza, in continua unione con Cristo, nostro Signore e Redentore.
* * *


Saluto con particolare affetto anche voi, fratelli e sorelle ammalati, che portate nel vostro corpo e nel vostro animo il peso, spesso duro, della infermità e del dolore. Mentre vi assicuro della mia preghiera e di quella di tutta la Chiesa per voi, ricordo che il prossimo venerdì celebreremo la solennità liturgica del Sacro Cuore di Gesù, nella quale siamo invitati a riflettere e meditare sull’amore oltre ogni confine, che per noi ha manifestato il Cristo, Figlio di Dio.
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Anche a voi, novelli Sposi, va il mio affettuoso saluto, unito all’augurio che la vostra vita coniugale, santificata dal Sacramento, sia una continua testimonianza di vicendevole, fedele amore, ad edificazione del Popolo di Dio.
Rinnovato appello per la pace nel Libano


Fratelli e sorelle. Conoscete lo svolgersi degli avvenimenti della guerra di cui è vittima il Libano: il cessate-il-fuoco è continuamente violato; è difficile portare i soccorsi necessari a tanta gente su cui si è abbattuta la tempesta del conflitto.

Il mio pensiero va in particolare ai quartieri assediati della capitale Beyrouth, per i quali si teme uno scontro definitivo: ne risulterebbe un altro dolorosissimo e vano spargimento di sangue. La mia trepidazione va alla sorte di tante persone e soprattutto alle popolazioni inermi; sento il dovere di rinnovare l’appello pressante a cessare definitivamente ogni atto di guerra.

La mia invocazione, è questa: che lo spirito di rivalità e di rancore dei belligeranti si cambi in un profondo senso di umanità, affinché siano evitate ulteriori perdite di vite umane e, Dio non voglia, una vera e propria strage; che trionfino, nell’animo di chi sembra prevalere, la magnanimità, la saggezza e la lungimiranza, per non compromettere ancor più la futura soluzione negoziata dei problemi.

Vi invito dunque ad unirvi alla mia preghiera, affinché il Signore faccia comprendere a tutti gli uomini la necessità e il valore della pace, in ogni circostanza della vita dei popoli.



Mercoledì, 23 giugno 1982

23682


1. Dopo aver fatto l’analisi delle parole di Cristo, riferite dal Vangelo secondo Matteo (
Mt 19,10-12), conviene passare all’interpretazione paolina del tema: verginità e matrimonio.

L’enunciato di Cristo sulla continenza per il Regno dei cieli è conciso e fondamentale. Nell’insegnamento di Paolo, come ci convinceremo fra poco, possiamo individuare un correlato delle parole del Maestro; tuttavia il significato della sua enunciazione (1Co 7) nel suo insieme va valutato in modo diverso. La grandezza dell’insegnamento di Paolo consiste nel fatto che egli, presentando la verità proclamata da Cristo in tutta la sua autenticità ed identità, le dà un proprio timbro, in un certo senso la propria interpretazione “personale”, ma che è sorta soprattutto dalle esperienze della sua attività apostolico-missionaria, e forse addirittura dalla necessità di rispondere alle domande concrete degli uomini, ai quali quest’attività era indirizzata. E così incontriamo in Paolo la questione del rapporto reciproco tra il matrimonio e il celibato o la verginità, quale tema che travagliava gli animi della prima generazione dei confessori di Cristo, la generazione dei discepoli degli apostoli, delle prime comunità cristiane. Ciò accadeva per i convertiti dall’ellenismo, quindi dal paganesimo, più che dal giudaismo; e questo può spiegare il fatto che il tema sia presente appunto in una lettera diretta alla comunità di Corinto, la prima.


2. Il dono dell’intero enunciato è senza dubbio magisteriale; tuttavia, il tono come il linguaggio è anche pastorale. Paolo insegna la dottrina trasmessa dal Maestro agli apostoli e, ad un tempo, intrattiene come un continuo colloquio con i destinatari della sua lettera sul tema in questione. Parla come un classico maestro di morale, affrontando e risolvendo problemi di coscienza, e perciò i moralisti amano rivolgersi di preferenza ai chiarimenti e alle deliberazioni di questa prima lettera ai Corinzi (cfr 1Co 7). Bisogna però ricordare che la base ultima di quelle deliberazioni va cercata nella vita e nell’insegnamento di Cristo stesso.

3. L’Apostolo sottolinea, con grande chiarezza, che la verginità, ossia la continenza volontaria, deriva esclusivamente da un consiglio e non da un comandamento: “Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio”. Paolo dà questo consiglio “come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia” (cfr 1Co 7,25). Come si vede dalle parole citate, l’Apostolo distingue, così come il Vangelo (cfr Mt 19,11-12), tra consiglio e comandamento. Egli, in base alla regola “dottrinale” della comprensione dell’insegnamento proclamato, vuole consigliare, desidera dare consigli personali agli uomini che si rivolgono a lui, Così, dunque, il “consiglioha chiaramente nella prima lettera ai Corinzi (cfr 1Co 7) due diversi significati.L’Autore afferma che la verginità è un consiglio e non un comandamento, e, in pari tempo, dà consigli sia alle persone già sposate, sia a coloro che debbono prendere ancora una decisione al riguardo, e infine a quanti sono nello stato di vedovanza. La problematica è sostanzialmente uguale a quella che incontriamo in tutto l’enunciato di Cristo riportato da Matteo (cfr Mt 19,2-12): prima sul matrimonio e la sua indissolubilità, e poi sulla continenza volontaria per il Regno dei cieli. Tuttavia, lo stile di tale problematica è del tutto proprio: è di Paolo.

4. “Se però qualcuno ritiene di non regolarsi convenientemente nei riguardi della sua vergine, qualora essa sia oltre il fiore dell’età, e conviene che accada così, faccia ciò che vuole: non pecca. Si sposino pure! Chi invece è fermamente deciso in cuor suo, non avendo nessuna necessità, ma è arbitro della propria volontà, ed ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene. In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio” (1Co 7,36-38).

5. Chi aveva chiesto consiglio poteva essere un giovane, che si era trovato davanti alla decisione di prendere moglie, o forse un novello sposo, che di fronte a correnti ascetiche esistenti a Corinto rifletteva sulla linea da dare al suo matrimonio; poteva essere anche un padre o il tutore di una ragazza, che aveva posto il problema del matrimonio di lei. In tale caso, si tratterebbe direttamente della decisione che derivava dai suoi diritti tutelari. Paolo scrive, infatti, in tempi in cui le decisioni del genere appartenevano più ai genitori o ai tutori che non ai giovani stessi. Egli, dunque, nel rispondere alla domanda in tal modo a lui rivolta, cerca di spiegare, in maniera molto precisa, che la decisione circa la continenza, ossia circa la vita nella verginità, deve essere volontaria e che solo una tale continenza è migliore del matrimonio. Le espressioni: “fa bene”, “fa meglio”, sono in questo contesto completamente univoche.

6. Orbene, l’Apostolo insegna che la verginità, ossia la continenza volontaria, l’astenersi della giovane dal matrimonio, deriva esclusivamente da un consiglio e che, nelle condizioni opportune, essa è “migliore” del matrimonio. Non vi subentra, invece, in alcun modo la questione del peccato: “Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei libero da donna? Non andare a cercarla. Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato” (1Co 7,27-28). In base solo a queste parole, non possiamo certamente formulare giudizi su ciò che l’Apostolo pensava e insegnava circa il matrimonio. Questo tema si spiegherà già in parte nel contesto della prima lettera ai Corinzi (1Co 7) e in maniera più piena nella lettera agli Efesini (Ep 5,21-23). Nel nostro caso, si tratta probabilmente della risposta alla domanda se il matrimonio sia peccato; e si potrebbe anche pensare che in una tale domanda ci sia qualche influsso di correnti dualistiche pregnostiche, che più tardi si trasformarono in encratismo e manicheismo. Paolo risponde che qui non entra assolutamente in gioco la questione del peccato. Non si tratta del discernimento tra “bene” o “male”, ma soltanto tra “bene” o “meglio”. In seguito, egli passa a motivare perché chi sceglie il matrimonio “fa bene” e chi sceglie la verginità, ossia la continenza volontaria, “fa meglio”.

Dell’argomentazione paolina ci occuperemo durante la nostra prossima riflessione.

Ai pellegrini di espressione francese


Ai fedeli di lingua inglese

Ai fedeli di lingua tedesca

Ai pellegrini di lingua spagnola

Ai fedeli di espressione portoghese


Ai fedeli di lingua polacca


Ed ecco il testo del discorso del Papa in una nostra traduzione italiana.

Signora di Jasna Góra!

Dinanzi alla tua effigie mi incontro con tutta la mia Nazione nel corso di questo anno del VI centenario. Nel tuo Cuore materno sono in colloquio con tutti i miei connazionali, in particolare con coloro che soffrono. Sono molti che soffrono a causa delle loro convinzioni, coloro che sono privati dei loro giusti diritti.

In molti occhi vedo lacrime.

O Madre della mia Nazione! Aiuta perché essa “non si lasci vincere dal male, ma vinca con il bene il male” (cfr Rm 12,21).

In questo consiste la contemporanea prova della storia. Non è la prima. In ognuna di esse è messa in prova la coscienza, sono messi in prova il cuore e la volontà: per non lasciarsi vincere dal male, ma per vincere con il bene il male.

Ti ringrazio, o Madre, per coloro che così si comportano; che nelle loro coscienze, nel cuore e nella volontà trovano la forza per aumentare e rafforzare il bene tra le prove e i tormenti.

Ti ringrazio per quanti rimangono fedeli alla loro coscienza, e che - forse lottando con la loro debolezza - rafforzano gli altri.

Ti ringrazio per tutti coloro che fanno del bene agli altri, che superano egoismo e pusillanimità, che rafforzano la fratellanza. Per tutti quelli che si purificano interiormente - e che si convertono.

Ti ringrazio, o Madre, per tutti coloro che non si lasciano vincere dal male, ma vincono con il bene il male.


Di tale vittoria nessuno li può privare!

Ai gruppi italiani.

Rivolgo ora il mio saluto ai membri dell’Associazione Italiana Giuristi, convenuti a Roma per un incontro di studio sul tema: “La ricerca della pace e la soluzione dei conflitti internazionali”. Illustri Signori, l’argomento sul quale avete riflettuto è di bruciante attualità. Il mio augurio è che, grazie al generoso impegno di tutte le persone di buona volontà - e le finalità del vostra Sodalizio vi pongono certamente fra quelle - possano radicarsi sempre più negli animi l’amore per l’inestimabile bene della pace e la decisione di perseguirne la realizzazione mediante il dialogo, l’intesa e la collaborazione.

A questo proposito, sono lieto di aver potuto benedire, passando nella piazza all’inizio dell’Udienza, una significativa opera, che verrà collocata davanti alla sede del Parlamento Europeo nella città di Strasburgo. Si tratta di una scultura in marmo che riproduce, iscritte in un cubo ideale, le lettere della parola AMORE. Nell’esprimervi l’auspicio che l’amore possa finalmente trionfare sulle forze disgregatrici dell’odio, benedico di cuore i promotori della iniziativa e quanti lavorano per la causa della pace.
* * *


Saluto poi cordialmente il gruppo dell’Apostolato della Preghiera delle diocesi riunite di Macerata. Tolentino, Recanati, Cingoli, Treia. Carissimi, vi incoraggio ad impegnarvi in questa eletta forma di apostolato, che si attua nella quotidiana offerta di se stessi e del proprio vissuto quotidiano, in unione al Sacrificio Eucaristico, per le necessità della Chiesa e per la salvezza di tutti gli uomini secondo le intenzioni del Papa.

Il Cuore di Gesù continui ad essere sempre il centro ispiratore di ogni vostra attività apostolica.

Vi benedico e vi ringrazio perché la diffusione dello spirito dell’Apostolato della Preghiera e il vostro impegno di far conoscere ed amare il Cuore di Gesù sono oggi più che mai preziosi per la Chiesa. Essi sono anche particolarmente graditi al Papa.
* * *


Saluto adesso i sacerdoti della diocesi di Acerenza, che sono a Roma per un Convegno su “Comunione e Comunità”, e con essi, i numerosi missionari e missionarie operanti in Asia, Africa ed America, che partecipano ad un Corso di formazione permanente sull’evangelizzazione. Carissimi fratelli e sorelle, desidero esprimervi il mio apprezzamento per la generosa dedizione con cui avete lavorato in questi anni a servizio della causa del Regno di Dio ed auguro che questi giorni di riflessione e di studio vi illuminino sulle vie sempre più adatte ad annunciare Cristo nelle diverse culture. Vi accompagni la mia benedizione apostolica.
* * *


Un particolare saluto voglio riservare anche ad alcuni altri gruppi: i partecipanti al Corso per Allievi Ufficiali di complemento, guidati dai loro Comandanti e dal Cappellano; i partecipanti al XX Convegno Nazionale promosso dall’“Associazione Laringectomizzati”; ed infine il gruppo degli ospiti della “Casa di Gino” in Como. A tutti l’assicurazione del mio affetto e la mia benedizione.
* * *


Rivolgo ancora uno speciale saluto ai giovani che animano con il loro entusiasmo questa Udienza. In modo particolare desidero menzionare i giovani della parrocchia di Maria santissima del Carmine in Preturo di Montoro Inferiore, in diocesi di Avellino, i quali desiderano che sia da me benedetta la loro fiaccola che riporteranno poi accesa al loro paese, anche allo scopo di dare inizio alle celebrazioni dei 25 anni di apostolato in mezzo ad essi del loro parroco.

Mentre volentieri benedico tali fiaccole, auspico che tutti i giovani, che partecipano all’iniziativa, siano sempre fieri della fede e della speranza di cui esse sono simboli eloquenti.
* * *


Un cordiale saluto inoltre agli Sposi novelli, che, sostando a Roma nel viaggio di nozze, hanno voluto invocare sulla loro unione la protezione degli apostoli Pietro e Paolo, propiziata dalla benedizione del Papa. Carissimi, la mia benedizione vi accompagni nella vostra vita, ottenendovi quei doni spirituali che sono necessari alla piena realizzazione del vostro amore.
* * *


E un saluto particolarmente affettuoso rivolgo infine agli ammalati presenti all’Udienza: carissimi, chiedo al Signore che allevii le vostre sofferenze e vi sia di sostegno e di conforto. Non mancate, intanto, di mettere a frutto i vostri disagi, offrendoli generosamente a Cristo, perché se ne serva a vantaggio della Chiesa e del mondo nell’attuale difficile momento. A tutti la mia benedizione apostolica.





Catechesi 79-2005 9682