Catechesi 79-2005 9283

Mercoledì, 9 febbraio 1983

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1. Abbiamo detto in precedenza che nel contesto delle presenti riflessioni sulla struttura del matrimonio come segno sacramentale, dobbiamo tener conto non soltanto di ciò che Cristo dichiarò sulla sua unità e indissolubilità facendo riferimento al “principio”, ma anche (e ancor più) di ciò che egli disse nel Discorso della Montagna, quando si richiamò al “cuore umano”. Riportandosi al comandamento: “Non commettere adulterio”, Cristo parlò dell’“adulterio nel cuore”: “Chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (
Mt 5,28).

Così, dunque, nell’affermare che il segno sacramentale del matrimonio - segno dell’alleanza coniugale dell’uomo e della donna - si forma in base al “linguaggio del corpo” una volta riletto nella verità (e di continuo riletto), ci rendiamo conto che colui il quale rilegge questo “linguaggio” e poi lo esprime, non secondo le esigenze proprie del matrimonio come patto e sacramento, è naturalmente e moralmente l’uomo della concupiscenza: maschio e femmina, intesi ambedue come l’“uomo della concupiscenza”. I profeti dell’Antico Testamento hanno certamente davanti agli occhi questo uomo quando, servendosi di una analogia, stigmatizzano l’“adulterio di Israele e di Giuda”. L’analisi delle parole pronunciate da Cristo nel Discorso della Montagna c’induce a comprendere più profondamente l’“adulterio” stesso. E in pari tempo ci porta a convincerci che il “cuore” umano non è tanto “accusato e condannato” da Cristo a motivo della concupiscenza (“concupiscentia carnis”), quanto prima di tutto “chiamato”. Qui passa una decisa divergenza fra l’antropologia (o l’ermeneutica antropologica) del Vangelo e alcuni influenti rappresentanti dell’ermeneutica contemporanea dell’uomo (i cosiddetti maestri del sospetto).

2. Passando sul terreno della nostra presente analisi, possiamo constatare che sebbene l’uomo, nonostante il segno sacramentale del matrimonio, nonostante il consenso coniugale e la sua attuazione, rimanga naturalmente l’“uomo della concupiscenza”, tuttavia egli è contemporaneamente l’uomo della “chiamata”. È “chiamato” attraverso il mistero della redenzione del corpo, mistero divino, che ad un tempo è - in Cristo e per Cristo in ogni uomo - realtà umana. Quel mistero, inoltre, comporta un determinato ethos che per essenza è “umano”, e che abbiamo già in precedenza chiamato ethos della redenzione.

3. Alla luce delle parole pronunciate da Cristo nel Discorso della Montagna, alla luce di tutto il Vangelo e della nuova alleanza, la triplice concupiscenza (e in particolare la concupiscenza della carne) non distrugge la capacità di rileggere nella verità il “linguaggio del corpo” - e di rileggerlo continuamente in modo più maturo e più pieno -, per cui il segno sacramentale viene costituito sia nel suo primo momento liturgico sia, in seguito, nella dimensione di tutta la vita. A questa luce occorre constatare che, se la concupiscenza di per sé genera molteplici “errori” nel rileggere il “linguaggio del corpo” e insieme a ciò genera anche il “peccato”, il male morale, contrario alla virtù della castità (sia coniugale che extra-coniugale), tuttavia nell’ambito dell’ethos della redenzione rimane sempre la possibilità di passare dall’“errore” alla “verità”, come pure la possibilità di ritorno, ossia di conversione, dal peccato alla castità, quale espressione di una vita secondo lo Spirito (cfr Ga 5,16).

4. In questo modo, nell’ottica evangelica e cristiana del problema, l’uomo “storico” (dopo il peccato originale), in base al “linguaggio del corpo” riletto nella verità, è capace - come maschio e femmina - di costituire il segno sacramentale dell’amore, della fedeltà e dell’onestà coniugale, e questo come segno duraturo: “Esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”. Ciò significa che l’uomo, in modo reale, è autore dei significati per mezzo dei quali, dopo aver riletto nella verità il “linguaggio del corpo”, è anche capace di formare nella verità quel linguaggio nella comunione coniugale e familiare delle persone. Ne è capace anche come “uomo della concupiscenza”, essendo nello stesso tempo “chiamato” dalla realtà della Redenzione di Cristo (“simul lapsus et redemptus”).

5. Mediante la dimensione del segno, propria del matrimonio come sacramento, viene confermata la specifica antropologia teologica, la specifica ermeneutica dell’uomo, che in questo caso potrebbe anche chiamarsi “ermeneutica del sacramento”, perché consente di comprendere l’uomo in base all’analisi del segno sacramentale. L’uomo - maschio e femmina - come ministro del sacramento, autore (co-autore) del segno sacramentale, è soggetto cosciente e capace di autodeterminazione. Soltanto su questa base egli può essere l’autore del “linguaggio del corpo”, può essere anche autore (co-autore) del matrimonio come segno: segno della divina creazione e “redenzione del corpo”. Il fatto che l’uomo (il maschio e la femmina) è l’uomo della concupiscenza, non pregiudica che egli sia capace di rileggere il linguaggio del corpo nella verità. È l’“uomo della concupiscenza”, ma nello stesso tempo è capace di discernere la verità dalla falsità nel linguaggio del corpo e può essere autore dei significati veri (o falsi) di quel linguaggio.

6. È l’uomo della concupiscenza, ma non è completamente determinato dalla “libido” (nel senso in cui viene spesso usato questo termine). Una tale determinazione significherebbe che l’insieme dei comportamenti dell’uomo, perfino anche, per esempio, la scelta della continenza per motivi religiosi, si spiegherebbe soltanto attraverso le specifiche trasformazioni di questa “libido”. In tal caso - nell’ambito del linguaggio del corpo - l’uomo sarebbe in certo senso condannato a falsificazioni essenziali: sarebbe soltanto colui che esprime una specifica determinazione da parte della “libido”, ma non esprimerebbe la verità (o la falsità) dell’amore sponsale e della comunione delle persone, anche se pensasse di manifestarla. Di conseguenza, egli sarebbe dunque condannato a sospettare se stesso e gli altri, riguardo alla verità del linguaggio del corpo. A causa della concupiscenza della carne potrebbe essere soltanto “accusato”, ma non potrebbe essere veramente “chiamato”.

L’“ermeneutica del sacramento” ci consente di tirare la conclusione che l’uomo è sempre essenzialmente “chiamato” e non soltanto “accusato”, e ciò proprio in quanto “uomo della concupiscenza”.

Ad alcuni gruppi di lingua inglese

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Ai pellegrini polacchi

Nella terza domenica del mese di gennaio, la comunità dei polacchi a Roma si è riunita nella Chiesa romana di San Stanislao per una Santa Messa di ringraziamento a Dio per la solidarietà e per l’aiuto dati alla Chiesa e al Popolo nella nostra Patria da parte della Chiesa in Italia e dell’intera società italiana. Uno speciale telegramma del Primate di Polonia ha fatto sapere che alla celebrazione romana di ringraziamento si univa tutta la Chiesa in Polonia.

Signora di Jasna Gora!

Oggi, facendo riferimento a questo avvenimento, desidero, insieme con i miei connazionali ringraziare te in modo particolare per tutte le testimonianze di fratellanza spirituale, provenienti da diverse parti, per tutte le manifestazioni di solidarietà con la Nazione e con la Chiesa in Polonia: con la Nazione che si sforza di vivere in modo degno la sua esistenza sociale; con la Chiesa che in questo sforzo desidera servire la Nazione ed essere per essa un appoggio. Proprio a te desidero esprimere il ringraziamento per tutto ciò. Soprattutto a te, Madre!




Ai gruppi italiani

Un cordiale saluto rivolgo ai Membri della Delegazione degli espositori, che partecipano alla “ Mostra articoli brevettati modelli esclusivi e invenzioni ” (MOBI). Mentre auspico che la vostra attività contribuisca all’autentico progresso dell’uomo ed al miglioramento dei rapporti sociali, invoco dal Signore su di voi e sui vostri cari l’effusione dei favori celesti ed imparto la Benedizione Apostolica.
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Sono presenti a questo incontro alcuni Artisti del Circo “ Nando Orfei ”, in rappresentanza dei loro colleghi, che da circa un mese operano a Roma. A voi, carissimi fratelli e sorelle, desidero esprimere l’augurio che, fondati nella fede di Dio e nel rispetto per l’uomo, sappiate sempre comunicare una serena letizia ed un sano divertimento ai bambini ed anche ai grandi. E’ con questo auspicio che invoco su di voi, sul vostro quotidiano lavoro - spesso duro e faticoso - e su tutta la grande Famiglia del Circo l’abbondanza delle grazie divine, in pegno delle quali vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.
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Un saluto speciale rivolgo ora ai giovani, tra cui sono ottocento ragazzi e ragazze del movimento GEN. Carissimi, sono lieto di vedervi e di sapervi forti, entusiasti e desiderosi di far sentire la vostra presenza significativa alla società di oggi. Abbiate sempre più chiara coscienza del ruolo che siete chiamati a svolgere in seno alle vostre famiglie, alla scuola o all’ambiente in cui vivete; recate in questi ambienti il vostro ottimismo, la vostra gioia di vivere e la vostra speranza. Abbiate soprattutto una grande fede nel Signore, che non delude mai, e una grande apertura verso tutti, ma specialmente verso i poveri, i bisognosi, gli handicappati e quanti vivono ai margini della società: essi hanno bisogno di voi e attendono da voi aiuto, incoraggiamento, amicizia, amore. Così facendo darete sollievo a loro e troverete appagamento nei vostri cuori. Vi sia di conforto in questa vostra missione la mia Benedizione.
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Saluto pure gli ammalati che con la loro venuta qui in mezzo a noi ci hanno portato in dono i meriti delle loro sofferenze e della loro vita tanto provata.

Carissimi, vi ringrazio per questo singolare dono che arricchisce la chiesa e la rende capace di compiere il suo mandato che è quello di annunciare il Cristo e il Cristo Crocifisso. Nei momenti più difficili delle vostre prove, guardate a Lui, unite le vostre alle sue sofferenze e contribuirete così alla redenzione degli uomini: a tali vertici infatti si eleva la virtù del dolore cristianamente sofferto ed offerto. In queste vostre prove vi sarò vicino con la mia preghiera e Benedizione.
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Rivolgo infine un pensiero di augurio agli Sposi, che si sono uniti da poco in matrimonio. Il Signore vi conceda una vita serena e la gioia di vederla ogni giorno realizzata nella piena unità, nell’amore perfetto e nella reciproca dedizione, irrevocabile e feconda, a cui il sacramento vi ha abilitati. E’ questo l’augurio che vi lascio e che avvaloro con la mia Benedizione.



Mercoledì delle Ceneri, 16 febbraio 1983

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1. Questa udienza generale si svolge nel primo giorno di Quaresima: mercoledì delle Ceneri! È un giorno questo che apre una stagione spirituale particolarmente impegnativa per ogni cristiano, che vuol prepararsi degnamente alla celebrazione del Mistero Pasquale, cioè al ricordo della passione, morte e risurrezione del Signore.

Questo tempo forte dell’anno liturgico è contrassegnato dal messaggio biblico che si può riassumere in una sola parola: “metanoeite”, cioè “convertitevi”. Tale imperativo è richiamato alla mente dei fedeli dal rito austero dell’imposizione delle Sacre Ceneri, rito che, con le parole: “Convertitevi, e credete al Vangelo”, e con l’espressione: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai, invita tutti a riflettere sul dovere della conversione, ricordando l’inesorabile caducità ed effimera fragilità della vita umana, soggetta alla morte. È ciò che constatiamo ogni giorno e che, purtroppo, ci fa toccare con mano sovente dolorosi episodi, tra i quali basterà menzionare le due gravi sciagure di domenica scorsa, accadute l’una a Torino e l’altra in Val d’Aosta. Esse hanno gettato nel pianto numerose famiglie, alle quali rinnovo di cuore l’espressione del mio profondo cordoglio, mentre prego per i defunti e rivolgo al feriti il mio incoraggiamento e i miei voti.

La suggestiva cerimonia delle ceneri eleva la nostra mente alla realtà eterna che mai non passa, a Dio che è principio e fine, alfa e omega della nostra esistenza. La conversione infatti altro non è che un tornare a Dio, valutando le realtà terrene alla luce indefettibile della sua verità. È una valutazione che ci porta ad una coscienza sempre più chiara del fatto che siamo di passaggio nella faticosa vicenda di questa terra, e ci spinge e stimola a compiere ogni sforzo perché il regno di Dio sia instaurato dentro di noi e la sua giustizia trionfi.

2. Sinonimo di conversione è pure la parola penitenza; la Quaresima ci invita a praticare lo spirito di penitenza, non nella sua accezione negativa di tristezza e di frustrazione, ma in quella di elevazione dello spirito, di liberazione dal male, di distacco dal peccato e da tutti i condizionamenti che possono inceppare il nostro cammino verso la pienezza della vita.

Penitenza come medicina, come riparazione, come cambiamento di mentalità, che predispone alla fede e alla grazia, ma che presuppone volontà, sforzo e perseveranza. Penitenza come espressione di libero e gioioso impegno nella sequela di Cristo, che comporta l’accettazione delle esigenti, ma feconde parole del Maestro: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce, e mi segua” (
Mt 16,24).

A questi pensieri e a questi propositi ci invita la Quaresima.


3. L’inizio di questo tempo sacro ci porta anche a pensare all’Anno Giubilare della Redenzione, che, come sapete, sarà aperto verso la fine del periodo quaresimale, ed esattamente il prossimo 25 marzo, solennità dell’Annunciazione del Signore, nel ricordo dal momento provvidenziale in cui il Verbo eterno di Dio si fece Uomo per la nostra salvezza nel grembo purissimo della Vergine Maria.

L’apertura della Porta Santa, col suo suggestivo simbolismo, richiamerà al nostro spirito questo grande evento: il cielo si è aperto sulla terra, l’uomo ha trovato la Porta attraverso la quale può entrare, in Cristo e con Cristo, nel “Regno dei Cieli (cfr Mt 3,2 Mt 4,17), cioè nell’amicizia e nella pace di Dio.

Fin da oggi desidero intrattenervi sull’importanza e sulle finalità della celebrazione di questo evento decisivo per la storia dell’umanità e per la sorte di ciascuno di noi: celebrazione che vuol provocare in tutti i credenti una nuova riflessione e adesione di fede al nostro misericordioso Signore e Redentore, Cristo Crocifisso, e invitare tutti gli uomini d’oggi, anche i non cristiani, a guardare con occhi nuovi a lui come alla fonte dell’universale salvezza.

4. Se parliamo di Anno “Santo” è perché in questo tempo di grazia siamo chiamati a cercare con particolare impegno ciò che appartiene alla sfera di Dio perché a lui consacrato (“sanctum”), sotto l’aspetto non solo ontologico, ma anche etico, psicologico, spirituale, storico. In realtà tutto il tempo è di Dio, tutta la storia sviluppa nel tempo il disegno divino di salvezza, tutti gli anni della storia e tutti i giorni dell’anno scorrono su di una trama fissata da Dio, attuando ontologicamente il suo dominio, la sua regalità.

Ma la fede cristiana dà all’uomo una coscienza nuova della sacralità del tempo, della storia e della vita, perché gli fa scoprire il “mistero nascosto al secoli (Col 1,26), cioè il disegno salvifico di Dio, cominciato con l’Incarnazione, attuato pienamente sulla Croce e svolto progressivamente nella storia, specialmente mediante l’opera della Chiesa, dall’Ascensione fino alla parusia, cioè al ritorno di Cristo come Re di eterna gloria.

Cristo, “Re immortale dei secoli (1Tm 1,17), domina la storia e attraverso di lui il tempo rientra nell’eternità, ritrova cioè la sua sorgente e, in fondo, la sua stessa spiegazione e giustificazione.

L’Anno Santo vuol ricordare questa verità di fondo, messianica ed escatologica, della fede cristiana.

5. Com’è noto, quella dell’“Anno Santo” è pratica risalente già all’Antico Testamento. Fu Mosè stesso, il sommo legislatore d’Israele, a stabilire: ogni sette settimane di anni, “al decimo giorno del settimo mese farai squillare il “jôbel” (una speciale tromba): nel giorno dell’espiazione farete squillare il “jôbel” per tutto il paese. Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione del paese per tutti i suoi abitanti. Sara per voi un giubileo . . .” (Lv 25,9-10).

Così chiamato, probabilmente, dal nome della tromba che l’annunciava, il giubileo era inizialmente destinato a garantire stabilità ad una società fondata sulla famiglia e sui beni familiari e perciò a favorire in Israele un riordinamento nell’ambito sociale, economico e persino ecologico: con la liberazione degli schiavi, la reintegrazione di ciascuno nel proprio clan, la remissione dei debiti, la ricomposizione dei patrimoni, il riposo della terra.

Successivamente, con i profeti, si ebbe l’esplicita trasposizione del Giubileo all’era messianica, nella quale si sarebbe attuato finalmente l’ideale dell’Anno Santo, cioè il riconoscimento e l’accettazione della assoluta sovranità di Dio sull’uomo e sulle cose e, quindi, veramente il suo “regno”.

È quanto si è compiuto con la venuta di Gesù, Figlio eterno di Dio, fattosi uomo per la nostra salvezza, morto sulla Croce e poi risorto “secondo le Scritture”. Con lui hanno avuto compimento le figure, le promesse e le attese antiche e si è aperta nel mondo, per tutta l’umanità, la sorgente della salvezza. Con lui “è stato gettato un ponte sul mondo” - come s’esprime santa Caterina da Siena - perché su di esso tutti possano salire a Dio.


A Cristo, nostro Redentore, noi vogliamo guardare, durante questa Quaresima, con rinnovato slancio di fede e di amore. Sarà il modo migliore di prepararci alla celebrazione dell’Anno Santo. “Fissate ogni speranza in quella grazia - vi dico con l’Apostolo Pietro -. Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il Sangue prezioso di Cristo . . .” (1P 1,13 1P 1,19). Questo è il significato più profondo del Giubileo che ci invita ad essere uniti in Cristo come “ostia vivente, santa, gradita a Dio” (Rm 12,1).

Ai pellegrini di lingua francese

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Ad alcuni gruppi di lingua inglese


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Ai pellegrini polacchi

Oggi è il mercoledì delle Ceneri. L’inizio della Quaresima. Oggi, e anche la domenica prossima, nelle cattedrali, nelle chiese e cappelle in tutta la terra polacca, milioni di uomini chineranno le teste chiedendo l’imposizione delle ceneri in segno di penitenza. Sentiranno in questa occasione le parole: “Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai; oppure le parole: “Convertitevi, e credete al Vangelo”. Con queste parole inizia la Quaresima, il tempo di preparazione alla Pasqua.

Signora di Jasna Gora!

Inginocchiato dinanzi alla tua Immagine nell’anno giubilare, mi unisco ai miei fratelli e sorelle nella fede, e, in pari tempo, al figli e alle figlie della medesima Patria, invocando: - che in questo santo periodo riscoprano di nuovo la verità che Dio ha amato il mondo: “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Jn 3,16); - che riscoprano questa forza che è per ogni uomo in Cristo Crocifisso e Risorto; - che non si arrendano alle forze della morte e del peccato, ma con tutto il loro “io” umano e cristiano si affidino alla Vita!




Ai fedeli italiani

Rivolgo il mio saluto ai numerosi Ufficiali, Sottufficiali, Artiglieri e Allievi Ufficiali e Sottufficiali della Scuola di Artiglieria di Sabaudia, accompagnati dal loro Colonnello, dal Cappellano e dai familiari.

Ad essi unisco nello stesso tempo gli ufficiali, i Sottufficiali e i Militari delle Scuole della Motorizzazione di Roma.


A tutti voi rivolgo l’invito ad una vita cristiana sempre più esemplare, e, mentre insieme a voi auspico una pace duratura per l’Italia e l’umanità, vi assicuro il mio ricordo al Signore e di cuore vi benedico insieme alle vostre famiglie.
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Dirigo ora il mio saluto ai giovani, con particolare pensiero agli studenti delle varie Scuole, che so essere oggi molto numerosi.

Carissimi, anche a voi è rivolto l’invito alla conversione: “Convertitevi e credete al Vangelo”, per mettervi all’ascolto del Signore.

Convertirsi è soprattutto rivolgersi a qualcuno che chiama. E voi, generosi quali siete, impegnatevi con dedizione e coerenza nella corrispondenza al Signore che vi chiama a vivere pienamente la vita cristiana. Vi accompagni nei vostri propositi la mia Benedizione Apostolica.
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Per voi, dilettissimi infermi, l’inizio della Quaresima sia incitamento a più confidente preghiera per poter fissare lo sguardo, traendone fiducia e coraggio, all’ “Uomo di tutti i dolori”. Questo orientamento così sublime sia l’energia sostenitrice della vostra sofferenza e il conforto dei vostri animi. E vi ricordo che il vostro dolore, come quello di Gesù, è fonte preziosa di fecondità soprannaturale per la Chiesa intera. Di cuore vi imparto la mia propiziatrice Benedizione.
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Anche a voi, carissimi sposi novelli che la santità del sacramento ha reso più sensibili verso la vita soprannaturale, valgono gli appelli che la Chiesa ripetutamente rivolge in questo sacro tempo: rispondete ad essi con l’impegno di una unione più intima con Dio, a cui del resto vi richiama l’esigenza del vostro amore coniugale, fedele e indissolubile.

Di cuore imparto a voi ed ai vostri cari la mia Benedizione Apostolica.





                                                                                       
Marzo 1983

Martedì, 1° marzo 1983




1. Fra poche settimane avrà inizio il Giubileo della Redenzione, con l’apertura della Porta Santa: un rito nel quale sembrano confluire tante nobili aspirazioni antiche, che trovano forse la migliore espressione in quei versetti del Salmo 117 [118]), che venivano cantati dai pellegrini israeliti quando entravano nel tempio di Gerusalemme in occasione della Festa delle Capanne: “Apritemi le porte della giustizia: entrerò a rendere grazie al Signore. È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti” (cfr Ps 118,19-20).

Ma all’inizio del Salmo vi è un invitatorio, che poi serve anche come conclusione: “Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia” (cfr Ps 118,1 Ps 118,29).

Giustizia e misericordia sono la sintesi inscindibile del misterioso rapporto di Dio con l’uomo, il quale è invitato a confidare nella bontà infinita di Colui che per amore lo ha creato, per amore lo ha redento, per amore lo ha chiamato al Battesimo, alla Penitenza, all’Eucaristia, alla Chiesa, alla vita eterna. Ed è anche per amore che Dio ci fa sentire in questi giorni il suo appello alla conversione, simboleggiata dall’ingresso attraverso la Porta Santa.

Si tratta della conversione intima e profonda (“metanoia”) di chi vuole adeguarsi alle esigenze della divina giustizia con una incrollabile fiducia nella divina misericordia. L’Anno Santo vuole essere questo “tempo favorevole” (cfr 1Co 6,2) di ingresso e di conversione per coloro che da vicino o da lontano guardano alla Porta Santa e con la luce della fede ne scoprono il significato: porta di giustizia, porta di misericordia, aperta dalla Chiesa che annuncia e vuol dare Cristo al mondo.

2. Cristo è la vera Porta: egli stesso lo ha detto di sé (Jn 10,7), come si è pure definito via al Padre (Jn 14,6).

È una porta e una via di giustizia, perché passando attraverso di lui si entra nell’ordine di rapporti con Dio rispondente alle esigenze della santità di Dio e della natura stessa dell’uomo: ordine di rettitudine, di subordinazione alla divina volontà, di ubbidienza alla divina legge; ordine che viene determinato dalla Parola di Dio contenuta nelle Sacre Scritture, ma che già si delinea nell’intimo della coscienza libera e pura e si riflette nelle convinzioni etiche degli uomini non corrotti, ordine che nella coscienza cristiana viene più chiaramente illuminato e più incisivamente scolpito dal magistero interiore dello Spirito Santo.

Ora, il peccato dell’uomo sconvolge l’ordine nella sua essenza etica, non senza ripercussioni di natura psichica, somatica, persino cosmica, come ha intuito san Paolo (cfr Rm 8,20) e come l’esperienza umana attesta nel quotidiano contatto con i mali e i dolori del mondo.

Non di rado, oggi, in momenti di più cruda constatazione delle miserie umane che si verificano ad ogni livello della vita personale, familiare, sociale, si levano voci allarmanti e allarmate che presagiscono l’ora della catastrofe.

Nelle ore di maggiore sincerità, molti forse sentono passare sul loro cuore le stesse malinconiche considerazioni di san Paolo sulla condizione dell’uomo decaduto e quasi scardinato dal peccato (cfr Rm 1,18). Ma con san Paolo il credente sa che l’ordine della divina giustizia è stato ricomposto da Cristo, il quale “per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1Co 1,30).

Il credente sa che Cristo è la Porta della Nuova giustizia, perché col sacrificio della sua vita egli ha ristabilito l’ordine dei rapporti tra l’umanità e Dio, vincendo il peccato e immettendo nel mondo le forze della Redenzione ben più potenti di quelle del peccato e della morte.


3. Questo ingresso nel nuovo ordine della giustizia non sarebbe possibile se su tutta l’economia della salvezza non si estendesse il raggio dell’infinita misericordia di Dio che è per essenza amore, clemenza, bontà generosa e soccorrevole. Poiché Dio ci ha amati, “non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi”, come dice san Paolo (Rm 8,32) e ha accolto il suo sacrificio. Cristo Crocifisso è il segno inconfutabile dell’amore di Dio per noi e la definitiva rivelazione della sua misericordia.

La Porta Santa simboleggia dunque, e soprattutto, la Porta della Misericordia, che anche l’uomo d’oggi può trovare in Cristo.

Molti uomini del nostro tempo hanno forse bisogno soprattutto di sentirsi rinfrancare nella speranza, che si fonda sulla rivelazione della divina misericordia. Per questo ho voluto dedicare a questo tema affascinante e fondamentale del cristianesimo la mia seconda enciclica (1981), che presenta Dio, con le parole di san Paolo, appunto come Dives in Misericordia (Ep 2,4). Io desidero, spero e prego che l’Anno Santo sia un’occasione provvidenziale per una evangelizzazione e catechesi della Misericordia a raggio universale.

4. L’ingresso attraverso la Porta della Giustizia e della Misericordia ha ancora il significato di una nostra nuova e più decisa conversione, che si concretizza nella pratica della Penitenza come virtù e come Sacramento.

Anche la conversione è un dono di misericordia, una grazia di Dio, un frutto della redenzione operata da Cristo, ma include ed esige un atto della nostra volontà che liberamente, sotto l’azione dello Spirito Santo, accetta il dono, risponde all’amore, rientra nell’ordine dell’eterna legge e giustizia, cede dunque all’attrattiva della divina Misericordia.

L’Anno 1983 sarà veramente Santo per coloro che in esso si lasceranno riconciliare con Dio (cfr 2Co 5,20), pentendosi e facendo penitenza; per coloro che qui a Roma o in qualsiasi luogo, anche nelle più sperdute lande dove è giunto il messaggio della Croce, acquisteranno il Giubileo, e quindi prenderanno la via dell’Altare per professare la loro fede e invocare il Padre celeste, ma anche quella del Confessionale, per dichiararsi peccatori e chiedere umilmente perdono a Dio, rinnovando così la propria coscienza nel Sangue di Cristo (cfr He 9,14).

In essi si compirà così l’opera della divina Misericordia, che li renderà partecipi della Giustizia di Cristo, dal quale deriva ogni nostro bene, ogni nostra possibilità di speranza e di salvezza.

A giovani filippini


A pellegrini di lingua tedesca


Preghiera alla Madonna di Jasna Gora



Signora di Jasna Gora!


Inginocchiato in spirito dinanzi alla tua amata Effigie, desidero oggi raccomandare ed affidare a te il mio ministero apostolico nei Paesi dell’America Centrale.

Incomincerò questo ministero dal giorno di domani. I Vescovi Polacchi, riuniti nella loro recente Conferenza plenaria, si sono rivolti a questo proposito a tutti i miei connazionali con queste parole: “Con un’ardente preghiera e una personale penitenza nel sopportare difficoltà e sofferenze quotidiane cercheremo di aiutare al cospetto di Dio il Papa in questo suo difficile pellegrinaggio apostolico”.

Esprimo la mia gratitudine per questo aiuto spirituale.

Contemporaneamente manifesto la mia convinzione che le esperienze della mia Nazione mi aiuteranno a compiere la missione del Vangelo verso quelle popolazioni che sono tanto provate nell’attuale ora della storia.

E perciò a te, Madre, affido questo ministero. “Totus tuus”.


A fedeli e visitatori di lingua portoghese

Ai diversi gruppi italiani

È presente all’udienza di oggi un numeroso gruppo di aderenti all’Associazione Italiana Stomizzati (AISTOM).


Carissimi, nel rivolgervi il mio saluto cordiale, desidero esprimere vivo apprezzamento per i nobili fini che la vostra Associazione persegue. E’ importante che allo stomizzato sia offerta ogni opportunità di reinserimento, dal punto di vista sia psicologico che funzionale, nel tessuto sociale di cui deve continuare a sentirsi parte integrante. Vi esorto, a perseverare nel cammino intrapreso, mentre benedico voi ed i vostri familiari.
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Un affettuoso saluto rivolgo anche al gruppo di Catechisti parrocchiali delle diocesi di Salerno, Acerra e Campagna, accompagnati all’Udienza dall’Arcivescovo Monsignor Gaetano Pollio e dal Vescovo Coadiutore, Monsignor Guerino Grimaldi. Carissimi, la visita alle tombe degli Apostoli ed ai luoghi consacrati dal sangue dei martiri valga a ravvivare nei vostri animi le certezze della fede, confermandovi nel generoso proposito di farvi annunciatori fra gli uomini di oggi di quella Parola di salvezza, nella quale intere generazioni di cristiani hanno trovato le supreme ragioni del vivere e del morire. Con la mia Apostolica Benedizione.
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Saluto poi il gruppo di famiglie e alunni del liceo scientifico “Francesco della Madonna” e delle scuole elementare e media dell’Istituto San Gaetano, guidato dalle Suore Orsoline di Gandino, che ricordano in questi giorni il loro cinquantesimo di apostolato nel popoloso rione romano di Trastevere. Carissimi, sono contento di vedere unite famiglia e scuola cattolica nel commemorare l’anniversario dell’opera che le benemerite religiose, venute dalla generosa terra bergamasca, vanno svolgendo con dedizione e spirito di sacrificio. Di cuore vi imparto la mia Benedizione. Benedico altresì tutti gli studenti e le studentesse delle altre Scuole provenienti da varie città d’Italia, che sono presenti a questo incontro.
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Ricorso e saluto anche gli altri giovani, auspicando che con la generosità e l’entusiasmo, che caratterizzano la loro età, sappiano mettersi, in questo periodo quaresimale, alla sequela di Gesù, con spirito di profonda conversione interiore ed altresì di fattiva carità verso i poveri e i bisognosi.
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Ed a voi, fratelli e sorelle infermi, che portate nel vostro animo e nel vostro corpo “le stigmate di Gesù”, voglio dire oggi una parola di conforto e di incoraggiamento, che ci proviene dalla bocca stessa di Gesù, nel suo colloquio con i discepoli, che si recavano ad Emmaus: “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Unite le vostre sofferenze alle sue, per il bene della Chiesa e dell’umanità, e Dio rivelerà in voi la sua gloria.
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A voi, novelli sposi, che in questi giorni avete consacrato irrevocabilmente il vostro vicendevole affetto dinanzi a Dio ed alla Chiesa nel sacramento del Matrimonio, rivolgo l’augurio che la vostra nascente famiglia cristiana sia sempre una fervida ed operosa comunità di fede e di amore, nella mutua fedeltà e dedizione.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.



Mercoledì, 16 marzo 1983

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Catechesi 79-2005 9283