Catechesi 79-2005 13109

Mercoledì, 13 ottobre 1999: La virtù teologale della carità: amore verso Dio

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1. Nell’antico Israele il comandamento fondamentale dell’amore verso Dio era inserito nella preghiera recitata quotidianamente: “Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (
Dt 6,4-7).

Alla base di questa esigenza di amare Dio in modo totale c’è l’amore che Dio stesso porta all’uomo. Egli attende una vera e propria risposta di amore dal popolo che ama di un amore di predilezione. È un Dio geloso (cfr Ex 20,5), che non può tollerare l’idolatria, da cui il suo popolo è di continuo tentato. Di qui il comandamento: “Non avrai altri dei di fronte a me” (Ex 20,3).

Progressivamente Israele comprende che al di là di questa relazione di profondo rispetto e di esclusiva adorazione, deve esprimere al Signore un atteggiamento di figliolanza e persino di nuzialità. In tal senso verrà inteso e letto il Cantico dei Cantici, trasfigurando la bellezza dell’amore umano nel dialogo sponsale tra Dio e il suo popolo.

Di questo amore il libro del Deuteronomio ricorda due caratteristiche essenziali. La prima è che l’uomo non ne sarebbe mai capace, se Dio non gliene desse la forza attraverso la “circoncisione del cuore” (cfr Dt 30,6), che elimina dal cuore ogni attaccamento al peccato. L’altra è che questo amore, lungi dal ridursi al sentimento, si concretizza nel “camminare per le vie” di Dio, nell’osservare “i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme” (Dt 30,16). È questa la condizione per “avere la vita e il bene”, mentre volgere il cuore ad altri dei conduce a trovare “la morte e il male” (Dt 30,15).

2. Il precetto del Deuteronomio ritorna inalterato nell’insegnamento di Gesù, che lo definisce “il più grande e il primo dei comandamenti”, unendo ad esso strettamente quello dell’amore del prossimo (cfr Mt 22,34-40). Riproponendo il precetto negli stessi termini dell’Antico Testamento, Gesù mostra che su questo punto la Rivelazione ha già raggiunto un suo apice.

Al tempo stesso, proprio nella persona di Gesù il senso di questo comandamento assume la sua pienezza. In lui infatti si realizza la massima intensità dell’amore dell’uomo per Dio. D’ora in poi amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze, significa amare quel Dio che si è rivelato in Cristo e amarlo partecipando dell’amore stesso di Cristo, effuso in noi “per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).

3. La carità costituisce l’essenza del ‘comandamento’ nuovo insegnato da Gesù. Essa in effetti è l’anima di tutti comandamenti, la cui osservanza viene ulteriormente ribadita e anzi diviene la dimostrazione palese dell’amore verso Dio: “In questo consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti” (1Jn 5,3). Questo amore, che è insieme amore per Gesù, rappresenta la condizione per essere amati dal Padre: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Jn 14,21).

L’amore verso Dio, reso possibile dal dono dello Spirito, si fonda dunque sulla mediazione di Gesù, come egli stesso afferma nella preghiera sacerdotale: “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Jn 17,26). Questa mediazione si concretizza soprattutto nel dono che egli ha fatto della sua vita, dono che da un lato testimonia il più grande amore, dall’altro esige l’osservanza di ciò che Gesù comanda: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando” (Jn 15,13-14).

La carità cristiana attinge a questa sorgente di amore, che è Gesù, il Figlio di Dio offerto per noi. La capacità di amare come Dio ama è offerta ad ogni cristiano come frutto del mistero pasquale di morte e risurrezione.

4. La Chiesa ha espresso questa sublime realtà insegnando che la carità è una virtù teologale, vale a dire una virtù che si riferisce direttamente a Dio e fa entrare le creature umane nel circuito dell’amore trinitario. Infatti Dio Padre ci ama come ama Cristo, vedendo in noi la sua immagine. Questa viene, per così dire, dipinta in noi dallo Spirito, che come un ‘iconografo’ la realizza nel tempo.

È sempre lo Spirito Santo a disegnare nell’intimo della nostra persona anche le linee fondamentali della risposta cristiana. Il dinamismo dell’amore per Dio scaturisce così da una sorta di “connaturalità” realizzata dallo Spirito Santo che ci “divinizza”, secondo il linguaggio della tradizione orientale.

Nella forza dello Spirito Santo, la carità anima l’agire morale del cristiano, orienta e rafforza tutte le altre virtù, le quali edificano in noi la struttura dell’uomo nuovo. Come dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, “l’esercizio di tutte le virtù è animato e ispirato dalla carità. Questa è il ‘vincolo della perfezione’ (Col 3,14); è la forma delle virtù; le articola e le ordina tra loro; è sorgente e termine della loro pratica cristiana. La carità garantisce e purifica la nostra capacità umana di amare. La eleva alla perfezione soprannaturale dell’amore divino” (CFR CEC 1827). Come cristiani, siamo sempre dei chiamati all’amore.


Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese

Adesso vorrei porgere il benvenuto a tutti i pellegrini neerlandesi e belgi.

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo! Maria Santissima, Madre del Signore e Madre della Chiesa, sia la vostra guida in questa vita, e accompagni continuamente il vostro cammino di fede e di carità per il suo esempio e per la sua intercessione.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, l’uomo è chiamato a rispondere all’amore di Dio amando Dio e il prossimo (cfr Mt 22,37-40 Mt 25,31-45); è chiamato a rispondere all’amore con l’amore. Tale amore si rivela come regola fondamentale della vita umana, base per costruire un mondo in sintonia con il progetto divino. Questo amore per natura crea le condizioni sociali, economiche e politiche indispensabili per rendere possibile a tutti una vita dignitosa.

Saluto cordialmente i pellegrini croati ed imparto loro la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Rivolgo un cordiale benvenuto al gruppo di pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca.

Carissimi, vi ringrazio per la vostra visita ed auspico che questo incontro con il Successore di San Pietro valga a rinsaldare la vostra fede ed il vostro generoso impegno di testimonianza cristiana. Con questi pensieri, di cuore invoco su di voi e sui vostri cari copiose benedizioni dal cielo.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi da Detva.

Cari fratelli e sorelle, durante i vari incontri con voi sento sovente cantare: “Signore, benedici il Santo Padre, Vicario di Cristo!”. Vi ringrazio delle preghiere e dei sacrifici, con cui accompagnate il mio ministero di Pastore della Chiesa universale. Anche il Papa prega per voi.

Con gratitudine vi impartisco la mia Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana

Cari pellegrini lituani!

Vi saluto di cuore ed auspico che la vostra visita al centro della Cristianità e l’odierno incontro con il Successore di San Pietro vi avvicinino ancora di più alla Chiesa universale di Cristo, messaggera di speranza per il mondo di oggi.

Volentieri imparto la mia Benedizione Apostolica a voi, ai vostri cari e a tutta la vostra Patria, la Lituania.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Nel salutare i pellegrini di lingua italiana, rivolgo anzitutto il mio pensiero ai fedeli della Parrocchia "Immacolata" in Modugno (Bari), che mi hanno chiesto di benedire la prima pietra della costruenda chiesa parrocchiale. Saluto, poi, il Comitato delle manifestazione per la "Festa del Covo" in Candia d'Ancona. Saluto i Dirigenti ed il Personale dell'Ospedale Civile di Sapri e ben volentieri benedico le statue dell'Immacolata e di San Giuseppe, che verranno collocate nella cappella appena costruita. La Santa Famiglia di Nazaret protegga questa struttura sanitaria al servizio delle persone sofferenti e bisognose di cure.

Mi rivolgo, ora, con tanto affetto ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli.

Il mio pensiero va alla Madonna di Fatima, di cui proprio oggi ricordiamo l'ultima apparizione. Alla celeste Madre di Dio affido voi, cari giovani, perché possiate generosamente rispondere alla chiamata del Signore. Maria sia per voi, cari malati, conforto nelle vostre pene, ed accompagni voi, cari sposi novelli, nel vostro incipiente cammino familiare.




Mercoledì, 20 ottobre 1999: La virtù teologale della carità: amore verso il prossimo

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1. “Se uno dicesse: ‘Io amo Dio’, e odiasse il proprio fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello” (
1Jn 4,20-21).

La virtù teologale della carità, di cui abbiamo parlato nella scorsa catechesi, si esprime nella duplice direzione: verso Dio e verso il prossimo. Nell’uno e nell’altro aspetto, essa è frutto del dinamismo stesso della vita della Trinità dentro di noi.

La carità ha infatti nel Padre la sua sorgente, si rivela pienamente nella Pasqua del Figlio crocifisso e risorto, è infusa in noi dallo Spirito Santo. In essa Dio ci rende partecipi del suo stesso amore.

Se si ama davvero con l’amore di Dio, si amerà anche il fratello come Lui lo ama. Qui sta la grande novità del cristianesimo: non si può amare Dio, se non si amano i fratelli creando con loro un’intima e perseverante comunione di amore.

2. L’insegnamento della Sacra Scrittura a tal proposito è inequivocabile. L’amore dei propri simili viene già raccomandato agli Israeliti: “Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lv 19,18). Se questo precetto in un primo momento sembra ristretto ai soli Israeliti, esso tuttavia è inteso man mano in senso sempre più largo, includendo anche gli stranieri che abitano in mezzo a loro, nel ricordo che lo stesso Israele è stato straniero in terra d’Egitto (cfr Lv 19,34 Dt 10,19).

Nel Nuovo Testamento questo amore viene comandato in un senso chiaramente universale: suppone un concetto di prossimo che non ha frontiere (cfr Lc 10,29-37) ed è esteso anche ai nemici (cfr Mt 5,43-47). È importante notare che l’amore del prossimo è visto come imitazione e prolungamento della bontà misericordiosa del Padre celeste che provvede alle necessità di tutti e non fa distinzioni di persone (cfr Mt 5,45). Esso resta comunque legato all’amore verso Dio: i due comandamenti dell’amore rappresentano infatti la sintesi e il vertice della Legge e dei Profeti (cfr Mt 22,40). Solo chi pratica ambedue i comandamenti non è lontano dal Regno di Dio, come Gesù stesso sottolinea, rispondendo ad uno scriba che lo aveva interrogato (cfr Mc 12,28-34).

3. Seguendo questo itinerario, che collega l’amore del prossimo a quello di Dio ed entrambi alla vita di Dio in noi, è facile comprendere come l’amore sia presentato nel Nuovo Testamento come un frutto dello Spirito, anzi come il primo fra i molti doni elencati da san Paolo nella Lettera ai Galati: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Ga 5,22).

Nella tradizione teologica si sono distinti, pur ponendoli in correlazione, le virtù teologali, i doni e i frutti dello Spirito Santo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica CEC 1830-1832). Mentre le virtù sono qualità permanenti conferite alla creatura in vista delle opere soprannaturali che deve compiere e i doni perfezionano le virtù sia teologali che morali, i frutti dello Spirito sono atti virtuosi che la persona compie con facilità, in modo abituale e con diletto (cfr S. Tommaso, Summa theologiae, I-II 70,1, ad 2). Queste distinzioni non si oppongono a ciò che Paolo afferma parlando al singolare di frutto dello Spirito. L’Apostolo infatti intende indicare che il frutto per eccellenza è la stessa carità divina che è l’anima di ogni atto virtuoso. Come la luce del sole si esprime in una gamma sconfinata di colori, così la carità si manifesta in molteplici frutti dello Spirito.

4. In questo senso nella Lettera ai Colossesi si dice: “Al di sopra di tutto vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione” (Col 3,14). L’inno alla carità contenuto nella prima Lettera ai Corinzi (cfr 1Co 13) celebra questo primato della carità su tutti gli altri doni (cfr 1Co 13,1-3), e persino sulla fede e la speranza (cfr 1Co 13,13). Di essa l’apostolo Paolo afferma: “La carità non avrà mai fine” (1Co 13,8).

L’amore verso il prossimo ha una connotazione cristologica, poiché deve adeguarsi al dono che Cristo ha fatto della propria vita: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1Jn 3,16). In quanto misurato sull'amore di Cristo, esso può dirsi “comandamento nuovo”, che permette di riconoscere i veri discepoli: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Jn 13,34-35). Il significato cristologico dell’amore del prossimo risplenderà nella seconda venuta di Cristo. Proprio allora, infatti, si constaterà che il metro di giudizio dell’adesione a Cristo è precisamente l’esercizio quotidiano e visibile della carità verso i fratelli più bisognosi: “Ero affamato e mi avete dato da mangiare . . .” (cfr Mt 25,31-46).

Solo chi si lascia coinvolgere dal prossimo e dalle sue indigenze, mostra concretamente il suo amore per Gesù. La chiusura e l’indifferenza verso l’“altro” è chiusura verso lo Spirito Santo, dimenticanza di Cristo e negazione dell’universale amore del Padre.



Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese

Adesso vorrei porgere il benvenuto a tutti i pellegrini neerlandesi e belgi. Auguro che la vostra visita alle tombe degli Apostoli rafforzi ed approfondisca la fede del vostro Battesimo, in modo tale che ognuno possa dare il suo contributo, tramite la preghiera e le opere di carità, all’evangelizzazione della nostra società.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, la preparazione al Grande Giubileo e la sua celebrazione devono essere anche tempo di riflessione su come tradurre in pratica il comandamento dell’amore (cfr Mt 22,37-40 Jn 13,34) e vivere secondo le Beatitudini (cfr Mt 6,25-34). Si attende, infatti, dai battezzati che con la loro vita e le opere di ogni giorno manifestino sempre di più di essere discepoli di Cristo (cfr Jn 13,35 Ac 4,32).

Saluto di cuore il Vescovo di Dubrovnik, Mons. Zelimir Puljic, ed i pellegrini della sua diocesi, come pure il gruppo di pellegrini di Umag. Invoco su tutti la benedizione di Dio.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Do il mio cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti da Praga.

La pia tradizione dedica il mese di ottobre al Santo Rosario. Perciò vi esorto a riscoprire la comunione con la Vergine Maria, per mezzo di questa bella preghiera.

Con questi voti, volentieri, vi imparto l’Apostolica Benedizione.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Saluto cordialmente i pellegrini ungherese da Csongrád.

Nel mese di ottobre preghiamo il Rosario, meditando sui grandi misteri della Redenzione.

Per l’intercessione della Regina del Rosario volentieri imparto a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi da Bratislava, Cadca e Spišská Kapitula.

Cari fratelli e sorelle, nella Prima lettera di San Pietro leggiamo: “Voi siete pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale” (cfr 1P 2,5). Dinanzi a voi si trova la Basilica di San Pietro con la sua facciata rinnovata. Il nostro godimento dinanzi a questo capolavoro non possa essere solo di carattere estetico, ma debba aprirsi al fascino interiore della realtà spirituale significata.

Volentieri benedico voi e i vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovena

Benvenuti, pellegrini di Vojnik in Slovenia, che siete venuti con il signor Parroco ed il Sindaco a visitare i luoghi sacri in preparazione al Grande Giubileo. Vi guidi la Madre celeste alla quale siete tanto devoti. Con questo desiderio vi impartisco la mia Benedizione Apostolica.
* * *


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai partecipanti al centesimo Congresso della Società Italiana di Medicina Interna. Carissimi, vi ringrazio per la vostra presenza e per la vostra qualificata azione nel campo della Medicina Clinica italiana ed internazionale. Auspico di cuore che il vostro importante lavoro al servizio dell'uomo rechi frutti copiosi, rafforzando nei cittadini la coscienza del valore sacro della vita ed impegnandoli nella difesa del diritto di ogni essere umano a vedere sommamente rispettato questo bene primario. Saluto le vostre famiglie e quanti si uniscono a voi per celebrare questa significativa ricorrenza. Iddio benedica le vostre persone e vi aiuti nella vostra attività.

Saluto i fedeli provenienti da Martina Franca, venuti insieme con il loro Arcivescovo, Monsignor Benigno Luigi Papa, per ricordare i dieci anni della mia Visita pastorale a quella Comunità cristiana; i membri del Centro giovanile Giovanni XXIII, della Parrocchia Santa Maria della Speranza, che in questi giorni ospitano un gruppo di "clowns" dell'associazione "Fundatia Parada" di Bucarest; gli Ufficiali, i Sottufficiali e i Marinai del Comando Generale del Corpo Capitanerie di Porto.

Rivolgo, infine, il mio pensiero ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Carissimi, il mese di ottobre ci invita a rinnovare la nostra attiva cooperazione alla missione della Chiesa. Con le fresche energie della giovinezza, con la forza della preghiera e del sacrificio e con le potenzialità della vita coniugale, sappiate essere missionari del Vangelo, offrendo il vostro concreto sostegno a quanti faticano per portarlo a chi ancora non lo conosce.




Mercoledì, 27 ottobre 1999: Amore preferenziale per i poveri

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1. Il Concilio Vaticano II sottolinea una specifica dimensione della carità che ci porta, sull’esempio di Cristo, ad andare incontro soprattutto ai più poveri: “Come Cristo . . . è stato inviato dal Padre a ‘dare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito’ (
Lc 4,18), ‘a cercare e salvare ciò che era perduto’ (Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo Fondatore, povero e sofferente, si premura di sollevarne l’indigenza, e in loro intende servire a Cristo” (Lumen gentium LG 8).

Vogliamo oggi approfondire l’insegnamento della Sacra Scrittura sulle motivazioni dell’amore preferenziale per i poveri.

2. Va innanzitutto osservato che, dall’Antico al Nuovo Testamento, c’è un progresso nel valutare il povero e la sua situazione. Nell’Antico Testamento emerge spesso la comune convinzione umana secondo cui la ricchezza è migliore della povertà e rappresenta la giusta ricompensa riservata all’uomo retto e timorato di Dio: “Beato l’uomo che teme il Signore e trova grande gioia nei suoi comandamenti . . . Onore e ricchezza nella sua casa” (Ps 112,1 Ps 112,3). La povertà è colta come punizione per chi rifiuta l’istruzione sapienziale (cfr Pr 13,18).

Ma da un’altra prospettiva, il povero diventa oggetto di particolare attenzione in quanto vittima di un’ingiustizia perversa. Sono famose le invettive dei profeti contro lo sfruttamento dei poveri. Il profeta Amos (cfr Am 2,6-15) pone l’oppressione del povero tra i capi d’accusa contro Israele: “Hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali; essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri e fanno deviare il cammino dei miseri” (Am 2,6-7). Il collegamento della povertà con l’ingiustizia è sottolineato anche in Isaia: “Guai a coloro che fanno decreti iniqui e scrivono in fretta sentenze oppressive, per negare la giustizia ai miseri e per frodare del diritto i poveri del mio popolo, per fare delle vedove la loro preda e per spogliare gli orfani” (Is 10,1-2).

Questa connessione spiega anche perché abbondino le norme in difesa dei poveri e di coloro che sono socialmente più deboli: “Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido” (Ex 22,21-22 cfr Pr 22,22-23 Si 4,1-10). Difendere il povero è dare onore a Dio, padre dei poveri. Pertanto è giustificata e raccomandata la generosità nei loro confronti (cfr Dt 15,1-11 Dt 24,10-15 Pr 14,21 Pr 17,5).

Nel progressivo approfondimento del tema della povertà, questa viene assumendo un valore religioso. Dio parla dei “suoi” poveri (cfr Is 49,13) che vengono ad identificarsi con il “resto di Israele”, popolo umile e povero, secondo una espressione del profeta Sofonia (cfr So 3,12). Anche del futuro Messia si dice che prenderà a cuore i poveri e gli oppressi, come si esprime Isaia nel noto testo riguardante il germoglio che spunterà dal tronco di Iesse: “Giudicherà con giustizia i poveri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese” (Is 11,4).

3. Per questo nel Nuovo Testamento ai poveri è annunciato il lieto messaggio della liberazione, come Gesù stesso sottolinea, applicando a sé la profezia del libro di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4,18 cfr Is 61,1-2).

Occorre assumere l’atteggiamento interiore del povero per essere partecipi del “regno dei cieli” (cfr Mt 5,3 Lc 6,20). Nella parabola della grande cena i poveri assieme agli storpi, ai ciechi, agli zoppi, insomma alle categorie sociali più sofferenti ed emarginate, sono invitati al banchetto (cfr Lc 14,21). Dirà san Giacomo che Dio “ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano” (Jc 2,5).

4. La povertà “evangelica” implica sempre un grande amore per i più poveri di questo mondo. In questo terzo anno di preparazione al grande Giubileo occorre riscoprire Dio come Padre provvidente che si china sulle sofferenze umane per risollevare da esse quanti ne sono afflitti. Anche la nostra carità deve tradursi in condivisione e promozione umana intesa come crescita integrale di ogni persona.

La radicalità evangelica ha spinto tanti discepoli di Gesù, lungo la storia, a ricercare la povertà fino al punto di vendere i propri beni e darli in elemosina. La povertà qui diventa una virtù che, oltre ad alleggerire la sorte del povero, si trasforma in cammino spirituale grazie al quale egli può procurarsi la vera ricchezza, ossia un tesoro inesauribile nei cieli (cfr Lc 12,32-34). La povertà materiale non è mai fine a se stessa, ma un mezzo per seguire Cristo, il quale, come ricorda Paolo ai Corinzi, “da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà” (2Co 8,9).

5. Qui non posso non far notare, ancora una volta, che i poveri costituiscono la sfida odierna, soprattutto per i popoli benestanti del nostro pianeta, dove milioni di persone vivono in condizioni disumane e molti muoiono letteralmente di fame. Annunciare Dio Padre a questi fratelli non è possibile senza l’impegno a collaborare in nome di Cristo per la costruzione di una società più giusta.

Da sempre, e in modo particolare col suo magistero sociale, dalla Rerum novarum alla Centesimus annus, la Chiesa si è adoperata per affrontare il tema dei più poveri. Il grande Giubileo del 2000 dev’essere vissuto come un’ulteriore occasione di forte conversione dei cuori perché lo Spirito susciti in questa direzione nuovi testimoni. I cristiani, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, dovranno contribuire, attraverso adeguati programmi economici e politici, a quei mutamenti strutturali tanto necessari perché l’umanità sia risollevata dalla piaga della povertà (cfr CA 57).



Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, dai battezzati ci si attende che dal loro modo di vivere e di operare traspaia il loro essere cristiani. Questo linguaggio deve essere di amore verso tutti, compresi i nemici, grande nel perdono e che stende la mano in segno di riconciliazione. L’amore autentico, infatti, comprende in sé perdono e riconciliazione.

Saluto cordialmente il Coro misto “Lira” di Vodice, i membri dell’Associazione Croata delle Infermiere, e i Dirigenti delle Case dello Studente di Zagabria. A tutti imparto la Benedizione Apostolica,

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Cari pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca!

I SS. Apostoli Simone e Giuda Taddeo, la cui festa celebreremo domani, vengono chiamati anche Simone “zelota” e Giuda “magnanimo”.

Auspico che anche voi diate con “zelo” testimonianza della fede e apriate sempre con magnanimità i vostri cuori a Dio.

Volentieri vi benedico!

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese

Saluto con affetto i pellegrini ungherese da Kiskunfélegyháza e i collaboratori del programma ungherese della Radio Vaticana che hanno festeggiato ieri il 50mo anniversario delle loro trasmissioni. Di cuore invoco la mia benedizione apostolica su di loro e su tutti gli ascoltatori ungheresi.

Sia lodato Gesù Cristo!

* * *


Sono lieto di accogliere un gruppo di pellegrini provenienti dal Patriarcato di Mosca, ospiti a Roma del Circolo San Pietro. La vostra visita ai comuni luoghi di fede risalenti ai primi secoli giovi al reciproco arricchimento. Rivolgo un saluto cordiale ai Religiosi Mercedari ed auguro ogni bene per il loro corso di formazione.

Saluto i pellegrini italiani, in particolare i partecipanti al quinto Congresso nazionale dell'Associazione Cattolica Esercenti Cinema, in occasione del cinquantesimo di costituzione. Carissimi, le sale cinematografiche delle comunità ecclesiali sono espressione concreta del Progetto culturale della Chiesa italiana. Penso con gratitudine ai sacerdoti ed ai laici che in questi 50 anni hanno animato tale servizio e vi incoraggio a proseguirlo in modo sempre qualificato, per un proficuo dialogo tra la Chiesa e la società.

Un pensiero va poi all'Opera Diocesana Assistenza di Roma, che ha compiuto anch'essa i 50 anni, ed ai partecipanti all'Assemblea Generale del Servizio di Animazione Comunitaria, che ringrazio per l'impegno con cui si sforzano di tradurre in progetti pastorali la dottrina del Concilio Vaticano II.

Saluto inoltre gli operatori sanitari riuniti per il primo Congresso nazionale di Oncologia Medica e i Managers della Società "Adecco"; gli Allievi Agenti della Polizia di Stato di Caserta e la rappresentanza dell'Arsenale Marina Militare di Taranto; i soci della Conf-cooperative di Milano e i giovani "Alfieri del Lavoro".

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. Carissimi, celebreremo domani la festa dei santi Apostoli Simone e Giuda Taddeo. La loro gloriosa testimonianza sostenga voi tutti nel rispondere generosamente alla chiamata del Signore.





Mercoledì, 3 novembre 1999: Impegno per la riduzione del debito internazionale dei paesi poveri

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1. “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere . . .” (
Mt 25,34-35).

Questa parola evangelica ci aiuta a dare concretezza alla nostra riflessione sulla carità, spronandoci a mettere a fuoco, secondo le indicazioni della Tertio millennio adveniente (cfr n. TMA 51), alcune linee di impegno particolarmente consone allo spirito del grande Giubileo che ci apprestiamo a celebrare.

A tale scopo è opportuno un richiamo al giubileo biblico. Descritto nel libro del Levitico al cap. 25, esso per certi aspetti ricalca ed esprime in modo più completo la funzione dell’anno sabbatico (cfr Lv 25,2-7 Lv 25,18-22), che è l’anno in cui ci si deve astenere dalla coltivazione della terra. L’anno giubilare cade dopo un periodo di 49 anni. Anch’esso è caratterizzato dall’astensione dal coltivare il suolo (cfr Lv 25,8-12), ma comporta due normative a vantaggio degli Israeliti. La prima riguarda il ricupero delle proprietà terriere ed edilizie (cfr Lv 25,13-17 Lv 25,23-34); la seconda concerne la liberazione dello schiavo israelita che si è venduto per debito a un proprio connazionale (cfr Lv 25,39-55).

2. Il giubileo cristiano, quale si è iniziato a celebrare a partire da Bonifacio VIII nel 1300, ha una sua specifica configurazione, ma non manca di contenuti che si richiamano al giubileo biblico.

Per quanto riguarda il possesso dei beni immobili, la normativa del giubileo biblico poggiava sul principio secondo cui la “terra è di Dio” e perciò data a vantaggio dell’intera comunità. Per questo se un israelita aveva alienato il suo terreno, l’anno giubilare gli consentiva di rientrarne in possesso. “Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini. Perciò in tutto il paese che avrete in possesso, concederete il diritto di riscatto per quanto riguarda il suolo” (Lv 25,23-24).

Il giubileo cristiano si richiama con sempre maggiore consapevolezza ai valori sociali del giubileo biblico che vuole interpretare e riproporre nel contesto contemporaneo, riflettendo sulle esigenze del bene comune e sulla destinazione universale dei beni della terra. Proprio in questa prospettiva, nella Tertio millennio adveniente ho proposto che il Giubileo venga vissuto come “un tempo opportuno per pensare, tra l'altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte Nazioni” (TMA 51).

3. Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio, a proposito di questo problema, tipico di tanti paesi economicamente deboli, affermò che occorre un dialogo tra coloro che forniscono i mezzi e coloro cui sono destinati, in modo da “commisurare gli apporti, non soltanto secondo la generosità e disponibilità degli uni, ma anche in funzione dei bisogni reali e delle possibilità di impiego per gli altri. I paesi in via di sviluppo non correranno più in tal modo il rischio di vedersi sopraffatti di debiti, il cui soddisfacimento finisce con l'assorbire il meglio dei loro guadagni” (PP 54). Nell’Enciclica Sollicitudo rei socialis ho dovuto notare che purtroppo le mutate circostanze sia nei paesi indebitati sia nel mercato internazionale finanziatore hanno fatto sì che il finanziamento stesso diventasse un “congegno controproducente”, e questo “sia perché i paesi debitori, per soddisfare gli impegni del debito, si vedono obbligati a esportare i capitali che sarebbero necessari per accrescere o, addirittura, per mantenere il loro livello di vita, sia perché, per la stessa ragione, non possono ottenere nuovi finanziamenti indispensabili” (SRS 19).

4. Il problema è complesso e di non facile soluzione. Dev'essere tuttavia chiaro che esso non è solamente di carattere economico, ma investe i principi etici fondamentali e deve trovare spazio nel diritto internazionale, per essere affrontato e adeguatamente risolto secondo prospettive di medio e lungo termine. Occorre applicare un’“etica della sopravvivenza” che regoli i rapporti tra creditori e debitori, di modo che il debitore in difficoltà non sia pressato da un insopportabile peso. Si tratta di evitare speculazioni abusive, di concertare soluzioni attraverso le quali coloro che prestano siano più rassicurati e coloro che ricevono si sentano impegnati in effettive riforme globali per quanto attiene l’aspetto politico, burocratico, finanziario e sociale dei loro paesi (cfr Pontificia Commissione “Iustitia et pax”, Al servizio della comunità umana. Un approccio etico del debito internazionale, II).

Oggi, nel contesto dell’economia ‘globalizzata’, il problema del debito internazionale si fa ancora più spinoso, ma la stessa ‘globalizzazione’ esige che si percorra la strada della solidarietà, se non si vuole andare incontro a una catastrofe generale.

5. Proprio nel contesto di queste considerazioni accogliamo l’istanza pressoché universale che ci giunge dai recenti Sinodi, da molte Conferenze Episcopali o da singoli confratelli Vescovi, nonché da larghe rappresentanze di religiosi, sacerdoti e laici, a rivolgere un accorato appello perché siano condonati parzialmente o anche totalmente i debiti contratti a livello internazionale. Specie il richiedere pagamenti con tassi esorbitanti costringerebbe a scelte politiche che ridurrebbero alla fame e alla miseria intere popolazioni.

Questa prospettiva di solidarietà, che ebbi modo di additare nella Centesimus annus (cfr CA 35), è diventata ancora più urgente nella situazione mondiale degli ultimi anni. Il Giubileo può costituire un’occasione propizia per gesti di buona volontà: i paesi più ricchi diano segnali di fiducia rispetto al risanamento economico delle nazioni più povere; gli operatori di mercato sappiano che nel vertiginoso processo di globalizzazione economica, non è possibile salvarsi da soli. Il gesto di buona volontà di condonare i debiti o almeno ridurli, sia il segno di un modo nuovo di considerare la ricchezza in funzione del bene comune.

Notizie di tensioni etniche sono giunte in questi giorni dal Burundi, dove la popolazione, già stremata da lunghi anni di precarietà politica ed economica, vede aggravarsi le proprie condizioni di vita.

Una volta ancora, vorrei insistere sull'urgente necessità di favorire il ritorno delle famiglie alle loro terre, l'accesso libero e sicuro delle Organizzazioni umanitarie a tutte le zone, e l'equa distribuzione degli aiuti.

Non è con lo spostamento forzato delle popolazioni, né con la sopraffazione e la lotta armata che si prepara il futuro di un Paese! Così facendo non si può sperare, poi, nell'interessamento della Comunità internazionale .

Da parte sua la Chiesa Cattolica, così presente in quella Nazione, non mancherà di continuare a dare il suo contributo prezioso alla formazione delle coscienze e alla pacificazione degli animi, in vista di un futuro migliore.

Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese

Carissimi pellegrini neerlandesi e belgi!

Il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli vi aiuti a seguire Cristo nella vita quotidiana, secondo l’esempio dei numerosi santi e martiri che hanno vissuto e pregato in questa città.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua lituana

Sono lieto di accogliere i pellegrini venuti dalla Lituania, tra i quali sono presenti i coristi della parrocchia della Santissima Trinità di Panevezys e le ragazze del coro giovanile "Liepaites" di Vilnius.

Carissimi, esprimo a voi il mio cordiale saluto unito ad una preghiera a Dio per il bene e per lo sviluppo spirituale della vostra Patria. Vi accompagni ovunque la mia Benedizione Apostolica che volentieri estendo ai vostri familiari e a tutti gli abitanti della Lituania. Sia lodato Gesù Cristo.

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Saluto cordialmente i pellegrini Cechi, “Amici di Don Bosco”!

Benvenuti qui, presso la Cattedra di Pietro. Mi auguro che da questo pellegrinaggio riportiate nelle vostre famiglie e comunità un arricchimento di fede e un maggiore amore e fedeltà alla Chiesa.

Vi benedico di cuore!

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovena

Benvenuti pellegrini di Novo mesto, Kranj e Preskmurje in Slovenia, che avete celebrato la Solennità di Tutti i Santi e commemorato i fratelli defunti presso le tombe dei Santi Apostoli. Possa l’esempio di primi cristiani fortificare la vostra fede e rendervi generosi nella vita. Con questo augurio imparto la mia Benedizione Apostolica.

Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, l’amore vero non tiene conto del male ricevuto, ma tutto copre e tutto sopporta (cfr 1Co 13,5-7). Esso supera abbondantemente la giustizia e la sostituisce con la misericordia che perdona di cuore. Il perdono è un altro modo per chiamare per nome l’amore cristiano.

Saluto cordialmente e benedico il gruppo dei Professori e dei Liceali di Osijek e gli altri pellegrini croati.

Sia lodato Gesù e Maria!

Rivolgo ora un cordiale saluto ai vari pellegrini di lingua italiana, in particolare ai Funzionari di Polizia del Sindacato Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese. Carissimi, vi ringrazio di cuore per la vostra presenza, ed auspico che quest’incontro rafforzi i vostri generosi propositi di testimonianza evangelica.

Saluto anche i partecipanti al pellegrinaggio promosso dal Consorzio Calabria Giubileo 2000. Cari fratelli e sorelle, vi esprimo il mio vivo compiacimento per il progetto “Itinerario Mariano”, che intende avvicinare con alcune iniziative i Santuari Mariani più importanti della regione calabrese, e formulo fervidi voti che esso valga a rafforzare in voi il fervore spirituale e l’autentica devozione alla Madre di Dio.

Saluto poi i membri del Centro “Il Mosaico”, di Roma, come pure la delegazione della Confederazione degli Italiani nel mondo, invocando su di loro e sulle loro benemerite istituzioni la continua assistenza divina.

Rivolgo infine il mio saluto ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli, qui presenti. La Solennità di Tutti i Santi e la commemorazione dei Fedeli Defunti, che abbiamo appena celebrato, come pure la prossima memoria di San Carlo Borromeo, a me particolarmente cara, ci offrono l’opportunità di riflettere, ancora una volta, sull’autentico significato dell’esistenza terrena e sul suo valore per l’eternità.

Questi giorni di riflessione e di preghiera costituiscano per voi, cari giovani, un invito a imitare l’eroismo dei Santi, che hanno speso la vita a servizio di Dio e del prossimo. Siano di grande conforto specialmente per voi, cari ammalati, associati, in maniera profonda, al mistero della passione di Cristo. Infine, diventino un’occasione propizia per voi, cari sposi novelli, per comprendere sempre meglio che siete chiamati a testimoniare con la vostra reciproca fedeltà l’amore infinito con cui Dio circonda ogni uomo.



PAROLE DI SALUTO DI GIOVANNI PAOLO II DOPO IL PELLEGRINAGGIO IN INDIA E IN GEORGIA, AI FEDELI ACCORSI IN PIAZZA SAN PIETRO

Dalla finestra dello studio privato - Mercoledì, 10 novembre 1999

Carissimi Fratelli e Sorelle,

Vi saluto con affetto. Sono tornato ieri sera dal mio pellegrinaggio apostolico in India e in Georgia. A Nuova Delhi ho incontrato numerosi Vescovi e fedeli asiatici; a Tbilisi ho visitato la comunità cattolica ed il suo Amministratore Apostolico. Con tutti ho pregato, condividendo le rispettive attese e speranze.

Chiedo pure a voi, carissimi Fratelli e Sorelle, di unirvi a me nel supplicare Dio perché renda fecondi i semi gettati durante questo viaggio apostolico. Affidiamo questa preghiera a Maria Santissima, Stella dell’evangelizzazione.

Parlerò di questo interessante viaggio mercoledì prossimo nel corso dell’Udienza Generale, ma già fin d’ora desidero esprimere ai Presidenti e alle Autorità governative dell’India e della Georgia la mia riconoscenza.

Un grazie particolare rivolgo al Patriarca Catholicos Illia II per la cordialità che ha voluto riservarmi.

Vi ringrazio per la vostra presenza e di cuore tutti vi benedico.






Catechesi 79-2005 13109