Catechesi 79-2005 17119

Mercoledì, 17 novembre 1999

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1. Desidero oggi soffermarmi sulla Visita che ho compiuto nei giorni scorsi in India e in Georgia. Riandare a questo viaggio mi offre l’opportunità di ringraziare prima di tutto il Padre Celeste "per il quale e dal quale sono tutte le cose" (
He 2,10). Con il suo aiuto, ho potuto affrontare anche questo compito del mio servizio al Vangelo e alla causa dell’unità dei Cristiani.

Prima tappa di questo mio pellegrinaggio spirituale è stata la città di New Delhi, in India, per la firma e la promulgazione dell'Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia, nella quale ho raccolto il frutto dello studio e delle proposte dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Asia, svoltasi a Roma nel 1998. L’India è culla di antiche culture, religioni e tradizioni spirituali, che continuano a plasmare la vita di milioni di persone, in un contesto sociale caratterizzato per secoli da un notevole grado di reciproca tolleranza. Il Cristianesimo, che costituisce una parte considerevole di tale storia di pacifiche relazioni, vi è presente, secondo i cristiani dell'India meridionale, sin dalla predicazione dello stesso apostolo Tommaso.

Oggi quello spirito di reciproco rispetto è per alcuni versi in difficoltà, ed era quindi importante riaffermare il vivo desiderio della Chiesa di un dialogo fruttuoso tra i seguaci di tutte le religioni, che porti a rinnovate relazioni di comprensione e di solidarietà al servizio dell’intera famiglia umana.

2. Il documento sinodale Ecclesia in Asia ci aiuta a comprendere che questo dialogo interreligioso e il mandato della Chiesa di diffondere il Vangelo fino ai confini della terra non si escludono a vicenda, anzi si completano. Da una parte, la proclamazione del Vangelo della salvezza in Gesù Cristo deve sempre essere fatta nel profondo rispetto della coscienza di coloro che ascoltano, e nel rispetto di tutto ciò che di buono e di santo è presente nella cultura e nella tradizione religiosa alla quale essi appartengono. (cfr Nostra aetate NAE 2). Dall’altra, la libertà di coscienza e il libero esercizio della religione nella società sono diritti umani fondamentali, che affondano le loro radici nel valore e nella dignità insita in ogni persona, riconosciuta in molti Documenti e Accordi internazionali, compresa la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

Ricordo con vivo piacere la Messa che ho concelebrato con numerosi Vescovi dell’India e di tanti Paesi dell’Asia nello Stadio Jawaharlal Nehru, domenica 7 novembre. Ringrazio ancora l’Arcivescovo Alan de Lastic e l’Arcidiocesi di Delhi per l’organizzazione della solenne liturgia, contrassegnata da viva e devota partecipazione, ravvivata da canti scelti con grande cura e da variopinte danze tradizionali locali. Tema della Messa è stato: Gesù Cristo vera luce del mondo, fattosi carne in terra d’Asia. In quella Celebrazione eucaristica la comunità cattolica dell’India rappresentava, in certo senso, tutti i cattolici dell’Asia, ai quali ho affidato l’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in Asia, quale guida per la loro crescita spirituale, sulla soglia del nuovo millennio. Sono certo che, con la grazia di Dio, sapranno essere saldi e fedeli!

3. Seconda tappa del mio viaggio è stata la Georgia, per restituire le visite che il Presidente Shevardnadze e Sua Santità Ilia II, Catholicos-Patriarca di tutta la Georgia, avevano precedentemente compiuto a Roma. Era mio ardente desiderio rendere omaggio alla testimonianza che la Chiesa della Georgia ha reso lungo i secoli e costruire nuovi punti di contatto fra i cristiani in modo che, iniziando il terzo millennio cristiano, essi possano insieme sforzarsi di proclamare al mondo il Vangelo con un cuor solo e un’anima sola.

La Georgia sta vivendo un periodo molto importante. Mentre, infatti, si sta preparando a celebrare i 3000 anni della sua storia in un contesto di ritrovata indipendenza, ha dinanzi a sé grandi sfide economiche e sociali. Essa è però determinata ad affrontarle con coraggio per diventare membro affidabile di un'Europa unita. La Georgia cristiana conta una storia millenaria e gloriosa, che ha inizio nel quarto secolo, quando la testimonianza di una donna, Santa Nino, convertì il re Mirian e l’intera Nazione a Cristo. Da allora una fiorente tradizione monastica ha dato a quella terra duraturi monumenti di cultura, civiltà e architettura religiosa, come la Cattedrale di Mtsketa, che ho potuto visitare in compagnia del Catholicos-Patriarca, dopo l'incontro cordiale che ho avuto personalmente con lui.

4. Ed ora, dopo settant’anni di repressione comunista, durante i quali molti martiri, ortodossi e cattolici, diedero eroica testimonianza della loro fede, la piccola ma fervente comunità cattolica del Caucaso sta progressivamente rafforzando la sua vita e le sue strutture. La gioia che ho riscontrato tra i sacerdoti, i religiosi e i laici, radunatisi in numero inaspettato per la Messa nello stadio di Tbilisi, costituisce un segno di sicura speranza per il futuro della Chiesa in tutta quella regione. L’incontro con essa nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo in Tbilisi, l’unica chiesa cattolica rimasta aperta nel periodo del totalitarismo, è stata un’occasione particolarmente gioiosa. Prego perché i cattolici della Georgia siano sempre in grado di offrire il loro specifico contributo alla costruzione della loro patria.

Momento intenso di riflessione è stato l’incontro con uomini e donne del mondo della cultura, della scienza e dell’arte, presieduto dal Presidente Shevardnadze e svoltosi con la presenza anche del Catholicos-Patriarca, per riflettere sulla vocazione specifica della Georgia, quale crocevia tra l’Est e l’Ovest. Come ho ricordato nel corso di quell’incontro, il secolo che sta per concludersi, contrassegnato da molte ombre, ma carico anche di luci, si erge a testimonianza della forza indomabile dello spirito umano, che riesce a trionfare su quanto mira a soffocare l'aspirazione irrinunciabile dell’uomo verso la verità e la libertà.

5. Ringrazio le Autorità civili e quanti in entrambi i Paesi hanno lavorato per rendere questa visita proficua e serena. Con animo commosso e riconoscente, penso ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici dell’India e della Georgia e di tutti conservo un indimenticabile ricordo.





Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, siamo chiamati non soltanto ad amarci gli uni gli altri come Dio ama ciascuno di noi (cfr Jn 13,34), ma anche ad essere misericordiosi come Egli è misericordioso (cfr Lc 6,35-36), sopportandoci a vicenda e perdonandoci scambievolmente (cfr Col 3,13). Soltanto così potremo dire con sincerità al Padre nostro che è nei cieli (cfr Mt 6,9-13), Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione (2Co 1,3): Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori!

Saluto cordialmente i fedeli della Parrocchia della Beata Vergine Assunta a Pešcenica ed altri pellegrini croati. Invoco su tutti la benedizione di Dio.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Do il mio cordiale benvenuto ai pellegrini di Praga e dintorni.

Il mio pensiero va alla canonizzazione di Agnese di Praga, avvenuta qui dieci anni or sono.

Lodate il Signore per lei, onoratela, sentitela veramente “vostra”, in attesa di poterla incontrare in Paradiso.

Volentieri vi benedico,

Sia lodato Gesù Cristo!
* * *


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana.

Con grande gioia saluto innanzitutto i tremila soldati della Città militare della Cecchignola, in Roma, accompagnati dall'Ordinario Militare d'Italia, Mons. Giuseppe Mani, dai Comandanti delle Caserme e dai Cappellani.

Carissimi giovani, vi sono grato per la vostra presenza. Voi state vivendo un periodo della vostra vita, che può offrire singolari opportunità di crescita umana e cristiana. Il servizio militare presenta certamente difficoltà connesse con le esigenze e la disciplina che lo caratterizzano. Esso, però, reca anche con sé notevoli possibilità di interiore maturazione sia per i sacrifici che comporta sia per l'orizzonte umano più vasto in cui introduce. Fate in modo, carissimi, che questo periodo della vostra esistenza sia un'autentica scuola di formazione, che vi renda uomini consapevoli, professionisti capaci ed onesti, e cristiani coraggiosi.

Saluto tutti voi, cari giovani presenti. Ci stiamo avvicinando al Grande Giubileo, nel quale celebreremo i duemila anni dalla nascita di Cristo. Questo evento ci invita a guardare a Gesù come al centro della nostra esistenza, a rinnovare la vita alla luce del suo Vangelo per diventare costruttori di un mondo di autentica pace e di solidale speranza. Questo compito è affidato particolarmente a voi, carissimi giovani. Anche dalla vostra fede coraggiosa e dalla vostra capacità di amare con cuore generoso e fedele dipenderanno le sorti dell'umanità futura.

Saluto con grande affetto il folto gruppo di catechisti dell'Arcidiocesi di Gaeta, accompagnati dal loro Arcivescovo, Monsignor Pierluigi Mazzoni.

Rivolgo poi il mio pensiero alle Figlie di Santa Maria di Leuca, che stanno celebrando il loro Capitolo Generale, come pure ai membri dell'Opera "Famiglia la Madonnina" da Firenze, che ricordano il centenario di nascita della loro fondazione.

Saluto anche i membri della Pia Unione dei Raccoglitori Gratuiti nelle Celebrazioni della Beata Vergine di San Luca, dell'Arcidiocesi di Bologna, venuti per ricordare il bicentenario di fondazione; i fedeli della Comunità di Sant'Agostino di Giovinazzo, che commemorano i cinquant'anni dell'erezione della parrocchia e quelli della parrocchia di San Pietro Apostolo della Diocesi di Lugano, venuti per far benedire la prima pietra della nuova chiesa che sarà dedicata allo Spirito Santo, nel Comune di Paradiso.

Saluto inoltre i partecipanti al Concorso Corale Internazionale di Musica Sacra "Pierluigi da Palestrina", il Comitato Italiano Familiari Vittime della Strada, la delegazione del Comune di Rutigliano.

Tutti ringrazio per la loro gradita partecipazione.

Rivolgo, infine, il mio cordiale pensiero ai malati e agli sposi novelli presenti.

A voi, cari malati, che state sperimentando la fatica e la sofferenza, auguro di sentire accanto a voi Cristo, e di cooperare con lui alla salvezza del mondo intero; ed esorto voi, cari sposi novelli, che da poco avete ricevuto nel sacramento del matrimonio l'effusione dello Spirito dell'amore, a trovare quotidianamente forza e coraggio in Dio. Vivrete così in pienezza la vostra vocazione.




Mercoledì, 24 novembre 1999: Impegno per la promozione della donna

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1. Tra le sfide dell’attuale momento storico su cui l’occasione del grande Giubileo ci spinge a riflettere ho additato, nella Lettera Apostolica Tertio millennio adveniente, quella connessa con il rispetto dei diritti della donna (cfr
TMA 51). Desidero oggi richiamare alcuni aspetti della problematica femminile, su cui del resto non ho mancato di intervenire già in altre occasioni.

Sul tema della promozione della donna getta grande luce la Sacra Scrittura, indicando il progetto di Dio sull’uomo e sulla donna nei due racconti della creazione.

Nel primo si afferma: “Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò” (Gn 1,27). È un’affermazione che sta alla base dell’antropologia cristiana, poiché addita il fondamento della dignità dell’uomo in quanto persona nel suo essere creato “ad immagine” di Dio. Al tempo stesso il testo dice con chiarezza che non l’uomo né la donna separatamente sono immagine del Creatore, ma l'uomo e la donna nella loro reciprocità. Essi rappresentano in egual misura il capolavoro di Dio.

Nel secondo racconto della creazione, attraverso il simbolismo della creazione della donna dalla costola dell’uomo, la Scrittura mette in evidenza che l'umanità non è di fatto completa, finché non è creata anche la donna (cfr Gn 2,18-24). Questa riceve un nome che, fin dall’assonanza verbale nella lingua ebraica, dice relazione all’uomo (iš/iššah). “Creati insieme, l’uomo e la donna sono voluti da Dio l’un per l’altro” (Catechismo della Chiesa Cattolica, CEC 371). Che la donna venga presentata come un “aiuto simile a lui” (Gn 2,18) non va inteso nel senso che la donna sia serva dell’uomo - “aiuto” non equivale a “servo”; il Salmista dice a Dio: “Tu sei mio aiuto” (Ps 70,6 cfr Ps 115,9 Ps 115,10 Ps 115,11 Ps 118,7 Ps 146,5) -; l’espressione vuole dire piuttosto che la donna è in grado di collaborare con l’uomo perché ne è la perfetta corrispondenza. La donna è un altro tipo di “io” nella comune umanità, costituita in perfetta uguaglianza di dignità dal maschio e dalla femmina.

2. C’è da gioire per il fatto che l’approfondimento del ‘femminile’ abbia contribuito, nella cultura contemporanea, a un ripensamento del tema della persona umana in funzione del reciproco ‘essere per l’altro’ nella comunione interpersonale. Oggi il concepire la persona nella sua dimensione oblativa sta diventando un’acquisizione di principio. Purtroppo essa è spesso disattesa sul piano pratico. Con forza dunque, tra le tante aggressioni alla dignità umana, va deprecata quella diffusa violazione della dignità della donna che si manifesta con lo sfruttamento della sua persona e del suo corpo. Occorre contrastare vigorosamente ogni prassi che offende la donna nella sua libertà e femminilità: il cosiddetto ‘turismo sessuale’, la compravendita delle giovani ragazze, la sterilizzazione di massa, e in generale, ogni forma di violenza nei confronti dell’altro sesso.

Ben diverso atteggiamento richiede la legge morale, che predica la dignità della donna come persona creata ad immagine di un Dio-Comunione! È oggi più che mai necessario riproporre l’antropologia biblica della relazionalità, che aiuta a cogliere in modo autentico l’identità della persona umana nel suo rapporto con le altre persone e in particolare tra uomo e donna. Nella persona umana pensata in termini di “relazionalità” si ritrova un vestigio del mistero stesso di Dio, rivelato in Cristo come unità sostanziale nella comunione di tre divine persone. Alla luce di questo mistero ben si comprende l’affermazione della Gaudium et spes secondo cui la persona umana, “che è in terra la sola creatura che Dio abbia voluta per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé” (GS 24). La diversità tra uomo e donna richiama l’esigenza della comunione interpersonale, e la meditazione sulla dignità e vocazione della donna corrobora la concezione comunionale dell’essere umano (cfr Mulieris dignitatem MD 7).

3. Proprio questa attitudine comunionale che il femminile fortemente evoca, consente di ripensare la paternità di Dio, evitando quelle proiezioni figurative di tipo patriarcale tanto contestate, non senza motivo, in alcune correnti della letteratura contemporanea. Si tratta in effetti di cogliere il volto del Padre all’interno del mistero di Dio in quanto Trinità, cioè perfetta unità nella distinzione. La figura del Padre va rimeditata nel suo legame col Figlio, il quale dall’eternità è rivolto verso di lui (cfr Jn 1,1) nella comunione dello Spirito Santo. Occorre anche sottolineare che il Figlio di Dio si è fatto uomo nella pienezza dei tempi ed è nato dalla Vergine Maria (cfr Ga 4,4), e ciò proietta luce anche sul femminile, mostrando in Maria il modello di donna voluto da Dio. In Lei e mediante Lei è accaduto ciò che vi è di più grande nella storia degli uomini. La paternità di Dio-Padre non solo è relazionata a Dio-Figlio nel mistero eterno, ma anche alla sua Incarnazione avvenuta nel grembo di una donna. Se Dio-Padre, che “genera” il Figlio dall'eternità, per “generarlo” nel mondo ha valorizzato una donna, Maria, rendendola così “Theotokos”, Madre di Dio, ciò non è senza significato per cogliere la dignità della donna nel progetto divino.

4. L'annuncio evangelico della paternità di Dio pertanto, lungi dall’essere limitante nei confronti della dignità e del ruolo della donna, si pone viceversa a garanzia di ciò che il “femminile” umanamente simbolizza, cioè l’accogliere, il prendersi cura dell'uomo, il generare alla vita. Tutto ciò è infatti radicato in modo trascendente nel mistero dell'eterno “generare” divino. La paternità in Dio è certo del tutto spirituale. Essa tuttavia esprime quell'eterna reciprocità e relazionalità propriamente trinitaria che sta all'origine di ogni paternità e maternità e fonda la comune ricchezza del maschile e del femminile.

La riflessione sul ruolo e la missione della donna ben si colloca dunque in questo anno dedicato al Padre, spronandoci ad un impegno ancora più incisivo, perché alla donna sia riconosciuto tutto lo spazio che le è proprio nella Chiesa e nella società.



Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Saluto di cuore l’Arcivescovo di Split-Makarska, Mons. Ante Juric, unitamente ai rappresentanti di Solin. Benvenuti!

Carissimi, la vostra odierna presenza qui, presso la tomba di S. Pietro, suscita in me bellissimi ricordi del mio soggiorno nella vostra città e nel Santuario della Madonna dell’Isola il 4 ottobre 1998 dove, alla vigilia del nuovo millennio, ho pregato per la Chiesa nelle regioni croate e per il vostro popolo, e ho incontrato i catechisti, gli insegnanti, i rappresentanti dei movimenti ecclesiali, e i giovani. Vi ripeto quanto dissi in quel luogo nel quale si trovano le profonde radici della vostra identità religiosa e nazionale: “Siate fieri dei tesori di fede che la storia vi ha affidato. Custoditeli gelosamente”.

Affido voi, la vostra città e l’intera vostra Patria all’intercessione e alla protezione della Madonna dell’Isola, della Madonna del Grande voto battesimale croato, ed imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!

Traduzione italiana del saluto in lingua ceca

Un cordiale benvenuto ai pellegrini della Scuola Superiore per Autisti, di Ústí nad Orlici!

Possa questo vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo rinvigorire la vostra fede e l’amore per la Chiesa di Cristo e accrescere in voi il desiderio di perfezione spirituale. Con questi voti, volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua slovena

Saluto i soci della democrazia cristiana da Izlak in Slovenia. Possa la visita ai monumenti cristiani della città eterna approfondire la vostra fede e lo zelo per il bene della nazione, onde poter in seguito comunicarli al prossimo. Con questo desiderio vi impartisco la mia benedizione apostolica.
* * *


Rivolgo ora un cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua italiana. In particolare, do il mio fraterno benvenuto a Monsignor Carmelo Cassati, Arcivescovo emerito di Trani-Barletta-Bisceglie, qui presente con un vasto gruppo di fedeli per ricordare il suo cinquantesimo anniversario di Ordinazione presbiterale. Carissimi fratelli e sorelle, mi compiaccio per la vostra presenza così numerosa. Leggo in essa un segno di affetto per il vostro zelante Pastore. Mentre vi esorto a custodire in cuore gli insegnamenti, invoco su di Lui copiosi doni e ricompense celesti per il lungo e generoso servizio ecclesiale, e tutti affido alla materna protezione di Maria Santissima.

Saluto i missionari di diverse Congregazioni e Diocesi, che partecipano al corso promosso dalla Pontificia Università Salesiana e dai Padri Verbiti.

Desidero salutare, poi, un gruppo di Amministratori provinciali e comunali provenienti da Asti, i soci del Serra Club, guidati dal Vescovo di Viterbo, Monsignor Lorenzo Chiarinelli, ed i membri dell'Associazione Professionale del Personale d'Albergo e delle Terme di Ischia dove non sono mai stato.

Saluto, altresì, gli organizzatori ed i partecipanti al Concorso "Il Volontario in erba", promosso dal Centro Studi Meridionali di Giovinazzo; i docenti e gli studenti dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Foggia, guidati dall'Arcivescovo, Monsignor Domenico D'Ambrosio, venuti per ricordare il decennale dell'erezione accademica; il gruppo di studenti dell'Istituto "Marco Polo - Cattaneo" di Cecina, come pure quelli dell'Istituto "Seghetti" di Verona; la numerosa rappresentanza di cappellani, di operatori del settore della giustizia e di agenti della Polizia Penitenziaria della Regione Lazio e di Arezzo, come pure i funzionari di Polizia del Gruppo "G8".

Tutti ringrazio per la gradita presenza.

Rivolgo, infine, il mio cordiale saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli.

Oggi, ricordando Sant'Andrea Dung-Lac e compagni, martiri vietnamiti, invito voi cari giovani, a lottare per rimanere sempre fedeli al Signore; esorto voi, cari ammalati, a saper accogliere con sereno abbandono quanto il Signore dona in ogni situazione della vita; auguro a voi, cari sposi novelli, di formare una famiglia veramente cristiana, attingendo la forza necessaria per realizzare tale progetto dalla Parola di Dio e dall'Eucaristia.




Mercoledì, 1° dicembre 1999: Impegno per la promozione della famiglia

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1. Per un’adeguata preparazione al grande Giubileo non può mancare nella comunità cristiana un serio impegno di riscoperta del valore della famiglia e del matrimonio (cfr Tertio millennio adveniente
TMA 51). Ciò è tanto più urgente, in quanto questo valore è oggi messo in discussione da gran parte della cultura e della società.

Non sono contestati soltanto alcuni modelli di vita familiare, che cambiano sotto la pressione delle trasformazioni sociali e delle nuove condizioni di lavoro. È la concezione stessa della famiglia, quale comunità fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, a esser presa di mira in nome di un’etica relativistica che si fa strada in larghi settori dell’opinione pubblica e della stessa legislazione civile.

La crisi della famiglia diventa, a sua volta, causa della crisi della società. Non pochi fenomeni patologici - dalla solitudine alla violenza, alla droga - si spiegano anche perché i nuclei familiari hanno perso la loro identità e la loro funzione. Dove cede la famiglia, la società viene a mancare del suo tessuto connettivo, con disastrose conseguenze che investono le persone, in particolare i più deboli: dai bambini agli adolescenti, ai portatori di handicap, agli ammalati, agli anziani…

2. Occorre dunque promuovere una riflessione che aiuti non solo i credenti, ma tutti gli uomini di buona volontà, a riscoprire il valore del matrimonio e della famiglia. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge: “La famiglia è la cellula originaria della vita sociale. È la società naturale in cui l’uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell’amore e nel dono della vita. L’autorità, la stabilità e la vita di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della libertà, della sicurezza, della fraternità nell’ambito della società” (n. CEC 2207).

Alla riscoperta della famiglia può arrivare la stessa ragione, ascoltando la legge morale inscritta nel cuore umano. Comunità “fondata e vivificata dall’amore” (cfr Familiaris consortio FC 18), la famiglia trae la sua forza dall’alleanza definitiva di amore con cui un uomo e una donna si donano reciprocamente, diventando insieme collaboratori di Dio nel dono della vita.

Sulla base di questo fontale rapporto d’amore, anche le relazioni che si stabiliscono con e tra gli altri membri della famiglia devono ispirarsi all’amore ed essere caratterizzate da affetto e reciproco sostegno. Lungi dal chiudere la famiglia in se stessa, l’amore autentico la apre all’intera società, poiché la piccola famiglia domestica e la grande famiglia di tutti gli esseri umani non stanno in opposizione, ma in intimo e originario rapporto. Alla radice di tutto questo c’è il mistero stesso di Dio, che proprio la famiglia evoca in modo speciale. Come infatti scrivevo qualche anno fa nella Lettera alle famiglie, “alla luce del Nuovo Testamento è possibile intravedere come il modello originario della famiglia vada ricercato in Dio stesso, nel mistero trinitario della sua vita. Il ‘Noi’ divino costituisce il modello eterno del ‘noi’ umano; di quel ‘noi’ innanzitutto che è formato dall’uomo e dalla donna, creati ad immagine e somiglianza divina” (Insegnamenti XVII/1 [1994], 332).

3. La paternità di Dio è la sorgente trascendente di ogni altra paternità e maternità umana. Contemplandola con amore, dobbiamo sentirci impegnati a riscoprire quella ricchezza di comunione, di generazione e di vita che caratterizza il matrimonio e la famiglia.

In essa si sviluppano relazioni interpersonali in cui a ciascuno è affidato, pur senza rigidi schematismi, un compito specifico. Non intendo qui riferirmi a quei ruoli sociali e funzionali che sono espressioni di particolari contesti storici e culturali. Penso piuttosto all’importanza che rivestono, nel rapporto reciproco sponsale e nel comune impegno di genitori, la figura dell’uomo e della donna in quanto chiamati ad attuare le loro naturali caratteristiche nell’ambito di una comunione profonda, arricchente e rispettosa. “A questa ‘unità dei due’ è affidata da Dio non soltanto l’opera della procreazione e la vita della famiglia, ma la costruzione stessa della storia” (Lettera alle donne, : Insegnamenti XVIII/1 [1995], 1878).

4. Il figlio poi deve essere sentito come l’espressione massima della comunione dell’uomo e della donna, ossia della reciproca accoglienza/donazione che si realizza e si trascende in un “terzo”, nel figlio appunto. Il figlio è la benedizione di Dio. Egli trasforma il marito e la moglie in padre e madre (cfr Familiaris consortio FC 21). Entrambi “escono da sé” e si esprimono in una persona, che pur frutto del loro amore, va oltre loro stessi.

Alla famiglia si applica in modo speciale l’ideale espresso nella preghiera sacerdotale, in cui Gesù chiede che la sua unità col Padre coinvolga i discepoli (cfr Jn 17,11) e coloro che crederanno alla loro parola (cfr Jn 17,20-21). La famiglia cristiana, “chiesa domestica” (cfr Lumen gentium LG 11), è chiamata a realizzare in modo speciale questo ideale di perfetta comunione.

5. Avviandoci alla conclusione di quest’anno dedicato alla meditazione su Dio Padre, riscopriamo dunque la famiglia alla luce della paternità divina. Dalla contemplazione di Dio Padre possiamo dedurre soprattutto un’urgenza particolarmente rispondente alle sfide dell’attuale momento storico.

Guardare a Dio Padre significa concepire la famiglia come il luogo dell’accoglienza e della promozione della vita, laboratorio di fraternità dove, con l’aiuto dello Spirito di Cristo, si crea tra gli uomini “una nuova fraternità e solidarietà, vero riflesso del mistero di reciproca donazione e accoglienza proprio della Santissima Trinità” (Evangelium vitae EV 76).

Dall’esperienza di famiglie cristiane rinnovate, la stessa Chiesa potrà imparare a coltivare, tra tutti i membri della comunità, una dimensione più familiare, adottando e promuovendo uno stile di rapporti più umano e fraterno (cfr FC 64).



Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Carissimi, a Colui che “è Amore! (1Jn 4,16) si può accedere solo con un cuore pieno di amore. Pertanto, il perdono ai fratelli e alle sorelle e la riconciliazione con loro sono necessari per poter accedere a Dio (cfr Mt 5,23-24), così da ricevere da Lui il perdono (cfr Mt 6,14-15 Mt 18,33-35 Mc 11,25) e ristabilire la concordia distrutta dal peccato tra Dio e l’uomo e, in pari tempo, tra gli uomini stessi.

Saluto cordialmente il gruppo di pellegrini provenienti da Split ed imparto a loro, come pure agli altri pellegrini croati, la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!


(Traduzione italiana del saluto in lingua slovena)

Mi è gradito salutare la Delegazione Slovena, guidata da Mons. Franc Kramberger, Vescovo di Maribor e da Mons. Franc Rode’, Arcivescovo di Ljubljana e Presidente della Conferenza Episcopale Slovena.

Carissimi, siete venuti a Roma per ricambiare la mia visita nel vostro Paese in occasione della Beatificazione del Vescovo Anton Martin Slomšek. Vi ringrazio di cuore per questo gesto gentile, che conferma la vostra devozione verso il Successore di Pietro. Una speciale parola di riconoscenza rivolgo ai Membri del Comitato organizzativo qui presenti con il Presidente.

Nel ricordare con gioia la calorosa accoglienza che mi fu allora tributata ed il fervore manifestato dai fedeli nel corso delle celebrazioni, auspico che, per la intercessione del Beato Anton Martin Slomšek, i semi allora gettati possano produrre una abbondante messe di fede profonda e di carità operosa e a tutti imparto la mia benedizione.
* * *


Rivolgo, ora, un saluto ai pellegrini di lingua italiana, ed in particolare ai fedeli della Parrocchia San Biagio in Limatola, venuti per far benedire la campana monumentale dedicata alla "pace fra i popoli".

Saluto i partecipanti al Congresso Internazionale promosso dalla Società Italiana di Ortodonzia, come pure i membri dell'Associazione "Mediterraneum 2000", che si prefiggono di visitare alcune importanti città europee del Mediterraneo con un treno speciale, partendo dalla Città del Vaticano.

Saluto i componenti del Nucleo Centrale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, il Comando del Gruppo Navale della Marina Militare di La Spezia ed i Militari italiani in servizio presso la Base Nato di Bagnoli.

Saluto, poi, affettuosamente i bambini russi con i loro accompagnatori. Carissimi, mentre assicuro una particolare preghiera per i vostri cari tragicamente scomparsi nelle miniere, invoco su di voi e sui vostri familiari la continua assistenza divina.

Rivolgo ora il mio saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli presenti in questo incontro, ad Avvento appena iniziato.

Sappiate andare incontro a Cristo, cari giovani, con la coerenza della fede testimoniata nella vita quotidiana.

A Gesù, che ha voluto associarvi ancor più intimamente al disegno della salvezza, sappiate offrire le vostre sofferenze, cari malati, nella consapevolezza di cooperare al bene dell'intera umanità.

E voi, cari sposi novelli, che avete consacrato il vostro amore nel sacramento del matrimonio, sappiate essere generosi e accoglienti nei confronti del grande dono della vita.

A tutti la mia Benedizione.



                                                                      

Mercoledì, 15 dicembre 1999: Impegno per l’edificazione della “civiltà dell’amore”

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1. “I cristiani, ricordando le parole del Signore ‘da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri’ (
Jn 13,35), niente possono desiderare più ardentemente che servire con maggiore generosità ed efficacia gli uomini del mondo contemporaneo” (Gaudium et spes GS 93).

Questo compito che il Concilio Vaticano II ci ha consegnato in chiusura della Costituzione pastorale su ‘La Chiesa nel mondo contemporaneo’, risponde alla sfida affascinante di costruire un mondo animato dalla legge dell’amore, una civiltà dell’amore, “fondata sui valori universali di pace, solidarietà, giustizia e libertà, che trovano in Cristo la loro piena attuazione” (Tertio millennio adveniente TMA 52).

Alla base di questa civiltà si trova il riconoscimento dell’universale sovranità di Dio Padre quale sorgente inesauribile di amore. Proprio sull’accettazione di questo valore fondamentale va operato un sincero esame di fine millennio in occasione del grande Giubileo del 2000, per ripartire più speditamente verso il futuro che ci attende.

Abbiamo assistito al declino di ideologie che hanno svuotato di riferimenti spirituali tanti nostri fratelli, ma i frutti nefasti di un secolarismo che ingenera indifferenza religiosa continuano a persistere, soprattutto nelle regioni più sviluppate. A questa situazione non è sicuramente una risposta valida il ritorno ad una religiosità vaga, motivata da fragili istanze compensative e dalla ricerca di un equilibrio psico-cosmico, quale si rivela in molti nuovi paradigmi religiosi che proclamano una religiosità senza riferimento a un Dio trascendente e personale.

Occorre invece analizzare con attenzione le cause della perdita del senso di Dio e riproporre coraggiosamente l’annunzio del volto del Padre, rivelato da Gesù Cristo nella luce dello Spirito. Questa rivelazione non diminuisce ma esalta la dignità della persona umana in quanto immagine di Dio Amore.

2. La perdita del senso di Dio ha coinciso, negli ultimi decenni, con l’avanzare di una cultura nichilistica che impoverisce il senso dell’esistenza umana e relativizza in campo etico perfino i valori fondamentali della famiglia e del rispetto della vita. Tutto questo spesso si realizza non in modo vistoso, bensì con la sottile metodologia dell’indifferenza che fa passare per normali tutti i comportamenti, di modo che non emerga più nessun problema morale. Si esige paradossalmente che lo Stato riconosca quali ‘diritti’ molti comportamenti che attentano alla vita umana, soprattutto a quella più debole e indifesa. Per non parlare delle immani difficoltà di accettazione dell’altro perché diverso, incomodo, straniero, malato, handicappato. Proprio il rifiuto sempre più forte dell'altro in quanto altro interroga la nostra coscienza di credenti. Come dicevo nell’Enciclica Evangelium vitae: “Siamo di fronte ad una realtà più vasta, che si può considerare come una vera e propria struttura di peccato, caratterizzata dall’imporsi di una cultura anti-solidaristica, che si configura in molti casi come vera ‘cultura di morte’” ( CFR EV 12).

3. Di fronte a questa cultura necrofila la nostra responsabilità di cristiani si esprime nell’impegno della “nuova evangelizzazione”, tra i cui frutti più importanti va annoverata la civiltà dell’amore.

“Il Vangelo, e quindi l’evangelizzazione, non si identificano certo con la cultura, e sono indipendenti rispetto a tutte le culture” (Evangelii nuntiandi EN 20), tuttavia possiedono una forza rigenerante che può influire positivamente sulle culture. Il messaggio cristiano non mortifica le culture distruggendone le caratteristiche peculiari, al contrario agisce in esse dall’interno, valorizzando quelle potenzialità originali che il loro genio è capace di esprimere. L’influsso del Vangelo sulle culture purifica ed eleva l’umano, facendo risplendere la bellezza della vita, l'armonia della pacifica convivenza, la genialità che ogni popolo apporta alla comunità degli uomini. Tale influsso ha la sua forza nell'amore che non impone ma propone, facendo leva sulla libera adesione, in un’atmosfera di rispetto e reciproca accoglienza.

4. Il messaggio di amore che è proprio del Vangelo libera istanze e valori umani, come la solidarietà, l’anelito alla libertà e all’uguaglianza, il rispetto per il pluralismo delle forme espressive. Il cardine della civiltà dell’amore è il riconoscimento del valore della persona umana e concretamente di tutte le persone umane. Il grande apporto del cristianesimo si riconosce proprio su questo terreno. Infatti proprio dalla riflessione sul mistero del Dio trinitario e sulla persona del Verbo fatto carne è gradatamente scaturita la dottrina antropologica della persona umana come essere relazionale. Questa preziosa acquisizione ha fatto maturare la concezione di una società che stabilisce nella persona il suo punto di partenza e l’obiettivo da raggiungere. La dottrina sociale della Chiesa, che lo spirito del Giubileo invita a rimeditare, ha contribuito a fondare sul diritto della persona le stesse leggi del convivere sociale. La visione cristiana dell’essere umano come immagine di Dio implica infatti che i diritti della persona si impongano per loro natura al rispetto della società, che non li crea, ma semplicemente li riconosce (cfr Gaudium et spes GS 26).

5. La Chiesa è consapevole che questa dottrina può restare lettera morta se la vita sociale non è animata dal soffio di un’autentica esperienza religiosa e in particolare dalla testimonianza cristiana continuamente alimentata dall’azione creatrice e risanatrice dello Spirito Santo. Essa è cosciente infatti che la crisi della società e dell’uomo contemporaneo è motivata in gran parte dalla riduzione della dimensione spirituale specifica della persona umana.

Il cristianesimo offre il suo contributo alla costruzione di una società a misura d’uomo, proprio assicurando ad essa un’anima e proclamando le esigenze della legge di Dio, a cui ogni organizzazione e legislazione della società deve ancorarsi, se intendono garantire la promozione umana, la liberazione da ogni tipo di schiavitù, l’autentico progresso.

Questo contributo della Chiesa passa soprattutto attraverso la testimonianza offerta dai cristiani, e in particolare dai laici, nella loro vita quotidiana. L’uomo contemporaneo infatti accoglie il messaggio dell’amore dai testimoni più che dai maestri, o da questi ultimi quando si presentano come autentici testimoni (cfr Evangelii Nuntiandi EN 41). È questa la sfida da raccogliere, perché si aprano nuovi scenari per il futuro del cristianesimo e della stessa umanità.


Traduzione italiana del saluto in lingua croata

Cari fratelli e sorelle, il perdono di cuore e la riconciliazione sono frutti della conversione e della sincera adesione al Vangelo. A questo ci invita, in particolare, il Grande Giubileo dell’Anno 2000, che avrà inizio tra pochi giorni e che rievoca il Mistero dell’Incarnazione e dell’immenso amore di Dio Uno e Trino verso l’uomo. La prossima celebrazione si manifesta per tali ragioni straordinariamente ricca di nuove speranze e di sovrabbondante gioia.

Saluto cordialmente i partecipanti al Simposio internazionale dedicato al “padre della linguistica croata”, il gesuita Bartol Kašic, come pure il personale dell’Istituto Lessicografico Croato “Miroslav Krleza” di Zagabria. Vi accompagni tutti la mia benedizione.

Siano lodati Gesù e Maria!
* * *


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, ai Dirigenti del Ministero della Sanità che collaborano con il Gran Ospedaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta, i cui membri si occuperanno delle postazioni di pronto soccorso durante l'Anno giubilare, presso le quattro Basiliche romane. Ad essi ed ai loro familiari esprimo il mio grato compiacimento e formulo i più cordiali auguri.

Con grande piacere saluto il numeroso gruppo di militari e civili, operatori di pace e solidarietà nel Kosovo, che attraverso "Radio West" mi ascoltano e si apprestano ad iniziare il Grande Giubileo dell'Anno 2000. Carissimi, mi sento molto vicino a voi ed alle vostre famiglie e vi manifesto il mio compiacimento per il quotidiano servizio di ricostruzione di un Paese duramente provato. Mentre invoco su tutti copiosi doni e ricompense celesti, auspico di cuore che il Giubileo ormai vicino rinsaldi il comune impegno per la tutela e la promozione del rispetto della dignità della persona e dei diritti di ogni essere umano.

Saluto, poi, i fedeli della Parrocchia Santa Maria Assunta in Balze di Verghereto, venuti con i membri dell'Arciconfraternita di Misericordia di Firenze e li ringrazio per il gentile dono del muschio, che servirà per il presepe in Piazza San Pietro. Saluto pure i fedeli della Basilica di Santa Caterina in Bolsena, ed il gruppo della Patriarcale Basilica di San Francesco in Assisi.

Saluto anche l'Unione Provinciale Agricoltori di Siena, l'Unione Cattolica Artisti Italiani, i membri del Corso Allievi Marescialli dell'Esercito Italiano e della Scuola Tecnica della Polizia di Stato.

Vi ringrazio tutti di cuore per la vostra partecipazione, invocando su ciascuno la continua protezione di Dio e della Vergine Santissima.

Un particolare saluto rivolgo a voi, giovani, malati e sposi novelli.

A voi, cari giovani, specialmente a voi studenti che siete così numerosi, auguro di disporre i vostri cuori ad accogliere Gesù, che viene a salvarci con la potenza del suo amore.

A voi, cari malati, che nella vostra esperienza di malattia condividete con Cristo il peso della Croce, le prossime feste natalizie apportino serenità e conforto.

Invito voi, cari sposi novelli, che da poco tempo avete fondato la vostra famiglia, a crescere sempre più in quell'amore che Gesù nel suo Natale ci ha donato.

A tutti imparto la Benedizione Apostolica.





Catechesi 79-2005 17119