Catechesi 79-2005 21111

Mercoledì 21 novembre 2001: Es 15,1-4a. 8-13. 17-18 Inno di vittoria per il passaggio del Mar Rosso - Lodi Sabato 1a Settimana

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(Lettura:
Ex 15,1-4a Ex 15,13 Ex 15,17).

1. Questo inno di vittoria (cfr Ex 15,1-18), proposto alle Lodi del sabato della prima settimana, ci riporta a un momento-chiave della storia della salvezza: all’evento dell’Esodo, quando Israele fu salvato da Dio in una situazione umanamente disperata. I fatti sono noti: dopo la lunga schiavitù in Egitto, ormai in cammino verso la terra promessa, gli Ebrei erano stati raggiunti dall’esercito del faraone, e nulla li avrebbe sottratti all’annientamento, se il Signore non fosse intervenuto con la sua mano potente. L’inno indugia a descrivere la tracotanza dei disegni del nemico armato: "inseguirò, raggiungerò, spartirò il bottino…" (Ex 15,9).

Ma cosa può anche il più grande esercito, di fronte all’onnipotenza divina? Dio comanda al mare di aprire un varco per il popolo aggredito e di richiudersi al passaggio degli aggressori: "Soffiasti con il tuo alito: li coprì il mare, sprofondarono come piombo in acque profonde" (Ex 15,10).

Sono immagini forti, che vogliono dare la misura della grandezza di Dio, mentre esprimono lo stupore di un popolo che quasi non crede ai suoi occhi, e si scioglie a una sola voce in un canto commosso: "Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato. È il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare!" (Ex 15,2).

2. Il Cantico non parla soltanto della liberazione ottenuta; ne indica anche lo scopo positivo, il quale non è altro che l’ingresso nella dimora di Dio per vivere nella comunione con Lui: "Guidasti con il tuo favore questo popolo che hai riscattato, lo conducesti con forza alla tua santa dimora" (Ex 15,13). Così compreso, questo evento non solo fu alla base dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, ma divenne come il "simbolo" di tutta la storia della salvezza. Tante altre volte Israele sperimenterà situazioni analoghe, e l’Esodo si riattualizzerà puntualmente. In modo speciale quell’evento prefigura la grande liberazione che Cristo realizzerà con la sua morte e risurrezione.

Per questo il nostro inno risuona a titolo speciale nella liturgia della Veglia pasquale, per illustrare con l’intensità delle sue immagini ciò che si è compiuto in Cristo. In lui siamo stati salvati non da un oppressore umano, ma da quella schiavitù di Satana e del peccato, che fin dalle origini pesa sul destino dell’umanità. Con lui l’umanità si rimette in cammino, sul sentiero che riconduce alla casa del Padre.

3. Questa liberazione, già realizzata nel mistero e presente nel Battesimo come un seme di vita destinato a crescere, raggiungerà la sua pienezza alla fine dei tempi, quando Cristo tornerà glorioso e "consegnerà il Regno a Dio Padre" (1Co 15,24). Proprio a questo orizzonte finale, escatologico, la Liturgia delle Ore ci invita a guardare, introducendo il nostro Cantico con una citazione dell’Apocalisse: "Coloro che avevano vinto la bestia… cantavano il cantico di Mosé, servo di Dio" (Ap 15,2 Ap 15,3).

Alla fine dei tempi, si realizzerà pienamente per tutti i salvati ciò che l’evento dell’Esodo prefigurava e la Pasqua di Cristo ha compiuto in modo definitivo, ma aperto al futuro. La nostra salvezza infatti è reale e profonda, ma sta tra il "già" e il "non ancora" della condizione terrena, come ci ricorda l’apostolo Paolo: "Nella speranza noi siamo stati salvati" (Rm 8,24).

4. "Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato" (Ex 15,1). Mettendoci sulle labbra queste parole dell’antico inno, la Liturgia delle Lodi ci invita a porre la nostra giornata nel grande orizzonte della storia della salvezza. È questo il modo cristiano di percepire lo scorrere del tempo. Nei giorni che si accumulano ai giorni non c’è una fatalità che ci opprime, ma un disegno che si va dipanando, e che i nostri occhi devono imparare a leggere come in filigrana.

A questa prospettiva storico-salvifica erano particolarmente sensibili i Padri della Chiesa, che amavano leggere i fatti salienti dell’Antico Testamento - dal diluvio del tempo di Noè alla chiamata di Abramo, dalla liberazione dell’Esodo al ritorno degli Ebrei dopo l’esilio babilonese - come "prefigurazioni" di eventi futuri, riconoscendo a quei fatti un valore "archetipico": in essi erano preannunciate le caratteristiche fondamentali che si sarebbero ripetute, in qualche modo, lungo tutto il corso della storia umana.

5. Del resto già i profeti avevano riletto gli eventi della storia della salvezza, mostrandone il senso sempre attuale e additandone la realizzazione piena nel futuro. È così che, meditando sul mistero dell’alleanza stipulato da Dio con Israele, essi giungono a parlare di una "nuova alleanza" (Jr 31,31 cfr Ez 36,26-27), nella quale la legge di Dio sarebbe stata scritta nel cuore stesso dell’uomo. Non è difficile vedere in questa profezia la nuova alleanza stipulata nel sangue di Cristo e realizzata attraverso il dono dello Spirito. Recitando questo inno di vittoria dell’antico Esodo alla luce dell’Esodo pasquale, i fedeli possono vivere la gioia di sentirsi Chiesa pellegrinante nel tempo, verso la Gerusalemme celeste.

6. Si tratta dunque di contemplare con stupore sempre nuovo quanto Dio ha disposto per il suo Popolo: "Lo fai entrare e lo pianti sul monte della tua promessa, luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato" (Ex 15,17). L’inno di vittoria non esprime il trionfo dell’uomo, ma il trionfo di Dio. Non è un canto di guerra, è un canto d’amore.

Lasciando che le nostre giornate siano pervase da questo fremito di lode degli antichi Ebrei, noi camminiamo per le strade del mondo, non prive di insidie, rischi e sofferenze, con la certezza di essere avvolti dallo sguardo misericordioso di Dio: nulla può resistere alla potenza del suo amore.

Saluti:

Traduzione del saluto in lingua croata:

Cari Fratelli e Sorelle, l'Eucaristia è memoriale che Cristo ci ha comandato di celebrare, convito pasquale, unico sacrificio della nuova ed eterna Alleanza. In essa «si compie l'opera della nostra redenzione» (Lumen gentium LG 3) e si elargiscono in abbondanza i suoi frutti tanto ai vivi quanto ai defunti.

Saluto di cuore i pellegrini croati qui presenti, impartendo loro la Benedizione Apostolica.
Siano lodati Gesù e Maria!



Traduzione del saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i fedeli ungheresi, specialmente quanti provengono da Szekszárd.

Vi auguro, che nella città degli Apostoli la vostra fede si approfondisca e nella vostra Patria possiate divenire testimoni autentici di Cristo.

Con questi pensiero vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * * * *


Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto il gruppo di presbiteri partecipanti al corso di Esercizi spirituali promosso dall’Istituto secolare "Sacerdoti Missionari della Regalità di Cristo" e auguro loro di attingere dalla preghiera nuovo slancio apostolico, per una sempre più incisiva testimonianza a Cristo e al suo Vangelo.

Saluto poi con affetto i rappresentanti dell’Associazione "Il mio Dio canta giovane", giunti da varie Regioni italiane. Carissimi, mi compiaccio con voi e con quanti condividono il vostro nobile ideale di testimoniare il Vangelo della vita, promovendo e diffondendo il canto di ispirazione religiosa. Possano le vostre canzoni essere l’eco del comandamento di Cristo: "Amatevi come io vi ho amato".

Il mio pensiero va ora ai membri della Legio Mariae, qui convenuti numerosi in occasione dell’ottantesimo anniversario di fondazione del sodalizio mariano. Mentre esprimo apprezzamento per il loro servizio ecclesiale, invito ciascuno a vedere in Maria Santissima un modello a cui fare costante riferimento. Sia la Vergine l’esempio che trascina, la guida sicura che conduce a Cristo.

Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Domenica prossima, ultima del tempo ordinario, celebreremo la solennità di Cristo, re dell’Universo. Cari giovani, ponete Gesù al centro della vostra vita, e da Lui riceverete luce e coraggio in ogni scelta quotidiana. Cristo, che ha fatto della Croce un trono regale, insegni a voi, cari malati, a comprendere il valore redentivo della sofferenza vissuta in unione a Lui. A voi, cari sposi novelli, auguro di riconoscere la presenza del Signore nel vostro cammino matrimoniale, sì da partecipare alla costruzione del suo Regno di amore e di pace.

Oggi, memoria liturgica della Presentazione di Maria Santissima al Tempio, si celebra la Giornata per le Claustrali. Alle Sorelle chiamate dal Signore alla vita contemplativa, desidero assicurare la speciale vicinanza mia e dell’intera Comunità ecclesiale. Rinnovo, al tempo stesso, l’invito a tutti i cristiani affinché non facciano mancare ai monasteri di clausura il necessario sostegno spirituale e materiale. Tanto dobbiamo, infatti, a queste persone che si consacrano interamente all’incessante preghiera per la Chiesa e per il mondo!

A tutte queste care Sorelle invio di cuore una speciale Benedizione Apostolica.

Sono profondamente addolorato per la recente notizia della brutale uccisione di quattro giornalisti, in Afghanistan. Esprimo vivo cordoglio ai familiari e a quanti sono colpiti da così drammatico evento.

Affidiamo alla misericordia del Signore le anime di questi defunti, e per essi, come pure per tutte le altre vittime della violenza, preghiamo ora cantando insieme il Padre Nostro.






Mercoledì 28 novembre 2001: Salmo 116: Invito a lodare Dio per il suo amore - Lodi Sabato 1a Settimana

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(Lettura:
Ps 116,1-2)

1. È questo il più breve di tutti i Salmi, composto nell’originale ebraico di sole diciassette parole, delle quali nove sono quelle particolarmente rilevanti. È una piccola dossologia, cioè un canto essenziale di lode, che idealmente potrebbe fungere da sigillo a preghiere inniche più ampie. Così è accaduto talora nella liturgia, un po’ come avviene col nostro Gloria Patri, che poniamo a conclusione della recita di ogni Salmo.

In verità queste poche parole oranti si rivelano significative e profonde per esaltare l’alleanza tra il Signore e il suo popolo, all’interno di una prospettiva universale. In questa luce il primo versetto del Salmo è assunto dall’apostolo Paolo per invitare tutti i popoli del mondo a glorificare Dio. Scrive, infatti, ai cristiani di Roma: "Le nazioni pagane glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto:… Lodate, nazioni tutte, il Signore; i popoli tutti lo esaltino" (Rm 15,9 Rm 15,11).

2. Il breve inno che stiamo meditando si apre, dunque, come spesso accade a questo genere di Salmi, con un invito alla lode, che non è indirizzato solo a Israele, ma a tutti i popoli della terra. Un alleluia deve sgorgare dai cuori di tutti i giusti che cercano e amano Dio con cuore sincero. Ancora una volta il Salterio riflette una visione di vasto respiro, alimentata probabilmente dall’esperienza vissuta da Israele durante l’esilio a Babilonia nel sesto secolo a. C.: il popolo ebraico incontrò allora altre nazioni e culture e sentì il bisogno di annunziare la propria fede a coloro tra i quali viveva. C’è nel Salterio la consapevolezza che il bene fiorisce in tanti terreni e può essere quasi convogliato e diretto verso l’unico Signore e Creatore.

Potremmo, perciò, parlare di un "ecumenismo" della preghiera, che stringe in un unico abbraccio popoli differenti per origine, storia e cultura. Siamo nella linea della grande "visione" di Isaia che descrive "alla fine dei giorni" l’affluire di tutte le genti verso "il monte del tempio del Signore". Cadranno, allora, dalle mani le spade e le lance; anzi, esse verranno forgiate in vomeri e falci, perché l’umanità viva in pace, cantando la sua lode all’unico Signore di tutti, ascoltandone la parola e osservandone la legge (cfr Is 2,1-5).

3. Israele, il popolo dell’elezione, ha in questo orizzonte universale una missione da espletare. Deve proclamare due grandi virtù divine, che ha sperimentato vivendo l’alleanza col Signore (cfr Ps 116,2). Queste due virtù, che sono come i lineamenti fondamentali del volto divino, il "buon binomio" di Dio, per dirla con san Gregorio di Nissa (cfr Sui titoli dei Salmi, Roma 1994, p. 183), sono espresse con altrettanti vocaboli ebraici che, nelle traduzioni, non riescono a brillare in tutta la loro ricchezza di significato.

Il primo è hésed, un termine ripetutamente usato dal Salterio e sul quale già in altra occasione mi sono soffermato. Esso vuole indicare la trama dei sentimenti profondi che intercorrono tra due persone, legate da un vincolo autentico e costante. Abbraccia, perciò, valori come l’amore, la fedeltà, la misericordia, la bontà, la tenerezza. Tra noi e Dio c’è, dunque, una relazione che non è fredda, come quella che intercorre tra un imperatore e il suo suddito, ma palpitante, come quella che si sviluppa tra due amici, tra due sposi, tra genitori e figli.

4. Il secondo vocabolo è ’emét ed è quasi sinonimo del primo. Anch’esso è caro al Salterio, che lo ripete quasi la metà di tutte le volte in cui risuona nel resto dell’Antico Testamento.

Il termine di per sé esprime la "verità", cioè la genuinità di un rapporto, la sua autenticità e lealtà, che si conserva nonostante gli ostacoli e le prove; è la fedeltà pura e gioiosa che non conosce incrinature. Non per nulla il Salmista dichiara che essa "dura in eterno" (Ps 116,2). L’amore fedele di Dio non verrà mai meno e non ci abbandonerà a noi stessi o all’oscurità del non-senso, di un destino cieco, del vuoto e della morte.

Dio ci ama con un amore incondizionato, che non conosce stanchezza, che non si spegne mai. È questo il messaggio del nostro Salmo, breve quasi come una giaculatoria, ma intenso come un grande cantico.

5. Le parole che esso ci suggerisce sono come un’eco del cantico che risuona nella Gerusalemme celeste, dove una folla immensa di ogni lingua, popolo e nazione, canta la gloria divina davanti al trono di Dio e all’Agnello (cfr Ap 7,9). A questo cantico la Chiesa pellegrinante si nisce con infinite espressioni di lode, modulate spesso dal genio poetico e dall’arte musicale. Pensiamo - per fare un esempio - al Te Deum, di cui generazioni di cristiani si sono avvalsi lungo i secoli per lodare e ringraziare: "Te Deum laudamus, te Dominum confitemur, te aeternum Patrem omnis terra veneratur". Da parte sua, il piccolo Salmo che oggi stiamo meditando è un’efficace sintesi della perenne liturgia di lode con cui la Chiesa si fa voce nel mondo, unendosi alla lode perfetta che Cristo stesso rivolge al Padre.

Lodiamo, dunque, il Signore! Lodiamolo senza stancarci. Ma la nostra lode sia espressa con la vita, prima che con le parole. Saremmo infatti ben poco credibili, se col nostro Salmo invitassimo i popoli a dar gloria al Signore, e non prendessimo sul serio il monito di Gesù: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16). Cantando il Salmo 116, come tutti i Salmi inneggianti al Signore, la Chiesa, Popolo di Dio, si sforza di diventare essa stessa un cantico di lode.

Saluti:



Traduzione del saluto in lingua croata:

Cari Fratelli e Sorelle, l'Eucaristia è «fonte ed apice della vita cristiana» (Lumen gentium LG 11), e ad essa inducono gli altri Sacramenti. In essa riceviamo il pegno della gloria futura e già ora siamo inseriti tra i convitati al banchetto del Regno dei cieli.

Saluto cordialmente i pellegrini dell'Arcidiocesi di Zagabria, impartendo loro la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!
* * * * *


Rivolgo una cordiale parola di benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli, accompagnati dal Vescovo Monsignor Eugenio Binini; i seminaristi del Seminario di Ravenna e le Suore di san Carlo Borromeo, riunite per il loro Capitolo generale. Carissimi Fratelli e Sorelle, auguro che la vostra sosta presso i luoghi sacri, rinsaldi la vostra adesione a Cristo e faccia crescere la carità nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità. Vi accompagno con un particolare ricordo nella preghiera, perché il Signore vi ricolmi di copiosi doni spirituali.

Saluto, inoltre, i partecipanti al corso di studio promosso dalla "Scuola Medica ospedaliera di Roma e della Regione Lazio". Carissimi, esprimo apprezzamento per il vostro impegno professionale e vi incoraggio a difendere senza compromessi la vita e la dignità della persona, operando nel rispetto della legge morale. Il vero umanesimo non può ammettere mai metodi ed esperimenti che costituiscono "minacce programmate in maniera scientifica e sistematica" contro la vita (cfr Evangelium vitae EV 17).

Rivolgo, infine, il mio saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. La figura dell’apostolo sant’Andrea, la cui festa si celebrerà nei prossimi giorni, sia per voi, cari giovani, un modello di sequela e di testimonianza cristiana. Sant’Andrea interceda per voi, cari ammalati, affinché la consolazione divina promessa da Gesù agli afflitti riempia i vostri cuori e fortifichi la vostra fede. Voi, cari sposi novelli, impegnatevi a corrispondere fedelmente al progetto di amore del quale Cristo vi ha resi partecipi con il sacramento del matrimonio.

Ho appreso con profonda sofferenza la notizia dell’esplosione che ieri ha coinvolto un palazzo nel quartiere di Montesacro qui a Roma. In questo momento di dolore, sono particolarmente vicino a quanti sono stati colpiti dal tragico evento; ad essi desidero esprimere sentimenti di conforto e di affetto. Invochiamo insieme dal Signore il premio eterno per coloro che hanno perso la vita, con un particolare pensiero per i vigili del fuoco che sono morti nel generoso adempimento del loro dovere. Preghiamo perché non manchi la comune solidarietà alle famiglie che piangono i loro cari defunti o devono affrontare i disagi conseguenti la grave disgrazia.




Mercoledì 5 dicembre 2001: Salmo 117: Canto di gioia e di vittoria - Lodi Domenica 2a Settimana

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(Lettura:
Ps 117,1-2 Ps 117,19-20 Ps 117,22 Ps 117,24).

1. Quando il cristiano, in sintonia con la voce orante di Israele, canta il Salmo 117 che abbiamo appena sentito risuonare, prova dentro di sé un fremito particolare. Egli trova, infatti, in questo inno di forte impronta liturgica due frasi che echeggeranno all’interno del Nuovo Testamento con una nuova tonalità. La prima è costituita dal v. 22: "La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo". Questa frase è citata da Gesù, che la applica alla sua missione di morte e di gloria, dopo aver narrato la parabola dei vignaioli omicidi (cfr Mt 21,42). La frase è richiamata anche da Pietro negli Atti degli Apostoli: "Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,11-12). Commenta Cirillo di Gerusalemme: "Uno solo diciamo il Signore Gesù Cristo, affinché la filiazione sia unica; uno solo diciamo, perché tu non pensi che ve ne sia un altro… Infatti è chiamato pietra, non inanimata né tagliata da mani umane, ma pietra angolare, perché colui che avrà creduto in essa non rimarrà deluso" (Le Catechesi, Roma 1993, PP 312-313).

La seconda frase che il Nuovo Testamento desume dal Salmo 117 è proclamata dalla folla nel solenne ingresso messianico di Cristo in Gerusalemme: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!" (Mt 21,9 cfr Ps 117,26). L’acclamazione è incorniciata da un "Osanna" che riprende l’invocazione ebraica hoshiac na’, "deh, salvaci!".

2. Questo splendido inno biblico è collocato all’interno della piccola raccolta di Salmi, dal 112 al 117, detta lo "Hallel pasquale", cioè la lode salmica usata dal culto ebraico per la Pasqua e anche per le principali solennità dell’anno liturgico. Il filo conduttore del Salmo 117 può essere considerato il rito processionale, scandito forse da canti per il solista e per il coro, sullo sfondo della città santa e del suo tempio. Una bella antifona apre e chiude il testo: "Celebrate il Signore perché è buono, eterna è la sua misericordia" (Ps 117,1 Ps 117,29).

La parola "misericordia" traduce la parola ebraica hesed, che designa la fedeltà generosa di Dio nei confronti del suo popolo alleato e amico. A cantare questa fedeltà sono coinvolte tre categorie di persone: tutto Israele, la "casa di Aronne", cioè i sacerdoti, e "chi teme Dio", una locuzione che indica i fedeli e successivamente anche i proseliti, cioè i membri delle altre nazioni desiderosi di aderire alla legge del Signore (cfr Ps 117,2-4).

3. La processione sembra snodarsi per le vie di Gerusalemme, perché si parla delle "tende dei giusti" (cfr Ps 117,15). Si leva, comunque, un inno di ringraziamento (cfr Ps 117,5-18), il cui messaggio è essenziale: anche quando si è nell’angoscia bisogna conservare alta la fiaccola della fiducia, perché la mano potente del Signore conduce il suo fedele alla vittoria sul male e alla salvezza.

Il poeta sacro usa immagini forti e vivaci: gli avversari crudeli sono paragonati ad uno sciame d’api o a un fronte di fiamme che avanza riducendo tutto in cenere (cfr Ps 117,12). Ma la reazione del giusto, sostenuto dal Signore, è veemente; per tre volte si ripete: "Nel nome del Signore li ho sconfitti" e il verbo ebraico evidenzia un intervento distruttivo nei confronti del male (cfr Ps 117,10-12). Alla radice, infatti, c’è la destra potente di Dio, cioè la sua opera efficace, e non certo la mano debole e incerta dell’uomo. Ed è per questo che la gioia per la vittoria sul male si apre ad una professione di fede molto suggestiva: "Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza" (Ps 117,14).

4. La processione sembra essere giunta al tempio, alle "porte della giustizia" (Ps 117,19), cioè alla porta santa di Sion. Qui si intona un secondo canto di ringraziamento, che è aperto da un dialogo tra l’assemblea e i sacerdoti per essere ammessi al culto. "Apritemi le porte della giustizia: entrerò a rendere grazie al Signore", dice il solista a nome dell’assemblea processionale. "È questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti" (Ps 117,20), rispondono altri, probabilmente i sacerdoti.

Una volta entrati si può dar voce all’inno di gratitudine al Signore, che nel tempio si offre come "pietra" stabile e sicura su cui edificare la casa della vita (cfr Mt 7,24-25). Una benedizione sacerdotale scende sui fedeli, che sono entrati nel tempio per esprimere la loro fede, elevare la loro preghiera e celebrare il culto.

5. L’ultima scena che si apre davanti ai nostri occhi è costituita da un rito gioioso di danze sacre, accompagnate da un festoso agitare di fronde: "Ordinate il corteo con rami frondosi fino ai lati dell’altare" (Ps 117,27). La liturgia è gioia, incontro di festa, espressione dell’intera esistenza che loda il Signore. Il rito delle fronde fa pensare alla solennità ebraica delle Capanne, memoria del pellegrinaggio di Israele nel deserto, solennità nella quale si compiva una processione con rami di palme, mirto e salice.

Questo stesso rito evocato dal Salmo si ripropone al cristiano nell’ingresso di Gesù in Gerusalemme, celebrato nella liturgia della Domenica delle Palme. Cristo è osannato come "figlio di Davide" (cfr Mt 21,9) dalla folla che, "venuta per la festa… prese dei rami di palme e uscì incontro a lui gridando: Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!" (Jn 12,12-13). In quella celebrazione festosa che, però, prelude all’ora della passione e morte di Gesù, si attua e comprende in senso pieno anche il simbolo della pietra angolare, proposto in apertura, acquisendo un valore glorioso e pasquale.

Il Salmo 117 rincuora i cristiani a riconoscere nell’evento pasquale di Gesù "il giorno fatto dal Signore", in cui "la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo". Col Salmo essi possono quindi cantare pieni di gratitudine: "Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza" (Ps 117,14); "Questo è il giorno fatto dal Signore, rallegriamoci ed esultiamo in esso" (Ps 117,24).

Saluti:

Traduzione del saluto in lingua croata:

Cari Fratelli e Sorelle, l'Eucaristia è sacramento di amore e segno visibile dell'unità di quanti, consacrati in un solo Battesimo e unti dallo Spirito Santo, sono riuniti intorno al Vescovo, loro pastore, ed ai sacerdoti, suoi collaboratori nel ministero ecclesiale. Essa è forza vitale della Chiesa e ne manifesta la natura.

Saluto i pellegrini provenienti dalla Diocesi di Mostar-Duvno e gli altri pellegrini croati. A tutti imparto la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!


Traduzione del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente il gruppo dei pellegrini provenienti da Bratislava.

Cari fratelli e sorelle, domenica scorsa siamo entrati nel tempo liturgico dell’Avvento. Vivete questo tempo di attesa gioiosa del Redentore che viene, sull’esempio della Vergine Immacolata.

Volentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!
* * * * *


Rivolgo ora un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli di Benevento, accompagnati dal loro Arcivescovo Mons. Serafino Sprovieri, e venuti a Roma a conclusione dell’Anno sul "discepolato", che ha visto la diocesi riflettere sulla testimonianza dell’Apostolo san Bartolomeo. Saluto, poi, il Corpo di Polizia Municipale di Civitavecchia e i rappresentanti di codesta Amministrazione Comunale, accompagnati dal loro Pastore Mons. Girolamo Grillo. Estendo il mio pensiero all’associazione culturale "Arycanda", all’Avis di Vittorio Veneto e alla società sportiva "Sempione 82".

Saluto, inoltre, le "Ancelle dell’Amore Misericordioso", che, hanno voluto visitarmi durante il loro capitolo elettivo, e le incoraggio a progredire nella loro fedeltà al Vangelo e alla Chiesa.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Il tempo di Avvento, da poco iniziato, ci presenta in questi giorni l’esempio fulgido della Vergine Immacolata. Sia lei a guidarvi, cari giovani, nel vostro spirituale cammino di adesione a Cristo. Per voi, cari malati, sia sostegno di rinnovata speranza. Mentre guidi voi, cari sposi novelli, a scoprire sempre più l’amore di Cristo.

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LA TERRA SANTA


Sento il bisogno di esprimere il mio sentito cordoglio per le nuove vittime dell’assurda violenza che continua a insanguinare la regione medio-orientale. Ancora una volta ripeto con animo accorato che la violenza mai risolve i conflitti, ma soltanto ne accresce le drammatiche conseguenze.

Lancio un nuovo pressante appello alla Comunità internazionale, affinché con sempre maggiore determinazione e coraggio aiuti Israeliani e Palestinesi a spezzare questa inutile spirale di morte. Siano ripresi immediatamente i negoziati, perché si possa finalmente giungere alla tanto desiderata pace.






Mercoledì 12 dicembre 2001: Dn 3, 52-57 - Ogni creatura lodi il Signore - Lodi Domenica 2a Settimana

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(Lettura:
Da 3,52-53 Da 3,55-57).

1. Il cantico che abbiamo or ora sentito proclamare è costituito dalla prima parte di un lungo e bell’inno che si trova incastonato nella traduzione greca del libro di Daniele. Lo cantano tre giovani ebrei gettati in una fornace per aver rifiutato di adorare la statua del re babilonese Nabucodonosor. Un’altra parte dello stesso canto viene proposta dalla Liturgia delle Ore per le Lodi della domenica, nella prima e nella terza settimana del Salterio liturgico.

Il libro di Daniele, come è noto, riflette i fermenti, le speranze e anche le attese apocalittiche del popolo eletto, il quale, nell’epoca dei Maccabei (secondo secolo a.C.) era in lotta per poter vivere secondo la Legge data da Dio.

Dalla fornace, i tre giovani, miracolosamente preservati dalle fiamme, cantano un inno di benedizione rivolto a Dio. Questo inno è simile a una litania, ripetitiva e insieme nuova: le sue invocazioni salgono a Dio come volute d’incenso, che percorrono lo spazio in forme simili eppure mai uguali. La preghiera non teme la ripetizione, come l’innamorato non esita a dichiarare infinite volte all’amata tutto il suo affetto. Insistere nelle stesse questioni è segno d’intensità e di molteplici sfumature nei sentimenti, nelle pulsioni interiori e negli affetti.

2. Abbiamo sentito proclamare l’avvio di questo inno cosmico, contenuto nel capitolo terzo di Daniele, ai versetti . È l’introduzione, che precede la grandiosa sfilata delle creature coinvolte nella lode. Uno sguardo panoramico a tutto il canto nel suo distendersi litanico, ci fa scoprire una successione di componenti che costituiscono la trama di tutto l’inno. Questo inizia con sei invocazioni rivolte direttamente a Dio; ad esse segue un appello universale alle "opere tutte del Signore", perché aprano le loro labbra ideali alla benedizione (cfr ).

È questa la parte che oggi consideriamo e che la liturgia propone per le Lodi della domenica della seconda settimana. Successivamente il canto si distenderà convocando tutte le creature del cielo e della terra a lodare e magnificare il loro Signore.

3. Il nostro brano iniziale verrà ripreso un’altra volta dalla liturgia, nelle Lodi della domenica della quarta settimana. Sceglieremo, perciò, ora solo alcuni elementi per la nostra riflessione. Il primo è l’invito alla benedizione: "Benedetto sei tu…", che diverrà alla fine: "Benedite…!".

Nella Bibbia esistono due forme di benedizione, che s’intrecciano tra loro. Da un lato, c’è quella che scende da Dio: il Signore benedice il suo popolo (cfr NM 6,24-27). È una benedizione efficace, sorgente di fecondità, felicità e prosperità. Dall’altro c’è la benedizione che sale dalla terra al cielo. L’uomo, beneficato dalla generosità divina, benedice Dio, lodandolo, ringraziandolo, esaltandolo: "Benedici il Signore, anima mia!" (Ps 102,1 Ps 103,1).

La benedizione divina è spesso mediata dai sacerdoti (cfr NM 6,22-23 NM 27 Sir 50, 20-21) attraverso l’imposizione delle mani; la benedizione umana è invece espressa nell’inno liturgico, che sale al Signore dall’assemblea dei fedeli.

4. Un altro elemento che consideriamo all’interno del brano ora proposto alla nostra meditazione è costituito dall’antifona. Si potrebbe immaginare che il solista, nel tempio gremito di popolo, intonasse la benedizione: "Benedetto sei tu, Signore…", elencando le diverse meraviglie divine, mentre l’assemblea dei fedeli ripeteva costantemente la formula: "Degno di lode e di gloria nei secoli". È quanto già accadeva col Salmo 135, il cosiddetto "Grande Hallel", cioè la grande lode, ove il popolo ripeteva: "Eterna è la sua misericordia", mentre un solista enumerava i vari atti di salvezza compiuti dal Signore in favore del suo popolo.

Oggetto della lode, nel nostro Salmo, è innanzitutto il nome "glorioso e santo" di Dio, la cui proclamazione risuona nel tempio, pur esso "santo glorioso". I sacerdoti e il popolo, mentre contemplano nella fede Dio che siede "sul trono del suo regno", ne avvertono su di sé lo sguardo che "penetra gli abissi" e questa consapevolezza fa scaturire dal loro cuore la lode: "Benedetto… benedetto…". Dio, che "siede sui cherubini" ed ha come sua abitazione il "firmamento del cielo", è tuttavia vicino al suo popolo, che si sente per questo protetto e sicuro.

5. La riproposta di questo cantico al mattino della domenica, la Pasqua settimanale dei cristiani, è un invito ad aprire gli occhi di fronte alla nuova creazione che ha avuto origine appunto con la risurrezione di Gesù. Gregorio di Nissa, un Padre della Chiesa greca del quarto secolo, spiega che con la Pasqua del Signore "vengono creati un cielo nuovo e una nuova terra… viene plasmato un uomo diverso rinnovato ad immagine del suo creatore per mezzo della nascita dall’alto" (cfr Jn 3,3 Jn 3,7). E continua: "Come chi guarda verso il mondo sensibile deduce per mezzo delle cose visibili la bellezza invisibile… così chi guarda verso questo nuovo mondo della creazione ecclesiale vede in esso Colui che è divenuto tutto in tutti conducendo per mano la mente, per mezzo delle cose comprensibili dalla nostra natura razionale, verso ciò che supera la comprensione umana" (Langerbeck H., Gregorii Nysseni Opera, VI, 1-22 passim, p. 385).

Nel cantare questo cantico il credente cristiano viene invitato dunque a contemplare il mondo della prima creazione, intuendovi il profilo della seconda, inaugurata con la morte e la risurrezione del Signore Gesù. E questa contemplazione conduce per mano tutti a entrare, quasi danzando di gioia, nell’unica Chiesa di Cristo.

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua ucraina:

Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto i pellegrini ucraini, venuti a Roma per restituirmi la Visita da me compiuta nella loro Terra.

Cari Fratelli e Sorelle, vi ringrazio della vostra presenza ed auguro di cuore che il vostro pellegrinaggio sia ricco di frutti spirituali. Possa la visita alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo rafforzare la vostra fede, così da diventare sempre più credibili testimoni del Vangelo.

A tutti voi ed ai vostri cari imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo.


* * * * *


Rivolgo un cordiale pensiero ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Vescovi della Sardegna, qui convenuti con i Seminaristi, i Superiori e quanti cooperano, in diversi modi, alla realizzazione del nuovo Pontificio Seminario Regionale. Mi compiaccio per questa importante opera che sta per essere costruita: essa costituisce motivo di speranza per l’intera Chiesa di Sardegna. Sono lieto di benedire la prima pietra della Cappella ed auspico che essa sia il centro dell’intero Istituto di formazione sacerdotale, dove coloro che si preparano al presbiterato imparino ad amare Cristo sopra di ogni cosa.

Saluto poi i Seminaristi dei corsi propedeutici, provenienti dalla Calabria e li esorto a fondare la loro vita sulla salda roccia della Parola di Dio, per esserne coraggiosi annunciatori agli uomini del nostro tempo. Rivolgo, inoltre, una parola di incoraggiamento ai membri della "Casa dei piccoli operai", che ricordano il 50° anniversario della approvazione canonica.

Il mio saluto va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Nel clima spirituale dell’Avvento, tempo di speranza che ci prepara al Natale, è particolarmente presente Maria, la Vergine dell’attesa. A Lei affido voi, cari giovani, perché possiate accogliere con slancio l’invito di Cristo a realizzare pienamente il suo Regno. Esorto voi, cari malati, e in modo speciale voi, cari piccoli ospiti del "Piccolo Cottolengo don Orione" di Tortona, ad offrire la vostra sofferenza insieme a Maria, per la salvezza dell’umanità. La materna intercessione della Madonna aiuti voi, cari sposi novelli, a fondare la vostra famiglia su di un amore fedele e aperto all’accoglienza della vita.

INAUGURAZIONE DEL SITO WEB DELLA BASILICA DI NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE (MESSICO)


Al termine delle parole che riportiamo di seguito, Giovanni Paolo II attiva il sito Web della Basilica di Nostra Signora di Guadalupe (Messico):









Catechesi 79-2005 21111