Catechesi 79-2005 13104

Mercoledì, 13 ottobre 2004: cfr Ef 1,3-10 : Dio Salvatore - Vespri Lunedì 2a settimana

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(Lettura:
Ep 1,3 Ep 1,7-8)

1. Siamo di fronte al solenne inno di benedizione che apre la Lettera agli Efesini, una pagina di grande densità teologica e spirituale, mirabile espressione della fede e forse della liturgia della Chiesa dei tempi apostolici.

Per ben quattro volte, in tutte le settimane in cui si articola la Liturgia dei Vespri, l’inno è riproposto, perché il fedele possa contemplare e gustare questa grandiosa icona di Cristo, cuore della spiritualità e del culto cristiano, ma anche principio di unità e di senso dell’universo e di tutta la storia. La benedizione sale dall’umanità al Padre che è nei cieli (cfr Ep 1,3), muovendo dall’opera salvifica del Figlio.

2. Essa inizia dall’eterno progetto divino, che Cristo è chiamato a compiere. In questo disegno brilla innanzitutto la nostra elezione ad essere «santi e immacolati» non tanto a livello rituale - come sembrerebbero suggerire questi aggettivi usati nell’Antico Testamento per il culto sacrificale - bensì «nell’amore» (cfr Ep 1,4). Si tratta, quindi, di una santità e di una purezza morale, esistenziale, interiore.

Per noi, tuttavia, il Padre ha in mente un’ulteriore meta: attraverso Cristo ci destina ad accogliere il dono della dignità filiale, divenendo figli nel Figlio e fratelli di Gesù (cfr Rm 8,15 Rm 8,23 Rm 9,4 Ga 4,5). Questo dono della grazia si effonde attraverso «il Figlio diletto», l’Unigenito per eccellenza (cfr Ep 1,5-6).

3. Per questa via il Padre opera in noi una radicale trasformazione: una piena liberazione dal male, «la redenzione mediante il sangue» di Cristo, «la remissione dei peccati» attraverso «la ricchezza della sua grazia» (cfr Ep 1,7). L’immolazione di Cristo sulla croce, atto supremo di amore e di solidarietà, effonde su di noi un’onda sovrabbondante di luce, di «sapienza e intelligenza» (cfr Ep 1,3). Siamo creature trasfigurate: cancellato il nostro peccato, conosciamo in pienezza il Signore. Ed essendo la conoscenza, nel linguaggio biblico, espressione di amore, essa ci introduce più profondamente nel «mistero» della volontà divina (cfr Ep 1,9).

4. Un «mistero», ossia un progetto trascendente e perfetto, che ha per contenuto un mirabile piano salvifico: «ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra» (Ep 1,10). Il testo greco suggerisce che Cristo è diventato il kefalaion, ossia è il punto cardine, l’asse centrale verso cui converge e acquista senso tutto l’essere creato. Lo stesso vocabolo greco rimanda a un altro, caro alle Lettere agli Efesini e ai Colossesi: kefale, «capo», che indica la funzione espletata da Cristo nel corpo della Chiesa.

Ora lo sguardo è più ampio e cosmico, pur includendo la dimensione ecclesiale più specifica dell’opera di Cristo. Egli ha riconciliato «a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli» (Col 1,20).

5. Concludiamo la nostra riflessione con una preghiera di lode e di gratitudine per la redenzione di Cristo operata in noi. Lo facciamo con le parole di un testo conservato in un antico papiro del quarto secolo.

«Noi ti invochiamo, Signore Iddio. Tu conosci ogni cosa, niente ti sfugge, Maestro di verità. Hai creato l’universo e vegli su ogni essere. Tu guidi sulla strada della verità quelli che erano nelle tenebre e nell’ombra di morte. Tu vuoi salvare tutti gli uomini e far loro conoscere la verità. Tutti insieme ti offriamo lodi e inni di ringraziamento». L’orante prosegue: «Ci hai redenti, con il sangue prezioso e immacolato del tuo unico Figlio, da ogni traviamento e dalla schiavitù. Ci hai liberati dal demonio e ci hai concesso gloria e libertà. Eravamo morti e ci hai fatto rinascere, anima e corpo, nello Spirito. Eravamo sporchi e ci hai resi puri. Ti preghiamo, dunque, Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione: confermaci nella nostra vocazione, nell’adorazione e nella fedeltà». La preghiera si conclude con l’invocazione: «Fortificaci, o Signore benevolo, con la tua forza. Illumina l’anima nostra con la tua consolazione… Concedici di guardare, di cercare e di contemplare i beni del cielo e non quelli della terra. Così per la forza della tua grazia sarà resa gloria alla potestà onnipotente, santissima e degna di ogni lode, nel Cristo Gesù, il Figlio prediletto, con lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen» (A. Hamman, Preghiere dei primi cristiani, Milano 1955, PP 92-94).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto cordialmente i Fedeli della Parrocchia di Tutti i Santi in Blato di Korcula.

Carissimi, esortandovi a seguire l’esempio di generosità della vostra concittadina la Beata Maria di Gesù Crocifisso Petkovic, vi affido alla sua intercessione e vi imparto la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!


Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Un cordiale benvenuto ai pellegrini di Praga e a tutti i fedeli della Repubblica Ceca.

Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi provenienti da Bratislava.

Fratelli e sorelle, vi auguro un soggiorno benedetto a Roma. Vi ringrazio per le vostre preghiere e volentieri vi benedico.

Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente i pellegrini provenienti da Budapest.

Vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Il Cantico dalla lettera di S. Paolo agli Efesini che meditiamo oggi racchiude la rivelazione dell’eterno disegno di Dio. Come creati "a immagine e somiglianza di Dio" siamo chiamati ad "essere santi e immacolati davanti al suo volto". Questa vocazione è rimasta attuale anche quando tramite la disobbedienza dei progenitori il peccato è entrato nel mondo. L’attualità è stata conservata nel mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e della Redenzione. Con il sangue di Cristo siamo stati purificati dal peccato e dalla morte, siamo diventati figli nel Figlio, radicalmente trasformati per opera della grazia. Dio – come scrive S. Paolo – "l’ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, poiché egli ci ha fatto conoscere il mistero del suo volere".

Saluto i pellegrini di lingua polacca. Vi ringrazio per la vostra presenza, per le preghiere e per la benevolenza che sperimento in modo particolare in questi giorni. Ininterrottamente porto nel cuore tutti i connazionali. Benedico di cuore voi e i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!
***


Saluto i pellegrini di lingua italiana, tra i quali ci sono molti gruppi parrocchiali. In particolare, rivolgo un cordiale pensiero ai fedeli delle parrocchie dell’Immacolata in Modugno, di San Francesco d’Assisi in Gela, e dei Santi Pietro e Paolo in Latina.

A voi, cari giovani, malati e sposi novelli auguro di imitare l’esempio della Vergine Maria, donna eucaristica. All’inizio dell’Anno Eucaristico, sforzatevi, come lei, di seguire Gesù via, verità e vita. Siate adoratori frequenti della Santissima Eucarestia!








Mercoledì, 20 ottobre 2004: Salmo 48, 1-13 Vanità delle ricchezze - Vespri del martedì della 2a Settimana

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(Lettura:
Ps 48,2-3 Ps 48,6-8 Ps 48,13)

1. La nostra meditazione sul Salmo 48 sarà scandita in due tappe, proprio come fa la Liturgia dei Vespri, che ce lo propone in due tempi. Ne commenteremo ora in modo essenziale la prima parte, nella quale la riflessione prende lo spunto da una situazione di disagio, come nel Salmo 72. Il giusto deve affrontare «giorni tristi», perché lo «circonda la malizia dei perversi», i quali «si vantano della loro grande ricchezza» (cfr Ps 48,6-7).

La conclusione a cui il giusto arriva è formulata come una sorta di proverbio, che si ritroverà anche nella finale dell’intero Salmo. Essa sintetizza in modo limpido il messaggio dominante della composizione poetica: «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Ps 48,13). In altri termini, la «grande ricchezza» non è un vantaggio, anzi! Meglio è essere povero e unito a Dio.

2. Nel proverbio sembra echeggiare la voce austera di un antico sapiente biblico, l’Ecclesiaste o Qoelet, quando descrive il destino apparentemente uguale di ogni creatura vivente, quello della morte, che rende del tutto vano l’aggrapparsi frenetico alle cose terrene: «Come è uscito nudo dal grembo di sua madre, così se ne andrà di nuovo come era venuto, e dalle sue fatiche non ricaverà nulla da portar con sé… Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli... Tutti sono diretti verso la medesima dimora» (Qo 5,14 Qo 3,19 Qo 3,20).

3. Un’ottusità profonda s’impadronisce dell’uomo quando s’illude di evitare la morte affannandosi ad accumulare beni materiali: non per nulla il Salmista parla di un «non comprendere» di impronta quasi bestiale.

Il tema sarà, comunque, esplorato da tutte le culture e da tutte le spiritualità e sarà espresso nella sua sostanza in modo definitivo da Gesù che dichiara: «Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15). Egli narra poi la famosa parabola del ricco insipiente, che accumula beni a dismisura senza immaginare l’agguato che la morte gli sta tendendo (cfr Lc 12,16-21).

4. La prima parte del Salmo è tutta centrata proprio su questa illusione che conquista il cuore del ricco. Costui è convinto di riuscire a «comprarsi» anche la morte, tentando quasi di corromperla, un po’ come ha fatto per avere tutte le altre cose, ossia il successo, il trionfo sugli altri in ambito sociale e politico, la prevaricazione impunita, la sazietà, le comodità, i piaceri.

Ma il Salmista non esita a bollare come stolta questa pretesa. Egli fa ricorso a un vocabolo che ha un valore anche finanziario, «riscatto»: «Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba» (Ps 48,8-10).

5. Il ricco, aggrappato alle sue immense fortune, è convinto di riuscire a dominare anche la morte, così come ha spadroneggiato su tutto e su tutti col denaro. Ma per quanto ingente sia la somma che è pronto ad offrire, il suo destino ultimo sarà inesorabile. Egli, infatti, come tutti gli uomini e le donne, ricchi o poveri, sapienti o stolti, dovrà avviarsi alla tomba, così come è accaduto anche ai potenti e dovrà lasciare sulla terra quell’oro tanto amato, quei beni materiali tanto idolatrati (cfr Ps 48,11-12).

Gesù insinuerà ai suoi ascoltatori questa domanda inquietante: «Che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?» (Mt 16,26). Nessun cambio è possibile perché la vita è dono di Dio, che «ha in mano l’anima di ogni vivente e il soffio d’ogni carne umana» (Jb 12,10).

6. Tra i Padri che hanno commentato il Salmo 48 merita un’attenzione particolare sant’Ambrogio, che ne allarga il senso secondo una visione più ampia, proprio a partire dall’invito iniziale del Salmista: «Ascoltate, popoli tutti, porgete l’orecchio, abitanti del mondo».

L’antico Vescovo di Milano commenta: «Riconosciamo qui, proprio all’inizio, la voce del Signore salvatore che chiama i popoli alla Chiesa, perché rinuncino al peccato, diventino seguaci della verità e riconoscano il vantaggio della fede». Del resto, «tutti i cuori delle varie generazioni umane erano inquinati dal veleno del serpente e la coscienza umana, schiava del peccato, non era in grado di staccarsene». Per questo il Signore «di sua iniziativa promette il perdono nella generosità della sua misericordia, perché il colpevole non abbia più paura, ma, in piena consapevolezza, si rallegri di dover offrire ora i suoi uffici di servo al Signore buono, che ha saputo perdonare i peccati, premiare le virtù» (Commento a dodici Salmi I, SAEMO, VIII, Milano-Roma 1980, p. 253).

7. In queste parole del Salmo si sente riecheggiare l’invito evangelico: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi» (Mt 11,28). Ambrogio continua: «Come uno che verrà a visitare gli ammalati, come un medico che verrà a curare le nostre piaghe dolorose, così egli ci prospetta la cura, perché gli uomini lo sentano bene e tutti corrano con fiduciosa sollecitudine a ricevere il rimedio della guarigione… Chiama tutti i popoli alla sorgente della sapienza e della conoscenza, promette a tutti la redenzione, perché nessuno viva nell’angoscia, nessuno viva nella disperazione» (n. 2: ibid. , pp. 253 255).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese:

Ora saluto tutti i pellegrini provenienti dai Paesi Bassi, in particolare i pellegrini dell’Arcidiocesi di Utrecht, accompagnati dal loro Arcivescovo, il Cardinale Simonis, ed i pellegrini della diocesi di Groningen, con il loro Vescovo, Mons. Eijk.

Auguro che l’esempio di San Bonifacio rafforzi il vostro amore ed il vostro impegno per la Chiesa nel vostro paese.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto di cuore i Fedeli della Parrocchia di San Paolo in Zagabria.

Carissimi, a voi qui presenti, alle vostre famiglie e all’intera vostra Comunità parrocchiale imparto la Benedizione Apostolica.

Siano lodati Gesù e Maria!


Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Rivolgo un cordiale benvenuto al gruppo di pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca.

Carissimi, vi ringrazio per la vostra visita e di cuore invoco su di voi e sui vostri cari copiose benedizioni dal cielo.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Con affetto saluto i pellegrini provenienti da Bratislava e da Nitra.

Cari pellegrini, vi ringrazio delle vostre preghiere e volentieri imparto la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri cari.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Il Salmo che oggi meditiamo ci esorta a guardare con uno sguardo acuto l’illusione provocata dalla ricchezza e l’apparente successo di coloro per i quali il solo accumulo di beni materiali diventa lo scopo della propria vita.

Colui che si rende schiavo della ricchezza, spesso si illude di potere, per mezzo del denaro, dominare tutti e tutto, perfino la morte. Dio, la fede e il prossimo diventano per lui poco importanti. L’accumulare ricchezze può dunque dimostrarsi pericoloso.

Questo problema, trattato in varie religioni e in varie culture, trovò la sua definitiva spiegazione nelle parole di Cristo: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni" (Lc 12,15).

Do il benvenuto ai miei connazionali giunti dalla Polonia e da altre parti del mondo. In modo particolare saluto i pellegrini della nuova diocesi di Swidnica con il loro Pastore, Mons. Ignacy Dec. Auguro a quella nuova comunità diocesana di svilupparsi e crescere bene come Popolo di Dio della Bassa Slesia. Do il benvenuto anche ai pellegrini della diocesi di Pelplin con il loro Vescovo, Mons. Jan Szlaga. Saluto il pellegrinaggio delle famiglie degli alunni della Scuola materna n° 5 di Cracovia e auguro che il soggiorno a Roma rafforzi spiritualmente voi e i vostri figli.

Voglio ringraziare tutti per le preghiere, per le espressioni di unità e per il benevolo sostegno offertomi durante questi ventisei anni di Pontificato. Che il Signore ve ne renda abbondantemente merito e vi benedica.

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto gli studenti della diocesi di Imola, accompagnati dal Vescovo Mons. Tommaso Ghirelli, ed auguro loro di essere sempre, come san Cassiano, coraggiosi testimoni della fede. Saluto poi gli Alfieri del lavoro.

Il mio pensiero si dirige, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Carissimi, la preghiera del santo Rosario, recitata con devozione ogni giorno, vi aiuti a penetrare sempre più nel mistero di Gesù redentore dell’uomo e a sperimentare la tenerezza materna di Maria.





Mercoledì, 27 ottobre 2004: Salmo 48,14-21 - L’umana ricchezza non salva - Vespri Martedì 2a settimana

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(Lettura:
Ps 48,14 Ps 48,16-19 Ps 48,21)

1. La Liturgia dei Vespri, nel suo svolgersi progressivo, ci ripresenta il Salmo 48 di taglio sapienziale, di cui ora è stata proclamata la seconda parte (cfr Ps 48,14-21). Come la precedente (cfr Ps 48,1-13) su cui ci siamo già soffermati, anche questa sezione del Salmo condanna l’illusione generata dall’idolatria della ricchezza. È, questa, una delle tentazioni costanti dell’umanità: aggrappandosi al denaro, considerato come dotato di una forza invincibile, ci si illude di poter «comperare anche la morte», allontanandola da sé.

2. In realtà la morte irrompe con la sua capacità di demolire ogni illusione, spazzando via ogni ostacolo, umiliando ogni confidenza in se stesso (cfr Ps 48,14) e avviando ricchi e poveri, sovrani e sudditi, stolti e sapienti verso l’aldilà. Efficace è l’immagine che il Salmista tratteggia presentando la morte come un pastore che conduce con mano ferma il gregge delle creature corruttibili (cfr Ps 48,15). Il Salmo 48 ci propone, dunque, una realistica e severa meditazione sulla morte, traguardo ineludibile fondamentale dell’esistenza umana.

Spesso noi cerchiamo in tutti i modi di ignorare questa realtà, allontanandone il pensiero dal nostro orizzonte. Ma questa fatica, oltre che inutile, è anche inopportuna. La riflessione sulla morte, infatti, si rivela benefica perché relativizza tante realtà secondarie che abbiamo purtroppo assolutizzato, come appunto la ricchezza, il successo, il potere… Per questo un sapiente dell’Antico Testamento, il Siracide, ammonisce: «In tutte le tue opere ricordati della tua fine e non cadrai mai nel peccato» (Si 7,36).

3. Ma ecco nel nostro Salmo una svolta decisiva. Se il denaro non riesce a «riscattarci» dalla morte (cfr Ps 48,8-9), c’è, però, uno che può redimerci da quell’orizzonte oscuro e drammatico. Dice, infatti, il Salmista: «Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte» (Ps 48,16).

Si apre, così, per il giusto, un orizzonte di speranza e di immortalità. Alla domanda posta all’inizio del Salmo («Perché temere?»: Ps 48,6), viene data adesso la risposta: «Se vedi un uomo arricchirsi, non temere» (Ps 48,17).

4. Il giusto, povero e umiliato nella storia, quando giunge alla frontiera ultima della vita, è senza beni, non ha nulla da versare come «riscatto» per fermare la morte e sottrarsi al suo gelido abbraccio. Ma ecco la grande sorpresa: Dio stesso versa un riscatto e strappa dalle mani della morte il suo fedele, perché Egli è l’unico che può vincere la morte, inesorabile nei confronti delle creature umane.

Per questo il Salmista invita a «non temere» e a non invidiare il ricco sempre più arrogante nella sua gloria (cfr ibid. Ps 48,17) perché, giunto alla morte, sarà spogliato di tutto, non potrà portare con sé né oro né argento, né fama né successo (cfr Ps 48,18-19). Il fedele, invece, non sarà abbandonato dal Signore, che gli indicherà «il sentiero della vita, gioia piena alla sua presenza, dolcezza senza fine alla sua destra» (cfr Ps 15,11).

5. E allora potremmo porre, a conclusione della meditazione sapienziale del Salmo 48, le parole di Gesù che ci delinea il vero tesoro che sfida la morte: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignuola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignuola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,19-21).

6. Sulla scia delle parole di Cristo, sant’Ambrogio nel suo Commento al Salmo 48 ribadisce in modo netto e fermo l’inconsistenza delle ricchezze: «Sono tutte cose caduche e fanno più presto ad andarsene di quanto sono venute. Un tesoro di questo tipo non è che un sogno. Ti svegli ed è già scomparso, perché l’uomo che riuscirà a smaltire la sbornia di questo mondo e ad appropriarsi la sobrietà della virtù, disprezza tutte queste cose e non dà valore alcuno al denaro» (Commento a dodici Salmi, 23, SAEMO, VIII, Milano-Roma 1980, p. 275).

7. Il Vescovo di Milano invita quindi a non lasciarsi ingenuamente attrarre dalle ricchezze e dalla gloria umana: «Non aver timore, nemmeno quando sentirai che si è ingigantita la gloria di qualche potente casato! Sappi guardare a fondo con attenzione, e ti apparirà vuota se non ha con sé una briciola della pienezza della fede». Di fatto, prima che venisse Cristo, l’uomo era rovinato e vuoto: «La rovinosa caduta di quell’antico Adamo ci ha svuotati, ma ci ha riempiti la grazia di Cristo. Egli ha svuotato se stesso per riempire noi e per far abitare nella carne dell’uomo la pienezza della virtù». Sant’Ambrogio conclude che proprio per questo ora, con san Giovanni, possiamo esclamare: «Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia» (Jn 1,16) (cfr ibid.).

Saluti:

Traduzione italiana del saluto in lingua neerlandese:

Saluto ora i pellegrini provenienti dal Belgio e dai Paesi Bassi, in particolare il coro "Projectkoor" di Bergen op Zoom.

Vi incoraggio a perseverare nella preghiera e nelle opere di carità.

Di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo !



Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Saluto cordialmente i giovani croati provenienti dai dintorni di Essen e Dortmund, in Germania, e gli altri pellegrini croati.

Carissimi, invoco su tutti voi la benedizione di Dio.

Siano lodati Gesù e Maria!



Traduzione italiana del saluto in lingua slovena:

Saluto cordialmente i pellegrini sloveni, in particolare i giovani di Maribor. Nell'affidarvi tutti alla protezione della Vergine Maria, vi benedico.



Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Saluto cordialmente il gruppo dei fedeli provenienti da Tusnádfürdô.

Vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!

Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

La seconda parte del Salmo che oggi meditiamo condanna fermamente l’idolatria della ricchezza, divenuta una delle tentazioni in ogni generazione. Rimettere la fiducia nel denaro e nel suo presunto potere in definitiva fa nascere la delusione di fronte alla morte che è incorruttibile e non può essere allontanata da nessuno.

Anche la cultura di oggi tenta a volte di ignorare la fugacità dell’umana esistenza. Si notano, fortunatamente, anche le manifestazioni di una approfondita riflessione sul destino finale dell’uomo.

Il giusto può avere la certezza di non essere dimenticato da Dio nel momento della morte. Ai suoi fedeli Dio schiuderà gli orizzonti di speranza e d’immortalità.

Rivolgo il mio cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua polacca. Saluto il Signor Cardinale Franciszek Macharski e il suo ausiliare Mons. Jan Szkodon. Di nuovo saluto i pellegrini di Bydgoszcz con il loro pastore Mons. Jan Tyrawa. In modo particolare voglio salutare il gruppo di rappresentanti degli amministratori locali e dei tecnici comunali.

Abbiamo iniziato l’Anno dell’Eucaristia. Vi esorto a far in modo che quest’anno diventi occasione per una partecipazione consapevole alle Sante Messe di ogni domenica e di ogni festa. Sia lodato Gesù Cristo.

***


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i diaconi dell’Arcidiocesi di Milano, i partecipanti alla spedizione italiana sul Kappa Due, accompagnati dal ministro Gianni Alemanno; la Delegazione del Comitato di Montecassino, guidata dal Vescovo Mons. Bernardo D’Onorio e dal Presidente della Regione Lazio, Francesco Storace. Un saluto speciale rivolgo ai numerosi aderenti all’Osservatorio della terza età, accompagnati dal Ministro della Salute, Girolamo Sirchia.

Rivolgo infine il mio affettuoso saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli.

Vi esorto, carissimi, a fondare la vostra vita su Cristo, per essere suoi testimoni e costruttori della civiltà dell’amore.

APPELLO DEL SANTO PADRE PER L’IRAQ

Accompagno ogni giorno nella preghiera la cara popolazione irachena, intenta a ricostruire le Istituzioni del proprio Paese.



Allo stesso tempo, incoraggio i cristiani a continuare con generosità ad offrire il proprio fondamentale contributo per la riconciliazione dei cuori.

Esprimo, infine, affettuosa partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime e alle sofferenze degli ostaggi e di tutti gli innocenti colpiti dalla cieca barbarie del terrorismo.







Mercoledì, 3 novembre 2004: cfr Ap 4,11; 5,9.10.12 : Inno dei salvati - Vespri Martedì 2 settimana

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(Lettura:
Ap 4,11 Ap 5,9 Ap 5,10).

1. Il Cantico ora proposto segna la Liturgia dei Vespri con la semplicità e l’intensità di una lode corale. Esso appartiene alla solenne visione d’apertura dell’Apocalisse, che presenta una sorta di Liturgia celeste a cui anche noi, ancora pellegrini sulla terra, ci associamo durante le nostre celebrazioni ecclesiali.

L’inno, composto di alcuni versetti desunti dall’Apocalisse e unificati dall’uso liturgico, è fondato su due elementi fondamentali. Il primo, abbozzato brevemente, è la celebrazione dell’opera del Signore: «Tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà furono create, per il tuo volere sussistono» (Ap 4,11). La creazione rivela infatti l’immensa potenza di Dio. Come dice il Libro della Sapienza, «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore» (Ap 13,5). Similmente l’apostolo Paolo osserva: «Dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto» (Rm 1,20). È perciò doveroso il canto di lode elevato al Creatore per celebrarne la gloria.

2. In questo contesto, può essere interessante ricordare che l’imperatore Domiziano, sotto il cui regno forse fu composta l’Apocalisse, si faceva chiamare col titolo di «Dominus et deus noster» ed esigeva che non ci si rivolgesse a lui che con quegli appellativi (cfr Svetonio, Domiziano, XIII).

I cristiani rifiutavano, ovviamente, di tributare ad una creatura umana, pur potentissima, simili titoli e rivolgevano le loro acclamazioni adoranti soltanto al vero «Signore e Dio nostro», creatore dell’universo (cfr Ap 4,11) ed a Colui che è, con Dio, «il primo e l’ultimo» (cfr Ap 1,17), seduto con Dio suo Padre sul trono celeste (cfr Ap 3,21): Cristo morto e risorto, simbolicamente rappresentato qui come un «Agnello che sta ritto», benché sia stato «sgozzato» (Ap 5,6).

3. È questo, appunto, il secondo elemento, ampiamente sviluppato, dell’inno che stiamo commentando: Cristo, Agnello immolato. I quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi lo acclamano con un canto che comincia con l’acclamazione: «Tu sei degno, o Signore, di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato» (Ap 5,9).

Al centro della lode è perciò Cristo con la sua opera storica di redenzione. Proprio per questo Egli è in grado di decifrare il senso della storia: è Lui ad «aprire i sigilli» (ibid. Ap 5,9) del libro segreto che contiene il progetto voluto da Dio.

4. Ma la sua non è solo un’opera di interpretazione, è anche un atto di compimento e di liberazione. Poiché è stato «sgozzato», egli ha potuto «comprare» (ibid. Ap 5,9) uomini che provengono dalle più diverse origini.

Il verbo greco usato non rimanda esplicitamente alla storia dell’Esodo, nella quale non si parla mai di «comprare» gli israeliti; tuttavia la continuazione della frase contiene una allusione evidente alla celebre promessa fatta da Dio all’Israele del Sinai: «Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa» (Ex 19,6).

5. Ora questa promessa è diventata realtà: l’Agnello ha di fatto costituito per Dio «un regno di sacerdoti e regneranno sulla terra» (Ap 5,10), e questo regno è aperto all’umanità intera chiamata a formare la comunità dei figli di Dio, come ricorderà san Pietro: «Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1P 2,9).

Il Concilio Vaticano II fa esplicito riferimento a questi testi della Prima Lettera di Pietro e del Libro dell’Apocalisse, quando, presentando il «sacerdozio comune» che appartiene a tutti i fedeli, illustra le modalità con le quali essi lo esercitano: «I fedeli, in virtù del regale loro sacerdozio, concorrono all’oblazione dell’Eucaristia, ed esercitano il sacerdozio con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e l’operosa carità» (Lumen gentium LG 10).

6. L’inno del Libro dell’Apocalisse che oggi meditiamo si conclude con una acclamazione finale gridata da «miriadi di miriadi» di angeli (cfr Ap 5,11). Riguarda «l’Agnello sgozzato», al quale viene attribuita la stessa gloria destinata a Dio Padre, perché «è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza» (Ap 5,12). È il momento della contemplazione pura, della lode gioiosa, del canto d’amore a Cristo nel suo mistero pasquale.

Questa luminosa immagine della gloria celeste viene anticipata nella Liturgia della Chiesa. Infatti, come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica, la Liturgia è «azione» di Cristo tutto interoChristus totus»). Coloro che qui la celebrano, vivono già in qualche modo, al di là dei segni, nella Liturgia celeste, dove la celebrazione è totalmente comunione e festa. È a questa Liturgia eterna che lo Spirito e la Chiesa ci fanno partecipare quando celebriamo, nei sacramenti, il Mistero della salvezza (cfr CEC 1136 CEC 1139).

Saluti:


Traduzione italiana del saluto in lingua croata:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua croata, in particolare ai fedeli della Missione Cattolica Croata di Stuttgart.

Carissimi volentieri benedico tutti voi qui presenti.

Siano lodati Gesù e Maria




Traduzione italiana del saluto in lingua ceca:

Rivolgo un cordiale benvenuto al gruppo di pellegrini provenienti dalla Repubblica Ceca. Carissimi, vi ringrazio per la vostra visita e di cuore invoco su di voi e sui vostri cari copiose benedizioni dal cielo.

Sia lodato Gesù Cristo!


Traduzione italiana del saluto in lingua slovacca:

Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Slovacchia.

Cari fratelli e sorelle, con gratitudine imparto la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri cari in Patria.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua ungherese:

Un saluto cordiale rivolgo ai pellegrini ungheresi, specialmente al gruppo del liceo di Santa Margherita di Budapest.

Vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua lituana:

Saluto di cuore i pellegrini lituani in modo particolare il gruppo folcloristico "Vijuras" da Šakiai.

All’inizio di questo Anno Eucaristico vi accompagno con la mia preghiera e vi imparto volentieri la mia Benedizione.

Sia lodato Gesù Cristo!



Traduzione italiana del saluto in lingua polacca:

Il Cantico che meditiamo oggi riempie la liturgia dei vespri del corale rendimento di gloria a Cristo, che come Agnello è stato immolato sulla croce, e che ora regna glorioso. In Lui si compie il progetto voluto da Dio fin dall’eternità. Egli ci ha liberati dal male e ha fatto di noi "un regno di sacerdoti" (Ap 5,10). A questa comunità dei figli di Dio è chiamata l’umanità intera.

L’inno è un invito alla lode gioiosa a Cristo risorto. La Liturgia dell’amore che la Chiesa compie già ora permette di partecipare alla futura Liturgia del cielo.

Un benvenuto a tutti i pellegrini di lingua polacca. In modo particolare saluto il pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Gdansk, sotto la guida dell’Arcivescovo Tadeusz Goclowski e della Diocesi di Tarnów.

Sono lieto che sono qui presenti i rappresentanti dei chierichetti da tutta la Polonia, accompagnati dal Delegato della Conferenza Episcopale Polacca per la Pastorale dei Chierichetti, il Vescovo Grzegorz Balcerek. Ringrazio tutti i chierichetti in Polonia per il loro servizio all’altare e li esorto perché nell’Anno dell’Eucaristia cerchino di aiutare con più zelo i sacerdoti e le comunità parrocchiali nel vivere questo grande mistero che si compie durante ogni Santa Messa.

Ringrazio di cuore voi qui presenti e tutti coloro, che in questi giorni in diversi modi hanno espresso la loro benevolenza nei miei riguardi. Il Buon Dio vi ricompensi con le Sue grazie. Benedico tutti di cuore.

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Missionari partecipanti al corso promosso dalla Pontificia Università Salesiana e i fedeli di Carbonara di Bari.

Saluto inoltre i giovani, i malati e gli sposi novelli.

Carissimi, abbiamo appena celebrato la Solennità di Tutti i Santi e la commemorazione dei Fedeli Defunti, e domani celebreremo la memoria di San Carlo Borromeo, a me particolarmente cara. Queste ricorrenze spingano ciascuno di voi a seguire l’esempio dei Santi, che hanno speso la vita a servizio di Dio e del prossimo.

Ringrazio, infine, per gli auguri che mi sono stati presentati in vista della mia festa onomastica.





Catechesi 79-2005 13104