Apostolicam actuositatem IT


PAOLO VESCOVO

SERVO DEI SERVI DI DIO

UNITAMENTE AI PADRI DEL SACRO CONCILIO

A PERPETUA MEMORIA

DECRETO SULL’APOSTOLATO DEI LAICI

APOSTOLICAM ACTUOSITATEM


PROEMIO

1 Il sacro Concilio, volendo rendere più intensa l'attività apostolica del popolo di Dio (1), con viva premura si rivolge ai fedeli laici, dei quali già altrove ha ricordato (2) il ruolo proprio e assolutamente necessario che essi svolgono nella missione della Chiesa. L'apostolato dei laici, infatti, derivando dalla loro stessa vocazione cristiana, non può mai venir meno nella Chiesa. La stessa sacra Scrittura mostra abbondantemente quanto spontanea e fruttuosa fosse tale attività ai primordi della Chiesa (cfr. Ac 11,19-21 Ac 18,26 Rm 16,1-16 Ph 4,3).

I nostri tempi poi non richiedono minore zelo da parte dei laici; anzi le circostanze odierne richiedono assolutamente che il loro apostolato sia più intenso e più esteso. Infatti l'aumento costante della popolazione, il progresso scientifico e tecnico, le relazioni umane che si fanno sempre più strette, non solo hanno allargato straordinariamente il campo dell'apostolato dei laici, in gran parte accessibile solo ad essi, ma hanno anche suscitato nuovi problemi, che richiedono il loro sollecito impegno e zelo.

Tale apostolato si è reso tanto più urgente, in quanto l'autonomia di molti settori della vita umana si è assai accresciuta, com'è giusto; ma talora ciò è avvenuto con un certo distacco dall'ordine etico e religioso e con grave pericolo della vita cristiana. Inoltre in molte regioni, in cui i sacerdoti sono assai pochi, oppure, come talvolta avviene, vengono privati della dovuta libertà di ministero, senza l'opera dei laici la Chiesa a stento potrebbe essere presente e operante. Il segno di questa molteplice e urgente necessità è l'evidente intervento dello Spirito Santo, il quale rende oggi sempre più consapevoli i laici della loro responsabilità e dovunque li stimola a mettersi a servizio di Cristo e della Chiesa (3).

Con il presente decreto il Concilio vuole illustrare la natura, il carattere e la varietà dell'apostolato dei laici, enunciarne i principi fondamentali e dare delle direttive pastorali per un suo più efficace esercizio. Tutto questo dovrà servire di norma per la revisione del diritto canonico per quanto riguarda l'apostolato dei laici.

(1) Cf. GIOVANNI XXIII, Cost. Apost. Humanae Salutis, 25 dic. 1961: AAS 54 (1962), pp. 7-10.
(2) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa LG 33ss: AAS 57 (1965), pp. 39s [pag. 197ss]; cf. anche la Cost. dogm. sulla Sacra Liturgia SC 26-40: AAS 56 (1964), pp. 107-111 [pag. 33ss]; cf. Decr. sugli strumenti di comunicazione sociale Inter mirifica: AAS 56 (1964), pp. 145-153; cf. Decr. sull’Ecumenismo, Unitatis redintegratio: AAS 57 (1965), pp. 90-107; cf. Decr. sulla missione Pastorale dei Vescovi nella Chiesa, CD 16-18 [pag. 365ss]; cf. Dichiarazione sull’Educazione cristiana, GE 3 GE 5 GE 7 [pag. 485ss].
(3) Cf. PIO XII, Disc. ai Cardinali, 18 febb. 1946: AAS 38 (1946), pp. 101-102; IDEM, Discorso ai Giovani Lavoratori Cattolici, 25 ag. 1957: AAS 49 (1957), p. 843.


CAPITOLO I


LA VOCAZIONE DEI LAICI ALL'APOSTOLATO


La partecipazione dei laici alla missione della Chiesa


2 Questo è il fine della Chiesa: con la diffusione del regno di Cristo su tutta la terra a gloria di Dio Padre, rendere partecipi (4) tutti gli uomini della salvezza operata dalla redenzione, e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo. Tutta l'attività del corpo mistico ordinata a questo fine si chiama « apostolato »; la Chiesa lo esercita mediante tutti i suoi membri, naturalmente in modi diversi; la vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato. Come nella compagine di un corpo vivente non vi è membro alcuno che si comporti in maniera del tutto passiva, ma unitamente alla vita partecipa anche alla sua attività, così nel corpo di Cristo, che è la Chiesa « tutto il corpo... secondo l'energia propria ad ogni singolo membro... contribuisce alla crescita del corpo stesso » (Ep 4,16). Anzi in questo corpo è tanta l'armonia e la compattezza delle membra (cfr. Ep 4,16), che un membro il quale non operasse per la crescita del corpo secondo la propria energia dovrebbe dirsi inutile per la Chiesa e per se stesso.

C'è nella Chiesa diversità di ministero ma unità di missione. Gli apostoli e i loro successori hanno avuto da Cristo l'ufficio di insegnare, reggere e santificare in suo nome e con la sua autorità. Ma anche i laici, essendo partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, all'interno della missione di tutto il popolo di Dio hanno il proprio compito nella Chiesa e nel mondo (5). In realtà essi esercitano l'apostolato evangelizzando e santificando gli uomini, e animando e perfezionando con lo spirito evangelico l'ordine temporale, in modo che la loro attività in quest'ordine costituisca una chiara testimonianza a Cristo e serva alla salvezza degli uomini. Siccome è proprio dello stato dei laici che essi vivano nel mondo e in mezzo agli affari profani, sono chiamati da Dio affinché, ripieni di spirito cristiano, esercitino il loro apostolato nel mondo, a modo di fermento.

(4) Cf. PIO XI, Encicl. Rerum Ecclesiae: AAS 18 (1926), p. 65.
(5) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, LG 31: AAS 57 (1965), p. 37 [pag. 193ss].



I fondamenti dell'apostolato dei laici


3 I laici derivano il dovere e il diritto all'apostolato dalla loro stessa unione con Cristo capo. Infatti, inseriti nel corpo mistico di Cristo per mezzo del battesimo, fortificati dalla virtù dello Spirito Santo per mezzo della cresima, sono deputati dal Signore stesso all'apostolato. Vengono consacrati per formare un sacerdozio regale e una nazione santa (cfr. 1P 2,4-10), onde offrire sacrifici spirituali mediante ogni attività e testimoniare dappertutto il Cristo. Inoltre con i sacramenti, soprattutto con quello dell'eucaristia, viene comunicata e alimentata quella carità che è come l'anima di tutto l'apostolato (6).

L'apostolato si esercita nella fede, nella speranza e nella carità: virtù che lo Spirito Santo diffonde nel cuore di tutti i membri della Chiesa. Anzi, in forza del precetto della carità, che è il più grande comando del Signore, ogni cristiano è sollecitato a procurare la gloria di Dio con l'avvento del suo regno e la vita eterna a tutti gli uomini: perché conoscano l'unico vero Dio e colui che egli ha mandato, Gesù Cristo (cfr. Jn 17,3).

A tutti i cristiani quindi è imposto il nobile impegno di lavorare affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato da tutti gli uomini, su tutta la terra.

Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo che già santifica il popolo di Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni particolari (1Co 12,7) «distribuendoli a ciascuno come vuole» (1Co 12,11), affinché mettendo « ciascuno a servizio degli altri il suo dono al fine per cui l'ha ricevuto, contribuiscano anch'essi come buoni dispensatori delle diverse grazie ricevute da Dio» (1P 4,10) alla edificazione di tutto il corpo nella carità (cfr. Ep 4,16).

Dall'aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel mondo con la libertà dello Spirito, il quale « spira dove vuole » (Jn 3,8) e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo, soprattutto con i propri pastori essi hanno il compito di giudicare sulla loro genuinità e uso ordinato, non certo per estinguere lo Spirito ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono (cfr. 1Th 5,12 1Th 5,19 1Th 5,21) (7).

(6) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, LG 33, p. 39 [pag. 197ss]; cf. anche LG 10, p. 14 [pag. 137ss].
(7) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, LG 12, p. 16 [pag. 141ss].



La spiritualità dei laici in ordine all'apostolato


4 Siccome la fonte e l'origine di tutto l'apostolato della Chiesa è Cristo, mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell'apostolato dei laici dipende dalla loro unione vitale con Cristo, secondo il detto del Signore: « Chi rimane in me ed io in lui, questi produce molto frutto, perché senza di me non potete far niente » (Jn 15,5).

Questa vita d'intimità con Cristo viene alimentata nella Chiesa con gli aiuti spirituali comuni a tutti i fedeli, soprattutto con la partecipazione attiva alla sacra liturgia (8). I laici devono usare tali aiuti in modo che, mentre compiono con rettitudine i doveri del mondo nelle condizioni ordinarie di vita, non separino dalla propria vita l'unione con Cristo, ma crescano sempre più in essa compiendo la propria attività secondo il volere divino.

Su questa strada occorre che i laici progrediscano nella santità con ardore e gioia, cercando di superare le difficoltà con prudenza e pazienza (9). Né la cura della famiglia né gli altri impegni secolari devono essere estranei alla spiritualità della loro vita, secondo il detto dell'Apostolo: « Tutto quello che fate, in parole e in opere, fatelo nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio e al Padre per mezzo di lui » (Col 3,17).

Tale vita richiede un continuo esercizio della fede, della speranza e della carità.

Solo alla luce della fede e nella meditazione della parola di Dio è possibile, sempre e dovunque, riconoscere Dio nel quale « viviamo, ci muoviamo e siamo » (Ac 17,28), cercare in ogni avvenimento la sua volontà, vedere il Cristo in ogni uomo, vicino o estraneo, giudicare rettamente del vero senso e valore che le cose temporali hanno in se stesse e in ordine al fine dell'uomo.

Quanti hanno tale fede vivono nella speranza della rivelazione dei figli di Dio, nel ricordo della croce e della risurrezione del Signore.

Nel pellegrinaggio della vita presente, nascosti con Cristo in Dio e liberi dalla schiavitù delle ricchezze, mentre mirano ai beni eterni, con animo generoso si dedicano totalmente ad estendere il regno di Dio e ad animare e perfezionare con lo spirito cristiano l'ordine delle realtà temporali. Nelle avversità della vita trovano la forza nella speranza, pensando che « le sofferenze del tempo presente non reggono il confronto con la gloria futura che si rivelerà in noi» (Rm 8,18).

Spinti dalla carità che viene da Dio, operano il bene verso tutti e in modo speciale verso i fratelli nella fede (cfr. Ga 6,10) «eliminando ogni malizia e ogni inganno, le ipocrisie e le invidie, e tutte le maldicenze » (1P 2,1), attraendo così gli uomini a Cristo.

La carità di Dio, « diffusa nel nostro cuore per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato » (Rm 5,5), rende capaci i laici di esprimere realmente nella loro vita lo spirito delle beatitudini. Seguendo Gesù povero, non si deprimono nella mancanza dei beni temporali, né si inorgogliscono nella abbondanza di essi; imitando Gesù umile, non diventano avidi di una gloria vana (cfr. Ga 5,26), ma cercano di piacere più a Dio che agli uomini, sempre pronti a lasciare tutto per Cristo (cfr. Lc 14,26) e a soffrire persecuzione per la giustizia (cfr. Mt 5,10), memori delle parole del Signore: « Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16,24). Coltivando l'amicizia cristiana tra loro si offrono vicendevolmente aiuto in qualsiasi necessità.

Questa spiritualità dei laici deve parimenti assumere una sua fisionomia particolare a seconda dello stato del matrimonio e della famiglia, del celibato o della vedovanza, della condizione di infermità, dell'attività professionale e sociale. I laici non tralascino dunque di coltivare costantemente le qualità e le doti ricevute, corrispondenti a tali condizioni, e di servirsi dei doni ottenuti dallo Spirito Santo.

Inoltre, quei laici che, seguendo la propria particolare vocazione, sono iscritti a qualche associazione o istituto approvato dalla Chiesa, si sforzino di assimilare fedelmente la spiritualità peculiare dei medesimi.

Tutti i laici facciano pure gran conto della competenza professionale, del senso della famiglia, del senso civico e di quelle virtù che riguardano i rapporti sociali, come la correttezza, lo spirito di giustizia, la sincerità, la cortesia, la fortezza di animo: virtù senza le quali non ci può essere neanche una vera vita cristiana.

Modello perfetto di tale vita spirituale e apostolica è la beata vergine Maria, regina degli apostoli, la quale, mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro, era sempre intimamente unita al Figlio suo, e cooperava in modo del tutto singolare all'opera del Salvatore; ora poi assunta in cielo, « con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni fino a che non siano condotti nella patria beata» (10). La onorino tutti devotissimamente e affidino alla sua materna cura la propria vita e il proprio apostolato.

(8) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, cap. I, SC 11: AAS 56 (1964), pp. 102-103 [pag. 25].
(9) Cf. CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa LG 32: AAS 57 (1965), p. 38 [pag. 195ss]; cf. anche LG 40-41, pp. 45-47 [pag. 211ss].
(10) CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, LG 62, p. 63 [pag. 257ss]; cf. anche LG 65, pp. 64-65 [pag. 261ss].



CAPITOLO II

I FINI DELL'APOSTOLATO DEI LAICI

Introduzione


5 L'opera della redenzione di Cristo ha per natura sua come fine la salvezza degli uomini, però abbraccia pure il rinnovamento di tutto l'ordine temporale. Di conseguenza la missione della Chiesa non mira soltanto a portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche ad animare e perfezionare l'ordine temporale con lo spirito evangelico. I laici, dunque, svolgendo tale missione della Chiesa, esercitano il loro apostolato nella Chiesa e nel mondo, nell'ordine spirituale e in quello temporale. Questi ordini, sebbene siano distinti, tuttavia sono così legati nell'unico disegno divino, che Dio stesso intende ricapitolare in Cristo tutto il mondo per formare una creazione nuova: in modo iniziale sulla terra, in modo perfetto alla fine del tempo. Nell'uno e nell'altro ordine il laico, che è simultaneamente membro del popolo di Dio e della città degli uomini, deve continuamente farsi guidare dalla sua unica coscienza cristiana.

L'apostolato di evangelizzazione e di santificazione


6 La missione della Chiesa ha come scopo la salvezza degli uomini, che si raggiunge con la fede in Cristo e con la sua grazia. Perciò l'apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri è diretto prima di tutto a manifestare al mondo il messaggio di Cristo con la parola e i fatti e a comunicare la sua grazia. Ciò viene effettuato soprattutto con il ministero della parola e dei sacramenti, affidato in modo speciale al clero, nel quale anche i laici hanno la loro parte molto importante da compiere « per essere anch'essi cooperatori della verità » (3Jn 8). È specialmente in questo ordine che l'apostolato dei laici e il ministero pastorale si completano a vicenda.

Molte sono le occasioni che si presentano ai laici per esercitare l'apostolato dell'evangelizzazione e della santificazione. La stessa testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio; il Signore dice infatti: « Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini in modo che vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).

Tuttavia tale apostolato non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolo cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli ed indurli ad una vita più fervente; « poiché l'amore di Cristo ci sospinge » (2Co 5,14) e nel cuore di tutti devono echeggiare le parole dell'Apostolo: «Guai a me se non annunciassi il Vangelo » (1Co 9,16) (11).

Siccome m questo nostro tempo nascono nuove questioni e si diffondono gravissimi errori che cercano di abbattere dalle fondamenta la religione, l'ordine morale e la stessa società umana, questo sacro Concilio esorta vivamente tutti i laici, perché secondo la misura dei loro talenti e della loro formazione dottrinale, e seguendo il pensiero della Chiesa, adempiano con diligenza anche maggiore la parte loro spettante nell'enucleare, difendere e rettamente applicare i principi cristiani ai problemi attuali.

(11) Cf. PIO XI, Encicl. Ubi arcano, 23 dic. 1922: AAS 14 (1922), p. 659; PIO XII, Encicl. , 20 ott. 1939: AAS 31 (1939), p. 442-443.


L'animazione cristiana dell'ordine temporale


7 Quanto al mondo, è questo il disegno di Dio: che gli uomini, con animo concorde, instaurino e perfezionino sempre più l'ordine delle realtà temporali.

Tutto ciò che compone l'ordine temporale, cioè i beni della vita e della famiglia, la cultura, l'economia, le arti e le professioni, le istituzioni della comunità politica, le relazioni internazionali e così via, la loro evoluzione e il loro progresso, non sono soltanto mezzi con cui l'uomo può raggiungere il suo fine ultimo, ma hanno un valore proprio, riposto in essi da Dio, sia considerati in se stessi, sia considerati come parti di tutto l'ordine temporale: « E Dio vide tutte le cose che aveva fatto, ed erano assai buone » (
Gn 1,31). Questa loro bontà naturale riceve una speciale dignità dal rapporto che essi hanno con la persona umana a servizio della quale sono stati creati. Infine piacque a Dio unificare in Cristo Gesù tutte le cose naturali e soprannaturali, « affinché egli abbia il primato sopra tutte le cose» (Col 1,18). Questa destinazione, tuttavia, non solo non priva l'ordine delle realtà temporali della sua autonomia, dei suoi propri fini, delle sue proprie leggi, dei suoi propri mezzi, della sua importanza per il bene dell'uomo, ma anzi ne perfeziona la forza e il valore e nello stesso tempo lo adegua alla vocazione totale dell'uomo sulla terra.

Nel corso della storia, l'uso delle cose temporali è stato macchiato da gravi manchevolezze, perché gli uomini, in conseguenza del peccato originale, spesso sono caduti in moltissimi errori intorno al vero Dio, alla natura dell'uomo e ai principi della legge morale: allora i costumi e le istituzioni umane sono stati corrotti e non di rado conculcata la stessa persona umana. Anche ai nostri giorni, non pochi, ponendo un'eccessiva fiducia nel progresso delle scienze naturali e della tecnica inclinano verso una specie di idolatria delle cose temporali, fattisi piuttosto schiavi che padroni di esse.

È compito di tutta la Chiesa aiutare gli uomini affinché siano resi capaci di ben costruire tutto l'ordine temporale e di ordinarlo a Dio per mezzo di Cristo.

È compito dei pastori enunciare con chiarezza i principi circa il fine della creazione e l'uso del mondo, dare gli aiuti morali e spirituali affinché l'ordine temporale venga instaurato in Cristo.

I laici devono assumere il rinnovamento dell'ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto; come cittadini devono cooperare con gli altri cittadini secondo la specifica competenza e sotto la propria responsabilità; dappertutto e in ogni cosa devono cercare la giustizia del regno di Dio.

L'ordine temporale deve essere rinnovato in modo che, nel rispetto integrale delle leggi sue proprie, sia reso più conforme ai principi superiori della vita. cristiana e adattato alle svariate condizioni di luogo di tempo e di popoli. Tra le opere di simile apostolato si distingue eminentemente l'azione sociale dei cristiani. Il Concilio desidera oggi che essa si estenda a tutto l'ambito dell'ordine temporale, anche a quello della cultura (12).

(12) Cf. LEONE XIII, Encicl. : ASS 23 (1890-91), p. 647; PIO XI, Encicl. Quadragesimo Anno: AAS 23 (1931), p. 190 [in parte Dz 3725]; PIO XII, Messaggio radiofonico, 1° giugno 1941: AAS 33 (1941), p. 207.


L'azione caritativa

8 Sebbene ogni esercizio di apostolato nasca e attinga il suo vigore dalla carità, tuttavia alcune opere per natura propria sono atte a diventare vivida espressione della stessa carità; e Cristo Signore volle che esse fossero segni della sua missione messianica (cfr. Mt 11,4-5).

Il più grande dei comandamenti della legge è amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi (cfr. Mt 22,37-40). Cristo ha fatto proprio questo precetto della carità verso il prossimo e lo ha arricchito di un nuovo significato, avendo identificato se stesso con i fratelli come oggetto della carità e dicendo: « Ogni volta che voi avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me » (Mt 25,40). Egli infatti, assumendo la natura umana, ha legato a sé come sua famiglia tutto il genere umano in una solidarietà soprannaturale ed ha stabilito che la carità fosse il distintivo dei suoi discepoli con le parole: «Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri » (Jn 13,35).

La santa Chiesa, come fin dalle sue prime origini, unendo insieme l'«agape» con la cena eucaristica, si manifestava tutta unita nel vincolo della carità attorno a Cristo, così, in ogni tempo, si riconosce da questo contrassegno della carità, e mentre gode delle iniziative altrui, rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto inalienabile. Perciò la misericordia verso i poveri e gli infermi con le cosiddette opere caritative e di mutuo aiuto, destinate ad alleviare ogni umano bisogno, sono da essa tenute in particolare onore (13).

Oggi che i mezzi di comunicazione sono divenuti più rapidi, le distanze tra gli uomini quasi eliminate e gli abitanti di tutto il mondo resi membri quasi di una unica famiglia, tali attività ed opere sono divenute molto più urgenti e devono prendere di più le dimensioni dell'universo. L'azione caritativa ora può e deve abbracciare tutti assolutamente gli uomini e tutte quante le necessità. Ovunque vi è chi manca di cibo, di bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione, dei mezzi necessari per condurre una vita veramente umana, ovunque vi è chi afflitto da tribolazioni e da malferma salute, chi soffre l'esilio o il carcere, la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo loro aiuto. E quest'obbligo si impone prima di tutto ai singoli uomini e popoli che vivono nella prosperità (14).

Affinché tale esercizio di carità possa essere al di sopra di ogni critica e appaia come tale, si consideri nel prossimo l'immagine di Dio secondo cui è stato creato, e Cristo Signore, al quale veramente è donato quanto si dà al bisognoso; si abbia estremamente riguardo della libertà e della dignità della persona che riceve l'aiuto; la purità di intenzione non macchiata da ricerca alcuna della propria utilità o desiderio di dominio (15); siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia, perché non avvenga che offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non soltanto gli effetti ma anche le cause dei mali; l'aiuto sia regolato in t modo che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e diventi sufficienti a se stessi.

I laici dunque abbiano in grande stima e sostengano, nella misura delle proprie forze, le opere caritative e le iniziative di « assistenza sociale », private pubbliche, anche internazionali, con cui si porta aiuto efficace agli individui e ai popoli che si trovano nel bisogno, e in ciò collaborino con tutti gli uomini di buona volontà (16).

(13) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. MM 402.
(14) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), p. MM 440-441.
(15) Cf. GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra: AAS 53 (1961), pp. MM 442-443.
(16) Cf. PIO XII, Disc. alla “Pax Romana M. I. I. C.”, 25 apr. 1957: AAS 49 (1957), pp. 208-209, e soprattutto GIOVANNI XXIII, Disc. Ad Conventum Consilii “Food and Agriculture Organisation” (F.A.O.), 10 nov. 1959): AAS 51 (1959), pp. 856, 866.



CAPITOLO III


VARI CAMPI DI APOSTOLATO


Introduzione


9 I laici esercitano il loro multiforme apostolato tanto nella Chiesa che nel mondo. Su questo duplice fronte si aprono svariati campi di attività apostolica di cui ricordiamo i principali. Essi sono: le comunità ecclesiali, la famiglia, i giovani, l'ambiente sociale, l'ordine nazionale e internazionale. Siccome poi ai nostri giorni le donne prendono parte sempre più attiva a tutta la vita sociale, è di grande importanza una loro più larga partecipazione anche nei vari campi dell'apostolato della Chiesa.

Le comunità ecclesiali


10 Come partecipi della missione di Cristo sacerdote, profeta e re, i laici hanno la loro parte attiva nella vita e nell'azione della Chiesa. All'interno delle comunità ecclesiali la loro azione è talmente necessaria che senza di essa lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più ottenere il suo pieno effetto. Infatti i laici che hanno davvero spirito apostolico, ad esempio di quegli uomini e di quelle donne che aiutavano Paolo nella diffusione del Vangelo (cfr. Ac 18,18-26 Rm 16,3), suppliscono a quello che manca ai loro fratelli e confortano cosi sia i pastori, sia gli altri membri del popolo fedele (cfr. 1Co 16,17-18). Nutriti dall'attiva partecipazione alla vita liturgica della propria comunità, partecipano con sollecitudine alle sue opere apostoliche; conducono alla Chiesa gli uomini che forse ne vivono lontani; cooperano con dedizione generosa nel comunicare la parola di Dio, specialmente mediante l'insegnamento del catechismo; rendono più efficace la cura delle anime ed anche l'amministrazione dei beni della Chiesa, mettendo a disposizione la loro competenza.

La parrocchia offre un luminoso esempio di apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le diversità umane che vi si trovano e inserendole nell'universalità della Chiesa (17). I laici si abituino ad agire nella parrocchia in stretta unione con i loro sacerdoti (18) apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del mondo, nonché le questioni concernenti la salvezza degli uomini, perché siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; diano, secondo le proprie possibilità, il loro contributo a ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia ecclesiale.

Coltivino costantemente il senso della diocesi, di cui la parrocchia è come la cellula, pronti sempre, all'invito del loro pastore, ad unire le proprie forze alle iniziative diocesane. Anzi, per venire incontro alle necessità delle città e delle zone rurali (19) non limitino la propria cooperazione entro i confini della parrocchia e della diocesi, ma procurino di allargarla all'ambito interparrocchiale, interdiocesano, nazionale o internazionale, tanto più che il crescente spostamento delle popolazioni, lo sviluppo delle mutue relazioni, la facilità delle comunicazioni, non consentono più ad alcuna parte della società di rimanere chiusa in se stessa. Anzitutto facciano proprie le opere missionarie, fornendo aiuti materiali o anche personali. È infatti un dovere e un onore per i cristiani restituire a Dio parte dei beni da lui ricevuti.

(17) Cf. S. PIO X, Lett. Apost. Creationis duarum novarum paroeciarum, 1° giugno 1905: ASS 38 (1905), pp. 65-67; PIO XII, Disc. ai fedeli della Parrocchia di S. Saba, 11 genn. 1953: Discorsi e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, 14, 1952-1953, pp. 449-454; GIOVANNI XXIII, Disc. al Clero e ai fedeli della diocesi suburbicaria di Albano, pronunziato a Castelgandolfo, 26 ag. 1962: AAS 54 (1962), pp. 656-660.
(18) Cf. LEONE XIII, Disc., 28 genn. 1894: Acta 14 (1894), pp. 424-425.
(19) Cf. PIO XII, Disc. ai Parroci ecc., 6 febbr. 1951: Discorsi e Radiomessaggi di S. S. Pio XII, 12 (1950-1951), pp. 437-443; 8 marzo 1952: ibid., 14 (1952-1953), pp. 5-10; 27 marzo 1953: ibid. 15 (1953-1954), pp. 27-35; 28 febbr. 1954: ibid., pp. 585-590.



La famiglia


11 Poiché il Creatore di tutte le cose ha costituito il matrimonio quale principio e fondamento dell'umana società e, con la sua grazia, l'ha reso sacramento grande in riferimento a Cristo e alla Chiesa (cfr. Ep 5,32), l'apostolato dei coniugi e delle famiglie acquista una singolare importanza sia per la Chiesa sia per la società civile.

I coniugi cristiani sono cooperatori della grazia e testimoni della fede l'uno per l'altro, nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari. Sono essi i primi araldi della fede ed educatori dei loro figli; li formano alla vita cristiana e apostolica con la parola e con l'esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e favoriscono con ogni diligenza la sacra vocazione eventualmente in essi scoperta.

Sono sempre stati doveri dei coniugi, ed oggi sono la parte principale del loro apostolato:

a) manifestare e comprovare, con l'esempio della propria vita, l'indissolubilità e la santità del vincolo matrimoniale;

b) affermare con fortezza il diritto e il dovere che spetta per natura ai genitori e ai tutori di educare cristianamente la prole;

c) difendere la dignità e la legittima autonomia della famiglia. Essi dunque e gli altri fedeli collaborino con gli uomini di buona volontà, affinché nella legislazione civile siano sanciti e difesi questi sacri diritti; perché nel governo della società si tenga conto delle esigenze familiari per quanto riguarda l'alloggio, l'educazione dei fanciulli, le condizioni di lavoro, la sicurezza sociale e gli oneri fiscali; nella regolamentazione dell'emigrazione si salvaguardi nel modo più assoluto la convivenza della famiglia (20).

La famiglia ha ricevuto da Dio la missione di essere la cellula prima e vitale della società. E essa adempirà tale missione se, mediante il mutuo affetto dei membri e la preghiera elevata a Dio in comune, si mostrerà come il santuario domestico della Chiesa; se tutta la famiglia si inserirà nel culto liturgico della Chiesa; se infine praticherà una fattiva ospitalità e se promuoverà la giustizia e le buone opere a servizio di tutti i fratelli che si trovano in necessità.

Fra le svariate opere dell'apostolato familiare, ci sia concesso enumerare le seguenti: adottare come figli i bambini abbandonati, accogliere con benevolenza i forestieri, dare il proprio contributo nella direzione delle scuole, consigliare e aiutare gli adolescenti, aiutare i fidanzati a prepararsi meglio al matrimonio, collaborare alle opere catechistiche, sostenere i coniugi e le famiglie nelle loro difficoltà materiali e morali, provvedere ai vecchi non solo l'indispensabile, ma anche renderli partecipi equamente dei frutti del progresso economico.

Le famiglie cristiane le quali in tutta la loro vita si mostrano coerenti con il Vangelo e mostrano con l'esempio cosa sia il matrimonio cristiano, offrono al mondo una preziosissima testimonianza cristiana, sempre e dovunque, ma in modo speciale nelle regioni in cui viene annunziato per la prima volta il Vangelo, oppure la Chiesa si trova tuttora nei suoi inizi o urta contro gravi ostacoli (21).

Affinché possano raggiungere più facilmente le finalità del loro apostolato, può essere opportuno che le famiglie si uniscano in qualche associazione (22).

(20) Cf. PIO XI, Encicl. : AAS 22 (1930), p. 554; PIO XII, Messaggio radiofonico, 1° giugno 1941: AAS 33 (1941), p. 203; IDEM, Ai Delegati al Congresso dell’Unione Internazionale per la tutela dei diritti della famiglia, 20 sett. 1949: AAS 41 (1949), p. 552; IDEM, Ai padri di famiglia pellegrini a Roma dalla Francia, 18 sett. 1951: AAS 43 (1951), p. 731; IDEM, Messaggio radiofonico per il Natale 1952: AAS 45 (1953), p. 41; GIOVANNI XXIII, Encicl. Mater et Magistra, 15 maggio 1961: AAS 53 (1961), pp. MM 429 MM 439.
(21) Cf. PIO XII, Encicl. Evangelii Praecones, 2 giugno 1951: AAS 43 (1951), p. 514.
(22) Cf. PIO XII, Ai delegati al Congresso dell’Unione Internazionale per la tutela dei diritti della famiglia, 20 sett. 1949: AAS 41 (1949), p. 552.



Apostolicam actuositatem IT