Paolo VI Catechesi 17866

Mercoledì, 17 agosto 1966 - LA VITALITÀ DELLA CHIESA CATTOLICA

17866

Diletti Figli e Figlie!

Avete avuto notizia del Nostro «motu proprio», intitolato, dalle parole con cui comincia, «Ecclesiae Sanctae», pubblicato la scorsa settimana? Questo documento dispositivo riguarda l’esecuzione di quattro decreti conciliari: quello circa l’ufficio dei Vescovi, quello circa i Sacerdoti, poi quello relativo alla vita religiosa e finalmente quello riguardante l’attività missionaria. L’applicazione pratica delle disposizioni conciliari non è opera semplice e facile; esige studio, esige chiarezza, esige autorità, esige tempo, specialmente là dove si tratta di introdurre qualche riforma o qualche innovazione in quell’organismo così tradizionale, così complesso, così ordinato e così sensibile, qual è la Chiesa cattolica.

Il Concilio ha tracciato delle norme, a cui bisogna prestare ossequio; ma altre volte ha enunciato principi, criteri, voti, ai quali bisogna far seguire adempimento concreto, con leggi e con istruzioni nuove, con organi e con uffici nuovi, con movimenti spirituali, culturali, morali, organizzativi, che impegneranno molte persone, molte fatiche, e forse molti anni.


Il Concilio ha lasciato alla Chiesa non solo un ricco tesoro di dottrine e di impulsi operativi; ha lasciato altresì un’eredità di doveri, di precetti, di impegni, ai quali dovrà corrispondere la buona volontà della Chiesa, affinché il Concilio abbia reale efficacia e raggiunga gli scopi, che si è prefissi.

Da ciò si vede l’importanza del post-Concilio, la quale investe dapprima chi nella Chiesa ha ufficio e responsabilità di guida, e poi tutto il Popolo di Dio. In un certo senso è più grave e laborioso il periodo che segue il Concilio, che non quello della sua celebrazione. Questo periodo, che si caratterizza dalla accettazione e dalla fedeltà nei riguardi delle conclusioni conciliari, mette alla prova e mette in evidenza la vitalità della Chiesa cattolica.

Quali sono le manifestazioni post-conciliari della vitalità della Chiesa? La prima, solenne, universale, ma occasionale è stata la celebrazione del Giubileo straordinario, che ha ravvivato il fervore religioso e morale della Chiesa polarizzando d’intorno al Vescovo e alla Cattedrale il popolo credente, facendogli meglio avvertire le sorgenti di verità e di grazia sgorganti dal ministero gerarchico e meglio gustare il senso comunitario che deve animare e adunare nella fede e nella carità, nella orazione e nell’operosità, i seguaci di Cristo. Siamo lieti di rilevare che là dove il Giubileo è stato piamente organizzato ha dato felicissimi risultati: la vitalità della Chiesa ha dato segno magnifico e promettente d’una sua autentica animazione, quella religiosa.

UNA MISSIONE DIFFUSA APOSTOLICAMENTE

Ma non è il solo segno. Un altro è dato dalla fecondità legislativa, promossa dal Concilio. Può mancare alla Chiesa di Dio questa attività? Noi sappiamo bene che da molte parti si guarda con antipatia all’attività legiferante della Chiesa, come se fosse opposta alla libertà dei figli di Dio, antitetica allo spirito del Vangelo, imbarazzante le spontanee espressioni dei carismi propri del Popolo di Dio, frenante lo sviluppo storico dell’organismo ecclesiastico, che risulta estraniato e ritardato rispetto allo sviluppo storico della società temporale. Ma non vediamo come la Chiesa cattolica, se vuol essere fedele e consequenziaria ai principi costitutivi del suo divino Fondatore, possa prescindere dal dare a se stessa un «diritto canonico»: se la Chiesa è società visibile, gerarchica, impegnata ad una missione salvatrice, che non ammette se non una univoca e determinata realizzazione, custode d’una Parola, che dev’essere conservata rigorosamente e diffusa apostolicamente, responsabile della salute dei propri fedeli e dell’evangelizzazione del mondo, non può fare a meno di darsi leggi, coerentemente derivate dalla Rivelazione e dai bisogni sempre insorgenti della sua vita sia interiore, che esteriore. Per correggere i possibili inconvenienti del così detto «giudirismo», il primo rimedio sarà non tanto nell’abolire la legge ecclesiastica, quanto nel sostituire a prescrizioni canoniche imperfette o anacronistiche altre prescrizioni canoniche meglio formulate. Chi alimenta avversione preconcetta verso la legge della Chiesa non ha il vero «sensus Ecclesiae»; e chi crede di far progredire la Chiesa, demolendo semplicemente le strutture del suo edificio spirituale, dottrinale, ascetico, disciplinare, in pratica demolisce la Chiesa, accoglie lo spirito negativo di chi la diserta, e di chi non l’ama, e non la costruisce. Si legga San Paolo; si vedano i primi passi autentici della vita della Chiesa; e si scorgerà come la premura di esprimere norme positive e autorevoli a difesa, a sostegno, a guida della comunità cristiana, dimostri appunto la vitalità della Chiesa, e come tale premura dica la sapienza, la forza, la carità di coloro che «lo Spirito Santo ha posto quali vescovi a reggere la Chiesa di Dio» (
Ac 20,28).

NECESSARIA RISPOSTA DEI FEDELI

Bisognerà ricordare queste cose, Figli carissimi, perché siamo all’inizio d’un nuovo e grande periodo legislativo della Chiesa. Il Concilio lo ha inaugurato; l’«aggiornamento» lo reclama; il proposito di rivedere il Codice di Diritto canonico lo esige. Perciò dovremo studiarci di riconoscere nell’attività legislativa della Chiesa una manifestazione congeniale alla sua missione; dovremo procurare di «tenerci al corrente», come si suol dire, delle novità legislative ecclesiastiche, specialmente di quelle che ci riguardano direttamente; e piuttosto che affettare disinteresse o disprezzo per le norme canoniche, cercheremo di comprenderne lo spirito, di osservarne i precetti, e di apprezzarne le pastorali sollecitudini. Così si ama la Chiesa e così si partecipa al flusso della sua sempre giovane vitalità, E ciò che vi auguriamo di cuore tutti benedicendovi.



Mercoledì, 24 agosto 1966 - STUDIARE LA NATURA IL MISTERO LA MISSIONE DELLA CHIESA

24866

Diletti Figli e Figlie!

Vive la Chiesa? Come vive la Chiesa? Quali fatti, quali fenomeni dobbiamo considerare per rispondere a queste domande? Sono le domande che sorgono nelle menti degli uomini intenti a studiare la vita del mondo contemporaneo; sono le domande che si pongono i teologi ed i sociologi, avidi di scoprire gli uni le leggi profonde secondo le quali la Chiesa si realizza in seno all’umanità, gli altri le leggi secondo le quali la Chiesa si manifesta e si rende visibile, calcolabile, in mezzo alla società. E sono le domande che si affacciano alla osservazione empirica di tutti; di voi stessi, Noi supponiamo, quando venite a visitarci, e sentite nascere nei vostri spiriti queste elementari ma formidabili questioni: quella che noi qui vediamo è la Chiesa? È la Chiesa vera? È la Chiesa viva? Quali sono le prove della sua vitalità?



Figli e Figlie qui presenti! Vorremmo esortarvi a non lasciare senza risposte tali questioni. Questa udienza vuol essere uno stimolo non solo a porle, ma a mantenerle insistenti nelle vostre anime; a studiare cioè con maggiore attenzione, con maggiore interesse prima il volto, poi la natura, poi il mistero, poi la missione ed il destino della Chiesa, nella convinzione, che il recente Concilio vuole infondere in tutti, che tutto ciò ha un’estrema importanza, e ci tocca personalmente.

E chi vorrà sostare sulla considerazione della vita della Chiesa sarà naturalmente portato a studi molto vasti e non a tutti accessibili: quelli storici, ad esempio; quelli rigorosamente biblici; o teologici, o spirituali. La Chiesa è una realtà molto seria e complessa. Ma senza arrivare a tanto, ogni persona intelligente e volonterosa, senza grandi fatiche speculative, potrà intravedere qualche cosa di ciò che forma la vera vita della Chiesa, e cioè il suo duplice rapporto: con Cristo e col mondo. Ciò che dimostra la vita della Chiesa è la sua unione con Cristo; dove questa unione è attuale, è autentica, e operante, e trasparente, la Chiesa si rende al tempo stesso visibile e rivelatrice dello Spirito invisibile che la anima; così, ciò che ancora dimostra la vita della Chiesa è la sua capacità a distinguersi ed insieme a rivolgersi al Mondo, sia per annunciargli quel regno di Dio nel quale l’uomo troverà la sua pienezza e la sua salvezza, e sia per rischiarargli quel regno della terra, nel quale l’uomo vive ed opera, spesso ignaro, senza quella luce, dei valori e della loro gerarchia, che costituiscono il bene della vita temporale (cfr. Card. Journet, Le progrès de L’Eglise dans le temps, Angelicum, 43, 1966).


ALCUNI SEGNI INDICATIVI DI SORPRENDENTE OPEROSITÀ

Ma la grande domanda può anche fermarsi alla superficie, e chiedere semplicemente alcuni segni indicativi della vitalità della Chiesa: che cosa fa oggi la Chiesa per dimostrare ch’è viva? È questo l’angolo visuale ordinario dei pubblisisti; la cronaca è il campo del loro primo interesse; ed è quello comune della gente che guarda cose e avvenimenti esteriormente, riservandosi poi, se occorre, di «pensarci su».

Se limitiamo a questa osservazione puramente superficiale, ma non senza valore, la Nostra domanda sulla vita presente della Chiesa, Noi possiamo richiamare la vostra attenzione sopra un gruppo di manifestazioni pubbliche, celebrate nel campo cattolico, che meritano d’essere ricordate e considerate come sintomi positivi della vitalità ecclesiastica.

Possiamo vedere in queste manifestazioni, non già la ricerca della pompa esteriore, del «trionfalismo», come talora le accusa una critica mordente e ingiustificata (anche al Signore fu mosso una volta tale rimprovero! - cfr.
Lc 19,40), ma i segni di un’attività collettiva ed armonica, molto rispondente all’indole della Chiesa e anche molto conforme agli usi moderni; e insieme possiamo notare l’indizio d’una direzione comunitaria verso qualche punto della dottrina cattolica, o della formazione cattolica.

Queste manifestazioni sono moltissime, per numero e per varietà. Denotano appunto che la Chiesa è viva, e che dal suo centro, questa Sede Apostolica, viene ad esse il riconoscimento d’autenticità, l’impulso, l’inserzione nella sapienza e nella carità della Chiesa, l’implorazione dell’assistenza divina, e spesso la traccia ideale, che le sostiene e le guida.

UN PROGRAMMA DI MOLTEPLICI RIGOGLIOSE INIZIATIVE

Accenniamo, a titolo d’esempio, ad alcune fra le più recenti e fra le più importanti.

I Congressi Eucaristici: citiamo, per tutti, quello nazionale francese di Bordeaux, dal titolo: «L’Eucharistie, clarté du monde nouveau» (12-14 aprile 1966).

Le Settimane Sociali: del Cile, sulla proprietà privata (Valparaiso, gennaio 1966); della Spagna, sulle esigenze sociali d’una politica dei redditi e dei salari (Zaragoza, marzo 1966); della Francia, sull’opinione pubblica (Nizza, luglio 1966); dell’Italia, sullo sviluppo economico e l’ordine sociale (avrà luogo a Salerno, dal 24 al 29 settembre). Va aggiunto con speciale menzione il Katholikentag di Bamberga, dal titolo «Sulla Tua parola», tenutosi nello scorso luglio. Sarà certamente importante la riunione a Roma, in settembre, dei più rinomati Maestri di Teologia cattolica.

Abbiamo i Congressi Nazionali della Dottrina cristiana, a Pittsburgh, negli Stati Uniti; delle Missioni cattoliche, nel Messico, entrambi nel prossimo mese; degli Editori cattolici italiani ad Alghero in Sardegna sul tema «Il libro per l’uomo»; dell’Apostolato del mare, a Porto Ferraio (settembre 1966). E con questi il Congresso mondiale di Pax Romana (Lyon, luglio 1966); internazionale per la Musica sacra, che si tiene in questi giorni a Chicago; quello internazionale sulla Filosofia scolastica nel settimo centenario della nascita di Duns Scoto in Inghilterra e nella Scozia (settembre 1966); quello internazionale delle Infermiere cattoliche (Brighton, luglio 1966).

Poi le «Settimane»: di Pastorale Liturgica, la prossima settimana a Pavia; di aggiornamento pastorale per il Clero (Roma, 5-9 settembre); della Pro Civitate Christiana (in questi giorni, ad Assisi); i vari Corsi di Cultura, promossi dall’Università Cattolica, alla Mendola e a Milano; e così via.

Magnifica la celebrazione del 75° dell’Enciclica Rerum novarum a Bruxelles (giugno 1966). Ed altre.

PROPOSITI SERI UMILI E FORTI

Pellegrinaggi, convegni, commemorazioni, Capitoli generali, «giornate», assemblee (come quella delle Organizzazioni Internazionali cattoliche, a Londra, nello scorso luglio), quante altre manifestazioni potremmo ancora elencare, e da tutte potremmo dedurre la prova consolante del fervore che anima la Chiesa, specialmente in quest’ora post-conciliare; dappertutto propositi seri, propositi nuovi, propositi forti ed umili, che la fede ispira, la grazia feconda, la gerarchia guida a buon fine.

Certamente non sempre e non tutto quello che si muove è per ciò stesso sano ed encomiabile; anche nel campo, che si qualifica cattolico, vi possono essere tentativi di movimenti o di manifestazioni, i quali perseguono metodi e scopi, che la gerarchia responsabile non può convalidare; e questi non sono certo testimonianze della buona e positiva vitalità della Chiesa, ma piuttosto fenomeni di dispersione di forze, alla fine non costruttive, nonostante le intenzioni, donde scaturirono, alle volte nobili e generose.

Ma ringraziamo il Signore, che fra tante avversità pone davanti a noi lo spettacolo d’una stupenda e promettente vitalità della Chiesa. Lo conoscete voi, questo spettacolo? Cercate voi di capirne il significato, a cui ci richiama, di «regno di Dio»? Anzi: siete, più che spettatori passivi, anche voi, in qualche modo partecipanti attivi? È ciò che vi esorta a pensare e a fare la Nostra Benedizione Apostolica.




Mercoledì, 31 agosto 1966 - I PRINCIPI FONDAMENTALI DI SUPERNA PROSPERITÀ

31866
Diletti Figli e Figlie!

La Chiesa vive, dicevamo. Ma subito una questione sorge spontanea: di che cosa vive la Chiesa? Qual è il segreto della sua vitalità? Spontanea e legittima la domanda. Forse voi stessi ve la siete posta: donde la Chiesa trae la sua energia? La sua sussistenza? La sua capacità di durare, nel tempo; di diffondersi, nel mondo; anzi, di crescere, di rinnovarsi, di ringiovanire? Spontanea e legittima domanda, ma estremamente difficile: osservare un essere vivente è facile a tutti; ma indovinare i principi della sua vita é cosa assai ardua, e in buona parte superiore alla nostra possibilità di conoscenza. Così è della Chiesa. È come un albero fiorente; ma quali sono le radici che rendono sempre vegeta e nuova la sua primavera ?



Figli carissimi! Vi proponiamo ad arte una simile curiosità. Cercate di corrispondervi! È questa Nostra esortazione, che deve segnare la memoria di questa Udienza. E se cercate di dare qualche risposta, vedrete che questa non è semplice.

Noi non pretendiamo affatto, in un colloquio così breve e familiare come questo, esporre organicamente la dottrina, che dà qualche ragione della vitalità della Chiesa. Ci basta presentarvi, come stimolo a migliore ricerca, qualche spunto. Per esempio: è la prosperità temporale la causa del benessere della Chiesa? La ricchezza? Oggi, chiunque voglia farsi un concetto autentico della Chiesa, risponde subito che no; anzi trova che l’abbondanza dei beni economici è in molti casi più dannosa, che propizia alla Chiesa; pagine storiche lo documentano; parole evangeliche lo proclamano. I mezzi temporali sono, sì, necessari alla vita della Chiesa; ma nella misura del pane per vivere, e sempre ordinati rigorosamente alla finalità della sua missione spirituale. E si può dire fortunatamente che ora questa è la mentalità e la prassi degli uomini di Chiesa. Ringraziamo Dio; e facciamo credito al disinteresse economico, cioè alla povertà, che il Signore ci ha insegnata per scoprirvi non già un impedimento alla vera prosperità della Chiesa, ma una fonte di forza spirituale, di libertà, di saggezza, di coraggio. Così potremmo ragionare della potenza temporale: non è da questa che la Chiesa deriva la sua linfa vitale. Così pure, sotto un certo aspetto, potremmo, dire perfino della cultura profana: «La nostra fede - scrive S. Paolo - non sia basata sull’umana sapienza, ma sulla forza di Dio» (
1Co 2,4-5).

L’INSUPERABILE SCUOLA DEL CROCIFISSO SIGNORE

E allora? Allora bisogna osare d’oltrepassare le soglie del Vangelo, e di studiare da quali principi il Signore vuol trarre la fecondità dell’istituzione spirituale e sociale, ch’è la Chiesa, da Lui fondata. Ci fermiamo ora soltanto ai principi morali, anzi ad uno solo di essi, ma fondamentale nel sistema della religione cristiana. E c’incontriamo subito nel notissimo paradosso: Cristo ha fondato la vita morale dei suoi seguaci sopra una base, che noi diremmo negativa: la rinuncia, l’abnegazione, il sacrificio, la croce. Ricordiamo tutti le sue tremende parole: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; chi invece perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Mc 8,35 Jn 12,24). Chi di noi credesse rinnovare la vita della Chiesa sopprimendo le mortificazioni e le molestie, piccole o grandi, che le sono proprie, per esigenza morale o per costume ascetico riconosciuto, non interpreterebbe a dovere la legge fondamentale dello spirito evangelico, dal quale appunto la Chiesa riceve la sua vitalità. Questa non ricava incremento dalla ricerca d’un benessere avido di comodità e d’esteriorità, alimentato dall’edonismo e dall’egoismo, che spesso caratterizzano le abitudini agiate, frivole e gaudenti del mondo moderno; lo ricava piuttosto dalla pratica silenziosa e costante di quelle virtù che insieme mortificano e fortificano l’alunno di Cristo; dalla sofferenza paziente, dall’obbedienza fedele, dalla semplicità austera, dall’imitazione di Cristo; di Cristo crocifisso (cfr. 1Co 1,23).

FLUENTI EPISODI

Non facciamo qui una predica, né prolunghiamo questa riflessione; ma vogliamo accennare ad alcuni episodi, fra i tanti che vengono a Nostra notizia, per documentare questo Nostro pensiero. Il primo episodio lo leggiamo su L’Osservatore Romano del 25 agosto: un gruppo di studenti universitari di Padova ha rinunciato alle vacanze per costruire una casa destinata a due famiglie povere e numerose di un paesino della campagna padovana, le quali erano costrette ad alloggiare in dimore insufficienti e disagiate. Non è questo un bellissimo esempio di cristiana vitalità?

Il secondo episodio ce lo offre ancora L’Osservatore, in data odierna: «Giunge a Roma la notizia che circa due mesi or sono è morto in un campo di lavori forzati del Kiangsi, nella Cina continentale, il sacerdote cinese Kiam Lau Mai-Chung, della diocesi di Swatow. Nato nel 1915, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel 1944. Arrestato nel 1955, fu rinchiuso in un campo di lavori forzati, dove è morto dopo 11 anni di sofferenze cristianamente sopportate». Questo potrebbe apparire un segno di morte e non di vita della Chiesa; ma non saranno proprio queste sofferenze e questo martirio il seme d’una futura ripresa del cattolicesimo in quell’immenso e a Noi sempre carissimo Paese?

E terzo. Ci è riferito da un viaggiatore, reduce da una visita all’ormai famoso lebbrosario di Padre Damiano, nell’isola Molokai, nell’Oceano Pacifico. Egli racconta d’aver potuto avvicinare - privilegio riservato ai Sacerdoti - il reparto dei lebbrosi più deformi e repugnanti, e d’aver così avvicinato un’umile infelicissima creatura orribilmente corrosa dalla lebbra, che le ha divorato gli occhi trasformandoli in due sanguinanti e paurose caverne e le ha demolito le estremità, mani e piedi, inchiodandola da anni nell’immobilità e nella sofferenza, quanta ne può portare un organismo tuttora superstite in così penose condizioni. Ebbene, la paziente povera lebbrosa, informata che parlava con un Sacerdote in viaggio per Roma, aveva la semplice e sublime audacia di mormorare questa meravigliosa confessione: sono contenta del mio stato, perché così io ho potuto conoscere Gesù Cristo ed essere cattolica. E si diceva lieta di mandare al Papa il suo devoto e filiale saluto e l’offerta del merito dei suoi patimenti.

AMORE GENEROSO ED EROICO

Che ne dite? Noi crediamo essere queste le forze che fanno viva e santa la Chiesa e che le conferiscono la gloria di rispecchiare Cristo Gesù. Da queste fonti scaturisce la sua perenne vitalità. Perché nel regno di Dio (come, del resto, anche nell’ordine naturale) solo l’amore è fecondo; e l’amore totalizza la sua più alta espressione nel dono di sé, nel sacrificio.

Vi aiuti, Figli carissimi, la Nostra Benedizione Apostolica a capire, a meditare, a vivere il mistero del sacrificio, della legge cristiana del morire per vivere, dell’amore generoso ed eroico, di cui si alimenta la Chiesa viva ed immortale.



Mercoledì, 7 settembre 1966 - FERVORE DI STUDIO PER ATTUARE I DECRETI CONCILIARI

7966

Diletti Figli e Figlie!

Ancora noi vogliamo invitare i vostri pensieri, che all’incontro col Papa si accendono certamente alla considerazione della Chiesa, ad avvertire l’esigenza che la Chiesa stessa, specialmente in questo periodo post-conciliare, dia prova di nuova e grande vitalità. Perché si è celebrato il Concilio? Per risvegliare, per rinnovare, per purificare, per ammodernare, per intensificare, per dilatare la vita della Chiesa. Cioè per accrescere non solo la coscienza della sua natura e della sua missione, ma per aumentare altresì la sua energia, la sua capacità di rispondere alla propria vocazione, la sua ansia di santificazione interna e di diffusione esterna, la sua idoneità a venire a contatto con i Fratelli separati e a offrire al mondo contemporaneo il messaggio della salvezza in Cristo Signore.

Difatti Noi osserviamo fortunatamente, e ne ringraziamo Iddio di cuore, che tutta la Chiesa è in fermento. Dappertutto lo studio dei decreti conciliari è promosso ad ogni livello; la riforma della preghiera liturgica va gradualmente applicandosi, superando le prime diffidenze e abolendo le forme arbitrarie, con crescente comprensione dei fedeli e con sempre migliori celebrazioni del culto sacro; la Gerarchia si mostra sommamente premurosa nell’istituzione delle nuove strutture sue proprie e della comunità ecclesiale, come pure nella penetrazione dello spirito informatore della ecclesiologia conciliare; i Religiosi rivedono con grande fervore, nei loro Capitoli, statuti e piani di vita ascetica ed apostolica; i Laici ascoltano la chiamata conciliare a più stretta, più attiva, più santa adesione alla Chiesa di Dio; tutto il Popolo di Dio si risveglia, prende coscienza della propria dignità, aspira a vivere più intimamente il mistero di grazia instaurato da Cristo fra gli uomini, sente la responsabilità d’una perenne testimonianza, e guarda la scena della vita presente con più vigile occhio cristiano.

PIENEZZA DI FEDE E CIRCOLAZIONE DI CARITÀ

Carissimi Figli! Noi vogliamo esortarvi ad entrare in questo movimento spirituale, che deve infondere alla Chiesa nuova pienezza e accelerare in essa la circolazione della carità; ed a scoprire il ben noto principio di tale vitalità: è la fede, quella «fede che opera mediante la carità» (
Ga 5,6). La fede, diciamo a voi, ministri della Parola di Dio, donde la fede trae il suo oggetto ed il suo fondamento; a voi, diciamo, maestri della fede, ai quali incombe l’alto ufficio di trasfondere negli animi dei discepoli l’autentico pensiero della Chiesa; diciamo a voi, Religiosi e Religiose, che della «corazza della fede» (1 Thess. 1Th 5,8) avete rivestito la vostra esistenza; e diciamo a voi, Fedeli, a voi, giovani, specialmente, che avete tanto bisogno di luce e di certezza, e che per la fede sapete compiere cose forti e grandi: occorre dare alla fede impressione ed espressione vive e sincere.

La Nostra esortazione si conforta del fervore, che con tanta compiacenza e con tanta speranza Noi osserviamo percorrere il Corpo mistico, che è la Chiesa; ma nasce altresì dal notare certi stati d’animo diffusi in alcuni ceti del Popolo cristiano, i quali sembrano indicare una qualche minore intensità di fede, una qualche stanchezza, una qualche incertezza, un qualche minore entusiasmo del sapersi cattolico; e ciò specialmente quando per fede non intendiamo un semplice sentimento religioso, ma intendiamo l’adesione ferma, convinta, operante a quelle verità, che la Chiesa cattolica autorevolmente ci propone da credere. Che cosa è avvenuto? Forse la considerazione, legittima e doverosa, della personale libertà dell’atto di fede ha prevalso su quella della pienezza e della forza, che tale atto di fede deve assumere nell’animo del credente, ed ha prodotto qualche abituale esitazione; forse la difficoltà a comprendere come l’oggetto della fede non possa col tempo mutare, mentre si assiste all’evoluzione storicistica d’ogni scienza umana, ma deve conservarsi nella sua obbiettiva integrità, anche quando lo esploriamo con la nostra sempre nuova meditazione, lo approfondiamo con migliore comprensione e lo adattiamo, fermo il contenuto, al linguaggio e al confronto della cultura profana; forse la facilità, con cui chi prescinde dal magistero ecclesiastico modella per il suo spirito come gli pare la Parola di Dio: ha tentato qualcuno a preferire tale metodo soggettivo a quello dogmatico e oggettivo della dottrina cattolica; e forse la diffidenza, diffusa da tante voci estranee ed ostili, verso l’autorità docente della Chiesa ha scosso alla fine la certezza dei suoi insegnamenti.

FIDUCIA NELLA CHIESA «COLONNA E SOSTEGNO DELLA VERITÀ»

Il fatto, a cui accenniamo con molto dolore, si è che in molti spiriti non si guarda più con la fiducia d’un tempo alla «Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità» (1 Th 1Th 3,15). E da qualcuno si osa sollevare dubbi su intangibili verità della nostra fede, con impensabile e inammissibile leggerezza, altrettanto audace quanto offensiva del deposito della vera fede. E ciò che aumenta a questo riguardo la Nostra afflizione e la Nostra apprensione è l’ascoltare tali dissonanze nel seno stesso della comunità dei credenti, suggerite forse dal desiderio di apertura verso il mondo acattolico, accreditate sovente dalla referenza al Concilio testé celebrato, quasi che il Concilio autorizzasse a mettere in questione le verità della fede, mentre chi primo lo convocò, Papa Giovanni XXIII, ebbe a proclamare, aprendone la celebrazione, che «ciò che più preme al Concilio ecumenico è questo, che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito ed esposto in maniera più efficace» (A.A.S. 1962, p, 790); infatti «è necessario che questa dottrina sicura ed immutabile, a cui si deve prestare ossequio fedele, sia esplorata e presentata nel modo richiesto dai nostri tempi» (ibid. p. 792).

Figli carissimi, ricordate sempre la celebre parola dell’Apostolo: «Iustus ex fide vivit», il giusto vivrà per virtù della fede (Rm 1,7 Ga 3,21 He 10,38); e questo principio fondamentale per l’elevazione d’ogni singola anima alla vita soprannaturale, vale anche per la Chiesa intera: essa vive di fede: la sua vitalità deriva e dipende dalla fede; e se noi vogliamo che il suo messaggio, la sua catechesi, la sua testimonianza siano valide, dobbiamo auspicare che la fede sia nella Chiesa, nel cuore d’ogni suo figlio, ferma ed ardente. Così sia per voi, con la Nostra Apostolica Benedizione.




Mercoledì, 14 settembre 1966 - LA SUPREMA PREGHIERA DEL SALVATORE

14966
Diletti Figli e Figlie!

Noi siamo presi dal pensiero della vitalità della Chiesa. Se avete avuto qualche sentore delle Nostre parole alle udienze generali di queste settimane avrete notato come questo pensiero offra il tema di questi brevi dialoghi con i Nostri visitatori. Non vogliamo spingere le Nostre semplici considerazioni fino a fare della scienza; Ci basta osservare empiricamente alcuni aspetti della Chiesa, per averne Noi temi di preghiera e di studio, e per darne a chi filialmente Ci ascolta, come voi ora, stimolo a qualche buona riflessione su questa grande e misteriosa realtà, che il Concilio ci ha prospettata e che riguarda la sorte di tutti e di ciascuno di noi.

Guardiamo alla vitalità della Chiesa come il padre guarda il volto dei figli per vedere se sono sani, se sono lieti, se sono buoni. Ovvero come il pastore guarda con avidità e affezione il suo gregge: se sia completo, se sia unito, se sia seguace. Oppure come il medico che osserva nei segni esteriori d’una persona lo stato interiore di salute di essa. Così guardiamo Noi la Chiesa, che sappiamo tanto ricca di anime vive e sante; che vediamo tanto insidiata e soverchiata dal mondo in cui essa si trova; e che vorremmo, dopo il Concilio, piena di coscienza e di energia nuove; e, grazie a Dio, lo è.


Dunque: uno dei segni che Ci sembra meglio indicare la vitalità della Chiesa, che Noi andiamo indagando, è la partecipazione; la partecipazione, diciamo, dei membri della Chiesa alla sua vita. La Chiesa, è stato detto, è una comunione. È più che una società; è un corpo, è una vita unitaria di Cristo in noi. Quanto più i singoli appartenenti a questa comunità sono consapevoli del mondo unitario e gerarchizzato che li avvolge, e quanto più essi partecipano a promuovere, a difendere, a gustare tale comunione, tanto più essa realizza la sua vitalità e dimostra il mistero in essa contenuto. Ricordiamo e ripetiamo sempre le parole dell’ultima preghiera del Signore Gesù per i suoi discepoli: «Possano essi giungere a perfetta unità (consummati in unum); e così il mondo conosca che Tu (il Padre) hai mandato me (il Cristo)» (
Jn 17,23).

Questo è molto bello e meriterebbe spiegazione e meditazione: l’umanità stessa, di cui è composta la Chiesa, può irradiare l’elemento divino - di verità, di carità, di santità, d’immortalità -, che è in essa, se essa è unita, se essa dentro di sé è organicamente compaginata, se essa manifesta appunto di possedere una sua spirituale e sociale vitalità, risultante dalla partecipazione d’ogni singola persona ai principii costitutivi ed operativi che informano il Popolo di Dio, la comunità cristiana. Ogni singola persona diventa perciò una cellula viva del Corpo mistico del Signore, che è la Chiesa, se procura di partecipare a Ciò che la unifica e la vivifica.

TUTTI SIAMO CHIAMATI ALLA SANTITÀ

Questa considerazione pone una domanda, che ciascuno deve rivolgere a se stesso: sono io veramente partecipe della Chiesa vera e viva? La fede, la grazia, l’adesione all’autorità, che, in nome di Cristo, istruisce, santifica e governa la Chiesa, sono gli elementi indispensabili all’essere della Chiesa, per potersi dire: sono anch’io «Chiesa». E a questo punto un’altra domanda, assai importante e di assai frequente ricorso; chi non è in grazia di Dio, un peccatore, è ancora membro della Chiesa? Le parole della risposta sono facili, ma la realtà ch’esse descrivono è molto grave e complessa: sì, un peccatore (purché conservi la fede) è ancora nella Chiesa, ma senza la circolazione vitale della carità; come membro inerte, come ramo spezzato dal ceppo, anche se tuttora ad esso congiunto. Si vede da ciò come la sorte peggiore per un membro della Chiesa è quella d’esser «scomunicato», posto fuori cioè dalla sua comunione, sia spirituale che giuridica.

E si vede, al contrario, come la sorte migliore del cristiano è quella di partecipare in pienezza alla vita della Chiesa. Chi vi partecipa di più? È chiaro: chi riceve dalla Chiesa la sua santità sacramentale e cerca di trasfonderla nella propria santità morale. I santi sono le membra vive della Chiesa. E tutti siamo chiamati alla santità!

In pratica, Noi vorremmo che ciascuno di voi raccogliesse l’invito fatto dalla Chiesa ai suoi figli con la riforma della Liturgia; riforma che praticamente consiste soprattutto nel far «partecipare» i fedeli alla celebrazione del culto divino e della preghiera ecclesiale. A quale punto si trova la vostra partecipazione? Bisogna, su questo punto, raggiungere l’unanimità, per quanto è possibile! Guai agli assenti, guai agli indifferenti, guai ai tiepidi, ai malcontenti, ai ritardatari! La vitalità della Chiesa dipende, sotto questo aspetto, dalla prontezza, dall’intelligenza, dal fervore dei singoli cristiani, ministri o semplici fedeli che siano.

Poi dovremmo parlare dell’altro invito, che parimente con la voce del Concilio la Chiesa ha rivolto ai suoi figli per la propria vitalità: l’invito a partecipare alla sua missione. La Chiesa è una comunità, ma non chiusa e statica, ma in stato di missione. Perciò ogni figlio della Chiesa è invitato a marciare con lei. Con lei comprendere la vocazione alla salvezza; con lei credere, sperare ed amare; con lei soffrire e godere: con lei dare testimonianza, nell’unione, nell’apostolato. Partecipare: ecco, figli carissimi, l’invito che Noi stessi vi proponiamo; e possa la Nostra Benedizione Apostolica rendervi degni di accoglierlo e capaci di corrispondervi.





Paolo VI Catechesi 17866