Paolo VI Catechesi 60570

Mercoledì, 6 maggio 1970

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Ancora noi rivolgiamo alla Chiesa la Nostra riflessione. Il Concilio ci ha obbligato a prolungarla su questo tema sconfinato. Ancora tentiamo di meglio capire che cosa sia e che cosa faccia la Chiesa nel mondo. La nostra domanda è in questo momento così semplice e così larga da fermare la nostra attenzione al significato etimologico della parola: che cosa vuol dire Chiesa? Chiesa vuol dire chiamata. Chiamata di Chi? chiamata di Dio. A chi questa chiamata? all’umanità. Subito la parola rappresenta un fenomeno grandioso e misterioso. Il fenomeno nasconde una storia? sì, quella dell’Antico Testamento, dapprima; e poi la nostra, del Nuovo Testamento, che si caratterizza nella venuta di Cristo, il Verbo di Dio fatto uomo «per raccogliere insieme i figlioli di Dio che erano dispersi» (
Jn 11,52), e nella estensione della chiamata a tutta l’umanità.

Questa parola «Chiesa» condensa in sé, come in un punto focale, tutta la ricchezza, l’originalità, la verità della religione e dei destini umani. Se la chiamata viene da Dio, sua è l’iniziativa, suo il piano che ne risulta, suo l’amore che subito in esso si rivela. Bisogna rileggere la lettera di S. Paolo agli Efesini, specialmente ai capi primo e secondo; bisogna leggere la costituzione dogmatica Lumen gentium, anch’essa ai primi capitoli, per avere un’idea della Chiesa, come d’una chiamata di Dio, d’una religione che non parte dall’uomo, ma parte da Dio, e che non rimane, come i tentativi religiosi umani, unilaterale, incompleta e troppo spesso inefficace ed errata, ma costituisce un rapporto sicuro, un dialogo vero, e infine una comunione, e perciò una salvezza e una beatitudine.



CHIAMATA APOLOGETICA, PASTORALE, MISSIONARIA

La Chiesa è l’umanità chiamata, che ha risposto; è l’assemblea degli uomini convocati da Dio, in Cristo. È un regno di Dio, è un Popolo di Dio, è una congregazione di credenti (Cfr. S. JERON., In Eph.; PL 26, 534); è una famiglia generata da una vocazione, ch’è Parola e Grazia di Dio. Perciò dire Chiesa e pensare a questo mistero soprannaturale di bontà divina dev’essere per noi la stessa cosa. Questo è il primo pensiero.

Due altri pensieri subito derivano. La parola «Chiesa» può essere intesa in due sensi, passivo e attivo. La Chiesa come il termine «chiamata», può essere intesa come «congregatio», effetto e risultato della chiamata, cioè come riunione, assemblea, dicevamo: Ecclesia est idem quod congregatio, il termine Chiesa, dice S. Tommaso, significa comunità; e può essere intesa come «congregans» come una voce che chiama, un invito, una convocazione (Cfr. DE LUBAC, Méd. sur l’Eglise, p. 78 ss.).

Questo ultimo aspetto della Chiesa dovrebbe trattenere la nostra attenzione, perché è per noi tutti interessantissimo. Quando ci domandiamo: che cosa fa la Chiesa? possiamo rispondere: ella ci chiama. Ella è la ripetizione della Parola di Dio, ella è la continuazione della missione di Cristo, che dice agli Apostoli singoli: «vieni», e a tutti gli uomini di questo mondo bisognosi di conforto e di salvezza: «Venite a me voi tutti . . .». Perciò la Chiesa è detta Lumen Gentium, come Cristo, il faro dei popoli, il «sacramento di Cristo»; ella non solo rappresenta Cristo Signore, ma effonde altresì la sua luce e la sua grazia, il suo Spirito. Ella è un invito (Cfr. DENZ.-SCH., DS 3014);4 un invito vivente e permanente, un richiamo, un amore che cerca, una responsabilità che ammonisce, una scelta da fare, una fortuna da possedere. È la chiamata apologetica, la chiamata pastorale, la chiamata missionaria.



SEGNO ORIENTATORE DELLA STORIA UMANA

È l’offerta della verità, che placa e che salva; è il segno orientatore della storia umana, è la mano tesa per la redenzione e la felicità. La Chiesa chiama: tutti siamo incaricati di fare nostra la sua voce; ma organo qualificato e autorizzato di questa voce, voi lo sapete, è l’Apostolo, fatto da Cristo predicatore, maestro, pastore, veicolo dello Spirito : è la Gerarchia della Chiesa.

E qui ancora un aspetto della Chiesa chiamante, e cioè l’eco che la voce della Chiesa ha o dovrebbe avere nell’interno d’ogni singolo uditore. Il quadro diventa interiore, psicologico, personale e morale. Questa voce arriva oggi agli spiriti moderni? è una voce che può essere accolta, compresa, accettata e seguita? Quanti discorsi si fanno oggi sopra questo aspetto della vita cristiana! e quanti sforzi per rendere intelligibile la voce della fede; ottimi sforzi, provvidi e necessari, se essi, per via di sapienza e di amore, tendono a rendere più semplice, più gradito, più comprensibile, più convincente, più penetrante la voce del messaggio cristiano, della chiamata della Chiesa. In un mondo come il nostro, diffidente verso ogni linguaggio filosofico, e tutto rivolto al linguaggio della storia e ancor più a quello dell’espressione sensibile, quale studio deve compiere colui che tende a comunicare la voce della fede per farsi ascoltare: ecco la necessità d’un rinnovamento della catechesi, della predicazione, del simbolismo religioso, delle comunicazioni sociali! Ad una condizione però: che in questo processo di riforma del linguaggio religioso non si alteri, non si disperda il contenuto divino e immutabile del messaggio affidato da Cristo alla Chiesa, e presidiato dal suo magistero provvidenziale e responsabile della perenne fedeltà al verbo rivelato.


ASCOLTO SENZA PREVENZIONI

E aggiungiamo : forse ascoltando con migliore attenzione la voce della Chiesa senza prevenzioni, senza l’ambizione di interpretarla a proprio piacimento, quella voce sarebbe tuttora comprensibile, anzi irradiante di gaudiosa verità, anche se coperta dall’involucro del linguaggio dei Padri, dei Concili, dei Pontefici, dei Teologi d’altri tempi.

Ma in ogni caso vediamo, se bisogno vi fosse di scoprire, e con felice meraviglia, che la Chiesa è una chiamata interiore: la voce non assorda, non impaurisce, non distrae, non offende, non sgrida; la voce sveglia, ridesta, riempie l’anima di verità, di certezza, di energia. Chiama il pensiero a pensare, la volontà a volere, il sentimento a cantare. È voce di vita, è voce di poesia, è voce di preghiera. Allarga, libera, svela. Alcune volte svela l’uomo a se stesso, gli fa comprendere il suo diritto, il suo dovere, il suo destino; diciamo pure : la sua vocazione.

Questo, ancor oggi, fa la Chiesa: chiama.

Ascoltiamo la sua voce. Così tutti; così voi, con la Nostra Benedizione Apostolica.

Istituto Suore di San Giuseppe

Una parola di saluto vogliamo rivolgere anche alle Religiose della Congregazione delle Suore di San Giuseppe, le quali ricordano quest’anno il terzo centenario della morte del loro fondatore, il gesuita padre Jean Pierre Médaille.

Avete voluto celebrare questa data, carissime Figlie di Cristo, venendo qui numerose, dalla vostra Provincia Romana, presso la Cattedra di Pietro, come per rinnovare idealmente i santi propositi di carità cristiana verso il prossimo, in perfetta obbedienza alla Santa Chiesa, secondo quanto vi insegnò il vostro fondatore.

E Noi, mentre auspichiamo che la vostra Famiglia religiosa, diffusa in tutto il mondo, dia un sempre più fecondo tributo di preghiera, di sacrificio e di opere per la diffusione del messaggio evangelico, volentieri, venendo incontro al vostro desiderio, benediciamo la prima pietra del tempio, che sarà costruito nella Missione di Quetta, nel Pakistan.

Su voi tutte, sulle vostre Consorelle, sulle vostre alunne, sui collaboratori e le collaboratrici qui presenti, invochiamo abbondanti grazie celesti.

Gruppo di Cappellani Militari (in francese)

Among our visitors We note with pleasure the presence of the large group of students from Marymount International High School, together with their devoted teachers and members of their families.

While expressing a special welcome to all of you, we renew our interest in the activities of your school and impart to you most cordially Our Apostolic Blessing.

Ein besonderes Wort der Begrüssung richten Wir auch an die Gruppe evangelischer Christen aus der Schweiz, die in der ökumenischen Bewegung tätig sind. Was ist die ökumenische Bewegung letztlich anders, als das bewundernswerte Bemühen von «Söhnen Gottes, die zerstreut sind» (Jn 11,52), und nun auf der Suche, wieder zur einen Kirche zusammenzufinden? Seien Sie auch weiterhin bestrebt, mit so vielen Katholiken nach Kräften beizutragen, zu einem besseren Verständnis der Einheit der Kirche Christi und der Bedeutung des christlichen Gottesdienstes.

Herzlichen Willkommgruss entbieten Wir noch einer Gruppe holländischer Pilger aus Nimwegen.

Sehr geehrte Damen und Herren! Es hat seine tiefe Bedeutung, wenn Sie mit dem 50-jährigen Bestehen Ihrer Vereinigung katholischer holländischer Unternehmer und Arbeitgeber eine Wallfahrt nach Rom zu den Gräbern der Apostelfürsten verbinden wollten. Sie haben richtig erkannt: die Kirche segnet und fordert die Arbeit. Für Ihr Planen und Organisieren erinnern Wir Sie an die Grundsätze, die Wir als Appell in Unserer Enzyklika «Populorum progressio» an alle Menschen gerichtet haben: «öffnet die Wege zu gegenseitiger Hilfe, zu vertieftem Wissen, zu einem weiten Herzen, zu einem brüderlicherem Leben in einer wahrhaft universalen Gemeinschaft der Menschen».

Nos es motivo de gozo dirigir ahora un saludo especial a las Jovenes de Action Catolica de Durazno, del Uruguay, y a los grupos procedente de Paysandu - tarnbien del Uruguay - asi como a los de Mexico y Chile. Bienvenidos seais todos!

Que los momentos dichosos trascurridos aqui, en el centre de la Iglesia, fuente de fe y de caridad, arca de tantas memorias sagradas, os ayuden a vivir con autenticidad y valentia vuestra vocación cristiana y a proyectarla dina’micamente en vuestros ambientes familiares y sociales. Contad para ello con Nuestra plegaria, con Nuestra Bendicion que cordialmente extendemos a todos vuestros seres queridos.


Mercoledì, 13 maggio 1970

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Che cosa significa questa espressione, rimessa in uso dal linguaggio del Concilio: Chiesa pellegrina?

È un’espressione che ricorre spesso nei documenti del Concilio. La troviamo, ad esempio, nella Costituzione sulla sacra Liturgia, dove è detto della Chiesa che è «presente nel mondo e tuttavia pellegrina» (Sacrosanctum Concilium
SC 2); è detto, nella Costituzione Lumen gentium con una bella citazione di S. Agostino che «la Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio» (Lumen gentium LG 8 De Civit. Dei 18, 51,2 PL 41,614); è detto ancora che « tutto ciò che di bene il Popolo di Dio può offrire alla umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terrestre, scaturisce dal fatto che la Chiesa è l’universale sacramento della salvezza» (Gaudium et spes GS 45).



LA CHIESA PELLEGRINA

Che cosa vuol dire questo pellegrinaggio? L’immagine del pellegrinaggio è chiara, e dice molte cose assai importanti, ma non certo semplici, né di facile comprensione. È: bene in ogni modo tenerle presenti. Dice questa immagine del pellegrinaggio che la Chiesa ha una duplice vita: una nel tempo, ch’è quella in cui noi ora ci troviamo, l’altra oltre il tempo, nell’eternità, quella verso cui è incamminato il nostro pellegrinaggio; e avere coscienza di questa realtà, che pone nella mobilità del tempo la esistenza della Chiesa, come quella d’ogni creatura, d’ogni singolo uomo, ci porta ad avere coscienza, una coscienza non solo speculativa, ma altresì pratica e quindi morale, della precarietà, della caducità di tutto ciò che forma il nostro mondo presente. Noi sappiamo che tutto è labile, che tutto passa e che noi stessi siamo effimeri e mortali, ma in pratica pensiamo e viviamo come se invece le cose e la vita fossero stabili e dovessero sempre rimanere; anche quando, assecondando la legge inesorabile del tempo, noi cerchiamo di muoverci verso qualche punto d’arrivo nel futuro, sempre pensiamo che quello sarà un punto d’arrivo, sarà un termine fisso, di riposo.

Questa è una delle illusioni abituali, dalla quale il Signore ci ha risvegliato continuamente; ad esempio, quando ci ammonisce: «Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che resta per la vita eterna» (Jn 6,27). Il Signore ci ha lasciato due lezioni fondamentali su questo enigmatico tema del tempo; e cioè quella, che dicevamo, della sua fugacità (nella storia dell’uomo ricco, tutto affaccendato ad accumulare i suoi beni economici, e subito perduto da una morte improvvisa (Cfr. Lc 12,20); «passa la scena di questo mondo» (1Co 7,31); etc.); e quella della sua preziosità («camminate mentre è giorno») (Jn 12,35; cfr. Mt 20,6 etc.); ma preziosità in ordine ad un fine da raggiungere oltre il tempo; del tempo dobbiamo usare e con febbrile intensità, non godere con pigra indifferenza, o con ansioso edonismo («carpe diem»).

Qui si imporrebbe una difficile riflessione, sulla natura del tempo (Cfr. S. AUG., Confess. XI, 14; PL 32, 816); e su le idee generali che da questa riflessione derivano, come l’evoluzione, lo sviluppo, il progresso (Cfr. GUITTON, L’Existence temporelle, Aubier, 1949); ma ora a noi basta ricordare che Dio ha posto la creazione ed anche i destini umani nel divenire, e ha messo in questo fiume del cambiamento continuo anche l’umanità, anche la Chiesa: anche la Chiesa naviga nel tempo, naviga nella storia.



IL TRAGUARDO SICURO

Ecco un’altra parola magica, la storia, adesso molto di moda, anche nella teologia, nello studio della religione, tanto che tutta la religione cristiana si suole definire la storia della salvezza; cioè si considera ora il rapporto fra l’uomo, o meglio fra l’umanità e Dio come una vicenda che si è svolta nel tempo, nei secoli, come il compimento d’un disegno misterioso e divino (Cfr. Col 1,26 Ep 1,10 Ga 4,4 etc.), che si è reso palese in un momento determinato, la pienezza dei tempi, con la venuta di Cristo; e disegno non completo, perché esso conduce ad una seconda, futura venuta di Cristo, l’ultima, escatologica. La Chiesa vive in questo periodo: dal Cristo del Vangelo al Cristo dell’Apocalisse, vive nel tempo, come ogni altra istituzione umana, vive una sua storia, che chiamiamo pellegrinaggio. Chiesa pellegrina vuol dire Chiesa che passa nel tempo. Con questa duplice caratteristica, distintiva della sua storia: che ella, la Chiesa, porta con sé valori da custodire (valori che San Paolo chiama il depositum) (2Tm 1,12 2Tm 1,14), la fede, la grazia, il Cristo vivente nel mistero del suo Corpo mistico, che è la Chiesa stessa; cioè la Chiesa è viva ed ha in sé la garanzia divina, che tutte le avversità della storia non riusciranno a rovinarle l’esistenza (ricordiamo il vaticinio del Signore: portae inferi non praevalehunt) (Mt 16,18), e che questo avventuroso, ma invitto pellegrinaggio durerà «fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). E la seconda caratteristica è data dalla sicurezza che il pellegrinaggio della Chiesa, attraverso i secoli, ha un traguardo sicuro, e cioè l’incontro ultimo, glorioso ed eterno con Gesù Cristo vivente alla destra del Padre, cioè in Dio, Dio Lui stesso, con lo Spirito Santo, nell’ineffabile mistero della Santissima Trinità; tale traguardo da dare alla Chiesa il senso ch’esso è vicino e quasi imminente e da infondere nell’affannato respiro della tribolata Pellegrina (Cfr. S. AUG., In PS 137 PL 37,1781) l’invocazione suprema: «Amen. Vieni Signore Gesù!» (Ap 22,20 cfr. JOURNET, L’Eglise, III, Essai de Théologie de l’Histoire du Salut, p. 102).


DIFFICILE EQUILIBRIO

Questa visione della Chiesa, oggi richiamata alla nostra attenzione dal titolo di pellegrina ripetutamente a lei attribuito, ci può insegnare molte cose. Sono cose difficili a comprendersi nel loro senso profondo (Cfr. MOUROUX, Le mystère du temps, Aubier, 1962), ma sono diventate moneta corrente nel discorso comune. La prima da comprendere è il senso della storia, non come puro succedersi delle vicende umane nel gioco cieco e inestricabile del divenire naturale e cosmico e della libertà umana, ma come processo evolutivo dell’umanità, guidato, noi crediamo, da un Pensiero dominante, che conduce ogni cosa verso un possibile e libero risultato di salvezza (Cfr. Rm 8,28); noi cristiani perciò non abbiamo paura della storia, cioè degli avvenimenti e dei cambiamenti, nei quali essa consiste, divorando e generando uomini e cose; non habemus hic manentem civitatem, non abbiamo dimora permanente, «ma cerchiamo quella che ha da venire» (He 13,14); e perciò siamo sempre disponibili alle novità e al progresso, non perdiamo fiducia e coraggio qualunque cosa possa avvenire; siamo in cammino. Ma camminiamo nella storia, camminiamo nel mondo, e non come estranei e fuggiaschi, ma come partecipi della sua vita complicata e tumultuosa, lieta o triste che sia (Cfr. Gaudium et spes ). Noi abbiamo, proprio come cristiani, una missione da svolgere nel mondo, noi abbiamo verso di esso una responsabilità, una carità da svolgere.

E qui si prospetta il grande problema dei rapporti di noi cristiani, e dobbiamo pur dire della Chiesa, col mondo, oggi trascinato nel vortice di trasformazioni imprevedibili. Due atteggiamenti si presentano: l’immobilismo e il relativismo, questo ultimo oggi particolarmente tentatore. Né l’uno, né l’altro deve essere esclusivo. Occorre trovare la linea di complementarietà: dobbiamo essere bravi nel mantenere ciò che per noi è ragione di vita e fonte di luce e di energia, il «deposito» dicevamo, la coerenza fedelissima con la tradizione, donde ci viene la vita cristiana nei suoi elementi insostituibili e immutabili; e dobbiamo essere altrettanto bravi a modellare le forme contingenti del costume ecclesiale e cristiano alle necessità della nostra moderna convivenza e ancor più della nostra missione secondo il mutare delle circostanze, dei luoghi e dei tempi. Questo si sa; ma in pratica è difficile l’equilibrio e la sintesi fra i due atteggiamenti: è questo il problema caratteristico del momento presente: ferma la fede, operosa la carità.

È questo il sentiero della Chiesa pellegrina: preghiamo S. Pietro, sulla cui tomba noi ora ci troviamo, a volercelo pastoralmente indicare.

A voi la Nostra Apostolica Benedizione.

Gli economi cattolici

Ci è caro porgere, come negli anni precedenti, un cordialissimo saluto agli Economi cattolici, che concludono oggi il X Convegno di studio, nel quadro della tradizionale iniziativa della «Settimana della Vita Collettiva», organizzata dal loro Centro Nazionale, il quale celebra il suo primo decennio di vita. Ci rallegriamo anzitutto per questa significativa data, per la preziosa opera di collaborazione offerta agli Economi cattolici di tutta Italia, e per le affermazioni che, con pazienza, tenacia, spirito di iniziativa e di organizzazione, il Centro medesimo ha saputo raggiungere in questi anni.

Desideriamo altresì rivolgere il Nostro augurio a voi, partecipanti al Congresso, che avete gravi e quotidiane responsabilità pratiche e amministrative di Enti ecclesiastici, di Comunità religiose, di organismi assistenziali cattolici. Dire Economi cattolici, vuol significare una precisa qualifica, che eleva su di un piano nobilissimo l’umile e tormentoso assillo delle preoccupazioni materiali: la vostra opera, a seconda della fisionomia e della destinazione dei vostri Enti, si rivolge a volta a volta ai vostri Confratelli e Consorelle delle rispettive famiglie religiose; all’infanzia degli Asili e degli Istituti; alla gioventù dei collegi, dei Seminari e delle Scuole cattoliche; alle persone anziane; ai degenti nelle Cliniche e negli Ospedali. È un quadro multiforme, che si apre allo sguardo.

E pur nella varietà delle incombenze, il comune denominatore che giustifica e definisce ed eleva incomparabilmente la vostra attività è dunque la carità, che sa vedere nel prossimo il proprio fratello, che nel fratello sa servire il Cristo, in quello spirito evangelico che deve continuamente animare ogni vostra funzione, che, diversamente, resterebbe svuotata di ogni significato e di ogni merito. La Liturgia di questo tempo pasquale, tutta dedicata all’approfondimento della carità, per cui Dio rimane in noi e noi in Lui, vi ha certo ispirato i propositi pratici - di sollecitudine, di dedizione, di servizio, di efficienza, di distacco - ai quali volete informare la vostra azione.

Ci ha fatto anche piacere l’apprendere che avete dedicato la vostra attenzione alla situazione dell’assistenza privata di fronte alla necessità di renderla sempre più aggiornata, con razionalità di metodo e provata competenza, tenendo conto dei vantaggi che l’odierno sviluppo economico e tecnico mettono a disposizione. È questo un preciso dovere per chi si fregia del nome di cattolico: anche a prescindere dalla mutata sensibilità odierna in tale settore, e dalle implicazioni della nuova situazione sociale e politica, il primo dovere dei vostri istituti sarà quello di assicurare e di promuovere, secondo i chiari principi della dottrina sociale cattolica, il benessere, il rispetto, la dignità della persona umana.

Vi segua in questa benemerita opera, i cui sacrifici sono noti solo a Dio, il conforto della Nostra preghiera e l’incoraggiamento della Nostra Benedizione.

Perfezionare gli ospedali

Sempre nell’ambito della VI Settimana di Vita Collettiva, si tiene quest’anno a Roma per la prima volta un Congresso internazionale di Ingegneria Ospedaliera, organizzato dal Centro Nazionale degli Economi Cattolici. Salutiamo i degni partecipanti, tra i quali le delegazioni ufficiali di Inghilterra, Francia, Germania, Svezia, Russia, Stati Uniti d’America, Canadà e Giappone; e auguriamo felici risultati allo studio veramente degno di interesse e di incoraggiamento, a cui attendono in questi giorni, allo scopo di perfezionare sempre più gli istituti ospedalieri esistenti, dotati di tutte le risorse della scienza e della tecnica, e renderli sempre più rispondenti alle accresciute esigenze dell’odierna civiltà. Sappiamo che l’oggetto principale delle vostre ricerche, che dà senso a queste sperimentazioni e a questi sforzi, è l’uomo: nella sua bivalenza di spirito e di corpo, nella sua dignità di creatura nobile e libera, nel suo bisogno di rispetto, di comprensione e di amore. Che anche la vostra specializzazione contribuisca all’avvaloramento dell’uomo, dei suoi valori di comunione, di solidarietà, di servizio reciproco : è l’augurio che amiamo formare, invocando sulle vostre persone e famiglie la particolare assistenza del Signore.

Gli enti di assistenza

Una parola di saluto vogliamo rivolgere ai membri della Unione Nazionale Enti di Beneficenza e Assistenza, riuniti in questi giorni a Roma, per approfondire il tema della «Famiglia nella programmazione assistenziale».

Voi ben sapete, carissimi figli, come noi abbiamo seguito, con viva partecipazione, fin dal suo nascere, la vostra provvida Istituzione, la quale ha come scopo precipuo quello di aiutare i minori, i giovani, gli anziani, tutti quelli cioè che, in qualunque modo, hanno bisogno di cure, di assistenza, di affetto.

È vero che gli Stati moderni, spinti in questo dai fermenti del messaggio cristiano, si sono adoperati e si adoperano per creare e perfezionare gli strumenti legislativi atti ad assicurare a tutti i cittadini una giusta e conveniente serenità, anche economica, ma bisogna purtroppo riconoscere che, per un complesso di circostanze, ancora molti vivono in condizioni di bisogno e di solitudine fisica e spirituale.

Noi intendiamo pertanto sottolineare che non si è per nulla esaurita la funzione sociale dell’opera caritativa della Chiesa, in tutte le sue forme ed esplicazioni, non solo presso i popoli ancora in via di sviluppo, ma anche nella cosiddetta «società del benessere», perché là dove c’è un uomo che ha fame e sete, o che ha bisogno di conforto, è lo stesso Gesù che tende la mano per chiedere il nostro aiuto, la nostra solidarietà, il nostro amore (Cfr. Mt 25,35-46).

Considerate pertanto in tale prospettiva evangelica le finalità ed i compiti del vostro Ente; e la vostra attività sia guidata e retta dalla dedizione, dal sacrificio, dal disinteresse, espressioni di quella carità che sa vedere Dio nel volto del fratello che soffre.

Con questi voti, volentieri impartiamo la propiziatrice Benedizione Apostolica a voi, ai vostri Dirigenti, all’Onorevole Avvocato Giovan Battista Migliori, che lascia la Presidenza, a tutte le vostre famiglie e alle persone care.

La solidarietà promossa dall’I.R.I.

Il nostro saluto si rivolge anche ai partecipanti all’«Ottavo Corso di perfezionamento per quadri tecnici di Paesi in via di sviluppo», organizzato dall’Istituto per la Ricostruzione Industriale.

Siete venuti in Italia da tutte le parti del mondo, dall’Africa, dall’America Latina, dall’Asia, dall’Europa per perfezionare le vostre conoscenze tecniche. Tra poco ritornerete nelle vostre Nazioni, non solo per contribuire al loro migliore sviluppo, ma per portarvi quei sentimenti di unione e di solidarietà, che devono esistere fra tutti i popoli, al di là delle barriere di continente e di razza.

Vogliamo, in questa occasione, ricordare la nostra Enciclica «Populorum Progressio», nella quale abbiamo incoraggiato, con pressante appello, questi scambi tra popoli diversi, affinché tutti, nella giustizia, nella pace e nella libertà, possano partecipare ai beni che il Creatore ha paternamente elargito non per l’uso esclusivo ed egoistico di alcuni, ma per tutti gli uomini della terra.

Desideriamo pertanto, ancora una volta, esprimere il nostro compiacimento per la opportuna ed intelligente iniziativa, che da alcuni anni l’Istituto per la Ricostruzione Industriale promuove, mentre invochiamo sulle vostre persone, sulle vostre famiglie, sulle vostre nobili Nazioni, sui docenti e sul Presidente Professore Giuseppe Petrilli le più elette benedizioni dell’Altissimo.



Mercoledì, 20 maggio 1970

20570

Noi dobbiamo fare eco ad una parola da Noi pronunciata nel Concistoro (cioè nella riunione dei Cardinali) dell’altro giorno, perché ci sembra che sia importante ed attuale, e che possa essere ripetuta anche in una Udienza generale come questa, perché a tutti destinata. E la parola è questa: «L’ora che suona al quadrante della storia esige da tutti i figli della Chiesa un grande coraggio, e in modo tutto speciale il coraggio della verità, che il Signore in persona ha raccomandato ai suoi discepoli, quando ha detto: che il vostro sì sia sì, il vostro no, no» (
Mt 5,37).

Tanto è importante questo dovere di professare coraggiosamente la verità, che il Signore stesso lo ha definito lo scopo della sua venuta a questo mondo. Davanti a Pilato, durante il processo che precede la sua condanna alla croce, Gesù ebbe a dire queste gravi parole: «Io per questo sono nato, e per questo sono venuto nel mondo per dare testimonianza alla verità» (Jn 18,37). Gesù è la luce del mondo (Jn 8,12), è la manifestazione della verità; e per compiere questa missione, dalla quale deriva la nostra salvezza, Gesù darà la propria vita, martire della verità, che è Lui stesso.



PIETRA D'ANGOLO

Donde due questioni. La prima questione venne alle labbra stesse di Pilato. Lui, non forse ignaro, e forse scettico circa le discussioni filosofiche della cultura greco-romana circa la verità, lui magistrato competente a giudicare di delitti e di crimini, non di teorie speculative, si meraviglia che questo Rabbi, presentatogli come reo di morte per lesa maestà, si dichiari professore di verità, e subito lo interrompe, forse con qualche ironia: Quid est veritas?, ma che cosa è la verità? (Vi è chi ingegnosamente, su questa frase latina, ha costruito uno stupendo anagramma di risposta: est vir qui adest). E Pilato non attende la risposta, e cerca di chiudere l’interrogatorio sciogliendo la vertenza giudiziaria. Ma per noi, per tutti la questione rimane sospesa: che cosa è la verità?

Grande questione, che investe la coscienza, i fatti, la storia, la scienza, la cultura, la filosofia, la teologia, la fede. A noi preme quest’ultima: la verità della fede. Perché sulla verità della fede si fonda tutto l’edificio della Chiesa, del cristianesimo, e perciò quello della nostra salvezza, e di conseguenza quello dei destini umani e della civiltà, alla quale essi sono collegati. Perciò questa verità della fede, oggi più che mai, si presenta come la base fondamentale sulla quale dobbiamo costruire la nostra vita. È la pietra d’angolo (Cfr. 1P 2,6-7 Ep 2,20 Mt 21,42).

E che cosa osserviamo noi a questo proposito? Noi osserviamo un fenomeno di timidezza e di paura, anzi un fenomeno d’incertezza, di ambiguità, di compromesso. È stato bene identificato: «Un tempo era il rispetto umano che faceva rovina. Era l’ansia dei pastori. Il cristiano non osava vivere secondo la propria fede . . . Ma ora non si comincia ad avere paura di credere? Male più grave, perché intacca i fondamenti . . .» (Card. GARRONE, Que faut-il croire? Descleé, 1967). Noi abbiamo sentito l’obbligo, al termine dell’Anno della Fede, nella festa di San Pietro del 1968, di fare una esplicita professione di fede, di recitare un Credo, che sul filo degli insegnamenti autorevoli della Chiesa e della Tradizione autentica, risale alla testimonianza apostolica, che a sua volta si fonda su Gesù Cristo, Lui stesso definito «testimonio fedele» (Ap 1,5).



«SI È OSATO SCAMBIARE LA PROPRIA CECITÀ CON LA MORTE DI DIO»

Ma oggi la verità è in crisi. Alla verità oggettiva, che ci dà il possesso conoscitivo della realtà, si sostituisce quella soggettiva: l’esperienza, la coscienza, la libera opinione personale, quando non sia la critica della nostra capacità di conoscere, di pensare validamente. La verità filosofica cede all’agnosticismo, allo scetticismo, allo «snobismo» del dubbio sistematico e negativo. Si studia, si cerca per demolire, per non trovare. Si preferisce il vuoto. Ce ne avverte il Vangelo: «Gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce» (Jn 3,19). E con la crisi della verità filosofica (oh! dov’è svanita la nostra sana razionalità, la nostra philosophia perennis?) la verità religiosa è crollata in molti animi, che non hanno più saputo sostenere le grandi e solari affermazioni della scienza di Dio, della teologia naturale, e tanto meno quelle della teologia della rivelazione; gli occhi si sono annebbiati, poi accecati; e si è osato scambiare la propria cecità con la morte di Dio.

Così la verità cristiana subisce oggi scosse e crisi paurose. Insofferenti dell’insegnamento del magistero, posto da Cristo a tutela ed a logico sviluppo della sua dottrina, ch’è quella di Dio (Jn 7,12 Lc 10,16 Mc 16,16), v’è chi cerca una fede facile vuotandola, la fede integra e vera, di quelle verità, che non sembrano accettabili dalla mentalità moderna, e scegliendo a proprio talento una qualche verità ritenuta ammissibile (selected faith); altri cerca una fede nuova, specialmente circa la Chiesa, tentando di conformarla alle idee della sociologia moderna e della storia profana (ripetendo l’errore d’altri tempi, modellando la struttura canonica della Chiesa secondo le istituzioni storiche vigenti); altri vorrebbero fidarsi d’una fede puramente naturalista e filantropica, d’una fede utile, anche se fondata su valori autentici della fede stessa, quelli della carità, erigendola a culto dell’uomo, e trascurandone il valore primo, l’amore e il culto di Dio; ed altri finalmente, con una certa diffidenza verso le esigenze dogmatiche della fede, col pretesto del pluralismo, che consente di studiare le inesauribili ricchezze delle verità divine e di esprimerle in diversità di linguaggio e di mentalità, vorrebbero legittimare espressioni ambigue ed incerte della fede, accontentarsi della sua ricerca per sottrarsi alla sua affermazione, domandare all’opinione dei fedeli che cosa vogliono credere, attribuendo loro un discutibile carisma di competenza e di esperienza, che mette la verità della fede a repentaglio degli arbitri più strani e più volubili.

Tutto questo avviene quando non si presta l’ossequio al magistero della Chiesa, con cui il Signore ha voluto proteggere le verità della fede (Cfr. He 13,7 He 9,17).



LA GARANZIA DEL MAGISTERO

Ma per noi che, per divina misericordia, possediamo questo scutum fidei, lo scudo della fede (Ep 6,16), cioè una verità difesa, sicura e capace di sostenere l’urto delle opinioni impetuose del mondo moderno (Cfr. Ep 4,14), una seconda questione si pone, quella del coraggio: dobbiamo avere, dicevamo, il coraggio della verità. Non faremo adesso alcuna analisi su questa virtù morale e psicologica, che chiamiamo coraggio, e che tutti sappiamo essere una forza d’animo, che dice maturità umana, vigore di spirito ed ardimento di volontà, capacità d’amore e di sacrificio; noteremo soltanto che, una volta di più, l’educazione cristiana si dimostra una palestra di energia spirituale, di nobiltà umana, e di padronanza di sé, di coscienza dei propri doveri.

E aggiungeremo che questo coraggio della verità è domandato principalmente a chi della verità è maestro e vindice, esso riguarda anche tutti i cristiani, battezzati e cresimati; e non è un esercizio sportivo e piacevole, ma è una professione di fedeltà doverosa a Cristo e alla sua Chiesa, ed è oggi servizio grande al mondo moderno, che forse, più che noi non supponiamo, attende da ciascuno di noi questa benefica e tonificante testimonianza. A ciò vi aiuti, con la grazia del Signore, la Nostra Benedizione Apostolica.

Convegni «Maria Cristina di Savoia»

Rivolgiamo il Nostro paterno saluto alle duecento appartenenti ai Convegni «Maria Cristina di Savoia», convenute a Roma da ogni parte d’Italia per il loro congresso nazionale. Siamo bene a conoscenza delle attività, dello spirito, dello stile che caratterizza la vostra istituzione, intesa a elevare e raffinare sempre di più la vostra vita cristiana, nutrendola con la formazione religiosa, rinvigorendola con la fedeltà alla Chiesa e al Papa, impegnandola in concrete attività benefiche e sociali. E ci ha fatto grande piacere essere informati sui programmi che vi tengono e vi terranno impegnate in questo e nell’anno venturo, con la trattazione approfondita delle virtù teologali della carità e della fede, oltre ai temi di carattere sociale e culturale.

Desideriamo pertanto esprimervi il Nostro sentito compiacimento per il dinamismo che riscontriamo nella bella iniziativa dei vostri «Convegni»: essi non sono un’accademia, o un passatempo, ma mirano a formare nelle signore aderenti una consapevolezza sempre più vissuta delle responsabilità che il Vangelo comporta, particolarmente per le rappresentanti di particolari ceti sociali che più degli altri, per disponibilità e tempo, possono meglio attendere al proprio perfezionamento spirituale e morale, e procurare più efficacemente il bene del prossimo. La fede vi animi in questo programma - e quanto ci rallegra sapere che questa fede è in voi ferma e sicura, inserita nella Chiesa e nell’amore al Papa, nutrita alle scaturigini della vita sacramentale; la carità, inoltre, vi sostenga e vi spinga a cercare e ad «apprezzare sempre il meglio, ripieni del frutto di giustizia che ci viene per Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio» (Ph 1, 10, 11).

Continuate nella vostra benemerita attività! Noi vi seguiamo con grande benevolenza, e, mentre invochiamo su di voi il patrocinio e lo spirito della Venerabile vostra Patrona, di cuore vi impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione, che di cuore estendiamo ai vostri familiari.

Infermi francesi

L’Istituto romano di San Domenico

Pellegrini di Germania e di altre provenienze

Ein wort herzlicher Begrüssung richten Wir noch an die anwesenden Diakone aus den Diözesen Köln und Würzburg. Liebe Söhne! Eifrige Pflege des Gebetes, Hingabe an Christus, opferfreudiger Dienst in der Betreuung der Ihnen anvertrauten Seelen seien die Richtlinien Ihres kommenden priesterlichen Lebens!

Herzlichen Willkomm entbieten Wir auch den Pilgern aus Waldsassen in Bayern, deren ehrwürdiges Gotteshaus vor kurzem zur Basilica Minor erhoben wurde, wie auch dem Pilgerzug der «Ermlandund Schneidemühlfamilie ». Allen möchten Wir ans Herz legen: Unsere heilige Kirche ist eine pilgernde Kirche, das heisst auf dem Wege aus dieser Zeitlichkeit in die ewige Heimat. Denn «wir haben hier keine bleibende Stätte . ..!». Stehet darum in Dankbarkeit immer treu zur Kirche und euren Oberhirten!

Den Braut- und Jubelpaaren aus der Erzdiözese Köln sprechen Wir Unsere väterlichen Glückwünsche aus und versichern ihnen ein besonderes Gebetsgedenken.

Mit väterlicher Freude endlich begrüssen Wir eine ansehnliche Gruppe evangelischer Christen vom ökumenischen Zentrum in Ottmaring bei Augsburg und eine Gruppe von Theologieprofessoren des evangelischen Seminars in Pullach bei München. Sehr geehrte Damen und Herren! Wir danken Ihnen für Ihren Besuch, den Wir sehr zu schätzen wissen, und erbeten Ihnen wie Ihren Angehörigen zu Hause die ganze Fülle der Pfingstgnaden des Geistes der Wahrheit, der Stärke und der Liebe.

Allen Anwesenden aber erteilen Wir von Herzen Unseren Apostolischen Segen.

canadesi in franese...

A special word of greeting goes to our venerable brother Cardinal Carberry and to the pilgrims who accompany him to this audience. We know that you have been to Fatima to pray for peace through the intercession of our Blessed Mother. We are convinced that your efforts will not be in vain. We encourage you in your trust in Mary, sure that she will lead you to a greater love of her Son and a more authentic Service of his People. With Our special Apostolic Blessing.

Con estas palabras de saludo y bienvenida, queremos testimoniaros, queridisimos colombianos aqui presentes, todo el afecto que sentimos por vuestro Psis, deseoso de promover los ideales cristianos de la paz y del progreso. Sois conscientes de vuestro deber de contribuir, con vuestro entusiasmo y aplicación, a la realización de tales aspiraciones.

Que la fe y la caridad, vivas y operantes, sostengan vuestro empeño fiel y aumenten vuestra capacidad de servicio, leal y sacrificado, a la Patria y a la Iglesia. Nuestra Bendición para vosotros, para vuestros familiares y para toda Colombia.


Mercoledì, 27 maggio 1970


Paolo VI Catechesi 60570