Paolo VI Catechesi 11968

Mercoledì, 11 settembre 1968 VERSO UNA CHIESA SEMPRE EGUALE A SE STESSA E SEMPRE GIOVANE E NUOVA

11968

Diletti Figli e Figlie!

Dopo il Concilio la vita della Chiesa presenta fatti ed aspetti, bisogni e doveri, trasformazioni e novità, pericoli e speranze, che certamente voi conoscete e che è bene considerare. Si parla di riforme, di trasformazioni, di «aggiornamento», che riempiono gli animi di attese e di sorprese ed anche di dubbi e di riserve. Noi dobbiamo guardare con attenzione e con fiducia questo grande fenomeno, scorgendo in esso un elemento generale positivo, quello della vitalità, della vivacità, e, sotto certi riguardi, quello dello Spirito del Signore, che risveglia e percorre il suo Corpo mistico, lo rianima, lo spiritualizza, lo vivifica, :lo santifica. Questo era lo scopo dei Concilio: ridestare, riformare, ringiovanire la Chiesa; illuminare la sua coscienza, rinvigorire le sue forze, purificare i suoi difetti, corroborare le sue strutture, allargare i suoi confini, ricomporre la sua unità, disporla a nuove difese e a nuovi contatti col mondo, rimetterla a contatto con le sue fonti e insieme accelerare il suo pellegrinante cammino verso la meta escatologica, ch’è l’incontro finale, aperto e glorioso, con Cristo Signore. È opera grande e difficile; nessuna meraviglia ch’essa dia luogo a resistenze e a difficoltà, come pure ad effetti inattesi e talora irregolari e controproducenti, ma più spesso promettenti e mirabili. Non camminiamo all’oscuro: il Concilio ci ha lasciato un corpo d’insegnamenti, che tutti faremo bene a ricordare e a tenere come stimolo per l’opera di rinnovamento e di sviluppo, di cui la Chiesa ha bisogno, e come criterio orientatore circa la rettitudine della via da seguire. Abbiamo altra volta parlato di fedeltà al Concilio; è bene che questa bussola sia nostra guida, per garantire l’indispensabile coerenza con la tradizione e la lineare continuità del nostro progresso verso un cristianesimo sempre più vivo ed autentico, verso una Chiesa sempre eguale a se stessa e sempre giovane e nuova.


CARATTERISTICA DI ALCUNE ENERGIE SPIRITUALI

Una delle manifestazioni di questo risveglio è la spontaneità di pensiero e di azione, che ha invaso molti figli della Chiesa. Noi vogliamo vedere con rispetto e con simpatia questa fioritura di energie spirituali. Scaturiscono da un atto di riflessione, da una presa di coscienza, da un gesto di liberazione verso consuetudini stanche e diventate irrazionali, da un proposito di serietà e d’impegno personale, da una ricerca dell’essenziale, da un approfondimento interiore delle espressioni religiose, da un tentativo fiducioso di dare alla vita spirituale un nuovo linguaggio suo proprio e alla teologia qualche nuova espressione originale, da qualche sacrificio pratico e coraggioso che dia testimonianza di insolita autenticità cristiana: tutto questo merita attenzione e spesso anche ammirazione. Sono germogli di primavera, che spuntano freschi e vigorosi su vecchi tronchi, dove non si pensava potessero aversi segni di vita nuova. Sono energie preziose, e tanto più degne di affettuoso riguardo quanto più spesso è ingenua e giovanile la loro sorgente. Chi ha senso della psicologia della rinascita ideale d’una generazione, chi ha intuito per le correnti di opinione che domani si affermeranno, chi soprattutto ha cuore pastorale per le vicende del mondo umano non può disprezzare, non può trascurare simili pronunciamenti di spontaneità spirituale, che sovente da individuali che erano prendono forma collettiva, donde le correnti indeterminate di spiritualità o di attività, che si polarizzano intorno ad una persona intraprendente, ovvero ad una formola singolare, o ad una scuola, o ad una rivista. Spesso è un Sacerdote, o un Religioso il promotore, il responsabile di simili fervorosi cenacoli. Osano talvolta attribuirsi vocazione e perfino virtù carismatica.


IL PERICOLO DI DEVIARE DAI SOLCHI NORMALI DEL CAMPO APOSTOLICO

Ma questa vegetazione spirituale cresce di solito fuori dai solchi normali del campo apostolico (cf.
1Co 3,9). È d’istinto un fenomeno con tendenza «anti-istituzionale». Si appella oggi alla libertà religiosa, all’autonomia della coscienza, alla maturità del cristiano moderno. Si vale d’un genio critico, spesso indocile e superficiale, che rasenta talora il libero esame; tollera a malincuore il magistero ecclesiastico e ne contesta talvolta l’estensione e l’autorità; vuole uscire dalle file organizzate delle forze cattoliche, che sono considerate come un ghetto chiuso, e non avverte di formare altri ghetti più chiusi ed arbitrari, dove solo gli iniziati sono ammessi e stimati; sente fastidio dei superiori e dei fratelli, e simpatizza più facilmente con gli estranei e con gli avversari; difetta spesso d’integrità dottrinale e di vissuta carità familiare e sociale; si forma un senso della Chiesa suo proprio, affrancato dagli impegni consueti della comunità compaginata dalla norma canonica; e si propone invece impegni singolari, buoni e austeri forse, ma staccati dal contesto ecclesiale, e perciò facili a decadere. Sono ruscelli che non fanno fiume. Sono spesso forze magnifiche, che, senza volerlo, poco costruiscono e talora disturbano, e che, dopo momenti di grande fervore, di solito si affievoliscono e si disperdono.


I COSTANTI INVITI ALLA UNITÀ CONTRO OGNI DISPERSIONE

La Chiesa ammette il pluralismo delle forme di spiritualità e di apostolato, e spesso incoraggia il sorgere di libere associazioni (cf. Apost. Act. AA 19); ma non cessa di raccomandare che l’apostolato sia ordinato e organizzato, e che sia evitata la dispersione delle forze (ibid. AA 19 AA 20). «I laici, dice espressamente il Concilio, agiscano uniti a guisa d’un corpo organico, affinché sia meglio espressa la comunità della Chiesa e l’apostolato riesca più efficace» (ibid.). E la medesima ripetuta raccomandazione è fatta ai Sacerdoti dal Concilio; essa attinge da una radice derivante dalla più antica ed autentica tradizione della Chiesa, e ricorda che «l’unione tra i Presbiteri e i Vescovi è particolarmente necessaria ai nostri giorni» (Presbyt. Ord. PO 7); e che «ciascuno dei Presbiteri è legato ai confratelli con il vincolo della carità, della preghiera e dell’incondizionata collaborazione» (ibid. PO 8).

Si potrebbe dire che questa esortazione interpreta veramente lo spirito del Concilio e tende a caratterizzare il rinnovamento della Chiesa nel nostro tempo. La così detta «pastorale d’insieme», o per meglio dire «organica», trae da essa il suo impulso più autorevole. Ne aveva già avvertito la necessità il Nostro venerato Predecessore Pio XII, il quale, parlando, il 10 marzo 1955, ai Parroci ed ai Quaresimalisti di Roma, osservava: «Quando da una parte si nota il fervore di tante intraprese, ove nessuno si ferma, ove nessuno rallenta il passo, nessuno si risparmia, e dall’altra si deve riconoscere che gli effetti non sono quali tanto impiego di energie e tanta abnegazione farebbero prevedere, nasce il dubbio se forse non si combatte troppo da sé soli, troppo slegati e disuniti. Chi sa . . . che non giovi riesaminare il lavoro apostolico al lume dei principi che regolano ogni retta collaborazione. Per quanto Ci consta - egli diceva -, questa è oggi una delle esigenze più imperiose del clero e del laicato» (Discorsi e Rad., vol. XVII, p. 9).


PASTORALE ORGANICA NELLA COMUNITÀ ECCLESIALE

«Pastorale organica nella comunità ecclesiale»: ecco una formola programmatica veramente felice. Noi siamo lieti di osservare come essa vada affermandosi nella Chiesa di Dio, e come voi, Sacerdoti che Ci ascoltate, ne fate oggetto dei vostri studi e dei vostri propositi nelle riunioni e nelle discussioni della XVIII Settimana di aggiornamento pastorale, in via di svolgimento. Conosciamo l’autorità e l’esperienza dei promotori e degli oratori di questa ricorrente manifestazione, da cui il clero italiano trae preziosi lumi ed impulsi per essere pari, nell’attualità delle circostanze e nell’urgenza dei bisogni, alla sua provvida e santa missione. Non possiamo che compiacerCi di ciò, e volentieri incoraggiamo quanti promuovono ed assecondano codesta attività.

A voi tutti, Sacerdoti e fedeli qui presenti, si rivolge il Nostro plauso e la Nostra esortazione, affinché in tutti sia chiara la coscienza, in tutti generoso l’impegno di «edificare la Chiesa», con unità di intenti, con fedeltà di fatica, con organicità di disegno, con dedizione di cuore e di opera, nell’ineffabile e quasi sperimentata certezza d’essere in così grande, in così moderna, in così santa impresa, collaboratori umili e necessari, strumenti attivi e meritori di Cristo, di Cristo stesso, dell’unico architetto, costruttore indefettibile e sempre presente, che ponendo Pietro alla base del mistico edificio ha pronunciato le fatidiche parole: «Io edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). A voi tutti la Nostra Benedizione Apostolica.

Paterno saluto a due gruppi di cecoslovacchi

La vostra presenza ravviva il Nostro interesse per le condizioni del vostro Paese, del quale tutto il mondo parla come di Nazione sottoposta a gravissima prova.

Noi comprendiamo i vostri sentimenti e partecipiamo alla vostra prova.

Noi preghiamo per voi; Noi facciamo voti che le vostre presenti difficoltà valgano a temprare i vostri animi nella ricerca e nella certezza dei valori superiori dello spirito: nel senso buono di giustizia, di libertà, di concordia e di pace, fra voi e con tutti; e nel risveglio e nella perseveranza di quella fede cattolica che ha illustrato la vostra storia, nobilitato la vostra coscienza nazionale e dato alla vostra vita la migliore sua forza morale e la sua trascendente speranza.




Mercoledì, 18 settembre 1968 ATTEGGIAMENTI DEPLOREVOLI: LA CRITICA CORROSIVA E LE ASSURDE PAURE

18968

Diletti Figli e Figlie!

Noi dicevamo ai visitatori dell’udienza scorsa: costruite la Chiesa!

Ora riprendiamo il discorso con voi dicendovi: amate la Chiesa! Noi Ci riferiamo ancora allo spirito del Concilio, spirito che vorremmo puro e ardente in questi anni nei quali dobbiamo meditare e applicare i molti e grandi insegnamenti che il Concilio stesso ci ha lasciati. Alcuni pensano che il Concilio sia già superato; e, non ritenendo di esso che la spinta riformatrice senza riguardo a ciò che quelle solenni assise della Chiesa hanno stabilito, vorrebbero andare oltre, prospettando non già riforme, ma rivolgimenti, che credono potere da sé autorizzare, e che giudicano tanto più geniali quanto meno fedeli e coerenti con la tradizione, cioè con la vita, della Chiesa, e tanto più ispirati quanto meno conformi all’autorità e alla disciplina della Chiesa stessa, ed ancora tanto più plausibili quanto meno differenziati dalla mentalità e dal costume del secolo.

Uno spirito di critica corrosiva è diventato di moda in alcuni settori della vita cattolica: vi sono, ad esempio, riviste e giornali che pare non abbiano altra funzione oltre quella di riportare notizie spiacevoli circa fatti e persone dell’ambito ecclesiastico; non di raro le presentano in modo unilaterale e fors’anche un po’ alterate é drammatizzate per renderle interessanti e piccanti, e abituano così i loro lettori non già ad un giudizio obbiettivo e sereno, ma ad un sospetto negativo, ad una diffidenza sistematica, ad una disistima preconcetta verso persone, istituzioni, attività ecclesiastiche; e quindi inducono lettori e seguaci ad un affrancamento dal rispetto e dalla solidarietà, che ogni buon cattolico, anzi ogni onesto lettore, dovrebbe avere verso la comunità e verso l’autorità ecclesiale. Non la premura dell’informazione esatta e completa, non il desiderio della correzione fraterna là dove essa è meritata, ma il gusto del sensazionale, e la compiacenza della denuncia o della contesa guidano certi pubblicisti, seminando inquietudine e indocilità negli animi di tanti buoni cattolici, non esclusi alcuni Sacerdoti e compresi non pochi giovani fervorosi. Subentra così una strana mentalità, che ‘un rinomato e distinto Professore universitario protestante, in una conversazione privata, qualificava di paura; una curiosa paura di certi cattolici d’essere in ritardo nel movimento delle idee, che li fa volentieri allineare con lo spirito del mondo, adottare con favore le idee più nuove e più opposte alla tradizione cattolica consueta; cosa che non è, a mio parere, egli diceva, conforme allo spirito del Vangelo.


LA GIOIOSA EVIDENZA DELL’INCONTRO NELLA CARITÀ

Che cosa diremo poi di certi episodi di occupazione di Chiese Cattedrali, di approvazione di films inammissibili, di proteste collettive e concertate contro la Nostra recente Enciclica, di propaganda della violenza politica per scopi sociali, di conformismo e manifestazioni anarchiche di contestazione globale, di atti d’intercomunione contrari alla giusta linea ecumenica? Dov’è la coerenza e la dignità proprie di veri cristiani? dov’è il senso di responsabilità verso la propria e verso l’altrui professione cattolica? dov’è l’amore alla Chiesa?

L’amore alla Chiesa! Vogliamo ancora supporre ch’esso non sia spento in persone che si qualificano cattoliche e che si appellano a Cristo: se davvero esse lo amano e davvero vogliono vivere del suo Vangelo, l’incontro nella carità, e quindi nella Chiesa, che animata dallo Spirito Santo risulta appunto dall’intercomunione di quanti vivono della carità, dovrebbe essere sempre in atto, e venire, quasi per intrinseco impulso, in evidenza, in una gioiosa evidenza, che spesso ci manca. Noi tanto più lo desideriamo questo amore ecclesiale quanto maggiore è il Nostro rammarico d’osservare come molti di questi cattolici inquieti sono partiti da un’alta vocazione all’apostolato, cioè al servizio e alla dilatazione della Chiesa, e come per quell’acido spirito di critica negativa e abituale, del quale dicevamo, si sono impoveriti e talora svuotati di amore apostolico, fino a diventare, in certi casi, molesti e nocivi alla Chiesa di Dio. Vengono alle labbra le parole di Gesù: «Inimici hominis domestici eius» , i nemici dell’uomo saranno i suoi di casa! (cf.
Mt 10,36).


IL NOSTRO PROSSIMO INCOMINCIA DAI FRATELLI DI FEDE

Ma ora parliamo a voi, figli fedeli, e in voi Ci piace vedere quanti con cuore umile e franco vogliono bene alla Chiesa, e fanno eco col sentimento e con l’opera al Nostro invito: amate la Chiesa! è venuta l’ora di amare la Chiesa con cuore forte e nuovo.

La difficoltà da superare è quella della nostra miopia spirituale, che ferma lo sguardo all’aspetto umano, storico, visibile della Chiesa, e non vede il mistero di presenza di Cristo, che essa reclama e nasconde all’occhio profano non illuminato dalla fede e dall’intelligenza profonda della sua mistica realtà; questo sguardo esteriore vede la Chiesa composta di uomini imperfetti e di istituzioni temporali e limitate, mentre vorrebbe subito vederla tutta spirituale, tutta perfetta, anzi tutta idealizzata spesso secondo una immagine arbitrariamente concepita. Il volto concreto e terreno della Chiesa fa ostacolo all’amore facile e superficiale; la realtà materiale della Chiesa, quella che appare nel quadro dell’esperienza comune, sembra smentire la bellezza e la santità ch’essa per divino carisma contiene. Ma è proprio a questo punto che si prova l’amore. Se nostro dovere è l’amore del prossimo, qualunque sia l’apparenza sotto la quale esso ci si presenta; e se tanto più grande dev’essere tale amore quanto più squallida e sofferente è quella apparenza, noi dobbiamo ricordare che anche la Chiesa è prossimo, anzi è il nostro prossimo per eccellenza, composta com’è da quei «fratelli di fede» (Ga 6,10), a cui è dovuta la preferenza del nostro amore operoso; così che i difetti ed i malanni stessi degli uomini di Chiesa dovrebbero rendere più forte e più sollecita la carità di chi della Chiesa vuol essere membro vivo, sano e paziente. Cosi fanno i figli buoni, così i Santi.


«OGGI LA CHIESA È TUTTA RIVOLTA ALLE SUE SORGENTI PER SENTIRSI VERA E VIVENTE»

E possiamo dire di più: questa difficoltà di dover amare la Chiesa nella sua umana realtà è oggi diminuita. Oggi la Chiesa presenta un volto più degno d’ammirazione, che di rimprovero e di commiserazione. Oggi in tutta la Chiesa si notano sforzi magnifici di autenticità, di rinnovamento, di vitalità cristiana, di santità; una santità meno abituale e ambientale, se volete, di quella d’altri tempi, ma più personale e cosciente, ed anche più comunitaria e più operosa. Oggi la Chiesa, dopo il Concilio, è tutta tesa verso la sua interiore riforma; preghiera e dogma si illuminano a vicenda e danno alla vita spirituale della Chiesa il senso di verità e di pienezza al suo colloquio con Dio, una profondità interiore e scavata nelle singole anime e un’espressione armonica e corale nella celebrazione liturgica dei misteri sacramentali. Oggi ogni Vescovo, ogni Diocesi, ogni Conferenza episcopale, ogni Famiglia religiosa è in fase di riforma e d’intensità d’autentica vita cattolica. Oggi ogni fedele è chiamato alla perfezione, ogni laico all’operosità apostolica, ogni gruppo ecclesiale alla responsabilità dell’attività ecclesiale, ogni coscienza ed ogni comunità all’espansione missionaria; e tutta la Chiesa al senso della propria unità e della propria cattolicità, mentre l’ardua ma leale e ardente ripresa dei contatti ecumenici riporta i cattolici alla propria riforma e alla rinnovata capacità di cordiale dialogo con i fratelli separati; oggi la Chiesa è tutta rivolta alle sue sorgenti per sentirsi vera e vivente, tutta aperta ai contatti rispettosi e salutari col mondo, cercando di trovare nella simbiosi con esso la propria funzione ministeriale di «luce» e di «sale» per un’universale salvezza; oggi l’avvertenza del suo pellegrinaggio escatologico la rende povera, libera, audace, riportata alla sua primitiva missione di teste della risurrezione di Cristo e fonte di quella trascendente speranza che infonde sicurezza e vigore ad ogni onesta speranza terrena; oggi, mentre essa si purifica da ogni indebita contaminazione terrena, alla terra predica e infonde energia morale incomparabile, fratellanza autentica e solidale, capacità di conquista d’ogni verità e di ogni ricchezza della creazione, gioia di vivere nell’ordine e nella libertà, nell’unità e nella pace.

Amare la Chiesa; ecco figli e fratelli, il dovere dell’ora presente. Amarla significa stimarla ed essere felici d’appartenervi, significa essere strenuamente fedeli; significa obbedirle e servirla, aiutarla con sacrificio e con gioia nella sua ardua missione; significa saper comporre l’appartenenza alla sua visibile e mistica compagine con l’amore onesto e generoso ad ogni altra realtà del creato che ci circonda e ci possiede, la vita, la famiglia, la società; la verità, la giustizia, la libertà, la bontà.

Così, così, figli carissimi, con la Nostra Apostolica Benedizione.

Pellegrinaggio diocesano di Fidenza

Siamo ora debitori di una particolare menzione ad alcuni gruppi, che distinguono questa Udienza per il loro numero e per il significato del loro pellegrinaggio.

Anzitutto un saluto al Vescovo di Fidenza, Monsignore Mario Zanchin, che ha accompagnato a Roma mille pellegrini della sua diocesi, fra i quali una trentina di sacerdoti, i seminaristi maggiori, rappresentanti delle Famiglie religiose, maschili e femminili, membri delle scuole e delle varie fabbriche di Fidenza e di Salsomaggiore, numerosi gruppi parrocchiali. Siate i benvenuti, fratelli e figli carissimi! Sappiamo che il vostro pellegrinaggio è da voi compiuto con spirito di fede, perché vuol essere come l’appendice delle celebrazioni per l’Anno della Fede, tenute nella vostra diocesi come in tutta la Chiesa. Ebbene, il ricordo che da Roma, ove avete pregato sulle tombe dei gloriosi Apostoli Pietro e Paolo, porterete con voi nelle vostre famiglie, nella vostra attività, sul vostro lavoro, vi richiami continuamente al dovere grande, esaltante, cosciente, che incombe a ciascuno di noi, di vivere a fondo la propria fede, di conoscerla sempre meglio, di farla passare nella pratica quotidiana, di professarla a fronte alta, di effonderne la luce attorno a sé, anche, e soprattutto, nei momenti bui, di crisi, di sconforto, di tentazione. «Questa è la vittoria che vince il mondo, dice San Giovanni l’Evangelista, la nostra fede!» (1Jn 5,4). Sia anche questa la vostra vittoria, per la pace dei vostri cuori, per il bene delle vostre famiglie, per l’ordinato sviluppo della vostra vita civile e sociale: è l’augurio che vi fa il Papa, con la particolare Benedizione Apostolica.

Accademisti del Corpo di Pubblica Sicurezza

Con particolare compiacimento rivolgiamo il Nostro saluto stamane anche al gruppo di Ufficiali dell’Accademia del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza.

Vi ringraziamo per il cortese pensiero di rendere omaggio al Papa prima di lasciare Roma e raggiungere i vostri reparti.

La vostra presenza Ci onora e Ci allieta. Essa è la testimonianza della vostra fede. Ci assicura che voi vorrete vivere con virile coerenza le consegne della vostra vita professionale e cristiana. Ci dice anche che voi attendete da Noi una parola di benedizione e una preghiera per i gravi e delicati compiti che vi aspettano. Questa preghiera ben volentieri la innalzeremo a Dio, perché sappiamo quanta fedeltà e dedizione sia necessaria per la vostra opera, esposta a disagi, a pericoli, e talvolta alla stessa incomprensione di coloro a cui voi prestate i vostri preziosi e insostituibili servizi. Chiederemo perciò al Signore che vi assista sempre e, nella consapevolezza del dovere compiuto, cresca continuamente la messe dei vostri meriti davanti a Dio e agli uomini. A questo fine vi impartiamo di cuore la Nostra Apostolica Benedizione, che estendiamo a tutti i vostri cari.

Salesiani in partenza per l’America Latina

Il Nostro paterno saluto si rivolge ora con vivo affetto al gruppo di sacerdoti Salesiani, in partenza per le Missioni nell’America Latina.

Siate i benvenuti, figli dilettissimi! Con la vostra visita voi ridestate nel Nostro animo l’eco soavissima delle giornate indimenticabili che abbiamo vissuto, or non è molto, durante il Nostro viaggio al Congresso Eucaristico Internazionale di Bogotà. E Ci recate insieme la prova del vostro generoso impegno verso quel grande Continente, che vi proponete di raggiungere con propositi generosi, senza ascoltare la voce della carne e del sangue, ma solamente quella del Signore che là vi chiama, e delle anime che invocano il vostro aiuto.

Come Salesiani, voi nell’America Latina riceverete in consegna una eredità preziosissima: quella che vi è stata lasciata dai vostri predecessori, i quali hanno saputo creare in quelle regioni un patrimonio incomparabile di opere, di attività, di esperienze, di cui possono andare legittimamente fieri i figli di Don Bosco. Oggi voi siete chiamati a fare fruttificare quest’opera, pur in mezzo alle tremende difficoltà che la Chiesa incontra in quel Continente. Vi accompagni la grazia del Signore in questo compito altissimo, pieno di ardue fatiche, ma anche di sante consolazioni. Noi a questo scopo pregheremo per voi, e in pegno dei celesti aiuti vi impartiamo l’Apostolica Benedizione.

I partecipanti al corso di prassi amministrativa canonica

Un paterno saluto, pieno di attenzione e di affetto, rivolgiamo poi ai qualificati sacerdoti, provenienti da numerose diocesi italiane ove occupano posti di delicata responsabilità, i quali partecipano al Corso di Prassi Amministrativa Canonica, promosso e organizzato dalla Sacra Congregazione per il Clero.

Non possiamo che lodare, incoraggiare, benedire l’opportuna iniziativa, che ha preso l’avvio dallo scorso anno, e si è dimostrata utilissima per il buon andamento dei rispettivi uffici diocesani, specialmente in relazione alle nuove esigenze pastorali ed alle modificazioni già introdotte nel vigente diritto in seguito alle nuove disposizioni conciliari e di questa stessa Sede Apostolica. L’ordinato e fruttuoso governo pastorale di una diocesi è frutto di una costante attenzione che, mentre si rivolge agli organici programmi della pastorale di insieme, non rifugge dalla prudente, minuta, esperta oculatezza amministrativa, che contribuisce anch’essa, e talora in modo preminente, al successo di quei programmi. Le due forme di attività non si escludono, né sono da considerare estranee e quasi sopportarsi a vicenda, ma si integrano nella visione globale dell’incremento della vita diocesana. Voi, pertanto, compite un dovere di prim’ordine, in collaborazione e aiuto dei vostri Vescovi, che vi hanno dimostrato una piena fiducia, contando su di voi: sappiate fare sempre onore a codesta attesa, impegnando il vostro sacerdozio fino in fondo, perché, servendo i vostri Vescovi, voi servite Cristo, secondo le grandi parole del Concilio: «Nella persona dei Vescovi, assistiti dai sacerdoti, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo» (Lumen Gentium LG 21). A tanto vi incoraggi la Nostra Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a voi, qui presenti, ed estendiamo ai degni Pastori delle vostre singole diocesi.

L’«Incontro Giovanile Aloisiano»

Vivissima compiacenza suscitano nel Nostro animo i duecento giovani, che partecipano all’«Incontro Giovanile Aloisiano» per essi organizzato a Napoli, Roma, Firenze e Castiglione delle Stiviere, in occasione del IV Centenario della nascita di San Luigi Gonzaga. Vi accogliamo e vi salutiamo con grande affetto, diletti figli e figlie, vedendo nelle vostre schiere una promessa di vita nuova. L’importanza del vostro gruppo e soprattutto la sollecitudine con cui seguiamo le speranze e le attese dei giovani di oggi avrebbero richiesto un incontro a parte, solo per voi e con voi, e Ci rammarichiamo che lo scarso tempo a Nostra disposizione non lo abbia permesso. Ma, pur nella brevità delle parole, sappiate leggere con la vostra acuta intelligenza tutto quanto il Nostro cuore vi vorrebbe dire.

A codesto magnifico assembramento itinerante vi raduna la figura di un santo, vostro coetaneo: quel Luigi Gonzaga, la cui santità, incoraggiata dalla presenza di altri due grandi santi, Carlo Borromeo e Roberto Bellarmino, si sviluppo negli anni successivi ad un Concilio, quello di Trento, e in una società in trasformazione, che cercava penosamente se stessa: quindi, in un’epoca che ebbe tanti punti di contatto con quella nostra. San Luigi, a dispetto di una oleografia che ne ha raggelato il ritratto giovanilmente vivo e forte, si è impegnato per il bene di quella società non con lo sterile atteggiamento ribellistico, non con le parole altisonanti e vuote, ma pagando di persona: con un amore di Dio, che fu intenso e puro, come vuole il Vangelo (cf. Mt 22,37 e parall.), e con un amore del prossimo, che lo portò alla morte, prodigandosi per i colerosi. Cosi agiscono i giovani: i giovani veri, i giovani sinceri, i giovani coraggiosi, quelli che credono a ciò che pensano, quelli che lasciano un’orma profonda, per sempre. Volete essere anche voi tra questi? Noi ne siamo certi. Il mondo di oggi ne ha bisogno. E vi incoraggiamo con la Nostra preghiera e con la Nostra Benedizione.

Ex-combattenti del Canada (in francese)





Mercoledì, 25 settembre 1968

25968

Diletti Figli e Figlie!

Noi sappiamo che sono presenti a questa Udienza molti giovani: sono gruppi significativi, per il loro numero, per la loro provenienza, per le istituzioni e per le attività ch’essi promuovono, per lo scopo che qua li conduce, quello cioè di professare la loro fede sincera in Gesù Cristo, nostro Signore e di confermare la loro adesione filiale alla santa Chiesa. Noi saluteremo oggi questi giovani in modo particolare, sicuri che quanto a loro si riferisce a tutti può, in misura analoga, essere riferito. I giovani sono rappresentativi; tutti vorremmo essere giovani; essi sono la vita nella sua freschezza, nella sua pienezza; essi sono, rispetto al passato, la modernità, l’attualità; rispetto all’avvenire gli scopritori, gli innovatori; sono la speranza. Così è sempre stato; ma oggi la gioventù riveste caratteri ancora più importanti nel contesto sociale, perché sono padroni, cioè sono subito messi in possesso dei beni, di cui la vita moderna dispone, gli strumenti della tecnica, la cultura, il benessere, il giudizio sopra ogni cosa e ogni valore; il vincolo della obbedienza, della norma comune, della dipendenza, nella famiglia, nella società, nella tradizione è allentato fino a diventare quasi inesistente; sono liberi e arbitri di se stessi e tendono ad esserlo anche degli altri; la moda della «contestazione» li seduce, la smania del cambiamento supplisce spesso in loro la consapevolezza dei fini da raggiungere; essi non temono alle volte d’arrivare ad esplosioni di follia; vi è fra loro chi ama la violenza, come segno di virilità e di abilità, come uno sport del coraggio, o come un’avventura generosa di un film-western. Sono giovani! Noi non intendiamo ora parlare delle recenti sommosse estremiste, i cui eccessi non possono non incontrare comune deplorazione. Limitiamoci adesso a dare uno sguardo alla consueta opposizione giovanile.


CHE COSA È LA CHIESA E QUALE IL SUO INSEGNAMENTO

E allora per Noi sorge qui una grossa questione: quale rapporto può esistere fra questi giovani e la Chiesa? La Chiesa è un’istituzione tradizionale: come può essere capita e accettata da una certa gioventù che istintivamente rifugge dalla storia passata, dalla tradizione? Tutto ciò ch’è di ieri è «matusa» per essa; e questa facile qualifica è una condanna senza appello presso i giovani d’oggi. La Chiesa è una società estremamente ordinata, è gerarchica, è organizzata, è moralista; tutto vi è previsto, classificato, determinato; come può essere compresa ed amata da chi ama la libertà, talora fino alla licenza, fino all’anarchia? La Chiesa è una scuola severa, predica la mortificazione, la padronanza di sé, l’austerità, la croce: potrà mai essere ascoltata da una generazione tutta rivolta all’esperienza degli istinti, delle passioni, del piacere, e sempre abituata al «confort», alla esclusione dello sforzo, alla rimozione della disciplina e del sacrificio? La Chiesa predica il «regno dei cieli», un mondo spirituale, una verità invisibile, un fine al di là del tempo; vuole la fede, vuole l’amore: come la ascolterà quella gioventù che fosse educata soltanto all’esperienza sensibile, al ragionamento scientifico, al calcolo dell’utilità temporale, alla logica dell’egoismo e dell’interesse, al culto dell’uomo e non al culto di Dio?

UNA DIAGNOSI INCOMPLETA E NON CORRISPONDENTE ALLA REALTÀ

Potremmo continuare questo sconcertante confronto fra la Chiesa e certa odierna gioventù, dal quale confronto sembrano essere confermate le conclusioni di quelli che condannano la Chiesa come una forma di pensiero e di vita assolutamente inammissibile da gran parte della gioventù del nostro tempo. Potremmo anche esaminare fino dove sia accettabile il tentativo di quelli che vogliono cambiare strutture e spirito della Chiesa per modellarla secondo le aspirazioni e le dimensioni dei giovani d’oggi. Ma il discorso si farebbe lungo assai, ed esigerebbe analisi accurate e documentate. Non Ce lo consentono i limiti strettissimi di queste semplici parole. A Noi basta ora fare un’osservazione d’indole generale, una Nostra contestazione (se così vi piace) circa la diagnosi dell’animo giovanile, alla quale abbiamo testé accennato; ed è questa: quella diagnosi è incompleta, estremamente incompleta; la potremmo dire «globalmente» falsa, se essa pretende darci una descrizione integrale e onesta della gioventù degli anni sessanta (o settanta se più vi piace); sarà parzialmente esatta, forse, ma non è corrispondente alla realtà, a tutta la realtà giovanile odierna.

Perché? perché trascura alcune caratteristiche importantissime del giovane d’oggi; caratteristiche, che, inquadrate nel disegno fedele del suo volto autentico, ci danno di lui, del giovane d’oggi, un’immagine molto diversa. Anche qui, a volere studiare bene le cose, troppo vi sarebbe da dire. Accenniamo appena, quasi ad esempio, con qualche domanda.


CAPACITÀ DI SUPERIORE DEDIZIONE E DI SACRIFICIO

Non è forse vero che oggi la gioventù è appassionata di verità, di sincerità, di «autenticità» (come ora si dice); e ciò non costituisce un titolo di superiorità? Non vi è forse nella sua inquietudine una ribellione alle ipocrisie convenzionali, di cui la società di ieri era spesso pervasa? E nella reazione, che sembra inesplicabile ai più, che i giovani scatenano contro il benessere, contro l’ordine burocratico e tecnologico, contro una società senza ideali superiori e veramente umani, non vi è forse un’insofferenza verso la mediocrità psicologica, morale e spirituale, verso l’insufficienza sentimentale, artistica e religiosa, verso l’uniformità impersonale del nostro ambiente quale la civiltà moderna va formando?

E perciò non vi è in questa insoddisfazione giovanile un segreto bisogno di valori trascendenti, il bisogno d’una fede nell’Assoluto, nel Dio vivente? Ancora: è poi vero che i giovani d’oggi sono individualisti ed egoisti, quando non sanno più vivere se non in compagnia d’altri giovani, quando hanno un istinto, perfino eccessivo, dell’associazione, del conformismo collettivo? E chi oserà sostenere che i nostri giovani sono incapaci di abnegazione e di amore per il prossimo, quando sono proprio essi che spesso, nei momenti di pubblico bisogno, o nelle situazioni socialmente insostenibili, danno lezione a tutti di prontezza, di dedizione, di eroismo, di sacrificio? Non conoscono i giovani coloro che non vedono quale capacità di rinuncia, di coraggio, di servizio, di eroico amore essi hanno nel cuore; e oggi forse più di ieri. E che cos’è quella loro impazienza d’entrare subito, e come uomini adulti non come fanciulli minorenni, nell’arringo della vita reale, se non una rispettabile e spesso encomiabile ansia di partecipazione alle comuni responsabilità?

L’INCONTRO PRODIGIOSO E STUPENDO CON CRISTO

Dunque l’esame dello spirito giovanile contemporaneo è da rifare; esso è delicato e complesso; e a Noi offre fin d’ora questa certezza: il rapporto fra gioventù e Chiesa, al quale accennavamo, non è affatto un rapporto. definitivamente negativo, non è un rapporto d’opposizione, di estraneità; è un rapporto positivo; quello di una scuola, dove la verità e lo spirito si aprono, si svelano e s’incontrano; quello d’una comunità organica, dove l’unità non crea oppressione, né uniformità, ma reciprocità, rispetto ed amore; quello d’una singolare pienezza, d’una impensata felicità; la pienezza degli autentici valori umani e spirituali; la felicità della certezza, della carità; quello d’un incontro prodigioso e stupendo, l’incontro con Uno, il Quale sta tra la Chiesa che lo introduce e la gioventù che lo scopre, anzi che vi scopre l’unico vero amico, l’unico vero maestro, l’unico vero e sommo eroe, l’unico vero prototipo di Uomo, che valga la pena di cercare e di integrare per sempre alla propria vita; voi capite Chi è; è Cristo, è Dio fatto uomo. È il segreto, è il dono della Chiesa. Esso lo offre alla Gioventù!

Vi sarebbe ora da dire come la Chiesa, quella d’oggi, quella del Concilio, sappia, pensi, voglia e adempia questa sua missione di dare Cristo alla gioventù. Ma concludiamo con una sola parola-ricordo, a voi giovani, a voi tutti fedeli che Ci ascoltate: entrate nella Chiesa (entrate: intendiamo nel suo cuore, nel tesoro nascosto della sua fede, della sua speranza, della sua carità); entrate, e troverete che là Cristo vi aspetta!

Vi auguriamo di fare questa esperienza; con la Nostra Benedizione Apostolica.

Gruppo di missionari del corso d’aggiornamento

Uno speciale saluto vogliamo riservare stamane al gruppo dei missionari che hanno frequentato qui in Roma un «Corso di aggiornamento per missionari in temporaneo rimpatrio».

Il Nostro animo si riempie sempre di tenerezza ogni volta che il Nostro apostolico ministero Ci offre l’occasione di incontrarCi coi cari missionari. Li consideriamo come i Nostri figli più generosi, i più vicini al Nostro cuore. Sì, se il Papa ha diritto di avere qualche predilezione, questa è in verità per i buoni operai del Vangelo, che nella maniera più piena hanno fatto propria la consegna dei seguaci del Signore: «Relictis omnibus, secuti sunt eum» (
Lc 5,11).

Voi siete venuti da diversi continenti, diletti figli, ma siete tutti animati da uno stesso zelo, e vi ha riuniti un identico scopo: dare un nuovo e più efficace impulso al lavoro missionario in quest’ora storica della Chiesa, che segue la celebrazione del Concilio Ecumenico. In realtà le profonde trasformazioni avvenute nei paesi di missione in questi ultimi tempi richiedono nei missionari una preparazione più adeguata, e una sapiente revisione nei metodi di lavoro. Perciò Ci rallegriamo volentieri con voi per il programma del vostro corso, e per l’impegno con cui vi siete applicati, mentre di cuore preghiamo il Signore di fecondare le vostre fatiche e i vostri propositi. In pegno dei divini favori, vi impartiamo la Nostra più affettuosa Apostolica Benedizione.

Pellegrinaggio delle diocesi, di Caserta e di Alife

Questa Udienza è onorata dalla presenza d’un numeroso Pellegrinaggio, quello di Caserta e di Alife, guidato da Mons, Vito Roberti, Arcivescovo-Vescovo di Caserta e Amministratore Apostolico di Alife. Sono con lui circa cento Sacerdoti, non che le Autorità civili della Provincia di Caserta e i Sindaci della Città e di molti Comuni. Per di più, con Nostro grande piacere, vi sono i giovani delle due Diocesi, quelli specialmente che hanno partecipato al Concorso «Veritas», ch’è un «test» molto significativo della serietà dei loro animi e dei loro studi e che merita sempre la Nostra lode ed il Nostro incoraggiamento; poi quelli d’un nuovo gruppo di Alife, intitolato «Bontà ed Azione», gruppo che già si distingue per una «Settimana Africana», in via di svolgimento in questi giorni, intesa a stabilire un «gemellaggio» fra l’antica Chiesa di Alife e quella d’origine missionaria, ma oggi ormai indigena, di Butwe nel Burundi. Salutiamo questa folta e bella schiera di visitatori, nella quale Ci piace ravvisare la tradizionale religiosità delle popolazioni delle due Diocesi, e nuova vitalità di fede e di attività che il degno Pastore, in tre anni d’intenso ministero, vi ha saputo imprimere.

Sappiamo qualche cosa delle sue fruttuose fatiche, alle quali si deve il rinnovamento del Seminario, l’istituzione d’un Pre-seminario, d’un Convitto Ecclesiastico Casertano a Roma, lo sviluppo e l’ordinamento dell’ufficio catechistico diocesano, l’assistenza al mondo del lavoro (godiamo di salutare quale segno di essa una rappresentanza, qui presente, dell’Associazione Europea dei Ferrovieri, che Caserta una sua fiorente Sezione); così Ci è noto quanto lo zelo del Pastore ha saputo fare per il restauro dell’antica e storica Cattedrale, insigne monumento del XII e XIII secolo, non che per quello della maestosa Cappella della Reggia Vanvitelliana di Caserta; e per tante altre opere e nuove Parrocchie ed istituzioni. A tutto questo accenniamo per dare alla fatica pastorale del venerato Arcivescovo un sincero plauso ed un particolare incoraggiamento, col quale vogliamo compiacerci con il Clero ed i fedeli tutti, esortandoli ad assecondare l’opera rinnovatrice, costruttrice ed organica della vita religiosa e morale sia di Caserta che di Alife; è l’opera indicata e promossa dal recente Concilio; è l’opera reclamata dai doveri che un Popolo cattolico ha verso le proprie secolari e gloriose tradizioni storiche, non certo sorpassate ed anacronistiche, ma degne e capaci di tradursi in nuove e viventi espressioni di fede interiore e di fede esteriore, comprovate le une e le altre da una sincera adesione alla Chiesa e da un’operosa carità sia privata che sociale. Questo rinnovamento della fede, auspicato dal recente «Anno della Fede», è il grande compito dell’ora presente; e Noi godiamo nel vedere come voi, cari Figli di Caserta e d’Alife, vi siate impegnati.

Possa la Nostra Benedizione confortare il venerato e zelante Pastore, sostenere la missione pastorale del Clero, ravvivare il fervore di tutta la popolazione e assicurare ad essa, come a tutte le Autorità, a tutte le Famiglie cristiane, alla Gioventù, alle categorie lavoratrici, a tutti i bisognosi ed ai sofferenti la confortatrice ed animatrice assistenza divina.

Agli Oratori dell’arcidiocesi di Milano

Un altro Pellegrinaggio trattiene in modo speciale la Nostra attenzione: è quello dei mille giovani e ragazzi degli Oratori milanesi, accompagnati dal venerato Vescovo ausiliare di Milano, Monsignor Ferdinando Maggioni, e guidati dal Prevosto di San Protaso, Antonio Bossi, Presidente della Federazione degli Oratori dell’Arcidiocesi Ambrosiana, e dal caro Don Lorenzo Longoni, Segretario della Sezione maschile della Federazione medesima, Nostri valentissimi collaboratori d’un tempo in quest’opera magnifica degli Oratori giovanili. Ci accorgiamo subito d’un’assenza, che Ci rattrista, e che insieme Ci riempie di pii ricordi e di cristiane speranze, quella del compianto Monsignor Luigi Pessina, Sacerdote degnissimo, che con animo sempre giovanile ha profuso tesori di bontà, di carità, di sapienza, di esperienza, fino alla sua tarda età, all’opera degli Oratori: lo ricordiamo per sentire vicino il suo esempio ed il suo spirito in questo momento, che Ci procura la gioia immensa d’incontrarci con questa Gioventù, alla quale Noi stessi abbiamo dato cure e cuore e diamo ancora ricordo ed amore.

Noi dobbiamo limitarci ad un brevissimo saluto; ma questo Ci obbliga a fare ancora una volta l’apologia dell’istituzione «Oratorio», che lungi dall’invecchiare con l’andare dei secoli e col mutare dei tempi si dimostra attualissima e provvidenziale non meno che ieri, tanto che la vorremmo estesa e riprodotta in ogni Parrocchia, dove l’assistenza e la formazione della Gioventù formano uno dei compiti principali dell’azione pastorale. L’Oratorio è l’espressione dell’amore della Chiesa, organizzata in comunità parrocchiali o in istituzioni educative, per i suoi figli più giovani e più degni e più bisognosi d’affetto e di pedagogico interessamento, opera indispensabile; l’Oratorio è l’istituzione complementare della famiglia e della scuola; l’Oratorio è una palestra di vita, dove la preghiera, l’istruzione religiosa e parascolastica, il giuoco, la ricreazione, l’amicizia, il senso della disciplina e del bene comune, la letizia ed il vigore morale si fondono insieme per fare del giovane un cristiano forte e cosciente, un cittadino solido e leale, un uomo buono e moderno. Non finiremmo più di fare l’elogio dell’Oratorio, quale il nostro Clero, tutto assorbito nel suo impegno pastorale, ha saputo oggi riformare e rinnovare; ma tutti sanno quale stima, quale fiducia Noi abbiamo di questa opera, che offre al tempo nostro non solo la memoria di San Carlo, di San Filippo, di San Giovanni Bosco e di tanti altri Santi educatori della Gioventù e del Popolo cristiano, ma la loro saggezza, il loro esempio e certamente la loro protezione.

A voi lo diciamo, cari figli degli Oratori milanesi; lo diciamo ai vostri compagni rimasti a casa, e a tutta la Gioventù, che Ci voglia ascoltare: amate il vostro Oratorio; fatelo «vostro» con la frequenza, con la rispondenza alle sue norme ed al suo spirito, con la riconoscenza del bene ch’esso vi fa. E grazie, Giovani carissimi, di questa vostra visita; grazie del dono che Ci portate (una «Campagnola», che servirà a chi nel bisogno potrà apprezzarne l’utilità); grazie soprattutto della fedeltà, che voi Ci attestate con codesta presenza, ai vostri rispettivi Oratori, alle vostre Parrocchie, alla vostra dilettissima Arcidiocesi Milanese, alla Chiesa, al Signore Gesù. È nel suo Nome che tutti di gran cuore vi benediciamo.

Personalità buddiste del Giappone

Dear Friends from Japan,

We are happy to welcome you once again to the Vatican. The purpose of your visit is to establish friendly relations with Christian groups in Europe, and We hope that these contacts have been most fruitful and consoling. Understanding one another is the foundation for peaceful relations; in this way fears and suspicions disappear, and respect and reverence grows. Rome is a city that speaks of religion in its monuments, past and present. We hope that your brief visit here to the center of Catholicity Will be a most profitable one.

We send Our greetings to your fellow citizens in Japan, and We pray God to bless your country with peace and prosperity.

Parlamentari del Vietnam del Sud (in francese)




Paolo VI Catechesi 11968