Paolo VI Catechesi 20872

Mercoledì, 2 agosto 1972

20872
Pensiamo che sia nel desiderio di tutti l’affermazione del senso morale. Ognuno sa se ve n’è bisogno. È una parola questa del «senso morale» collegata con un nodo di concetti e di questioni, che proprio perché fondamentali sono molto difficili, e sono di solito conosciute più per via d’innata intuizione, che per via di logica definizione. Che cosa è il senso morale? È un giudizio immediato, potremmo quasi dire istintivo tanto è primitivo nel nostro processo razionale, circa la bontà, o la malizia d’un’azione.

E quando un’azione è buona o cattiva? È buona quando è conforme ad un ordine, ad un bene oggettivo (ontologico), ad un ordine che nasce dall’essere, dalla natura delle cose; se difforme è cattiva.

E come sappiamo noi se esiste, o no, questa conformità? Lo sappiamo innanzi tutto da quell’atto spontaneo, ma riflesso, che la nostra mente compie su se stessa, e che si chiama coscienza. Parola questa estremamente importante ed assai ricca di significati e di contenuti. La coscienza, innanzi tutto, è l’uomo che pensa se stesso; è il pensiero del pensiero; è lo specchio interiore dell’esperienza, della vita; ed è ordinariamente psicologica: l’uomo si sente, si ricorda, si giudica, discorre di sé con se stesso, si conosce. Ed in questo quadro interiore un risalto speciale acquista l’avvertenza circa l’uso della propria libertà, sia che esso preceda o segua l’atto, in un certo senso, creativo della volontà personale, cioè circa la esplicazione responsabile dell’uomo pensante e libero; e questa avvertenza si chiama la coscienza morale.

Ed è quella che ora ci interessa.

Né più diremo sopra tema che meriterebbe un trattato senza fine.

Soltanto due note segnaleremo utili allo scopo che ora a noi preme, cioè quello d’invitare chi ci ascolta a risvegliare il senso morale che nella coscienza morale trova la sua espressione; e le note sono queste : la sua necessità e la sua insufficienza.

Dire necessaria la coscienza morale equivale dire essere necessario che l’uomo sia uomo. Essa risponde alla sua definizione: un uomo senza coscienza morale è come nave che manchi di timone. Cioè di guida. Manca della scienza dei veri valori della vita e della scienza dei suoi fini. I moralisti ce lo dicono dove insegnano che la bontà dell’azione umana dipende dall’oggetto in cui è impegnata e, oltre che dalle circostanze in cui è compiuta, dall’intenzione che la muove (Cfr. S. TH.
I-II 18,1-4); ora questa complessa specificazione dell’azione, se vuol essere umana, implica un giudizio soggettivo, immediato di coscienza, che poi si sviluppa nella virtù regolatrice dell’azione stessa, la prudenza. La coscienza cioè mette in gioco dell’uomo attivo la sua mente e la sua volontà, lo rende padrone dei suoi atti, lo libera dalla passività interiore, anche quando la costrizione esteriore non gli consente liberi movimenti esteriori.

Questo ritorno ad una propria coscienza morale è oggi tanto più auspicabile quanto più l’educazione moderna abilita l’uomo all’esercizio del pensiero e alla scelta autonoma delle proprie decisioni; ed anche quanto più la nostra psicologia è pervasa, spesso quasi senza che se ne avveda, da stimoli e da impressioni esteriori: l’ambiente, l’opinione pubblica, la moda, gli incentivi passionali, gli interessi economici, le innumerevoli distrazioni impediscono, in pratica, il ricorso alla propria coscienza; l’azione originale, personale è soverchiata da influssi d’ogni genere, per cui l’uomo vive alla cieca, quasi condizionato e guidato dal fenomenismo delle cose che lo circondano e dal meccanismo obbligante e convenzionale che lo travolge. Com’è, in fondo, difficile, all’uomo moderno dire: io; io a se stesso, nel foro intimo della propria personalità; e quanto è facile per lui concedersi ai fattori che lo fanno un insignificante numero nella massa anonima, priva spesso d’una vera coscienza morale comunitaria.

È nell’espressione della coscienza morale che l’uomo si affranca dalle tentazioni prodotte nel suo proprio essere vulnerato dalla disfunzione ereditata dal suo complesso organismo a causa d’un guasto atavico, il peccato originale; egli riacquista, se non altro, il concetto e il desiderio della propria perfezione. È da questa coscienza morale che sono superati gli interessi corruttori della sua dignità, sono vinti i timori che rendono l’animo vile ed inetto, sono nutriti i sentimenti che generano il galantuomo, l’onesto, anzi il forte. I grandi tipi del dramma umano, gli innocenti, gli eroi, i santi attingono da questa coscienza la loro energia. Pensate ad Antigone. E pensate a tante altre mirabili figure che grandeggiano nella storia e nella cronaca quotidiana, perché alimentate da una coscienza morale impavida, specialmente quando un sentimento religioso le dia il vigore che solo esso può dare; citiamo a caso, un S. Tommaso Moro (di cui è uscito in questi giorni un nuovo e fine profilo biografico di Giuseppe Petrilli - Cfr. p. 191 -), un S. Agostino, le due S. Teresa, e in genere i santi autobiografici, una Edith Stein, e per la letteratura, un passo famoso nell’Adelchi del Manzoni (Cfr. A. MANZONI, Adelchi, Atto V, II), ecc. ecc.

L’accenno al sentimento religioso ci porterebbe a studiare la coscienza morale nel confronto col Vangelo e con la tradizione che ne deriva. A cominciare dalla facilità con cui questo rapporto fra il mondo divino e l’anima nostra si stabilisce, quando appunto la coscienza morale cerca le ragioni e il termine della sua espressione nella direzione religiosa. Un filo, non più soltanto logico, stringe il rapporto, ma un filo vitale. Una rettitudine nuova cioè rende possibile fra l’anima e Dio un colloquio, una presenza. Nel linguaggio religioso la coscienza assume il nome di cuore, con tutto quello che di vivo, di personale, di profondo, e anche di sentimentale questo centro dell’anima può significare. Troppo vi sarebbe da dire, dalla scoperta della legge scritta da Dio nel cuore (Cfr. Gaudium et Spes GS 16), dalla psicanalisi delle debolezze umane, che hanno nel cuore la loro mala radice (Cfr. Mt 12,34 Mt 15,19), alla sapiente ricchezza che il cuore nasconde e rivela (Lc 6,45), alle esperienze ineffabili, che la voce del Signore, ripercossa nel cuore, apre ai discepoli ascoltatori (Cfr. Lc 24,22); ecc. ecc. Non per nulla la liturgia, all’inizio della S. Messa ci fa recitare il «Confiteor» e vi aggiunge una pausa di riflessione. È l’esame di coscienza. Pratica spirituale ed ascetica di somma importanza, che faremo bene tutti a tenere in onore: la coscienza è la lampada che illumina il nostro cammino, se vogliamo che questo sia percorso con dirittura e con energia, verso il vero e ultimo fine della nostra vita ch’è Dio.

Ma qui è da aggiungere, per terminare, l’altra nota, che qui a noi preme rilevare in ordine alla coscienza; la sua insufficienza, dicevamo. Da sola la coscienza non basta. Anche se essa porta in se stessa i precetti fondamentali della legge naturale (Cfr. Rm 2,2-16). Occorre appunto la legge: e quella che la coscienza offre da sé alla guida della vita umana non basta; dev’essere educata e spiegata; dev’essere integrata con la legge esterna, sia nell’ordinamento civile - chi non lo sa? - e sia nell’ordinamento cristiano - anche questo: chi non lo sa? -. La «via» cristiana non ci sarebbe nota, con verità e con autorità, se non ci fosse annunciata dal messaggio della Parola esteriore, del Vangelo e della Chiesa. Chi pensa di emanciparsi dalla legge e dall’autorità legittime avrebbe un senso morale muto sopra molti precetti incomodi e principali e, per un cristiano, fondamentali come la carità e il sacrificio; e finirebbe per perdere un esatto giudizio morale, e per concedere a se stesso quella moralità elastica e permissiva che oggi purtroppo sembra prevalere. Se ne dovrà riparlare (Cfr. Discorso di Pio XII, AAS 44, 1952, PP 270-278). Per oggi ci basti riconoscere alla coscienza retta e vera il posto che le è dovuto nell’esercizio della vita morale: il primo. Con la nostra Benedizione Apostolica.

Il Movimento dei Focolari

Dobbiamo esprimere la nostra gratitudine, la nostra compiacenza e il nostro incoraggiamento ai cinquecento sacerdoti, aderenti al Movimento dei Focolari, venuti da tutta l’Europa per partecipare a uno dei loro Convegni annuali di studio e di preghiera.

Ci fa tanto piacere apprendere che, in spirito di fraternità vicendevole, vi scambiate le vostre esperienze pastorali, vi impegnate a vivere a fondo la vocazione di «ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio» (1Co 4,1), nella configurazione sempre più stretta al Divino Salvatore, e nell’adesione libera e gioiosa a Lui, a cui avete offerto totalmente le vostre persone, la vostra disponibilità, i vostri talenti, la vita intera. È questo l’ideale del sacerdozio, che è stato vissuto nei secoli, e autorevolmente ribadito in questi tempi dal magistero ecclesiastico in documenti che ben vi sono noti: ed è ideale di apostolato, di servizio alla Chiesa e alle anime, di testimonianza evangelica autentica e trascinatrice. Il sacerdote è «sale e luce» (Cfr. Mt 5,13-14). Con che cosa si salerà, se diventa insipido? e se la luce si nasconde o si offusca, dove e da chi la troverà il mondo? È la responsabilità enorme che incombe, specialmente oggi, ai sacerdoti, ai quali la Chiesa affida quanto ha di più prezioso, affinché ne siano i dispensatori e i tramiti presso i loro fratelli.

Lode a voi, che volete rendervi ognor più atti agli impegni del vostro ministero, e volete viverlo nella intimità di amore e di sofferenza con Cristo Crocifisso, e nel vincolo tonificante dell’amicizia sacerdotale. Vi auguriamo di tornare ai vostri posti di lavoro apostolico con rinnovato zelo di dedizione; e, mentre vi assicuriamo la nostra preghiera, di cuore impartiamo a voi e a quanti rivolgono le vostre sollecitudini, la Benedizione che attendete, e che di gran cuore impartiamo in Nomine Domini.

I Figli del Sacro Cuore

Con particolare compiacimento diamo il nostro affettuoso benvenuto ai membri della Direzione Generale e ai Superiori Provinciali dei Figli del S. Cuore, provenienti da ogni parte del mondo, e riuniti in Roma per trattare, in assemblea straordinaria, questioni attinenti alle attività della Congregazione e delle Missioni ad essa affidate.

La vostra presenza, carissimi figli, è per noi occasione propizia per riaprire un discorso, mai peraltro interrotto anche dai nostri predecessori, circa l’importanza delle Missioni e specialmente di quelle africane, per le quali è sorta la vostra Istituzione, voluta dal Fondatore Monsignor Comboni.

Il nostro apostolico ministero, per divino mandato, si rivolge con paterna ed eguale sollecitudine a tutti, indistintamente, i popoli della terra: e appunto per questo apprezziamo il vostro apostolato che, in adesione al nostro appello alla fraterna solidarietà di tutto il genere umano, venite compiendo pur tra molte difficoltà, in favore di generose popolazioni.

Mentre ci congratuliamo per codesta tanto meritoria attività in terra d’Africa, noi formiamo l’auspicio che l’incontro romano contribuisca a ritemprare lo spirito missionario di tutti i membri della Congregazione, rendendoli sempre più consapevoli della dignità dell’azione evangelizzatrice, in modo che si sentano maggiormente solidali verso i fratelli in attesa, offrendo ad essi, con dedizione, l’esempio di una carità senza limiti, d’una collaborazione senza alcuna contropartita che non sia l’amore spinto alle ultime conseguenze.

Auspicio di tali nostri voti e pegno della nostra benevolenza è la propiziatrice Benedizione, che di cuore vi impartiamo e volentieri estendiamo all’intera Famiglia religiosa.

L’Istituto Internazionale di Scienze dell’Educazione

Ed ora una parola di saluto e di augurio alle alunne dell’Istituto Internazionale di Scienze dell’Educazione, le quali, provenienti da ogni parte del mondo, compiono qui a Castel Gandolfo un corso per il conseguimento della laurea in pedagogia.

Vi accogliamo con paterna benevolenza, come facciamo ogni anno, lieti di sapere che qui, non lontano dalla nostra casa, un gruppo qualificato di persone attendono ad un serio tirocinio per prepararsi ad una nobile missione, qual è quella della conoscenza scientifica ed approfondita della pedagogia, cioè dell’arte dell’educazione. Arte difficile, arte delicata, arte sublime: che ha attirato l’ammirazione dei saggi di ogni età, fin dai tempi pre-cristiani, i quali l’hanno paragonata all’arte dello scultore, che plasma la duttile materia per trarne il capolavoro. Voi vi arricchite delle nozioni necessarie per svolgerla bene, quest’arte: e questo ci dice che avete preso molto sul serio le raccomandazioni del Concilio Vaticano II agli insegnanti, affinché siano «forniti della scienza sia profana sia religiosa, attestata dai relativi titoli di studio, e ampiamente esperti nell’arte pedagogica, aggiornata con le scoperte del progresso contemporaneo» (Gravissimum educationis GE 8).

Di qui il nostro augurio: che quanto state apprendendo formi in voi quella maturità di mente, quella forza di carattere, quella ricchezza di doti, necessarie per fornire agli alunni la vera educazione, che tende interamente alla formazione della loro personalità umana e cristiana, in vista del fine ultimo e per il bene della società (Cfr. Ibid. GE 1), ove dovranno collaborare per l’elevazione dei fratelli e per la diffusione del Regno di Dio.

A tanto vi conforti la nostra Benedizione Apostolica.

Le Suore Marianiste

Nous accueillons avec une joie particulière les Soeurs Marianistes, groupées autour de leur nouvelle Supérieure générale. Puisque vous êtes actuellement réunies en chapitre, chères Filles, Nous demandons à l’Esprit-Saint de vous aider à accroître toujours davantage la vitalité religieuse de votre congrégation, dans le sillage de la Vierge Marie, qui, aujourd’hui camme hier, conduit les hommes vers son Fils le Christ Jésus. Soyez dociles au Seigneur et à son Eglise, remplissez avec amour vos fonctions apostoliques, surtout votre rôle d’enseignantes, en apprenant aux jeunes les vraies valeurs de la vie. C’est une lourde tâche, mais nos vceux vous accompagnent et Nous vous bénissons de tout coeur.

Sacerdoti e laici di Colonia

Herzlich willkommen zu dieser Audienz heißen Wir eine Gruppe von Priestern, Ordensleuten und Laien, die sich aus den Diözesen von Köln, Augsburg und Salzburg zu einer Tagung der Besinnung und nachkonziliären religiösen Erneuerung im Internationalen Zentrum Pius XII. (des Zwölften) in Rocca di Papa zusammengefunden haben. Die heutige persönliche Begegnung mit dem Nachfolger des heiligen Petrus möge Sie in Ihrem Einsatz für die Verwirklichung des Zweiten Vatikanischen Konzils und die von ihm geforderten Erneuerung der Kirche besonders ermutigen und bestärken. Wir begleiten Ihre Tagung mit Unseren besten Wünschen und erteilen Ihnen für ein fruchtbares, aus dem Geist des Konzils erneuertes Apostolat in Ihren Heimatdiözesen Unseren Apostolischen Segen.

Ragazze Messicane

Saludamos con paterno afecto y damos la bienvenida a dos grupos de jóvenes mexicanas de quince años, que han querido visitarnos.

En pasadas Audiencias hemos recibido a otras jóvenes de vuestra querida Nación. Como a ellas, tarnbién a vosotras os exhortamos, amadísimas hijas, a seguir viviendo con ilusión y entrega los ideales cristianos. Brille siempre en vosotras la alegría y el gozo de saber que el Espíritu de Cristo habita en vuestras almas.

A vosotras, a vuestras familias y a toda la juventud mexicana impartimos de corazón la Bendición Apostólica.


Mercoledì, 9 agosto 1972

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Nostro desiderio adesso è quello di avvalorare quel senso del bene, quella rettitudine nell’agire, quel carattere personale che chiamiamo virtù, onestà, bontà. Gli uomini d’oggi sono enormemente soverchiati da influssi esteriori, che impressionano il loro giudizio non più teso verso la verità per se stessa, e che distraggono il loro volere, così che «imagini di ben seguendo false» (Cfr. DANTE, Purg. 30, 131) perdono il giusto criterio dell’agire umano. Bisogna risvegliare la coscienza morale, se vogliamo essere, anzi crescere uomini, e tanto più cristiani, nella turbinosa affluenza di stimoli, di opinioni, di pericoli, di valori, della quale l’età nostra ci circonda e quasi ci soffoca. Ritorniamo al problema morale: di tanto si è uomini di quanto siamo capaci a porre al vertice della nostra esistenza la guida morale.


RISVEGLIARE LA COSCIENZA MORALE

Un’analisi, qui molto elementare, s’impone. Soggettiva, per ora.

Quali sono i coefficienti della moralità. Possiamo classificarli sotto tre parole usatissime: dovere, potere, volere.

Può dirsi buono, cioè uomo perfetto, colui che manca al proprio dovere? La risposta è unanime: no. Ma la questione non è finita. Esiste un dovere? Quello della norma esteriore, quando questa è legittima, è chiaro: è dovere d’ogni membro del corpo sociale obbedire alla norma stabilita; il buon cittadino è l’uomo fedele alla legge. Ed ecco subito insorgere una serie di incalzanti questioni: è legittima la norma stabilita? È legittima l’autorità che la promulga e l’impone? Comincia la confusione. Non siamo educati allo spirito rivoluzionario? Quanta apologia è fatta oggi della rivoluzione, come ideale, come sistema, come fonte di diritto, anzi di giustizia, perché la massa, diciamo meglio, il popolo, i maestri e le guide della società non si lascino convincere, autoconvincere, che la rivoluzione, per se stessa, è dovere, origine poi d’obbligazione morale? E questa obbligazione sarà storicamente momentanea, o sarà progressiva? Se progressiva: dove sarà la società, la convivenza, la civiltà? Non stiamo abusando di questa esplosiva parola «rivoluzione» per farne un mito disastroso, o almeno tormentoso? E poi: ogni rivoluzione non rivendica a sé l’arbitrio assoluto, il diritto indiscutibile di convertirsi in dominio dispotico e oppressore appena essa abbia prevalso e disfatto i propri oppositori? Quale regime è più rigorosamente conservatore di quello rivoluzionario?

Ovvero sotto questa anarchica parola di «rivoluzione» non si è ora, in molte parti e in molti cervelli, rifugiata un’altra parola, una ben diversa concezione, quella della riforma, che scaturisce da un’energia non sovversiva, ma rispettosa del bene comune e creatrice di rinnovamento provvido e doveroso? Come vedete, il tema è ampio e si presta a molte riflessioni (Cfr. S. TH.
II-II 42,0; TAPARELLI, Diss.c. IV, V; I. Leclercq . . . Locke, Rousseau, Sorel, Marcuse, etc.).


L'ESISTENZA OBIETTIVA DEL DOVERE

E intanto ritorna assillante la domanda primitiva: esiste un dovere, indipendentemente dagli obblighi derivanti dalla legislazione sociale? Sì, esiste; e sorge interiormente; è una voce della coscienza; la sentiamo tutti, per poco che l’ascoltiamo, e che dice: tu devi! tu non devi! È uno dei temi più frequenti e più nobili nella storia del pensiero. Celebri maestri ne parlarono con tale autorità che ancora dobbiamo ricordarli: ne parlò Socrate (Cfr. Critone), Platone, gli Stoici specialmente, Cicerone (De Legibus, De Officiis. 5), S. Ambrogio (De Officiis Ministrorum.), Rosmini, ecc. Kant vi stabilì il primato della ragione pratica col suo imperativo categorico . . . ma codesta è un impulso soltanto immanente, nella nostra struttura psicologica, o deriva da un principio superiore, da una volontà trascendente, che si ripercuote dentro di noi e interpreta e guida il nostro essere in conformità ad un pensiero divino? Che ci vuole come Lui, Dio, ci ha pensati e ci vuole che siamo per realizzare, al tempo stesso la nostra vera natura, libera e progrediente, orientata alla pienezza nostra e all’incontro col suo disegno sapiente e amoroso? Così è. Nel Decalogo. Nel Vangelo. Nella nostra scuola teologica e filosofica. Il dovere è la volontà del Padre, la quale proclamiamo come nostra ogni volta che recitiamo la preghiera insegnataci da Gesù: «Sia fatta la tua volontà, come in cielo», nell’ordine cosmico e nel regno dei beati, «così in terra», da noi piccole creature, tuoi servi, anzi tuoi figli! Qui dovere ed amore s’incontrano e si spiegano l’un l’altro, e accendono una scintilla, che illumina la vita presente e futura.


DOVERE E LIBERTÀ

Il dovere. Parola che spesso, a torto, noi qualifichiamo come antipatica ed ostile: è la legge, la deontologia della vita. Ma ecco una nuova questione: non è il dovere contrario alla libertà? V’è chi, superficialmente, lo crede. E ai nostri giorni un liberalismo filosofico, altrettanto autorevole quanto insufficiente ce lo ha predicato: merito del pensiero moderno (idealista, specialmente) (Crf. Croce) sarebbe quello d’aver approfondito il concetto di libertà in opposizione a quello di dovere, con quali conseguenze ideologiche, pedagogiche, morali e sociali è facile intuire.


RESPONSABILITÀ

Noi, alunni di Cristo e della Chiesa, oh sì! Saremo i difensori della genuina libertà dello spirito umano, e perciò degli ordinamenti sociali che ne derivano; ma simultaneamente, e non contro ma in omaggio alla vera libertà, saremo i difensori del dovere, di questa interiore necessità accettata e voluta, che svela a noi stessi la nostra vocazione umana, e che ci solleva al livello morale. L’uomo non è solo diritto, è anche dovere, specialmente nelle sue sovrane applicazioni, che oggi si preferisce chiamare responsabilità. Responsabilità, sì, sta bene, di fronte alla propria coscienza, se questa vuol essere logica, coerente, umana; di fronte alla società, e di fronte specialmente a Chi tale ha plasmato la nostra coscienza, responsabile alla fine e soprattutto dinanzi a Lui, qui videt in abscondito, che ci vede nel profondo (Cfr. Mt 5,4, etc.; Pr 17,3; etc.). Per noi il fare il bene è un impegno (altra parola, che oggi rimette in onore quella taciuta di dovere); dire la verità è impegno, dovere sempre; mantenere le promesse è impegno, è dovere, è responsabilità; pacta sunt servanda, pietra fondamentale del diritto internazionale; i voti, sono impegni sacri, che non mai si devono violare o, per sé, non mai smentire e ritrattare; il bene del prossimo, quello di amarlo e di amarci com’Egli, Cristo, ci ha amati, è il grande e «nuovo mandato», il dovere testamentario da Lui lasciatoci, che ci autorizza a farci riconoscere e ad essere effettivamente cristiani (Cfr. Jn 13,35). Non nascondere, non fuggire, non eludere il nostro dovere, ma amarlo, ma compierlo con vigore, con amore. Questo per tutti noi, con la nostra Benedizione Apostolica.


Ucraini residenti in Gran Bretagna e «Pueri cantores»

We are pleased to welcome a group of Ukrainian pilgrims who have come to visit us from Great Britain and from Belgium. Your visit prompts us once again to assure you of our prayers and of our constant affection for you and for your beloved brethren all over the World. While we pray that your visit to Rome will be most pleasant, we ask God to bless you all in a special way.

It gives us particular pleasure to greet the members of the Italian Arts Seminar who have come from Japan for the purpose of study and research in the arts. An appreciation of and a sensitivity to beauty are a blessing indeed. We trust that you have been pleased and inspired by the beauty which you have found in this part of God’s world.

Once again we are pleased to welcome a group of students from the University of Nanzan in Japan. We wish to assure you of the special joy we have in receiving visits from young people. We hope that you will always maintain high ideals and the enthusiasm to work hard to achieve them. We ask Almighty God to grant you his guidance, his assistance and his protection always.

We are also happy to have with us a choral group from Frankford High School in Philadelphia. You have chosen to call yourselves the "Ambassadors of Song". We pray that the example of your lives and the joy of your singing may indeed serve to bring men together in mutual respect and peaceful brotherhood.

Another choral group has come to visit us, the “Pueri Cantores” from Westminster Cathedral in London. Yours is the privilege of raising your voices in song to praise God and proclaim his glory. There are times when the beauty of God and sentiments of man’s soul can best be expressed only in song. We biess and encourage you and we hope that your visit will bring you much happiness.

Pellegrini del Vietnam

Nous Nous Tournons maintenant, avec une particulière affection, vers nos chers Fils et Filles qui sont Venus du Viêtnam. Nous vous disons notre joie de pouvoir vous accueillir ici et de saluer, en vos personnes, tous les chrétiens de votre cher pays. Vous savez combien il est présent à notre coeur, quelle place, aussi, il tient dans nos prières. Puissiez-vous trouver, dans votre pèlerinage aux tombeaux des saints apôtres Pierre et Paul, un réconfort pour votre foi, un renouveau de votre espérance, l’accroissement, enfin, de votre amour envers le Seigneur. A tous et à toutes, Nous accordons de grand coeur notre paternelle Bénédiction Apostolique.

Giovanette messicane

Con paternal afecto nos complacemos en dirigir nuestro especial saludo a vosotras, jóvenes mexicanas, que al cumplir quince años habéis querido testimoniar vuestra fe cristiana haciéndonos esta visita.

Os exhortamos a que ella quede siempre en vuestra existencia como un recuerdo imborrable y sea un estímulo para vivir cada vez con mayor entusiasmo los principios cristianos, que han de animar cada uno de vuestros actos.

A vosotras, a vuestros familiares que os acompañan y a toda la juventud mexicana impartimos de corazón la Bendición Apostólica.



Mercoledì, 16 agosto 1972

16872
In questo breve ed elementare colloquio della nostra Udienza Generale noi presentiamo di solito un tema importante, ma in termini così semplici che ci riconducono alla scuola evangelica, la quale riserva ai piccoli la rivelazione delle grandi verità del regno di Dio. Così oggi, ad esempio, noi parleremo della libertà. Sappiamo bene che è parola comunissima, oggi in grande fortuna. Tutti ne fanno bandiera per sé; tutti hanno qualche rivendicazione da fare in nome della libertà. E questo già dice che è parola controversa; difficile cioè, sia nel significato che le si vuole attribuire, sia nell’uso pratico e pubblico che se ne vuole fare. A noi preme vedere inserita questa parola «libertà» nell’ordinamento morale della vita umana, ordinamento che vediamo minacciato e sconvolto nella presente trasformazione culturale e sociale, proprio in forza di questa stessa parola «libertà».

Potrà perfino sembrare una pedanteria superflua la nostra, quando presentiamo alla riflessione moderna una vecchia domanda: esiste la libertà? Entriamo così nel campo psicologico, come si faceva una volta, per chiederci se l’uomo sia libero, o no. Un tempo, che non è del tutto finito, nelle nostre scuole dominava il determinismo, che trasferiva il rapporto di rigorosa necessità, che presiede allo svolgimento dei fenomeni fisici, anche allo svolgimento dei fenomeni dell’agire umano. L’uomo, secondo questa teoria a sfondo materialista (che noi ora consideriamo nella sua più larga accezione), crede di essere libero, perché ignora il meccanismo delle cause, che lo hanno indotto ad agire in una data maniera. E nessuno nega che l’azione umana sia soggetta ad una assai complessa rete di motivi, esteriori ed interiori, che influiscono sulla sua determinazione. Quando si fa l’elenco di questi motivi si vede che sono così incontestabili e così numerosi da costituire una specie di gabbia, che non consente alla volontà umana di muoversi come vuole, ma quasi a sua insaputa la obbliga a decidere meccanicamente in una data maniera, o non in un’altra. Ammettiamo l’esistenza e l’importanza dei motivi che sollecitano la volontà a orientarsi in un senso determinante, e che il loro effetto possa assimilarsi ad un risultato meccanico. Rimane nell’uomo un margine, un largo margine, il suo vero Io, d’indeterminatezza, che lui solo risolve in una sua autonoma decisione. Rimane insomma la sua libertà. Per ristretta, insidiata, illusa che sia, la libertà psicologica e morale dell’uomo rimane. Ora è difficile trovare chi, come un tempo, radicalmente lo neghi.

E per esiguo che sia questo residuo di possibile autodeterminazione, esso è il segno della originalità dell’uomo, della sua essenziale regalità. L’uomo è arbitro di se stesso. L’uomo, anche per questo, riflette in sé l’immagine divina; egli è principio, è causa. Causa del suo agire, Libero è colui che è causa di se stesso. Padrone e responsabile delle sue azioni (Cfr. S. TH. Metaph. 11, 9; Contra Gentes, 11, 48). Il discorso si farebbe lungo, e salirebbe come inno celebrante l’antropologia cristiana.

Una sola osservazione aggiungeremo qui, quella che riguarda il rapporto fra l’intelletto e la volontà nell’azione. L’intelletto non è libero; esso è obbligato dalla verità; ora, non è l’intelletto che guida la volontà? Ma poi, non è la verità che ci fa liberi, come dice il Vangelo? (Cfr.
Jn 8,32) Non è perciò la volontà, al tempo stesso, liberata e vincolata dal pensiero? Sì; ma bisogna fare attenzione alla diversità dell’influsso che reciprocamente esercitano nel loro stupendo gioco psicologico l’intelletto sulla volontà, e la volontà sull’intelletto. L’intelletto presenta alla volontà, senza obbligarla, il bene, l’oggetto, a cui essa dovrebbe rivolgersi; importantissima fase della vita morale; fase didattica e pedagogica: ragionare bene (Cfr. Pascal) cioè chiarire le idee, e offrire alla volontà l’argomento razionale per la sua decisione; ma non è fase decisiva, perché non obbligante; e la volontà, a sua volta, muove l’intelletto all’esercizio del pensiero, a tale, o tale altro studio; e in questo senso possiamo parlare di «libertà di pensiero» (Cfr. S. TH. I 79,11; e I-II 9,1; cfr. SERTILLANGES, La Phil. mor. de St. Th., p. 5).

E questo per concludere alla basilare verità: che noi possiamo agire. Siamo liberi. Liberi per fare il bene, si capisce; ma - ahimé! - liberi e capaci anche di non fare il bene. È drammatico, ma è così. «La libertà dell’arbitrio consiste nel potere peccare o nel non peccare», ci insegna, riassumendo tutta la umana esperienza dopo S. Agostino (PL 44, 917), S. Anselmo (Cfr. Dialogus de libero arbitrio, PL 158, 489). E se vogliamo rispettare l’uomo nella sua integrità, dovremo sì, educarlo ad agire bene, logicamente, con senso di responsabilità, con capacità di autogoverno, e anche con l’aiuto esteriore della legge e dell’autorità, senza il quale ogni persona umana sarebbe esposta a pericoli d’ogni genere e la società all’anarchia (Cfr. Rm 13,4); ma non dovremo privarlo della sua intima, legittima, intangibile libertà. Il gioco è estremamente rischioso; ma questa è la sorte dell’uomo, della società, della storia. L’ordine verrà alla fine (Cfr. Mt 13,29).

Questo diciamo per ricordare come sia, anzi debba essere a disposizione della vita morale soggettiva, oltre il primo coefficiente, ch’è il dovere, anche il secondo, ch’è il potere, cioè l’immunità da vera coazione, sia interna che esterna, non solo nel suo aspetto individuale, di libertà indifferente, o rivolta all’immenso campo del lecito, ma anche nel suo aspetto sociale, di esigenza dell’altrui rispetto, quando la libertà assume il nome e la forza di diritto, cioè di facoltà morale inviolabile. L’uomo moderno è assai attento a questo volto della libertà, che assurge a diritto, vincolando la comunità e tessendo in essa una rete di rapporti, che denotano il livello di perfezione a cui la società è rivolta. Perfezione che chiamiamo giustizia sociale. Civiltà! Il tema meriterebbe da sé ampia lezione. Ce ne ha parlato recentemente il Sinodo dei Vescovi, il testo del quale è aperto allo studio e all’attuazione dei volenterosi. A noi basti ora rilevare il nesso fra libertà e diritto, e dare alla conoscenza e al rispetto dei famosi «diritti dell’uomo», internazionalmente riconosciuti, la stima ch’essi meritano, augurando che essi possano essere integrati con i perfezionamenti tuttora desiderabili, tra cui quello dovuto al diritto alla vera libertà religiosa.


LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

Come pure il tema porterebbe a parlare d’un altro tema, di cui oggi tanto si parla, quello della teologia della liberazione dell’uomo. Liberazione da che cosa? Da tutti i suoi mali, ricordando sempre il più grave e fatale, il peccato, con tutta la disciplina religiosa e morale relativa a questa liberazione; e poi la liberazione dai molti mali, e dolori e bisogni immensi da cui è afflitta una grande parte dell’umanità per tante cause sofferente, per la povertà specialmente e per le sue misere e deplorevoli condizioni sociali. Siamo d’accordo. E quanto la Chiesa, nell’ambito suo, sta facendo per rendere operante questa teologia, ch’è quella sempre nuova e sempre viva della carità! Ma poi, talora questa teologia diventa discutibile sia nell’analisi e nell’accusa categorica delle cause, sia nella impulsiva proposta dei rimedi, che potrebbero dimostrarsi inadeguati e fors’anche nocivi allo scopo; e per noi rasenta metodi e campi estranei alla nostra competenza. È tema grave e delicato. Preferiamo non parlarne in questa sede. Solo vi abbiamo accennato per mostrare che non vi siamo insensibili. E che parlando qui di libertà cristiana, come fattore di rinnovamento morale, facciamo voti per tutti i nostri figli che ne abbiano una concezione esatta e ne godano i benefici. Con la nostra Apostolica Benedizione.


Piccolo clero di Malta

Ecco vicini a noi, anche quest’anno, i quaranta ragazzi del piccolo clero dell’arcidiocesi di Malta, che prestano con tanto sacrificio e con altrettanto onore il loro servizio nella Basilica Vaticana, per circa due mesi durante l’estate. Come dirvi il nostro ringraziamento, carissimi, per la coscienza ecclesiale che dimostrate, sia preparandovi a lungo a tale incarico, sia eseguendone gli impegni con esemplare contegno e conoscenza della liturgia? Con la vostra presenza e col vostro esempio voi dimostrate di aver compreso una grande lezione del Concilio Vaticano II: che cioè «la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori al ‘mistero di fede (della Eucaristia) ma che, comprendendolo bene per mezzo dei riti e delle preghiere, partecipino all’azione sacra coscientemente, piamente e attivamente, siano istruiti della parola di Dio, si nutrano alla mensa del Corpo del Signore, rendano grazie a Dio, offrendo l’ostia immacolata, non soltanto per le mani del sacerdote, ma, insieme con lui, imparino a offrire se stessi» (Sacrosanctum Concilium SC 48). Questo impegno voi lo vivrete sempre, vero? Qui a Roma, presso la Tomba di San Pietro, e poi nella vostra cara patria, facendovi apostoli tra i vostri coetanei e aumentando ogni giorno nella conoscenza e nell’amore di Gesù! Nel suo nome vi impartiamo la Benedizione Apostolica, che di cuore estendiamo ai vostri genitori e ai vostri sacerdoti: e la fascia rossa, che benediciamo, vi ricordi per tutta la vita questa singolare esperienza romana, il bene che ne ricavate, e l’affetto che il Papa ha per voi.

Ex-allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice

Volentieri accogliamo le delegate internazionali del Movimento Ex-Allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che hanno partecipato a Torino al loro secondo Congresso Mondiale, per il centenario della Congregazione delle Suore di Don Bosco e di S. Maria Mazzarello. Ricordiamo il fervore dell’udienza, da noi dedicata alle benemerite religiose, in occasione di queste celebrazioni: e ora siamo assai lieti di vedere in voi la testimonianza vivente del loro apostolato.

Voi, infatti, avete ricevuto la formazione intellettuale, spirituale e morale nelle varie scuole della Congregazione: avete modellato le vostre anime sull’esempio della Vergine Santissima, preparandovi alla vita in un’atmosfera di serietà, di serenità, di gioia. Ora ne raccogliete i frutti e vi rendete conto con crescente intimo gaudio del bene ricevuto.

Facciamo voti che questo impegno, ravvivato dagli incontri fraterni del Centenario, perduri sempre in voi, con l’entusiasmo dei primi anni, pur maturato dall’esperienza quotidiana; auspichiamo di cuore che, nelle varie vie della vita, che vi sono state dischiuse dalla mano misteriosa e buona della Provvidenza, nella famiglia, nella professione, nel lavoro, voi vi studiate di mantenervi sempre fedeli agli ideali cristiani, e di farvene apostole convinte e trascinatrici, per l’edificazione di un mondo più giusto e più sano, secondo le consegne affidate dal Concilio ai laici come fermento della società per la sua animazione cristiana.

Vi accompagni nei vostri propositi la Vergine Santissima, «Auxilium Christianorum», e ottenga per ciascuna di voi dal Signore ogni più eletta grazia per l’adempimento coerente e generoso del vostro dovere. A tanto vi conforta la nostra Benedizione Apostolica.

Con paternal afecto nos complacemos en dirigir un particular saludo a vosotras, amadísimas hijas, ex-alumnas del lnstituto «María Auxiliadora» de Tegucigalpa.

Os agradecemos vivamente esta visita, formulando los mejores votos para que esta peregrinación a Roma fortalezca vuestra fe y os anime a vivir cada día con major fidelidad los ideales cristianos.

A vosotras, a vuestras familias y a todos nuestros queridos hijos de Honduras impartimos de corazón, en prueba de benevolencia, nuestra paterna Bendición Apostólica.

Suore di Sant’Anna

Accogliamo con paterno compiacimento le Suore di Sant’Anna, partecipanti al Capitolo Generale che si sta svolgendo in questi giorni e venute a questa Udienza insieme con la nuova Superiora e Curia generalizia.

Prendiamo l’occasione per ricambiarvi il gentile pensiero, esprimendovi la nostra riconoscenza per il vostro generoso servizio, reso in un clima di umiltà e di silenzio nel campo tanto delicato dell’assistenza e della formazione morale e culturale della fanciullezza, specialmente di quella più bisognosa.

Nella preghiera e nella riflessione delle presenti riunioni romane, accogliendo i voti del Concilio e in applicazione alle successive indicazioni della Sede Apostolica, voi attendete alla redazione organica delle Norme, che dovranno essere di guida nel prossimo avvenire alla vostra Famiglia, in rispondenza alle odierne esigenze.

Nel riconfermarvi la nostra fiducia, vi esortiamo a tener presenti le attese di quelle che più specificamente sono l’oggetto delle vostre cure: le giovani generazioni; esse vi chiedono, con la testimonianza della vostra vita esemplarmente religiosa, un aiuto sempre più qualificato; un sostegno autorevole, che ad esse, inquiete nella ricerca di una vera autenticità di esistenza, riproponga le verità del Vangelo: la dignità della persona umana, creata da Dio e resa partecipe della vita soprannaturale col dono inestimabile della grazia che fa simili a lui.

Vi sostenga nella vostra fatica il sapere che il Papa prega per voi, e vi conforta con la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Gruppi di lingua inglese

We are pleased to welcome a group from the Diocese of Saint Nicholas in Chicago. We are happy that you have come to visit us as you return from your pilgrimage to the Holy Land. Certainly to be in the places where our Lord lived, taught and died can be a source of great inspiration and joy. We hope that you will always find this inspiration and joy as you look back upon your travels and that you will know and love our Lord with ever greater fervor and understanding. We assure you of our prayers that Jesus Christ may grant you his peace and protection always.

We are happy to welcome once again a group of students from the University of Nanzan in Japan. We hope that your visit to Rome will be a fruitful one. This city has a long history and its monuments witness to many noble deeds done by men and women of faith and high ideals. We hope that you will depart from Rome with a deeper awareness of this history. While we assure you of our prayers we invoke upon you and your families abundant joy and peace from God.

We extend cordial greetings to the Millennium Polish Youth Club, which has undertaken a «Religious Course for Youth». We wish to encourage you in this effort, for everyone seeks ideas to guide one’s life. As you realize, there can be no truer source of authentic ideas than religion. And it is the Church which proclaims the fulness of truth, because she preaches Jesus Christ himself, the very Word of God.

We pray that you will be faithful always to the message which you have heard, because it will most certainly bring you the joy and peace which mankind seeks so much.

We greet also a group of young Lithuanians from Cleveland. You have given yourselves with enthusiasm to learning the dances of your people. We hope that you will maintain this enthusiasm in all that you do. We pray that God will give you his guidance and assistance always.

We cordially impart to all of you our Apostolic Blessing.

Mercoledì, 23 agosto 1972


Paolo VI Catechesi 20872