Paolo VI Catechesi 23872

Mercoledì, 23 agosto 1972

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Per essere buoni, per essere giusti, per essere santi bisogna volerlo essere. Per dare alla propria statura morale di uomini e di cristiani la sua perfetta misura non basta crescere passivamente negli anni e assimilare la formazione data dall’ambiente in cui si vive; bisogna imprimere volontariamente alla propria personalità una spinta interiore e dare un carattere specifico al proprio temperamento; non basta compiere a qualche maniera remissivamente, il dovere che non si può evitare; come non basta difendere la propria libertà di pensare e di agire come meglio piace contro eventuali ingerenze indebite o sopraffazioni esteriori; la libertà non deve rimanere neghittosa e passiva, ma deve compiere le sue scelte coscienti e impegnarvi la volontà. Fattore essenziale e decisivo della vita morale, cioè della vita veramente umana, è la volontà.


LA VERA FORZA DELL'UOMO

Questa facoltà di operare primeggia nel regno del bene; è la vera forza dell’uomo, mediante la quale egli tende alla propria affermazione, alla propria espansione, alla conquista di ciò che gli manca, al proprio fine, alla propria felicità. È la facoltà per eccellenza dell’amore, che nell’uomo, da istintivo, sensibile, passionale si fa spirituale; e, se rivolto al suo vero e sommo oggetto, ch’è il Bene infinito e realissimo, cioè Dio, riassume ed esaurisce il compimento d’ogni dovere, subito trovando nell’amore del prossimo la sua espressione propedeutica e succedanea, concreta e sociale e, sotto certi aspetti, indispensabile (Cfr.
Jn 4,20).

È importantissimo, specialmente nell’età giovanile, avere la concezione esatta della volontà nella struttura umana, e anteporre il suo impiego diritto e forte ad ogni altra valutazione circa le varie esperienze che la vita può offrire. Nella «buona volontà» deve esprimersi l’ansia di vivere, il desiderio di operare, la capacità di amare. V’è chi ha parlato follemente di «volontà di potenza» (Wille zur Macht: Nietzsche); noi preferiamo parlare umilmente di potenza di volontà. Attenzione ad un’osservazione fondamentale. La volontà è una forza dinamica; essa ha bisogno d’una luce orientatrice; ha bisogno del pensiero; il bene, per desiderarlo e volerlo umanamente, dev’essere conosciuto; l’intelletto perciò dev’essere il fanale della volontà. Una volontà cieca può rimanere inerte, inoperosa; ovvero può rivolgersi a finalità inutili, o false, o contrarie al fine supremo; può pertanto consumarsi in sforzi vani, può anche peccare, sebbene il fallo della volontà non dipenda sempre dalla sola ignoranza. Bisogna però essere gelosi dell’ordinamento del nostro essere spirituale; la volontà, la cui importanza nella classifica dei valori umani può superare quella del pensiero speculativo, deve tuttavia dipendere dalla ragione; essa è una aspirazione razionale; l’idea-forza la definisce.

Voi vedete come la valutazione della energia operativa, ch’è la volontà, abbia il sopravvento nella vita moderna nel confronto con l’indagine filosofica, nel campo pedagogico e nello sviluppo del progresso civile (Cfr. M. BLONDEL, L’Action). Conservando al pensiero la sua primaria funzione, noi possiamo assecondare, anzi promuovere nella sua giusta misura e nelle sue forme coordinate col disegno globale della vita e dei destini umani il volontarismo proprio del nostro tempo, e lo possiamo collegare, e in certo modo derivare dalla nostra visione cristiana della vita.


UNA VISIONE CRISTIANA DELLA VITA

Il cristianesimo, che ha nella fede la sua prima radice, è, nella sua esplicazione, volontarista. L’educazione cristiana tende a formare animi forti e operosi. Non è ammessa la pigrizia, non è ammesso l’ozio alla scuola di Cristo. Ricordate, ad esempio, le parabole del Vangelo: quelle del seme, quella dei talenti, quella degli operai disoccupati: «perché state tutto il giorno oziosi?» fa loro dire Cristo dal Padrone della vigna (Mt 20,6). Il tempo di questa vita è sempre collegato dal Signore con l’istanza d’una continua operosità (Cfr. Jn 9,4 Jn 5,17 Jn 11,9). Si dirà forse obiettando da qualcuno: non ha il Signore rimproverato Marta, tutta in faccende, e preferito Maria silenziosa ascoltatrice ai suoi piedi? (Lc 10,41) cioè, com’è noto, non si è forse, nei commenti tradizionali di questa scena evangelica, personificata in Marta la vita attiva e in Maria la vita contemplativa, assegnando a quest’ultima il primo e intangibile posto? Sia come si vuole; ma la vita contemplativa non è abdicazione della volontà; è anzi, proprio per l’impegno ch’essa richiede, più che ogni altra condizione di vita, estremamente volontaria. La vita contemplativa, da cui la società moderna, tutta febbrile e tutta protesa a scopi fuori dell’interiorità umana, avrebbe pur bisogno d’essere ammaestrata e sorretta, non è quietismo, cioè disinteresse e passività morale, apatia spirituale e rinuncia all’impiego della propria volontà (Cfr. condanna del quietismo nella Bolla Caelestis Pastor, del 1687, del Beato Papa Innocenzo XI, DENZ.-SCHÖNM. DS 2195 ss.; DS 2181 ss.); è attività ardua e amorosa non rivolta all’azione pratica, ma concentrata nelle facoltà superiori dello spirito; è carisma particolare; è funzione provvidenziale nell’economia comunitaria del corpo ecclesiale e anche della società profana.


L’EDUCAZIONE DELLA VOLONTÀ

A questo punto, dovendo concludere, noi non possiamo esimerci dall’esortare chiunque abbia il senso della propria elezione cristiana a riflettere quale importanza abbia l’educazione della volontà per evitare che la fortuna della vita, anzi della vita cristiana, sia imputata, all’ultimo giorno, come una responsabilità insoddisfatta, non fosse altro per un fatale peccato di omissione (Cfr. Mt 25,31 ss.); tremenda condanna escatologica di Cristo giudice: «quando non avete fatto (il bene che conveniva fare per il prossimo bisognoso), voi non lo avete fatto a me!» (Cfr. anche 2P 2,21).

Noi siamo ammirati del risveglio di energie operanti e generose per gli innumerevoli bisogni, che quasi con ritmo rinascente e crescente si pronunciano nel nostro mondo, esteso ormai ai confini della terra; e di gran cuore le incoraggiamo e le benediciamo.

E vogliamo ricordare i tre momenti della buona volontà, quali ci sembra d’individuare sfogliando ancora le auree pagine di San Tommaso d’Aquino circa la natura dell’atto volontario: il primo momento riguarda l’intenzione: per bene agire occorre anzitutto accendere nello spirito la retta intenzione, quella che risveglia la volontà e la rivolge alla cosa desiderata perché buona, per ragione del bene ch’essa rappresenta, e questa rettitudine sorpassa la cosa stessa e sfreccia verso il Bene per se stesso, verso il fine ultimo, che gerarchizza sotto di sé ogni bene onesto (Cfr. S. TH. I-II 9,1). Poi viene il momento della scelta, della decisione, dell’amore, quando l’anima ormai si muove con libertà ed energia, con capacità di compiere grandi rinunce per fare grandi conquiste (Ibid. I-II 9,13). E finalmente il terzo momento, quello dell’esecuzione, quello del comando, dell’attività pratica (Ibid. I-II 9,16), con tutte le virtù che reclama per sé, le virtù così dette cardinali, perché sotto di esse si classificano e si organizzano le operazioni umane rivolte al bene.


LA GRAZIA DIVINA

Così dicendo dobbiamo accorgerci d’aver tralasciato in questo brevissimo quadro un fattore operativo d’importanza trascendente e indispensabile: la grazia divina! La grazia divina, che infonde in noi la capacità stessa «di volere e di realizzare», proprio in ordine alla buona volontà (Cfr. Ph 2,13): meraviglia e mistero della vita cristiana. Ma è un mare che qui non possiamo oggi navigare, tanto è immenso. Voglia egualmente il Signore confortare in noi tutti la buona volontà con la sua grazia, auspice la nostra Benedizione Apostolica.

Universitarie di varie nazioni

Ed ora il nostro saluto a voi, Universitarie di varie Nazioni, che partecipate al Corso «Arte e cultura a Roma negli anni '70», della Fondazione R.U.I. Come negli anni scorsi abbiamo fatto per le vostre colleghe, così ci è caro anche oggi rivolgervi il nostro compiacimento. Voi approfondite la conoscenza delle inestimabili ricchezze che la città di Roma, come uno scrigno prezioso, racchiude in sé; e, in questo studio, non potete certo fare a meno di rilevare come i valori dello spirito umano, e, in particolare, l’eredità grave e molteplice e trasformatrice del Cristianesimo, abbiano profondamente permeato quelle espressioni artistiche, che formano l’oggetto della vostra ammirazione. Facciamo perciò voti che il vostro soggiorno romano sia veramente fecondo di arricchimento spirituale, affinché dalle opere d’arte, come attraverso un filtro, sappiate giungere alla scoperta vigile e amorosa di quanto fa grande e immortale la vita.

Inoltre, poiché sappiamo che, in fraterno contatto, pur nella diversità degli indirizzi culturali ricevuti, voi studiate insieme i problemi intellettuali e formativi della vostra giovane età pensosa, auguriamo altresì che questa esperienza vi prepari alle responsabilità del domani, e contribuisca a maturare sempre più la vostra personalità, aprendola alla comprensione, al rispetto, alla collaborazione, cioè a quell’«arte del convivere e del cooperare fraternamente, e di instaurare il dialogo» (Apostolicam Actuositatem AA 29) che il Concilio Vaticano II ha indicato ai laici come mezzo per coltivare buone relazioni umane, ed essere con ciò validi strumenti di elevazione spirituale. A questo fine invochiamo per voi le continue benedizioni del Signore.

Gruppo di Sessa Aurunca

Un particolare saluto desideriamo rivolgere anche al numeroso gruppo dei «Lettori della Santa Messa», della diocesi di Sessa Aurunca, i quali hanno voluto celebrare quest’anno il loro ottavo congresso, insieme col loro Pastore e con i loro Parroci, a Castel Gandolfo.

Sappiamo, carissimi figliuoli, con quanto entusiasmo e zelo vi preparate al compito, che vi è stato affidato, di proclamare degnamente e devotamente la Parola di Dio nell’assemblea liturgica. Ma tale ufficio, cos? altamente onorifico, rappresenti altresì per voi un preciso impegno a una vita cristiana ogni giorno sempre più aderente e consona alle esigenze del messaggio evangelico, e un continuo sprone per una approfondita, soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura (Sacrosanctum Concilium SC 24).

Con questi voti, come segno della nostra compiacenza, vi impartiamo di cuore la propiziatrice Apostolica Benedizione.

Sacerdoti dell’Austria

Einen besonderer Willkommensgruß richten Wir an die Gruppe österreichischer Priester, Ordensleute und Laien, die zur Zeit im «Zentrum für nachkonziliäre Spiritualität» in Rocca di Papa an einem Kurs für innere religiöse Erneuerung teilnehmen. «Alle Christgläubigen sind», so sagt das Konzil, «zum Streben nach Heiligkeit und ihrem Stand entsprechender Vollkommenheit eingeladen und verpflichtet» (Lumen Gentium LG 42). Die Dokumente des Konzils, die Sie in diesen Tagen gemeinsam betrachten, bilden hierfür eine unerschöpfliche Quelle der Anregungen und Hilfen. Daß Ihre gemeinsamen Bemühungen um ein tieferes Verständnis des Konzils und eine aus seinem Geist erneuerte Lebensgestaltung aus Christus von Gottes Licht und Gnadenbeistand begleitet sei, erteilen Wir Ihnen von Herzen Unseren Apostolischen Segen.

Centro di spiritualità di Loyola

Nuestro especial saludo de bienvenida a vosotros, amadísimos propagandistas españoles de los Ejercicios Espirituales de San Ignacio, que con esta visita habéis querido demostrarnos vuestra devoción.

Os exhortamos de corazón a proseguir e intensificar vuestra labor apostólica, que trata de ofrecer al hombre de hoy un encuentro íntimo y silencioso con Dios, según las líneas perennes de la espiritualidad ignaciana adaptadas a nuestro tiempo, para saber vivir en medio del mundo la vida de la gracia y el compromiso del apostolado.

A vosotros y a vuestros familiares, a los responsables del Centro de espiritualidad de la «Santa Casa de Loyola», a los directores de Ejercicios y a los ejercitantes de toda España impartimos paternalmente nuestra Bendición Apostólica.


Mercoledì, 30 agosto 1972

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Vi ricordate l'episodio del Vangelo che ci narra d’un giovane, il quale si rivolge a Gesù, come a Maestro buono, e Gli chiede: «che cosa devo fare di bene per avere la vita eterna»? (
Mt 19,16) La domanda di quel giovane sembra interpretare la voce di molta gente onesta e generosa del nostro tempo, che chiede a se stessa, chiede agli altri, ai maestri della vita specialmente, e più spesso all’opinione pubblica, alle correnti moderne di pensiero e di costume: che cosa si deve fare? qual è la linea pratica da seguire? come bisogna vivere?


UN'AUTENTICA INTERPRETAZIONE DELLA VITA CRISTIANA

E noi, che stiamo cercando di restaurare un’autentica interpretazione della vita cristiana oggi, notiamo subito un fenomeno individuale e sociale notevolissimo: l’incertezza morale. L’uomo moderno, con tutte le sue conquiste, è pervaso dal dubbio circa la norma morale, che dovrebbe orientare e dirigere la sua vita, così che egli cammina a caso, ovvero cammina come portato da un flusso collettivo, seguendo la moda di pensiero e di costume, da cui si sente circondato. Si dichiara libero, sa rivendicare una propria autonomia affrancandosi da certi vincoli tradizionali o ambientali, ma nello stesso tempo si lascia plasmare interiormente e manovrare esteriormente da imponderabili fattori prevalenti, che impressionano la sua esperienza in modo irresponsabile e dominante. È vero che la vita morale, riguardando non tanto ciò che è, ma ciò che deve essere, è, per quanto concerne, non i principii, ma gli atti singoli, in stato problematico permanente, di natura sua; e la coscienza, la legge, la conversazione sociale di solito risolvono i problemi morali che l’attività in fieri presenta continuamente allo spirito; così è la nostra vita presente impegnata in un costante sforzo di superare un dubbio sul da farsi e di dare a se stessa un piano pratico, sia pure momentaneo, di azione esecutiva.


INCERTEZZA IDEOLOGICA

Ma a questa incertezza, diciamo, costituzionale, dell’uomo di fronte alla propria funzionalità operativa, oggi un’altra incertezza molto grave si aggiunge, quella ideologica, la quale mette in dubbio ogni norma morale, insinuando in molta gente del tempo nostro la persuasione che tutte le regole, che finora presiedono alla comune attività, sono discutibili, anzi sono insostenibili, si possono e si devono cambiare. È venuto il tempo della «liberazione», intesa in senso radicale, che dichiara decaduto tutto il complesso di leggi, di diritti altrui e di doveri propri, e che cerca d’inaugurare un nuovo stile di vita, il quale demolisce quello precedente (ecco l’infatuazione rivoluzionaria), e si propone d’instaurare un ordine (ovvero un disordine), in cui ciascuno fa quello che gli pare e piace, senza forse accorgersi che codesta è la maniera più sicura per provocare il regime dittatoriale (già Tacito lo faceva acutamente osservare: ut auctoritatem evertant libertatem praetendunt; cum everterint, libertatem ipsam aggrediuntur). Tuttavia sta il fatto che nel campo operativo tante leggi cambiano, ed oggi più che mai; donde si giustifica come legittima e ragionevole la questione, che, in modo molto sintetico, ci siamo posti: oggi, che cosa dobbiamo fare? o meglio: quali sono i principii, i criteri, che devono modellare, cioè ispirare, trasformare, impegnare la nostra attività, affinché essa sia buona, umana e cristiana?

La norma morale, nei suoi principii costanti, quelli della legge naturale, e anche quelli evangelici, non può subire cambiamenti. Noi ammettiamo però che essa possa soffrire incertezze, per quanto si tratta dell’approfondimento speculativo di tali principii, ovvero si tratta del loro sviluppo logico e delle loro applicazioni pratiche: se no, a che cosa servirebbe studiare? e in che cosa consisterebbe il progresso morale? Ammettiamo anche che molte variazioni possono e debbono talvolta essere introdotte nelle leggi positive vigenti, le quali tendono di solito all’utilità dell’agire, supponendo rispettata l’onestà fondamentale di tali variazioni: non parliamo noi sempre di riforme, di aggiornamento, di rinnovamento, ecc.? e ciò principalmente perché le «circostanze», cioè le condizioni del giusto, dell’utile e del possibile in cui la nostra condotta si svolge, sono esse stesse mutevoli, ed oggi più che mai.


APPROFONDIMENTO SPECULATIVO

Questa mutabilità delle circostanze è ora sentitissima, ed è questa avvertenza dei moltissimi cambiamenti che alterano e sconvolgono il quadro della vita tradizionale, che ci fa tutti agitati e frettolosi non solo nell’accettare le novità, che dappertutto ci circondano e c’incantano, ma nel promuovere noi stessi novità d’ogni genere, e nell’applaudire ad ogni forma di movimento, inteso come attualità e come progresso, fino alle più audaci manifestazioni del genio e fino alle più stravaganti esibizioni del capriccio innovatore. Cambiare, mutare, inventare, rischiare, questo è lo spirito dell’attività moderna. Questa smania di tutto cambiare sembra non avvedersi della dissipazione del patrimonio, spesso prezioso e caratteristico, della tradizione e della difficoltà di dare alle nuove espressioni della vita morale la stabilità logica e la solidità etica e giuridica che dovrebbero distinguerla dandole costante durata nel tempo e larga diffusione fra gli uomini, come appunto esigerebbero la storia e la civiltà, di cui tutti vorremmo essere fautori.


LE CONDIZIONI CRITICHE DEL PENSIERO MODERNO

Il fenomeno della debolezza e della decadenza morale si aggrava per le condizioni critiche del pensiero moderno, ribelle alle formulazioni filosofiche del passato, e insoddisfatto di quelle del nostro tempo; così la nuova generazione ripudia con tante altre anche la disciplina rigorosa del pensiero, e vi sostituisce, qualunque sia, l’esperienza, criterio superstite di verità soggettiva, per sé inetto a fornire solidi principii all’umana condotta, anzi tentatore e complice, se lasciato a se stesso, di tante deviazioni e degradazioni, a cui la guida della sola esperienza conduce. Esiste ora uno sforzo per dedurre anche dall’esperienza uno stimolo e poi un insegnamento morale; ma quale sforzo per arrivarvi, quale dubbio per riuscirvi! (Cfr. PAOLO VALORI, L’esperienza morale, 1971)


CERTEZZE MORALI

Bisognerà, una buona volta, che ritorniamo a qualche certezza morale ispiratrice della nostra condotta, non freno all’intensità d’azione reclamata dal nostro tempo, ma cardine fisso per un movimento sicuro. Dobbiamo superare il grande pericolo d’un relativismo infedele ai nostri salutari principii umani e cristiani, e servile alle idee trionfanti in una data stagione culturale e politica (ricordate il satirico e umoristico «brindisi di Girella», del Giusti?). Noi credenti specialmente dovremmo essere allenati al difficile compito di sceverare nel programma dell’attività nostra ed altrui ciò che dev’essere difeso e osservato, anche a costo di sacrificio (i martiri chi sono?), da ciò che può essere dimesso o riformato. Dovremmo farci un’idea della così detta «morale della situazione»; vederne le insidie quando essa erige in norma morale dominante l’istinto soggettivo, utilitarista di solito, del come adattare diversamente il proprio comportamento a questa e a quella situazione, senza tener conto adeguato dell’obbligazione morale oggettiva e delle esigenze soggettive d’una propria nobile coerenza (Cfr. DENZ-SCHÖNM. DS 3918-3921).


NIHILISMO CATASTROFICO

Ritorneremo ai rimedi, che possono liberarci dall’incertezza morale oggi dilagante e travolgente verso un nihilismo che potrebbe essere oggi sotto ogni aspetto catastrofico. I rimedi allora; primo, la giusta concezione della legge naturale (Cfr. S. TH. I-II 94,0); secondo, il ricorso abituale alla propria buona coscienza (Cfr. Rm 14-23); terzo, la fiducia nell’obbedienza a chi ha autorità di esercitarla sopra di noi, tanto in campo domestico (Ep 6,1 Col 3,20 1P 3,1 etc.), quanto in quello civile (Rm 13,1-4 1P 2,13-17); come in quello ecclesiastico (Lc 10,16 Mt 28,20 etc.). L’obbedienza, nell’economia della salvezza, avendo davanti a noi l’esempio di Cristo, «fatto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce» (Ph 2,8), non degrada la persona umana, ma la solleva alla dignità dei figli del Padre e la inserisce nel piano comunitario, caratteristico del Vangelo, della carità e dell’unità. Pretendere di affrancare il fedele dal magistero stabilito da Cristo, sia per liberarlo dal dogmatismo dell’insegnamento ecclesiastico, sia per scioglierlo dai vincoli dell’autorità gerarchica istituita da Cristo nella Chiesa, significa strapparlo alla certezza sia della fede, che della norma morale, carisma questo della certezza di fede propria del cattolicesimo, e preferire l’insensato tormento del dubbio crepuscolare, della solitudine spirituale, della infecondità apostolica, quasi ad intaccare la comunione, che nella franca aderenza alla Chiesa autentica ci fa vivere in Cristo e di Cristo, per sentirsi così da Lui stesso ripetere la minaccia (o la condanna?): «Chi non è con me, è contro di me; e chi con me non raccoglie, disperde» (Lc 11,23).

Quanto a noi ringraziamo umilmente il Signore, e sempre preghiamolo che ci faccia sempre camminare con passo docile e forte nella luce e nella sicurezza della sua via. Con la nostra Benedizione Apostolica.

I piccoli cantori «Angeli Bianchi»

Un particolare saluto intendiamo rivolgere al Coro dei Piccoli Cantori «Angeli Bianchi» (Bijeli Andjeli) di Janjevo (Jugoslavia), i quali, insieme col loro parroco, hanno desiderato ardentemente questo incontro per manifestarci la loro fervida devozione e il loro profondo affetto.

Siate i benvenuti, carissimi figliuoli! Vogliamo dirvi tutta la nostra letizia nel trovarci in mezzo a voi; il nostro compiacimento per l’impegno generoso, col quale diffondete in Patria ed anche all’estero, con le vostre voci argentine, un messaggio di fraternità, di pace, di amore e di fede.

Sia tutta la vostra vita un canto gioioso: un inno di gratitudine al Signore, una preghiera perché Egli vi faccia crescere sempre buoni, puri, sereni, amici fedeli di Gesù.

Con questi voti, vi impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione, che estendiamo ai vostri genitori e a tutte le persone che vi sono care.



Studenti di medicina

We are pleased to greet the participants of the Twenty-first General Assembly of the International Federation of Medical Student Associations. We are happy to welcome you here, because your visit gives us the opportunity to acknowledge and recognize your dedication to the well-being of man. We give thanks to God for the compassion and courage you have shown in choosing the noble vocation of medicine. We pray that the Lord will sustain you in the work which you have begun and grant you his wisdom and his strength in your studies and in the practice of your profession.

Pellegrini di lingua tedesca

Wir begrüssen auch bei der heutigen Audienz wiederum herzlich eine Tiroler Gruppe von Teilnehmern and einem Kurs für nachkonziliäre Spiritualität in Rocca di Papa, da uns die durch das Konzil aufgetragene Erneuerung der Kirche ein vordringliches Anliegen ist. Um diese große Aufgabe erfüllen zu können, müssen wir selbst vom Geist des Konzils zutiefst durchdrungen sein. Daß Ihnen Gott dies in den Tagen Ihrer gemeinsamen Beratungen durch seine Gnade schenken möge, sei unser heutiger Segenswunsch an Sie.

Ein besonderes Wort der Begrüßung richten Wir sodann an die hier versammelten katholischen und evangelischen Mitglieder der «Religiösen Schulwochenarbeit im Lande Westfalen». In den 25 Jahren des Bestehens Ihrer Vereinigung haben Sie im Dienste der religiösen Erziehung in ökumenischem Geiste einen wertvollen Beitrag für das große Anliegen der Einheit der Christen geleistet. Mögen die Tage der Besinnung und brüderlicher Gemeinschaft, die Sie zur Zeit in Castel S. Elia bei. Nepi verleben, den gemeinsamen Glauben vertiefen und fruchtbar werden für Ihr verantwortungsvolles Wirken an den Schulen Ihres Landes. Dazu erflehen wir Ihnen Gottes besonderen Schutz und Segen.

Ein herzlicher Willkommensgruß gilt ferner den Mitgliedern des Kirchen- und Kammerchores an der Franziskanerkirche in Wien. Die überlieferte Musik der Kirche stellt, wie das Konzil betont, einen Reichtum von unschätzbarem Wert dar und muß deshalb mit größter Sorge bewahrt und gepflegt werden (Cfr. Sacrosanctum Concilium SC 112 f.). Wir beglückwünschen Sie zum bisherigen erfolgreichen Wirken Ihres Chores und erteilen Ihnen wie allen Anwesenden als IJnterpfand Gottes bleibenden Gnadenbeistandes von Herzen den Apostolischen Segen.

Docenti universitari di Caracas

Nos complacemos en dirigir un especial y paterno saludo a vosotros, amadísimos Profesores de Venezuela, formulándoos nuestros mejores votos para ehe esta visita a Ia Ciudad Eterna os anime a reafirmar vuestros sentimientos cristianos, los cuales han de inspirar siempre vuestra delicada misión de ser educadores y guias de la juventud.

A vosotros, a vuestras familias, a vuestros alumnos y a toda Venezuela impartimos de corazón nuestra Bendición Apostólica.


Mercoledì, 6 settembre 1972

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Noi stiamo discorrendo, con pensiero e con linguaggio molto elementari, come è conforme a queste nostre settimanali conversazioni, sul bisogno e sul modo di ridare qualche vigore alla vita morale, alla nostra specialmente, di uomini moderni e insieme cristiani.

Vediamo infatti che la norma tradizionale della vita morale subisce molti cambiamenti, non solo in forme, che possiamo dire accidentali, e mediante infrazioni che, come sempre è stato nella storia umana, possiamo ritenere come singolari e deplorate dal giudizio comune, ma in modo che diventa abituale e genera un costume, anzi una legge spesso, che dobbiamo classificare lesivo d’una norma umana essenziale, o almeno contrario all’ordine autorevolmente sancito per l’equilibrio sia interiore della retta coscienza, sia esteriore della società ben disciplinata. Siamo in un periodo di lassismo, di contestazione, di inosservanza del codice morale; in un periodo in cui la libertà è invocata, non per fare il bene, come sarebbe nella natura delle cose, ma per non farlo, per godere d’un’emancipazione da ogni norma che sia dal di fuori intimata, e per lasciare la nostra attività nell’indifferenza o forse anche nell’opposizione d’ogni regola prestabilita.

Per restringere ora la nostra osservazione al campo della nostra religione, interroghiamo noi stessi circa le ragioni per cui la Chiesa incontra nel mondo di oggi tanta avversione, tanta diffidenza, tanta ostilità nell’esercizio del suo ministero di guida morale e di magistero pastorale. E una di queste ragioni sembra a noi che si debba riscontrare nella difficoltà del programma morale, che la Chiesa propone ai suoi figli. Sì, la vita cristiana, e quella cattolica specialmente, non è facile. Ripetiamolo pure: considerata nel suo aspetto normativo, isolato dal suo complesso integrale e vitale, la via di Cristo non è facile.

E questa difficoltà è subito intuita da ogni categoria di persone: dai fanciulli e dai giovani per primi, dagli uomini operanti sia nei vari campi della comune esperienza, sia da quelli che percorrono sentieri particolari, come gli uomini dell’arte, della politica, degli affari, e quelli stessi della perfezione religiosa.

E il senso della difficoltà ad accettare il codice morale della Chiesa aumenta, oggi, a mano a mano che il processo di secolarizzazione progredisce nell’applicazione radicale della formula sua propria: la religione non deve avere più niente a che fare con la vita autonoma e profana dell’uomo moderno, operante secondo i criteri specifici del suo campo d’azione, il che nessuno per sé, entro certi limiti ragionevoli, gli contesta, ma nemmeno per assegnare all’attività umana la sua finalità suprema, e neppure per conservare quei rapporti ancora superstiti con il sentimento religioso naturale, o tradizionale, che fino ai nostri giorni è pur sopravvissuto in tanti uomini probi ed onesti e nel cuore del popolo, per cui la religione è stata costume storico e glorioso. L’ateismo rivendica a sé anche il dominio della morale. Così che l’uomo si priva dei motivi trascendenti, che sostengono l’etica con la logica e la forza che alla fine le sono indispensabili, e si priva di quel superiore sussidio che deriva all’azione umana dalla fede e dal misterioso ma reale influsso dell’amoroso aiuto divino. Si riproduce in tal modo, sotto i nostri occhi, la drammatica esperienza, annunciata dal Vangelo e analizzata dalla nostra teologia, della insufficienza delle forze umane a governarsi da sé, a praticare una vera e completa onestà, ad evitare incoerenze e cadute, peccati cioè, che rendono scettico l’uomo circa la possibilità di osservare una norma morale esigente e conforme alle profonde aspirazioni della natura umana, e tanto più a quelle della vocazione cristiana (Cfr.
Jn 15,4-5 Rm 1,17). Avvertendo perciò la difficoltà di raggiungere il livello prestabilito da Dio e reclamato dalla propria perfezione, l’uomo è tentato, e, ahimé!, presto cede alla tentazione, di abbassare arbitrariamente il livello della legge morale, di metterne in dubbio l’esigenza, o addirittura l’esistenza, estendendo il campo del lecito oltre quello dell’onesto, sostituendo la libertà permissiva alla libertà doverosa, preferendo la transigenza dottrinale e coonestando la tolleranza pratica nel comportamento umano.

Sorge spontaneamente una domanda, che comprende molte altre: davvero la vita morale cristiana è difficile? Cristo non fu tutto pietà e indulgenza verso la nostra debolezza? Non ha detto pietà e indulgenza verso la nostra debolezza? Non ha detto Lui stesso d’essere «venuto non per i buoni, ma per i peccatori»? (Mt 9,13) Quale più attraente figura di Cristo, che quella del buon Pastore, il quale, lasciate nell’ovile le novantanove pecore del suo gregge, va lui stesso alla ricerca della centesima che s’è perduta, e, trovatala finalmente, se la pone sulle spalle e se la porta a casa tutto contento? (Lc 15,5) Non ha detto Lui stesso: «Voglio la misericordia e non la condanna»? (Mt 12,7) E non ha Egli inveito contro gli scribi e i farisei che caricavano pesi gravi e insopportabili sul dorso altrui, senza sostenerli essi pure almeno con un dito? (Mt 23,4) Non è Cristo il nostro liberatore? La sua nuova legge non è forse quella semplificata e concentrata dell’amore? (Mt 2 Mt 2,38) quella dello Spirito? (S. TH. I-II 106,1) quella della fede in Cristo? (Rm 4,13 ss.; Rm 5,1 ss.) Ecc.

Tutto questo è verissimo; e per quanto riguarda il nostro tema ci rassicura che la nostra salvezza è facile, non difficile, se noi entriamo nel disegno divino, ne adempiamo le condizioni, ne accettiamo gli aiuti, ne condividiamo lo spirito, ne ascoltiamo gli insegnamenti.

E gli insegnamenti sono quelli della voce e dell’esempio di Cristo. Voce ed esempio sono molto esigenti, e ciò per noi rende la vita cristiana difficile.

Leggete il discorso della montagna, che è come la sintesi del Vangelo e il programma del cristianesimo. Per il fatto che il Signore dall’esterno porta nell’interno dell’uomo l’essenza e la perfezione della vita morale, nel cuore, nei pensieri, nella coscienza, questa nostra vita morale si è fatta più ardua e grave, specialmente se in noi manca l’amore e la grazia, che rendono facile, «gioioso e pronto», ogni impegno, ogni sacrificio (Cfr. S. TH. I-II 107,4). E l’esempio di Cristo crocifisso, ch’Egli stesso ha proposto alla nostra imitazione, non dice forse quale forza d’animo, quale eroismo può a noi cristiani esser richiesto? «Chi non prende la sua croce (e vuol dire: la mia), e mi segue, non è degno di me!», ha sentenziato Gesù (Mt 10,38). Voi tutti sapete che cosa abbiano significato queste parole nella storia del cristianesimo e della santità.

Non si può concepire come autentica una vita cristiana fiacca, gaudente e vile, tutta intenta ad abolire lo sforzo, la penitenza, il sacrificio, e a soddisfarsi di comodità e di piacere.

La vita morale cristiana è difficile perché è forte. E perché, come insegna San Paolo, l’apostolo della libertà, essa è una milizia (Ep 6,17 1Th 5,8). È difficile perché è tesa verso la perfezione! La perfezione, sì, del nostro essere, così debole, così difettoso, così agitato, così insidiato dal mondo circostante, è proposta a tutti come dovere dal recente Concilio (Lumen Gentium LG 40), di cui molti abusano interpretandone l’«aggiornamento» come il permesso, l’invito quasi, a rendere secolare, e perfino molle e mondano tanto lo stile esteriore, quanto la mentalità interiore della vita cristiana, non esclusa talvolta quella religiosa.

Ai forti, ai coraggiosi, ai pazienti, agli ardenti di fede e di carità sono destinate le celebri parole risolutive e consolatrici di Gesù: «Il mio giogo è soave, e leggero il mio peso» (Mt 11,30).

Così sia per tutti noi, carissimi, con la nostra Benedizione Apostolica.



Settimana biblica per religiose

Con particolare benevolenza e vivo compiacimento salutiamo il cospicuo gruppo delle Religiose, che in questi giorni partecipano alla loro IV Settimana Biblica Nazionale, organizzata con lodevole zelo dalla benemerita Associazione Biblica Italiana.

È naturale che una così eletta e varia rappresentanza di religiose susciti nel nostro animo una folla di sentimenti a cui possiamo appena accennare in questo breve incontro, ma che voi, figlie carissime, potrete facilmente intuire: sono sentimenti di gratitudine per la vostra testimonianza di affetto, e insieme di apprezzamento per il corso a cui in sì gran numero e con tanto entusiasmo avete aderito.

Noi siamo certi che a nessuna di voi sfuggirà l’importanza e il valore di questa bella iniziativa, che vi offre la possibilità di accostarvi con una più piena conoscenza al tesoro delle Sacre Scritture, e con ciò stesso di attingere con più abbondanza le incomparabili ricchezze che vi sono contenute. Ecco allora la nostra esortazione: perseverate nello studio approfondito della Parola di Dio «con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta» (Dei Verbum DV 12). Corrisponderete così allo sforzo che la Chiesa sta compiendo in questo periodo di rinnovamento postconciliare, affinché la Parola di Dio, come insegna il Concilio Vaticano II, sia sempre più nella Chiesa «saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne di vita spirituale» (Ibid. DV 12).

Benediciamo perciò con tutto il cuore l’impegno e i propositi degli organizzatori, dei docenti e delle partecipanti, augurando a tutti di assimilare vitalmente quella «sublime scienza di Cristo» (Ph 3,8), che il Concilio indica come mèta della lettura e dello studio biblico dei religiosi (Cfr. Dei Verbum DV 25).



Mercoledì, 13 settembre 1972


Paolo VI Catechesi 23872