Paolo VI Catechesi 13972

Mercoledì, 13 settembre 1972

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In queste conversazioni settimanali noi abbiamo da qualche tempo richiamato l’attenzione dei nostri visitatori sopra l’aspetto morale della vita, il quale, come tante altre cose, subisce cambiamenti e alterazioni, che non possono lasciare indifferente chi, come noi cristiani, desidera imprimere alla propria condotta una linea conforme a certi principii naturali e religiosi. Vogliamo, dobbiamo seguire il Maestro, Gesù Signore; desideriamo aprire il suo Vangelo senza sentirci condannati da questo codice di verità e di vita, ma piuttosto istruiti e sollevati alla forma ideale di condotta adeguata alla nostra vocazione cristiana.

Ora vi sarebbe un tema da trattare, quello della castità, sul quale vi sarebbe tanto da dire, per la sua importanza nello svolgimento morale della nostra vita, tanto da confiscare per sé, quasi per antonomasia, nel discorso ordinario, il titolo di «moralità»; e per la gravità e la quantità di vecchi e nuovi problemi, che si addensano sopra questo tema tanto delicato. Ma evidentemente la sede per trattarlo non è questa; basti enunciarlo, affinché ciascuno vi ponga l’attenzione e la vigilanza. Ecco alcuni paragrafi, che vi si riferiscono.

1. Il tema diviene invadente e ossessionante. Non si può preterire da quanti hanno funzioni pedagogiche sulla gioventù, sulla formazione degli animi, sulla sanità dei costumi, sulla pubblica moralità. Da tema delicato, perché di natura impressionante, e perciò trattato tradizionalmente con molto riguardo, talvolta perfino eccessivo perché coperto dalla reticenza, oggi è presentato con studiata e spesso provocante ostentazione.

In sede scientifica, la psicanalisi; in sede pedagogica, l’educazione sessuale; in sede letteraria, l’erotismo d’obbligo; in sede di pubblicità, la bassezza adescatrice; in sede di spettacoli, l’esibizione indecente, tesa verso l’osceno; in sede di pubblicazioni, riviste pornografiche perfidamente diffuse; in sede di divertimenti, la ricerca dei più ignobili e seducenti; in sede di amore, ch’è la più alta, la confusione tra l’egoismo sensuale e passionale e il sogno lirico e generoso del dono di sé.

2. Dobbiamo avere l’avvertenza che viviamo in un tempo nel quale l’animalità umana degenera in una sfrenata corruzione; si cammina nel fango. Se abbiamo senso di dignità personale e di rispetto verso gli altri, verso la società, e soprattutto senso della nostra elevazione al livello cristiano, di figli di Dio, di battezzati e santificati dalla grazia (ch’è accensione dello Spirito Santo nelle nostre persone), dobbiamo metterci in uno stato di difesa, di ripudio, di rinuncia a tante esibizioni e manifestazioni del malcostume moderno; e non cedere per acquiescenza o per rispetto umano all’inquinamento dell’immoralità ambientale.

3. E dobbiamo renderci conto che l’impurità, a cui accenniamo, non è un diritto del giovane che marcia verso la vita, dell’uomo moderno, che deve liberarsi dalle tradizioni d’una volta, dell’uomo maturo, quasi che egli sia immune dai disordini derivanti dal contagio con la provocante immondezza. Perché, che cosa intendiamo per impurità? intendiamo il prevalere degli istinti e delle passioni dell’uomo animale su l’uomo razionale e morale. Un prevalere che stimola, affascina, esalta il primo; degrada e umilia il secondo; rende il primo volgare, vizioso e triste, il secondo miope e insensibile e scettico verso le cose dello spirito (Cfr.
1Co 2,14); è un disordine grave nel nostro essere umano, ch’è complesso e composito; disordine, che facilmente discende più in basso.

4. Non si possono tacere i gradi inferiori verso i quali s’incammina la nostra società, scivolando sopra la cosiddetta libertà dei sensi e dei costumi. Sono le grandi questioni che non la fanno né forte, né gloriosa: l’anticoncezione, l’aborto, l’infedeltà dell’amore coniugale, il divorzio . . . Poi su l’iniziazione al piacere sensuale spunta la droga . . . È la vita dell’uomo in gioco; è l’amore vero che decade. Problemi gravi e presenti, di cui tanto si parla, e più si dovrebbe.

5. Concludiamo con un paragrafo positivo, proprio quello della formazione cristiana. Esso si concentra in una delle beatitudini del Vangelo: «beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Nella quale si possono scoprire molte cose: il rapporto fra la vita religiosa e la disciplina dei costumi; la sede primaria della purezza, ch’è il cuore, cioè l’interiorità nostra, i nostri pensieri, i nostri affetti, le nostre fantasie, la nostra coscienza (Cfr. Mt 5,27 ss.; Mt 15,29); l’austerità, cioè la forza d’animo, l’integrità vera della nostra condotta, condizione necessaria per mantenere e generare l’ordine del nostro essere, sconnesso dal peccato originale e fatto custode dei tesori del regno di Dio (Cfr. 2Co 4,7), l’eccellenza dell’amore puro ed onesto e benedetto dal vincolo sacro, la sovreccellenza della verginità votata all’Amore unico, assoluto, divino . . . La purezza è l’atmosfera in cui respira l’amore.

6. Vogliamo aggiungere ancora una parola. Noi abbiamo detto, altra volta, che la morale cristiana è, di per sé, difficile. Che cosa dovremo dire di questo capitolo, relativo alla castità e alla purezza, che quasi tutti coloro che sono fuori della vita cristiana ritengono impossibile osservare? Diremo anche noi, sì, ch’è difficile, attese le circostanze in cui si svolge la vita dell’uomo, specialmente oggi; ma soggiungiamo subito, e correggiamo praticamente la prima generale affermazione: no, è facile; con il dominio di sé, con la scelta, quando possibile, d’un ambiente di vita sano, volendo la purezza è possibile; anzi con la preghiera e con i sacramenti: è facile ed è felice!

Per voi, giovani; per tutti lo diciamo! Con la nostra Apostolica Benedizione.



Sacerdoti novelli di Slovenia

Desideriamo rivolgere un saluto particolarmente affettuoso ad un gruppo di novelli Sacerdoti Sloveni, i quali han voluto farci visita prima di iniziare il loro ministero. Questo delicato pensiero, figli carissimi, rende la vostra presenza assai significativa e gradita: diciamo l’intenzione di collegare le primizie del sacerdozio all’incontro con la nostra persona, di ascoltare da noi una parola di esortazione, di riportare nelle vostre diocesi una rinnovata, stimolante carica di spirituale energia per gli impegni che, tra breve, vi attendono.

Voi conoscete certamente quanto ci stiano a cuore i sacerdoti ed i loro problemi, e come, in numerose occasioni, abbiamo cercato di far loro avvertire la pienezza di sentimento e di amore con cui li seguiamo nella loro attività. Ci sentiamo e siamo ad essi vicini. Noi appunto vorremmo che il medesimo senso di comunione sia sempre vivo e si accresca nei sacerdoti sia tra loro, sia nei rapporti con i propri Vescovi: è un contatto morale di altissimo valore, è un aspetto qualificante del «comandamento nuovo» che Gesù propone ai suoi discepoli (Cfr. Jn 13,34-35), è un elemento atto a coordinare mirabilmente, nei disegni e nelle attuazioni, l’opera di tutti i sacerdoti. Tale comunione nasce, infatti, dalla natura stessa del sacerdozio, perché - come ha ricordato il Concilio - in forza della sacra Ordinazione «presbyteri . . . omnes inter se intima fraternitate sacramentali nectuntur» (Presbyterorum Ordinis PO 8). Essa dev’essere coerentemente e costantemente vissuta da ciascun sacerdote.

Se vi manterrete fedeli a questa disposizione interiore, ne guadagnerà il vostro spirito e ne riceveranno un gran bene le anime.

Ritornando nelle vostre Chiese per cominciare il lavoro di ministero, meditate e ricordate questa nostra parola: vuol esser un augurio paterno, che avvaloriamo con la nostra Benedizione Apostolica.

Pellegrini della diocesi di San Sebastian

Saludamos con especial afecto a vosotros, amadísimos peregrinos de Idiazábal, en la Diócesis de San Sebastián, que habéis querido agradecer personalmente el cáliz que enviamos el año pasado a vuestra ermita de Nuestra Señora de Serotegui. Conociendo la honradez, religiosidad y sentido cristiano que distinguen a vuestro pueblo, os exhortamos a permanecer siempre fieles a vuestras tradiciones, mientras, en prenda de abundantes dones divinos, impartimos de corazón a vosotros, a vuestros familiares y a todos los habitantes de Idiazábal nuestra paternal Bendición Apostólica.

I vincitori del «Plus Ultra»

Con paterno afecto nos complacemos en dirigir un especial saludo a vosotros, amadísimos niños de la «Operación Plus Ultra», que habéis sido premiados por vuestra bondad.

Como a Vicario de Cristo, que tuvo su predilección por los niños, vuestra visita nos llena de consuelo y de alegría, y es un símbolo de esperanza, porque, al igual que tantos niños de todo el mundo cuyos nombres quedan desconocidos, habéis comprendido que sólo el amor puede salvar a los hombres.

En recuerdo de este encuentro, llevaos nuestra palabra de felicitación que os estimule a continuar siempre por este camino de los grandes ideales que nos trazó el Señor: el camino de la bondad, de la generosidad, del amor.

Implorando la protección del Altísimo sobre vosotros, sobre vuestros familiares y sobre todos vuestros amigos, os impartimos de corazón nuestra Bendición Apostólica.



Mercoledì, 20 settembre 1972

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Noi ci occuperemo ancora una volta, in questo piccolo sermone innestato nell’udienza generale, dell’attività umana; diciamo: del nostro agire (cioè degli atti dell’uomo in se stesso), del nostro fare (cioè delle azioni che compiamo fuori di noi) (Cfr. S. TH. Contra Gentes,
SCG 11,1), del nostro operare insomma, ch’è l’aspetto della vita sul quale si concentra massimamente l’interesse dell’uomo moderno, che tende a tutto considerare e a tutto valutare in ordine all’attività, alla dinamica dell’esercizio delle sue facoltà. Il lavoro tiene un primato nel nostro mondo, che tutti sappiamo: è diventato perfino la base costituzionale della società. Ogni vita, ogni cosa dev’essere in movimento, ordinata a produrre, misurata dal potenziale delle sue forze operative; anche la cultura soggiace a misure quantitative, o meglio operative; la scienza è intesa per la sua applicazione pratica; la libertà è apprezzata in ordine alla capacità di agire e di fare, di godere, che essa consente. L’uomo moderno tende ad applicare l’acceleratore in ogni aspetto della sua esistenza. Il «più operare» vale per lui il «più essere» e il «più avere», e il «più godere»: è il suo ideale.

Noi osserviamo con grande interesse questo fenomeno-principe della vita moderna, che corre sotto i nomi di lavoro, di progresso, di sviluppo, di benessere, di civiltà, perché è fenomeno umano; possiamo dire con l’antico Terenzio: «homo sum: humani nihil a me alienum puto», nulla di ciò ch’è umano io lo stimo a me estraneo. Noi cristiani inoltre apprezziamo questa intensità operativa, che caratterizza il nostro tempo, anche per motivi nostri, che conferiscono all’attività dell’uomo una importanza decisiva sia in ordine alla perfezione umana (Cfr. BLONDEL, L’Azione; OLLÉ LAPRUNE, Il valore della vita), sia in ordine alla salvezza: circa le nostre opere saremo giudicati sulla bilancia per l’eterna vita (Cfr. l’articolo: Esiste una morale cristiana?, nella rivista «La Civiltà Cattolica» del 16-IX-1972, pp. 449-455).



LA LEZIONE EVANGELICA

Se dunque l’operare assurge al primato dei valori che qualificano la vita, lasciando talora praticamente in ombra perfino la precedenza del conoscere e l’eccellenza dell’essere, da cui tuttavia, volere o no, esso dipende (nil cupitum quin praecognitum, e operari seguitur esse, dicono i maestri), il problema numero uno si concentra sul contenuto dell’operare, vale a dire sul che cosa dobbiamo fare e sul perché della nostra attività, sull’oggetto e sull’intenzione. Qual è quindi il dovere principale della nostra esistenza? Si può riassumere in un ideale dominante il programma generale del nostro operare?

Noi vorremmo che tutti sapessero scoprire l’altezza e la semplicità meravigliose della lezione evangelica, a questo riguardo. Tutti la conosciamo, ma rileggiamola insieme. «Un dottore della Legge, volendo mettere (Gesù Signore) alla prova, gli domandò: Maestro, qual è il maggiore comandamento nella Legge? Ed Egli a lui: Ama il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tua (e l’Evangelista S. Marco aggiunge: e con tutte le tue forze - ). È questo il primo e massimo comandamento. Il secondo poi è simile a questo: ama il prossimo tuo come te stesso. A questi due comandamenti si riduce tutta la Legge ed i Profeti» (Mt 22,35-40).

Così aveva già parlato Iddio nell’antico Testamento (Cfr. Dt 6,5). Gesù convalida: questo è da fare. La volontà di Dio su l’uomo è questa: che egli ami Dio e il prossimo. E qui è il nodo centrale di tutta la morale, il fine supremo del volere, il primo principio del retto operare. Vi sarebbero tante cose da dire a commento di queste insuperabili parole; troppe per questa nostra conversazione. Notiamo, solo ad esempio, la logica necessità e la felice possibilità di concentrare tutti i doveri in due principali, anzi in uno solo, fine e principio del retto operare: quello dell’amore di Dio con quello complementare dell’amore del prossimo; e questa possibilità è, specialmente sotto l’aspetto didattico e mnemonico, molto utile, molto comoda, potremmo dire, per ogni mentalità, specialmente oggi per noi moderni, che abbiamo in fastidio lo sforzo mentale e il nozionismo. Il Vangelo ci porta subito al vertice, e in un duplice dovere tutto sintetizza, e tutto «in nuce» contiene e gerarchizza: l’oggetto supremo è l’amore, il fine anche per cui dobbiamo compiere i doveri subalterni: l’amore. «La pienezza della legge è l’amore» (Rm 13,10).



IL SIGNIFICATO DELL’AMORE

E qui ci si presenta una formidabile questione: sappiamo noi veramente che cosa è l’amore? Non è questa parola fra quelle più usate, e perciò fra le più difficili a definirsi? fra quelle polivalenti nei significati, a cui è attribuita? Non è fra le più equivoche, perfino fra le più sublimate e le più degradate? Non si riferisce a forme fra sé contrarie del nostro spirito, in senso verticale, riferita alle ascensioni verso Dio, che è Amore, e verso il Quale è essenzialmente rivolta la nostra vocazione naturale e soprannaturale? (sintesi di S. Agostino: Tu - o Dio - ci hai fatti per Te; ed il nostro cuore è inquieto finché in Te non riposi!) (S. AUG. Conf. 1, 1); e riferita questa parola alle discese più volgari e degradanti dell’animalità sensuale e perfino innaturale, come un fatale peso di gravità, non trascina forse al basso, sotto i livelli d’ogni decenza e d’ogni onesta felicità? E in senso orizzontale, cioè interpersonale, non può l’amore significare, a volta a volta, la dedizione più generosa, ovvero la brama più egoista, o anche le due cose insieme? Non sarà facilmente possibile dare un significato univoco all’ambigua parola «amore», che oscilla fra «eros» e «agape» (carità), fra una simpatia istintiva e passionale e una aspirazione al bene, alla felicità, alla vita.


LA SCELTA DEL SOMMO BENE

Come praticheremo questo fondamentale precetto dell’amore di Dio e del prossimo, se il vocabolo stesso non ci aiuta ad un’esatta interpretazione del suo significato? Ecco: dovremo innanzi tutto procurare d’avere le idee chiare. L’amore vero è l’atto cosciente e volontario verso il bene. La natura ci aiuta a dirigerci verso il bene; l’inclinazione, amore istintivo e sensitivo, si fa atto di volontà; diventa vero amore; si tratta allora d’una duplice operazione: la scelta e la forza. Dobbiamo scegliere (in ordine intentionis) il sommo Bene, quello che solo e davvero è proporzionato all’insaziabile ampiezza del nostro potere di desiderare e di amare; e poi dobbiamo far convergere tutte le nostre forze spirituali e sentimentali verso il Bene supremo ch’è Dio. E da questo compimento del primissimo dovere, lo sforzo composito d’intelligenza e di volontà, che fissa in Dio, Lui stesso Amore supremo, la nostra gravitazione morale, anzi trae da Lui la nostra energia operativa, deriva la capacità di compiere ogni altro dovere (ordo executionis), che si pianifica su quel primo e assume la sua onestà, la sua dignità, la sua forma di conversazione della creatura col Creatore, del figlio col Padre (Cfr. S. TH. I-II 1,4; E. NEUHAÜSLER, Exigence de Dieu et morale chrétienne, Cerf, 1971; e poi sempre i grandi maestri dell’amore: S. Bernardo, S. Francesco di Sales, ecc.).

Tutta la vita diventa amore. Amore vero, amore puro, amore forte, amore felice. E a questa prima dilezione, ch’è religiosa, come vedete, e non può essere altrimenti, è connessa la seconda, la dilezione del prossimo, sia come scala per salire all’amor di Dio (Cfr. 1Jn 4,20; S. Aug. Tract. in Io., 17, 8); sia come motivo per applicare l’attività propria a servizio e a beneficio del prossimo (Cfr. Rm 13,8-10 1Tm 1,5).


ATTUALITÀ DEL VANGELO

Se noi, noi cristiani avessimo compreso questo Vangelo dell’amore, la sua legge, la sua necessità, la sua fecondità, la sua attualità, non ci lasceremmo sorprendere dal dubbio che il cristianesimo, la nostra fede (Ga 5,6) sia incapace a risolvere nella giustizia e nella pace le questioni sociali, ma che occorra attingere questa capacità al materialismo economico, all’odio di classe e alla lotta civile, col pericolo di affogare la nostra professione cristiana nelle ideologie di chi la combatte e di dare alle questioni umane soluzioni amare, illusorie e fors’anche alla fine antisociali e antiumane.

Ritorna alla memoria ed al cuore l’inno di S. Paolo alla carità: «Quando pure io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la carità, sono solo un bronzo sonante, o un cembalo stonato . . . La carità è paziente, è benigna; non è invidiosa, non si vanta, ecc. La carità non viene mai meno . . .» (1Co 13).

La carità, ecco la sintesi della nostra vita morale. Pensiamoci. Con la nostra Benedizione Apostolica.



Missionari in corsi d’aggiornamento

Un particolare saluto desideriamo rivolgere al numeroso gruppo di Missionari italiani, appartenenti a Istituti diversi, che in questi giorni stanno partecipando, a Roma, ad un intenso ed impegnativo corso di aggiornamento.

Vogliamo dirvi, carissimi figli, il nostro vivo compiacimento per questa provvida iniziativa, che vi vede riuniti per studiare e ritlettere insieme sui problemi più gravi ed urgenti del vostro ministero e per confrontare, in fraterna carità, le vostre esperienze a vicendevole sprone, edificazione e conforto.

Sappiamo che bramate ardentemente di ritornare nei Paesi, che tanto amate e nei quali avete generosamente speso e continuerete a spendere le migliori energie della vostra esistenza sacerdotale. L’Asia, l’Africa, l’America Latina vi aspettano per ricevere ancora dalla vostra voce e dalla vostra vita l’annuncio del Messaggio di Cristo: messaggio di salvezza, di amore, di pace, di giustizia.

Abbiate sempre presente che l’attività missionaria scaturisce direttamente dalla natura stessa della Chiesa, in quanto ne diffonde la fede salvatrice, ne allarga e perfeziona l’universale unità, si regge sulla sua apostolicità, realizza l’impegno collegiale della Gerarchia, testimonia infine, diffonde e promuove la sua santità (Cfr. Ad Gentes AGD 6).

Vi accompagna il nostro trepido e paterno affetto. Con la nostra Apostolica Benedizione.

Terziari Carmelitani

Il nostro cordiale saluto si rivolge ora al numeroso gruppo di Terziari e Terziarie dell’Ordine Carmelitano che, convenuti a Roma da varie regioni d’Italia per celebrare il loro Congresso di studi presso la Basilica di San Martino ai Monti, hanno voluto manifestarci di presenza i sentimenti del loro affetto e della loro devozione.

Nel porgervi un sincero ringraziamento per questa nuova attestazione di pietà filiale, che richiama al nostro pensiero altri graditi incontri da noi avuti con i partecipanti a precedenti Congressi della vostra Istituzione, desideriamo di esprimervi altresì l’interesse e il compiacimento con cui seguiamo la vostra attività, conoscendo come essa si svolga su un piano di costante serietà d’impegno, di generosità e di fede, di interiorità e di fervore: in una parola, di spirito genuinamente cattolico e apostolico. Virtù, queste, che non possono che sbocciare pienamente sul terreno fertile di una spiritualità come quella del Carmelo, la quale trova il suo fulcro nell’imitazione degli esempi di Maria Santissima, che la Chiesa considera sua immagine ideale e non cessa di additare ai suoi figli come maestra di vita interiore, guida a Cristo, modello di ogni operosità apostolica.

Se nutrite legittima fierezza di appartenere ad una famiglia spirituale così benemerita e così ricca di tradizioni secolari, parimenti voi ben comprendete che non minore dev’essere il vostro senso di responsabilità per conservare tale prezioso patrimonio alla Chiesa e per adattarne lo spirito e l’attività alle condizioni particolari di questo periodo postconciliare. Continuate, pertanto, a dare il vostro contributo di collaborazione generosa e disciplinata allo sforzo rigeneratore che la Chiesa sta compiendo, come fautori esemplari di una autentica vita cattolica: mediante la vostra obbedienza, con le vostre virtù, e con un impegno apostolico - nella famiglia, nella comunità ecclesiale e nella società civile - che costituisca veramente l’effusione di una intensa vita interiore, alimentata dall’adorazione e dall’intima unione con Dio.

Noi a tanto vi incoraggiamo, carissimi figli e figlie del Terz’Ordine Carmelitano, pregando la Vergine Santissima che vi sia accanto, in questa opera, a rendere efficaci i vostri propositi per l’edificazione cristiana del mondo presente, e vi ottenga l’abbondanza dei divini favori, in auspicio dei quali volentieri impartiamo a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, agli zelanti Padri Carmelitani dell’Antica Osservanza e a tutti i membri del vostro Sodalizio la nostra particolare Benedizione Apostolica.

L’Associazione Mariana

È presente a questa Udienza un gruppo numeroso e devoto di iscritti alla benemerita Associazione Mariana d’Italia, che stanno celebrando in questi giorni a Roma un incontro nazionale di aggiornamento formativo. Conosciamo ed apprezziamo, figli carissimi, lo scopo di questo vostro convegno che, mirando ad una approfondita presa di coscienza di quanto è necessario per vivere integralmente il cristianesimo nella luce di Maria SS.ma, offrirà efficace stimolo e preziose indicazioni a ciascuno di voi per la santificazione della vita quotidiana, secondo le caratteristiche della personale vocazione di ciascuno, e per l’edificazione dei fratelli. Il culto filiale prestato alla Madre di Dio ha - come ben sapete - questa duplice virtù: da una parte eleva il singolo fedele alla contemplazione e alla imitazione degli esempi di Maria, dall’altra, esso irradia nella comunità dei fratelli la luce spirituale e corroborante che emana da tale contemplazione. Basti questo fugace richiamo per confortare il lavoro che, come diretti responsabili, voi svolgete nei vari centri dell’Associazione. Su di voi, sui vostri iscritti e su tutti i vostri cari noi invochiamo la speciale protezione di Maria SS.ma e, nel suo nome, vi impartiamo di cuore l’Apostolica Benedizione.

L’Opera milanese «Auxilia»

Rivolgiamo ora un pensiero speciale ed un particolare paterno saluto agli allievi dell’Opera milanese «Auxilia», che siamo lieti di vedere vicini a noi, e che ringraziamo di essere venuti.

Cari giovani! Per il bene che vi vogliamo - tanto più grande, in quanto conosciamo le vostre sofferenze, le vostre difficoltà fisiche e morali - noi vi esortiamo anzitutto ad amare il Signore, ad essere amici di Gesù. Non c’è cosa più bella, più entusiasmante, più consolante, dell’amicizia personale, intima, vissuta, con Gesù. Voi, giovani, siete generosi; possedete una grande capacità di amare, di donarvi; siete dunque in grado di comprendere e di realizzare questa sublime amicizia, rispondendo senza riserve all’invito che il Signore vi rivolge. Amatelo, abbiate fede e fiducia in Lui. Il dolore, di cui avete fatto così presto la dura esperienza, è un mezzo particolarmente adatto per raggiungere la pienezza di questo amore, di questa amicizia. Gesù vi aiuterà e vi ricambierà oltre ogni misura, e sarà la luce e il conforto della vostra esistenza. Oggi e domani.

E poi vi raccomanderemo di sapere bene approfittare della educazione e della istruzione che vi viene impartita, allo scopo di attuare la vostra formazione umana e cristiana e la vostra preparazione professionale. Di tutto sappiate far tesoro: delle attività del «campo di vacanze», che ora lietamente vi riunisce a Monte Forzio Catone, e di quelle che riprenderete, con rinnovato impegno, tornando a Milano. Così potrete trovare nella società il posto degno e giusto che meritate e che è doveroso riservarvi.

Ai benemeriti dirigenti di «Auxilia» e agli insegnanti che vi accompagnano, esprimiamo il nostro sincero apprezzamento e incoraggiamento per la missione, tanto nobile, da essi svolta.

A voi, e a tutti i componenti la famiglia di «Auxilia», la nostra confortatrice e propiziatrice Benedizione Apostolica.

Studentesse liceali

È presente a questa udienza anche un gruppo di studentesse liceali, provenienti da varie parti d’Italia, che in questi giorni partecipano a Roma, presso la Residenza Universitaria «Villa delle Palme», ad un breve corso su «I mezzi di Comunicazione».

Il tema del vostro incontro è molto importante. I mezzi dell’informazione e della comunicazione sociale possono esercitare un grande influsso sull’orientamento delle idee e delle scelte, e su tutta l’opera di formazione culturale, umana e cristiana della gente di oggi. È bene che voi vi rendiate conto di questo con chiarezza, fin da ora che siete giovani, per allenarvi a saper difendere la vostra libertà e la vostra autonomia dalle tante sollecitazioni anche non buone che questi mezzi potrebbero presentarvi.

Il vostro soggiorno romano ha anche lo scopo di offrirvi un contatto con le ricchezze artistiche e spirituali di Roma. Sappiate farne tesoro; la vostra età è propizia per apprendere e per arricchirvi di nozioni e di osservazioni che possono lasciare impronte indelebili e incitarvi a programmi di vita limpidi e arditi. Sappiate anche parteciparvi scambievolmente le nuove scoperte: vivendo in gruppo, potete comunicarvi le vostre impressioni, approfondirne il contenuto, e iniziare così quelle amicizie costruttive che poi, consolidandosi con gli anni, vi terranno unite in spirito di fattiva solidarietà, collaborazione e mutuo aiuto.

Di cuore vi auguriamo che questa esperienza sia proficua, soprattutto per la vostra formazione cristiana, e accompagniamo questo augurio con una particolare benedizione, che estendiamo anche alle benemerite responsabili di questa iniziativa.

Sacerdoti dell’arcidiocesi di Pamplona

Co particular alegría damos la bienvenida a vosotros, amadísimos sacerdotes de la archidiócesis de Pamplona, que habéis querido celebrar en Roma los veinticinco años de ordenación sacerdotal.

En este aniversario tan señalado, nos unimos a vuestra acción de gracias al Señor por el don maravilloso del Sacerdocio, y os exhortamos a seguir respondiendo, con amor generoso y con constante entusiasmo, a la vocación excelsa de ser ministros de Cristo en la edificación y santificación de su Cuerpo místico.

A vosotros, a vuestros hermanos sacerdotes de Pamplona, y a vuestros familiares presentes y ausentes impartimos de corazón, en prueba de especial afecto, nuestra paternal Bendición Apostólica.

Studenti anglicani di teologia

We are very happy to receive a group of students of theology from King’s College, London. We welcome especially the Reverend Hickling, well known to us from earlier times at Milan, and Doctor Mascall, professor of historical theology. Your presence here is a sign of the fraternal relations which exist between the Anglican Communion and the Catholic Church. We hope and earnestly pray that through the grace of God these relations may grow in depth and intensity, so that communion in faith and love may be restored between us. May the will of Christ “that all may be one” be fulfilled in us, and may the work of the international Catholic-Anglican Commission, which is meeting at Gazzada near Varese, be a further step towards this goal.

We thank you for coming, and cordially invoke upon you the choicest blessings of God.



Mercoledì, 27 settembre 1972

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Pare a noi che questo incontro privilegiato dell’udienza settimanale con i visitatori carissimi, rappresentanti per noi del Popolo di Dio, cioè della santa Chiesa di Cristo, nasconda nel suo silenzio introduttivo una domanda da parte vostra: come va la Chiesa? che cosa ce ne può dire il Papa? e un’altra domanda da parte nostra: conoscono questi visitatori i bisogni veri e maggiori della Chiesa? e, così buoni e ben disposti, che cosa possono essi offrire per soddisfare questi bisogni? Voi comprendete quale ampiezza di spirito conferiscano a voi ed a noi, rispettivamente simili interrogazioni, anche se non vengono proferite. Ma noi vogliamo, questa volta, proferire subito una prima risposta, nel suo duplice contenuto, per voi e per noi.

Eccola. La Chiesa ha bisogno di fede. E voi, che appunto vi definite fedeli, potete e dovete fare alla Chiesa questo fondamentale e indispensabile dono: la vostra fede. Precisiamo. Parliamo d’un aumento di fede, come noi credenti, con le parole della liturgia, sempre auspichiamo (Cfr. la colletta della XIII domenica dopo la Pentecoste, prima della recente riforma), e come Gesù, spesso nel Vangelo, talvolta perfino con rimprovero, desidera avere dai suoi discepoli. Un aumento di fede, questo, sembra a noi, il primo e grande bisogno della Chiesa, oggi; e questo è bisogno al quale voi, anzi ciascuno di noi, può portare rimedio.

E il discorso si farebbe immenso e complesso. Siete anche voi convinti che la fede è il primo bisogno della Chiesa? è la fede la radice della nostra religione; è il vincolo originario della coesione che ci fa Chiesa; è il principio della nostra unione salvifica a Cristo (Cfr. S. TH.
III 62,6); è la virtù teologale generatrice della speranza (He 11,1) e della carità (Ga 5,5-6). E non possiamo non essere persuasi che la decadenza religiosa nel mondo contemporaneo, il suo progressivo disinteresse per Dio (fino a dichiararlo assurdamente «morto»), il disinteresse abituale per le nostre relazioni con Lui, con la sua trascendenza (vedi il materialismo e il radicale secolarismo, l’ateismo oggi dappertutto in via di diffusione), e con la sua immanenza (vedi l’affievolirsi del senso della sua presenza, della responsabilità delle nostre azioni di fronte a Dio, donde deriva la coscienza morale religiosa, il bisogno di conversione, il rimorso autentico, la vera pace dell’anima, il bisogno e il dovere della preghiera, ecc.), tutto questo crollo spirituale deriva dalla mancanza di fede.

Può rimanere nel cuore dell’uomo, anche senza la fede, un innato, e, in fondo, incoercibile, orientamento verso il mondo divino, anche nell’uomo moderno, tanto profano, e quasi analfabeta per le cose spirituali e religiose; sì, rimane un inconscio e quasi angoscioso bisogno di Colui che È, cioè di Dio creatore, di Dio provvido, di Dio giusto, di Dio Padre (così ci diceva, proprio in questi giorni, uno dei più grandi industriali del mondo); rimane a dispetto degli ateismi ufficiali, almeno come problema, come esigenza intrinseca, un riferimento religioso (lo dice la celebre frase sintetica di S. Agostino: «Tu, [o Dio], ci hai fatti per Te, e è inquieto il nostro cuore finché non si riposi in Te» (S. AUG. Conf. 1, 1); rimane una religione naturale, nascente in noi, e poi da noi costruita, in tante maniere diverse, filosofiche, arbitrarie, e spesso superstiziose e false; ma che cosa vale questa religiosità, se non è sicura di sé? e che cosa può dirci di vero e di solido, se non sa penetrare nella misteriosa Realtà del Dio vivo, personale e ineffabile, e finalmente garantirci che Egli È, e che si trova a noi vicino e a noi comunicato? a noi rivelato? cioè che vale una religione, se pur sopravvive, senza la fede?

La fede è necessaria.

Ma questa affermazione, che non dobbiamo mai dimenticare, fa sorgere un altro formidabile problema, che è questo: ma è poi possibile la fede? E non sono le difficoltà che la fede, come ce la offre tutt’oggi la Chiesa, presenta alla mentalità e al modo di vivere moderno che la scuotono, la fede, e che mettono in dubbio la concezione generale del mondo e della vita, quale il fedele credente deve avere e applicare al suo modo di vivere? Non è questa fede vacillante e debole, che provoca anche fra noi membri della Chiesa, tante inquietudini, tante smanie di evadere dalla via, sempre aperta in avanti, della tradizione, e di tentare di «convertirci al mondo», e d’essere, perché cristiani, non più distinti dagli altri profani e areligiosi, ma come loro, anche nelle forme esteriori e nelle esperienze interiori, affrancati dalla obbligante comunione della Chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica? Cioè: non è una mancanza di fede all’origine del travaglio che fa soffrire la Chiesa, che le diminuisce il gaudio d’essere quello che è, la famiglia di Cristo locale e universale, l’umanità nuova, giusta e pacifica, la Chiesa di Dio?

Ecco perché mettiamo al centro dell’esame sulle condizioni della Chiesa oggi la fede; la fede oggi. Ed ecco perché a voi, fratelli e figli carissimi, fidando sulla vostra intelligenza dei «segni dei tempi», e sulla vostra disponibilità ad aiutare, a far vostra la missione di Cristo nella storia, di costruire la Chiesa (Mt 16,18), domandiamo una più viva, più cosciente, più concorde professione di fede.

Resta certamente aperta la domanda: come è possibile la fede?

A rispondervi vi aiuti l’istruzione religiosa, che certo già voi possedete, ovvero la riflessione che voi vi farete, con la nostra Benedizione Apostolica.

Pellegrinaggio di Ventimiglia

Salutiamo il pellegrinaggio diocesano di Ventimiglia, guidato dal venerato fratello Vescovo, Monsignor Angelo Raimondo Verardo. Siamo lieti di poterci incontrare con una porzione così numerosa e così rappresentativa di questa Chiesa locale.

Carissimi Figli: quando siete nella vostra città, nella vostra diocesi con il vostro Vescovo, oppure nelle singole parrocchie a cui appartenete, con i vostri parroci, voi vivete l’esperienza di essere comunità ecclesiale, situata e adunata in un determinato «luogo», pur restando sempre collegata con la totalità dei fedeli sparsi nel mondo. Ora che siete in pellegrinaggio a Roma, potete avere facilmente l’occasione di percepire, e in qualche modo anche di sperimentare, la dimensione «universale» della Chiesa.

In ricordo di questa esperienza, di questo incontro con l’umile successore di Pietro, portate nella vostra diocesi un amore ancora più grande e una fedeltà ancora più forte a questa nostra Chiesa, che è, appunto, locale e universale insieme, Amore e fedeltà che potrete testimoniare vivendo una fede sempre più profonda, un’Eucaristia sempre più intensamente partecipata, e una carità dalla dedizione senza riserve verso i fratelli. Ditelo anche ai vostri parenti, ai vostri amici, ai concittadini che non sono potuti venire. Il Papa questo vi augura, mentre vi ringrazia per questa visita, e tutti di gran cuore vi benedice.

Convegno di ascetica

I partecipanti al IV Convegno di Ascetica, promosso in questi A giorni a Roma dall’Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, e qui accompagnati dal caro e venerato Monsignor Ferdinando Antonelli, animatore dell’Opera stessa, esprimiamo i sentimenti di compiacenza che ci inondano l’animo nell’accoglierli.

Questo incontro ci torna particolarmente gradito, anche per i soavi ricordi che la vostra presenza, figli carissimi, ridesta nel nostro cuore. Essa, infatti, ci procura la gioia di vedere dinanzi a noi una folta rappresentanza di aderenti ad una provvida Istituzione, alla quale diede vita nel 1929 a Milano il compianto Padre Agostino Gemelli, la cui memoria voi onorate, non soltanto con speciale affetto e venerazione, ma soprattutto col proposito di seguire il suo alto esempio di profonda religiosità e di dedizione piena al servizio di Dio e della Chiesa.

Ben conosciamo le attività, alle quali si dedica l’Opera della Regalità: nel settore liturgico, ascetico e pastorale, mediante opportune pubblicazioni, corsi di esercizi spirituali, settimane liturgiche, convegni nazionali specialmente per i laici. Amiamo, pertanto, lodare e incoraggiare queste intraprese, pregando il Signore di fecondarle con la sua grazia.

Il tema del vostro presente Convegno, che ha richiamato la vostra riflessione sull’«impegno di comunione ecclesiale», ben si addice al momento che la Chiesa attraversa, richiedendo essa da tutti i suoi figli, oggi più che mai, una rinnovata presa di coscienza dei doveri cristiani e una più generosa operosità, affinché la società si apra all’influsso del regno di Cristo. Sono le consegne del Concilio Vaticano II, e sono altresì le nostre ardenti speranze. Vi sostenga l’aiuto celeste per degnamente corrispondere ad esse, mantenendovi saldi nella fermezza della fede e risoluti nell’offrire il vostro contributo di esempio, di solidarietà e di azione al comune servizio ecclesiale.

Grazie, adunque, della vostra visita; grazie soprattutto della vostra testimonianza di fede e di devozione, che siete venuti ad alimentare presso la Tomba dell’Apostolo san Pietro, e che noi volentieri ricambiamo con sincero affetto, mentre nel nome del Signore Gesù paternamente vi benediciamo.

Cattolici dalla Thailandia

We are very happy to greet this morning a group of pilgrims from Thailand, led by the Vice-President of the country’s Catholic Association. We are aware of the devoted work carried out by this organization, and we pray that it will always continue to give whole-hearted service to the Church and to bear effettive witness to Christ and his Gospel.

We hope that your visit to Rome, Lourdes and Fatima will be a source of inspiration and grate. We trust that it will help you to realize more fully the unity of the Church throughout the world, a unity of faith and love and brotherhood.

Upon yourselves and your families at home we cordially invoke the abundant blessings of God.

Fedeli dell’arcidiocesi di Colonia

Mit besonderer Freude richten Wir ein Wort herzlicher Begrüssung an so viele Pilger aus der Erzdiözese Köln. Liebe Söhne und Töchter! Seien Sie alle willkommen an den Gnadenstätten der Ewigen Stadt! Wir danken Ihnen für Ihre guten Wünsche und die frommen Gebete. Sie kommen von Köln. Ihre herrliche Kathedrale ist ein geschichtliches Zeugnis, dass Ihre rheinische Heimat seit Jahrhunderten stets treu zur Kirche und zum Nachfolger des heiligen Petrus gestanden ist. Pflegen Sie immer bewusst dieses grosse heilige Erbe. Lassen Sie sich nicht beirren durch die glaubensfeindlichen Strömungen unserer Zeit. «Stehet fest im Glauben»! Denn ein Leben aus dem Glauben und nach dem Glauben bedeutet fiir einen jeden von uns Lebensfreude und Lebenserfüllung. Dazu erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden aus der Fülle des Herzens den Apostolischen Segen.

Pellegrini del Messico

Nuestro especial y afectuoso saludo a vosotros, amadísimos hijos mexicanos, que en grupo tan numeroso habéis querido venir a Roma para demostrarnos vuestra adhesión a la Sede de Pedro, y continuaréis después vuestra peregrinacion a los Santos Lugares de amor y de la paz.

El espíritu de vuestra visita nos llena de alegría y de consuelo, porque ella nos hace particularmente presente la profunda fe cristiana de vuestro Pueblo, su amor al Sucesor de Pedro y su deseo de trabajar por la paz en el mundo.

Pedimos al Señor que esta peregrinación confirme vuestra fidelidad al Mensaje de Cristo, sentido y vivido según su voluntad, y os acompañamos con nuestra paterna Bendición Apostólica para vosotros, para vuestras familias y para todos nuestros queridos hijos de México.

Mercoledì, 4 ottobre 1972


Paolo VI Catechesi 13972