Paolo VI Catechesi 7100

Mercoledì, 7 ottobre 1970

7100
Una delle questioni fondamentali che investono tutta la vita umana, specialmente ai nostri giorni, è quella che riguarda i principi dell’azione, i criteri dell’ordine morale, la norma del fare; e la questione è così radicale che nella discussione problematica vi sono molti i quali si chiedono: esiste un ordine, una norma, una legge, che presiede, che prestabilisce, che obbliga l’uomo ad agire in una data maniera? L’uomo non è libero? La domanda diventa così incalzante e semplicista, che sembra equivalere a quest’altra: l’indifferenza morale, cioè l’anarchia non è, alla fine, la sua «legge»? Questa e simili domande non se le pone soltanto il pensatore, che a furia di critica corrosiva, rinnegate le ragioni assolute del pensiero e dell’essere, è riuscito a demolire le basi d’ogni obbligazione morale, e ad abolire ogni così detta «repressione», accordando al suo alunno la licenza di tutto fare e di nulla fare, di vivere nella piena spontaneità degli istinti, se le pone intuitivamente non piccola parte della nuova generazione, e praticamente vi dà subito soluzione e applicazione con abituali atteggiamenti di contestazione, di ribellione, di rivoluzione, e con un’unica tendenza: cambiare, senza rendersi chiaramente conto né come, né perché. Per poi: godere.

Quando S. Paolo, allora Saulo, fu folgorato alle porte di Damasco dall’improvvisa luce di Gesù celeste, due furono le sue interrogazioni: «Chi sei tu, o Signore?»; e: «che cosa vuoi che io faccia?» (
Ac 9,3-5) Noi chiamiamo questa scena prodigiosa la conversione di S. Paolo, destinato così a convertire il mondo al cristianesimo.

Notate i due punti interrogativi: la conoscenza di Cristo, la linea nuova d’azione. Conosciuto Cristo, un imperativo bisogno, un comando di operare deriva immediatamente e logicamente. Un cristiano è un uomo che agisce in conformità di questo suo essere, che ha un suo stile, che ha un suo disegno di vita, e, per di più, se veramente fedele alla sua vocazione cristiana, ha anche la forza, la grazia per attuarlo.


GLI INSEGNAMENTI DEL CONCILIO

Il Concilio, - perché ancora noi ci riferiamo a questo grande insegnamento, che la Chiesa ha provvidenzialmente esposto al nostro tempo -, ci richiama a questa restaurazione dell’operare umano: l’ordine morale cristiano (Cfr. Inter mirifica IM 6 Gaudium et spes, GS 87; ecc.).

La formula è semplice, ma la realtà, a cui essa si riferisce, è assai complessa. Implica una quantità di elementi, che fanno parte di un disegno organico di verità: su Dio, sull’uomo, sulla rivelazione e la storia della salvezza; e, più in particolare su l’esistenza d’una obbligazione morale, d’una responsabilità, d’un dovere, che impegna tutta la vita, sulla legge e sull’autorità che la interpreta e la promulga, sulla libertà, sulla coscienza, sulla legge naturale, sulla grazia, sul peccato, sulla virtù, sul merito, sulla sanzione, ecc. Se così è, la prima impressione è scoraggiante: troppo complicata questa concezione della morale cristiana! È tutto un sistema: oggi si è facilmente contrari ai «sistemi». Nel campo pratico specialmente si desiderano idee semplici, formule chiare, parole elementari. Questo sistema finisce nei codici voluminosi, pieni di proibizioni e di precetti, sbocca nella casistica, nel giuridismo. L’uomo moderno vuole una morale moderna.

Questa è un’affermazione assai diffusa e assai importante. È da meditare. Da meditare, perché è vero che oggi abbiamo bisogno di riflettere sui problemi morali; convalidare la nostra coscienza morale; dobbiamo risalire ai principi per avere convinzioni sicure ed operanti; dobbiamo vedere come i progressi delle scienze moderne, la psicologia specialmente, la medicina e la sociologia, entrano nel quadro della conoscenza dell’uomo, l’antropologia, dal quale quadro deriva la scienza dell’operare, cioè la morale, dobbiamo vedere se tante forme dell’operare, tanti costumi, oggi siano ragionevoli, o no; dobbiamo vedere come applicare i principi morali costanti ai bisogni nuovi e alle aspirazioni contingenti del tempo nostro. Il Concilio desidera che siano perfezionati gli studi della teologia morale (Optatam totius OT 16).


TENDENZE ALLA SEMPLIFICAZIONE

E dobbiamo riflettere perché in questo campo della morale, sia teorico che pratico, vige una tendenza generale: semplificare. Si potrebbero studiare i vari aspetti di questa semplificazione, i quali spesso si risolvono in mutilazioni dell’ordine morale, contrariamente all’antico e saggio adagio: bonum ex integra causa, il bene risulta dall’integrità delle sue componenti. Una semplificazione assai di moda, ad esempio, è quella che riguarda la legge morale, quella positiva dapprima e poi quella naturale. Vi è chi contesta perfino l’esistenza d’una legge naturale, stabile e obiettiva. La liceità progressiva trionfa. Dovremo esaminare se sia giustificata da ragionevoli aperture all’indole moderna questa liceità; se non contraddica a norme intangibili; se produca effetti buoni: «dai frutti conoscerete», insegna Gesù (Mt 7,20); se cioè non cancelli la nozione del bene e del male; e se non tolga alla personalità umana il vigore del dominio di sé, del rispetto agli altri, della misura dovuta alla convivenza sociale; e poi se non dimentichi un criterio fondamentale del progresso, il quale non consiste sempre nell’abolizione delle norme operative, ma piuttosto nella scoperta di nuove norme, dalla cui osservanza deriva un vero progresso, una perfezione umana, come sono le norme che favoriscono la giustizia sociale, o quelle che impediscono certe degenerazioni morali, come la guerra, la poligamia, la violazione della parola data o dei trattati, ecc. La liceità può degradarsi in licenza.


IL PRECETTO PIÙ ALTO

Altra semplificazione è quella che sostiene doversi trarre la regola dell’agire solo dalla situazione. Ne avrete sentito parlare. Le circostanze, cioè la situazione, sono certamente un elemento che pone condizioni all’atto umano; ma questo non può prescindere da norme morali superiori e obiettive che la situazione dice se e come siano applicabili nel caso concreto. Limitare il giudizio direttivo dell’agire alla situazione può significare la giustificazione dell’opportunismo, dell’incoerenza, della viltà; addio carattere, addio eroismo, addio, alla fine, vera legge morale. L’esistenza dell’uomo non può dimenticare la sua essenza (Cfr. l’istruzione del S. Offizio del 2 febbraio 1956, A.A.S., XLVIII (1956), pp. 144-145; Allocuzione di Pio XII, 18 aprile 1952, Discorsi, XIV, p. 69 ss.). Senza dire che la coscienza, a cui la morale della situazione si rifà, la coscienza, da sola, non illuminata da principi trascendenti e guidata da un magistero competente, non può essere arbitra infallibile della moralità dell’azione; è un occhio che ha bisogno di luce.

Potremmo continuare. Ma preferiamo concludere con una consolante risposta al desiderio, pur legittimo, di trovare in una sintesi semplificatrice e comprensiva tutta la legge morale; è la risposta data da Cristo stesso a chi gli chiedeva quale fosse il precetto primo e più alto di tutta la legge divina, espressa in quella mosaica e dilatata in tutto il formalismo legale di quel tempo. La conosciamo questa risposta che riassume in un duplice comandamento «tutta la legge ed i profeti», verticale l’uno, oggi diremmo, e fonte del secondo, orizzontale: ama Dio, ama il prossimo (Mt 22,36 ss.). Ecco la sintesi, con tutte le implicanze, ecco il Vangelo; ecco la vita: «Fa’ questo, e vivrai» (Lc 10,28), concluderemo con Gesù. Con la Nostra Apostolica Benedizione.



Gli sposi novelli

Vi rivolgiamo un particolare saluto, un particolare augurio, sempre pensando alla vostra vita di sposi novelli - ne abbiamo ogni settimana una bella schiera - che ci fa tanto meditare sul mistero della vostra vita, quando riflettiamo alle parole che il Signore ha detto: che sono congiunti da Dio. Voi pensate che siano soltanto le cause naturali, l’amore, i casi della vita che portano a fondare una famiglia, codesta unione, ed ecco che il Signore ci ha messo la mano, perché dice: «Ciò che Dio ha congiunto l’uomo non deve separare». Abbiate, figli carissimi, il senso, direi, di questo mistero, di questa unità misteriosa tenuta insieme da Dio, che vi rende - sarebbe qui da fare una lunga spiegazione – complemento l’uno dell’altro, complementari. L’unità è formata da due coefficienti, marito e moglie, i quali si integrano a vicenda e formano quell’unità che è il matrimonio cristiano ed è la famiglia cristiana. E che questa unità sia salda nell’amore, sia salda nella promessa, sia salda nella fedeltà, sia salda nelle sue stesse difficoltà, nelle virtù che essa esige, e possiate quindi portare proprio sempre nella vostra casa questa presenza divina che vi fa uniti, vi fa felici, vi fa buoni, vi fa cristiani e vi fa degni della sua - e Noi ne vogliamo essere interpreti - della sua Benedizione.

I Procuratori della Compagnia di Gesù

... in francese

A special greeting from us is deserved by the large group of operating room nurses from the United States.

Your Christian faith assures you that your work for the sick and suffering is a service of the Lord himself. In his name we thank you now, as We recall to your minds the reward which is promised for such faithful service of his brothers.

We extend a heartfelt welcome to the pilgrims from South Africa who are visiting places made holy by the presence of Christ in his mortal life and by the apostles sent by him to proclaim his message of salvation. May your pilgrimage serve to bring you ever closer to him and strengthen your desire to carry out his will. Our prayers go with you on your journey and in your lives.

Ein Wort herzlicher Begrüssung möchten Wir noch an die anweseden zahlreichen deutschen Pilger aus den Diözesen Münster, Hildesheim, Aachen, Essen, Trier, Mainz, Speyer, Fulda und Limburg richten.

Liebe Söhne und Töchter! Wir heissen Sie alle herzlich willkommen hier in St. Peter, am Grabe des Apostelfürsten. Stehen Sie allzeit treu zur Kirche! Lassen Sie in Ihren Reihen in religiösen Fragen keine Spaltungen aufkommen! Christus, unser Heiland und Erlöser, erleuchte durch seine Wahrheit Ihren Lebensweg und gebe Ihnen reiche Gnadenkraft, Ihr Leben als überzeugte Katholiken aus dem Glauben und nach dem Glauben, entsprechend den Normen des christlichen Sittengesetzes, zu gestalten. Dazu erteilen Wir Ihnen allen und jedem einzelnen aus der Fülle des Herzens den Apostolischen Segen.

Nos complacemos en daros Nuestra paternal bienvenida, amadísimos peregrinos españoles que os dedicáis a actividades educativas y recreativas.

Os exhortamos de corazón a que en vuestro trabajo los valores cristianos ocupen el lugar de guía y de inspiración que les corresponde, para que la vida humana adquiera esa dimensión total de autenticidad, que abre a los hombres nuevos y más amplios horizontes de superación y de progreso.

En prenda de escogidas gracias celestiales, os impartimos a vosotros, a vuestros familiares y a todos Nuestros amadísimos hijos españoles una especial Bendición Apostólica.



Mercoledì, 14 ottobre 1970

14100

La «Giornata missionaria» che sarà celebrata domenica prossima, 18 ottobre, richiama il nostro pensiero a questo grande tema delle Missioni Cattoliche.

Di Missioni si parla molto, e un po’ dappertutto; pare un tema esaurito, riservato ormai alla propaganda oratoria e convenzionale. Noi non siamo di questo parere. Il fatto missionario ci appare sempre così profondo nella dottrina, che esso suppone e che esso attualizza; così complesso nelle forme, in cui si viene esplicando; così drammatico nell’attività, ch’esso inventa e reclama; così grande per le virtù cristiane ed umane, di cui si alimenta; così vasto per le dimensioni geografiche ed etniche, verso le quali è diretto; così moderno per i problemi umani, nei quali esso si innesta; così evangelico per la presenza di Cristo, di cui ci dà la misteriosa e concreta visione; così nostro, per la responsabilità con cui esso investe ciascuno di noi (Cfr. Lumen gentium
LG 17) e la Chiesa intera (Ibid., LG 1 e LG 5), che a noi sembra, il fatto missionario, tema d’inesauribile studio e di sempre incompleta promozione. Per queste, ed altre ragioni, ne facciamo con voi breve parola.


IL DECRETO CONCILIARE «AD GENTES»

Ci limiteremo a presentarvi due domande. La prima: che cosa sapete voi delle Missioni cattoliche? Questa domanda si ramifica in molte altre questioni, le quali non sono superflue, né indiscrete, ma intendono onorare la vostra coscienza e la vostra formazione ecclesiale. Per esempio: avete mai letto e considerato il Decreto conciliare sull’attività missionaria, intitolato Ad gentes? È un grande documento, che riassume la dottrina e l’esperienza del passato, e che apre grandi visioni sopra uno dei caratteri essenziali della Chiesa. «Durante il Concilio, scrive un insigne missionario vivente, che fu impegnato nella redazione del Decreto, in un’esperienza vissuta, la Chiesa si è scoperta missionaria, come non mai ancora ella l’aveva fatto» (P. SCHUTTE).

Il che comporta risalire dalla conoscenza empirica, episodica, geografica e sociologica delle Missioni, conoscenza di cui tutti abbiamo qualche frammento, non foss’altro per le immagini e le avventure, che tante belle riviste missionarie continuamente presentano al nostro sguardo curioso e al nostro facile interesse, ad una conoscenza d’insieme, alla visione panoramica sia della storia della Chiesa, sia della sua natura, dove l’attività missionaria ci appare come una ragion d’essere, uno scopo della Chiesa stessa; «è, dice il Concilio, il dovere più alto e più sacro della Chiesa» (Ad gentes AGD 29).

E questo perché? L’indagine adesso varca le soglie del mistero, e va a rintracciare l’origine delle Missioni nel disegno di Dio (1Co 2,7 Ep 3,9 Rm 16,25), attuato da Cristo, per la salvezza dell’umanità: Cristo, Figlio di Dio, è stato mandato dal Padre «a portare la buona novella» (Lc 4,18); Cristo è il primo e vero missionario, il messaggero e il mediatore del nuovo e soprannaturale rapporto degli uomini col Padre; Egli «è venuto a cercare e a salvare quello che era perduto» (Lc 19,10). Venne come uomo, visibile, nella nostra terra e nella nostra storia. E dopo di Lui e da Lui un’altra divina missione è seguita, invisibile questa di per sé, interiore, nel cuore degli uomini, quella dello Spirito Santo, che già aveva «parlato per mezzo dei Profeti», e che doveva animare tutto il Corpo mistico di Cristo. Il mistero della Santissima Trinità, svelato a noi da queste missioni divine, è perciò alla sorgente dell’economia missionaria della nostra salvezza. È lo Spirito Santo che suscita l’apostolato, altra missione, istituzione esteriore questa, ministeriale, collegata con la designazione degli Apostoli e con la Pentecoste; missione destinata ad essere il canale distributore, nel tempo e nel mondo, della fede e della grazia, e a fungere da strumento edificatore della Chiesa (Jn 20,21 Ga 4,4 Ga 4,6 cfr. CONGAR, Esquisse du mystère de l’Eglise, Cerf 1953, p. 129 ss.; e il vol. Ecclesia Spiritu Sancta edocta, «Mélanges théol.» , hommage à Mgr Philips; Gembloux, Belgique 1970).

Vedete quale origine hanno le missioni! Origine divina, evangelica, apostolica, teologica (Ad gentes AGD 2-3), che si irradia sul mondo con due grandi idee: l’universalità della rivelazione, della redenzione, della Chiesa, non indarno chiamata cattolica, cioè universale (Mc 16,16 Jn 3,18 Ac 16,30-31); e la necessità della salvezza mediante Cristo (Mc 16,16 Jn 3,18 Ac 16,30-31). Le missioni sono l’epifania della fede e della carità, operata dal ministero della Chiesa. Ministero estremamente vincolato alla sua originaria ed autorizzata autenticità; ma altresì ministero libero, nella sua scelta e nel suo svolgimento apostolico.

E quest’ultimo aspetto, quello della sua libera opzione, quello della dipendenza dalla collaborazione umana, ci interessa direttamente; riguarda la storia umana dell’evangelizzazione, documenta le sue audacie e le sue lentezze, riguarda la sua efficienza e la sua debolezza, descrive le sue avventure, le sue imprese, le sue sofferenze, ci presenta i suoi personaggi: sono i Missionari, gli eroi del Vangelo, i predicatori, i martiri, i santi per l’espansione dell’economia della salvezza, i testimoni della Chiesa come sacramento della salvezza, gli operai del primo impianto della Chiesa e del suo primo sviluppo, gli araldi delle civiltà cristiane, i profeti dei supremi destini umani.


UNIVERSALITÀ DELLA RIVELAZIONE

Noi crediamo che una delle ragioni, per cui il nostro popolo sente ed ama la causa delle missioni, sia proprio questa: esso intuisce che ivi è il Vangelo nascente negli uomini, ivi è Cristo vivo, ivi è la Chiesa nel suo atteggiamento più genuino e più generoso. Si potrebbe pensare che le missioni piacciono al popolo di antica tradizione cristiana per i loro aspetti esotici, per le loro storie avventurose, per i loro paesaggi sconosciuti; in una parola, per la loro fenomenologia, impressionante la fantasia, la curiosità, il sentimento. Ma questa figurazione attraente e divertente non ferma a sé lo sguardo, ma subito lo introduce nell’intelligenza della realtà missionaria: una realtà sublime per l’annuncio cristiano che da essa traspare, e per il sacrificio umano ch’essa rende evidente.


PER UNA UMANITÀ PIÙ FRATERNA

Le conoscete, domandavamo, le missioni?

Forse (non è vero?) meritano d’essere conosciute di più! Non foss’altro, esse rappresentano uno degli sforzi più grandi, più perseveranti, più interessanti, più liberi e gratuiti per fare degli uomini dispersi, divisi, o fondati su civiltà temporali, un’umanità più vera, pi6 fraterna, cristiana e tesa verso speranze che vanno oltre il tempo. Bisogna conoscerle meglio le missioni! E abbiamo un’altra domanda da porvi, figli e fratelli carissimi: che cosa fate voi per le missioni cattoliche? per questa colossale e inerme impresa dell’offerta di Cristo al mondo, che ancora non lo conosce? per questa eroica tensione della Chiesa portatrice in tutta la terra della fede e della pace? non siamo tutti corresponsabili della diffusione del Vangelo in mezzo a tutti gli uomini? non vediamo noi chi sono questi missionari e queste missionarie, a noi fratelli e sorelle, che dànno senza risparmio la loro vita per puro amore a Cristo e a popoli lontani e sconosciuti? saremo indifferenti dinanzi a questi esempi paradossali? rimarremo spettatori divertiti ed egoisti davanti a tale spettacolo di sovrumano realismo e d’incomparabile importanza, quando tanta gente «fa il tifo» per ben altre cause, buone forse e interessanti, ma non certo come questa meritevoli di umana e cristiana passione?

Risposta: procuriamo di sentirci solidali con la causa delle missioni: è la causa del Vangelo, è la causa della salvezza facile e sicura d’innumerevoli uomini, è la causa della promozione dei diritti dell’uomo e della vera civilizzazione, temporale e morale, è la causa della nostra stessa coscienza cristiana; questo in primo luogo dobbiamo fare. I missionari non devono sentirsi soli e abbandonati dalla carità dei fratelli insediati nel normale possesso della vita religiosa e civile.

Questo per primo. Il resto viene da sé: preghiera, imitazione, obolo.

E con questi sentimenti nel cuore, da questo punto centrale della Chiesa terrestre, la tomba dell’Apostolo Pietro, mandiamo un pensiero fraterno a tutti i valorosi missionari e missionarie, a tutti i catechisti, a tutte le comunità cattoliche della Chiesa nascente, un affettuoso saluto.

Noi lo accompagniamo per voi e per loro con la Nostra Benedizione Apostolica.



Gli addetti al Culto

Abbiamo qui gli addetti al Culto, d’Italia, che celebrano il loro A primo Congresso Nazionale.

Noi vogliamo anzitutto ringraziarvi, diletti figli, della vostra presenza, e con voi ringraziamo particolarmente il degnissimo Vescovo di Treviso Sua Eccellenza Mons. Mistrorigo che presiede al vostro Congresso. Conosciamo lo spirito, col quale compite le vostre incombenze, umili ma tanto preziose davanti al Signore, nella cui Casa svolgete il quotidiano lavoro. E ci è caro profittare di questo incontro per dirvi tutta la nostra stima e il nostro incoraggiamento.

Voi siete di insostituibile aiuto ai sacerdoti; e ci fa piacere vedervi desiderosi di una qualificazione sempre più cosciente e aggiornata della vostra missione. Perché di vera missione si tratta. Infatti, oltre al dovere di custodire con diligenza le vostre chiese, affinché tutto vi sia ordinato, pulito, nitido di arcana bellezza, oltre essere i custodi gelosi degli arredi e delle opere d’arte, che in esse si conservano, voi siete per definizione «gli addetti al culto», cioè direttamente impegnati nel settore sacro e nel servizio liturgico. Questo richiede oggi da ciascuno di voi il proprio contributo per rispondere generosamente alla volontà della Chiesa che ha preparato, promosso e voluto la riforma liturgica. Voi conoscete molto bene quanto si sta compiendo in tutto il mondo per rendere più consona con le esigenze spirituali dei nostri tempi la vita della Chiesa, che nella liturgia trova una delle sue più frequenti e immediate espressioni.

Ora, anche a voi spetta il compito di dare tutta la vostra opera affinché questo sforzo trovi piena attuazione nelle vostre chiese, nelle vostre parrocchie. Sia perché voi siete sempre al fianco del sacerdote, quando celebra la santa Messa, compie le altre funzioni e amministra i Sacramenti; sia perché siete davanti alla santa assemblea, al popolo di Dio, in attesa e in preghiera; trovandovi sempre, delicatamente attenti e premurosi, prima dell’azione sacra, per preparare degnamente il rito, e dopo di essa, per riassestare convenientemente il luogo sacro.

Tutto questo importa da parte vostra due cose: primo che siate perfettamente consapevoli delle norme che regolano la liturgia rinnovata, e soprattutto dello spirito che la anima. Siate avidi di seguire sui periodici, che sono scritti per voi e anche su altre pubblicazioni, quanto può essere di utile sussidio alla vostra cultura liturgica e professionale.

Noi vogliamo anche lodare e incoraggiare largamente le iniziative che tendono a riunire periodicamente in sede diocesana o interparrocchiale gli addetti al culto in giornate di studio, in convegni, in ritiri spirituali. Sono mezzi indispensabili per la mutua intesa, per la collaborazione e per la formazione, che devono tener alto il livello spirituale del vostro «servizio».

In secondo luogo la vostra presenza, nel luogo sacro davanti ai fedeli, richiede che la vostra condotta sia sempre irreprensibile, la vostra vita cristiana sempre esemplare, la vostra fede, il vostro comportamento e atteggiamento siano in tutto degni del ministero sacro che compite.

In tal modo, più di ogni altro, voi potete «edificare la Chiesa di Dio», cioè la comunità dei fedeli, che dalla vostra pietà, dal vostro zelo, dall’amore che saprete mostrare e ispirare alla casa del Signore, prenderanno norma di edificazione, di elevazione e di pietà. Vedete dunque come il vostro ufficio sia ricco per la Chiesa di promesse e di speranze, e per voi di onore e di soprannaturale dedizione, a cui il Signore non lascerà certo mancare la sua larga ricompensa.

Sappiate the, per tutti questi motivi il Papa vi segue, vi incoraggia, vi predilige, ripone in voi tanta fiducia. E di gran cuore vi benedice.

Gruppo della Televisione Australiana

We know that there are present here today representatives of an Australian television station. We avail ourself of the opportunity thus offered to send through them Our greetings to all people of Australia.

Although we have not yet had the pleasure of being among you, we know of the greatness of your land and the excellence of its people. We are convinced that Australia can play a most important part in bringing about a better future, where in justice and peace all can enjoy the blessings which their Creator provides. We would encourage you to respond fully to the opportunity that is yours, and we pray that God may assist you in undertaking the task and in carrying it out.

We hope before long to give you Our blessing on Australian soil. Be assured even now, however, of Our constant prayers that the Lord may bestow abundant favours upon you, one and all. A special word of ours goes to the Ecumenical Group from Denmark. We welcome you cordially in the name of the Church of Rome and while we hope that your stay is a happy one, We extend to you in the Lord our greeting of peace.


Mercoledì, 21 ottobre 1970

21100

Fedeli al dovere, che a Noi deriva dal Concilio, Noi stiamo cercando di ricordare alcune nozioni generali, proclamate dagli insegnanti conciliari, riguardanti l’operare umano, sicuri come siamo di collegare la nostra parola, da un lato, alla dottrina di Cristo, e, dall’altro, ai problemi ed ai bisogni del mondo presente. È Nostro dovere di favorire la formazione d’una mentalità e d’un costume che meglio corrispondano al vero progresso morale dell’uomo e della società, anche se la Nostra voce si esprime in questi incontri settimanali in modo occasionale e popolare, molto semplice e punto esauriente. Ma vi confidiamo che l’esercizio di quest’umile ministero dà a Noi coscienza della nostra apostolica responsabilità, sentendoci sollecitati a pronunciare qualche Nostro giudizio non già per una competenza diretta e specifica, che non pretendiamo di avere nelle questioni proprie di questo mondo, ma per il riferigli insegnamenti conciliari, riguardanti l’operare umano, sicuri come mento che ogni questione umana ha con la concezione globale della vita e dei suoi fini supremi, e per l’occhio critico, che da tutte le parti, anche profane, si fissa sopra di noi per vedere se noi davvero abbiamo funzione universale di magistero dottrinale e morale.

Con sorpresa di non pochi, riaffiora, stranamente rivendicata, la parola di S. Paolo: «Spiritualis homo iudicat omnia», l’uomo spirituale giudica di ogni cosa (
1Co 2,15), parola che risuonò, con la forza propria del medio-evo, nella celebre e contestata sentenza di Bonifacio VIII, affermante che ratione peccati, cioè sotto l’aspetto morale trascendente, in ordine a Dio, « ogni cosa umana è soggetta » alla potestà delle chiavi di Pietro (Cfr. DENZ.-SCHÖNM., DS 873-873). Poco fa, ad esempio, per un sopruso delittuoso avvenuto in un’isola pagana del Pacifico, un giornale locale chiedeva: « che cosa ne dice il Papa?».

Questa prefazione vi dice come sia doveroso e penoso per Noi richiamare la riflessione degli uomini di buona volontà su alcuni fatti che accadono oggi sulla scena del mondo, i quali, per se stessi, per la loro singolarità e gravità, e per il loro ripetersi, che va oltre l’episodio e sembra indizio d’una improvvisa decadenza morale, feriscono la comune sensibilità.


CONTINUE OFFESE ALLA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA

Quali fatti? le torture, ad esempio. Se ne parla come epidemia diffusa in molte parti del mondo; e se ne indica, forse non senza qualche politica intenzione il centro in un grande Paese, teso in uno sforzo di progresso economico e sociale, e finora da tutti onorato e qualificato come libero e saggio. Ebbene le torture, cioè i mezzi polizieschi, crudeli, e inumani, per estorcere confessioni dalle labbra di prigionieri, sono da condannarsi apertamente. Non sono ammissibili oggi, nemmeno col fine di esercitare la giustizia, e di difendere l’ordine pubblico. Non sono tollerabili, nemmeno se praticate da organi subalterni, senza mandato, né licenza delle superiori Autorità, sulle quali può ricadere la responsabilità di simili abusive e disonoranti prepotenze. Sono da sconfessarsi e da abolirsi. Offendono non solo l’integrità fisica, ma altresì la dignità della persona umana. Degradano il senso e la maestà della giustizia. Ispirano sentimenti implacabili e contagiosi di odio e di vendetta. Dove ci è stato possibile, noi abbiamo deplorato e cercato di dissuadere dal ricorso a simili barbari mezzi.

Le Autorità della Chiesa e l’opinione pubblica dei cattolici hanno levato la loro voce contro tali iniqui abusi di potere. Queste categoriche affermazioni hanno ragione di principio, perché sulla realtà di certi fatti noi non abbiamo titolo di pronunciarci, specialmente dopo smentite e rettifiche, che sono spesso date da organi qualificati e da indagini particolari. Come pure queste affermazioni non intendono coonestare violazioni private, o collettive dell’ordine pubblico, che possono aver dato pretesto a tali eccessi da parte dei tutori dell’ordine stesso. Anzi qui si presenta un’altra categoria di misfatti, che il senso cristiano della vita sociale non può ammettere come leciti. Diciamo della violenza, del terrorismo, impiegati come mezzi normali per rovesciare l’ordine stabilito, quando questo non rivesta esso stesso la forma aperta, violenta e ingiusta di un’oppressione insopportabile e non riformabile senza l’uso della violenza, entro i limiti dettati dalla prudenza e dalla giustizia.

Anche questa mentalità e questi metodi sono da deplorarsi. Essi producono danni ingiusti e provocano sentimenti e metodi deleteri della vita comunitaria, e sfociano logicamente nella diminuzione o nella perdita della libertà e dell’amore sociale. La teologia, così detta, della rivoluzione non è conforme allo spirito del Vangelo. Voler ravvisare in Cristo, riformatore e rinnovatore della coscienza umana, un sovversivo radicale delle istituzioni temporali e giuridiche, non è interpretazione esatta dei testi biblici, né della storia della Chiesa e dei Santi. Lo spirito del Concilio mette il cristiano a confronto col mondo in termini del tutto diversi (Cfr. Gaudium et spes; Dignitatis humanae DH 11 DH 12; così la ormai ricca bibliografia in proposito, p. es. LE GUILLON, in Evangile de Révolution; La violenza, Settimana degli Intell. catt. Francesi, 1967; Violenza o non violenza? ed. Ekklesia; SCHUTZ, Violence des pacifiques, Taizé, 1968; CULMANN, Jésus et les révolutionnaires de son temps, 1970; Civiltà Cattolica, maggio 1968: «La tentaz. della violenza»; ecc.).


LE VIE DELLA GIUSTIZIA E DEL DIRITTO

Che cosa diremo delle repressioni micidiali non solo contro formazioni armate e ribelli, ma verso popolazioni inermi e innocenti? Che cosa circa certe oppressioni pesanti e intimidatorie su interi Paesi? Tutti vedono come la guerra continua nel mondo. Il giudizio si fa tanto più difficile e riservato quanto più la complessità dei fatti e delle loro componenti si sottrae ad una adeguata conoscenza. Ma anche qui: la condanna, di principio almeno, non può essere taciuta. Noi non siamo per la guerra, anche se questa può essere purtroppo ancora oggi talvolta imposta da supreme necessità di difesa. Noi siamo per la pace. Noi siamo per l’amore. Noi continuiamo a sperare nella liberazione del mondo da ogni conflitto distruttore e micidiale. Noi auspichiamo sempre, e sempre di più, che le aspirazioni alla giustizia, al diritto, al progresso trovino le loro vie pacifiche, umane e cristiane, nelle istituzioni internazionali fondate e da fondarsi a tale scopo.

Non è finita la serie delle Nostre deplorazioni: i dirottamenti aerei, i sequestri di persone, le rapine a mano armata, i commerci clandestini di droghe, e tanti altri fatti delittuosi, che riempiono le cronache dei nostri giorni, reclamerebbero la nostra denuncia e la nostra morale condanna. Ci conforta sentire solidale la deplorazione di questi fatti dell’opinione pubblica; così fosse essa concorde la ricerca logica delle cause di simili aberrazioni! E ancora ci sostiene l’amore che abbiamo anche per l’uomo delinquente e conserviamo nel cuore l’inestinguibile fiducia nel ricupero umano d’ogni volto che porta il riflesso di quello di Dio. Crediamo infatti nella bontà e nella misericordia di Dio e nella redenzione di Cristo.

Sia a voi tutti la Nostra Benedizione Apostolica.



Il Consiglio plenario dell’Ordine dei Frati Minori

Ci è gradito rivolgere un particolare saluto ai membri del Consiglio Plenario dell’Ordine dei Frati Minori, i quali hanno desiderato partecipare a questa Udienza insieme con il loro Ministro Generale, il caro e venerato P. Costantino Koser. Sappiamo che essi sono convenuti a Roma, in rappresentanza delle Conferenze dei Padri Provinciali, per discutere alcuni importanti problemi che riguardano la vita della propria Famiglia religiosa, e che l’argomento principale dei lavori è - secondo le esatte parole della Regola di S. Francesco - «lo spirito della santa orazione e devozione».

Questo tema, diletti Figli, ci sembra davvero opportuno e felice, perché vuol essere come un ritorno, ideale e concreto ad un tempo, alla matrice primigenia del vostro Ordine nell’assidua e ispirata ricerca di quel fervido amore di Dio, che rese Francesco pauper et humilis «tutto serafico in ardore» (DANTE, Paradiso, XI, 37). L’incremento dell’autentico spirito di pietà resta sempre al centro della consacrazione religiosa, e le stesse opere di carità verso i fratelli è da qui che ricevono orientamento e vigore.

A tutti coloro che fanno professione dei consigli evangelici, il Concilio Vaticano II ha raccomandato «di cercare, prima di ogni cosa, e di amare Iddio, il quale per primo ci ha amato», e quindi «di coltivare con assiduità lo spirito di preghiera e la preghiera stessa attingendoli alle fonti genuine della spiritualità cristiana» (Perfectae caritatis PC 6). Come non porre tra queste fonti la spiritualità del vostro grande Patriarca? La pietà francescana, che è meditazione amorosa del Cristo nel presepio e sulla Croce, è sorgente ricchissima per voi, per i vostri confratelli e per tutta quanta la Chiesa, e bene avete fatto nel risalire fino ad essa per gustarne ancora la perenne freschezza.

Con questo fugace richiamo ai valori più alti della vostra vocazione, formuliamo paterni auguri per il vostro attuale Convegno e mentre per voi invochiamo l’abbondanza dei celesti favori, vi impartiamo di cuore la Nostra speciale Benedizione, che estendiamo a tutti i sacerdoti e laici delle Comunità dell’Ordine.

Società Divine Vocazioni

Ci reca grande consolazione poter rivolgere una parola di elogio e di incoraggiamento ai quaranta Padri Capitolari e membri del Consiglio Generalizio della Società Divine Vocazioni, che partecipano a questa Udienza col loro Superiore Generale. Ci si offre infatti l’occasione di rivolgere a voi, come a tutti i vostri confratelli Vocazionisti, l’espressione della Nostra ammirazione e gratitudine per lo scopo così nobile e alto e grande e meritorio, a cui dedicate energie, sforzi, sacrifici: cioè la scelta delle vocazioni sacerdotali e religiose, attraverso scuole e istituti particolari, anche con la collaborazione prestata a tale scopo alle diocesi e alle famiglie religiose. Non abbiamo bisogno di dirvi quanto la cura delle vocazioni ci stia a cuore, perché, ogni anno, rivolgiamo a tutto il mondo il nostro messaggio per la giornata universale di preghiere: ci basti dirvi che voi corrispondete ad una delle sollecitudini più vive del Cuore di Cristo, quella di preparare gli operai della messe (Cfr. Mt 9,38), i ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio (1Co 4,1), coloro che continuano nel mondo la presenza del Salvatore col rinnovare il suo Sacrificio, col dispensare la sua grazia, col proclamare la sua parola, con l’annunciare la sua consolazione ai poveri, agli afflitti, ai malati. Vi assista in quest’opera la grazia onnipotente di Dio: e la Benedizione Apostolica vi assicuri tutta la Nostra benevolenza.

Convegno dei Religiosi Ospedalieri

Ecco davanti a Noi gli oltre .trecento Assistenti Religiosi Ospedalieri, che partecipano al loro primo Convegno Nazionale a carattere unitario, promosso dalla Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori, in collaborazione con l’apposito Ufficio della Conferenza Episcopale Italiana. Vi diamo un paterno benvenuto, non disgiunto dall’apprezzamento sincero e cordiale per l’opera che svolgete negli Ospedali d’Italia: vediamo in voi come altrettanti buoni Samaritani, che fanno proprie le sofferenze del prossimo, porgendogli il conforto più alto, il balsamo più duraturo, l’unico che dia pace, e forza, e rassegnazione sovrumane, perché proviene non dagli uomini, bensì da Dio.

Ci fa piacere di vedervi uniti per studiare insieme, pur nella diversità dell’appartenenza alle varie famiglie religiose, i problemi inerenti alla vostra nobilissima missione, per avere luce e incoraggiamento a continuarla con perseveranza e generosità, pur tra le difficoltà che essa presenta, tanto essa è delicata, e richiede pazienza e cordialità, riserbo e tatto, fede vivissima e spirito soprannaturale. Vi sostenga nell’adempimento fedele del vostro dovere il pensiero che voi trovate Cristo negli ammalati («ero infermo e mi avete visitato») (Mt 25,36), e che voi portate Cristo agli ammalati; ne siete come la presenza visibile, ne continuate la missione: «pertransiit benefaciendo» (Ac 10,38) perché anche voi passate fra gli infermi seminando il bene. Adeguate sempre la vostra parola e il vostro tratto a questo sublime Modello, da cui trae origine e forza la vostra vocazione di Religiosi: e sappiate che il Papa prega per voi, e a tutti imparte l’Apostolica Benedizione, in pegno delle eterne ricompense alla vostra dedizione.

Ispettori e funzionari dell’Annona di Roma

Salutiamo ora di gran cuore il folto gruppo degli Ispettori e Funzionari dell’Annona del Comune di Roma, col loro Assessore, l’onorevole Luigi Martini, venuti come ogni anno a presentarci il loro omaggio in occasione della festa patronale, unitamente ai loro familiari. Vi ringraziamo di questo gentile pensiero, vi ripetiamo la Nostra benevolenza, e vi auguriamo un felice lavoro, quel lavoro quotidiano, che sappiamo così vasto e impegnativo e insostituibile, perché deve far fronte alle esigenze sempre crescenti e sempre nuove del vettovagliamento di una città come Roma, con la sua formidabile espansione urbana e turistica. La vostra attività ha perciò un chiaro riflesso spirituale: e poiché è un servizio di prim’ordine, di necessità inderogabile, volto in favore della comunità, sappiate compierlo con spirito di collaborazione, di fratellanza, di carità. In una parola: con lo spirito del Vangelo. Date ogni giorno un colpo d’ala alla vostra fatica e al vostro assillo: e vi assista in questo impegno il vostro Santo Protettore, l’Arcangelo Raffaele. Con voi e per voi lo preghiamo, mentre a tutti impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione.

Infermi della Baviera

Ein wort herzlicher Begrüssung mochten Wir auch an den Kranken-Pilgerzug des Caritasverbandes und der katholischen Kirchenzeitung aus München richten. Liebe Söhne und Töchter! Alle in dieser Basilika heute anwesenden Pilger bringen Ihnen mit Uns in aufrichtiger Anteilnahme die besten Wünsche zum Ausdruck.

Die Leitung des Pilgerzuges hat dieser Romfahrt den Namen gegeben: Sonnenzug der ranken. Damit sind die richtigen Akzente gesetzt. Denn von schwerem Leid heimgesucht sein bedeutet nicht, einem dunklen Schicksal überantwortet zu werden und darum verzweifeln zu müssen. Vom Glauben her strömt viel Licht und Sonne und Wärme in Ihr geprüftes Leben. Im Aufblick zu Christus, dem «Mann der Schmerzen», gewinnen Ihr Leid und Ihre Krankheit einen tiefen Sinn. Tragen Sie mit Christus für das Heil der Welt Ihre Prüfung und « Gott..., der uns in Christus Jesus zu seiner ewigen Herrlichkeit berufen hat, wird euch vollenden, stärken, kräftigen und befestigen» (1P 5,10).

Unsere besondere Anerkennung und Unseren väterlichen Dank wollen Wir noch den Ärzten, den Helfern der Bundeswehr und des Malteserdienstes wie allen Krankenschwestern aussprechen, die durch ihren freiwlligen Einsatz dieses eindrucksvolle Zeugnis wahrhaft christlicher Nächstenliebe geben und so den « Sonnenzug » ermöglicht haben.

Allen Pilgern endlich aus den Ländern deutscher Sprache erteilen Wir als Unterpfand reichen himmlischen Trostes Unseren Apostolischen Segen.

Herzlich willkommen heissen Wir den grossen Pilgerzug des Cäcilienverbandes der Erzdiözese Köln. Anlässlich des hundertjährigen Bestehens Ihres verdienten Verbandes soll Ihre diesjährige Romfahrt der krönende Abschluss der Jubiläumsfeierlichkeiten sein. Wir nehmen herzlichen Anteil an Ihrer Freude und entbieten Ihnen Unsere Glüchkwünsche. Die Kirchenchöre haben eine hohe, unentbehrliche Aufgabe zu erfüllen, «weil der gottesdienstliche Gesang einen notwendigen und integrierenden Bestandteil der feierlichen Liturgie ausmacht» (Cfr. Sacrosanctum Concilium SC 112). Wir danken Ihnen darum für Ihre wertvolle Mitarbeit und bitten Sie, sich auch weiterhin «unter Wahrung der Richtlinien und Vorschriften der kirchlichen Tradition» (Ibid.) für eine würdige musikalische Ausgestaltung des Gottesdienstes einzusetzen.




Paolo VI Catechesi 7100