Paolo VI Catechesi 20671

Mercoledì, 2 giugno 1971

20671

Abbiamo celebrato la Pentecoste, cioè la festa della effusione dello Spirito Santo, in forma nuova e più piena nel mondo, e con l’evidente intenzione divina di animare gli uomini secondo un particolare disegno, cioè quello di formare una comunione, anzi una comunità, la Chiesa, il Corpo mistico di Cristo.

Viene subito alla mente una domanda: tutta l’umanità è invasa da questa effusione, ovvero solo una porzione? cioè: è questo piano divino universale, o particolare? tutti gli uomini indistintamente vi sono associati, o soltanto alcuni? La domanda sottintende una questione personale: noi siamo compresi in questo disegno provvidenziale, ovvero ne siamo esclusi? è questo dono gratuito, ovvero condizionato?

Queste sono questioni teologiche altissime: ma ci toccano da vicino e praticamente; riguardano l’economia della salvezza, riguardano la concezione del cristianesimo, riguardano il nostro singolo e personale destino. Faremo bene a dedicarvi la nostra riflessione, la quale, in questa sede e in questo momento, si restringe a poche sillabe di risposta. Come questa: ci è manifesta un’intenzione divina di salvezza per tutti, universale, cattolica: «Dio . . . vuole che tutti gli uomini si salvino» (
1Tm 2,4 Ga 3,28 Rm 10,12). Cristo ha compiuto un’opera di redenzione per tutta l’umanità; e lo Spirito di Cristo è inviato per «rinnovare la faccia della terra» (Ps 103,30). Ma l’applicazione di questa grazia redentrice, per sé cosmica, universale, è subordinata a certe condizioni, il cui studio, com’è chiaro, è importantissimo: come possiamo ottenere questa salvezza del Padre, per opera di Cristo, nello Spirito Santo? Una prima risposta ci immerge nel mistero della libertà divina: «Lo Spirito soffia dove vuole» (Jn 3,8); Dio salva chi Lui vuole (Rm 9,18). È il famoso e impenetrabile mistero della predestinazione (Rm 8,29-30 Ep 1,5 Ep 1,11); il mistero che ha affaticato la mente dei teologi, cattolici (Vedi S. AGOSTINO, De Corr. et gr. 8, 17; PL 14, 925, e S. TOMMASO, cfr. I 23,0-24) e non cattolici, ed ha più volte impegnato il magistero della Chiesa (Cfr. Conc. Trid., DENZ.-SCH., DS 1540 805; ecc.), per sostenere che ogni beneficio soprannaturale ci è gratuitamente elargito da Dio, senza che con ciò si affermi essere superfluo l’esercizio della nostra libertà, né esservi una predestinazione fatale al male e alla dannazione.

Ma vi sono altre condizioni che sono invece da noi conoscibili, anzi operabili. La prima di queste è la diffusione del piano redentore e perciò dello Spirito Santo mediante l’annuncio, la testimonianza, la predicazione, l’apostolato, l’attività missionaria, da un lato, e mediante l’ascolto, l’istruzione, l’accettazione, la fede, dall’altro. Il piano divino si svolge come un grande dialogo (Cfr. Rm 10,13), come un dramma della Parola di Dio nell’incontro dello sforzo del ministero apostolico e del libero gioco d’accoglienza, di trascuranza, di rifiuto dell’uomo, a cui il ministero si rivolge. Può l’uomo entrare nel cono luminoso della grazia da sé? non basta il libro, cioè la Sacra Scrittura, a metterlo in contatto con l’azione salvatrice dello Spirito di Cristo? Dio tutto può fare; ma l’economia storico-sociale stabilita dal Signore contempla questa vitale condizione, la Chiesa; la Chiesa maestra, la Chiesa qualificata in una speciale funzione di custode, di docente, d’interprete della Sacra Scrittura, il cui Verbo può risonare oscuro, incerto e perfino fallace, se non proferito dalle labbra che hanno il carisma di incarnarlo storicamente e logicamente in autentica ed univoca Verità.

Parole difficili queste? non crediamo. Voi ben comprendete come esse si riflettano sopra dottrine ed avvenimenti, di cui il nostro tempo è agitato e voi stessi forse avete esperienza. Il fatto religioso, si voglia o no, in un senso positivo o negativo, urge sulla storia presente del mondo; si pronuncia in ideologie che diventano correnti sociali, metodi pedagogici, drammi politici. L’uomo moderno, forse senza ch’egli sempre se ne avveda, si orienta in ordine a categorie di pensiero, le quali non possono prescindere dal riferimento al polo estremo delle filosofie umane e delle valutazioni morali, il quale polo è sempre la religione; la religione vanificata, o mito, o gemito verso il «Dio ignoto», ovvero la religione via, verità e vita, ch’è quella di Cristo, luce e forza e gaudio dello Spirito Santo, di cui la Chiesa è l’umile, ma fulgente lampada e il circoscritto, ma sempre aperto santuario.

Beati voi, figli e fratelli carissimi, se comprendete queste semplici, ma sublimi cose. Voi condividerete così la passione della Chiesa, in quest’ora drammatica (Cfr. 2Co 7,5), in cui dal suo seno stesso le sorgono inverosimili tribolazioni (chi non le vede, chi non le soffre?); ma parteciperete altresì, ed è ciò che più vale, al suo vero, moderno rinnovamento e al suo interiore e inesauribile gaudio spirituale (2Co 7,4).

Con la Nostra Apostolica Benedizione.



Sacerdoti educatori nei seminari

Un particolarissimo saluto, pieno di affetto e di stima anche al gruppo di Sacerdoti, qui presenti, che stanno frequentando il corso annuale per educatori di Seminari presso la facoltà di scienze dell’educazione dell’Università Salesiana di Roma. La missione vostra, Sacerdoti carissimi, è grande perché riguarda uno dei settori più delicati della Chiesa. Da essa, infatti, dipende in non piccola parte l’efficacia della formazione di coloro che si preparano al sacerdozio, e del ministero che un giorno essi dovranno svolgere.

Nessuno ignora quante e quanto grandi difficoltà incontra oggi chi si dedica a questo particolare servizio nella Chiesa. Sono difficoltà che, come voi stessi ben sapete, riguardano non solo gli alunni del Santuario, ma bensì tutta la gioventù del nostro tempo. Bisogna avere la massima considerazione di questo fatto. Anche se le norme primarie e fondamentali dell’educazione del giovane Clero non devono essere abbandonate, tuttavia si deve tener conto della nuova mentalità e delle esigenze che essa comporta. Con questo spirito sono state preparate le recenti norme emanate a questo riguardo dalla Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, che Noi vivamente vi raccomandiamo e che non poco agevoleranno il vostro lavoro.

Preghiamo pertanto Cristo Signore perché guidi le vostre fatiche e le renda feconde di abbondanti e durevoli frutti per il bene della Chiesa; e volentieri confermiamo questa nostra preghiera con la propiziatrice Apostolica Benedizione.

Professionisti sanitari ausiliari

Ed ora un cordialissimo saluto al gruppo delle partecipanti al Convegno Nazionale dell’Associazione Cattolica Italiana Professionisti Sanitari Ausiliari. Desideriamo esprimervi il Nostro sincero compiacimento, figlie carissime, per l’opera da voi svolta con tanta dedizione per la formazione religiosa e morale delle infermiere specializzate, e che Noi seguiamo con grande conforto del Nostro animo. I progressi raggiunti dalla vostra Associazione - nata per iniziativa delle Donne di Azione Cattolica è già riconosciuta come Associazione autonoma dalla Conferenza Episcopale Italiana - confermano eloquentemente l’alto valore del vostro servizio. Volentieri pertanto formuliamo voti per il costante sviluppo delle vostre attività, e vi incoraggiamo a proseguire con l’assicurazione della Nostra benevolenza, con l’aiuto della Nostra preghiera e col pegno della Nostra Apostolica Benedizione.

La carità nel mondo

Dear friends,

It is a pleasure for us to welcome in Saint Peter’s your distinguished group of leaders of the Anti-Defamation League of B’nai B’rith.

On this occasion We are pleased to reiterate the wish of the Vatican Council “to foster and recommend that mutual understanding and respect which is the fruit above all of biblical and theological studies and of brotherly dialogues” (Nostra aetate, 4).

In our own ministry of reconciliation and peace We are especially sensitive to all forms of discrimination, which impede fraternal charity among men and offend human dignity and God himself. We have recently spoken out against all discrimination based on race, origin, colour, culture, sex or religion (Cfr. Apostolic Letter of May 14, 1971, Octogesima adveniens, 16).

We pray that the Lord, the Father of all, may bless your efforts for creating that climate between Christians and Jews, and among all men, in which his love will reign for the well-being of all mankind.

Sacerdoti nel ministero per i lavoratori

Einen besonderen Gruss richten Wir an die Gruppe von siebzig Priestern aus der Erzdiözese Paderborn, die anlässlich der achtzig- Jahrfeier von Rerum novarum zu einem kurzen Studienaufenthalt in der Ewigen Stadt weilen.

Ihr priesterliches Wirken in Ihrer Heimatdiözese gilt vor allem der Seelsorge in der Katholischen Arbeiterbewegung. Obwohl jeder einzelne Christ in seinem jeweiligen konkreten Lebensbereich zum Apostolat aufgerufen ist, kommt gerade in den gegenwärtigen Verhältnissen, wie das Zweite Vatikanische Konzil betont, der gemeinschaftlichen und organisierten Form des Apostolates in den Pfarreien, auf Diözesan- und Landesebene, eine verstärkte Bedeutung zu (Dekret über das Laienapostolat, Nr. 18).

Es wäre daher verfehlt, die Bildung der vom Konzil angeregten neuen kirchlichen Strukturen so zu verstehen, als ob dadurch die bewährte Arbeit der Verbände, wie der Katholischen Arbeiterbewegung, ersetzt werden sollte. Wir begrüssen darum den in der kürzlichen Gründung des Bundesverbandes der Katholischen Arbeiterbewegung in Würzburg zum Ausdruck gebrachten Willen zu grösserer gemeinsamer Zusammenarbeit und begleiten Ihr seelsorgliches Wirken mit Unseren besten Segenswünschen.

Ein Wort herzlicher Begrüssung richten Wir auch an die «Rompilgerfahrt der Kirchenchorsanger aus der Diözese Regensburg». Liebe Söhne und Töchter! Die Diözese Regensburg hat sich seit vielen Jahrzehnten durch die Pflege der Kirchenmusik hohe Verdienste erwoben. Mit Unserem Dank für Ihre bisherige erfolgreiche Tätigkeit verbinden Wir den Wunsch, dass Sie auch weiterhin den Schatz der Kirchenmusik mit grösster Sorge pflegen und durch Ihre gottesdienstlichen Gesänge zur Erbauung dar Gläubigen wirksam beitragen. Dazu erteilen Wir Ihnen und allen Anwesenden aus der Fülle des Herzens den Apostolischen Segen.


Mercoledì, 9 giugno 1971

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Domani è il «Corpus Domini», la festa dedicata all’Eucaristia. Ogni volta che si celebra la santa Messa si ricorda, si rinnova, si onora il sacramento della presenza e del sacrificio di Cristo nei segni del pane e del vino e nell’azione della sua immolazione redentrice. E questo è mistero così grande, così palese nei simboli che lo rappresentano e così nascosto nella realtà ivi contenuta, e così nostro, cibo per la nostra fame di vita, viatico del nostro pellegrinaggio nel tempo, amico per ciascuno che lo voglia al suo colloquio, centro e principio di unione ecclesiale, meraviglia religiosa incomparabile e inesauribile, che, ad un dato momento della storia della Chiesa, fu nel secolo XIII , e in un dato Paese, celebre allora per l’intensità della sua vita religiosa, le Fiandre, per devota iniziativa di Sante Donne (emule di quelle evangeliche, che prime accorsero al sepolcro, lo trovarono vuoto, ed ebbero e diedero notizia della risurrezione del Signore), come le mistiche: la Beata Ida di Lovanio e specialmente la Beata Giuliana di Liegi, e altre, si sviluppò il culto dell’Eucaristia fuori della Messa. Papa Urbano IV, già arcidiacono di Liegi, dopo il miracolo di Bolsena, con la Bolla Transiturus (1264), rimasta celebre e confermata più tardi da Clemente V, primo Papa avignonese (1312), istituì la festa, che tuttora celebriamo, del «Corpus Domini», con la magnifica officiatura composta da S. Tommaso d’Aquino, e con la sede poi costruita dell’incomparabile Duomo di Orvieto.


PRESENZA REALE

Il fatto della istituzione tardiva, al confronto di quelle dei primi secoli, di questa festa e della diffusione del culto del sacramento eucaristico, non deve meravigliarci; esso sta a testimoniare la progressiva coscienza che la Chiesa acquista dei tesori di verità e di grazia che porta con sé, e la carità crescente con cui risponde al grande e misterioso dono divino; sempre la Chiesa ebbe fede nella presenza di Cristo nelle specie sacramentali, anche oltre e fuori della celebrazione del sacrificio eucaristico (cfr. l’invio dei smcta, o del fermentum, dalla Messa pontificale ai titoli presbiterali, o da una Messa precedente alla successiva; la conservazione dell’Eucaristia per gli infermi, ecc) (Cfr. Innoc. PL 20, 556; DUCHESNE, Origines, p. 196; DENZ.-SCH.,
DS 835-452; ecc.).

È questa una delle prove che nella liturgia della Chiesa il contenuto prevale sul rito, la res sul sacramentum; e noi perciò dobbiamo onorare l’Eucaristia per la Realtà, ch’essa a noi offre, ancor più che le forme storiche e rituali con cui è celebrata. La pietà eucaristica ha un’estensione maggiore del breve momento celebrativo della Cena sacrificale del Signore. Il Signore rimane nelle specie sacramentali; e questa permanenza non solo giustifica, ma esige il culto suo proprio: l’adorazione specialmente, la santa comunione fuori della Messa, se durante la Messa non fu possibile, la processione solenne - e sarebbe rito proprio della festa di domani.

Detto questo noi fermeremo oggi la nostra attenzione ad un comportamento spirituale vigiliare: la preparazione.


LA PREPARAZIONE

L’accesso all’Eucaristia richiede una preparazione. Basta pensare quale fatto sia la santa comunione, alla quale siamo dalla Chiesa e dal carattere proprio di questo sacramento tanto pressantemente invitati. Sempre l’avvertenza della presenza divina incute all’uomo più timore che attrattiva (Cfr. Lc 5,8); ma l’Eucaristia, sotto le vesti del cibo e della bevanda, esercita subito l’attrattiva, più che il timore; è mediante la forma più familiare, più umile, più invitante ch’essa si presenta e quasi ci vuole: «Venite a me tutti» (Cfr. Mt 11,28 Imit. di Cr. IV, Mt 1). Ma questo incontro ineffabile della nostra anima con Cristo vivo e vero non può avvenire senza una profonda riverenza, senza uno sforzo di comprensione, senza un ossequio alla stessa volontà di Gesù che ci attende e ci invita. Che cosa vuole il Signore da noi quando ci accostiamo alla santa Eucaristia?

Oh, qui i Maestri della devozione hanno detto tante bellissime cose. Scegliamone ora tre, delle quali non ci dovremmo mai scordare.

La prima è la fede. È al «mistero della fede», per eccellenza che noi osiamo avvicinarci; non dovremmo mai dimenticare la fede, cioè la forza agente della Parola di Dio, testimoniata dalla Chiesa, mentre entriamo in questa sfera di realtà, che la Parola di Dio, di Cristo ci rivela presenti e operanti. Diciamo con l’umile personaggio evangelico: «Io credo, o Signore, ma tu aiuta la mia incredulità!» (Mc 9,23). Quali analisi psicologiche, quali effusioni spirituali ci offrono simili parole! Ed è ciò che Cristo domanda a coloro che cercano Lui, come alimento di vita eterna: Egli insegna: «Questa è l’opera di Dio (che dovete fare); che crediate in Colui che Egli ha mandato» (Jn 6,29).

E poi occorre un esame di coscienza. S. Paolo, proprio svolgendo ai Corinti la catechesi sull’Eucaristia, dice gravemente: «Chi mangia il pane, o beve il calice del Signore indegnamente, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Che ciascuno esamini se stesso, prima di mangiare di quel pane e bere di quel calice; poiché chi mangia e beve indegnamente, se non distingue il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Co 11,27-29). Occorre avere l’anima pura, occorre avere ricuperato la grazia mediante la penitenza, il sacramento della riabilitazione, prima di accedere all’abbraccio di Cristo. Oggi v’è chi tenta esonerare i fedeli da questa indispensabile condizione; ma sono «fedeli» quelli che se ne dispensano?


SACRAMENTO DELL'UNITÀ

E finalmente una terza preparazione, anche questa prescritta da Cristo. Egli ci ammonisce, nel discorso della montagna: «Se tu, nel fare la tua offerta all’altare, ti rammenti che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello; poi ritorna a fare l’offerta» (Mt 5,23). Cioè, non si può ambire alla comunione con Dio, con Cristo, se non si è in comunione con i fratelli. Occorre una preparazione di carità fraterna, se vogliamo godere del sacramento della carità e dell’unità, ch’è l’Eucaristia. Anche questa, quale lezione! quale trasformazione di cuori esige la nostra frequenza alla santa comunione! quale fecondità pratica e sociale può e deve generare la nostra pietà religiosa! la pace, il perdono, la concordia, l’amore fraterno, la bontà! quale atmosfera umana deve circondare l’atto sovrumano della comunione con Cristo! Cose note, sì; ma quali cose! Vi ripeteremo, per concludere, le parole di Gesù: «Se voi sapete queste cose, sarete beati se le metterete in pratica» (Jn 13,17).

Ciascuno ci pensi. Si tratta della nostra preparazione alla festa del «Corpus Domini». Sia valida per tutti, con la Nostra Benedizione Apostolica.



Gli Istituti Pontifici per le Opere Assistenziali

Richiamano stamane la Nostra particolare attenzione gli alunni di vari Istituti Pontifici, guidati dal Nostro Elemosiniere, il carissimo Monsignor Antonio Travia: sono gli alunni dell’Istituto «S. Clemente» e della Scuola Elementare «San Luigi Gonzaga», di Roma, e quelli della «Casa della Divina Provvidenza» di Nettuno. Vi siamo immensamente grati, figliuoli, di questa visita, e cogliamo l’occasione per aprirvi il Nostro animo verso di voi e farvi sentire l’affetto Nostro verso di voi e la stima che nutriamo verso le vostre scuole, i vostri bravi educatori, i vostri Superiori, alla cui generosa dedizione si deve anche questo gioioso incontro. Che il Signore vi aiuti a corrispondere alle loro ardenti speranze, e faccia di ognuno dei vostri Istituti altrettante palestre di vita, dove l’istruzione, la disciplina, la preghiera, la letizia, l’amicizia si fondano insieme per fare di voi figli della Chiesa puri, sani, generosi, convinti. Vi accompagni la Nostra Benedizione Apostolica, the di cuore estendiamo ai vostri Superiori, genitori, amici, qui presenti ed assenti, e a ciascuno dei vostri Istituti.

Iniziative della FAO

We are happy to greet the participants of the Fifth FAO Agricultural Planning Course. We know that you are highly-qualified representatives of thirty countries and that you are endeavouring in these days to prepare yourselves to make an ever more effective contribution to the development of the peoples of the earth. Be assured of our profound interest in your work and know that you have our full support in all your worthy efforts on behalf of the many phases of agricultural planning. We hope that your programme will achieve its aim and that you will be well equipped to promote, in your respective countries, the proper use of the environment and of the resources of nature available for man’s sustenance. We pray that your efforts will succeed in alleviating man’s hunger and in promoting his dignity and finally his spiritual destiny.

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Our special greetings of welcome go to the Glee Club from the University of Notre Dame in Indiana. We are happy to have this opportunity to hear you sing and to assure you of our interest in you and in the entire University. We hope that your contribution will be great-to the Church and to the world.

With grateful memories of friendship formed during the Second Vatican Council, We extend to Professor Kristen Skydsgaard our greeting of grace and peace in the Lord. We welcome likewise the group of students from the Lutheran Theological Faculty of the University of Copenhagen, who have accompanied him to Rome. We are happy to have this occasion to express to all of you our esteem and to assure you of our prayers that your study of the history of salvation may increase your personal love of God and neighbour.

Con particular complacencia recibimos vuestra visita, amadísimos hijos de la Asociación de «Hermanos Misioneros de los Enfermos Pobres», que habéis querido celebrar con esta peregrinación el veinticinco aniversario de fundación.

Toda nuestra simpatía para los enfermos y para vosotros, que los asistís en el aspecto médico y de rehabilitación, tratando de aliviar cristianamente el dolor físico y moral, Con el espíritu del buen samaritano ayudáis a vuestros hermanos enfermos, en una línea que la Iglesia no puede menos de considerar propia y característica, ya que le fue legada por el mismo Cristo, cuyas palabras deben ser para vosotros un programa y un constante aliciente: «Venid, benditos de mi Padre, porque . . . estaba enfermo y vinísteis a verme» (Mt 25,34-36).

Al venerable Hermano, Mons. José María Guix, Obispo Auxiliar de Barcelona, que preside la peregrinación, a vosotros y a vuestras familias, a los miembros de la Asociación, así como a todos los enfermos asistidos, os impartimos de corazón una especial Bendición Apostólica.


Mercoledì, 16 giugno 1971

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Noi faremo bene a rivedere continuamente il piano direttivo della nostra vita. Diciamo noi, rivolgendo il nostro pensiero a coloro che vogliono appartenere alla sequela di Cristo e che oggi si dimostrano esigenti circa l’autenticità della propria professione cristiana. Una serie di influssi esercita sopra di noi una forza spesso determinante: la tradizione, ad esempio, l’abitudine, il costume ereditato, la storia passata; e questo è uno degli influssi che la presente generazione sopporta meno; siamo smaniosi di novità, di originalità, d'indipendenza da quanto ci precede; i giovani specialmente, se sempre hanno tentato di affrancarsi dalla soggezione degli anziani e degli antichi, oggi sono più che mai restii, refrattari, ribelli alla tradizione, sono contestatori, vogliono una propria libertà, vogliono autodeterminarsi, anche se questo atteggiamento li porta a privarsi di preziose eredità: quelle dell’esperienza, della saggezza, e talora dello stesso progresso acquisito. E cercano nuovi criteri e nuove forme di vita.

Ma la tradizione non è sola ad influire sulla vita stessa; vi è anche l’attualità, cioè l’ambiente, la moda, il mondo esterno. Questo influsso è fortissimo, e tende a ridurre gli uomini ad un solo tipo, ad una statura morale comune, ad una democrazia impersonale. I giovani si arrendono assai facilmente a questa potestà anonima del modello dominante, della maggioranza prevalente, del tipo imposto da fattori esteriori oggi operanti con estrema invadenza e con insensibile ma preponderante efficacia. Pensate ai mezzi di comunicazione sociale: stampa, radio, televisione, cinema, teatro, letteratura (i così detti «best-sellers» ) ; pensate ai fenomeni collettivi della scuola, dello sport, delle correnti sociali, della politica . . . L’uomo non è più persona; è individuo, più o meno cosciente; è numero anonimo nel gregge trascinante della moltitudine. Giustamente si apprezza in questo fenomeno quantitativo un fatto qualitativo di primario valore, e cioè la società che si compagina in modo unitario, la comunità, la umanità rivolta a caratteri universali e concordi. Ma resta la questione per il cristiano avido di modellarsi secondo il vero, sommo ed unico archetipo dell’umanità, cioè Cristo. Può l’uomo moderno, circondato e sopraffatto dall’organizzazione dominante ed aggressiva del mondo presente, difendere, conservare e promuovere una sua propria personalità, autenticamente fedele al modello evangelico e divino?

Ciascuno comprende come sia difficile rispondere, specialmente sul piano pratico, realistico, a simile domanda!


L’AUTORITÀ

Altro influsso, dal quale oggi, con simultaneità che sa di mimetismo, tutti cercano di sottrarsi è l’autorità. Una volta era considerata con immenso rispetto, anzi con gratitudine. È ricorrente nella storia e nella prassi umana che chi comanda sia considerato un benefattore (Cfr.
Lc 22,25); E tale è il superiore che fa dell’esercizio dell’autorità non un motivo di prestigio egoista, ma un servizio. Ma il fatto è che oggi, anche se resa più indispensabile d’un tempo, a causa della complessità sociale, l’autorità è considerata nemica della libertà personale e collettiva, al punto da renderne più incombente e pressante la funzione; donde si rinnova la questione circa la necessità di verificare se la nostra vita segua, rispetto all’orientamento cristiano, una linea diritta, una norma sua propria, un’interpretazione personale e fedele.

Noi ci limiteremo, per questa volta, ad affidare alla vostra riflessione una sentenza scritturale, la quale non solo è sempre valida, ma pare a Noi che ci offra un criterio fondamentale per mantenere e per perfezionare un vero carattere cristiano alla nostra vita, assediata da tanti pericoli che ne possono deformare, come dicevamo, l’autenticità cristiana. La sentenza è di S. Paolo, e suona così: «Se noi viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (Ga 5,25). Non è qui che noi possiamo fornire l’esegesi d’una proposizione, nella quale si condensa grande parte della dottrina dell’Apostolo. Diremo soltanto che essa, mentre è liberatrice dall’osservanza della legalità propria dell’Antico Testamento, trasferisce, come già Cristo fece nel Vangelo e specialmente nel discorso della montagna, nell’interno dell’uomo la radice della vita morale, diciamo pure (salvo integrare questi termini con le debite spiegazioni relative) : nella coscienza, nella libertà della persona umana. E dobbiamo subito domandarci: che cosa vuol dire «vivere dello Spirito»? Qui si apre la teologia della vita cristiana, la quale non si può concepire fuori del piano di salvezza, instaurato da Cristo. La nostra vita non è un fenomeno isolato, non è un fatto che sia fine a se stesso. È un’esistenza, chiamata ad un destino straordinario, che la trascende e l’avvolge nello stesso tempo, al quale possiamo e dobbiamo aderire mediante un atto capitale, che si chiama la fede; e la fede ci mette nel circolo d’una vitale comunicazione divina che si chiama la grazia, e la grazia è l’azione dello Spirito Santo in noi; è una partecipazione alla vita divina (Cfr. LAGRANGE, Epître aux Galates, p. 147). Tutto questo suppone un magistero e un ministero: la Chiesa ce li offre, e ci rende possibile «vivere dello Spirito». Questo è il principio autentico della vita cristiana.


I PRINCIPI

Osserviamo una cosa importantissima: la vita ha necessità di principi. Le confusioni e le rivoluzioni, di cui soffre la nostra vita moderna, derivano principalmente da questo: che essa non ha principi veri, saldi, fecondi. O li ha errati e mutevoli; o mitici, gratuiti e utopistici. Posticci e arbitrari. Ammessi per l’occasione, per comodità e necessità di azione; ma senza vera radice nella realtà. E pur troppo la nostra età si è rassegnata a questo scetticismo di pensiero e di morale. Non sappiamo affermare la verità, oggettiva e stabile; si gioca sulle teorie e sulle opinioni. Non avendo più un patrimonio sicuro e valido di idee, necessario per dare alla vita la sua espressione ideale, coerente ed organica, sostituiamo sistemi provvisori di volontarismi, teorici o personali, nello sforzo di salvarci dal baratro dell’anarchia speculativa e pratica. Occorre una filosofia vera ed umana. Ricordiamo ancora Pascal: . . . travaillons à bien penser; voilà le principe de la morale: sforzarsi di pensare bene, questa è la base della vita morale (Pensées, 347).

E per un cristiano, sopra il castello delle verità razionali, deve splendere la luce della fede; diciamo per ora: lo Spirito.

Donde la grande norma della vita cristiana: la logica, la coerenza, la fedeltà. Ammesso un principio, bisogna avere la lucidità e l’energia per derivarne le conseguenze. Il cristiano è un uomo coerente, un uomo di «carattere». «L’uomo giusto, dice ancora S. Paolo, vive di fede» (Ga 3,11). Non soltanto con la fede, ma di fede.

Questa coerenza qualifica la autenticità del cristiano. Essere insigniti di questo nome senza aderire alle esigenze, ch’esso comporta, è doppiezza, è fariseismo, è forse utilitarismo e conformismo. Se vogliamo edificare un cristianesimo sincero e forte, bisogna fare legge a se stessi di questa dirittura logica e morale: non è un arcaismo etico, non è un’intransigenza cieca sulla complessità della storia; è sequela di Cristo.

Ci aiuti Lui stesso, Cristo: con la Nostra Benedizione Apostolica.



Terz’Ordine Regolare di San Francesco

Ci è molto gradito, ora, rivolgere con paterno affetto una parola di saluto, di elogio, d’incoraggiamento ad eletti membri del Terz’Ordine Regolare di San Francesco. Dopo la celebrazione del Capitolo Generale, in cui è stato riconfermato il Ministro Generale, il P. Lodovico Secondo, che qui vi ha guidati, voi, come un tempo San Francesco e la sua «gente poverella», avete voluto riunirvi presso la Cattedra di Pietro, per dimostrare al Papa la vostra devozione e rinnovargli la vostra fedeltà.

Strettamente uniti alla grande famiglia francescana per identità di ideali e per forme di apostolato, secondo lo spirito del Santo di Assisi, voi avete dato prova, nella recente assemblea di preghiera e di studio, di voler seguire le indicazioni del Concilio Vaticano II, le quali intendono rinvigorire gli Istituti religiosi, affinché con la loro vita consacrata, adottando i mezzi più efficaci all’azione della grazia - la contemplazione e l’impegno apostolico - si presentino al mondo come segni e testimoni privilegiati del Divino Spirito.

Ce ne compiacciamo vivamente, e formuliamo voti che, anche attraverso il vostro esempio, si irradii sempre più nella Chiesa e nel mondo l’ideale francescano della fedeltà al Vangelo, dell’amore alla Croce, della perfetta letizia, della povertà generosamente vissuta.

Sull’intero vostro Ordine, sulle sue iniziative, sui vostri programmi di lavoro discenda, propiziatrice e confortatrice, la Nostra Benedizione.

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We are pleased to extend special greetings to the group of Indian Senior Army, Navy and Air Force Officers, accompanied by their wives. As We welcome you to the Vatican, on thoughts turn to India and all its beloved people.

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Desideriamo rivolgere una parola di saluto agli impiegati e agli operai della FIAT argentina, i quali insieme col loro cappellano, hanno voluto compiere il loro annuale pellegrinaggio a Lourdes e a Roma. Mentre vi esprimiamo il Nostro paterno compiacimento nel vedervi presenti in questa Basilica per manifestare la vostra devota fedeltà alla Cattedra di Pietro, facciamo voti che possiate dare, specialmente nell’ambiente del vostro lavoro, una generosa testimonianza di profonda vita cristiana.

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Llevad a vuestras familias y a vuestros compañeros de trabajo el mensaje de nuestro especial afecto y de nuestra benevolencia: aunque viváis tan lejos, nos sentimos siempre muy cerca de vosotros, de vuestras alegrías y de vuestras tristezas, de vuestras dificultades y de vuestras esperanzas. Os animamos a ofrecerlas constantemente al Señor con ese sincero espíritu de fe, que habéis venido a fortalecer en esta peregrinación.

A todos vosotros, a vuestros familiares y a vuestros amigos de fábrica otorgamos de corazón, en prenda de abundantes gratias divinas, Nuestra paternal Bendición Apostólica.




Mercoledì, 23 giugno 1971

23671

Noi cerchiamo qualche orientamento generale per la nostra vita cristiana; e osserviamo come, soprattutto dopo il Concilio, molti uomini, giovani specialmente, siano desiderosi di dare alla loro condotta un criterio fortemente spiritualista. Chiamano questo criterio autenticità. Bisogna essere cristiani autentici. Bellissima cosa, per sé. Questa ispirazione porta subito ad una critica molto audace circa l’ambiente, l’abitudine, la società, che circondano la vita della nuova generazione, la quale scopre i difetti, le incoerenze, le ipocrisie, i disordini e le ingiustizie legalizzate, e si attesta in una posizione di distacco e di attacco, che oggi si chiama contestazione, e che in fondo nasconde un’esigenza morale non sempre riprovevole, anzi alcune volte giusta ed umana.


RESPONSABILITÀ

Di qui un’altra corrente, anch’essa morale, rimette in esercizio il ricorso a quell’atto personalissimo, che si chiama la coscienza. Pur troppo questo ricorso non è di tutti; ma noi guardiamo il fatto positivo di coloro che vogliono imprimere alla loro vita una linea morale sinceramente cristiana; e non possiamo non compiacerci che la coscienza personale acquisti una sua normale funzionalità, che dà alla condotta una sua dignità, ben meritevole d’essere incoraggiata. Rinasce, in qualche misura, la simpatia per gli esempi classici degli eroi che hanno sacrificato la vita, piuttosto che tradire la loro coscienza. E questo fiero contegno trova suffragio anche nel fatto ch’esso rispecchia, anzi realizza, talvolta fino al paradosso, la presenza operativa dell’uomo in se stesso, cioè l’affermazione interiore della sua libertà: la coscienza predispone l’uomo alla propria autodeterminazione, cioè alla esplicazione della sua libertà. Anche questo atteggiamento è lodevole; esso educa l’uomo ad essere uomo.

Ma tanto la critica, come la coscienza, e come la libertà non possono umanamente realizzarsi senza la guida d’un lume interiore, quello della ragione, la quale, mediante un processo alcune volte istantaneo, altre volte lento e faticoso, immette nel processo morale un altro fattore indispensabile, cioè la obbligazione, il dovere, l’avvertenza d’un rapporto con un’esigenza, un imperativo, una legge, un ordine, interiore o esteriore che sia, che a sua volta, a ben guardare, rivela un riferimento ad un principio superiore e assoluto, il nostro bene, anzi il Bene per se stesso ed infinito, trascendente e immanente, cioè Dio. L’azione umana acquista così il suo pieno significato morale; diventa pienamente responsabile; diventa buona o cattiva in ordine a questo polo estremo del vivere umano, verso il quale noi siamo essenzialmente, ma liberamente orientati. Si sa che gli uomini d’oggi non spingono volentieri la loro riflessione fino a questo punto, perché non vogliono sentir parlare di santità, né di peccato, cioè dell’ultima e vera misura dell’agire umano, la quale postula questo confronto col metro supremo del nostro bene e del nostro male, ch’è appunto Iddio; e fanno ogni sforzo per contenere la sfera della responsabilità nell’orizzonte personale o sociale, a livello soltanto dell’uomo.


SPIRITUALITÀ

Non così i cercatori dell’autenticità della vita cristiana, i quali oggi spesso si rifanno ad un altro ordine di considerazioni, verissimo questo, purché integrato nel contesto della piena realtà cristiana. Dicono questi abili cercatori: bisogna vivere secondo lo Spirito. Già ne abbiamo altra volta parlato, ma giova completare l’esame delle parole di S. Paolo: dobbiamo vivere guidati dallo Spirito (Cfr.
Ga 5,25), perché questo grande principio può condurli a conclusioni non rette; inammissibile l’una, quella che dovrebbe affrancarli dalla guida del magistero ecclesiastico, sia nell’interpretazione della Sacra Scrittura (ecco il così detto «libero esame»), sia nella sottrazione dall’obbedienza al governo pastorale della Chiesa, e dalla conformità alla comunione vissuta della società ecclesiale.

Ammettiamo dunque che la nostra vita cristiana deve essere modellata e ispirata da quella grande novità ch’è la grazia, cioè l’azione dello Spirito Santo nelle anime associate alla vita di Cristo. È questo l’aspetto essenziale e caratteristico della «nuova legge», quella del Vangelo, che fluisce nella Chiesa. Ascoltate queste parole di S. Tommaso, le quali sembreranno sorprendenti sulle labbra del grande Dottore scolastico: «la nuova legge consiste principalmente nella grazia dello Spirito Santo, scritta nei cuori dei fedeli . . . La legge evangelica . è la grazia stessa dello Spirito Santo . . .» (II-II 106,1-2).


DISCERNIMENTO

Pensate davvero quale novità, quale libertà, quale interiorità, quale spiritualità definiscono l’autenticità della vita cristiana. Primo e, in un certo senso, unico dovere nostro: vivere in grazia di Dio; ch’e poi risolvibile nel sommo e riassuntivo precetto di Cristo: vivere nell’amore di Dio e del prossimo (Mt 22,37). Pensate: qui vivere non significa soltanto essere, ma anche agire: la nostra arte di vivere dovrebbe scaturire da questa reale e cosciente animazione, quella della presenza misteriosa beata ed operante di Dio in noi (Cfr. Jn 14,23); una presenza ascoltata e interrogata dal cristiano fedele ed autentico, il quale può desumere la risposta illuminante e confortatrice dalle parole meditate della divina rivelazione (Cfr. Dei Verbum DV 7).

Quale ricchezza interiore, quale energia! E non solo riservati questi doni alle anime contemplative, privilegiate certamente al convito della Parola del Signore (Cfr. Lc 10,39), ma accessibili ad ogni cristiano in cerca di autenticità!

Dobbiamo forse schierarci con quei carismatici del nostro tempo, i quali pretendono di attingere la loro ispirazione operativa da qualche loro esperienza religiosa interiore ? Diciamo: prudenza. Qui si apre uno dei più difficili e complessi capitoli della vita spirituale, quello del «discernimento degli spiriti». L’equivoco è molto facile in questo campo; l’illusione non meno. Ce ne hanno parlato tanti maestri (Cfr. S. Ignazio, Scaramelli, Card. Bona, ecc., cfr. D. Th. c. IV, 1375-1415); noi possiamo contentarci di rileggere il capitolo 54, al libro III, della sempre saggia Imitazione di Cristo, e possiamo umilmente imparare così a distinguere il linguaggio della grazia parlante dentro di noi. Con la Nostra Benedizione Apostolica.




Cappellani ospedalieri

Nell'udienza di stamane abbiamo la gioia di accogliere un folto gruppo di sacerdoti veramente meritevoli: sono i partecipanti al Convegno Nazionale dei Cappellani ospedalieri d’Italia. Siamo lieti di incontrarci con voi, cari sacerdoti, per manifestare l’alta considerazione in cui Noi teniamo la vostra specifica missione apostolica e per ringraziarvi del prezioso servizio che rendete alla Chiesa con la vostra presenza nell’ambiente ospedaliero. Non senza motivo, infatti, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha raccomandato ai Vescovi di «suscitare nel proprio popolo, specialmente in mezzo ai malati e sofferenti, delle anime che con cuore generoso sanno offrire a Dio le loro preghiere e penitenze per l’evangelizzazione del mondo» (Ad gentes AGD 38).

Il vostro Convegno, promosso sotto gli auspici della Conferenza Episcopale Italiana, risponde precisamente a questo scopo, ed offre perciò la possibilità di aprire più vasti orizzonti alla pastorale della sofferenza.

Che Dio, dunque, renda feconde le vostre giornate di studio. Noi glielo chiediamo di tutto cuore, mentre invochiamo su di voi, in auspicio di abbondanti favori celesti, la propiziatrice Benedizione Apostolica.

Studenti di Salonicco

Seminaristi e pellegrini

We extend to the Catholic Youth Organization pilgrimage from the Diocese of Raleigh a warm and special welcome. We wish to assure you of our affection and to tell you how much We Count on your collaboration as mature Christians: to help the world know Christ.

We are happy to greet the members of Saint Patrick’s Choir pilgrimage from Lewiston, Maine, and to have the opportunity to hear you sing. Be assured of our prayers for your activities and for your future.

It is a pleasure for us to extend greetings to the members of the group touring the Holy Land and Europe. We know that you are of different faiths, and it is our prayer that the visit to the holy places will bring happiness and joy into the lives of all of you.

This week there is an especially large group of visitors from Ireland. As We welcome you to Saint Peter’s We gladly reiterate our special affection for your country and its beloved people.

To all of your We impart Our Apostolic Blessing.

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Con particular afecto os damos la bienvenida, amadísimos Seminaristas de Teruel, cuya visita es para Nós motivo de especial alegría y consuelo.

Vemos en vosotros a los representantes de una juventud generosa, que ha escuchado la llamada de Cristo para seguirle por el camino del Sacerdocio, con un espíritu de entrega total y desinteresada.

Os exhortamos a ser fieles a esta vocación divina, a prepararos con ahinco para el futuro ministerio, de manera que podáis vivir, con entusiasmo y optimismo, la maravillosa aventura de ser «otro Cristo» al servicio de vuestros hermanos.

Os acompañamos de corazón con nuestras plegarias y, en prueba de especial benevolencia, impartimos a vosotros, a vuestros compañeros de Seminario, a vuestros familiares y a toda la Diócesis de Teruel, Nuestra paternal Bendición Apostólica.


Mercoledì, 7 luglio 1971


Paolo VI Catechesi 20671