Paolo VI Catechesi 30573

Mercoledì, 30 maggio 1973: INDIZIONE DELL'ANNO SANTO 1975

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Voi sapete dell'Anno Santo. Il suo impegno comincia nelle Chiese locali dalla prossima Pentecoste. Vuol essere un periodo di rinnovamento spirituale e morale, e vuole trovare la sua espressione caratteristica nella riconciliazione, cioè nella ricomposizione dell’ordine, di cui Cristo è principio, delle singole anime nella profondità delle coscienze, ordine d’ogni uomo con Dio, ordine d’ogni rapporto umano nell’armonia dei sentimenti comunitari, nella giustizia, nella concordia, nella carità, nella pace. Dovrebbe essere l’Anno Santo una specie di momento profetico, di risveglio messianico, di maturazione cristiana della civiltà, che ebbe talvolta nella poesia del mondo, anche profana, una sua intuizione ideale. Come dice, ad esempio, l’antico e ben noto vaticinio di Virgilio? - voi giovani, freschi di scuola, lo ricordate: magnus ab integro saeclorum nascitur ordo (Buc. IV, v. 5); il suo fu lampo lirico; il nostro vorrebbe essere uno di quegli sforzi coscienti e collettivi, che lasciano nella Chiesa e nel mondo un passo in salita, un segno di progresso cristiano, un’acquisizione d’umanità penetrata dallo Spirito vivificante del regno di Dio.

È sogno il nostro? Un ideale, certamente, ma non dev’essere vano, non irreale. Difficile certamente; e per noi, uomini di poca fede, una pretesa superiore alle nostre forze. Rinnovare le energie spirituali e morali della Chiesa e di conseguenza, o in concomitanza, quelle della nostra società, è aspirazione coraggiosa, la quale, se altra mai, ci fa toccare con mano la necessità d’un soccorso superiore, estrinseco, ma a noi vicino, da noi accessibile; un soccorso pietoso e affettuoso, e già inscritto in un piano generale di bontà e di misericordia; un piano che deve pur esserci, se è vero, come è vero, che l’umanità è chiamata, liberamente ma sicuramente, a un destino di salvezza. Quale soccorso? Quale può essere l’aiuto che ci abilita ad osare, a sperare le finalità dell’Anno Santo? Chi può ottenerci l’esito prodigioso, che, seguendo le esigenze logiche del Concilio, ci siamo proposti?

La Madonna, Figli carissimi, Maria Santissima, la Madre di Cristo Salvatore, la Madre della Chiesa, la nostra umile e gloriosa Regina.

Qui ci si apre davanti un grande panorama teologico, proprio della dottrina cattolica, nel quale vediamo come il disegno divino della salvezza, offerta al mondo dall’unico mediatore, efficace per virtù propria, tra Dio e gli uomini, che è Cristo Gesù (Cfr.
1Tm 2,5 He 12,24), si realizza con la cooperazione umana, meravigliosamente associata all’opera divina (Cfr. H. DE LUBAC, Méditations sur l’Eglise , pp. 241 ss.). E quale cooperazione umana è stata eletta nella storia dei nostri destini cristiani, prima per funzione, per dignità, per efficienza, non puramente strumentale e fisica, ma come fattore predestinato, ma libero e perfettamente docile, se non quella di Maria? (Cfr. Lumen Gentium LG 56)

Qui il discorso sulla Madonna non finirebbe più. Ma ora, per noi, dopo d’esserci ancorati alla dottrina che la pone al centro del piano redentore come prima e, in certo senso, indispensabile accanto a Cristo nostro Salvatore, basterà ricordare e affermare come l’esito rinnovatore dell’Anno Santo dipenderà dall’aiuto superlativo della Madonna. Abbiamo bisogno della sua assistenza, della sua intercessione. Dobbiamo mettere in programma un particolare culto alla Vergine Maria, se vogliamo che l’avvenimento storico-spirituale, al quale ci prepariamo, raggiunga i suoi veri scopi.

Noi ci limitiamo adesso a condensare in una duplice raccomandazione il favore di questo culto mariano, al quale affidiamo tante nostre speranze. La prima raccomandazione è capitale: dobbiamo meglio conoscere la Madonna come il modello autentico e ideale dell’umanità redenta. Studiamo questa creatura limpidissima, questa Eva senza alcun peccato, questa figlia di Dio, nella quale il pensiero creatore, primigenio, intatto di Dio si rispecchia nella sua innocente e stupenda perfezione. Maria è la bellezza umana, non solo estetica, ma essenziale, ontologica, nella sintesi con l’Amore divino, con la bontà e con l’umiltà, con la spiritualità e con la chiaroveggenza del «Magnificat»; è la Vergine, è la Madre nell’espressione più pura e più autentica; è la Donna vestita di sole (Cfr. Ap 12,1), nella cui visione si devono abbagliare i nostri occhi, tanto spesso offesi ed accecati dalle immagini profanate e profanatrici dell’ambiente pagano e licenzioso da cui siamo circondati e quasi aggrediti. La Madonna è il «tipo» sublime non solo della creatura redenta dai meriti di Cristo, ma il «tipo» altresì dell’umanità pellegrinante nella fede; è la figura della Chiesa, come S. Ambrogio la chiama (In LC 2,7, PL 15, 1555), e S. Agostino la presenta ai Catecumeni: figuram in se sanctae Ecclesiae demonstrat (De Symb. 1: PL 40, 661). Se noi avremo l’occhio fisso in Maria, la benedetta, noi potremo ricomporre in noi la linea e la struttura della Chiesa rinnovata.

E la seconda raccomandazione non è meno importante: noi dovremo avere fiducia nel ricorso alla intercessione della Madonna. Dovremo pregarla, invocarla. Ella è ammirabile per sé, è amabile per noi. Ella, come nel Vangelo (Cfr. Jn 2,3 ss.), interviene presso il Figlio divino, e ottiene da Lui miracoli, che l’andamento ordinario delle cose per sé non ammetterebbe. È buona, è potente. Conosce i bisogni e i dolori umani. Dobbiamo rinverdire la nostra devozione alla Madonna (Cfr. Lumen Gentium LG 67), se vogliamo ottenere lo Spirito Santo ed essere sinceri seguaci di Cristo Gesù. La sua fede (Lc 1,45) ci conduca nella realtà del Vangelo, e ci assista a ben celebrare l’Anno Santo che viene.

Con la nostra Benedizione Apostolica.


Mercoledì, 6 giugno 1973: INDIZIONE DELL'ANNO SANTO 1975

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Come sapete, domenica prossima, 10 giugno, è la festa di Pentecoste, quella che commemora e tende a rinnovare la discesa dello Spirito Santo, animatore, santificatore, unificatore della Chiesa, corpo mistico di Cristo. E come parimente sapete, in questa prossima solennità avrà inizio nelle Chiese locali, cioè nelle comunità ecclesiali presiedute ciascuna dal proprio Vescovo, quell’avvenimento religioso, anzi quel movimento spirituale, che chiamiamo «Anno Santo», e che sarà poi propriamente celebrato al terzo quarto del nostro secolo, cioè nel 1975. Ne sentirete parlare ancora, e molto, e dappertutto; disponetevi a comprenderlo, a viverlo; e proprio nei suoi scopi generali, che sono quelli d’un rinnovamento della vita cristiana, quale è reclamato e dev’essere possibile nel profondo e tempestoso processo di metamorfosi del nostro tempo, e d’una riconciliazione di animi e di cose, alla quale pensiamo dobbiamo tendere se vogliamo ricomporre in noi e fuori di noi quell’ordinamento superiore, quel «regno di Dio», dal quale pendono i destini presenti e futuri dell’umanità. Rinnovamento e riconciliazione: a noi pare che queste debbano essere le conseguenze logiche e generali, nella storia della Chiesa e dell’umanità, derivanti dal Concilio, come fiume di salvezza e di civiltà dalla sua generatrice sorgente.

Perché tale fatto prende le mosse dalla Pentecoste? Perché non soltanto questa bellissima festa, che possiamo definire il natale storico della Chiesa, offre una occasione ispiratrice propizia, ma soprattutto perché noi speriamo, noi supplichiamo che lo Spirito Santo, del quale festeggiamo a Pentecoste la sua misteriosa e sensibile missione, voglia essere l’operatore principale dei frutti auspicati dall’Anno Santo. Anche questo sarà uno dei temi più impegnativi e fecondi della spiritualità propria dell’Anno Santo: alla Cristologia e specialmente alla Ecclesiologia del Concilio deve succedere uno studio nuovo ed un culto nuovo sullo Spirito Santo, proprio come complemento immancabile all’insegnamento conciliare. Speriamo che il Signore ci aiuti ad essere discepoli e maestri di questa sua successiva scuola: Gesù, lasciando la scena visibile di questo mondo, ha lasciato due fattori perché si compia la sua opera salvatrice nel mondo: i suoi Apostoli ed il suo Spirito (Cfr. CONGAR, Esquisses du mystère de l’Eglise, pp 129 ss.).

Noi non vogliamo entrare ora in questo magnifico campo teologico. Per gli scopi elementari di questo breve sermone preparatorio ci basta osservare, innanzitutto, che l’azione dello Spirito, nell’economia ordinaria del disegno divino si compie negli animi nostri nel rispetto della nostra libertà, anzi nel gioco stesso della nostra cooperazione, non foss’altro colme condizione dell’azione divina in noi. Dobbiamo almeno aprire la finestra all’ingresso del soffio e della luce dello Spirito, Diciamo una parola su questa apertura, cioè su questa disponibilità nostra alla misteriosa azione dello Spirito.

Domandiamoci quali devono essere gli stati psicologici e morali delle nostre anime, affinché queste siano ricettive del «dulcis Hospes animae». Tanto basterebbe per tesservi interminabili trattati di vita spirituale, ascetica e mistica. Riduciamoli ora a due soltanto questi stati, almeno per semplificazione mnemonica, facendoli corrispondere ai campi preferiti dall’azione del Paraclito, cioè dello Spirito Santo che si fa nostro assistente, consolatore, avvocato.

Il primo campo è il «cuore» dell’uomo. È vero che l’azione della grazia può prescindere dalla rispondenza soggettiva di chi la riceve (un bambino ad esempio, un infermo, un morente), ma normalmente la coscienza dell’uomo deve essere in fase consenziente, almeno subito dopo l’impulso dell’azione soprannaturale della grazia. Lo Spirito Santo ha la sua cella preferita nell’essere umano, il cuore (Cfr.
Rm 5,5). Che cosa significhi la parola «cuore» nel linguaggio biblico sarebbe lungo dire. Contentiamoci ora di qualificare il cuore come il centro intimo, libero, profondo, personale della nostra vita interiore. Chi non ha una propria vita interiore manca della capacità ordinaria di ricevere lo Spirito Santo, di ascoltare la sua voce tenue e dolce, di subire le sue ispirazioni, di fruire dei suoi carismi. La diagnosi dell’uomo moderno ci porta a ravvisare in lui un essere estroflesso, che vive assai fuori di sé e poco in se stesso, come uno strumento più ricettivo del linguaggio dei sensi, e meno di quello del pensiero, della coscienza. La conclusione pratica subito ci esorta all’apologia del silenzio, non del silenzio incosciente, ozioso ed afono, ma di quello che impone di tacere ai rumori e ai clamori esteriori, e che sa ascoltare; ascoltare in profondità le voci, sì, sincere della coscienza, e a quelle nascenti nel raccoglimento della preghiera, a quelle ineffabili della contemplazione.

Questo è il primo campo dell’azione dello Spirito Santo. Sarà bene che ce ne ricordiamo.

E l’altro, qual è? L’altro è la «communio», cioè la società dei fratelli collegati dalla fede e dalla carità in un unico organismo divino- umano, il Corpo mistico di Cristo. È la Chiesa. È l’adesione a quel Corpo mistico, animato appunto dallo Spirito Santo, che ha nella comunità dei fedeli, gerarchicamente uniti, autenticamente compaginati nel nome e nell’autorità degli Apostoli, il suo cenacolo pentecostale. Così che dovremo riflettere se certe nostre ricerche dello Spirito, le quali preferiscono isolarsi per evitare e il ministero direttivo della Chiesa e la ressa impersonale di sconosciuti fratelli, siano sulla buona strada. Una comunione egoista, che nascesse da una fuga dalla vera comunione della carità ecclesiale, quale Spirito potrebbe incontrare? quali esperienze, quali carismi potrebbero colmare il vuoto dell’unità, supremo incontro con Dio?

Ecco allora che il programma dell’Anno Santo, inaugurato nella festa dello Spirito Santo, subito ci colloca sul buon cammino: quello della vita interiore, dove Egli, il Dono dell’Amore, abita e sveglia e forma e santifica la nostra individuale personalità; e quello della società dei «santi», cioé della Chiesa dei fedeli, costruita a tempio dello Spirito, dove la salvezza è in festa continua e per tutti. Sul buon cammino vi indirizza, Figli e Fratelli, e vi segue la nostra Benedizione Apostolica.

Sacerdoti novelli del Collegio Beda

Dear sons in Jesus Christ,

You have come back to Rome ofter being ordained in your respective dioceses and we are happy to have this occasion to speak to you and to bless your priestly ministry.

We can well imagine what your thoughts have been during these weeks after ordination. We know that you have fervently renewed the full oblation of your lives to Christ and your dedication to the preaching of his Gospel. We are certain that you have had moments of profound peace and deep joy, and that you have experienced in a special way the prayerful solidarity of the Christian community and the loving support of parents, relatives and friends.

And all of this, dear sons, is part of the marvellous providence of God. For you have been entrusted with a great responsibility and with a ministry that brings with it a lofty challenge. And so God’s grace is with you in abundance, urging you to ever greater fidelity and spurring you on to perseverance in the commitment you have solemnly assumed before Jesus Christ, his Church and the entire world.

In this regard, in accordance with the nature of our apostolic office, we wish to offer you a word of paternal encouragement, in the hope of confirming you in the steadfastness of your faith and charity. With Saint Paul we remind you that we have to "keep running steadily in the race we have started". We urge you moreover not to "lose sight of Jesus who leads us in our faith and brings it to perfection"; think of him and "you will not give up for want of courage" (He 12,2-3).

Christ is the perfection of humanity and the centre of the universe. For us moreover he is everything-the is our hfe. Without him we are nothing, but in him we have every grace and strength. May these thoughts of ours remain with you and may our Apostolic Blessing sustain you.

In memoria di Albert Schweitzer

Qui ignore l’exemple admirable de devouement envers les plus pauvres que le docteur Albert Schweitzer a offert à notre temps? Toujours vivant et agissant, il continue d’eclairer et de guider l’idéal de nombreux jeunes; ils y apprennent à ne pas se contenter de généreux sentiments, mais à s’engager réellement au service du monde de la souffrance.

Pour faciliter cette tâche à certains jeunes qui y sont déjà engagés, comme pour signaler à l’opinion publique quelques éducateurs particulièrement soucieux de susciter cet esprit de service, la fondation Goethe de Bâle a fondé les Prix et la Médaille d’Or Albert Schweitzer. Votre jury a la délicate responsabilité de les attribuer chaque année. Vous contribuez ainsi, pour votre part, à encourager et à développer ce sens de l’entraide désintéressée qui fut une caractéristique de celui dont le nom patronne votre entreprise. Aussi est-ce avec satisfaction que Nous vous rencontrons aujourd’hui. Puissent vos efforts être couronnés de succès, c’est-à-dire, avant tout, être bénis du Seigneur qui, seul, peut répandre dans les coeurs son Esprit de charité que Nous implorons de grand coeur sur vous tous!

L’Associazione «Notre-Dame de Salut»

Visitatori giapponesi

Our greetings go to the Anglican group from Japan. we are doubly pleased to welcome you this morning, because you are friends from Japan and brethren in Christ. May your visit to the shrines of Rome bring you peace and joy in the Lord and may he bless you with his choicest gifts throughout the years ahead.

Pellegrini spagnuoli

Un saludo particular, expresión de nuestro paterno afecto, para el numeroso grupo de peregrinos, venidos desde Manises, en el aniversario del Congreso Eucarístico de Valencia.

Os agradecemos de Corazón esta visita, con la que habéis querido ofrecer un testimonio fehaciente de vuestra fe y de vuestros deseos de armonía fraternal, que sabemos aviados por una de las tradiciones más hermosas y consoladoras de vuestra comunidad parroquial: la devoción a la Eucarístia.

Continuad vuestro empeño para que vuestra parroquia sea siempre como un grande hogar es torno a Cristo, donde se realicen los ideales de la verdad, de ayuda mutua, de paz. Con nuestra Bendición Apostolica para vosotros, y para todos los fieles de vuestra parroquia.


Mercoledì, 13 giugno 1973

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Quest'annuncio circa l’anticipato inizio delle celebrazioni giubilari che avranno il loro momento culminante nel 1975, annuncio di cui tutti certamente avete ascoltato la voce, risuonata in tutte le Diocesi, cioè nelle Chiese locali, scuote in qualche modo la nostra coscienza, nella sua sensibilità religiosa e morale, e la interroga con una domanda sempre ricorrente sulle labbra della Chiesa: come va la tua vita spirituale? entra insomma questo annuncio nella cella interiore della nostra personalità obbligandola a fare un atto di riflessione, un esame di coscienza sopra alcune sue espressioni, che, volere o no, noi tutti giudichiamo fondamentali, proprio nella definizione della nostra stessa personalità; e cioè ci sentiamo obbligati a rispondere a noi stessi a domande come queste: io, sono io uno che crede veramente alla religione? la professo, la pratico, e come? avverto io il rapporto fra l’adesione al mio «credo» religioso e l’indirizzo ideale e pratico della mia vita? avverto cioè il collegamento fra vita religiosa e vita morale? Se questa istanza critica è da noi compresa, è già raggiunto uno degli scopi dell’Anno Santo: esso ci appare innanzi tutto come uno di quei mezzi pedagogici con cui la Chiesa educa e guida se stessa; una scossa (uno «choc», oggi si dice), mediante la quale essa tende ad uno scopo reputato importante e bisognoso di particolare interesse.

Così è. Fermiamoci per ora al primo scopo, che indubbiamente è nella intenzione della Chiesa promotrice dell’Anno Santo: lo scopo religioso.

Noi potremmo sollevare una facile obiezione; e cioè: è necessario impegnare il mondo cattolico, e, indirettamente almeno, anche il mondo profano al tema religioso? non è già in atto lo sforzo continuo e normale della Chiesa in favore della religione? non è bastato il Concilio a riaffermare il diritto di presenza della religione nel tempo nostro? e non ci esorta ogni giorno, ogni domenica, ogni festa la Chiesa a celebrare qualche mistero religioso? che cosa si vuole di più?



Non è difficile la risposta. La religione è tal cosa che, per sé, non può mai dire basta alla sua comprensione, alla sua professione, alla sua scoperta; essa mette l’uomo a contatto con tali ricchezze di verità e di vita da saziare, sì, ogni nostra sete, ma non da estinguerla: fons vincit sitientem; anzi da stimolarla per altre conquiste. Inoltre accade, e questo ora più ci interessa, che la nostra attitudine verso i beni dello spirito non è costante; noi siamo mutevoli, noi siamo fragili. Ed è questo fenomeno della decadenza, sempre possibile da parte umana, della vita religiosa che reclama, storicamente, a volta a volta, interventi nuovi, più appropriati, più efficaci, affinché l’umana fedeltà non si esaurisca. La storia della vita religiosa è piena di queste infauste vicende, com’è pur piena di vigorose rinascite e di generose riprese. Ora tutti, più o meno, conosciamo l’assalto formidabile e sistematico che la religione, la nostra per prima in quanto strutturata socialmente e organicamente precisa nella sua dottrina e nei suoi riti, subisce in questo nostro tempo, in cui si tende a far coincidere la secolarizzazione della società col suo progresso e a generare un umanesimo radicalmente ateo. In un certo senso, e purtroppo non ristretto a trascurabili o marginali manifestazioni, la mentalità delle nuove generazioni laiche va ripresa alle prime soglie della vita religiosa. Il ministero della fede deve ricominciare dall’iniziazione elementare alle prime espressioni religiose.

Quasi a titolo di esempio, vorremmo proporre una prima questione: sappiamo pregare? Non mettiamo in dubbio, con questa aggressiva domanda la validità, l’efficacia, il successo della riforma liturgica (di cui si potrà parlare in altra occasione); intendiamo piuttosto chiedere se l’uomo di oggi, discepolo della nostra civiltà «consumistica», come si dice, tutta impegnata nella ricerca e nel godimento dei beni temporali, e tutta invasa dall’orgogliosa convinzione di saper risolvere da sé, senza alcun ricorso a Dio, o a qualsiasi concezione trascendente del mondo sensibile e razionalista, sappia ancora cavare dal suo cuore qualche sincero, sia pure informe, ma vivo e personale, colloquio con Dio.

Sarebbe assai interessante che, sotto la luce dell’Anno Santo, nascesse sulle labbra degli uomini contemporanei la schietta domanda, rivolta un giorno dai discepoli di Cristo al Maestro: «Insegnaci a pregare!» (
Lc 11,1). Cioè sarebbe auspicabile far rinascere nella gente il senso, il concetto, il bisogno della religione; ed insieme la speranza, la certezza, diciamo di più, l’esperienza, di parlare al Dio dell’universo; ed insieme ancora la sorpresa di godere della capacità di potergli rivolgere il nome, il titolo più autentico della sua bontà e della nostra dignità; il titolo di Padre.

Un risultato simile sarebbe una specie di revisione di tutte le nostre deviazioni e aberrazioni; sarebbe la rinascita dell’amore e della speranza nel mondo; sarebbe il ritrovare la ragione di chiamare «madre» la Chiesa (Cfr. S. CIPRIANI De Unitate Ecclesiae, VI: PL 4, 519); sarebbe l’inserzione nuova della salvezza nella coscienza e nella storia del mondo. Padre nostro! Così sia. Con la nostra Benedizione Apostolica.

Vigili urbani di Paesi Europei

Reduci dalla Terra Santa ed altri visitatori

We extend a special welcome to a group of visitors from the Holy Land, on pilgrimage to Rome and Lourdes. It is a great pleasure to receive you who are fellow-countrymen of our Lord. We pray that your visit to the centre of the Christian World and to Mary’s shrine will bring you many graces and strengthen you in the witness you bear to the faith. Be assured of our spiritual support and of our affection in the Lord.

We are glad to offer our greetings to a group of members of the Japanese Association of the Friends of the Physically Handicapped, on their way to attend an International Congress at Mariazell in Austria. We are pleased that you have wished to pay us this visit, and we are happy to offer you our sincere good wishes. We hope that your visit will long remain in your memories. When you return home, we ask you to convey our greetings also to your families and friends.

Associazione «Familiari del Clero»

Ed ora siamo lieti di rivolgere un cordiale saluto anche a voi, figlie carissime, appartenenti all’Associazione Familiari del Clero, convenute a Roma per la vostra seconda Assemblea Nazionale.

L’azione che voi svolgete a servizio dei sacerdoti meriterebbe ben più che queste brevi parole di saluto: ma sappiate vedere in esse l’apprezzamento e la stima che noi nutriamo per la vostra missione umile, silenziosa, nascosta, ma pure così meritoria davanti a Dio e alla Chiesa. Chiamate a partecipare così da vicino alla vita del sacerdote e a condividere tanta parte delle sue fatiche, delle sue ansie e delle sue croci, voi potete costituire un appoggio di incomparabile valore all’apostolato sacerdotale. Non è facile il compito che vi è assegnato. Esso richiede da voi non solo le vigili cure di una madre, le delicate attenzioni di una sorella, la prudenza e il riserbo di una fedele ancella, ma ancor più una vita esemplarmente cristiana e uno spirito di fede che vi faccia vedere sempre in una luce soprannaturale la persona del sacerdote e la sublimità dei suoi uffici. Noi ci auguriamo pertanto che nella vostra assistenza ai sacerdoti portiate sempre quelle disposizioni di dedizione e di generosità che avevano la Vergine Santissima e le Pie Donne nel prestare i loro servizi al Signore. Sul loro esempio non arrestatevi mai dinanzi a nessun sacrificio che vi sia richiesto, ma siate anzi risolute a seguire coraggiosamente Gesù nei suoi sacerdoti anche sulla via del Calvario.

A conferma di questi nostri paterni voti, di cuore impartiamo a voi e a tutta la vostra benemerita Associazione una particolare Apostolica Benedizione.


Mercoledì, 20 giugno 1973

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Parliamo ancora dell’Anno Santo, che, nella passata festa della Pentecoste, ha inaugurato nelle Chiese locali i suoi primi passi. E ne riparleremo ancora perché intorno a questa formula «Anno Santo», come abbiamo già detto, noi vorremmo vedere non solo il compimento, ma lo svolgimento d’un momento storico nella vita spirituale della Chiesa, non solo un avvenimento, ma un movimento religioso. Questa concezione ci sembra, in primo luogo, conforme all’intenzione motrice di questa celebrazione: rinnovatrice, abbiamo detto, riconciliatrice; intesa cioè ad imprimere una novità permanente e generale nella coscienza religiosa e morale del nostro tempo, dentro e fuori, se possibile, della Chiesa cattolica; in secondo luogo, questa visione dell’Anno Santo, a noi sembra, intende rispecchiare nella realtà del pensiero e del costume il grande disegno del Concilio, e impedire che i suoi salutari insegnamenti passino agli archivi come voci del passato, e non piuttosto abbiano ad operare magistralmente nella vita vissuta della presente e della futura generazione; dev’essere scuola che diventa vita. E in terzo luogo, vogliamo dare importanza ed estensione a questa straordinaria espressione religiosa, che chiamiamo Anno Santo, perché le circostanze storiche e sociali del nostro tempo sono talmente gravi e soverchianti rispetto alla nostra fede e alla sua conseguente logica esistenziale, che un’esigenza di serietà, di incisività, di forza ci sembra dover sostenere fin dal principio il «movimento», ripetiamo, dell’Anno Santo: o questo si afferma come uno sforzo generale, serio e concorde, e perciò realmente rinnovatore, ovvero subito si spegne e si esaurisce come uno sterile conato, buono e meritorio forse, ma praticamente effimero e inefficace.

Sorgono a questo punto alcune osservazioni preventive, che è bene tenere fin d’ora presenti. Ecco: potrà sorgere in alcuni il dubbio, il timore anzi, che il movimento dell’Anno Santo si opponga a tanti altri movimenti spirituali e pastorali, i quali hanno già i loro programmi collaudati dalla pacifica e lunga esperienza, o già approvati dall’autorità della Chiesa, ovvero riconosciuti come legittime e libere espressioni della vitalità del Popolo di Dio. No, rispondiamo; l’Anno Santo non intende sospendere, soffocare e travolgere la varietà e la ricchezza delle manifestazioni autentiche già in atto nel mondo ecclesiale. L’Anno Santo vorrebbe piuttosto infondervi nuova energia, e tutt’al più, se possibile, collegarle in qualche modo al suo proprio generale programma, che domanda, in questo caso; piuttosto l’accettazione d’un’ispirazione nuova e profonda, che non una determinata e concreta adesione a particolari tassative inquadrature.

E potrà sorgere in altri l’opinione che si voglia celebrare l’Anno Santo in uno stile trionfalistico, a suon di trombe, con travolgenti manifestazioni esteriori, dando all’aspetto esteriore del movimento da esso derivante un’importanza superiore ad altri aspetti della vita religiosa e cattolica, ai quali è pur doveroso rivendicare un’importanza irrinunciabile, e fors’anche superiore. Su questo punto, che può costituire una forte obiezione alla celebrazione dell’Anno Santo, vogliamo invitare i buoni ad una duplice riflessione. E cioè: sì, può darsi, e Dio voglia, che l’Anno Santo abbia l’adesione del Popolo, l’affluenza delle folle, l’apparenza spettacolare delle moltitudini; esso vuol essere un fatto ecclesiale: universale; vuole in qualche momento riflettere il carattere della cattolicità della vocazione al Vangelo; è l’umanità, nella sua misurata estensione, che noi facciamo oggetto del nostro invito e del nostro interesse; anche e soprattutto in questa occasione vogliamo dare al cuore della Chiesa le dimensioni del mondo! Dovremmo poi protestare se il fenomeno assume forme e proporzioni quantitative d’insolita misura? Non è forse il mistero dell’unità della Chiesa che sempre si manifesta nella molteplicità della sua univoca e dilatata ricchezza? Noi, noi tutti ne godremo, se il Signore ci farà la grazia di vedere così allargati «gli spazi della carità» (Cfr. S. AUG. Sermo 69: PL 38, 440-441).

Ma, in secondo luogo, diciamo subito: questo risultato spettacolare, e turistico forse, non è propriamente lo scopo dell’Anno Santo; se uno scopo di comunione universale non può non essere negli intenti d’un’affermazione che riguarda tutta la Chiesa nelle sue proprietà essenziali di unità e di cattolicità, questo tuttavia non è primario come effetto nel tempo, ed anche come valore in se stesso, perché suppone ed esige il conseguimento d’un altro scopo antecedente: la conversione dei cuori, il rinnovamento interiore degli animi, l’adesione personale delle coscienze. Prima l’uomo singolo e cosciente; poi la folla.

Noi vorremmo che a questa prima finalità dell’Anno Santo fosse data somma importanza. Dobbiamo mirare innanzi tutto ad un rinnovamento interiore, ad una conversione dei sentimenti personali, ad una liberazione dai mimetismi convenzionali, ad un rifacimento delle nostre mentalità, con la deplorazione, più che altro, delle nostre mancanze di fronte a Dio, e verso la società degli uomini fratelli, ed a riguardo del concetto stesso che ciascuno deve avere di sé, come figlio di Dio, come cristiano, come membro della Chiesa. È una nuova filosofia della vita, se così si può dire, che deve formarsi in ogni membro del corpo mistico di Cristo; ognuno di noi è invitato a rettificare il suo modo di pensare, di sentire, di operare in ordine al modello ideale del seguace di Cristo, pur essendo cittadino leale ed operoso della società civile contemporanea.

Questa grande concezione dell’Anno Santo: dare alla vita cristiana un’espressione autentica, coerente, interiore, piena, capace di «rinnovare la faccia della terra», nello Spirito di Cristo, dev’essere ben presente nelle nostre menti, con una conseguenza immediata molto importante: il compimento di questo disegno comincia subito, e si svolge nella coscienza personale di ciascuno di noi. Vorremmo che questo aspetto personale ed interiore della grande impresa spirituale, ora iniziata, fosse in testa a tutti i programmi. Ognuno di noi deve sentirsi chiamato in causa per elaborare su se stesso, in se stesso, il rinnovamento religioso, psicologico, morale, operativo, al quale l’Anno Santo vuole arrivare.

Con questa prima conseguenza pratica: ognuno di noi deve verificare, o compiere l’esame introspettivo circa la linea maestra della propria vita, cioè circa la scelta libera e responsabile della propria vocazione, della propria missione, della propria definizione, come uomo e come cristiano. Esame capitale!

E seconda conseguenza, molto più facile, ma molto più insistente: bisogna riprendere la pratica del bene, dell’onestà, della ricerca del meglio nelle piccole cose, cioè nella catena delle nostre azioni ordinarie, dove i nostri difetti c’insidiano ad ogni istante e talora fatalmente; e dove invece la rettitudine dell’azione può essere facilmente perfezionata, ricordando l’insegnamento del Signore Gesù: «Chi è fedele nelle piccole cose, lo è poi anche nelle cose maggiori» (
Lc 16,10). Tanto per cominciare subito, e ciascuno; con la nostra Benedizione Apostolica.

Gruppi di lingue inglese e spagnuola

We offer a word of welcome to a group from Great Britain, composed of officers and men of the Royal Navy. We are pleased that you have wished to pay us this visit, and we express the hope that your stay in Rome will bring you spiritual benefit and will always remain a happy memory. While extending prayerful good wishes, we would ask you to convey our greetings to your families and friends at home.

Nos complacemos en dirigir un cordial saludo de bienvenida a vosotros, trabajadores y empleados españoles, que en grupo tan numeroso habéis querido visitarnos.

Confiamos que este viaje a Roma os afianzará en la fe, de manera que vuestra vida esté siempre abierta al misterio del amor de Dios y se inspire en los altos ideales cristianos.

Con paternal afecto impartimos a vosotros y a vuestros familiares nuestra especial Bendición Apostólica.

Sacerdoti e religiosi del Brasile

Viestes aqui reafirmar a vossa devoção à Cátedra de Pedro, alguns de regresso ao vosso lindo e grande Brasil. É-nos grato acolher o vosso saudar, em que vemos alegria pela pertença à Igreja e os bons propósitos que vos animam para a viver. Retribuímos com um afetuoso sede benvindos!

Num motivo particular assenta este ato de presença e de fé: o Ano Santo, que, com bela iniciativa, os brasileiros em Roma já começaram a viver. Ano de graça, para a humanidade toda, ele não pode deixar ninguém indiferente.

Por isso, com fidelidade à vossa vocação humana e cristã, com confiança nos meios salutares e nas práticas destinadas a inseri-les na vossa vida e ambiente, procurai, com generoso empenhamento, ser obreiros da unidade e da paz, renovando-vos e reconciliando-vos com Deus e segundo o método evangélico da fraternidade, confortados pelo amor de Cristo.

A todos, aos que partem sobretudo, os nossos votos de bem, extensivos aos vossos entes queridos, com a nossa Bênção Apostólica.

Alunni di istituti missionari

Uno speciale saluto desideriamo ora rivolgere ai Superiori e agli Alunni del Pontificio Collegio Urbano «de Propaganda Fide» e del Collegio di S. Pietro Apostolo, tanto cari al Nostro cuore, i quali, accompagnati dal venerato Monsignor Duraisamy Simon Lourdusamy, hanno voluto manifestarci al termine dell’anno scolastico il loro affettuoso omaggio.

Vi esprimiamo, figli carissimi, il nostro grato compiacimento nel vedervi, così numerosi, accanto a noi, a testimoniare il senso dell’universalità della Chiesa.

Ben conosciamo il vostro giovanile entusiasmo, il vostro serio impegno di prepararvi, nello studio indefesso delle sacre discipline e nella fervida preghiera, ai compiti che la Provvidenza vi affiderà.

Quando un giorno ritornerete nelle vostre Nazioni, siate sempre autentici e fedeli amici del Cristo, che avete scelto come unico e grande scopo delle vostre aspirazioni; annunciate ai fratelli il messaggio evangelico di carità, di speranza, di pace, mediante una vita sacerdotale vissuta nella sua interezza, con piena letizia e con incondizionata ed operosa dedizione.

Ancora una volta desideriamo esprimere a tutti voi il nostro paterno ringraziamento per questo incontro, mentre di vero cuore vi impartiamo l’Apostolica Benedizione.

Il nuovo Collegio Sloveno in Roma

Ed ora un cordiale benvenuto al folto gruppo dei pellegrini Sloveni.

Vi accogliamo con cuore commosso e lieto! Rivolgiamo innanzi tutto il nostro saluto ai degnissimi sacri Pastori che vi guidano. Con essi abbracciamo gli zelanti sacerdoti e chierici che li hanno accompagnati, e tutti voi, carissimi, che fate loro corona.

Siete venuti a Roma per assistere a un atto di grande importanza per la vita cristiana della vostra comunità, sempre tanto vicina al nostro cuore di Padre: l’inaugurazione del nuovo Collegio Sloveno che sorge sulla Via Appia, e che ha per degno Rettore Monsignore Maksimiljan Jezernik.

Vorremmo esprimervi tutta la nostra gioia per questo avvenimento. Il fatto che si inauguri questo Collegio dice tante cose a chi sa cogliere il suo profondo significato. Dice risveglio di vita religiosa e fioritura di vocazioni. Dice il vostro interesse perché giovani scelti, avviati al sacerdozio, trovino presso la Cattedra di Pietro una formazione intellettuale e spirituale più adeguata. Dice i tradizionali vincoli di fedeltà della gente Slovena verso la Sede Apostolica. Dice infine che in questo periodo di intenso rinnovamento post-conciliare non mancheranno tra voi guide sicure ed illuminate per tradurre nella vita e nel costume cristiano gli orientamenti e le leggi del Concilio.

Per tutte queste ragioni noi siamo lieti d’esaudire il vostro desiderio e di insignire il Collegio Sloveno in Roma del titolo di «Pontificio».

Giovani carissimi che avete la fortuna di essere accolti come alunni del Collegio! Nel confidarvi i nostri sentimenti di affetto e di benevolenza, vi esortiamo a spendere bene questi anni di formazione romana, per corrispondere a quanto la Chiesa da voi si attende. Noi ne siamo sicuri. Ed invochiamo per questo su di voi lo spirito del Signore affinché diventiate veri ministri della grazia, configurati sugli esempi e sugli insegnamenti di Cristo, Maestro, Sacerdote e Pastore, venuto «a servire e a dare la sua vita per la redenzione del mondo» (Mc 10,45).

Amiamo infine rivolgere un vivo plauso a quanti hanno concorso all’erezione di questa sede, e in particolar modo a voi qui presenti. I sacrifici che avete sostenuto per realizzarla facciano sì che vi sentiate sempre più uniti a questa Cattedra di Pietro e, attraverso la preparazione romana del vostro clero, sappiate da essa attingere continuamente luce, conforto, sicurezza per rimanere «forti nella fede» (1P 5,9), per amarla sempre più, custodirla e irradiare intorno a voi la sua forza salutare.

Vi accompagni la nostra Apostolica Benedizione, che di cuore estendiamo a quanti sono a voi spiritualmente uniti in questo incontro col Vicario di Cristo.

Conforto paterno a bambine sordomute

Nella sala dei paramenti il Santo Padre, riceve una delegazione delle bambine ospiti dell’Istituto per sordomute «Effeta» sorto per desiderio del Santo Padre a Gerusalemme ed a ricordo della sua visita in Terra Santa nell’Epifania del 1964. L’Istituto ospita attualmente 37 bambine arabe appartenenti a ogni religione, che vengono educate e curate nella loro menomazione, con buoni risultati, dalle Suore di Santa Dorotea di Vicenza. Tre di queste bambine sono state scelte, nell’odierno incontro con Paolo VI, ad esprimergli la più viva gratitudine per le sue paterne premure. Esse sono accompagnate da Monsignore Nolan, dal cappellano P. Romano Martinelli, dalla superiora generale delle Suore di S. Dorotea di Vicenza Madre Irma Zorzanello.

Il Santo Padre si intrattiene amabilmente con le bambine che lo hanno accolto con il saluto di «Viva il Papa» e rivolge ad esse alcune domande informandosi sul loro nome e sulla loro provenienza, in linguaggio articolato tipico dei sordomuti rallegrandosi vivamente con esse. Quindi, rivolgendosi agli accompagnatori e alle suore, ha espressioni di compiacimento e di augurio per la loro opera altamente caritativa. Infine, Sua Santità consegna alle bambine alcuni doni ed imparte la Benedizione Apostolica, con preghiera di recarla anche a tutte le altre piccole ospiti dell’Istituto.




Mercoledì, 27 giugno 1973


Paolo VI Catechesi 30573