Paolo VI Catechesi 40974

Mercoledì, 4 settembre 1974

40974

Noi vorremmo poter trasmettere a voi, Fratelli e Figli carissimi, e a voi, a cui giunge l’eco del nostro umile discorso apostolico, un’idea, una convinzione che noi, come credenti, come lontani e tanto prossimi seguaci di Cristo, come membri della Chiesa cattolica postconciliare, noi dobbiamo «fare di più». A voi, fedeli, che non desiderate altro di meglio dell’«autenticità» e che desiderate uscire dal crepuscolo nebbioso delle incertezze spirituali generato in noi dalla crescita stessa della cultura moderna e dallo spirito sinistro d’un implacabile criticismo; a voi specialmente, confratelli nel ministero sacerdotale della Parola di Verità e dell’Azione della Carità; e a voi pure, spiriti eletti, che avete dato alla religione la vostra vita, rompendo con i sacri voti i vincoli da cui potrebbe essere inceppato l’unico e totale amore a Cristo; come anche a voi, fratelli e figli, immersi nella vita profana, ma non senza il segreto tormento di modellarla secondo un profilo di bellezza e di pienezza cristiana; a voi tutti noi poniamo, come problema, anzi come programma, noi oggi dobbiamo «fare di più».



DOBBIAMO «FARE DI PIÙ»

Questo non è, come potrebbe sembrare, un messaggio d’«integralismo» reazionario, nel senso che si voglia dare alla «lettera» di certe osservanze esteriori delle abituali consuetudini religiose ed ascetiche, ereditate dal tempo passato, la priorità puntigliosa sopra lo «spirito», cioè i principii e le virtù fondamentali d’un cristianesimo permeato di Vangelo e di comunione ecclesiale, e aperto ai vantaggi ed ai bisogni del tempo presente. No; esso vuol essere un richiamo a quell’«aggiornamento», che consideriamo come un mandato ereditato da Papa Giovanni, e a quel rinnovamento che l’Anno Santo propone agli animi vigilanti e volonterosi.

Rendiamoci conto dei fenomeni religioso-morali, succeduti al Concilio e già maturi nella flessibile e agnostica formazione psicologica della presente generazione, reduce dal turbine della guerra, e aggredita dalla vertigine del progresso scientifico, economico, sociale dei nostri giorni. È questa un’analisi che molti, uomini di penna e di .parola, hanno variamente descritta; la nostra riflessione può avere testi, molti e diversi, per suo nutrimento. A noi qui basti notare la linea del diagramma di alcuni fatti evidenti; ad esempio, le statistiche della frequenza alla Messa festiva, fonte e misura della vita religiosa del popolo; delle vocazioni al sacerdozio, o alla professione religiosa; ovvero, l’importanza, più o meno prevalente, data alla fede, espressa nella sua testuale integrità; oppure, la serietà e la limpidezza dei costumi; o anche, l’andamento quantitativo e qualitativo delle nostre associazioni, la stima e l’adesione verso l’autorità religiosa e pastorale, la produzione letteraria e artistica della nostra cultura, eccetera. Lasciamo al vostro spirito d’osservazione continuare questa analisi.


LA PSICOLOGIA DEL CAMBIAMENTO

Noi potremmo, per grazia di Dio, elencare alcuni fatti, di grande rilievo, dai quali è lecito e doveroso desumere consolanti risultati e ancora più promettenti presagi. Lo faremo, a Dio piacendo. Ma ora ci pare doveroso notare, con sofferta sincerità, che non pochi diagrammi di questi fenomeni, interessanti la vita ecclesiale, sono in curva discendente (analoghi risultati potremmo rilevare dall’osservazione della società temporale, ma ora ci limitiamo al campo di nostra competenza). Che cosa è avvenuto? Difficile rispondere in due parole. Ma guardando esteriormente i fatti nel loro complesso potremmo dire che le opportune, e talora necessarie, innovazioni hanno prodotto in molti animi un desiderio inquieto, e perfino talvolta cieco, di cambiamento, qualunque fosse. Questa psicologia del cambiamento s’è facilmente trasformata in un’ansia e in un senso di liberazione; e la liberazione non si è spaventata, arrivando al traguardo della disgregazione, dell’infedeltà, di sfociare nel vago e nel vuoto. Il nuovo, purché sganciato dai vincoli, interni ed esterni, della tradizione normativa, è apparso coincidere col buono, col meglio . . . Se questo processo di decadenza modernista dovesse procedere? estendersi alle strutture della Chiesa? ai suoi impegni dottrinali e morali? ai suoi secolari istituti dedicati alla perfezione cristiana e alla sua attività apostolica? (Cfr. L. BOUYER, La décomposition du catholicisme, Aubier 1968)

Dobbiamo invocare lo Spirito di luce e di fortezza per superare questa ora storica di trapasso da uno stato ecclesiale, che possiamo, senza screditarlo, qualificare consuetudinario, tradizionale, ad uno stato che non sia semplicemente nuovo e diverso, ma più vivo, più genuino, più infiammato di fede e di carità.



UN’ESIGENZA PRIMARIA

È questa una delle prime esigenze del Vangelo. Pensate, Gesù ha detto: «se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei non entrerete nel regno dei cieli» (
Mt 5,20). E gli Scribi ed i Farisei erano allora considerati come i rappresentanti del ceto migliore della loro società! E poi, ancora Gesù, la cui parola supera ogni limite di quel «più», a cui facciamo riferimento: «Siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,48).

E subito, ecco il Concilio a commentare solennemente: «. . . tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla Gerarchia, sia che da essa siano guidati, sono chiamati alla santità, secondo il detto dell’Apostolo: la volontà di Dio è questa: che vi santifichiate» (1Th 4,3 Ep 1,4 Lumen Gentium LG 39-42).

È sempre presente in noi questo ideale, immagine e stimolo al reale, verso la santità, verso la perfezione, verso un’interpretazione forte e sublime della nostra vocazione cristiana? Noi, più responsabili d’ogni altro a questo riguardo, vi diciamo che lo deve essere.

Quanto maggiori sono oggi l’irreligiosità, il secolarismo, la seduzione mondana, l’opposizione e l’ostilità al cristianesimo, tanto più cosciente, più vigile, più solidale, più amoroso dev’essere il nostro sforzo per pareggiare, per superare queste difficoltà. Non basta essere cristiani di nome e di adesione tepida, fiacca, passiva a questo nome programmatico; bisogna essere con nuovo vigore, personale e collettivo, sempre ricordando la sfida dell’Apostolo: «Chi ci potrà mai separare dalla carità di Cristo?» (Rm 8,35).

Con la nostra Apostolica Benedizione.



Convegno delle «Caritas» d’Italia

Abbiamo il piacere di ricevere il folto gruppo di rappresentanti delle «Caritas» di 129 diocesi italiane, i quali partecipano al loro III Convegno Nazionale. Siate benvenuti a questo incontro, del quale profittiamo tanto volentieri, pur nelle limitate disponibilità di tempo che abbiamo, per dirvi la simpatia, la soddisfazione, l’interesse con cui seguiamo la vostra attività. Siamo stati informati delle realizzazioni a cui avete dato vita, e che state avvalorando per la promozione degli uomini fratelli, che aspirano a conseguire una pienezza di sviluppo, com’è degno e doveroso per ogni creatura umana. Appunto a formare una fondamentale coscienza su questo argomento è rivolto il vostro Congresso, nel quale studiate insieme l’apporto delle «Caritas» alla promozione umana. Voi sapete come la Chiesa incoraggi questa mutua collaborazione tra i popoli, questo fraterno tendersi la mano per procedere insieme nel cammino dello sviluppo; come abbiamo scritto nella Enciclica Populorum Progressio (N.76 ss.) è questo il nome nuovo della pace: non solo, ma è anche il nome nuovo della fratellanza, della sincerità reciproca, della buona volontà, di cui tale collaborazione forma come il banco di prova, perché va oltre le parole, delle quali c’è davvero abbondanza, e mira ai fatti, alla concretezza del sacrificio personale per favorire chi ha più bisogno.

Voi compiete questo lavoro di impegno personale, nonché di sensibilizzazione della comunità ecclesiale italiana nel nome cristiano di quella «carità», che Dio Padre ha manifestato al mondo nel Cristo, e che il Redentore Divino è venuto ad accendere come fuoco inestinguibile. Continuate su questa via, in collaborazione franca e operosa con la Conferenza Episcopale Italiana, come con le Pontificie Opere Missionarie, perché possiate raccogliere frutti preziosi e progressivi dalla vostra generosità.

A tanto vi conforta la nostra Apostolica Benedizione.

Irlandesi in attività per l’Anno Santo

We have a special greeting for the Irish Travel Agents and Journalists. You have come here to study the programmes for the Holy Year in order to help pilgrims to visit us. We are grateful to you, and we assure you of our continuing prayerful interest in your work. May God bless you all.

L’«Operación Plus Ultra»

Unas palabras de saludo, con afecto particular, queremos dirigiros a vosotros, los componentes de la «Operación Plus Ultra», que una vez más habéis querido venir a demostrar vuestra devoción al Vicario de Cristo y a hacernos partícipe de vuestros ejemplos admirables de bondad y caridad.

Sabemos bien y estimamos profundamente todo lo que significa vuestra presencia aquí. De entre otros muchos concurrentes, habéis sido elegidos vosotros, queridos niños, que procedéis de ocho Naciones diversas, y encerráis una Clara lección de grandeza moral, de abnegación, de entrega a los demás, del auténtico amor que Cristo vino a enseñarnos.

Vuestro ejemplo es una hermosa invitación bacia metas superiores, bacia ese don gozoso de sí mismo, que enriquece a quien da y a quien recibe. Merecéis por ello el elogio del Papa, que os exhorta paternamente a continuar siempre en ese buen camino.

Vaya también nuestra palabra de gratitud a las Entidades Patrocinadoras, que no sólo dan un reconocimiento público a la bondad, sino que tratan de favorecerla, ofreciendo una continuidad de ayuda en los estudios, en los puestos de trabajo, a los niños de «Plus Ultra» y, cuando es necesario, también a sus familias.

A todos vosotros aquí presentes, a los compañeros que os han precedido, y sobre todo a vosotros, niños que integráis la edición de este año, así como a vuestros seres queridos -particularmente a los enfermos- os impartimos de corazón una paterna Bendición Apostólica.


Mercoledì, 11 settembre 1974

11974

Il mondo cambia. Superfluo documentare un fatto così grave e così esteso: cultura, costumi, ordinamenti, economia, tecnica, efficienza, bisogni, politica, mentalità, civiltà ... tutto è in movimento, tutto in fase di mutamento.

Perciò la Chiesa è in difficoltà. Anche questo fenomeno è, sotto vari aspetti, evidente. La Chiesa, lo sappiamo, è quella società visibile e misteriosa, che vive della religione di Cristo. Ora nel mondo odierno la religione in genere, e tanto più una religione come la nostra, determinata e organizzata, vivente nella scena storica del tempo presente, e ordinata ad un fine escatologico, che si realizza cioè nella sua pienezza oltre il tempo, in una vita futura, non sembra che possa avere prospera esistenza. Si tratta poi di una religione che pretende interpretare, anzi predisporre i destini dell’umanità, e che si pone come verità circa Dio e circa l’uomo, maestra della nostra salvezza, e che perfino osa fare dell’amore a Dio invisibile Padre nostro e agli uomini, non più lupi, ma fratelli, la legge fondamentale sia per l’essere individuo che per quello sociale, una religione simile, che introduce nel piano naturale della vita uno straordinario piano soprannaturale, convivente e animatore del primo, sembra, a chi osserva le cose superficialmente, impensabile ai nostri giorni, sembra una Chiesa destinata a spegnersi e a lasciarsi sostituire da una più facile e sperimentabile concezione razionale e scientifica del mondo, senza dogmi, senza gerarchie, senza limiti al possibile godimento dell’esistenza, senza croce di Cristo. E se cade la Croce di Cristo, con tutto ciò ch’essa comporta, che cosa rimane della nostra religione? che cosa rimane della Chiesa? Viste così le cose, si comprende come la Chiesa si trovi in difficoltà.

La Chiesa è tuttora una grande istituzione, mondiale, collaudata da venti secoli di storia, più travagliata che felice, ma feconda sempre di energia nuova, di popolo numeroso, di uomini insigni, di figli devoti, di risorse impreviste; ma, apriamo gli occhi, essa è ora, per certi riguardi, in gravi sofferenze, in radicali opposizioni, in corrosive contestazioni.

Non si sarebbe scavato forse un abisso, che sembra incolmabile, fra il pensiero moderno e la vecchia mentalità religiosa ed ecclesiale? non si sarebbe assorbito nella cultura profana il tesoro di sapienza, di bontà, di socialità, il quale sembrava essere patrimonio caratteristico della religione cattolica, fino quasi a svuotarla e a privarla di tante sue ragioni d’essere, per travasare questo patrimonio nel costume laico e civile del nostro tempo? V’è ancora bisogno che la Chiesa ci insegni ad amare i poveri, a riconoscere i diritti degli schiavi e degli uomini, a curare e ad assistere i sofferenti, a inventare gli alfabeti per popoli illetterati? Eccetera. Tutto questo, e pare assai meglio, lo fa il mondo profano da sé; la civiltà cammina con forze proprie. Eccetera.

E allora non sono forse chiari i motivi dell’irreligiosità moderna, del laicismo geloso della propria emancipazione, dell’abbandono delle osservanze religiose da parte di popolazioni intere, del materialismo delle masse, insensibili ad ogni richiamo spirituale? Sì, la Chiesa è in difficoltà. Ecco perfino alcuni suoi figli, che le hanno giurato amore e fedeltà, che se ne vanno; ecco non pochi seminari quasi deserti, famiglie religiose che trovano a stento nuovi seguaci; ed ecco fedeli che non temono più di essere infedeli . . . L’elenco di questi malanni, che affliggono oggi, nonostante il Concilio, la Chiesa di Dio, potrebbe continuare, fino a riscontrare che grande parte di essi non assale la Chiesa dal di fuori, ma l’affligge, l’indebolisce, la snerva dal di dentro. Il cuore si riempie di amarezza e di più tenera e forte affezione.

Se così è, quali rimedi? Oh! per fortuna oggi la sensibilità e la coscienza della Chiesa fedele (e questa è la parte più vigile e la più numerosa), si sono scosse, e la corsa ai ripari si tramuta in sagge terapie, non solo, ma in nuove, positive testimonianze di coraggiosa e fiduciosa vitalità. Beati quelli che ne hanno l’intuito, e vi impegnano l’opera, il cuore. Forse i giovani saranno anche questa volta all’avanguardia: siano benedetti!

Ma ora noi poniamo una domanda, che investe tutto il sistema: può la Chiesa superare le difficoltà presenti? È, per nostra fortuna, facile la risposta, perché non è formulata dalla prudenza umana, né fondata sopra le nostre povere forze; la risposta sta nella promessa di Cristo: . . . non praevalebunt (
Mt 16,18); vobiscum sum (Mt 28,20); in mundo pressuram habebitis; sed confidite, Ego vici mundum (Jn 16,33); caelum et terra transibunt, verba autem mea non praeteribunt (Mt 24,35). Al di là dei risultati problematici, che possano avere le nostre faticose vicende, queste ora ricordate sono parole vere, parole divine. Noi le possiamo, noi tutti le dobbiamo prendere sul serio. Che cosa significa «prenderle sul serio»? Significa questo fondamentale nostro atteggiamento: significa prestarvi fede; significa credere. Diciamo chiaramente: la fede è la prima condizione per superare le presenti difficoltà (Cfr. DENZ-SCHÖN. DS 1532 DS 3008).

Lo ha confermato l’apostolo Giovanni: «Questa è la vittoria, che vince il mondo, la nostra fede» (1Jn 5,4).

E che cosa finalmente è la fede? Oh! la grande questione! Ma ora risolviamola nella più concisa risposta. La fede è l’adesione alla Parola di Dio (Cfr S TH. II-II 1,0). E come possiamo conoscere, distinguere, interpretare, applicare la Parola di Dio? Certamente occorre un aiuto supplementare e preveniente alle nostre facoltà spirituali, quell’aiuto dello Spirito Santo, meritatoci da Cristo (Cfr. Jn 14,6 Jn 15,5 Mt 11,27 etc.), che chiamiamo grazia, la quale non è negata a chi fa ciò che può per ottenerla, a chi cioè impiega con grande rettitudine la mente e il cuore nella ricerca e nella coerenza della verità (Cfr. Jn 3,21). Ma poi questo processo di adesione alla vera fede si perfeziona e si compie mediante l’assistenza del magistero ecclesiastico, come ha insegnato Gesù riferendosi alla missione degli apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me» (Lc 10,16 Dei Verbum, DV 10).

Così che noi dobbiamo convincerci della necessità d’una fede viva, autentica, operante; e ciò tanto di più quanto maggiori oggi sono le difficoltà, alle quali abbiamo accennato. Non basta, soggettivamente, una fede vaga, debole ed incerta; una fede puramente sentimentale, abituale, fatta di ipotesi, di opinioni, di dubbi, di riserve; né basta, oggettivamente, una fede che accetta ciò che le piace, o che cerca di eludere le difficoltà rifiutando l’assenso a verità misteriose e difficili.

Dobbiamo saperci assicurati che la fede non umilia la ragione, ma la conforta alla certezza e alla comprensione, almeno parziale, ma luminosa e felice, di verità superiori e vitali. E dobbiamo far nostre le trepidanti, ma esemplari implorazioni evangeliche, come quella del padre che implorava la salute per il figlio disgraziato: «Io credo, Signore, ma Tu aiuta la mia incredulità» (Mc 9,23); e quella degli apostoli al Signore : «Accresci in noi la fede!» (Lc 17,5).

Con la nostra Apostolica Benedizione.

Parroci francescani

Sono presenti a questa Udienza i Parroci e i Vicari Cooperatori delle 359 parrocchie italiane affidate all’Ordine dei Frati Minori.

Pensando a così vasto campo di attività apostoliche svolte dai figli di San Francesco, il nostro saluto è per voi, sacerdoti carissimi, particolarmente cordiale e paterno. Possa, pertanto, questo incontro esservi di incoraggiamento e di stimolo, come per noi è di sommo conforto accogliervi a questo appuntamento, sapendovi impegnati in una vita di preghiera e di apostolato che arricchisce di tante energie le comunità alle quali vi dedicate.

Il ministero parrocchiale non solo fa parte di quella cooperazione al lavoro di apostolato diocesano che l’Ordine Francescano svolge ubbidendo al suo originale spirito di servizio ecclesiale e che il Concilio ha molto raccomandato (Christus Dominus CD 34 CD 35), ma costituisce altresì per voi un’occasione quanto mai propizia per diffondere tra i fedeli l’ideale francescano e per dare al mondo una efficace testimonianza di povertà, di abnegazione e di amore fraterno. San Francesco per mezzo vostro ha ancora molto da insegnare agli uomini di oggi.

È così che noi vi vediamo, carissimi figli. E mentre vi ringraziamo per il gran bene da voi operato nella Chiesa in Italia, vi esortiamo ad essere sempre più trasparenza viva degli esempi e degli insegnamenti del vostro Padre Serafico, come pure generosi collaboratori dei vostri Vescovi nelle loro sollecitudini parrocchiali. A tanto vi conforti la nostra Apostolica Benedizione.

Religiose della VI Settimana Biblica Italiana

Un saluto e un pensiero paternamente affettuosi dedichiamo al gruppo delle Religiose convenute in questi giorni a Roma per la loro VI Settimana Biblica Nazionale. Questo servizio ad esse offerto con intelligente e premurosa carità dalla Associazione Biblica Italiana, a noi tanto cara, può essere con giusto merito indicato ad esempio di valida collaborazione per realizzare gli intendimenti del Concilio, che, alle anime consacrate, ha additato nella quotidiana lettura e meditazione delle Sacre Scritture l’alimento essenziale per una vita vissuta intensamente e con frutto nella Chiesa e per la Chiesa (Cfr.

Perfectae Caritatis PC 6). Il programma di studio della Settimana, che ha per tema «Terra Promessa e Patria Celeste», abbraccia opportunamente l’intera prospettiva della mirabile opera divina di salvezza. Quella Terra, che lo stesso Libro di Dio definisce «santa» (Za 2,16), fu infatti, fin dai secoli remoti della storia della salvezza, segno e pegno della fedeltà del Signore alle promesse fatte al padre di tutti i credenti, nessuna delle quali «è caduta a vuoto» (Jos 23,14).

Questa divina e concreta testimonianza di costante amore esigeva in chi ne godeva i benefici una corrispondente risposta di fedeltà e di amore (Ibid. 11); perciò la Terra Promessa, santificata nella pienezza dei tempi dalla presenza e dal mistero pasquale di Cristo, venuto al mondo a coronare le promesse del Padre, significò per sempre l’abbondanza dei suoi doni spirituali e il loro eterno e perfetto possesso nella patria celeste dell’umanità redenta (Cfr. Ps 36,11 Mt 5,5).

Quanta stupenda ricchezza di insegnamenti, di consolazioni, di stimoli offre cos1 la Terra Santa con la sua storia dolorosa e gloriosa e con i suoi arcani significati! Possa tutto ciò infondere letizia e coraggio alle vergini consacrate, affinché esse si trovino sempre dalla parte delle vergini sagge della parabola evangelica: vigilanti nella preghiera, disponibili e operose, fedeli nella loro testimonianza evangelica sul primato dell’amore di Dio nella storia del mondo, vibranti nell’attesa del divino Sposo sulle soglie della Gerusalemme celeste. A tale scopo volentieri impartiamo a voi tutte e ai benemeriti promotori della Settimana la nostra Apostolica Benedizione.

Visitatori giapponesi

We are happy to extend a special greeting to the members of the Diocese of Gaylord who have come to Rome on the occasion of the ad limina visit of their Bishop. It is our prayer that your pilgrimage may help all of you to realize ever more the incomparable treasure of your Christian heritage, so that in Christ you may indeed be strengthened to live in faith.

Our particular welcome goes to a group of the Japan Volunteer Probation Officers Association. We have been informed that you dedicate yourselves to the rehabilitation of young people and that you base this on religious principles. To help in rehabilitation is to render a Service of fraternal love. To help rehabilitate the young is a work of double excellence. We willingly encourage you and your associates to persevere in this activity that benefits mankind.

Pellegrini di Baviera

Ein wort herzlicher Begrüßung richten Wir an den Pilgerzug aus der Erzdiözese München, die Vertretung der Lesergemeinde des «Bayerischen Sonntagsblattes». Liebe Söhne und Töchter! Sie kommen aus dem katholischen Bayern. Bleiben Sie treu dem Glauben Ihrer Väter, der Ihre Heimat in den vergangenen Jahrhunderten zu so großen kulturellen Erfolgen führte. Die herrlichen Gotteshäuser des süddeutschen Barock bringen Ihnen in ihrer Sprache die Worte Christi in Erinnerung: «Habt Vertrauen! Ich habe die Welt überwunden! Seht, ich bin bei euch . . .»! Von Herzen erteilen Wir allen Anwesenden Unseren Apostolischen Segen.


Mercoledì, 18 settembre 1974

18974
Di chi ha bisogno oggi la Chiesa?

Si è già detto altre volte, ella ha bisogno di santi. La santità è una sintesi di grazia e di virtù, di ricchezza interiore e di operosità esteriore; è una formula piena, a comporre la quale concorrono tutti gli elementi utili ed efficaci alla nostra perfezione. Perciò la santità è poliedrica; essa offre a chi la studia e a chi la cerca molti aspetti diversi, i quali giovano all’agiografia a distinguere i differenti tipi di santità, e giovano all’ascetica per svolgere la sua diversa pedagogia verso la perfezione. Ma la domanda, da generica, si fa più precisa, studiando il bisogno della Chiesa nel quadro storico e concreto della sua vita presente; ed anche a questo riguardo i maestri del nostro tempo hanno già detto egregie cose, circa la necessità, ad esempio, di dare alla giustizia un’apologia dottrinale e una applicazione pratica, che nel campo sociale è suffragata da indiscutibili argomenti, se pur variamente motivati e variamente moderati.

Ed insistendo nella nostra domanda, sotto l’urgenza delle difficili condizioni in cui oggi versa la Chiesa, come già in altra Udienza dicemmo, ancora noi ci chiediamo di quali Pastori, di quali fedeli, di quali figli virtuosi ed esemplari ha bisogno la Chiesa?

La risposta sembra nascere dall’evidenza delle situazioni; dai doveri cioè, dalle necessità ed anche dalle opportunità proprie della vita odierna della Chiesa; e suona così: la Chiesa ha bisogno di uomini forti.

La risposta trae motivo da una duplice osservazione, circa le condizioni, la prima, in cui oggi la vita e l’o’pera della Chiesa si svolgono. È ammissibile, a questo riguardo, concepire un’esistenza ecclesiale senza sforzo? senza la tensione di vigilanza propria dei momenti di pericolo? un’esistenza consuetudinaria, sostenuta dalla sola e muta autorità della legge? ovvero protetta da circostanze esteriori, di normale e legale rispetto? oppure favorita da una felice convergenza di opinioni e di coscienze? è facile forse l’attività pastorale, oggi? è forse facile la professione cattolica? il vento delle idee, o del benessere, che forse in altri tempi attirava simpatie e consensi alla religione, soffia ancora propizio nelle vele della nave ecclesiale, così che su di essa si possa vivere tranquillamente, sonnecchiando, o anche godendosi onestamente la grande visione sull’orizzonte della storia e del mondo? E di più, prescindendo anche dalle odierne difficoltà, possiamo mai dire conforme allo spirito del Vangelo uno stile comodo, tranquillo, proficuo della vita cristiana? A ciascuno di noi, che ci diciamo appunto cristiani, non è stato intimato nel battesimo e nell’educazione ecclesiale, come Cristo a Saulo, prima che fosse Paolo, fin dal momento della sua folgorata conversione: quanta oporteat . . . pati (
Ac 9,16), quanto si dovrà sopportare per il nome di Cristo? Come è concepibile un fedele fiacco, indolente, amante del proprio vivere comodo, senza rischio, senza energia morale, senza spirito di sacrificio? Un cristiano dev’essere, per definizione, specialmente se segnato dal sacramento della Confermazione, un uomo forte!

La seconda osservazione risulta dal rilievo di fenomeni, sia individuali che collettivi, di debolezza, di rispetto umano, di astenia spirituale, di viltà, i quali si diffondono, oggi più che mai, come una fatale epidemia nel popolo nostro, a tutti i livelli, ecclesiali, culturali, politici, professionali, scolastici, ecc.

Ci dispensiamo in questa sede di farne un esatto inventario. Del resto questo fenomeno di abdicazione della volontà, forte, diritta, coraggiosa, personale, e perciò veramente libera, si verifica ordinariamente in un equivoco uso del nome della libertà, quasi che questo regale potere di autodisciplina, di personalità autogovernata dalla ragione e dalla coscienza, la libertà, fosse sinonimo di lassismo morale, di arrendevolezza permissiva, di conquista d’ogni liceità, fosse pur degradante, fosse pure ossequio all’arbitrio dominante di false ed imperanti ideologie altrui . . . Anche in rapporto con l’impegno religioso, nascente dalla nostra rigenerazione cristiana, la tentazione di moda è quella di abolire lo sforzo, ascetico o disciplinare, di rendere tutto facile e tutto facoltativo, di simulare con l’edonismo di moda, gaudente e sensuale, il volto forte e sereno della gioia cristiana. Il servilismo del rispetto umano piega tanta gente alla moda di vivere prevalente, alla demagogia retorica e utilitaria, alla rassegnazione di tanti abusi invalsi nel costume comune.

Fortunatamente l’intuizione, che la fede reclama una testimonianza vigorosa e coerente nel pensiero e nell’azione, non solo sopravvive in moltissimi spiriti religiosi, ma rinasce quasi spontanea nella coscienza di tanti giovani, decisi a vivere con forza il loro cristianesimo; risorge la schiera dei volontari dell’azione cattolica; perfino le vocazioni al totale dono di sé alla causa del Vangelo e della Chiesa germogliano sul tronco d’una vita cristiana, adulta ancor più di coscienza che di età. La virtù della fortezza cristiana si afferma nel concetto integrale dell’uomo autentico (S . AUG. De moribus Ecclesiae, c. 15, 21, 22; cfr. S. TH., II-II 123,0).

Se alla scuola del Vangelo altre lezioni morali sono a noi predicate, e sopra tutte quella della carità, dell’amore, della bontà, della mitezza, non per questo ci è insegnata la debolezza, l’ignavia, la paura, la viltà; ché anzi ci è ripetuto dal Maestro, più volte, di non temere! «Non abbiate paura, dice il Signore, di coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto Colui che può condannare alla geenna l’anima ed il corpo» (Mt 10,28); e poi: «Non temete, voi, piccolo gregge, perché piacque al Padre vostro dare a voi il regno» (Lc 12,32). E così via. Si direbbe che Cristo voglia affrancare i suoi seguaci dalla naturale psicologia della nostra debolezza, ch’è pure nel Vangelo tanto più palese quanto più sproporzionata è la meta soprannaturale, a cui siamo destinati: «senza di me, Egli dirà, voi non potete fare nulla» (Jn 15,5); ma Egli poi metterà sulle labbra dell’Apostolo la parola franca, impavida, risolutiva: Omnia possum in Eo, qui me confortat; ogni cosa io posso in Colui che mi dà forza (Ph 4,13). Qui è il segreto di quello spirito di sacrificio, di coraggio, di resistenza, di cui oggi ha bisogno la Chiesa.

Preghiamo il Signore, affinché questa parola sia vera ed operante in ciascuno di noi, in tutta la sua Chiesa; oggi: umile e forte.

Con la nostra Apostolica Benedizione.

I consiglieri diocesani della Confederazione Coltivatori Diretti

Volentieri abbiamo voluto riservarvi un posto particolare in questa mattinata di Udienze, carissimi Consiglieri Ecclesiastici della Confederazione dei Coltivatori Diretti, per dirvi, come già molte altre volte, tutta l’attenzione con cui seguiamo il vostro apostolato, l’incoraggiamento che vi dedichiamo, le speranze che riponiamo in voi.

Voi state partecipando a un Convegno che affronta il tema: «Per un’azione pastorale rinnovata nell’ambiente rurale», Convegno che oltre ad essere un contributo al programma della Conferenza Episcopale Italiana «Evangelizzazione e Sacramenti», vuol essere altresì la risposta al documento della Conferenza stessa: «La Chiesa e il mondo rurale italiano », reso pubblico nel Novembre scorso e diretto a far riflettere sui temi da voi stessi scelti per le vostre discussioni, cioè sul rinnovamento della fede nelle campagne, sulla pastorale familiare e sui problemi religiosi delle comunità rurali.

Tutto ciò nella maniera più eloquente ci conferma che il lavoro da voi svolto non si esaurisce nei confini ristretti della vostra Confederazione, ma intende allargarsi e lodevolmente inserirsi nel contesto dell’azione pastorale dell’Episcopato italiano. È quindi un lavoro della Chiesa per la Chiesa, che a motivo della vostra preziosa esperienza potrà offrire un aiuto incomparabile a quanti, sacerdoti e laici, operano nel mondo rurale con intendimento apostolico.

Carissimi sacerdoti, quale consolazione ci procura questa testimonianza di impegno concreto e generoso, in un momento in cui i problemi e le difficoltà della Chiesa italiana, certamente gravi e urgenti, potrebbero distogliere l’attenzione dovuta a quelli specifici del vostro settore! Non abbiamo bisogno di ricordarvi quanto ci stia a cuore la vostra presenza umile, fattiva, instancabile, fraterna nel mondo rurale: un mondo che col ricco patrimonio delle sue sane tradizioni morali e religiose costituisce ancora una delle più preziose riserve di energie fisiche e spirituali per la nazione; un mondo che ha visto sempre la Chiesa maternamente vicina alla vita della sua gente, alle sue fatiche, alle sue gioie, alle sue attese, alle sue sofferenze: un mondo che, come tutti sanno, attraversa un periodo particolarmente difficoltoso non solo in campo economico, ma anche in quello dei valori religiosi che tendono a modificarsi e a diminuire nella considerazione delle persone, soprattutto tra i giovani.

Non lasciate, tuttavia, cadere inerti le braccia di fronte agli smisurati problemi che l’ambiente rurale pone alla tradizionale concezione dei metodi pastorali; bisogna invece studiarli e dedicarvi totalmente alla loro soluzione, come con tanto zelo e intelligenza state continuamente facendo. È un’opera, ripetiamolo, che ci è particolarmente cara, perché corrisponde ad uno dei più urgenti bisogni della Chiesa oggi in Italia. Sappiateci, pertanto, sempre accanto a voi con l’affetto e col ricordo nella preghiera; e la nostra Apostolica Benedizione vi accompagni, come espressione della nostra immutata stima e benevolenza nei riguardi vostri e della vostra benemerita Confederazione. Fervente zelo per assistere i pellegrinaggi per l’Anno Santo

Comment ne pas encourager ceux qui se préparent à accueillir et accompagner les pèlerins de l’Année Sainte à Rome, comme animateurs et assistants spirituels? Voilà une excellente initiative, que Nous avons déjà louée. On compte sur vous, chers amis, pour faire découvrir le vrai visage de la Rome chrétienne, ses témoignages de foi, son histoire complexe. Puissiez-vous, en toute discrétion et vérité, aider les pèlerins qui, au-delà de l’archéologie, cherchent à mieux comprendre l’Eglise de tous les temps, à relier le passé au présent, à répondre aux questions loyales que la situation présente fait surgir! Votre compétence, que le tours actuel va fortifier, votre conviction personnelle, la qualité de votre accueil contribueront beaucoup à entretenir le climat de l’Année Sainte. D’avance Nous vous remercions et vous bénissons.

L’Associazione elettrotecnica ed elettronica italiana

Un cordiale saluto e un attestato di stima desideriamo rivolgere ai membri dell’«Associazione Elettrotecnica ed Elettronica Italiana», i quali celebrano in questi giorni, a Roma, la 75° riunione annuale.

Vi diciamo, figli carissimi, il nostro apprezzamento per le alte e benemerite finalità sociali, che il vostro sodalizio ha inteso raggiungere sin dalla sua costituzione, nell’ormai lontano 1897, di promuovere, cioè, in Italia gli studi sulla tecnica dell’elettricità e sulle sue varie applicazioni.

A voi, che non soltanto vivete in mezzo alle grandi trasformazioni scientifiche del nostro tempo, ma ne siete, in un certo senso, protagonisti per la vostra specifica preparazione e competenza, vogliamo affidare, in modo del tutto speciale, l’impegno del Concilio Vaticano Secondo: sappiate armonizzare la conoscenza delle nuove scienze, delle nuove dottrine e delle più recenti scoperte, con la morale ed il pensiero cristiano, affinché la pratica della religione e l’onestà procedano in voi di pari passo con la conoscenza scientifica e con il continuo progresso della tecnica, in modo che possiate giudicare e interpretare tutta la realtà con un senso integralmente cristiano (Cfr. Gaudium et Spes GS 62).

Con questi voti, mentre invochiamo sui vostri studi abbondanti favori celesti, vi impartiamo volentieri la propiziatrice Benedizione Apostolica, che estendiamo ai vostri familiari e alle persone a voi care.

Convegno della Residenza universitaria internazionale

Salutiamo un gruppo di studentesse liceali italiane, che partecipano al convegno su «Tempo libero e tempo di studio» presso la Residenza Universitaria Internazionale «Villa delle Palme», a Roma.

Il vostro raduno sarà certamente un momento intenso di riflessione, di vita comunitaria, di amicizia, di scambi di idee e di esperienze.

Imparerete tante nozioni utili e sentirete tante cose interessanti. Sappiatene trarre tutto il vantaggio possibile per la vostra formazione.

Fate di questo incontro una di quelle occasioni di rinvigorimento spirituale tanto benefiche, perché ci fanno ricordare che per essere cristiani autentici abbiamo bisogno di convinzioni forti e profonde, e per testimoniare Cristo nella vita – specialmente oggi - occorrono scelte giuste e atteggiamenti coerenti.

Invocando su di voi copiosi doni celesti, vi impartiamo la nostra Benedizione.

Assemblea generale della Congregazione della Missione

Promettenti attività ecumeniche

Associazione Femminile del «Mar del Plata»

Unas breves palabras de saludo y bienvenida para vosotras, las pertenecientes a la «Asociación Cristiana Femenina de Mar del Plata».

Conocemos bien y apreciamos los objetivos de promocih integral de cada miembro que animan a vuestra Asociacih, asi como los deseos que alimentais de ayudar a los demás a través de vuestras actividades personales y de las obras benéficas que mantenéis.

Sobre vuestras personas y actividades asistenciales invocamos la continua ayuda divina.


Mercoledì, 25 settembre 1974


Paolo VI Catechesi 40974